09 dicembre, 2010

Le luci di dentro.

Allora? Sei felice? Sì che lo sono. Hai risposto troppo in fretta, così non vale. Ma sì che vale, invece. Ieri ero felice, stamattina non lo so. Bisogna pensarci un attimo, qual'è la risposta giusta, quella che ti viene subito o quella che ti viene dopo due minuti, o tre, o tre ore. La felicità e un'onda lunga, che non la sai mai bene fin quando non è passata e allora pensi che sì, allora sì, adesso mah, chissà. Stamattina devo ancora riflettere, rifletto lavandomi i denti, certo non è una bella immagine, come si fa a riflettere sputando nel lavandino, che roba è. Ho la casa tutta apparecchiata di luci e lucine e renne e babbini di vetro, Troppo, mi è stato detto ieri, e un pochino ne ho tolte, in effetti sembrava veramente la Fiera del Catringolo, ma il mio modo di metter cose di Natale è questo qua, le tiro fuori tutte, e poi sottraggo, levo, nascondo, e lascio solo quelle che stanno meglio, quelle che il fine gusto della Princi dice Ok, lei è più essenziale, io sono più casinara. CI si costruisce il proprio piccolo, personale addobbo di Natale, non quello che si vede, non i rami bianchi alle finestre, non le tende di stelline. Quello più intimo, quello in fondo all'anima, si allestisce un angolo dove dire, qui e adesso voglio godermi in pace questi giorni di festa, che sono un pò già cominciati ieri, il ponte dell'Immacolata ne è la prova generale, tra un pò Santa Lucia e poi via, riederà il Quasi Ing dal Regno Unito, stavolta per sempre, e tutto il resto sono pagine da inventare, sono tombole e film, sono libri e chiacchiere e arrosti e amici in visita. Che ognuno abbia nel giorni prossimi,  tempo perfetto per mettersi un piccolo festone, una lucina non troppo sfacciata, un abito rosso e qualche lustrino, al cuore però, con le solite raccomandazioni che si fanno nei giorni di festa. Non essere troppo esigente, mio cuore, non fare la lagna, non piagnucolare, non lamentarti, ma fai il tuo mestiere, ama e basta, che in fondo è quello che sai fare meglio, non importa chi e non importa come, e che le luci di fuori arrivino fino di dentro, a rischiarare, a illuminare, il buio non sa dove stare in giorni così, e se ne andrà brontolando, da qui in poi il calore, le cose semplici che sai, la bellezza e la quiete, sei felice? ti chiederanno, Mi Sembra di Sì, risponderai.

08 dicembre, 2010

Christmas Mood.

Cominci da qui. Dalle candeline piccole messe in tavola in pieno giorno, come fa la mia amica Netta, ma lei è finlandese e ha sempre candele e cose belle in giro per casa tutto l'anno, a Natale poi è un vero trionfo. Ho cominciato così, se deve essere Natale che sia, ho iniziato tardi a fare regali, avevo detto che avrei fatto tutto io, non avrei speso un solo centesimo in palloccate da regalare, ci avrei messo del mio, e infatti. Chissà se ci riesco ma intanto, c'è l'intenzione. Oggi lassù, nella Casa in Collina si farà l'albero zen, non si sa bene cosa ci si attaccherà, se poco o molto, ma alla fine so bene che quella che dovrebbe essere una roba di famiglia, sarà mia e mia soltanto, nessuno qui si offre di aiutarmi, il mio Sposo preferirebbe farsi togliere il dente del giudizio, offrirsi  in mille altri aiuti casalinghi, che so, riparare il tetto, smontare la caldaia, imbiancare il soffitto, pur di non essere coinvolto con palle e lucine. Coi figlioli non è che vada meglio, il Giurisprudente s'è dato alla macchia, il Liceale mi ha sorriso e detto Ma Mamma, e pure la Princi, Ok, Mà, Dimmi Quando Sei Pronta. Ma come pronta, pronta lo son già da ora. La pratica Fare L'Albero inizia già scendendo le scale per andare di sotto e aprire le scatole impolverate, e tirar fuori le cose avvolte coi giornali con le date di gennaio, ci faccio caso ogni volta, è lì che capisco che è proprio passato un anno. E poi, non è solo l'albero, ma anche le cose alla porta e alle finestre e i cuscini, e il pugitopo. Fatto sta che oggi in Modalità Christmas ci sono in pieno, celebro a modo mio la solenne festa dell'Immacolata, magari domani mi sarà già passata, ma almeno avrò anch'io qualcosa che sa di festa, di bello e lucente, essenziale o barocco, natalizio, purchessia.

