30 dicembre, 2010

Come non detto.

Lassù, nella Casa in Collina, vigono regole auree che, se disattese, possono causare vere e proprie lotte interne, ribellioni, insurrezioni, boicottaggi, ammunitamenti e altre amenità. Ora, una di queste riguarda la stanza più bella di tutta la casa, quella che dà sul giardino e sulle colline, quella senza tende perchè sarebbe un sacrilegio, quella che è esattamente prospiciente la casetta del pettirosso Federico. Questa stanza è riservata al maggiore dei figlioli, il più alto in grado, come dicono loro, quello al momento fidanzato, quello che ivi risiede stabilmente e non sù e giù dai patri atenei. Un proverbio che invece non funziona lassù nella Casa in Collina, è L'Ozio è il Padre dei Vizi. Nossignore. Quassù l'ozio è il padre delle più aberranti e balzane idee, dei progetti più assurdi, delle imprese più titaniche, è vacanza, perchè non farlo? Già, perchè? Fin qui nulla da dire. Da dire c'è molto invece quando  viene richiesta con sorrisi da copertina e occhioni da Bambi, la mia collaborazione. Il progetto di oggi è infatti lo scambio di stanza di due dei miei figlioli. Un lavoro da nulla, e che sarà mai. Posso con certezza dire che sarà, eccome se sarà. Cavi e fili ovunque, polvere, libri ammonticchiati sulle scale, maglioni a mucchi, un traffico su e giù, sposta di qua, gira di là, imprecazioni da mercato all'alba, parole irripetibili. E io? Già, e io? Io sono stata promossa Direttore dei Lavori, e teoricamente potrei dirigere il tutto stando semisdraiata sulla chaise longue, Paolina Bonaparte del Corridoio, e dire soltanto Questo sì. Questo No. Pura fantascienza. I miei figlioli, creature celesti, ma subdoli e infingardi peggio della rucola, tentano in questo modo di affibbiarmi compiti ben più complicati, del tipo pulire gli armadi dentro, già che ci sono, o il mobile in alto, già che ci sono, e magari lavare i vetri, già che ci sono. Orrore. Io immaginavo questo penultimo giorno di questo schifido duemiladieci all'insegna dell'ozio natalizio, avevo giusto un cappellino da ultimare, ho una merinos fiammata, regalo suo,  su cui emette i primi vagiti un Traveling Woman   che è una delizia, ho libri da leggere, film da vedere, lo smalto, l'impacco di olio ai capelli, e poi, come dimenticare che è giovedì. Bene, a piano d'attacco si risponde con piano d'attacco. Farò finta di niente, imbucherò non vista il cappellino in essere nella borsa, uscirò alla chetichella urlando dietro di me Vado a Buttare La Plastica, e sparirò. Le mia Amiche mi aspettano per la short version dell'ultimo knit cafè dell'anno, posso mica perdermi un simile evento. I miei figlioli, grandi e grossi che sono, ben se la caveranno da soli nella transumanza da stanza a stanza. Al mio ritorno tutto sarà pulito e perfetto, le stanze scambiate, gli armadi a posto, nessuna traccia di libri e cose per le scale. Illusa? Chi lo sa. Io, già che ci sono, vado a buttare la plastica. E t'ho detto tutto.
Photo from: Wool & The Gang.

28 dicembre, 2010

Ode al Cazzeggio Natalizio.

Nulla di blasfemo, per carità. Ma le vacanze di Natale, oltre ad essere state inventate per chiudere le scuole, per spendere una barbarità in scemenze, per prendersi la tosse, per fare l'insalata russa e per litigare con i cognati, esse esistono per darsi al cazzeggio. E, si badi benissimo, in misura maggiore delle vacanze estive. Le Christmas Holidays sono la fiera della coccola, dello stare in casa che fuori fa un freddo becco, a festeggiare  le nozze della coperta col divano, l'occasione per leggere e leggere, per fare un bel nulla, per stare così. Le vacanze natalizie si compongono da sempre di riti ben collaudati, sempre rispettati e giammai rinnegati, si sta così bene a non fare niente, poche commissioni in città, dove è un pò diversa anche l'aria, e poi si si dedica con grande professionalità al Grande Nulla. Devo aver già detto che coi ragazzi tutti a casa, questa casa, appunto, diventa una specie di campus, dove ognuno fa quel che gli va, se vuol dormire fino a tardissimo o alzarsi all'alba, se vuol far pranzo o colazione che spesso gli orari degli uni poco combaciano con gli orari degli altri, se vuol star fuori a dormire, basta che mi avvisi. Si osserva tutto da una diversa prospettiva e con una diversa logica, si è più tolleranti, tranquilli, non so. Si guardano film, ma nemmeno tanti in realtà, si sta delle mezz'ore a far le sceme su FB, si chiacchiera ore al telefono con Betta che ride e ride e che quasi mai l'ho sentita così, si fa la conta, quanti saremo a cena? pochissimi, meglio mi sento, improvviserò. In realtà la casa ha un aspetto strano, ho sigillato con una lamina di alluminio pressofuso la porta della lavanderia, in modo che mi si obnubili con discrezione quanto in essa contenuto da lavare e da stirare, siamo arrivati in 6 con 6 valigie 6, la lavatrice, povera creatura, fa quello che può, ma più di tanto, signora mia, non è che può mettersi pure a stirare e già che c'è ritirare tutto negli armadi giusti, operazione che detesto con tutta l'anima, il cuore e il sentimento. Così, non vedo. E mi balocco con i fatti miei, scrivo e leggo e faccio tardi, che domani, se voglio dormo pure fino alle 10, o gironzolerò in pigiama, guardando fuori e rabbrividendo, immaginando fuori che freddo che fa, cucinerò qualcosa che inventerò al momento, leggerò se voglio, knitterò se voglio, riderò delle battute dei miei figli, assisterò il Sovrano nelle sue imprese di maintenance, ma senza grande impegno, son cose da uomini,  io di 'ste cose elettriche non tocco niente. Così, in questa immensità di cose da fare e la sottile soddisfazione di non farle per nulla, in questa sottilissimo piacere di disubbidire a qualcuno, di non decidere, lassù, nella casa in collina, le luci delle stelline che illuminano la cucina buia e  il gatto che dorme dentro al cestino, fanno di questi giorni i miei preferiti in assoluto, non le feste vere ma i giorni di mezzo, non quelli segnati in rosso ma quelli normali, non le Comandate ma le Improvvisate, non Itaca ma il viaggio. E che m'importa della lavanderia.

27 dicembre, 2010

Insciallah.

