27 aprile, 2010

Nuota.

E' una barca di carta, come fai ad attraversare il mare. Ci provo, alla fine, ci riuscirò, magari. Io non amo le tempeste e il mare forte, mi fanno paura ogni volta, ne incontro poche, in realtà, c'è tutto un equilibrio dietro, un lavoro di cesello, si fanno conti e previsioni e si decide che cosa fare o non fare, per non trovare le onde troppo alte e il vento troppo forte che ti prende a schiaffi, e a stare male, no grazie,  ci sono già stata abbastanza, direi. Così, la tempesta di silenzio arriva dopo quella delle urla e delle cose sbattute per terra, e non c'è meteo o previsione che te la possa far presagire, un attimo fa era così, e adesso è cosà, vacci a capire qualcosa. Ma io non riesco, non riesco più. A nuotare sono brava, eppure queste onde mi trascinano via, e non è come giocarci con la tavola o il materassino blu e rosso, queste ti tirano sotto e ti fanno annegare, ti riempiono gli occhi di acqua salata e alghe e sabbia e sassi e vetri a pezzi, gli stessi che senti adesso, a camminarci sopra, e nuota e nuota, e mettici tutta la forza che hai, ovunque bollicine e gorgoglii, il rumore del mare nelle orecchie è una musica morbida e crudele insieme, resisti, si nuota a dorso quando sei stanco, si sbattono poco le gambe per recuperare energia, coraggio, e nuota e nuota, eri bravina, anni fa, hai tutte quelle medaglie, nessuno a vederti, ma tu a nuotare e nuotare, e a vincere, su tutti e arrivare e attaccarti al bordo e guardare in alto, che lisce le piastrelle delle piscine, ma questo non è piscina, questo è mare, questo è oceano rabbioso, è tempesta perfetta, sono metri e metri di acqua cattiva, e sporca, e avvelentata,  nuota, nuota forte, che alla fine qualcuno verrà a salvarti, c'è una barca laggiù, si vede da qui, ti salverà. Illùditi, bambina, nessuno mai è stato salvato dalla rabbia dell'oceano impazzito da una stupida barca di carta.

26 aprile, 2010

E' giù di voce.

Perciò, tutta la faccenda slitta al 10 maggio. 
peccato, ero già tutta infularmata, ed infularmate erano le mie amiche, che come me non vedevano l'ora.
Ma Egli c'ha mal di gola.
Che faccio, gli mando un vaso di miele d'acacia?
Save the date, 10 maggio prossimo venturo. Le cose belle, si sa, tortuose son da raggiungere.


Lost in traslation: Infularmato. Aggettivo qualificativo per indicare una situazione di eccitazione, di agitazione bonaria, tipico atteggiamento femminile prima di un evento.

E poi, stasera.

Davvero?
Sì, non racconto bugie.
E che succede?
Nulla, leggono una pagina della Fragole.
E lo chiami nulla?
Ma no, dicevo per dire.
E cosa leggeranno?
Sorpresa.
Allora mi sintonizzo.
Ecco, fai bene, sarà bello sentir leggere una cosa che ho scritto, e mica da uno qualsiasi.
E da chi?
Non lo so.
Informatissima, vedo.
So che è un doppiatore RAI.
Ah.
Già.
E a che ora?
Mezzanotte, o giù di lì.
E se dormo?
E se dormi, sulle Fragole, domani.
Ah, ecco.
Eh già.
Ma sai dire solo Eh Già?
No, dicevo per dire.

Carciofi e rose.

