08 ottobre, 2010

Loro lo sanno.

Sì che lo sanno. Quando non ne ho voglia, quando dico Non Esco e loro insistono perchè sanno che uscire è una medicina, qualche volta, e qualche volta è stare in casa a guarirti, e loro sanno sempre se insistere o no, se provarci o no. Sanno che ci sono dei giorni in cui se non mi sentono vuole dire che sto benissimo e altri invece che se non mi sentono vuol dire che sto malissimo e allora mi chiamano, con una scusa, o passano di qua, che non è proprio di strada per nessuna di loro, ma lo dicono lo stesso, passavo di qua, e Dove Andavi? chiedo e loro fanno le vaghe, ma, sì, boh, ecco. Loro sanno le volte che sto zitta e penso, le volte che parlo senza fermarmi, le volte che. Ieri è stato un bel pomeriggio, dopo una mattina triste, e loro lo sapevano, sapevano anche questo. Mi hanno preparato un grande pacco colorato e molte feste e molte battutacce per farmi sorridere, e alla fine ce l'hanno proprio fatta, che mi lacrimavano gli occhi proprio come quando si ride fino a non farcela più. Loro sono un esercito napoleonico, una forza della natura, una squadra efficientissima, ognuna con un compito precisissimo, chirurgico, insostituibile e non intercambiabile. Hanno personalità diversissime ma anime uguali, affini, vicinissime alla mia. Sono belle e furbe, acute, intelligenti, informate sui fatti, sanno parlare e stare zitte, sanno difendere e sostenere, sanno dire con franchezza Hai Fatto Una Cazzata, che non è da tutti, in fondo, perchè molti ti danno ragione e chissenefrega. Sanno e basta. E sanno anche trovare dei regali bellissimi, utilissimi nella vita, la coccinella sbucciapatate, per esempio, la grattugia col manico, e infine, che il Cielo mi assista, anche il famigerato porta banana da viaggio, di un bel colore fucsia, che ho scartato ieri con beata innocenza in un pubblico luogo, con le signore agli altri tavoli che guardavano curiose, può sembrare quel che non è, ma loro lo han fatto apposta, burlone che non sono altro, mattacchione donne fatte con l'animo diabolico da sedicenni, perfino un pò maiale, mi aiuti a dire, serpenti a sonagli, le mie amiche del cuore.

07 ottobre, 2010

Trenta.


Se ci pensi non li riesci mica a mettere in fila tutti. Uno dietro l’altro, trenta Natali e trenta Pasque e trenta compleanni e ferragosti, trenta di tutto, di niente, trenta volte senza. Il senza che c’è, il niente che c’è, l’assenza che c’è, il vuoto che c’è, se provi a pensarci è diverso da come dicono. Il tempo dovrebbe diminuire, non far più grande, dovrebbe essere meglio, passando i giorni, passando le stagioni, trenta non sono uno scherzo, è una vita, sono due, è l’eternità. Non sono poi così diversa adesso, sono io, così, io senza, ma sarei curiosa di sapere come sarei stata con, invece, cosa sarebbe successo, che giro avrebbe fatto la mia vita, cosa sarebbe cambiato nella me  di adesso, come sarei, così come sono, diversa, sarei curiosa di sapere se riesce a vedermi e se mi ha sentito, qualche volta delle mille che ho parlato con lui, e come sarebbero state le cene tutti insieme, che brutto è stato preparare la tavola con un posto in meno, e poi, mi avresti insegnato a guidare? E come sarebbe stato tutto,  il mio matrimonio, che faccia avrebbe avuto a prendere in braccio il mio primo figlio,  come sarebbe stato Natale con te, mi avresti lasciato farmi quattro buchi alle orecchie? E andare in vacanza da sola? Trenta. Non si cancella e non si impara, forse si soffre meglio ma non si smette mai, la mancanza diventa un soprammobile, un vaso di piombo che lucidi ogni tanto, il piombo lucido non ci diventa, e pesa e pesa, il dolore diventa vuoto e sconfinato, senza margini e contorni definiti, sono grande abbastanza adesso ma sono sempre io, e trent’anni non mi hanno cambiata se ora come allora penso a te com’eri e non so più chi sei, chi saresti adesso, ma amavo quel che eri e così ti tengo, vicino e stretto, forse con te sarei stata migliore, la me che sono adesso l’ha fatta la tua assenza,  il tuo volare via quella sera d’ottobre, la mia gonna blù e il nastrino bianco che ti ho messo sul cuore. 

