21 ottobre, 2009

Bonjour, l'automne.

Che bella mattina che è. Silenziosissima, come sa essere bello il silenzio quando ti fa sentire in pace, contenta, di nulla in specifico, ma ci si sente così, e che ci vuoi fare. Si ascolta con sodisfazione questo benessere, questa sottile serenità, certo il frutto di tanti esercizi, esito di tanti lividi, magoni e pianti, momenti in cui ci si è sentiti così soli e disperati e immobili e assurdi. Lontani, alla fine, si è lavorato su di sè, si è imparato, si è cancellato, accantonato, chiusi capitoli e questioni, ci si è fatti più forti, si sono dette cose, ascoltate altre, si è cambiato registro, uniforme. Mai il sorriso. E' un cammino faticoso, come quando fai in salita un sentiero che ti porterà a uno spettacolo meraviglioso, non so come dire, sarà la piacevole malinconia di questa mattina autunnale da catalogo, la pioggerellina, che non sai bene se è pioggia o nebbia, e che mi rende così romantica e melensa, e mi fa pensare e pensare. A cose belle, però. Che non necessariamente son tutte metafisiche e filosofeggianti, echeppalle, ma va bene l'alternarsi continuo, il senso del cosmo e quegli stivali da viale su cui ho messo il cuore giorni fa, verificare il proprio stato emotivo e scervellarsi a ricordare il nome di quel mascara che fa gli occhi da pantera. Così, si dipana questa mattinata autunnale, nella casa in collina silenziosa e ancora un pò in disordine, scarmigliata, scalza e vestita da casa, una felpa di Bali che racchiude un cuore d'autunno, un cuore sfacciato, un cuore che ride.

20 ottobre, 2009

Il ritardo.

E non già quello che a tempo debito porterà un frugolo, dacchè, in grazia di Dio, abbiamo già dato a sufficienza, anche se mi spupazzo i figlioli delle mie Regie Vicine di casa, e li annuso e li tengo in braccio e mi sforzo di ricordare quando ne avevo anche io di piccini così, e mi viene un pò di nostalgia, ora che ho omoni e donnine, invece di pollicini morbidi col facciotto cicciardo. Orbene. Il ritardo è quello in cui ti svegli nel cuore della notte, apri l'angolo di un occhio soltanto, e lo posi sulla sveglia accanto a te. 7.35. Ah, ok. Cooooooooosa? Fai un salto nel letto, scuoti lo Sposo, altro che risveglio a baci come nei film, non abbiamo sentito, forse abbiamo sentito ma abbiamo finta di nulla, forse non è neppure suonata, impossibile, è che ci siamo addormentati secchi, e abbiamo un'ora o giù di lì di ritardo sulla tabella, qui c'e scritto che si deve essere in piedi alle 6.30, altrochè. La Princi esprime il suo personale disappunto per non avere a disposizione quella mezz'ora per decidere il vestiario e se la felpa blu o il maglioncino rosso, e che collana, e che sciarpa, dacchè, sempre in grazia di Dio, ne ha una trentina. Il Liceale esprime il suo personale disappunto bofonchiando qualcosa in una lingua incomprensibile, prendendo a caso nel mucchio dei suoi abiti ammonticchiato di malagrazia sulla poltrona accanto al suo lettino e in in 18 secondi è già lì, spazzolino in bocca e zaino in spalla. Il mio Sposo esprime il suo personale disappunto imprecando in maniera silente, impercettibile ai più, ma io che lo conosco più che bene, so che le imprecazioni silenziose son le più pericolose, e attendo la deflagrazione da un momento all'altro. La scrivente piomba in cucina, nel lavello ancora i piatti della cena, che è una cosa che odio rassettare la mattina presto; realizza che ha dimenticato di esporre il sacco dell'indifferenziata, che sono finiti i croissant per l'intervallo delle 10, che deve dare 7,50 per non so quale obolo a non sa quale figlio, che ha scordato di firmare questo, che deve andare alla posta e che e che. Ben perciò, la scrivente medesima, non sa se esprimere il proprio personale disappunto urlando, vomitando, o tornando a dormire.

19 ottobre, 2009

Buona domenica?


