07 ottobre, 2014

Zolle e rose.


Ci sono delle zolle così belle nel campo, all'inizio della strada.
Non ho capito che cosa hanno fatto, non conosco i processi dell'agricoltura, so che mi piace vedere quello che fanno, anche se è solo terra smossa, la pioggia di stanotte l'ha lucidata e alla fine sembra una scultura perfetta.

Ti porterò delle rose.
Le ultime dell'aiuola, sono profumatissime, più di quelle dell'estate, le avvolgerò nella stagnola e te le porterò.
Ti piaceranno.

Ci sono dolori che non si incollano, che credi passati e invece sono lì, sotto al tappeto, dietro gli armadi, seduti vicino a te, sempre. E non le candeline, le uova di cioccolata, i natali e i battesimi, il matrimonio.  E' l'assenza che c'è che diventa abitudine aspra, consuetudine che schiaccia, eppure.

Ricordo di quel giorno ogni singolo dettaglio, ogni frammento, ogni fotogramma, tutto.
E' rimasto tutto lì come in una scatola impolverata, la mia gonna a pieghe, gli occhi persi di mia madre, la gente, ricordo l'odore dei fiori e della mia vita cambiata in un secondo, la radio da non accendere, gli avanzi della mia torta di compleanno ancora nel frigo. 
Nessuno la mangerà più.
Finiranno buttati.

Ricordo me, perchè mia figlia ha adesso la mia età di allora e capisco la catastrofe senza fine, l'urgano attraverso il quale sono passata, e mi stupisco di essere ancora tutta intera.
Chi l'ha detto che la sia, poi.

Ho fatto del mio meglio, lo abbiamo fatto tutti, in questa enormità di anni che sono passati, perchè passano lo stesso, ma magari sarebbero passati meglio, chi può dirlo, chi lo sa.

Così, mi porto in giro questa scatola impolverata, con dentro le immagini di una vita fa, il passaggio dalla vita di prima a quella che sarebbe venuta dopo, io a diciassette anni, la treccia lunga e la gonna blu a pieghe che ho buttato via di nascosto, tanto mi faceva orrore vederla ancora nell'armadio.

Ti porterò le rose dell'aiuola, so che sai tutte le cose che devi sapere di me, di noi tutti qui, e so che forse sei stato tu a non permettermi di andare in frantumi, di cadere sotto tutto quel dolore, che non passa, non passa mai.

Piove.
Le zolle del campo saranno ancora più lucide, appena prima di sciogliersi e diventare fango.
Ti porterò le rose.

mi manchi sempre, papà.






01 ottobre, 2014

Ottobre, ciao.

Mi piaci.
Perchè sei il mio mese, perchè un pò mi somigli, non sei estate, non sei inverno, non sai nemmeno tu che cosa sei.
Sei nebbia e pioggerellina, e sole, sole ancora caldino, tramonti e albe che fan restare lì, così, a guardarle per minuti e minuti, non è che durino tanto, le albe e i tramonti, non è che puoi star lì a guardarli per ore, si sa.
Sei foglie secche e colori da perdersi, rossi, arancioni e gialli forti, il giallo non mi piace, ma tu lo mischi ai bordeaux e ai verdi scuri come nessuno.

Portami cose belle, ottobre che sei qui.
Portami sorrisi e abbracci, e cestini di cose graziose,
Portami le sere intorno al tavolo della cucina, a ridere come una scema coi miei figli, come solo loro, come solo con loro.

Portami la mia vita di sempre, i miei momenti perfetti, le mie abitudini piccolissime, da fare col cuore leggero, non con il respiro che non so dove trovare, non con gli occhi pesti e l'ansia sottile che diventa macigno.

Portami un rossetto, uno smalto fighissimo, il mio profumo dell'autunno che sa di isole lontane, portami cose stupide, una canzone da cantare portando la Princi a scuola, che lei le sa tutte, come me alla sua età, e niente la mondo mi somiglia più di lei, che è forza e dolcezza in un mix sapiente di occhi verdi, perle, piercing e sorrisi che incantano il mondo.

Portami nuovi libri, nuovi posti dove perdersi, trovare riparo quando vuoi essere altrove, Parigi, Marrakesh, Dublino, portami via per finta per qualche ora, fammi stare al Flore, contrattare teiere nel souk, chiacchierare  in un pub, così, solo per un pò.