05 ottobre, 2010

Quasi sera.

Mi piace quest'ora che non è sera e nemmeno pomeriggio, che ancora è chiaro e bello di fuori. Mi piace quest'ora, da aperitivo, da niente, troppo tardi per iniziare qualsiasi cosa, rimarrebbe incompiuta prima di cena, non si fa, magari si può  pensare a cosa fare stasera, un bel film alla tv, un niente di chiacchiere come ogni sera, il libro che mi ha regalato la Vice al compleanno, aveva visto che mi era agitata troppo davanti a Feltrinelli, mi agito sempre quando vedo i libri appena usciti e che mi piacerebbe leggere, ci sono quattro scrittori di cui ho letto tutti i libri tutti,  e alla Vice non scappa proprio niente, e alla fine me lo ha regalato. E' una sera calma, che strana la famiglia a ranghi ridotti, i figli più grandi che studiano fuori, i due più piccoli ancora qui, piccoli si fa per dire, ma più piccoli degli altri, ecco. Ho mille progetti di maglia da fare, richieste della Princi perlopiù, lo scialle Azzu che va fortissimo tra le fanciulle in fiore, piace perchè si gira intorno al collo come una sciarpa, ma una sciarpa non è, è solo un abbraccio caldo, una carezza preziosa di tepore e bellezza, di morbido e di rassicurante, non so. Le cose mi girano intorno e io le lascio girare, non voglio pensieri cattivi, stasera, come da qualche giorno in qua, sono nel periodo dei ritagli, delle cancellature, degli scantonamenti, sto lontano dalle persone che mi opprimono, e credo di farcela, alla fine, sto diventando brava ad allontanarmi da chi mi fa del male e non sono nemmeno tanti, ma quel poco basta già. Ho tenuto una lezione a Emma, proprio io, sull'argomento, me la sono tirata citando Desiderata, che è una filosofia di vita e che so a memoria, e che rileggo spesso, ma tutta proprio non la riesco ad applicare.  Il segreto della beatitudine è dirsi Voglio Solo Stare Bene, compatibilmente con il resto dell'universo che gira un pò come vuole lui, ma proprio non ci voglio rimettere i pensieri, la salute, l'anima, il sentimento. La bellezza di queste sere non va in nessun modo pasticciata da questioni spinose e mediocri, da chi ti dice ti faccio una torta e poi ti porta una pentola piena di fango, non me ne frega, faccio da me, come al solito, come sempre, le torte mi vengono benissimo, non ho bisogno di nulla, grazie, altrettanto, fuori di qui.

04 ottobre, 2010

Il Miracolo del'Acqua.