Perchè si fa presto a dire Eh già, il Deserto, ma il deserto, quello vero è proprio deserto, nel senso che proprio non c'è niente. E hai sabbia e cielo, e sabbia e sabbia, e cielo e sabbia e le ombre dei dromedari che ti accompagnano sono le sole cose che vedi, e ti dici Sono Proprio io Quella Lì, con quella forma lunga, nemmeno le ombre sono le stesse nel deserto, lo sai? E hai davanti niente e dietro niente, e di lato niente, ma quel niente è forse tutto, tutto quello che ti serve , la tua stessa vita, il tuo sentire. Le scorte di acqua sono nell'ultimo dromedario che chiude la nostra carovana, la tenda berbera che ci accoglierà per pranzo spunterà all'improvviso, laggiù, in mezzo al niente, all'infinito, all'eterno. Ho qui con me quel che mi serve per il mio viaggio  attraverso il mondo, ho i miei figli che scendono dalle dune con lo snowboard, ho imparato le stelle e le  favole berbere, che belli sono questi uomini disegnati, che sorrisi e che occhi profondi e saggi e così rispettosi e colti e sapienti, sanno le cose che si devono sapere in un posto come questo, mi chiamano madame e servono il thè con una maestria semplice di mille anni fa, che nemmeno so copiare, che non ho mai visto, che solo qui.
L'Erg Chebbi è tutt'intorno e anche dentro le mie scarpe, in tasca, è una sabbia così fine che non ho mai sentito e toccato, è sabbia ma sembra acqua per come scorre, per come scende, tra il rosso e il turchese tra sole e sabbia, e sabbia e sabbia.  Berremo thè alla menta seduti per terra, mangeremo omelette berbére che guai a chiamarla frittata, perchè si mangia con le mani e mai gesto mi è sembrato più naturale, più antico. Il tempo sembra non esserci, su queste dune, non sai se passa o se si ferma, non te ne accorgi, non sai, siamo in marcia da ore o da un minuto, non so.
Quello che so è che è stato così bello che nemmeno lo so dire, e che mi ha fatto migliore, ecco, questo lo so dire. E che strano Natale, e che splendido Natale, che mi fa dire quale altro Natale mai, quale altra esperienza mai potrà essere più piena di questa, più incredibile di questa, più perfetta di questa.
Sono in ritardo a dire Buon Natale, lo dico come l'hanno detto a me Joyeux Noel Madame, sorridendo, anche se non abbiamo lo stesso Dio. Il mio Natale è stato questo qui, colori e sabbia, couscous e incantatori di serpenti, la confusione di Marrakesh e la pace antica di Merzouga. Non lo leggeranno mai, non lo sapranno mai, ma quanto vorrei dire a tutti quelli che ho incontrato che hanno lasciato un segno in me così prezioso, così speciale, che è stato per me un vero, magnifico, indimenticabile regalo di Natale. Insciallah.

17 dicembre, 2010

Nooooooooooooooooooooooo!!!!

Alla fine, non li posso portare. Cioè, sì, in realtà potrei, ma mi hanno spiegato che se trovassi l'omino noioso, quello precisino e un pò tignoso potrebbe veramente farmi passare un brutto quarto d'ora. Riflessioni di fine sera, di un giorno rutilante, dove mi è stato comunicato con estrema chiarezza che i ferri circolari, quelli di legno, signora mia, non quelli dritti di alluminio che vende ancora la Sciura Pinuccia e che usava mia madre quando lavorava sulla seggiolina in giardino o in piedi col gomitolo infilato nella tasca del grembiule, io a volte ci knitto in piedi, c'ho anche una foto che mi ci ritrae, per dire, che mi hanno fatto a Manualmente il giorno del mio compleanno,io il grembiule non ce l'ho e alla fine ok, ho capito, i miei circolari di legno in aereo non ce li posso portare, e fine. E' vero, sono uguali a una matita, me l'ha detto anche Clarissa che lei c'ha l'abbonamento e sù e giù dagli USA, ma un bel niente, fine. In più, vorrei proprio capire chi è stata la sciagurata che ha detto tutta compita, Quest'anno Solo Regali Fatti Da Me, non spenderò un centesimo e bla e bla, la stessa sciagurata che ora si trova con delle cose da finire e non potere, perchè qui si è deciso di fare i bagagli e voilà, e di confusione coi pacchetti ne ho fatta abbastanza, ho scritto sbagliato i nomi, ho lasciato il prezzo sui guanti di gomma coi cuoricini che ho regalato alle mie amiche, e ho ragione di credere di aver confuso, scambiandolo con un altro, il pacchetto per Biancaneve, e vabbè, ne riceverà un altro. Ma tutto funziona a meraviglia lassù nella Casa in Collina, devo chiedere quanti coperti stasera, che qui fra cene di classe e di Natale e aperitivi che fanno da cene, e cori e zampogne e cammelli e ReMagi, non si sa mai bene quanti siamo, non lo sa nessuno, figurarsi se lo so io, che siamo tanti, finalmente tutti, è l'unica cosa che so, la più bella, alla fine, e allora, va bene tutto.

16 dicembre, 2010

Lovely Day.

Posso dire di farne una collezione, di lovely day, di giorni un pò speciali, come ieri, come oggi, come domani. Del gelo chissenefrega, mi piace in fondo, è un freddo bello che profuma di buono, di attesa, di cose belle. In casa e fuori. Ieri è già stata una festa, pacchetti e pacchettini, e baci e inchiostri e libri e lane preziose e profumi di ciliegia. E oggi, ancora, l'atteso ritorno del Figliolo da Londra, e poi il Christmas Knit, l'ultimo del 2010, e poi grande festa alla corte di Francia per il compleanno dell'Amica delle Perle, evento mondiale per il quale sono attesi personaggi di spicco del jet set internazionale, leggi, Paola da Milano, e non so se mi spiego. Si farà tardi, già lo so. Lassù, nella Casa in Collina, tutto è di un bel disordine rassicurante, ci sono cose ammonticchiate qua e là, posate lì un attimo, un secondo e le porto via, non sono stato io a metterle lì, non è roba mia, e altre risposte del genere. Chissenefrega, si disse Ella scavalcando il contenuto di una borsa da allenamento posata un attimo sul pavimento in attesa di essere portata in lavanderia. Fuori, gli alberi di bianco vestiti, và il bianco quest'inverno, il color burro, il mastice chiaro, il coloniale appena appena. Dentro, al canale 701 di Sky un'infilata di canzoni natalizie che posso mettere a tutto volume in assenza del mio Sposo Illustrissimo Che Adoriamo e Glorifichiamo, e che devo obnubilare ed ottundere al suo arrivo, pena l'annullamento della Sacra Rota, ma quale Sacra Rota se siamo sposati in Comune, non importa, già che ci siamo. Pochi giorni a Natale, ognuno faccia di questo giovedì un meraviglioso giovedì di semplici cose e di vetrine scintillanti, o di camini accesi e di parole buone, un giorno chiaro e gelato,  un bel giorno frizzante, al quale prepararsi con grande cura e sollùcchero, puro visibilio, cremosa felicità. E i macigni e le cose di tutti, ammonticchiate in un angolo, non sono stato io, non è roba mia. Funzionerà.

14 dicembre, 2010

A manciate.



Mi sono fatta prendere dall'estro, o forse nemmeno tanto, nel senso che sono tutti uguali, ma a fare le corse in serie ci si trova una specie di tranquillità, si collezionano delle belle sensazioni di una certa sicurezza, vedi? non devo nemmeno più contare, li faccio a memoria, so già esattamente quanti intrecci ci vogliono, e quandi punti e quanto filo per cucire. L'omino del mercato ha sbarrato gli occhi ieri mattina, Ma Cosa Se Ne Farà, ha pensato di sicuro quando ho comprato una manciata di cerchietti tutti uguali. Ne faccio questo, cerchietti glamour molto Prada, che però sono griffati FragoleInfinite, eggià che c'hanno pure l'etichetta, siamo draghi del marketing non ce lo scordiamo mai. La questione è che, nonostante ne produca in continuazione, per me non ne rimane nessuno, nel senso che si serve la Princi per i suoi pensierini natalizi, se ne serve l'amica che passa di qua,  ne hanno comprato uno persino da NY, non so se mi spiego, che si faranno un giro al Rockfeller Center con il mio cerchietto a trattenere i riccioli, e scusate se è poco. Fuori il sole lucente di un bel dicembre gelato, dentro una sorta di piccola gioia, boule de neige e babbinatale discreti, l'albero bianco e nero, le tende di stelle alle finestre. E pensieri arrotolati, impacchettati per bene, pensieri tranquilli appesi come palline, progetti famigliari che si compiranno tra un pò, tutti insieme fra qualche giorno. Nel frattempo, si preparano cose, c'è una festa giovedì e  alla fine, in questa calma accesa di quasi Natale forse riuscirò a salvare un cerchietto,  meglio nasconderlo. 

