14 dicembre, 2008

La festa.



Bello. Si è cucinato per un pò, si sono lavate tonnellate di bicchieri prima e inspiegabilmente tonnellate di bicchieri dopo, ma quanti eravamo accidenti, che alla cena di Santa Lucia è tradizione che non si manca per niente al mondo, ci fosse pure la bufera là fuori. Si radunano gli amici, quelli più lontani, ma solo di chilometri, e poi, si stila un menù semplice e d'effetto, bianco, come si conviene quest'anno, che la tavola è bianca, e i fiori pure, e i segnaposti e i piatti e tutto. Ben perciò, un menù bianco, che no che non era certosa e purè, anche se forse, a questi amici qui, potrei anche dare quello, chisseneimporta, loro sono qui per noi, mica per le cose che cucino, ma già che ci siamo, cerchiamo di fare cose semplici ma d'effetto, e lì a scervellarmi per giorni e giorni, che non è che ci siano in giro tutti questi cibi bianchi, ci crede o no, signora mia? La serata è scivolata via, gradita e graziosa, ciarliera e ridanciana. Buonissima Santa Lucia, ai miei amici del cuore più cuore, a quelli che sanno le cose di me che a volte mi dimentico anche io, che sono la mia memoria, la mia famiglia allargatissima, i miei affetti, il mio calore più prossimo, le cose belle che ho. I miei amici ici ici ici, come hanno scritto sul biglietto, il primo da mettere sul camino, i primi pacchetti sotto l'albero zen, i miei amici più vicini, quelli che sanno tutto, fanno tutto e mi perdonano tutto. Anche di aver scordato l'insalata.

10 dicembre, 2008

Devo spiegazioni.


E' una specie di fagotto. Un gadget. Una cosa di pelo liscissimo, ha per naso una Morositas, le orecchie pendule, gli occhi dolci e un pò così, come a dire, fate di me quello che volete. La cercavamo da un pò, volevamo un cucciolino da accudire, dacchè non c'è molto da fare in una casa come questa, ed è tutto uno sbadiglio e uno zapping e un darsi lo smalto e farsi la piega. In realtà, è un regalo di Natale, il primo fatto e ricevuto. E' un cucciolo buffissimo di Cavalier King, una specie di Lilly e il Vagabondo, mi dicono. So bene che è una cosa da folli. So bene che tutti mi dicono CheCoooooosa? Un altro cane? No in verità non è mica un cane, questo qua. E' un giocattolino, un peluche, a metà tra un neonato e un Nintendog, è tutto bacini e leccatine e sguardi languidi e coccole, e nanne lunghissime in braccio a questo e a quell'altro, vero è ben che non le manca la compagnia, qui dentro. Lei, che ha nome Tiffany, ha due mesi appena, e ci ha fatto uscire di senno un pò tutti, il Giurisprudente compreso, che ha buttato alle ortiche la sua fama di bello e impossibile e si sdilinquisce con questa piccina in mano. Gli altri animali di casa non fanno una piega. Beverly la annusa e ci guarda, come a chiederci Ma Che Cos'è? salvo poi spingerla col muso per aiutarla a fare le scale. I gatti, beh, nemmeno loro hanno capito che è un cane, nella stessa uguale misura in cui Tiffany ancora non ha capito che loro sono gatti, nemici storici, a cui ringhiare, a cui fare gli agguati, ma coi quali lei, per il momento, vuole solo giocarci. E noi qui, il mio Sposo soprattutto , a studiare tabelle di alimenti, e di aumenti di peso, esattamente come se fosse un figliolo, solo, un pò più peloso, sdilinquito, pure lui. E il Junior Ing. che chiama per sapere come sta, il Liceale che si addormenta con lei sulla pancia, la Princi che le suona Mozart. Fuori la neve e il gelo, qui appuntamenti per vaccini e microchip, e lezioni di buone maniere, una cena per duemila sabato prossimo, una tonnellata di regali ancora da fare e deliri vari ed eventuali. Per il resto tutto bene, grazie.

L'altra vita.