07 dicembre, 2010

Undecided.

La luce stamattina qualcuno se l'è mangiata, l'ha mescolata al latte e l'ha mandata giù, sotterrata nel giardino, chiusa dentro a un cassetto che si apre a fatica, che hai perso la chiave, che devi aprire quello di sotto per aprire quello di sopra, ne avevo uno così in camera mia, quante case fa non mi ricordo. E' martedì ma è come se fosse sabato, non so se far finta di niente o dichiarare festa, non so se ignorare che sia l'Immacolata o spargere per casa tutti i ninnoli natalizi, i babbinatale luminosi, il candelabro con gli alberini, candele ne ho già una tonnellata. Non saprei. Se desiderare di essere alla Scala questa sera, con un vestito rosso rubino e i tacchi, o se di qua dalle transenne, in piumino e sneakers. Non saprei. Se farmi una doccia gelata o un bagno lunghissimo e bollente, di quelli che ti fanno girare la testa e ti stordiscono anche un pochino. Non saprei. Se barricarmi in casa per due lunghissimi giorni, o uscire nel mondo a scintillarmi di vetrine, invitare, cucinare o scongelare, leggere o fare il broccolo davanti alla Tv, con un film già visto, è meno impegnativo, non devi stare molto attenta, tanto, sai già come va a finire. Non saprei. Niente so. Stamattina nemmeno sapevo se mettere in funzione il cervello o no, guidavo piano nel gelo, ho portato dei figlioli svogliati quanto me,  e poi spalancato le finestre come fosse di maggio, e scosso fuori le coperte e sprimacciato i cuscini, come le contadine sull'aia, per scacciare la notte, il buio  e i pensieri appiccicosi, che restano impigliati nei capelli come chewing gum, che non c'è modo di toglierla se non tagliarli. La mattina del sette dicembre non sarà ricordata per un bel nulla, se non che ho fatto il pane di segale invece che ai cereali, e che mi piacerebbe adesso chiudere gli occhi e riaprirli a New York, o a Londra da Selfridges, ed essere compunta e felice sulle scale mobili che mi portano fino in cima e poi fare un piano alla volta e fermarmi dove mi va, ma a pensarci bene ci sarebbe un sacco di gente e di gente e folla e confusione non ne ho voglia, se ne ho bisogno basta farmi un giro sul corso dopo le 5, stasera che domani è festa, e che è martedì ma è come se fosse sabato, di me non so nulla, non comprendo, non metto a fuoco, il vetrino del microscopio si è appannato, ok, vada per la doccia gelata,  male non mi farà. Forse.

05 dicembre, 2010

Nel bosco.

Mia figlia è di là che ride nel telefono. Prima cantava.
Mi è difficile pensare ad altro, stasera.
Ho sperato, in questi giorni, seguivo i tigì, volevo sapere, ho pregato,anche, no che non mi vergogno.
La cercano nel bosco.
Nevica pianissimo, non è vero, nevica forte ma è neve piccina, non sono fiocchi ma briciole, non sembra nemmeno neve se non guardi per terra e dici, ah già, guarda che nevica.
Mia figlia ha mille braccialetti, gli occhi belli, ha il gatto accoccolato sul letto, è già in pigiama.
Mia figlia ha 13 anni.
Come lei, che cercano nel bosco, e nel bosco è buio sempre, figuriamoci di sera.
Mia figlia vuole farsi un altro buco alle orecchie, tagliarsi i capelli così, mette le mie collane, il mio profumo, non le piace la storia, sa le canzoni dei Beatles.
Il dolore non si immagina, se ci provo è un masso che si stacca dalla montagna e che mi schiaccia, un buco nero che mi inghiotte, un burrone dove precipito senza fermarmi, rimbalzando sulle rocce.
Il dolore non si compara, non si divide, penso a quella mamma e mi guardo, guardo mia figlia e non finisco il pensiero, non ho coraggio  e non ho sentimento.
Nel bosco, stasera, fa che faccia meno freddo e che la neve sia tiepida, là dove cadrà.

Come, un negozio?