13 dicembre, 2010

Ci vediamo all'una? No, Mamma, Oggi Manifestazione Silenziosa, vogliono toglierci le due aule di chimica, non ho i libri con me. Nello zaino ho solo il diario, una penna e Siddharta. Il mio figliolo Liceale così inizia la sua settimana. E' alto alto, sottile sottile, i capelli lunghi che si rifiuta di tagliare, almeno fino a Natale, ma Natale è presto, dico io, portiamoci avanti. Mio figlio Liceale è bello come il sole dietro la collina, ombroso qualche volta, imperscrutabile, pensieroso, rivoluzionario come si può esserlo a 17 anni, quando il mondo è tuo ma non è come lo vorresti, quando hai i giorni più lucidi in mano e tutto ti sembra contrario, a volte lucente a volte da strappare con rabbia. I suoi occhi sono i miei alla sua età, che sono i miei di adesso, forse, ma io alla sua età ho avuto da comporre un dolore troppo grande, un cubo di Rubik che forse ancora non ho risolto, che mi sono rigirata anni e anni fra le mani, come si fa coi dolori che non vanno via, nessun dolore lo fa, ma almeno si può pensare di starci vicino, di tenerlo lì senza farsi schiacciare. Lui, il Liceale, è una miscela sapiente di forza e dolcezza, diverso dal Giurisprudente, ma sempre più simile a lui nelle espressioni, molto più vicino al Piccolo Ing., credo. Mi piace, il mio Figliolo, per questo suo modo un pò dandy di camminare ciondolando, di suonare canzoni tenerissime alla chitarra e poi spaccare i muri con la musica più assordante. Mi piace quando mi chiede Tuttapost? guardandomi di sottecchi, cercando di capire di che umore sono, quali pensieri e quali cose, mi piace perchè è cocciuto e adorabile, perchè fa le prediche a sua sorella, perchè ha coi suoi fratelli un rapporto così speciale che mi insegna, che mi compiace, che mi fa fiera. E poi, mi piace quel suo bacio veloce, la mattina prima di andare a scuola, il cuore ancora addormentato, i riccioli disordinati, i suoi anni freschi e tremendi chiusi tutti nel suo zaino con il diario, una penna e Siddharta.

12 dicembre, 2010

Le amiche che ho.

 Il privilegio. Quello di dire, veniamo lì, ci siete? Andiamo là, ci state? Ok, si va. Ci si organizza per tempo, figliolanza e coniugi, fate quel che volete, nel limite della decenza e della legalità, questo va puntualizzato sempre, non si sa mia. Noi si va. Ci si trova alla piazza della chiesa, io che sono la più vicina arrivo sempre per ultima, trafelata, ma non sono mica in ritardo, non lo sono mai, odio arrivare in ritardo, sono loro che sono arrivate prima. Così si va. Si va, missione fuori sede di knit e shopping, di chiacchiere e confessioni, di complicità assoluta, sanno quel che tu sai, sai quel che loro sanno già, non c'è bisogno di star tanto lì a cinquantarla, loro sanno come sei, tu sai bene come sono loro, sai che non c'è bisogno di filtri e di balle, e di complimenti, nè di fingere, tanto sarebbe inutile. Andare in giro con le mie amiche è sempre come andare in gita, nell'ultima fila del pullman, però, non nelle prime, dove stanno i professori, i secchioni e quelli che vomitano. E' come dire, ok, sono moglie e madre, e mi ben comporto e faccio quel che devo, ma ogni tanto, signori miei, io ritorno un pò disgraziata, un pò scellerata, un pò ragazza, non so, che rido così tanto che mi devo fermare e respirare, e se mi vedessero i miei figli, i figli di tutte,  scuoterebbero la testa, ma sorridendo, e i Legittimi Sposi essi pure. Che bel sabato di niente fare, improvvisato, che bello a quel tavolo coi trespoli, con lei e con lei, che se l'avessimo organizzata non veniva così bene, che bei momenti di cose semplici, che non tutti sanno che cos'è, che ci fa sentire senza regole, senza orari, libere e un pò incoscienti, ogni tanto non fa mica male, discorsi serissimi e cose irripetibili, a metà fra il salotto letterario e l'osteria. Che belle amiche che ho, che begli occhi puliti, che belle risate e che bei cuori, che bei viaggi in macchina senza smettere di parlare e saperti al sicuro, che bei giorni di festa insieme a loro, perfette, vicine, preziose, un privilegio.

09 dicembre, 2010

Le luci di dentro.

Allora? Sei felice? Sì che lo sono. Hai risposto troppo in fretta, così non vale. Ma sì che vale, invece. Ieri ero felice, stamattina non lo so. Bisogna pensarci un attimo, qual'è la risposta giusta, quella che ti viene subito o quella che ti viene dopo due minuti, o tre, o tre ore. La felicità e un'onda lunga, che non la sai mai bene fin quando non è passata e allora pensi che sì, allora sì, adesso mah, chissà. Stamattina devo ancora riflettere, rifletto lavandomi i denti, certo non è una bella immagine, come si fa a riflettere sputando nel lavandino, che roba è. Ho la casa tutta apparecchiata di luci e lucine e renne e babbini di vetro, Troppo, mi è stato detto ieri, e un pochino ne ho tolte, in effetti sembrava veramente la Fiera del Catringolo, ma il mio modo di metter cose di Natale è questo qua, le tiro fuori tutte, e poi sottraggo, levo, nascondo, e lascio solo quelle che stanno meglio, quelle che il fine gusto della Princi dice Ok, lei è più essenziale, io sono più casinara. CI si costruisce il proprio piccolo, personale addobbo di Natale, non quello che si vede, non i rami bianchi alle finestre, non le tende di stelline. Quello più intimo, quello in fondo all'anima, si allestisce un angolo dove dire, qui e adesso voglio godermi in pace questi giorni di festa, che sono un pò già cominciati ieri, il ponte dell'Immacolata ne è la prova generale, tra un pò Santa Lucia e poi via, riederà il Quasi Ing dal Regno Unito, stavolta per sempre, e tutto il resto sono pagine da inventare, sono tombole e film, sono libri e chiacchiere e arrosti e amici in visita. Che ognuno abbia nel giorni prossimi,  tempo perfetto per mettersi un piccolo festone, una lucina non troppo sfacciata, un abito rosso e qualche lustrino, al cuore però, con le solite raccomandazioni che si fanno nei giorni di festa. Non essere troppo esigente, mio cuore, non fare la lagna, non piagnucolare, non lamentarti, ma fai il tuo mestiere, ama e basta, che in fondo è quello che sai fare meglio, non importa chi e non importa come, e che le luci di fuori arrivino fino di dentro, a rischiarare, a illuminare, il buio non sa dove stare in giorni così, e se ne andrà brontolando, da qui in poi il calore, le cose semplici che sai, la bellezza e la quiete, sei felice? ti chiederanno, Mi Sembra di Sì, risponderai.

08 dicembre, 2010

Christmas Mood.

