
A Parigi, a Daniela, a Calme et Cacao, grazie. Infinite. Come le Fragole.


Non è propriamente scoccata la scintilla, nel senso che l'oggettino ha il suo perchè, è carino e funzionale, e mi servirebbe pure, non ultimo non starebbe nemmeno male sul ripiano della mia cucina (e lì rimanere, non è quel genere di cose che si usa e si ripone, è pesantuccio, il ragazzo, e vuole un luogo tutto per sè). Ma insomma, non mi ha convinto. Vedremo. In compenso, adocchiati piatti...

....posate....

...e una quantità invereconda di oggetti di desiderio.

Felice di esserci stata, felice del pomeriggio inusuale, felice della passeggiata, seppur brevissima, con la mia Amica. Rallegramenti a me medesima.




La domanda che viene fatta più di frequente, in un luogo qualsiasi, ad una persona qualsiasi è Tutto Bene? Alla qual domanda si risponde, in automatico, Sì e Tu?. Già il solo fatto di rispondere ad una domanda con un'altra domanda implica che non si ha molto da dire o che forse se ne ha troppo. Verrebbe da fare un elenco di tutte quelle cose che in una giornata vanno storte, benino, o non vanno affatto. Personalmente la scrivente sta bene. E' in buona salute, è felice di questo clima che c'è, felice di aver cantato in macchina questa mattina con la figliola più piccola una canzone di 25 anni fa (già, ma come fa l'Infanta a conoscere Vamos a La Playa?). Insomma, bene. Si rattrista però in pochissimi istanti quando si accorge di non contare un fico secco. Di non essere presa in considerazione. Di essere sempre quella che sta bene, troppo bene, che non ha bisogno di nulla, che tanto ho le spalle grosse e ben sopporto, anni di nuoto servono a questo, che cosa credi, mica solo a tornire le cosce e farti un sedere da assicurare ai Lloyds. Ebbene, criptica ed ermetica, come poche volte riesco ad essere, stamattina mi sono sentita triste e un pò abbandonata. Sola, ecco. Le cose mi scivoleranno addosso come ho imparato a fare da qualche anno in qua, anche se, ogni tanto, avrei proprio bisogno che mia madre mi chiedesse davvero come sto e se mi serve qualcosa, si è sempre figlie anche quando si è madri a nostra volta e ogni tanto si hanno cose da raccontare e segreti da sussurrare e chiacchiere da fare e confessioni e consigli da chiedere e pettegolezzi da fare a bassa voce, e risate, anche. Mi piacerebbe. Ma ho imparato per bene, ho centinaia di impermeabili invisibili, quelli che si mettono sul cuore e fanno in modo che non ti arrabbi e non ti rattristi, non più di tanto, almeno. E nonostante tutto riesco ancora, con intonata eleganza, a cantare in macchina alle 8 del mattino. Non è poco.
Facendo bene attenzione a non scivolare. mantenere una specie di controllo, un'energia per non farsi girare la testa, per resistere alla tentazione fortissima di stare lì, un pò nascosta, a fare solo cose che non servono a niente, ghirigori distratti su un foglio di carta, il mento sul pugno, alzando la testa di quando in quando e solo per vedere che ora è, non già perchè interessi, ma per cambiare posizione. Si potrebbe stare così per ore, inseguendo dei pensieri disordinati e senza nè forma nè colore, senza inizio nè fine, cosa farò per cena, chissà dove ho messo quella maglia, devo comprare la sabbia del gatto. Non sono bei momenti. Ci vorrebbe un tagliando per rimettere tutto a posto, bielle e pistoni e ingranaggi di un cervello, qualche volta, ne hanno bisogno. Il tempo non aiuta, ma non ci si illuda troppo, sarebbe lo stesso anche col sole a picco e quel vento profumato che adoriamo. Ma si deve fare. Perciò ci si sforza un pochino, che un pochino è un eufemismo, e ci si tira sù, si fanno le cose di sempre senza voglia e senza poesia, si sorride a fatica e ci si domanda per quanto durerà. Di solito non molto. Basterà poco per guarire. Non l'aspirina, giacchè siete allergiche, non la citrosodina. Qualcosa succederà. E adesso, forza, andare si deve, che di ghirigori su quel foglio, non ce ne stanno più.
Non è mistero. Vorrei comprarmi un frullatore nuovo. O un robot da cucina o un impastatore o uno modello Alì Babà che faccia tutte queste cose insieme e che all’occorrenza dia anche il bianco alle pareti e stiri i fazzoletti. Lo desidero. Ne ho bisogno. E già sto facendo qualche giro di ricognizione e raccolta informazioni presso le mie amiche, più addentre, ancora per poco, bellezze, all’affascinante universo della cucina home made. Quello che non volevo era, nel frullatore, di finirci io. E’ quanto mi è successo questa mattina. Capita che uno si sia svegliato in una qualunque mattina a scelta, si sia fatto una bella doccia rigenerante e preparatoria, e lì, sotto il getto trepidino, avesse ripassato mentalmente tutte le cose, non poche, signora mia, non poche, da portare a termine non già nell’intera giornata ma nell’ancor più breve lasso di tempo che copre la sola mattinata. In linea di massima non erano le solite 15 da compiere entro la una, diciamo soltanto sei. Peccato che, alle ore 8 e 40 erano già diventate quarantacinque. Nessuna preventivata, nessuna preparata. Bel colpo. Sicuramente c’è di peggio, la miniera, per esempio, o le piantagioni di cotone. Però, arrivate le 13 uno si chiede se e come arriverà all’ora di cena. Ci si consolerà. Del fatto che l’attività rende scattanti e pimpanti, tonifica chiappe e cervello, non permette ai neuroni di addormentarsi sbadigliando annoiati. E poi, comunque, la doccia di stamattina a qualcosa è servita. Saremo pure state frullate dagli eventi non previsti, avremo fatto la spesa a razzo che è finito il detersivo della lavastoviglie e non se ne era accorto nessuno, saremo anche andate a sentire dai professori del liceo che il tuo figliolo, miracolo, sembra aver messo la testa a posto, e tu non hai avuto cuore di chiedere se per caso si stessero confondendo, avremo gestito 3 o 4 grane noiosissime, ma avremo fatto tutto ciò e un centinaio di altre corbellerie, avvolte in un aurea di frutti di bosco che ci ha reso invitanti e appetitose come un cesto di more di gelso. Che, se ci annusiamo il braccio, un po’ si sente ancora. Cose da non credere.