Sono passata a salutarti, così, perchè ti ho visto dalla vetrina, che avevi lo sguardo perso di fuori, a guardare i passi della gente, la strada gelata, le cose di fuori, il niente. Ti ho abbracciata e ti ho stretta, non si chiede come stai a chi come te non ha più cuore per rispondere, che sorride e sorride, ma senza occhi a luccicare, come una stanchezza opaca, filtrata da un dolore sordo e così grande che si fa fatica a trasportare di qua e di là, e si cerca e si prova, come a spostare uno scoglio, ci hai mai provato? o a spingere la macchina con la marcia, che non si sposta, è ovvio. E' un dolore che conosco e che so, so perchè l'ho mescolato anche io, ci ho abitato anche io, mi ci sono addormentata e svegliata e lavata e vestita, accanto a lui. Per questo forse, questa cosa mi ha così stordito, e ci penso così spesso. Leggi Ancora le mie Fragole? No, mi dici smarrita, come a scusarti, Appartengono a Un'altra Vita. Che vita vivi adesso, che vuoto mescoli a colazione e fino a sera, che persa che sei, che cosa ti racconti e racconti alle tue figlie, che risposte trovi e dove. Il Cielo non ha ragione, qualche volta, e spara a caso, e sceglie senza una logica chi far piangere di più. sulla terra. Io non ho le parole giuste per te, anche se me ne sono raccontate tante, ero una ragazzina e mi ci vedo così tanto nella tua più grande. L'altra vita forse è giusto lasciarla Là, dov'è. E vivere questa, fino in fondo, a mangiare questa malinconia devastante fino all'ultima briciola, fino a quando a passare le mani sulla tovaglia non ne troverai più nemmeno una. Il dolore non si rimanda, si sbriga come una pratica pesante, subito. Durerà. Ma mi conforta quel tuo sorriso stanco, so che lo sai e che sei pronta. Non passerà, se passare vuol dire mandarlo via. Solo, non ti devasterà così come fa ora, non ti schiaccierà, ma ti sarà vicino, accanto, di lato. Non ci si abitua, ma ci si allena per farlo, per sempre, per tutta la vita. Io non avrei il coraggio che hai tu, la forza che hai tu, il rigore, la compostezza, la dignità. E non riesco a dirtelo perchè mi sale un magone che mi squassa e non è mai il luogo e il momento. Il Cielo spara a caso, è vero. Ma insieme alle lacrime manda una Luce, uno sguardo che accompagna e scalda, una presenza che senti e vedi solo tu. E allora diglielo, quando puoi, quando la Luce si fa più forte, diglielo che grande moglie che ha, e che grandi figliole. Ma tanto, dal Lì dov'è, ma sì che lo sa.

06 dicembre, 2008

Zucchero a velo.


Si posa piano sul cuore, o dove ancora non lo so. Come sulle pere al forno, sulla torta paradiso, Piano, pianissimo, a piccoli fiocchi, leggeri, indefiniti, nella dimensione e nel colore. La tristezza non ha colore, e forse non si chiama nemmeno così, non è l’ansia, che quella la conosco così bene che la potrei disegnare, così, a mano libera, senza nemmeno i quadretti, eccome se la so, se la conosco. No che non è ansia: quella ti piomba addosso come un sasso, come i blocchi della neve che si scioglie e che volano giù dal tetto e sbattono di colpo sul terrazzo, su divanetti colorati della primavera, sulla mia pianta di salvia che di certo morirà, che sciagurata, lasciare la salvia fuori nel vaso, con questo gelo, ma era così bello vederla lì davanti alla finestra. Questa che ho non è ansia, è più piccola e sottile, è polvere, quella che trovi sotto il letto dopo un giorno di vento, sottilissima, impalpabile, coma cipria, borotalco senza profumo che ti cola giù, giù, fino in fondo allo stomaco e ti fa stare zitta e un po’ addormentata, ehi, ti svegli o no. E’ una malinconia romantica, nel senso più letterale del termine, troppo leggera per farti piangere davvero, ma per che cosa, poi, e troppo pesante per farti sorridere. Ti fa stare un po’ così, imbambolata, senza espressione e senza corrente, c’è qualcuno che ha staccato la spina, per caso?, triste di una malinconia soffice, malinconica di una tristezza che non traduci, che non sai, leggera eppure incomprensibile, e tu sei lì, a fare le cose di sempre, le stesse che ti rendevano allegra e ciarliera solo poche ore fa e che adesso ti fa dire, ma come, ma dove, ma quanto accidenti pesa questo stupido, inutile zucchero a velo.

05 dicembre, 2008

Bianco.

Mi è presa secca. Sarà che c'è ancora un sacco di neve in giro, e io guardo solo nei campi intorno a casa e sulle colline e nei prati, mica agli angoli delle strade, dove è brutta e grigia e nera, la neve è bianca e resta bianca, se proprio la devi guardare, guardala com'è, non come diventa. La voglia di bianco mi si è proposta così, all'improvviso, come quando ti va di traverso il succo del mandarino, che è un delirio, all'improvviso ti metti a tossire e tossire, eppure, stavi chiacchierando beata, ecco, te l'avevo detto che non si parla mentre si mangia, sì, vabbè, ma il mandarino! CIonondimeno, mi piace il bianco. In questo minestrone di viola, che è pure il mio colore maximo, quest'anno il mio Bianco Natale sarà proprio così, e mai nome fu e sarà più appropriato. Bianco. E basta. Che vero è ben che siamo ancora senza connessione e che per molti giorni ancora lo saremo, che ben concentrata mi son nell'allestimento natalizio della mia umile capanna, e bianco di qui e bianco di là, che non ho trovato uno straccio di fintissimo abete bianco esattamente come due anni fa non trovavo quello nero, che ho allestito con grazia e buon gusto (!) quell'alberino che il mare aveva trascinato sulla spiaggia di Palau 5 anni or sono...Bianco, si dice, bianco come le anime pure, bianco come il perdono, la serenità, bianco come la bellezza, come un giglio, il latte, la neve e il sole, quando il sole è bianco, bianco come il sonno, bianco come un bacio, uno sguardo, un sorriso che scalda nel freddo che c'è.