In verità me lo ero sempre immaginato così, un posto. Un posto per fare cosa. Un posto per la sede del Cuore, per esempio, e mi sembrava di esserci quasi arrivata dopo una serie lunghissima di trattative e incontri e progetti  e perdite  di tempo, che ho scomodato architetti e ingegneri e fabbri e idraulici che mi hanno fatto tutti i disegni  aggratis, ma poi, quelle che si fanno chiamare Autorità Locali di questa cippa, signooooooora!, hanno cambiato idea e allora addio alla sede. Ma non me ne frega, io vado avanti per altre strade, dovessi mettersi un centinaio di anni. Però ho tutto in mente così chiaro, così perfetto, così assolutamente come dovrebbe essere. Le pareti sono bianche, una di loro ha una tappezzeria a  pois, e bianco è il pavimento a lunghi listoni di legno, e i mobili sono tutti un recupero, ci sono credenze bianche e vecchi comò, poltroncine a fiori, cuscini ricamati. Il tavolo è lunghissimo, viene da una vecchia merceria, e ha un ripiano di sotto pieno zeppo di cestini, pieni zeppi di nastrini, di gomitoli, di carta a fiorellini, e vasi di vetro pieni zeppi di bottoni e bottoncini. E sedie e divani un pò lisi,  e vecchi tappeti, e ovunque teiere e tazze da thè, ce ne fosse una uguale all'altra, ma vanno bene uguale, perchè noi qui il thè ce lo facciamo ma ben sul serio, quando vengono tutte quelle di Torino e di Milano, che è sempre una festa, poi. 


Un negozio dove vendere, per un pò, mica per sempre, delle cose carine, fatte da me, dove ci si possa ammazzare di chiacchiere e magari trovi posto un camino, anche dei libri, perchè no.
Ecco.
Quello che ho fatto qui, in questa domenica, è stato proprio questo. Ho arredato questo negozio, ho messo persino il cestino di legno, quello con le ruote, ho portato un thè arancia e cioccolato che ho comprato a Roma alla BiblioTea con Betta. Ci ho messo le ultime cose che ho fatto, qualcun'altra la sto ancora facendo. 
Non so bene perchè l'ho fatto, mi piaceva l'idea che qualcuno passasse a trovarmi, coraggio, ci sono delle sedie laggiù, fuori fa un freddo becco ed è per questo che ho messo l'acqua sul fuoco. Quante tazze?

04 dicembre, 2010

Il sole a dicembre.

Aprì gli occhi. Inizia così uno dei mie libri preferiti in assoluto, che avrò letto una trentina di volte, in italiano e in francese, che posso dirne dei pezzi a memoria, anche, che ho fatto leggere a un sacco di amiche, che ho regalato tanto, setacciando i mercatini dei libri usati, anche quelli del lungo Senna, e che poi ultimamente ho trovato su Ebay, edizione 1965. Ho aperto gli occhi stamattina e mi sono innamorata di questo sole immobile, insperato, che riluccica la neve dei campi, la brina sui rami, persino l'aria. E' tornato il pettirosso a VillaVIllacolle, stamattina si discuteva se fosse Federico II, III o quindicesimo, certo è che quando arriva è quasi festa, quasi vacanza, certamente quasi Natale, anche se mancano un sacco di giorni e a tratti se ne ha voglia e a tratti no, a tratti si dice, Bleah, Natale, e subito dopo si pensa a come fare a rendere natalizio il davanzale, gli addobbi si fanno nel week end dell'Immacolata, ci siamo quasi, no? Aprì gli occhi. Mi sono stropicciata fin troppo nei giorni indietro, oggi avrei solo da stirarmi e stare bene, appiattirmi per bene, lucidarmi un pò, farmi brillare, sberluccicare da questa neve preziosa, sì, ce n'e ancora perchè è ghiaccia, e fa rumore se ci cammini sopra, ci affondi poco, puoi scegliere se farne di nuove o se ripercorrere le orme sul sentiero, quelle  di ieri e di ieri l'altro, puoi indovinare ancora quelle della lepre, era una lepre, giuro, non era un coniglio, perchè correva zigzagando e aveva le orecchie molto più lunghe. Aprì gli occhi. Oggi nessun programma scritto sulla lavagna della cucina, coi gessi colorati dell'IKEA, ho voglia di leggere e di leggere, e ancora di leggere, scelgo un posto accanto al camino e mi ci fiondo, mi sotterro di pagine e capitoli, libri a manciate, me ne metto accanto due o tre e ne leggo un pezzo di uno e un pezzo di un altro, intermittente, come le lucine di Natale che dovrei mettere alle finestre. Ma se apro gli occhi, fuori c'è un sole invitante e sfacciato, che mi dice, vieni, vieni a correre con me, vieni a sentire che aria pungente e profumata di pulito, vieni a respirare il freddo e scuotiti di dosso tutti gli stropicciamenti e i magoni e le menate, anche, ma quali libri, ma quale camino, fuori è un mix perfetto di gelo immobile e di energia, di brillamenti e di bellezza, per i libri tempo ce n'è, sarà buio presto, do retta a questo sole e a quest'aria libera, anche se qualcosa mi dice che del sole a dicembre sarebbe meglio non fidarsi. Ma chi se ne frega.