C'era scritto che sarebbe stata una pigra domenica di ultimo sole, di passeggiata in collina con Biancaneve e il suo Sposo, che avrei ultimato in tutta scioltezza la Baby Surprise Jacket e tutti a chiedermi cos'è, cos'è, e io con aria di sufficienza a dire, eh, sì in effetti è una cosa misteriosa, di fatto, lo è, se l'ho fatta e rifatta e disfatta millecinquecento volte circa, e poi alla fine disfatta del tutto, e la sua, quella di Biancaneve, rosa e perfetta, ma io sono la più zuccona di tutte e sono l'unica che ancora non l'ha fatta, e vabbè. C'è di peggio. E infatti c'è. Per non farci mancare niente, ma niente proprio, il Junior Ing. ha pensato bene di cadere malamente giocando a pallone, una cosa da nulla, dice al telefono, Ma Vado a Farmi Vedere. Così, sul finire della domenica, ce lo siam ritrovati al Pronto Soccorso, suo padre ed io, quelle sette ore perchè è il tempo necessario per farti dire che ha la scapola rotta e voilà, lo avvolgono per bene come le valigie all'aeroporto e te lo riconsegnano così, dolorante e inca@@ato, il braccio ripiegato, la manica molle della tuta sociale che un certo effetto fa, la sua faccina stralunata, ma come, non eri tu il piu' grande di tutti? Bene, molto bene. Buona domenica? E come no.

16 ottobre, 2009

L'equilibrista.

Che sarebbe stato facile non è mai venuto in mente a nessuno, nè di pensarlo, nè tantomeno, di dirlo. Non è che si cambiano le cose così, come la luce, accendi, spegni, non c'è un interruttore, non è che chiudi la porta e buonanotte ai suonatori. Ci sono delle volte che ti viene un pò da pensare, e di solito succede quando ti fermi un attimo, finchè vai, vai e basta, non ti sogni nemmeno di, e poi all'improvviso, ecco che le certezze un pò si sbriciolano, appena appena, e si procede sì, ma un pò si ha paura. Passa. Passerà. Si fa con calma, un passo dopo l'altro, si va avanti con metodo e sapienza, ci vuole mestiere e quello c'è, e allora dove sta il problema, noi qui siamo abituati a mangiarne, di problemi e questioni e pasticci e vicende, corazzati che siamo. Passa. Passerà. L'equilibrista del circo sulla piazza, quello coi carrozzoni scrostati e un leone triste nel recinto che non fa più paura a nessuno, quello con la cassiera finta bionda con lo smalto rosa, che legge un romanzo di Liala quando non c'è nessuno, lui, l'equilibrista fa così, l'ho visto io. Passa sulla fune ben tesa, con l'asticella che sembra leggerissima tra le sue mani bianche di gesso, e scivola elegante, sui nasi della gente e sulla pista polverosa dove prima giravano i cavalli stanchi col pennacchio e il domatore infilava la testa nelle fauci della tigre spelacchiata. Lui procede, sicuro e concentrato e l'ho visto bene come fa, se hai una corda te lo faccio vedere anche io, lui cammina anzi scivola e non muove un muscolo, attento e invincibile, scivola e scivola finchè non è arrivato di là, e allora sorride e tutti applaudono ma se ci hai fatto caso, non guarda mai giù.

15 ottobre, 2009

Ogni mattina una gazzella.

Eccetera. Non vado pazza per gli aforismi, le frasi da cioccolatino, quelle che dicono quelli che parlano bene. Ma è la mattina presto, quando la giornata è ancora tutta da inventare, che si sta lì, a mescolare il latte e a guardar fuori, ne ho parlato di già, è uno dei miei momenti più perfetti, non saprei dirlo meglio. Che belli che sono i pensieri del primissimo mattino, brillanti, trasparenti, lucidi come la targa d'ottone sulla porta d'ingresso, ancora impiastricciati di sogni e di coperte, e di caldo del letto, che sei ancora in camicia da notte, una specie di limbo, al confine, tra quel che eri un minuto fa e quel che sarai per le prossime, vediamo, quanto dura la mia giornata, la giornata di ognuno, tredici ore, forse, anche di più, se mi rimbambisco davanti alla tv, con una parte di famiglia, a finire finalmente la copertina a righe e a sentire come un belloccio fa a pezzi una canzone di David Bowie che adoro. Son pensieri bellissimi e crudeli, quelli del mattino prestopresto. Ti senti così potente, carica, sul pezzo, come dicono invece quelli che parlano male, ci stai dentro, come dicono i ggggiovani, e ti attardi e cincischi, e sei lì che pensi e pensi ma i numerini rossi sull'orologio del forno vanno così veloci e lo Sposo e i figlioli sono usciti da un bel dieci minuti e di cose e di idee e di pensieri ne hai avuti già un centinaio, e allora e perciò, come si dice, non importa che tu sia leone o gazzella eccetera, meglio sarà che ti dia una scossa e che barcolli fin sotto la doccia. Pensieri bagnati, pensieri fortunati. Come dicono quelli che parlano e basta.


