21 giugno, 2008

Le cicale.



Affascinanti. Il suono del sole, del caldo, dell'estate. Misteriose. Lo sai che ci sono e non le vedi. E non si capisce mai bene quando inizia il loro canto e quando finisce, non c'è un prima e non c'è un dopo, le senti e basta. Il solo suono monotono e continuo che non ti annoia, entra con discrezione dalla finestra che dà sul giardino. A guardare fuori si potrebbe indovinare da dove arrivi, ma non è impresa facile. Forse dal pratino, o dalla siepe di sole foglie dei gladioli, dalla dalia solinga, dal rosmarino o dal lillà. E' una musica che amo. La sola cui permetto di disturbare il silenzio di queste sere, in cui si cucina poco o niente, e si sparecchia con calma, con una pigrizia già un pò vacanziera. I pensieri scivolano quieti, ci si potrà accoccolare sul divano del terrazzo, a guardare le colline laggiù o le ortensie nascoste, che si colorano ogni giorno un pò di più, le foglie verdissime, la menta nel vaso. E' una pace semplice, lenta e meravigliosa, un lusso impagabile, di profumi mescolati, di sensazioni sovrapposte e così diverse, che ti fa sentire un pò fuori dal mondo, privilegiata e tranquilla, alla fine, a stare qui a guardare il buio, a respirare un'aria estiva che porta con sè la sinfonia monotona, struggente e bellissima, di un'orchestra invisibile.

19 giugno, 2008

Ode al Chinotto.

Che non piace a nessuno. Che è amaro e sa di fango, come dicono i miei figli. Che è demodé, desueto, obsoleto e un pò da sfigati. Il chinotto è la mia bevanda preferita. Insieme alla Schweppes con l'orzata. Roba più semplice? Il ginger. Comunque, mi piacciono le cose amarognole, aromatizzatine, disgustose, un pochino, a farsi piacere la Coca Cola o l'aranciata sono proprio capaci tutti. Lo adoro. E ho anche scoperto in questi giorni, che un antibiotico qui, una vitamina là, un fermento lattico sù e un Oki giù, somministrati su me medesima, vittima di una feroce quanto improvvisa malattia da raffreddamento, insperate virtù terapeutiche. Beh, forse il periodo è troppo lungo, ma con la punteggiatura giusta rende l'idea. Il chinotto risana. Guarisce. Non proprio come l'acqua santa, ma siamo lì. Disinfetta, aiutami a dire, una gola troppo provata da una tossetta stizzosa. Freddo al punto giusto, le sue bollicine miracolose saranno un vero toccasana per una laringe martoriata, un rossore che non si vede ma c'è, un solletico sciocco che non ti fa finire una frase senza tossire, e qualcuno dice pure che è una gran fortuna. Che sto zitta, intendo.Il Chinotto, proprio lui, il povero chinotto, che se ti sbagli a chiederlo al tavolino di un bar nel sole, tutti gli astanti a dire eeeeehhhhhh????Che cosa preeeeeeendi???????Maddddaaaai!!!!! Sì, Grazie, Un Chinotto e Senza Limone. Liscio. Plain. I camerieri sanno. E impallidiscono un pochino. Non lo Teniamo, azzarda qualcuno. Altri, troppo avanti, non fanno una piega. I poteri medicamentosi del chinotto saranno illustrati nel prossimo numero di Lancet, e sarà mia cura lodarne le staordinarie proprietà. Perciò, in alto i calici, stasera. Si brinda di chinotto. Che magari, mescolato all'antibiotico, ha un certo effetto corroborante, rassodante e inebriante. Di chinotto non ci si ubriaca, ma, deh, si può sempre provare.

17 giugno, 2008

Stasera di più.