Il bello è che la senti. Ci ha provato qualcuno prima di me, mica arrivo io bella fresca, Senti Che Bel Rumore mica l'ho inventato io. La pioggia che cade, questa qui di oggi, il primo vero, autentico giorno d'autunno, quello che ti fa dire, ok, ci siamo, questa pioggia che canta sul terrazzo è persino bella, sì. Bella perchè canta, perchè è musica, in fondo, sembra un chiacchierare, eppure nel pratino non c'è nessuno, solo erba fradicia e foglie lucide, senti come fa, puoi indovinarne l'intensità, se smette o no, se aumenta o no. Piove a nastro, diluvia a stecca, piove e basta. Ho preparato un thè, nemmeno ne avevo voglia, ma era bello aspettare che l'acqua bollisse guardando di fuori, aspetto l'acqua guardando l'acqua, ascoltandone il suono,che buffo, è un pomeriggio così silenzioso, lassù nella casa in collina, il Giurisprudente nella sua casa da studente per il primissimo giorno, nuova casa, nuovo ateneo, nuova vita, mi sono trattenuta cinquanta volta dal telefonargli, chiedergli e allora? Ho sistemato la casa scellerata, dopo 4 giorni di assenza, un delirio di cose, ma nemmeno troppe, in fondo, sono bravi e disciplinati questi fanciulli miei e anche il mio Sposo, alla fine, si è ben comportato in mia assenza. Intanto piove, piove tutto il cielo, piovono le nuvole che non si vedono, ma è tutta una sola, enorme, è la nuvola che è il cielo o è il cielo che è una nuvola, piove questo mondo e quell'altro, piove nella mia testa confusa ma contenta, non so bene, incosciente, sorpresa di trovarmi così inspiegabilmente serena, col diluvio di fuori, le gocce che suonano una melodia solo per me e per me soltanto, il miracolo dell'acqua che viene da cielo, che si sente e si vede. Oggi, niente scalfisce l'armonia sottile di un cuore leggero, nemmeno il sibilo del vento, nemmeno i pensieri che sgòmitano per entrare, acqua perfetta da guardare e da ascoltare.

Lo sbaraccamento.

Il luogo è lo stesso, le persone anche, le cose che maneggi anche, gomitoli e cose, scarpine e libri, ferri e volantini, e cavi e ganci e nastro adesivo. Solo, si fa con più mestizia, una sorta di malinconia, che brutto, domani non saremo qui, e anche se si è stanche da paura, che 4 giorni di salone non sono mica uno scherzo, si andare via da qui proprio non se ne ha tutta quella voglia. Che si vede anche dalla fotografia, buia e svogliata, dei mucchi di carta e di scatole vuote, e di fili per terra. Alle mie compagne di banco voglio dire grazie, a chi è passato grazie, a chi si è fermato con noi grazie, a chi è venuto a vedere che muso avevamo grazie, a chi ci ha aiutato grazie, a chi ci ha intralciato grazie uguale, a chi ci ha sorpreso grazie, a chi ci ha fatto perdere tempo ma sì, grazie, a chi ci ha rubato il gomitolo beh no, a quella no. Ho in testa una fila di nomi e di volti e sono quasi certa che non dimenticherei nessuno a scriverli qui e a dire grazie uno per uno, come in fila, , ma quel quasi mi frega e allora va bene così. 

01 ottobre, 2010

Però, che bello.

Certo, confusione ce n'è. E rumore di fondo, e gente che parlaparlaparla e che anche guarda se guardi, che magari un gomitolo se lo fa anche scivolare nella borsa, poteva chiedermelo, glielo regalavo, era meglio così. Siamo qui, gente che passa, guarda e se ne va, gente che viene apposta per noi, apposta per quel Cuore di abbiamo inventato e che adesso, per la terza volta, è qui. Ci sono i corsi, amiche che arrivano da lontanissimo, Ho Portato un Dolce, e si chiacchiera, si ride, ci si salva dalle persone noiose, perfino un pò sfacciate, ce ne sono un sacco, forse un pò meno degli altri anni, ma insomma, comunque. Il Clan delle Casalesi, il gruppo di Vendone, le mie Amiche del Knit, quasi tutte. E' in giorni come questi che si capiscono delle cose, che si riesce a vedere quasi in fondo al cuore delle persone, in fondo agli occhi, forse non nell'anima, ma della tua ne sanno tanto, ne leggono un pezzo ogni giorno e sanno di te cose che forse non sapevi nemmeno tu fino a un secondo primo di scriverle. E allora, che bello trovarle qui, che bello sentire Io So Chi sei, e stare qui, in mezzo al rumore e alla confusione, e dire che cosa grande che abbiamo inventato, che cose belle che stiamo facendo e che bella gente, che bei cuori e che belle anime sono arrivate fino a noi, davvero, che bello.

29 settembre, 2010

Non siamo qui a far ballare l'orso.