Cominci da qui. Dalle candeline piccole messe in tavola in pieno giorno, come fa la mia amica Netta, ma lei è finlandese e ha sempre candele e cose belle in giro per casa tutto l'anno, a Natale poi è un vero trionfo. Ho cominciato così, se deve essere Natale che sia, ho iniziato tardi a fare regali, avevo detto che avrei fatto tutto io, non avrei speso un solo centesimo in palloccate da regalare, ci avrei messo del mio, e infatti. Chissà se ci riesco ma intanto, c'è l'intenzione. Oggi lassù, nella Casa in Collina si farà l'albero zen, non si sa bene cosa ci si attaccherà, se poco o molto, ma alla fine so bene che quella che dovrebbe essere una roba di famiglia, sarà mia e mia soltanto, nessuno qui si offre di aiutarmi, il mio Sposo preferirebbe farsi togliere il dente del giudizio, offrirsi  in mille altri aiuti casalinghi, che so, riparare il tetto, smontare la caldaia, imbiancare il soffitto, pur di non essere coinvolto con palle e lucine. Coi figlioli non è che vada meglio, il Giurisprudente s'è dato alla macchia, il Liceale mi ha sorriso e detto Ma Mamma, e pure la Princi, Ok, Mà, Dimmi Quando Sei Pronta. Ma come pronta, pronta lo son già da ora. La pratica Fare L'Albero inizia già scendendo le scale per andare di sotto e aprire le scatole impolverate, e tirar fuori le cose avvolte coi giornali con le date di gennaio, ci faccio caso ogni volta, è lì che capisco che è proprio passato un anno. E poi, non è solo l'albero, ma anche le cose alla porta e alle finestre e i cuscini, e il pugitopo. Fatto sta che oggi in Modalità Christmas ci sono in pieno, celebro a modo mio la solenne festa dell'Immacolata, magari domani mi sarà già passata, ma almeno avrò anch'io qualcosa che sa di festa, di bello e lucente, essenziale o barocco, natalizio, purchessia.

07 dicembre, 2010

Undecided.

La luce stamattina qualcuno se l'è mangiata, l'ha mescolata al latte e l'ha mandata giù, sotterrata nel giardino, chiusa dentro a un cassetto che si apre a fatica, che hai perso la chiave, che devi aprire quello di sotto per aprire quello di sopra, ne avevo uno così in camera mia, quante case fa non mi ricordo. E' martedì ma è come se fosse sabato, non so se far finta di niente o dichiarare festa, non so se ignorare che sia l'Immacolata o spargere per casa tutti i ninnoli natalizi, i babbinatale luminosi, il candelabro con gli alberini, candele ne ho già una tonnellata. Non saprei. Se desiderare di essere alla Scala questa sera, con un vestito rosso rubino e i tacchi, o se di qua dalle transenne, in piumino e sneakers. Non saprei. Se farmi una doccia gelata o un bagno lunghissimo e bollente, di quelli che ti fanno girare la testa e ti stordiscono anche un pochino. Non saprei. Se barricarmi in casa per due lunghissimi giorni, o uscire nel mondo a scintillarmi di vetrine, invitare, cucinare o scongelare, leggere o fare il broccolo davanti alla Tv, con un film già visto, è meno impegnativo, non devi stare molto attenta, tanto, sai già come va a finire. Non saprei. Niente so. Stamattina nemmeno sapevo se mettere in funzione il cervello o no, guidavo piano nel gelo, ho portato dei figlioli svogliati quanto me,  e poi spalancato le finestre come fosse di maggio, e scosso fuori le coperte e sprimacciato i cuscini, come le contadine sull'aia, per scacciare la notte, il buio  e i pensieri appiccicosi, che restano impigliati nei capelli come chewing gum, che non c'è modo di toglierla se non tagliarli. La mattina del sette dicembre non sarà ricordata per un bel nulla, se non che ho fatto il pane di segale invece che ai cereali, e che mi piacerebbe adesso chiudere gli occhi e riaprirli a New York, o a Londra da Selfridges, ed essere compunta e felice sulle scale mobili che mi portano fino in cima e poi fare un piano alla volta e fermarmi dove mi va, ma a pensarci bene ci sarebbe un sacco di gente e di gente e folla e confusione non ne ho voglia, se ne ho bisogno basta farmi un giro sul corso dopo le 5, stasera che domani è festa, e che è martedì ma è come se fosse sabato, di me non so nulla, non comprendo, non metto a fuoco, il vetrino del microscopio si è appannato, ok, vada per la doccia gelata,  male non mi farà. Forse.

05 dicembre, 2010

Nel bosco.

Mia figlia è di là che ride nel telefono. Prima cantava.
Mi è difficile pensare ad altro, stasera.
Ho sperato, in questi giorni, seguivo i tigì, volevo sapere, ho pregato,anche, no che non mi vergogno.
La cercano nel bosco.
Nevica pianissimo, non è vero, nevica forte ma è neve piccina, non sono fiocchi ma briciole, non sembra nemmeno neve se non guardi per terra e dici, ah già, guarda che nevica.
Mia figlia ha mille braccialetti, gli occhi belli, ha il gatto accoccolato sul letto, è già in pigiama.
Mia figlia ha 13 anni.
Come lei, che cercano nel bosco, e nel bosco è buio sempre, figuriamoci di sera.
Mia figlia vuole farsi un altro buco alle orecchie, tagliarsi i capelli così, mette le mie collane, il mio profumo, non le piace la storia, sa le canzoni dei Beatles.
Il dolore non si immagina, se ci provo è un masso che si stacca dalla montagna e che mi schiaccia, un buco nero che mi inghiotte, un burrone dove precipito senza fermarmi, rimbalzando sulle rocce.
Il dolore non si compara, non si divide, penso a quella mamma e mi guardo, guardo mia figlia e non finisco il pensiero, non ho coraggio  e non ho sentimento.
Nel bosco, stasera, fa che faccia meno freddo e che la neve sia tiepida, là dove cadrà.

Come, un negozio?

In verità me lo ero sempre immaginato così, un posto. Un posto per fare cosa. Un posto per la sede del Cuore, per esempio, e mi sembrava di esserci quasi arrivata dopo una serie lunghissima di trattative e incontri e progetti  e perdite  di tempo, che ho scomodato architetti e ingegneri e fabbri e idraulici che mi hanno fatto tutti i disegni  aggratis, ma poi, quelle che si fanno chiamare Autorità Locali di questa cippa, signooooooora!, hanno cambiato idea e allora addio alla sede. Ma non me ne frega, io vado avanti per altre strade, dovessi mettersi un centinaio di anni. Però ho tutto in mente così chiaro, così perfetto, così assolutamente come dovrebbe essere. Le pareti sono bianche, una di loro ha una tappezzeria a  pois, e bianco è il pavimento a lunghi listoni di legno, e i mobili sono tutti un recupero, ci sono credenze bianche e vecchi comò, poltroncine a fiori, cuscini ricamati. Il tavolo è lunghissimo, viene da una vecchia merceria, e ha un ripiano di sotto pieno zeppo di cestini, pieni zeppi di nastrini, di gomitoli, di carta a fiorellini, e vasi di vetro pieni zeppi di bottoni e bottoncini. E sedie e divani un pò lisi,  e vecchi tappeti, e ovunque teiere e tazze da thè, ce ne fosse una uguale all'altra, ma vanno bene uguale, perchè noi qui il thè ce lo facciamo ma ben sul serio, quando vengono tutte quelle di Torino e di Milano, che è sempre una festa, poi. 


Un negozio dove vendere, per un pò, mica per sempre, delle cose carine, fatte da me, dove ci si possa ammazzare di chiacchiere e magari trovi posto un camino, anche dei libri, perchè no.
Ecco.
Quello che ho fatto qui, in questa domenica, è stato proprio questo. Ho arredato questo negozio, ho messo persino il cestino di legno, quello con le ruote, ho portato un thè arancia e cioccolato che ho comprato a Roma alla BiblioTea con Betta. Ci ho messo le ultime cose che ho fatto, qualcun'altra la sto ancora facendo. 
Non so bene perchè l'ho fatto, mi piaceva l'idea che qualcuno passasse a trovarmi, coraggio, ci sono delle sedie laggiù, fuori fa un freddo becco ed è per questo che ho messo l'acqua sul fuoco. Quante tazze?

04 dicembre, 2010

Il sole a dicembre.