Hai inventato delle parole, lo sai, sì?
sì, lo so, ma ci stavano bene.
massì, hai ragione, a rileggere, ci stanno bene.
ecco, appunto.

03 dicembre, 2010

Stropicciata.

Che non è proprio stare male male. Conosco bene, quando si sta male male, detto due volte, che una sola non basta. Ecco, no, non sto male. Stropicciata, sì, appallottolata, hai sbagliato e strappi il foglio e ne fai una palla e lo butti lontano. Ho i vetri sporchi, a guardar fuori si vede benissimo, ma non è stagione di lavare i vetri, se ce n'è una, chi viene a vedere se son sporchi da fuori, se piove e nevica è tempo sprecato, lavoro sprecato. Ieri ho camminato così tanto che mi faceva male la testa, ho fatto un calcolo sulla cartina, sembrano 8 km o giù di lì, magari sono molti di meno ma ci ho messo più di un'ora ad arrivare da lei da casa di mia madre, nel viali, sul corso senza nemmeno guardare le vetrine, non ci sono vetrine in quella parte di città, sono case e palazzi e scuole occupate, Picchetto al Santorre, me la ricordo bene questa scritta, ci passavo davanti con l'autobus e c'è stata un sacco di anni, prima che la cancellasse una mano i vernice. Ho camminato e camminato, lo faccio sempre quando voglio trovare qualcosa che non so, quando mi sento un pò persa, quando tutto gira al contrario di come deve, di come sa, da sotto in sù, da sinistra a destra, a rovescio, quando si inceppa come la cerniera del vestito nero, o del Moncler, mi ci rimane sempre in mezzo la sciarpa. Io odio le cerniere, mi dà noia il loro incastro, tutti i dentini in fila, insignificanti se presi uno ad uno,  la loro precisione millimetrica, che basta un niente e non sale o non scende, possiedo solo pantaloni con la cerniera di fianco, così non le vedo, faccio uno sforzo per le felpe che ce l'hanno davanti, odio di cuore quelle doppie, che si aprono anche da sotto. Non so cucire le cerniere, non le so attaccarle negli astucci che faccio alla Princi, le dò a Noemi che cuce così bene, io nemmeno mi ci metto. Il mio odio per le cerniere, anche a vederle, dovrà essere esaminato da uno bravo, ma scatterebbe il ricovero immediato se raccontassi che cammino nel gelo fino a quando il gelo non lo sento nemmeno più, che le cerniere mi danno angoscia e mi fanno diventare cattiva,  e che ci sono giorni come questo che mi sento appallottolata come un foglio sbagliato, strappato e accartocciato, lanciato verso il cestino e caduto di fuori, perchè chi l'ha buttato non aveva nemmeno tanta mira.

01 dicembre, 2010

Soffice.