13 ottobre, 2009

E fuori, l'azzurro.


Chi si aspettava il vento freddogelato dalla Siberia, ne ha avuto slo un pochino ieri sera. Già ci si immaginava in colbacco e pellicciona sulla slitta del dottor Zivago, e invece un bel niente del tutto. Domani sì ci sarà freddo ma per oggi ci si gusta in grazia di Dio ancora un pò di questo cielo. Anche nella casa in collina tutto procede con un'insperata beatitudine, almeno nelle ultimissime ore. Beninteso, la casa in collina certo non è una casa tutta zucchero e miele, amorecuorefiore, attenzione. Qui si urla e si strepita, si mettono musi qualche volta, si grida dalle scale E' Prontooooooo!!!!, si fanno discussioni e discussioni e si perorano cause e si litiga, com'è ovvio che sia, io con lo Sposo, lo Sposo con me, io coi figli, i figli con me, i figli con lo Sposo, lo Sposo coi figli, e tu avevi detto che, chi? Io? Ma mai nella vita, e allora vedi che sei bugiardo, no sei tu che non capisci, che non capisco cosa? son mica deficiente? insomma, così. Solo, oggi è una beata giornata, almeno fino ad ora. Qualche bella notizia che fa bene al cuore, un esperimento di torta, di quelle dei pacchetti che però vengono una delizia, e una teglia di mele al forno per le quali la Princi va pazza (ingredienti: mele, teglia e forno) la casa tirata a lucido, in ordine per le prossime due ore scarse, lo Sposo mansueto, ciarliero, felice. Il Giurisprudente che si è offerto volontario di ritirare i fratelli a scuola, cosa non da poco, ma da qualche tempo è uno zucchero di fanciullo, sarà la Biondina, sempre lei, che me lo sta addomesticando? In questi cinque beati minuti appena prima di pranzo, che è tutto pronto e si attende, meglio non c'è che sedersi un istante, bearsi di questo momento piuccheperfetto, i panni che asciugano fuori, un silenzio che è una carezza, una sottile, balsamica felicità. Magari, alle quattro e un quarto in questa casa si scatenerà il delirio, ma per adesso, lasciamo tutto così, la pace qui dentro e fuori l'azzurro.

12 ottobre, 2009

Vento dalla Siberia.




Meglio prepararsi con musica adeguata.

Ottobre, d'estate.

Che bell'aria che c'era. Forse non è proprio il modo giusto per dirlo, ma è stato proprio così, un'aria bella di sole caldo, inusuale, strano, forse nemmeno tanto giusto ma chissenefrega, noi col sole si sta già meglio a prescindere, e tutto sembra più lucido e luminoso, anche quello che non lo è. Invece, di un week end luminosissssssssimo si è trattato, sabato a conoscere un pò i cugini, i miei nipoti, suppongo, che anche io ce li ho, come tutti, e sono anche belli e quel che è magnifico hanno una casa tutta viola e due bambini così belli da farmi venir voglia di farne un altro, ma insomma. E poi ieri, la prima vera domenica tutti insieme, come noi si fa d'inverno, di solito, ma quale inverno se siamo in maglietta stravaccati sul prato, a far le foto con l'autoscatto, mentre il Regio Architetto, inforcati gli occhiali da architetto, ovvio, comincia ad immaginare quel progetto che diventerà una figata, sarà così, lo so che non si dice ma oggi vale tutto. Si attendono riunioni su riunioni, anche con l'Alter Ego, che mi sgrideranno, lo so, perchè io parto dai lampadari e loro pensano prima ai pavimenti, ma si sa, nasco barocca, me lo dicono da sempre, e allora, che farne di me? Un sole bello così da molto non si vedeva, o forse sì, ma che bei giorni di sole perfetto sono stati questi qui, perchè il sole va bene, è lassù, va bene che scalda e abbronza e secca i fiori se non li annaffi e ingiallisce il pratino e asciuga le lenzuola in un secondo, ma il sole, quello vero, lo fanno le persone che hai intorno, quelle che ami e che vorresti sempre con te, e che ci sono sempre in effetti, al pranzo della domenica con la tovaglia candida e i fiori, e alla merenda, quando la casa è tutta un tramestio di tazze e dolcetti e nutelle home made e chiacchiere. Mercoledì, si dice, perturbazione dalla Siberia. Che arrivi pure, se vuole, che di sole, noi qui, c'abbiamo il nostro privato. E scalda anche di più.