Aprì gli occhi. Inizia così uno dei mie libri preferiti in assoluto, che avrò letto una trentina di volte, in italiano e in francese, che posso dirne dei pezzi a memoria, anche, che ho fatto leggere a un sacco di amiche, che ho regalato tanto, setacciando i mercatini dei libri usati, anche quelli del lungo Senna, e che poi ultimamente ho trovato su Ebay, edizione 1965. Ho aperto gli occhi stamattina e mi sono innamorata di questo sole immobile, insperato, che riluccica la neve dei campi, la brina sui rami, persino l'aria. E' tornato il pettirosso a VillaVIllacolle, stamattina si discuteva se fosse Federico II, III o quindicesimo, certo è che quando arriva è quasi festa, quasi vacanza, certamente quasi Natale, anche se mancano un sacco di giorni e a tratti se ne ha voglia e a tratti no, a tratti si dice, Bleah, Natale, e subito dopo si pensa a come fare a rendere natalizio il davanzale, gli addobbi si fanno nel week end dell'Immacolata, ci siamo quasi, no? Aprì gli occhi. Mi sono stropicciata fin troppo nei giorni indietro, oggi avrei solo da stirarmi e stare bene, appiattirmi per bene, lucidarmi un pò, farmi brillare, sberluccicare da questa neve preziosa, sì, ce n'e ancora perchè è ghiaccia, e fa rumore se ci cammini sopra, ci affondi poco, puoi scegliere se farne di nuove o se ripercorrere le orme sul sentiero, quelle  di ieri e di ieri l'altro, puoi indovinare ancora quelle della lepre, era una lepre, giuro, non era un coniglio, perchè correva zigzagando e aveva le orecchie molto più lunghe. Aprì gli occhi. Oggi nessun programma scritto sulla lavagna della cucina, coi gessi colorati dell'IKEA, ho voglia di leggere e di leggere, e ancora di leggere, scelgo un posto accanto al camino e mi ci fiondo, mi sotterro di pagine e capitoli, libri a manciate, me ne metto accanto due o tre e ne leggo un pezzo di uno e un pezzo di un altro, intermittente, come le lucine di Natale che dovrei mettere alle finestre. Ma se apro gli occhi, fuori c'è un sole invitante e sfacciato, che mi dice, vieni, vieni a correre con me, vieni a sentire che aria pungente e profumata di pulito, vieni a respirare il freddo e scuotiti di dosso tutti gli stropicciamenti e i magoni e le menate, anche, ma quali libri, ma quale camino, fuori è un mix perfetto di gelo immobile e di energia, di brillamenti e di bellezza, per i libri tempo ce n'è, sarà buio presto, do retta a questo sole e a quest'aria libera, anche se qualcosa mi dice che del sole a dicembre sarebbe meglio non fidarsi. Ma chi se ne frega.

Hai inventato delle parole, lo sai, sì?
sì, lo so, ma ci stavano bene.
massì, hai ragione, a rileggere, ci stanno bene.
ecco, appunto.

03 dicembre, 2010

Stropicciata.

Che non è proprio stare male male. Conosco bene, quando si sta male male, detto due volte, che una sola non basta. Ecco, no, non sto male. Stropicciata, sì, appallottolata, hai sbagliato e strappi il foglio e ne fai una palla e lo butti lontano. Ho i vetri sporchi, a guardar fuori si vede benissimo, ma non è stagione di lavare i vetri, se ce n'è una, chi viene a vedere se son sporchi da fuori, se piove e nevica è tempo sprecato, lavoro sprecato. Ieri ho camminato così tanto che mi faceva male la testa, ho fatto un calcolo sulla cartina, sembrano 8 km o giù di lì, magari sono molti di meno ma ci ho messo più di un'ora ad arrivare da lei da casa di mia madre, nel viali, sul corso senza nemmeno guardare le vetrine, non ci sono vetrine in quella parte di città, sono case e palazzi e scuole occupate, Picchetto al Santorre, me la ricordo bene questa scritta, ci passavo davanti con l'autobus e c'è stata un sacco di anni, prima che la cancellasse una mano i vernice. Ho camminato e camminato, lo faccio sempre quando voglio trovare qualcosa che non so, quando mi sento un pò persa, quando tutto gira al contrario di come deve, di come sa, da sotto in sù, da sinistra a destra, a rovescio, quando si inceppa come la cerniera del vestito nero, o del Moncler, mi ci rimane sempre in mezzo la sciarpa. Io odio le cerniere, mi dà noia il loro incastro, tutti i dentini in fila, insignificanti se presi uno ad uno,  la loro precisione millimetrica, che basta un niente e non sale o non scende, possiedo solo pantaloni con la cerniera di fianco, così non le vedo, faccio uno sforzo per le felpe che ce l'hanno davanti, odio di cuore quelle doppie, che si aprono anche da sotto. Non so cucire le cerniere, non le so attaccarle negli astucci che faccio alla Princi, le dò a Noemi che cuce così bene, io nemmeno mi ci metto. Il mio odio per le cerniere, anche a vederle, dovrà essere esaminato da uno bravo, ma scatterebbe il ricovero immediato se raccontassi che cammino nel gelo fino a quando il gelo non lo sento nemmeno più, che le cerniere mi danno angoscia e mi fanno diventare cattiva,  e che ci sono giorni come questo che mi sento appallottolata come un foglio sbagliato, strappato e accartocciato, lanciato verso il cestino e caduto di fuori, perchè chi l'ha buttato non aveva nemmeno tanta mira.

01 dicembre, 2010

Soffice.

Che bella sera, ieri sera. Sono stata a una festa. Cioè, non proprio una festa vera, con le tartine e la musica e i bicchieri. DI chiacchiere sì, che ce ne sono state, saltellando da Facebook al sito, con la radio accesa sulla RAI, perchè se lancio deve essere che lo sia davvero e sul serio, con mazzi e contromazzi, mi aiuti a dire. Stamattina mi sento proprio come dopo una festa, dove hai bevuto un pò di più e la testa un pò ti ronza, e pensi ancora a ieri sera, agli stati d'animo, ma quante storie, non esageriamo, no che non esagero, è stato proprio così, anche se la festa era virtuale, anche se eravamo tutte in pigiama, fino alla 1, anche se qualcuna a un certo punto diceva, Scusate, io Proprio Non Ce La Faccio e Vado a Dormire, anche se eravamo insieme, sì, ma ognuna a casa propria, sul proprio divano, Mirella si è portata il pc nel letto e si sforzava di tenere gli occhi aperti, per aspettare la creatura, Cristiana ed io giù di sms, Emma sparita dal radar ma ritrovata poi, a pochi minuti alla mezzanotte. Le mie Amiche di qui, dormienti, mi sa, ma presentissime oggi, son sicura, a commentare, dire, chiedere. Piccole cose. Piccolissime cose semplici, siamo donne fatte, madri di famiglia e che famiglie, complicate, numerose, impegnative. Ci prendiamo dei piccoli momenti, piccolissimi svaghi un pò da ridere, le vite di ognuno son così voluminose e ruvide, qualche volta, le lisciamo un pò, le stiriamo un pò, a divertirsi in fondo basta pochissimo. E' soffice di fuori, la neve sul pratino, sui rami secchi, quando fa spessore sui rami vuol dire che ce n'è un bel pò, che artista la neve, che trasforma un ramo secco in un miracolo di architettura, in bellezza candida, in bianchissima virtù. E' soffice qui dentro, oggi niente scuola, questa è la regola, nevica e nevica così tanto che è un gran regalo farsi ipnotizzare alla finestra, scommettere quanta ce n'è e quanta ne verrà, programmare una passeggiata nel bianco di fuori, ma più tardi, quando farà meno freddo, quando anche i bambini dei vicini usciranno col bob e giù a rotta di collo dalla discesa, forse ci si spingerà fino allo stradone, al negozio del Tutto, a comprare le arance, che non serve niente in casa, ma facciamo finta. Soffice, il primo dicembre, star male sarebbe un sacrilegio, si cambiano idee e prospettive, tutto acquista una nuova forma, cambiano i filtri e le convinzioni, se c'è la neve, un colore nuovo, luminoso e che brilla, color della neve e come la neve, soffice.