Tutto così. Carciofi e rose, ortaggi e fiori, mi sembra il minimo. C'è un sole stanco e profumo di buono che entra dalla finestra spalancata. Il giusto disordine del lunedì mattina, pensieri buttati lì, come la felpa sulla poltrona, pensieri che dici, No, Scusate, Stamattina Non Ne Ho Voglia di Voi, eppure no, arrivano e si installano lì, si accomodano per bene e guai a schiodarli, a grattarli via, come si fa con le goccioline di vernice dai jeans,  a pitturar le scatole per Cuore di Maglia ci si inzàcchera piuttosto, non sono male i jeans a pallini violetti, personalissimi, direi. E' una mattina in cui potrebbe succedere la qualunque anche se tu non hai voglia che succeda un bel niente, e te ne stai lì indecisa e rimbambita, e ti dici, ma che andasse tutto al diavolo, e ti metti a innaffiare i fiorini viola del davanzale, a sentire la radio, a stirare la tenda del salone, quella con la scritta, ad iniziare cinquanta lavori e non terminarne nessuno, è ancora così presto, tempo ce n'è. E' un lunedì in cui accadranno cose, se ne compiranno altre, magari no ma va bene uguale, sarò io a dar la piega giusta a una giornata come questa, che non piove finalmente, che i fiori e il prato e le cose belle, e altre meno, ma chemmimporta, carciofi e rose nel vaso della cucina, sacro e profano, ortaggi e fiori, le spine le han le rose,  e i carciofi invece no. Ma dai, ma guarda, non ci avevo pensato.

23 aprile, 2010

Erba strappata.

Ma che razza di mattina è mai questa. Voglia zero, è la primavera, si dice, la stessa che ti fa sternutire per i pollini, ma da quando sono allergica, mah! E' la primavera che ti fa dormire e dormire e ti rende un pò imbambolata, disconnessa, confusionaria più del solito, scollegata, ecco, in palla come il prezioso Telefono Che Fa Pure La Sfoglia e che all'improvviso ha deciso di non più funzionare, ennò, bello mio, così non si fa. La mattina inizia così, va bene, è la fine di una settimana non proprio leggerissima, a nulla servono le vitamine e tutti quegli intrugli di cui mi faccio ogni mattina. Ho mille cose da fare, come tutti, del resto, non voglio mica una statua in giardino, eppure, stamattina, niente, zero, meno di zero. Coraggio, dico fra me, alla fine poi lo sai, la voglia ti viene eccome, spontanea o no, alla fine ognuno fa le cose che deve senza star lì a lamentarsi e a frignare e a  dire, Sì Ma Io, e poi tutto diventa bello ordinato e tu, stanca ma felice, sei soddisfatta di quel che hai fatto. Non proprio. Non è che funzioni esattamente così. Stamattina è una di quelle mattine in cui mi siederei nel prato umidiccio, e starei lì, a leggere e a fare niente, a giocare coi fili d'erba, strapparne qualcuno, o sfogliare margherite, a farne dei mazzolini inutili, la margheritine stanno bene solo nei prati, se le cogli, fine, diventano mollicce e insignificanti, e poi la fatica a trovare un bicchierino abbastanza piccolo che le contenga, io le lego col filo, così stanno insieme, ma ne devi cogliere una quantità, poche non hanno senso, magari ci metti insieme delle violette, così romantiche  e qualche fiorellino giallo, così viene un bel mazzolino senza tante pretese, dura poco, questo sì, e allora, tanto vale lasciarle nel pratino e camminarci sopra, tanto, ti sembra solo di schiacciarle e loro no, invece, se ripassi dopo cinque minuti sono ancora lì, baldanzosissime, come se niente fosse successo. Non so se stamattina sono più viola o margherita. Erba strappata. Ecco, questo.

22 aprile, 2010

L'esplosione.

Ovvero, la meraviglia. Ci si sente così bene, così in pace col mondo, con l'universo nella sua infinita completezza, in comunione assoluta con la Terra. Vabbè, non esageriamo. Stamattina il ciliegio del pratino, lassù, nella casa in collina, ha dato il meglio di sè, alle sette non ancora, che è un modo tutto lombardo di dire che ore sono, che non sono le sette in punto e nemmeno le sette meno cinque, Sono Le Sette, Non Ancora, e già questa deliziosa approssimazione ti rende beata, che bisogno c'è di sapere l'ora esatta, il giovedì si respira già una bella aria di quasi fine settimana, al diavolo le precisioni e le ore spaccate, qui si improvvisa, altro che storie, hai visto di fuori? è tutto un fiore colorato, tutto una tinta pastello, tutto un lilla, un viola acceso, un rosso e giallo, la bellezza allo stato puro. Alla voce Cose Da Fare un centinaio di righe, ma noi che c'importa. Abbiamo pantaloncini leggeri e guardiamo con occhio goloso i sandali lassù, nell'ultimo ripiano dell'armadio. Abbiamo fogli e appunti e schemi, e raccomandate e liste della spesa, ma chi ci smuove, alla fine. Si lavora con calma e delizia, dal terrazzo frescolino di questa fine d'aprile, si ha avuto tempo di riflettere molto, la vita semplice di cose uniche, impagabili e perfette, i fiori, i profumi, i colori che scacciano via il grigio dell'inverno, i pensieri impossibili e vergognosi a formularsi, tanto ti fan star male, quel male che senti come un chiodo, ogni tanto, e che respiri a fondo per farlo andare via. Si impacchetta con l'inverno e il freddo e il ghiaccio e la nebbia e la nube, perfino, e si spedisce lontano, senza mittente, che non sia mai che torni indietro. Ora, noi qui, si ha bisogno di erba fresca e tenerezze, di tulipani e bei pensieri, di lillà quasi sbocciato e di finestre spalancate, sorrisi sinceri e nessun magone,  petali rosa al posto dei chiodi.