Portami un maglione pesante, le lenzuola del corredo di mia madre, portami un quaderno a quadretti, una scatola di vitamine, un film nuovo da vedere, la forza che mi serve e che ho, ma che a volte perdo e cerco dovunque, sotto il letto, nell'armadio e che non trovo, eppure c'era, era qui, non la trovo, qualche volta no.

Portami le foglie secche del viale, portami i colori che sai, la nebbia che amo la mattina presto, portami colazioni tranquille e telefonate lunghissime, e aeroporti, lato arrivi, e valigie da fare e da disfare, portami la me di sempre, che chiudo gli occhi e tutto è come prima.

Non è troppo, se pieghi bene ci sta tutto.

E domani, non scordare la torta.





29 settembre, 2014

Piovigginando, sale.

Non si è fatta aspettare.
E' arrivata, di già.
Eppure, sono stati giorni di sole bello, con le foglie d'oro per terra, intorno alle panchine del Lingotto o lì vicino, sole chiaro che ti faceva dire che sì, forse era ancora un pochino estate, non certo luglio ma insomma, così.

La nebbia, alla fine, arriva sempre. 
A ridosso del mio compleanno, per questo mi piace sempre, anche se quest'anno è un compleanno un pò strano, ma sempre compleanno è.

Mi piace la nebbia perchè è mistero e meraviglia e sopra, attorno, dietro e in fondo puoi immaginarci quello che vuoi, farti dei viaggioni, come dicono i miei figli, inventare cose che vere non lo saranno mai, ma alla fine a chi importa, se anche solo a pensarle ti fanno stare bene.

Mi piace la nebbia perchè nasconde le cose che non vorrei vedere, qualche cattiveria, qualche delusione, e invece avvolge e fa più belle cose semplicissime, quelle che mi piacerà tenere vicino, che non smarrirò, che terrò sul comodino insieme all'acqua, alla sveglia ferma, ai libri, ai sogni spiegazzati, ai pensieri del mattino presto quando guardo fuori e non so mai se girarmi e ridormire o se stare lì a guardare la nebbia, il soffice che entrerebbe dalla finestra se solo avessi cuore di aprire, se solo avessi cuore di alzarmi da qui che fa già freddo e ci vuole forse una coperta leggera.

Di solito verso metà mattina il sole vince sulla nebbia, e il cielo che è rimasto nascosto fino ad ora, salta fuori in tutta la sua maestosa azzurrità.

Serviranno forza e vitamine, respiri lunghi e scrollate di spalle, di magoni non ne ho più voglia, ho mille cose da fare e col magone non si va lontano, si cerca ogni occasione per stare bene anche solo un pò, le foglie accartocciate che fanno quel bel rumore quando ci corri sopra, la luna di ieri sera che era una ciglia rosa su un foglio nero, sarà il mio compleanno per giorni e giorni, un pò qui e un pò lontano da qui, che bello sarà arrivare.

Intanto, aspetto il sole, che alla fine arriva, lo so, tra poco più di mezz'ora, minuto più, minuto meno, e piovigginando salirà, ma è nebbia secca questa qui e non pioviggina nemmeno, sale  e basta.
L'avrà vinta il sole.

e poi, la nebbia è un pò innamorata del sole, lo sanno tutti.
Per questo gli lascia fare sempre quello che vuole.









16 settembre, 2014

Piove cielo.








Piove sì.
Piove una pioggia d'autunno, di già, ma come, che c'abbiamo ancora la voglia di mare e i sandali flat in corridoio, questa casa è in ordinissimo, qualche volta mi verrebbe voglia di metterla a posto alla perfezione, ma sarebbe ancora più strana di quanto non la sia in realtà, e allora lascio volutamente qualcosa in giro, così, per non perdere l'abitudine.

Piove un sacco. Questa notte mi ha svegliato un delirio di vento e goccioloni sui vetri, che bel rumore la pioggia sulle finestre, quante volte l'ho già detto, che noiosa sarò mai.
Non lo dirò più, giuro.

Pioveva così forte che ho pensato Cade Il Cielo, non era temporale, quello lo conosco bene, era proprio solo pioggia fortissima e per questo rara, in una stagione così mite e lenta come questa, in fondo, l'estate non è stata che un lunghissimo autunno, mi pare.

Piove cielo.
Lo raccolgo e lo tengo lì.
Nelle tazze che mi regalano le mie amiche per darmi il buongiorno già di prima mattina e non farmi sentire tanto sola, lo raccolgo nei barattoli vuoti del caffè, così belli e lucidi che è un peccato mortale buttarli via.