Che bella sera, ieri sera. Sono stata a una festa. Cioè, non proprio una festa vera, con le tartine e la musica e i bicchieri. DI chiacchiere sì, che ce ne sono state, saltellando da Facebook al sito, con la radio accesa sulla RAI, perchè se lancio deve essere che lo sia davvero e sul serio, con mazzi e contromazzi, mi aiuti a dire. Stamattina mi sento proprio come dopo una festa, dove hai bevuto un pò di più e la testa un pò ti ronza, e pensi ancora a ieri sera, agli stati d'animo, ma quante storie, non esageriamo, no che non esagero, è stato proprio così, anche se la festa era virtuale, anche se eravamo tutte in pigiama, fino alla 1, anche se qualcuna a un certo punto diceva, Scusate, io Proprio Non Ce La Faccio e Vado a Dormire, anche se eravamo insieme, sì, ma ognuna a casa propria, sul proprio divano, Mirella si è portata il pc nel letto e si sforzava di tenere gli occhi aperti, per aspettare la creatura, Cristiana ed io giù di sms, Emma sparita dal radar ma ritrovata poi, a pochi minuti alla mezzanotte. Le mie Amiche di qui, dormienti, mi sa, ma presentissime oggi, son sicura, a commentare, dire, chiedere. Piccole cose. Piccolissime cose semplici, siamo donne fatte, madri di famiglia e che famiglie, complicate, numerose, impegnative. Ci prendiamo dei piccoli momenti, piccolissimi svaghi un pò da ridere, le vite di ognuno son così voluminose e ruvide, qualche volta, le lisciamo un pò, le stiriamo un pò, a divertirsi in fondo basta pochissimo. E' soffice di fuori, la neve sul pratino, sui rami secchi, quando fa spessore sui rami vuol dire che ce n'è un bel pò, che artista la neve, che trasforma un ramo secco in un miracolo di architettura, in bellezza candida, in bianchissima virtù. E' soffice qui dentro, oggi niente scuola, questa è la regola, nevica e nevica così tanto che è un gran regalo farsi ipnotizzare alla finestra, scommettere quanta ce n'è e quanta ne verrà, programmare una passeggiata nel bianco di fuori, ma più tardi, quando farà meno freddo, quando anche i bambini dei vicini usciranno col bob e giù a rotta di collo dalla discesa, forse ci si spingerà fino allo stradone, al negozio del Tutto, a comprare le arance, che non serve niente in casa, ma facciamo finta. Soffice, il primo dicembre, star male sarebbe un sacrilegio, si cambiano idee e prospettive, tutto acquista una nuova forma, cambiano i filtri e le convinzioni, se c'è la neve, un colore nuovo, luminoso e che brilla, color della neve e come la neve, soffice.

30 novembre, 2010

Vado avanti e indietro.

 
Così diceva il Liceale, anni tre più o meno, quando si annoiava, magari con la febbre, o i puntini del morbillo. Io, al contrario. Vado avanti e indietro quando sono agitata. C'è fermento. C'è casino. Un bellissimo casino. Stasera esce finalmente quel librino cui si lavora da un pò, che ha intasato le nostre mail, versione 001 fino alla versione 007, che mi sembra un bel numero, alla fine. Quel librino che è venuto fuori così, facciamolo, dai, ognuno mette del suo, come al solito, come sempre. C'è fermento. C'è casino. Notizie che rimbalzano sui blog, su Facebook, di qui e di là. Non ci si telefona perchè nemmeno si ha il tempo. Non si conclude un bel nulla di nulla, ho il blackberry in tasca e vado avanti e indietro, mi sono fatta la coda dieci volte almeno, perso gli occhiali, aperto la finestra, guardato giù. disfatta la coda, trovati gli occhiali, fatto cose a spizzichi, tolta il maglione, rimesso il maglione, controllato le mail, svuotato la lavastoviglie, acceso la radio, rifatta la coda, riperso gli occhiali. Il delirio. sono piccole cose, invenzioni di piccolo conto, eventi che ci fanno passare un pò da storneggiate, Tutto Questo Per Un Librino? Sì, che male c'è. Se c' la passione, se c'è la voglia di fare le cose, se c'è l'energia, anche, se c'è questa squadra perfetta che lavora così bene, che nessuno dice mai Non Si Fa Così Ma Cosà. Felice che sono questa mattina, felice e infularmata, confusionaria, agitatissima, contenta  di quei racconti che ho inventato, di quelle storie, che se guardo la bozza non ci cambierei una virgola che è una. C'è fermento, c'è animosità, c'è ansia di quella buona. E quella buona si sa, tiene lontano quella che t'ammazza, quella che ti schiaccia per terra come le foglie putride mischiate alla neve mezza sciolta, al fango e al bagnato. Oggi, volo leggera verso la festa, volteggio, contenta di me e di questo librino, delle Amiche che con me lo hanno scritto, di quelle che  fanno la ola da qui,e anche da là e da là,  degli abitanti di questa casa fintamente distratti ma fierissimi, contenta di loro sì, perchè niente sarebbe se, niente sarei se. 

29 novembre, 2010

Stasera. Anzi, domani.