20 aprile, 2010

L'uomo del trattore.

Ora. Ben so che le mie Amiche Vicine della Collina, Amiche del Villaggio, intendo, avranno già ben drizzato le antenne. Riedevo poco fa da un giro mattutino con gli animali di casa, giusto per togliermi dalla domestiche faccende inframmezzate da una serie di lavori per Cuore di Maglia,e prepara pacchi, e avvolgi pacchi e cose così. La collina al mattino è desertissima, di solito, e al massimo incontri qualche coniglio selvatico, o qualche fagiano se ti va bene. Ma stamattina, proprio deserta non era. Mentre percorrevo baldanzosa lo sterrato, e osservavo le rive erbose, i tulipani piantati chissà da chi, le erbe che un tempo conoscevo tutte, avendo fatto un erbario alle scuole medie, ecco che un rumore di trattore mi scuote. Chiamo a me le bestiole, e mi accosto, per far passare il diabolico mezzo. Un oooohhhh di sorpresa viene trattenuto a fatica. Al posto del solito omino sugli ottanta, con cappello consunto e fazzolettone al collo, ossantapace, e questo qui, da dove sbuca? Alla guida dell'agricolo mezzo un Gran Pezzo di Figliolo, in età papabilissima, si intenda bene, dacchè si hanno otto anni di franchigia, in più e in meno, che si sappia e che si prenda nota. Camicia celeste, jeans sdrucito, abbronzatura discreta, grazioso, si dice, belloccio, insomma, uno che proprio non ti aspetti di trovare in tarda mattinata che ti ara il campo dietro casa. Son soddisfazioni. Un pò meno soddisfacente invece, il constatare che la scrivente non fosse proprio apparecchiata da gara: leggings grigi, non proprio pulitissimi, canottierina nera stinta,  felpa larga e con la cerniera rotta. E senza un filo di trucco, una passata di gloss, un bel niente del tutto. Traggggedia. Ma come darmi torto, alla fine, alzi la mano chi porta a spasso i cani col tubino nero e il giro di perle. E il rossetto da giungla. Ora, ben so che le mie Amiche Villane, intese come Vicine, s'inventeranno di tutto per ripercorrere il mio sentiero, alla ricerca del Bell'Agricolo: nonne che pascoleranno i nipoti sù e giù per la vigna, mamme di Fanciulle Liceali che organizzeranno pic nic e gite d'istruzione, Mogli e Madri irreprensibili che si fingeranno studiose di cerchi nel grano e ivi si recheranno in ogni ora della mattina. Del Bell'Agricolo null'altro so. Quel che so è che, da oggi stesso, i cani verranno pascolati dalle sei alle sette volte, da me personalmente. Insisto. Dovrò soltanto rivedere l'abbigliamento, un tailleurino Chanel e un bel trucco bonne mine faranno al caso mio. O è meglio un look da mondina stile Riso Amaro? Rifletterò. Resta ancora da eludere la sorveglianza del mio Sposo e dei figlioli, ma anche a quello  penserò dopo. E adesso, mi scusi tanto signora cara, ma devo recarmi in tutta fretta giù per il sentiero, ho sentito dire che è atterrata un'astronave e voglio vedere di persona, sa com'è. Sì, ho il tubino nero, i tacchi e le perle, e allora, è proibito, forse?