30 novembre, 2010

Vado avanti e indietro.

 
Così diceva il Liceale, anni tre più o meno, quando si annoiava, magari con la febbre, o i puntini del morbillo. Io, al contrario. Vado avanti e indietro quando sono agitata. C'è fermento. C'è casino. Un bellissimo casino. Stasera esce finalmente quel librino cui si lavora da un pò, che ha intasato le nostre mail, versione 001 fino alla versione 007, che mi sembra un bel numero, alla fine. Quel librino che è venuto fuori così, facciamolo, dai, ognuno mette del suo, come al solito, come sempre. C'è fermento. C'è casino. Notizie che rimbalzano sui blog, su Facebook, di qui e di là. Non ci si telefona perchè nemmeno si ha il tempo. Non si conclude un bel nulla di nulla, ho il blackberry in tasca e vado avanti e indietro, mi sono fatta la coda dieci volte almeno, perso gli occhiali, aperto la finestra, guardato giù. disfatta la coda, trovati gli occhiali, fatto cose a spizzichi, tolta il maglione, rimesso il maglione, controllato le mail, svuotato la lavastoviglie, acceso la radio, rifatta la coda, riperso gli occhiali. Il delirio. sono piccole cose, invenzioni di piccolo conto, eventi che ci fanno passare un pò da storneggiate, Tutto Questo Per Un Librino? Sì, che male c'è. Se c' la passione, se c'è la voglia di fare le cose, se c'è l'energia, anche, se c'è questa squadra perfetta che lavora così bene, che nessuno dice mai Non Si Fa Così Ma Cosà. Felice che sono questa mattina, felice e infularmata, confusionaria, agitatissima, contenta  di quei racconti che ho inventato, di quelle storie, che se guardo la bozza non ci cambierei una virgola che è una. C'è fermento, c'è animosità, c'è ansia di quella buona. E quella buona si sa, tiene lontano quella che t'ammazza, quella che ti schiaccia per terra come le foglie putride mischiate alla neve mezza sciolta, al fango e al bagnato. Oggi, volo leggera verso la festa, volteggio, contenta di me e di questo librino, delle Amiche che con me lo hanno scritto, di quelle che  fanno la ola da qui,e anche da là e da là,  degli abitanti di questa casa fintamente distratti ma fierissimi, contenta di loro sì, perchè niente sarebbe se, niente sarei se. 

29 novembre, 2010

Stasera. Anzi, domani.

Che fai stasera?
Perchè?
Così, tanto per chiedere.
Stasera? Vediamo...ah sì.
Ah sì che cosa?
Stasera c'ho da fare.
Cosa?
Perchè vuoi saperlo?
No, volevo capire meglio tutta stà storia del T.R.U.S, sono tutti infularmati, ma nessuno sa nulla.
Bella storia, eh?
Già. Ma che cos'è?
Una cosa che esce domani a mezzanotte.
Ah. E si chiama?
T.R.U.S.
E che roba è?
T.R.U.S è un evento mondiale.
Esagerata.
Beh, facciamo italiano
Esagerata 2 la vendetta.
Allora facciamo che è un evento tra noi e non se ne parli più.
Così va meglio.
C'era un gioco, bisognava indovinare cosa voleva dire T.R.U.S.
E l'hanno indovinato?
No, ancora no.
E quindi?
E quindi che?
Chi ha vinto?
Nessuno.
E che gioco è se non vince nessuno?
Ma non vinceva niente, in effetti. Stasera si scoprirà tutto, ma per averlo bisognerà aspettare la mezzanotte di domani, 30 novembre, che praticamente è già il Primo Dicembre.
Non comprendo.
Sei di coccio, allora.
Forse.
Stasera se ne parlerà, domani si avrà.
Sembra una cosa bella.
Non sembra, la è.
E un altro indizio?
A cosa serve, stasera saprai tutto.
E come farò a saperlo?

Ah, ecco.

26 novembre, 2010

Il talismano.

Voglio un talismano. Voglio un ciondolo, un bracciale, che quello rosso che mi ha regalato la signorina Crubellier , quella volta al ghetto di Roma, si è sfilacciato, ed è rimasto solo l'argento e non è che abbia funzionato granchè, devo chiederle del suo, mi aveva detto di averlo perso e ricomprato, chissà. Voglio un talismano, da tenere in tasca, da portare con me, toccare quando mi serve, da usare quando non trovo il senso, la quota e la ragione, perchè non sento, non conto e anche a ragionare si fa fatica. Voglio un talismano, non so se esiste nemmeno quello che fa per me, non ci capisco niente, io, di queste cose esoteriche non tocco niente. Però sarebbe bello affidarcisi, posso provarci, lo vedi? ho il mio talismano, posso andare dovunque con questo, e mai mi sentirò fuori posto, mai mi sentirò inadatta, mai mi sentirò inconcludente, malinconica, vuota come una canna d'organo, così dicono al mio paese, mai mi vedrò questa espressione da tartaruga, c'hai fatto caso? gli occhi delle tartarughe sono come quelle dei serpenti, fissi, senza espressioni, se non camminasse sembrerebbe già stecchita, ha 'sta faccia da scema, la tartaruga, mai che sorrida, mai che dica, che so,  Ehi! oppure, Come Va? Niente. Oggi ho una faccia da limone, più che tartaruga, verdina, allora che limone è, da limone acerbo, và, ecco. Questo limone acerbo oggi non ha concluso un nulla che sia nulla, ha cucinato in maniera compulsiva, primosecondocontorno per scoprire che nessuno e dico nessuno dei figlioli allieterà il tavolo della cucina, stasera. Va bene, sarà il pranzo di domani, abbelli! Gira così, gira che non gira, gira che non va così bene come dovrebbe andare, gira che a volte scivolo, che a volte non mi attacco al corrimano delle scale, e cado giù, bell'e distesa, gira che non so nemmeno dov'è la maniglia del paracadute e mi sfracello, gira che nuoto per ore e ore e poi mi volto e non vedo più la spiaggia, ma come, era lì. Voglio un talismano per non sentirmi a pezzi, e nel caso, per saper raccoglierli con la scopina e la paletta, quella fatta a Principe e Principessa, che sta nell'angolo della cucina. Voglio un talismano, per non sentirmi girare, per non sentirmi in mezzo al mare e  alla burrasca, voglio l'Ignatia Amara per non avere l'ansia, voglio una cartina che mi dica dov'è che mi son persa, dov'è che arriverò, dov'è che sono andata, dov'è che mi ritroverò, cuore di niente, cuor di meringa sbriciolata, di cristallo sbeccato, cuore di sasso, cuore d'argento annerito, cuore di coccio che nemmeno le sa leggere, le cartine.

Neve per finta.




Cronaca di una neve annunciata. Le regole di VillaVillacolle sono molto chiare. Se nevica, non c'è scuola. In fondo non è un gran peccato, niente materie importantissime o verifiche,  e ieri sera qui, tutti che si esercitavano in danze propiziatorie, scrutando il cielo come a dire, Uhm, ne verrà un metro. Gli accordi erano, nessuno metta la sveglia, solo io. Controllerò la situazione neve e poi mi regolerò, deciderò, se svegliarvi o no, se portarvi a scuola o no, se far finta di niente e rimanere bell'e impiumonati, dacchè in tarda mattinata riede il Magnifico ed ecco qua la famiglia ricomposta, in men che non si dica. Niente da fare. Stamattina non proprio che nevicasse, anzi, briciole gelate, nulla di più. E poi, a intermittenza, briciole e fiocconi, fiocconi e briciole, di traverso, di dritto, di sbieco, ma nulla di rilevante. Non è neve questa qua. La neve giusta, l'articolo che interessa a me, è quella vera. Quella che viene di notte, che ti alzi e trovi il paesaggio ricoperto, ammantato, intatto. Quella che non ti fa uscire di casa, che ti fa lasciare le orme sul marciapiede, che ti ci affondi fino alle ginocchia. Quelle che ci vuole il berretto e il piumino, i guanti da sci,  quella che ci fai a palle, che tiri fuori la lingua per farci nevicare sopra, chi non l'ha mai fatto, quella che ti gela i capelli, che ti abbaglia da tanto bianco che c'è, e di silenzio, e di magico. Non questa roba qua. E' solo un assaggio, lo so, ma spero che presto ne venga un sacco, ma un sacco davvero, perchè così sarà inverno sul serio, e mi piacerà. Intanto scruto il cielo, leggo il meteo, mi accingo e mi appresto, e ben mi accomodo.  E' il fine settimana, dolcezza,  lana e cioccolata, divano e amici, neve, se ci sarà. Quella vera.