Parla. Dice e non dice. Ha la straordinaria capacità di parlare senza dire niente. Ma sa che so. E' agitato, molto, ma non lo confesserebbe mai. E' un'agitazione che sento, che respiro come un'aroma, passandogli vicino, guardandolo in quegli occhi sempre un pò sbarrati. Stasera di più. Sfugge. Sa che lo scruto e non gli piace. Forse fa finta. Ha un broncio composto, di solito, una faccia che ritrovo in certi suoi coetanei, nei suoi fratelli, certe volte. Stasera di più. E' tutto pronto. Il dizionario, il documento, non ha voluto guardare la partita, erano già in mille, Vaaaado! ha urlato dalla porta, e forse il mio nonfaretardi nemmeno l'ha sentito. Non è un momento lucido, per lui. Dei fatti suoi parla a stento, ma stasera aveva voglia di raccontare, L'Ho Vista, Mamma. Ho chiesto, dove e come, ma in quel momento mi era già scivolato via, già chiuso di nuovo nei suoi pensieri, già pentito, forse, di avermi detto, anche se poco. Lo avvolgo, da lontano. Coi miei pensieri più belli, quasi a proteggerlo, quasi a dire, Passerà, Passeranno, gli esami, la confusione, il tuo non saper da che parte voltarti, non lo sanno gli uomini fatti, vuoi saperlo tu, che ancora non hai diciotto anni e hai la bellezza e il candore e la purezza e la stronzaggine e l'incoscienza e la semplicità e la trasparenza e la luminosità di questi anni bellissimi e tremendi e leggeri e complicati e meravigliosi. Sei un diamante grezzo, ancora incastonato nella roccia, sei un ciclone di contraddizioni e di pensieri e di egoismo e di dolcezza sconfinata. Sei un uomo, un ragazzino, sei il Principe della Luna, sei proprio tu, il mio unico figlio unico, lo sei stato per un pò e che bello andare in bici con te nel cestino, o nel marsupio, senza nessun'altro per mano, io e te da soli, mi hai insegnato tu a fare la mamma, a te e a tutti gli altri, gli sbagli che ho fatto li ho fatti con te. Ma non te lo dirò stasera. Stasera, che è la tua notte prima degli esami, che avrei così tante cose da dirti, che ti abbraccerei forte, se solo mi dessi il tempo e non sgusciassi via, perchè di cose da dirmi ne hai anche tu, tu, che sei bello di un bello disarmante, agitato e confuso, innamorato chissà, e che stasera entrerai piano nella stanza per dirmi Sono A Casa e avrai gli occhi più lucidi e più sbarrati, più smarriti e più spersi, e io non avrò il coraggio di dirti che ho per te un amore che strugge, che so come è fatto il tuo cuore e conosco la tua anima a memoria, da sempre. Ma stasera, stasera di più.

Di Twiga, maturità e pensiero laterale.

La confusione regna sovrana. E lo smazzo, pure. A dire che non se ne può più non si risulterebbe troppo originali. Lo dicono in troppi. Noi, che originali siamo, dacchè il mio Sposo ha intrattenuto al Twiga una vivace discussione con un suo degno compare, sul pensiero laterale, che mai lettino del locale ascoltò tanta cultura, sopportiamo con mestizia. Le violette spappolate, per cominciare. E le rose stropicciate, per finire, maltrattate, come se qualcuno avesse preso i petali e ci avesse camminato sopra. I figlioli poi. Il Maturando, che parlaparla, come tutte le volte che è troppo teso e dice Ma Non Ho Mica Paura, ma mi viene voglia ogni tanto di cercare fra i riccioli un interruttore, o almeno il volume, che ne so. Il Liceale, tristanzuolo in verità, le sue due belle materie a settembre, come una volta, non la danza incomprensibile di debiti e crediti e prestiti e cose. Per lui, la scuola ancora non è finita, ma come diceva quel tale chiècausadelsuomal eccetera. La Princi, tranquilla, alla fine, presa dal suo piccolo mondo di braccialettini, burrocacao e High School Musical. Tempo ci sarà. La scrivente, confusa e raffreddata, troppo freddo sulla spiaggia mi sa, ma mica si và in Versilia col Monclér, eppure, come mi avrebbe fatto comodo, in luogo di quella camiciola trasparentissima, d'effetto eccome, ma garanzia assoluta di afonia e mal di gola e di chissà che altro. Si sta così, un autunno in più, che proprio non se ne aveva voglia, si guarda con malinconia malcelata i parei belli stirati, le ceste colorate, i costumi tricot, gli abbronzanti nuovi nuovi, gli occhiali da sole. Il pensiero laterale sarebbe quello di imprecare, ma poichè lo fanno tutti, noi si sta silenti, e l'imprecazione che sibiliamo appena sveglie a guardare questo catino di zinco che abbiamo proprio sopra le nostre teste, lo teniamo per noi. Un vaffan@ulo laterale . Molto chic!

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...