03 dicembre, 2008

Tagliata fuori.


Isolata. Emarginata. Fuori dal mondo, insomma. Senza internet, chiavette o connessioni o cose del genere delle quali poco comprendo, in realtà, ma che mi fanno sentire come in una giungla, in un'isola sperduta, sul cucuzzolo della montagna con la neve alta così. Mèndico. Una scrivania in ufficio per scaricare la mia posta, dacchè la mia umile casina non possiede più una linea, un guasto? un incantesimo? una magia? una fattucchiera ci ha messo del suo? uno gnomo burlone si è messo a giocare coi fili? un topolino li ha rosicchiati? un'intera famiglia di talpe/serpenti a sonagli/ghiri/iguane ci ha fatto la tua tana, proprio là, sulla stradina che porta la connessione a casa mia. I figlioli furenti. Come inviare messaggi d'ammoooooore, chi guardare su Facebook, come trastullarsi ore ed ore come tutti i fanciulli del globo terracqueo? E io, come avvisare il mio fedele pubblico (!) dei preparativi per le feste a Villa Villacolle, del muro blu', dei pettirossi, della domenica beata, del lunedì agitato e convulso, delle cose di ogni giorno, insomma? Ma il piu' arrabbiato di casa è Egli. Lui. Il Sommo Isoscele Altissimo Levissimo Purissimo. Lui che da casa ci lavora. Lui che tra poco farà anche un programmino per farsi il caffè. Lui, che gestirebbe al computer anche la cova e la deposizione, qualora gli pungesse vaghezza di acquistare una gallina. Egli è un bufalo, una iena nemmeno tanto ridens. Egli ha sbraitato per ore nel telefono, ieri, peraltro con scarsi risultati. Egli non sopporta di digitare, attendere, stare lì a sentire musichine, spiegare a ventiquattro operatori diversi che cosa diavolo è successo. Egli vuole la connessione, punto, dovesse venire anche Ilary Blasi, Abatantuono, Panariello e la Incontrada, insomma, tutti, ad installare una linea nuova. Così, in questa immensità, si annega il nostro essere isolati dal mondo. Ma so che Lui sta cercando il numero del Vaticano. Non mi stupirei.

30 novembre, 2008

L'eternità.

Roba da uomini in questo sabato sera, partite e discussioni, e per noi due, femmine di questa casa insieme al cane e alle gatte, non è che ci sia tutto quello spazio. Perciò, ci si rintana a leggere nel letto, a chiacchierare, a giocare e a inventare canzoni sconclusionate che ti fanno ridere e ridere, di quella risata a campanellini che hai. Mi abbracci forte, Vorrei Che Fossi Eterna, Mamma. Che strana, straordinaria, imprevedibile capacità hanno i bambini, di farti riflettere mentre inventi delle rime sceme, di farti pensare al segreto dell'universo mentre salti sul letto. Tranquilla, bambina. Io non ho alcuna intenzione, per ora, di andare in Cielo, lo sai? Ma sappi che anche le mamme ci pensano, a volte, non sempre, e se succedesse e se capitasse, e se, e se, e scacciano in fondo questi pensieri per non farsi venire troppo il magone. La mamma è con te. E lo sarà per sempre. perciò ti racconta e ti coccola e gioca e canta e balla e fa dei versi e discorsi serissimi e risate, e ti stringe fortissimo a sè e mette insieme questo tempo insieme, insegnandoti ad asciugarti i capelli, a leggere tanto, a difenderti dagli stupidi e dagli ignoranti, a sfamare i pettirossi, a fare la sfoglia e le capriole sott'acqua e ad amare tanto, tanto da togliere il fiato, ad aiutare le persone che hanno bisogno e a fischiare e a fare i palloni con il chewing gum, ma quelli in dentro, che quelli in fuori cono capaci tutti. La mamma sarà in tutte le cose che sai, in questo scrigno dove ogni giorno mettiamo le cose che facciamo noi due e che tu insegnerai, un giorno. La mamma ti avvolge e ti scalda, col suo bene esclusivo ed assoluto, con le sue storie e la sua stessa vita, che è complicato da spiegare , ma che la sua vita, sei anche tu. Così, figlia, ritrova all'istante quella risata di campanelli, in questo lettone di sabato sera, che la mamma non se ne andrà, perchè ha ancora così tante cose da spiegarti, da insegnarti, e da fare insieme a te, per mille e mille anni ancora, che la mamma, lo sai, non è mica tanto brava a far di conto, ma sa che mille più mille fanno un sacco di tempo, un sacco di giorni, un'eternità.