Viene da stringermi la mano e darmi una bella pacca sulla spalla e dirmi ma brava da sola. Complimentoni, vividi e sinceri, i più cari a formularsi. Per la prima volta nella mia vita, l’ho fatto. Ebbene sì, via le paure, il timore di non essere all’altezza, la confusione tipica di queste vicende. L’ho fatto, sì, e me ne vanto. L’ho fatto e anche in scioltezza, senza sbagliare. Ho assemblato per la prima volta un mobile Ikea. Anzi, due. Una libreria e un tavolo. Sto allestendo il sottotetto, trasformandolo in un delizioso studio per me medesima. Solo mio. Riceverò i ragazzi e il mio sposo ad ore prestabilite, che potranno facilmente annotarsi leggendo il cartello affisso sulla porta scorrevole nuova di zecca. Quel che un tempo era denominata l’avulsa Camera del Disordine, dove si poteva giocare, imbrattarsi di tempera e scrivere sui muri, è diventato, col pomposo nome di studiolo, alternato ai più plebei loggione o piccionaia, un luogo di culto. Ripulito per bene, accatastati con ordine i quaderni finiti, buttati i giochi rotti, i mazzi di carte incompleti, le bambole senza un occhio. Arredato con sobria essenzialità, non superato il budget di euro 100, con quel suo tetto spiovente ha davvero un fascino bohémien. Ivi leggerò, ricamerò, sono già sul natalizio, signora mia, di questi tempi è meglio portarsi avanti, rifletterò sulle umane sciagure, mi ritirerò dopo una giornata da rodeo, in mistico silenzio, mediterò acquisti sconnessi di articoli di abbigliamento e/o accessori, scartabellerò le riviste di moda alla ricerca del prossimo trofeo. Un'isola, insomma. Qualcosa mi dice che questo luogo rimarrà esclusivo per giorni 1, dopodichè tutti verranno a farmi visita. In effetti, non sono molto distante dal resto della casa. La camera dei ragazzi dista cm.23, quindi non è propriamente un luogo isolato. Tutt’altro. Ma averlo è già gran cosa. Aver montato tutto da sola, poi, mi fa sentire una specie di Zaha Hadid di noialtri. Io, la cui avversione alla precisione è nota al globo, maneggiavo con destrezza e rara maestria cacciaviti a stella e brugole, viti e rondelle. Il mondo del bricolage non ha più segreti per me. Di stucco il mio sposo, oramai sono lanciata sulla via dell’architettura e della minuteria. Resta solo un quesito. Dove occultare la manciata di viti che ho avanzato. Ma a questo, penserò poi.Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...