25 novembre, 2010

Senza parole.

Il cassetto della biancheria.

Tempi durissimi, lassù, nella Casa In Collina. Alla gestione di tutta la vicenda, nonostante si sia a ranghi più che ridotti, occorrerebbe una squadra di domestiche, un maggiordomo, un autista, un cuoco giapponese, un cuoco del territorio, un'istitutrice, un addetto alla sicurezza, un supervisore, di badanti, no grazie, ancora non ce ne servono, graziaddio. Di tutto ciò, ben se n'è resa conto lei, in visita pastorale ieri pomeriggio alla mia magione, passando non dalla strada ma dal sentiero e chiamandomi dalla siepe dell'alloro, proprio in fondo al pratino, che in effetti conosceva le poltrone di fuori, il Liceale, i cani, e le mancava solo il gatto, ma ho proceduto alle presentazioni. In tutto questo delirio, ieri sera, sul tardi, m'è punta vaghezza di dare una sistemata ad un cassetto, che di solito le faccio, queste cose, così, senza programmarle, mi vengono fuori come non saprei. Ho voluto sistemare il cassetto della biancheria, che a dir cassetto delle mutande sembra di dire una parolaccia, ma invero è quello che ho fatto, quale donna non ne possiede uno, di cassetto, intendo, atto a conservare la biancheria? Ecco, consiglio questo esercizio appena prima di uscire scelleratamente per un giro di shopping che includa LaPerla, Intimissimi, Victoria Secret's ed affini. Il cassetto della biancheria la dice lunga sulla donna  cui appartiene, se oculata o sdilinquita, se diavolo, acqua santa o tutt'e due. Infatti, sfido ogni lettrice a non trovare nel proprio cassetto quanto segue. Mutande di ogni fattura e per ogni occasione. Da matrimonio, da corsa, da gara, da guerra, da vestito trasparente, perizomi, brasiliane, tanga, coulotte, di pizzo, di cotone, di seta, di seta lavata male, di chiffon, di cotonaccio da mercato, avute in regalo e immettibili, da Capodanno (le odio di cuore eppure ne ho ricevute in regalo da un'insospettabile vecchietta e non ho cuore di buttarle), nuovissime col cartellino, della taglia sbagliata, troppo larghe, troppo strette, scomode, spaiate. E poi i reggiseni. Anche qui, da gara e da guerra, come no, con spalline, senza spalline, a spalline incrociate, a senso unico alternato, diritto di precedenza, ah no, confondo con la Princi che sta prendendo il patentino. A balconcino, a terrazza, con ferretto, senza ferretto, da palestra, da corsa, quella vera, di pizzo prezioso, di pizzo scadente, da educanda, da bordello, un pò rovinato ma ancora bellissimo, cui insomma siamo affezionate. Non voleva essere un post fetish, ma mi rendo conto che. Ier sera, mentre attendevo l'ora di ritirare il figliolo all'allenamento, ho impiegato una buona mezz'ora a dare un senso al cassetto della biancheria. Ora, è tutto impeccabilmente in ordine, a posto, in nuance di colore, il nero col nero, il bianco col bianco, un cassetto solo per il viola, per forza. Però è un bell'esercizio di stile. Se al mattino una si sente Maria Goretti sceglierà un colore tenue, candido, meglio,  senza orpello alcuno. Se invece si vuole osare, un bel verde sottobosco, un arancio squillante, un fucsia peccato. Ovvio che nessuno lo vedrà, a meno che, ma apparecchiata per bene anche nel profondo, una si sente segretamente perfetta.  E nulla tema il mio Sposo lontano, si fa per parlare, sù. Ma che carattere!

23 novembre, 2010

Ode alla Pianta dei Cachi.

Chissà. Forse mi porto dietro questo amore da molti anni, tanti che nemmeno so contarli con precisione, di sicuro più di quaranta. Ero piccolissima, ho ricordi confusi e nitidissimi, cioè, mi ricordo poche cose ma quelle che ricordo sono perfette, il colore delle rose, le piante grasse nel vaso di pietra, il sentierino verso il praticino, mia madre parla così, è tutto un -ino, un -etto, così, mi fa ridere, è una cosa cui non avevo mai pensato prima di ora, ho una mamma che parla coi diminutivi di ogni cosa, di molte cose, anche a me, anche adesso che mamma la sono anche io e di un numero sterminato di figlioli. E mi fa ridere. Comunque. Le piante dei cachi erano nel giardino della Casa Vecchia, si chiama così la casa sul bivio, in famiglia mia, la casa dove c'era anche la Manu, la casa vecchia è quella che hai prima di quella che abiti ora, solo che chi come me di case ne ha cambiate un discreto numero, alla fine ha solo case vecchie e quindi si deve dare un nome a ciascuna di esse. Ma torniamo alle piante di cachi che In questi giorni, adoro. Sono vere opere d'arte nella nebbia fitta, appena prima che il paesaggio venga inquinato con le luminarie di Natale, che sono anche belle a vedersi, ma ancora no, per il momento mi piace guardare questi gioielli, queste meraviglia di piante secchissime e senza foglie, ma tutte bell'e inghirlandate di frutti lucidi, arancioni da matti, piante a pois, arancione Hermés, un'esplosione di colore nel grigio che c'è. Il pois è, insieme al beige, la vera tendenza dell'autunno inverno, e queste macchie di arancione fanno la loro elegante figura, spoglie ma apparecchiate, come dire, sì, esco in tuta ma c'ha i brilli, sono in sneakers ma ho uno smalto da delirio, vengo così come mi trovo ma ho l'eyeliner perfetto. Così, in questa caducità di pensieri frivoli e stolti, totalmente senza senso, in questa meravigliosa contraddizione che fa delle piante dei cachi il mio oggetto di culto delle ultime ore, continuerò ad adorare quella che vedo ogni giorno appena prima della curva verso casa, attendo Afef per un caffè, c'era il sole poco fa sul pratino. Ecco, -ino. Ora, so da chi ho preso.

22 novembre, 2010

Han rubato la collina.