Nel senso.
Siamo qui bell'e prese, infularmate, come si dice, agitate, ma così contente, un pò come in gita.
Domani il gran giorno, ma oggi noi qui si prepara. 
E ivi, quinci e quindi, vi si aspetta.

Manualmente
 da domani e fino al 3 ottobre
 Lingotto Fiere, Torino

27 settembre, 2010

Ode ai Calici Disintegrati.

Ora. Càpita che in ogni famiglia normale si abbiano una serie di servizi di bicchieri, come minimo due, uno da tutti i giorni e l'altro per le occasioni. Càpita, lassù nella casa in collina, che i servizi di bicchieri siano più di due: quello per il pranzo, quelli della cena, quelli con Bambi e Cenerentola dei bambini quando erano piccoli e che non vuoi buttare, quelli della CocaCola che per ovvi motivi ne hai una serie illimitata, quelli con i cuori che non vanno in lavastoviglie, quelli che invece qualcuno in lavastoviglie ce li ha messi e i cuori sono sbiaditi, quelli blù, quelli viola, quelli comprati dal rigattiere e quelli di cristallo. Appunto. Quelli di cristallo. Scelti con cura nel maggio del 1994, in un negozio storico di Pavia, mia cognata ed io, lei che ne sapeva e allora mi consigliava, li guardava in controluce, Prendi Questi. Era un regalo per il mio matrimonio, ben perciò era obbligatorio non badare a spese. Quei bicchieri usati ai battesimi, a Santa Lucia, a Natale. E nelle occasioni speciali. Come quella di ieri, quando amici ci han portato in dono un magnum di champagne, epperforza che lo champagne, a berlo nei bicchieri spaiati della CocaCola è davvero troppo da snob. Che calice sia. Anzi, flute, mi aiuti a dire. Gli stessi flute lavati a mano, e senza guanti, con cura fatata, troppo delicati per andare in lavastoviglie, scherziamo davvero, lavati e accuditi amorevolmente uno ad uno, con l'acqua tiepidina, qualcuno giura di avermi visto lanciar loro baci leggeri, nella fase del risciacquo, appena prima di posarli a testa in giù sul ripiano del lavandino, in paziente attesa che si asciugassero da soli, così delicati che perfino il lino dello strofinacci avrebbe potuto esser loro fatale. 




Sono a dirvi, con la morte nel cuore, che un fatto tragico è accaduto ai miei adorati bicchieri.
Il mio Sposo, esattamente Lui, l'Infallibile Uno e Trino, il Profeta, ha inavvertitamente urtato uno dei calici messi ad asciugare con religiosa precisione. E ha giocato a domino. Disintegrandoli in mille invisibili particelle lucenti, che hanno prodotto nello spazio una musica come un concerto di arpa e campanelli, e sul pavimento una coltre di neve brillantissima, dai mille riflessi cangianti e meravigliosi.
Mi ha guardato con occhi pieni di costernazione e richiesta di perdono.
Non ho fatto una piega.
Può succedere.
Come si dice, Chi Rompe, Paga.
E poi, sabato è il mio compleanno.
E secondo un antico documento, i bicchieri brillanti e trasparenti vanno risarciti con altri oggetti, brillanti e trasparenti, da portare al dito, alle orecchie, al collo.
Emmidispiace, bellezza. Stavolta, c'ho ragione.
Eccome, se ce l'ho.

Regina della Quiete.