19 aprile, 2010

Il giardino delle rose senza tempo.

Sembra quasi un matrimonio, e in effetti, lo è. Solo, sono passati cinquant'anni da quel giorno e io non c'ero nemmeno, ma oggi sono qui, in questa casa che è sempre uguale in tutto questo tempo, le rondini di ceramica appese fuori, i gradini di graniglia dai quali sono caduta un centinaio di volte, il portico laggiù, e questo giardino. I miei figli mi dicono, Ma Come, Entri Senza Suonare? Sì. Non si suona in questa casa, mai, si entra dal cortile, il campanello sono i passi sulla ghiaia, e allora vedi che tra un minuto esce qualcuno. Io sono diventata grande, in questo giardino, con queste persone, e molte di quelle che dovrebbero esserci non ci sono o non ci sono più, e questo mi fa sentire come un peso sul cuore. Io ci ho passato i miei pomeriggi qui, ci ho imparato ad andare in bicicletta senza rotelle, ci ho giocato a nascondino e a guardie e ladri, ero l'unica bambina, maschiaccio con le ginocchia sbucciate, sempre. Io ho annusato queste rose che sono le stesse di allora, le ho colte e sistemate nei vasi, ho raccolto prugne e more, distrutto un'altalena, portato un cagnolino trovato in un fosso. Ci sono anche le mie cugine grandi, quelle delle domeniche pomeriggio, quelle che mi regalavano i loro libri di scuola e i loro pastelli, con le quali sfogliavamo Sorrisi e Canzoni e imparavamo le canzoni a memoria, abbiamo dormito in quattro in un letto per un mese intero, una volta, al mare, mille anni fa, la focaccia di Sori, gli scogli, i sandalini di gomma e i costumi di spugna. Con loro ho la mia vita, le mie radici, loro sono un pezzo della mia storia, i miei giorni che non scordo, i miei ricordi più belli, lucidi e intatti, prima che tutto fosse spazzato via. Chiacchieriamo e ridiamo come allora, c'è un filo sottile, invisibile, lunghissimo, io so di loro, loro sanno di me, i miei cugini che mi abbracciano e sanno già, le molte cose che abbiamo insieme, perchè le mie sono le stesse loro. E' stato tornare a casa, ha detto Elena, in quelle case perdute che non ci sono più, per nessuno di noi, per fortuna che rimane questa, di questi zii felici di questi cinquant'anni insieme, questa casa coi nani in giardino, la ghiaia e le rose, antiche, profumate, mai sfiorite.

18 aprile, 2010

Difficilissimo.

Gli ingegneri, si sa fin troppo bene, brutta, bruttissima razza essi son. Precisissimi, petulantissimi, ordinatissimi, brontolonissimi, egocentratissimi.  Ma, mio malgrado, adorabilissimi. Dacchè io ne sono circondata, da una ventina d'anni in qua, e poichè mi par di avere, che so, una specie di calamita, che me li fa adorare tutti, indistintamente, sia quelli Senior che quelli Junior, e anche le Fidanzate,  mi son fatta un ragionamento da me medesima stessa. Perchè li adoro in siffatto modo? Perchè, se zuccona son, se letterata son, se per me far di conto è impresa improba, se disordinata son, se la precisione per me è una scienza astratta, se per me sei per sei potrebbe sì far trentasei ma non è mica detto, dipende, perchè quindi, io li amo e mi ci appiccico? Mistero della fede. Stamattina, al primo ingegnere che mi è capitato a tiro, tra le briciole della colazione e la scatola dei biscotti, ho sottosposto un problema non da poco. Devo fare una scarpina, l'ho trovata da TryToKnit  ma la voglio fare più piccola e non so nemmeno da che parte si inizia a calcolare con esattezza tutta la questione, farei a naso, ma sai com'è, e poi è l'alba della domenica mattina, sveglierei Lei, ma insomma, lei fa ponti e poi dormirà ancora, mi sa, e allora, tu sai per caso come si fa? Come, Non Lo So? tuona l'Uno e Trino, e in men che non si dica, voilà, ecco il rimpicciolimento della scarpina già calcolato in tutta scioltezza. Mica ci vuole un ingegnere, basterebbe sapere i rudimenti della matematica. Già. Ma ognuno dà del suo, si dice da queste parti ed è stato buffo spiegare il perchè e il percome, vedi? devo mettere 6 maglie e fare 22 giri, insomma, a un uomo, queste cose non suonano mica tanto familiari, men che meno a un ingegnere. Bene, siamo solo alla prima lezione. Alla prossima, chiederò al mio Illustrissimo Sposo di imparare ad avviare le maglie. Secondo me, impara prima lui a fare la maglia,  di me a fare le proporzioni. Resta una domanda. Io adoro gli Ingegneri, ma com'è, come non è, pure gli ingegneri adorano me. Che vogliano anche loro diventare disordinati, farfalloni e Principi  del Pressappoco? Indagherò. 