Chissà chi l'ha rubata, e quando, se stanotte o stamattina presto, ancora più presto di così. Si è nascosta, forse, aveva freddo e si è comprata un vestito, un mantello, uno scialle opaco, senza colore, un cappotto pesante, una coperta. E' sparita la collina, come quella volta il cielo, forse sono sparita anche io, ma cosa dici, uno non è che può sparire così, snap! da un momento all'altro, e allora come si dice quando si fa fatica, fatica a trovarsi, fatica a pensare, fatica anche solo a spingere il tasto del microonde per scaldare il latte, fatica a ripassare le cose che devi fare oggi, sono mille o nessuna, dai, non fare quella faccia, succede a tutti, di iniziare la settimana così, che ti faresti passare sopra da un cingolato pur di non fare, pur di non, pur e basta. Sei donna confusa, irrisolta, un giorno sulla Trump Tower, un giorno in cantina, ma non quelle dorate della Trump Tower, le cantine buie e fredde e piene di topi e di naftalina e di vasi rotti e di giocattoli vecchi e giornali e il carbone, chi lo compra più il carbone, quello vero, quello ovale e nero, non quello della calza della Befana, mi fa schifo anche questo, solo a guardarlo, come lo zucchero filato. Sei donna un pò scema, e lasciatelo dire, che predichi bene e non metti in pratica per te, che sai esattamente tutto, per filo e per segno come si dovrebbe fare per non sentirsi così, per non stare così, per non avere questo peso e questo sentire, sai ultra bene come si fa e invece non lo fai, scema che sei, vigliacca che sei, si può essere vigliacchi anche con se stessi, che è fose più grave, forse peggio, forse, ma chissà, che stamattina niente gira bene, in me, dico, che è una mattina come tante altre e invece di nuovo c'è che non ci riesco, che a me la Trump Tower nemmeno mi è piaciuta, troppo dorata, che forse nemmeno ce l'ha la cantina, e troppo alta, a me gira la testa se guardo troppo in alto e forse la collina ha comprato una coperta troppo grande, così grande che ha coperto anche me.

19 novembre, 2010

Knit & The City.

Sì, in effetti ci mancavano solo i marker fatti a pizza. Ma quanto ci è piaciuto, ieri sera. Il knit cafè del giovedì, le chiacchiere, le battutacce da osteria, da vicolo, e poi i discorsi seri, bell'e compìte, siamo o non siamo madri i famiglia, spose esemplari,  compagne amorevoli e tenerissime? Beh. A vederci ieri proprio non si sarebbe detto, abbiamo riso fino alle lacrime, girato per una città lucida e deserta e bellissima, càpita così di rado di guardare la città così, e dire che è bella, con la nebbiolina, la pioggia, un figliolo semi congelato da ritirare all'allenamento, confessioni, rivelazioni, vi dico una cosa di me che non sa nessuno, sì, ma che oche sono quelle tre che ci hanno paccato, è così che si dice, è così che dicono i figli che ci girano per casa, e sono tanti, accidenti. Siamo state così bene, l'Amica delle Perle al massimo della forma, a bacchettare il cameriere, Guardi che Vaniglia si Scrive con la G, ma che ci dobbiamo fare, così ce l'han data e così ce la teniamo, la Milanesa, poi, che si fa chilometri per stare con noi, che siamo una cura per tutto, per i musi, i giramenti, le sversitudini, financo per il mal di testa, Vengo a Pranzo da Te, mi dice, tanto, già gliel'ho detto, alla Casa in Collina sempre ci sarà per te una ciotola di zuppa calda, un pagliericcio e dell'acqua fresca per dissetare il tuo cavallo, e siamo squinternate, lo so benissimo, ed una volta ogni tanto squinternare non è così sbagliato, anzi, fa bene all'anima, e chi squinterna in compagnia eccetera, ma che bello, però, le mie amiche del knit, della vita, le più care che ho, e ieri per scherzo ho chiesto Ma Cosa Avrei fatto Se non Vi Avessi Incontrate, già è vero, che cosa, no, non lo so.

18 novembre, 2010

It's Knittin' Time.

Emmenomale. La faccia color medusa, il cielo color medusa, l'anima forse color medusa, il cuore pure. Fin qui la settimana non ha dato grandi soddisfazioni, non è che si possa dire Wow Che Meraviglia, le cose girano come devono girare, vanno come devono andare, è tutto così bellamente normale da sembrare speciale, Come Stai? e come sto, che domanda è, che domande sono, Sto Bene, certo, nel senso che non ho polmonite, colera, malaria nemmeno il raffreddore. Mi bruciano gli occhi, sì, ma questo non è star male. Si distingue, allora, dalle cose come stanno a come vorresti che fossero, da quelle che potresti cambiare e da quelle che invece no, da quelle che ti piacciono così come sono e guai se cambiano e da quelle che butteresti via.  Che pensieri contorti, che parole affastellate, ammucchiate in un angolo come la polvere con la scopa, che sembra di più, a passarci il Folletto nemmeno la vedi, ma con la scopa ti rendi conto, invece, di quanta ce n'è. Mattine incolori, insapori e inodori, come l'acqua del rubinetto, immobili come l'acqua dello stagno, che a buttarci un sasso fai succedere un bel casino, noiosi come la pioggia quando la pioggia è noiosa, noiosa come me stamattina, inconcludente, indaffarata di nulla, ci sono giorni che rovescio il mondo e giorni invece che a soffiarmi il naso mi fa fatica, che a guardarmi in faccia mi fa fatica, che a guardare fuori e poi dentro, e poi dentro e poi fuori mi fa fatica. Bah, si disse, qualcosa capiterà o la faremo capitare, sono sempre così brava a togliermi dagli impicci, non mi farò certo spaventare da una mattina color medusa, tante ancora ce ne saranno e allora e perciò, una doccia bella fresca e andersen - pedalare, noiosa, noiosa, noiosa, meno male che oggi c'è il knit e tutte ti diranno Ma Smettila! e allora a pensarci bene, che sia pure color medusa, farò fatica ma al resto ci penserò o non ci penserò affatto, il che forse è anche meglio, quantunque col pensiero.
Prove tecniche di ermetismo, concetti nebulosi, cazzate, insomma.

17 novembre, 2010

Ode ai Biscotti Sbriciolati.

Che si tratti di una biscottiera di design, di una scatola di latta dei krumiri, riciclata per l'occasione, o direttamente dal pacchetto, in cielo, in terra e in ogni luogo, in ciascuna comunità di biscotti, ce n'è qualcuno sbriciolato. E' una regola, non v'è nulla da eccepire. Solo che ci sono certe mattine che la cosa non ti sposta minimamente, che nemmeno te ne accorgi. Altre, invece, che se già sei sulla strada per essere sversa, voilà, la vista dei biscotti sbriciolati ti provoca una crisi di nervi. Beh, non esageriamo, diciamo un lieve disappunto. Dei biscotti sbriciolati invero uno non sa proprio che cosa farsene. E' ancora troppo presto per sfamare Federico il Pettirosso, e allora sì, si uscirebbe sul terrazzo e si porrebbe con tenerezza una manciatina di briciole, ho scoperto che Federico non gradisce le gocciole delle Gocciole, certamente qualcosa si perde, ma chissà. forse i pettirossi non amano il cioccolato fondente? Le briciole di questa mattina sono rimaste lì, sul fondo della biscottiera fatta a biscotto anch'essa, inutilizzabili. Si sarebbe potuto svuotarle tutte nella tazza del latte ma avrebbero finito per formare una poltiglia che sarebbe finita poi giù dal buco del lavandino. Ho cercato i meno disintegrati, quelli che davano ancora una decorosa immagine di sè, ma non ce n'era nessuno della dimensione più grande di un francobollo. Così, ho lasciato stare.

Vero. Ogni biscottiera ha i suoi biscotti sbriciolati. Che sono come i pensieri che non hai voglia di avere.
E ne compri di nuovi, quadrati e rotondi, interi e perfetti, e ce li rimetti dentro, a coprire lo sfacelo delle briciole, non frughi tanto, apri e peschi senza tante storie, sai benissimo che ci sono, i pensieri sbriciolati mica se ne vanno tanto in fretta se non sei tu a svuotarli, se non sei tu a scuoterli con forza dentro al sacchetto dell'umido o anche in giardino, non sulla neve, non ancora. e allora a tener chiusa la scatola di latta sarebbe meglio, i pensieri sono lì, tu prendi quelli tondi, quelli interi, quelli buoni che ha portato ieri l'Amica delle Provette, e lascia quelli distrutti, quelli inutili, quelli senza sapore in fondo a tutti. E spera che il pettirosso arrivi presto.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...