Che fai stasera?
Perchè?
Così, tanto per chiedere.
Stasera? Vediamo...ah sì.
Ah sì che cosa?
Stasera c'ho da fare.
Cosa?
Perchè vuoi saperlo?
No, volevo capire meglio tutta stà storia del T.R.U.S, sono tutti infularmati, ma nessuno sa nulla.
Bella storia, eh?
Già. Ma che cos'è?
Una cosa che esce domani a mezzanotte.
Ah. E si chiama?
T.R.U.S.
E che roba è?
T.R.U.S è un evento mondiale.
Esagerata.
Beh, facciamo italiano
Esagerata 2 la vendetta.
Allora facciamo che è un evento tra noi e non se ne parli più.
Così va meglio.
C'era un gioco, bisognava indovinare cosa voleva dire T.R.U.S.
E l'hanno indovinato?
No, ancora no.
E quindi?
E quindi che?
Chi ha vinto?
Nessuno.
E che gioco è se non vince nessuno?
Ma non vinceva niente, in effetti. Stasera si scoprirà tutto, ma per averlo bisognerà aspettare la mezzanotte di domani, 30 novembre, che praticamente è già il Primo Dicembre.
Non comprendo.
Sei di coccio, allora.
Forse.
Stasera se ne parlerà, domani si avrà.
Sembra una cosa bella.
Non sembra, la è.
E un altro indizio?
A cosa serve, stasera saprai tutto.
E come farò a saperlo?

Ah, ecco.

26 novembre, 2010

Il talismano.

Voglio un talismano. Voglio un ciondolo, un bracciale, che quello rosso che mi ha regalato la signorina Crubellier , quella volta al ghetto di Roma, si è sfilacciato, ed è rimasto solo l'argento e non è che abbia funzionato granchè, devo chiederle del suo, mi aveva detto di averlo perso e ricomprato, chissà. Voglio un talismano, da tenere in tasca, da portare con me, toccare quando mi serve, da usare quando non trovo il senso, la quota e la ragione, perchè non sento, non conto e anche a ragionare si fa fatica. Voglio un talismano, non so se esiste nemmeno quello che fa per me, non ci capisco niente, io, di queste cose esoteriche non tocco niente. Però sarebbe bello affidarcisi, posso provarci, lo vedi? ho il mio talismano, posso andare dovunque con questo, e mai mi sentirò fuori posto, mai mi sentirò inadatta, mai mi sentirò inconcludente, malinconica, vuota come una canna d'organo, così dicono al mio paese, mai mi vedrò questa espressione da tartaruga, c'hai fatto caso? gli occhi delle tartarughe sono come quelle dei serpenti, fissi, senza espressioni, se non camminasse sembrerebbe già stecchita, ha 'sta faccia da scema, la tartaruga, mai che sorrida, mai che dica, che so,  Ehi! oppure, Come Va? Niente. Oggi ho una faccia da limone, più che tartaruga, verdina, allora che limone è, da limone acerbo, và, ecco. Questo limone acerbo oggi non ha concluso un nulla che sia nulla, ha cucinato in maniera compulsiva, primosecondocontorno per scoprire che nessuno e dico nessuno dei figlioli allieterà il tavolo della cucina, stasera. Va bene, sarà il pranzo di domani, abbelli! Gira così, gira che non gira, gira che non va così bene come dovrebbe andare, gira che a volte scivolo, che a volte non mi attacco al corrimano delle scale, e cado giù, bell'e distesa, gira che non so nemmeno dov'è la maniglia del paracadute e mi sfracello, gira che nuoto per ore e ore e poi mi volto e non vedo più la spiaggia, ma come, era lì. Voglio un talismano per non sentirmi a pezzi, e nel caso, per saper raccoglierli con la scopina e la paletta, quella fatta a Principe e Principessa, che sta nell'angolo della cucina. Voglio un talismano, per non sentirmi girare, per non sentirmi in mezzo al mare e  alla burrasca, voglio l'Ignatia Amara per non avere l'ansia, voglio una cartina che mi dica dov'è che mi son persa, dov'è che arriverò, dov'è che sono andata, dov'è che mi ritroverò, cuore di niente, cuor di meringa sbriciolata, di cristallo sbeccato, cuore di sasso, cuore d'argento annerito, cuore di coccio che nemmeno le sa leggere, le cartine.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...