Aggiornamento, sigh.


Nonostante le amorevolissime cure, il latte speciale, le telefonate al veterinario, la cuffia di lana che era diventata la sua tana, le coccole, le carezzine sulle orecchie invisibili, il coniglietto Giulio è nel Paradiso dei Coniglietti. Il dottore aveva detto che era pressochè impossibile che potesse resistere senza la mamma, ma noi ci abbiamo provato, anche a cercarla, di qua dalla siepe e anche di là, in fondo al pratino, sotto il ciliegio, ma nulla. Ciao ciao, coniglietto Giulio, io non ero la signora McGregor e mai e poi mai avrei fatto di te un pasticcio di coniglio. 

'Now my dears,' said old Mrs. Rabbit one morning, 'you may go into the fields or down the lane, but don't go into Mr. McGregor's garden: your Father had an accident there; he was put in a pie by Mrs. McGregor.'  Beatrix Potter, The Tale of Peter Rabbit.

16 aprile, 2010

Il coniglietto Giulio.

Lo sapevo che non sarebbe stata una mattina come le altre. Così come sapevo che l'abbaiare petulante di Tiffany  non era così normale e che così stizzosa e preoccupata non l'avevo mai sentita. Sulle prime mi sembrava un topo. Io non amo i topi, non ho mai letto Topolino, non ho nemmeno il mouse. E già pensavo a chiudere le porte, perchè quel fagottino beige rintanato lì, fra il vasetto del basilico e quello delle rose, con abile mossa avrebbe potuto entrare in casa, e lì sì, ci sarebbe stato da ridere. Poi. Avvicinandomi con circospezione, quale non fu la mia somma sorpresa a vedere quelle due orecchiette puntute, e quelle zampine rosa confetto e quel codino già accennato, un minuscolo ciuffetto candido. Un coniglietto! Minuscolo, appena nato, forse, con gli occhi ancora chiusi, ma che respira e mi succhia il palmo della mano. Che fare? Ho prontamente chiamato l'Amica del Villaggio, la più vicina, al momento, ho anche pensato a scomodare quella delle Provette, ma a quest'ora Ella ha a che fare con gli umani, altro che coniglietti persi nei giardini. L'ho subito immortalato, appena prima di costruire per lui una casetta calda, dentro a una cuffia della Princi, con una tonnellata di cotone tutt'intorno che non gli faccia sentire la mancanza della mamma e lo faccia stare al caldo. Resta da capire cosa dargli da mangiare, se riportarlo in giardino, dove forse lo stanno cercando, o magari la sua casa è sulla collina e allora l'affare si complica, chi mai troverà la tua casa, coniglietto Giulio, nella sterminata collina dietro a Villa Villacolle. Per ora potrai stare con noi. Ti nutrirò col trifoglio, mi han detto, niente latte che è veleno per i coniglieti disubbidienti come te, che forse disubbidiente non sei nemmeno, ma è stata lei a sottrarti alla tua casa, per avere un amico con cui giocare, mi sa. La saggia Beverly annusa e sta zitta. Il gatto transgender guarda la scena con aria di sufficienza e torna a sonnecchiare sotto il rosmarino fiorito. Vado a documentarmi. Dovrò trovare delle more, è questo che recita il Sacro Testo. Ma come, quale. La Storia Di Peter Coniglio! Ci ho tirato sù un Giurisprudente, vuoi che non ci riesca con un Giulio?

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...