08 ottobre, 2009

Calma.

Un giorno quieto, di quelli che scivolano via piano piano, la mattina che erano le 8 e dopo un attimo già quasi mezzogiorno, ma come, non doveva essere lenta questa mattina qui? Si è rovesciato tutto così, come la bottiglia dello shampoo quando ti cade nella doccia, lento eppure veloce, quieto ma acceso, che bella frase questa qui, mi piace così tanto. Così, ho mischiato fusilli e penne, imbastito un pranzo veloce, riordinato magliette e pensieri, stirato camicie e progetti, idee e quelle dannate tende della cucina, che non ne voglion sapere. Ho la tastiera che non mi fa la o, devo premere forte e qualcuna la perdo, come l'orchidea sul tavolo che perde i fiori, un profumo di buono per tutta la casa, l'orecchino non l'ho trovato,e tre libri da leggere sul comodino. E' un giorno lento e meraviglioso, non si fa niente di speciale, che cosa avrà mai di speciale un giovedì qualunque, c'è un sole tiepido che scalda ancora e asciuga le lenzuola stese fuori, oggi si va in centro, si è trottato con grazia tutta la mattina per riuscire a ritagliare un pomeriggio così, in un bar del centro coi tavolini ancora fuori, più tardi forse, appena prima di cena, una passeggiata nelle clline rosse di foglie di vite e profumate di mosto e di umido, e che caldo strano che fa, nessuno lo dica che è già autunno o l'incantesimo svanirà.

07 ottobre, 2009

Pizzi e briciole.

Contro la malinconia. E' una giornata particolare questa qui, per me. I dolori, quelli grandi, quelli veri, non è che scompaiano col passare del tempo. Solo, ed è brutto a dirsi, un pò ti ci abitui, come una convivenza forzata, a dire, c'è, me lo tengo. A volte di più a volte di meno, ci sono giorni in cui nemmeno lo senti, altri invece che te lo trovi seduto lì, e fino a sera non và via, un ospite sgradito ma conosciuto, sai bene com'è fatto. E ogni anno è un anno in più, li conti, accidenti, ventinove, ventinove, è più di una vita, quanta ne è passata e passerà, ho avuto gli anni suoi quando è andato via, e spesso mi trovo ad immaginare come sarebbe stata la mia vita se quel giorno non fosse arrivato mai, dove sarei, che farei, se le cose che ho sarebbero uguali, e se e se. Non posso dire di essere triste, oggi, non è la parola giusta. Un pò vuota, forse, come senza corrente, come se rivivessi un pò quel giorno, come se avessi ancora la gonna blù a pieghe e quel nastrino, e allora, per darmi forza, ho iniziato subito una sciarpa leggerissima, di un color malva che adoro, è un filo sottile e un punto difficile, bisogna stare concentrati, non ho neppure tolto la tovaglia della colazione, e il gomitolo si è riempito di briciole, ma ho voluto la mia mente impegnata per un pò a contare, prima di cominciare una giornata così, coi fiori freschi e il camposanto, nel pomeriggio. E' un giorno come tanti, ce ne son stati ventinove da allora, e quel dolore è seduto lì, in cucina, con le briciole e il thè che si è raffreddato nella tazza con le ortensie, e quel pizzo leggero che devi stare concentrata e contare, e lo so fare, l'ho fatto mille volte di già, eppure, stamattina non mi viene.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...