Strano tempo è questo qua, pioggia e sole, ma chemmimportammè,non mi smuoverei nemmeno se grandinasse, dalle mie parti i contadini  la grandine la chiamano tempesta, e mi ha sempre affascinato tutto questo, Ha Tempestato, sentivo dire da mia nonna, e questo non era una bella cosa, la tempesta rovina i frutteti e i raccolti e l'uva, che da me è oro, ma tempesta è una parola che ha un bel suono, tempesta, e subito dopo c'è la quiete, il sole, la calma. E' un autunno seducente, coi suoi colori e le sue giornate, ancora lente, dolcissime, di quella malinconia benevola, gradevole, sublime. Ci si sente stranamente cariche di un'energia insolita, di voglia di cose da fare, o meglio, di fare delle cose, e di cose da fare ce ne sono un mucchio, ma stavolta non si guardano oblique o peggio, si chiude gli occhi, stavolta ci si sente pronti, efficienti, sul pezzo. Così pronti e carichi che nemmeno sembra lunedì, che nemmeno sembra che si sia dormito a singhiozzi, svegliata almeno sei volte, e a fare che, nulla, nemmeno con l'ansia, solo a scendere in cucina per bere, guardando il buio sul pratino, a controllare i figlioli dormienti, avranno freddo o caldo, guardare i miei figli dormire è così bello, per me, ritrovo l'espressione di quando erano minuscoli e mi ci perdo, e li sveglierei di baci, per dire, ma meglio di no, grazie, che poi chi li sente. Dormo a singhiozzi, in comode rate, mi sveglio spesso, ma non sono nè agitata nè triste, nè disperata, come è già capitato, chi lo sa, sarà il cambio di stagione, sarà che in fondo mi piace, sarà che dormire forse è uno spreco di tempo, io dormo quando sto male, quando voglio scappare, quando mi sento schiacciata e perduta, dormo per non urlare, per non piangere, per non soffrire. Adesso no. Passato il tempo dei magoni, è l'autunno morbido che mi regala questo nuovo essere, questa frizzante normalità, questo semplice stare. Prezioso come le foglie rosse della vite, come le noci cadute sul sentiero del bosco, la meliga secca, i chicchi lucenti del melograno, da infilare uno ad uno e farsene una corona, Principessa del Nulla e del Possibile, Granduchessa del Pratino Disordinato, Regina della Quiete.

25 settembre, 2010

Pioggia e rose.

Pioggina di fuori e rose di dentro. Le rose e la pioggia sono uguali e diverse, uguali loro ma diverse le stagioni, qualche volta. Rose messe a caso, disordinate e sparse, gambi lunghi e corti, strappate, nemmeno còlte per bene, recise con le forbici, no, strappate così, nemmeno le mie, rubate, ma non è rubare se la casa è disabitata, se lascia i fichi in balia degli uccelli e degli insetti, se il cortile è pieno di erbacce e mattoni rotti. Fuori piove sottile, l'ombrello nemmeno serve, ma chi ne ha voglia di andarci, là fuori, le goccioline si prendono meglio in collina, sul sentiero o nella strada tutt'intorno al villaggio, c'è odore di terra e di pace, di silenzio e di erba bagnata, ma non intrisa, appena un pò. E' l'autunno, bellezza. Quello che fa rosse le foglie e poi le fa cadere, quello umido e malinconico, ma struggente e bellissimo, a guardarlo bene, ha dei colori così esclusivi, così unici, così impossibili da replicare, dovresti metterci il rosso, il giallo, e un pò di verde scuro, e poi temperare il marrone ma solo la punta e passarci il dito, e poi la nebbiolina, di che colore la faresti la nebbia d'autunno, che non è mica quella di gennaio, quella è grigia secca, questa no, è dolce e rosata, appena appena, e poi arriva solo fino a metà collina , sta sospesa, non è muro o lenzuolo, quasi vola, spruzzata, non vedi? E' l'autunno bellezza. Quello che ti fa coprire un pò di più, che nasconde quel che resta del sole e del mare, e del sale e della sabbia, quella che ti fa riporre i sandalini flat e i coralli e le magliette leggere, che ti fa venir voglia di cene con gli amici ma a casa, a cucinare ognuno qualcosa e a  chiacchierare fino a tardi, e mentre chiacchieri fare la maglia, che nessuno storce più il naso oramai, che si sono abituati e nessuno lo nota più. Così, rose e pioggia, pioggia e rose d'autunno, rose rubate perchè ancora bellissime, di un colore che acceca, rose e pioggia leggera, che forse ha già smesso, vado e vedere, lo dicevo io, che nemmeno serviva l'ombrello.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...