28 novembre, 2008

Bianco su bianco.

Desperate?

Mannò, mannò, nient'affatto disperata. Indaffarata, questo sì, ho fatto la mia lezione quotidiana di step e sù e giù, e sù e giù, per le scale domestiche, a cancellare per quanto possibile le tracce dei Regi Pittori e riordinare e rassettare la mia blustanza nuova nuova. Proprio blù-blù, eh? non azzurrina o celestina. Blù e basta, oltremare, blu di Prussia, mi vengono in mente i pastelli Giotto che bei nomi avevano. Insomma, ho avuto il mio bel daffare, signora cara, che con questa reclusione un pò forzata, un pò sperata, candida, candidissima, ci sta quasi bene, non è vero? dacchè siamo costretti a nemmeno uscire, a mettere il naso fuori dalla porta, nevica a stecca, non lo vede? e noi qui sulla collina siamo i figli di Ficiu ( do you know?) e nessuno ci considera e nessun spazzaneve si è visto all'orizzonte. Così puliamo e riordiniamo, e diamo a questa casa finalmente un aspetto quasi umano e non più da baraccati disordinati. In realtà ben tutt'altro sperai in un pomeriggio nevoso come questo. Avrei sistemato per bene la poltrona accanto al camino, avrei sfornato un paio di sciarpe colorate e senza ancora un vero destinatario ma che ci fa, avrei sorseggiato pigramente una cioccolata tiepida, magari alla menta, guardando pigramente di fuori, questo magico spettacolo di zucchero filato che cade giù, sbadigliando di quando in quando e stringendomi per bene addosso una delizioso golfinetto di cachemire più soffice di una nuvola. Un bel fico secco. Io, Vestale del Mocio Vileda, Ambasciatrice dello Swiffer, Unica Sovrana del LysoForm Casa, gli ho dato giù come una forsennata, mentre fuori imbiancava vieppiù. E ora, ben schiantata sul Regio Divano, dopo una doccia rigenerante e vitaminica, eccomi ad osservare il risultato. Complimentoni, Agente, ha fatto un buon lavoro. Fuori, nevica. Ma a noi, golfinetto o no, non ce ne importa una beata.

26 novembre, 2008

Bell'e stecchita.


Diciamo che ho perso conoscenza. Di botto, così. Nonostante Le Iene alla Tv, il gatto che mi faceva le fusa a un millimetro, la Princi accatastata accanto a me anzi su di me, stecchita essa pure. Non esiste un quando, in verità, cioè non hai mai ben chiaro quando ti addormenti, a che punto sei arrivata con quello che stai guardando, o pensando, o, nei casi piu' gravi, dicendo agli astanti. CI si addormenta di scatto, come se andasse via la corrente, non so, tump! e i primi cinque o sei secondi ancora senti che intorno a te il mondo scorre, ma tu sei lì, acciambellata e arrotolata in una Regia Copertina fatta a mano da te stessa medesima, che è vero che è un pò corta ma insomma, eri così stufa di continuarla e impaziente di vederla lì, troneggiare sul ViolaDivano, che ti sei detta, ok, è finita, è proprio così che la volevo, dichiaro ultimata quest'opera d'arte. Fuori immagini un freddo porco, meglio polare, và, e c'è ben poco da immaginare, il freddo che fa è proprio così' questa sera, e allora si chiudono per bene tutte le persiane e la porta a chiave, con 3 giri, mi dà un senso di sicurezza chiudere a chiave la porta di ingresso, a dire, vedete? noi tutti qui dentro e il resto dell'universo fuori. Si chiacchiera, non troppo però, si fa uno sforzo mentale per programmare la mattina successiva, ma un bel niente, non si riesce a coordinare un pensiero sensato che sia uno. Così, avvolta nella coperta, a metà strada tra una bisnonna e una homeless, ci si schianta belle e sbaccalite sul divano di casa, il gatto vicino, la Princi incollata, il resto della famiglia sparsa, e un secondo prima di perdere conoscenza ti dici che sì, nessun posto è meglio di questo qua e che per niente al mondo mai vorresti svegliarti in un luogo diverso da qui.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...