Raccolgo il cielo e lo conservo, per quando mi sembrerà di non avere cielo da guardare, di non aver più pioggia da ascoltare.
Non sarà vero, non sarà vero mai.

Ci saranno sempre cose bellissime, forse nascoste e difficili da scovare, ma ci saranno sempre per me belle gocce sui vetri e profumo di foglie bagnate e colori rossissimi  e viola come quelli della vigna ieri verso sera. E cielo, cielo sopra, cielo da guardare, cielo da disegnare, cielo da raccontare.

Nessuno ha mai saputo come si fa a raccogliere il cielo che viene giù.
Io sì.
E questo fa di me la più sciocca fra le donne, la più visionaria, la più scentrata.
Però, mi fa bene.
Mi viene bene.
E allora, va bene.







12 settembre, 2014

Un regalo.



Domani.
Domani vado al mare.
A Camogli.
A Camogli troverò, tra gli altri
e anche...
...insieme a 
.. e anche a
... per non parlare di


Mi faccio un regalo.
Su Twitter e Instagram i momenti più belli.

Festival della Comunicazione a Camogli.
 I dettagli, il programma e gli ospiti qui.

"Un festival dedicato alla comunicazione e agli aspetti culturali e mediatici nell'epoca di smartphone e tablet, per imparare e saperne un pò di più sui messaggi e sugli stimoli che quotidianamente riceviamo e inviamo e che formano le nostre opinioni , contribuendo a farci diventare ciò che siamo".

Mi piace.
Perciò, mi reco.
E sarà una lezione, un regalo, una festa.

Il mare di Camogli farà il resto.

09 settembre, 2014

E' la luce della luna.

Esco poco la sera. Compreso quando è festa, verrebbe da dire.

Esco poco, sì.
Se per uscire si intendono cene e feste, ecco non esco.
Se per uscire si intende uscire dalla porta, beh sì, esco di sera. 
Anche di notte, il sabato sera.
I miei vicini di casa, quelli nottambuli, mi hanno vista  spesso uscire di casa a notte fonda, in ogni stagione, mezza in pigiama. Nessuno di loro ha pensato mai, La B. è Impazzita, ma solo che recuperassi questo o quel figliolo. Hanno sempre avuto ragione.

Sono gli ultimi giorni prima della scuola. Ben perciò, si concedono alla Principessa del Piercing uscite serali infrasettimanali, Il che comporta il recupero intorno alla mezzanotte, mai più tardi.

E' un giro che non mi pesa, anzi, mi piace.  Pochi chilometri mi separano dalle luci della città, ed è un tragitto che potrei fare ad occhi chiusi.  In macchina, soprattutto di sera, puoi cercare di pensare pensieri belli, mentre scendi fra i campi e la strada ti sembra più lucida e le cose diverse, forse perfino migliori. Solo qualcuna.

Ieri sera, una luna perfetta illuminava la mia strada verso casa.
E' una luce soffice, di quelle che ti fanno dire che tutto andrà bene e che sarà tutto bello sempre, e che anche le cose che adesso non lo sono, lo diventeranno, non può non essere così.

Sono giorni costellati di piccolissime solitudini, di improvvise, sciocche mancanze, di momenti in cui vorresti essere da un'altra parte. Ma non si sta lì ad ascoltarle troppo.

Si va avanti con metodo, sentirsi soli non è propriamente una grande sensazione ma si è imparato a  cancellarla in fretta, un Figliolo che ti fa ridere fino alle lacrime, un'Amica, anche spostando mobili e cambiando assetto alle stanze, dove la rivoluzione che si crea non dà tempo di star lì troppo a riflettere sul senso del cosmo.

La strada verso casa fa pensare e pensare, è una stagione quieta e meravigliosa, a guardarla bene, sono piccoli giorni preziosi, non è vacanza ma non c'è scuola, e nella mia vita scandita da sempre da sìScuola noScuola, questo ha la sua bella fetta di importanza.

Qualche volta la strada sembra non essere quella di sempre, e certamente non la è.
perciò, stàmpati bene in mente le curve, i dossi, quell'albero laggiù e i cespugli a ridosso dei campi.
La potrai fare sempre ad occhi chiusi.

Se c'è la luna, ancora meglio.

01 settembre, 2014

SplendidoSettembre.


Mi piace pensare che sarà così.
Una specie di capodanno, come ogni volta, come un nuovo inizio, una nuova pagina, tirando una bella riga sopra alle pagina che ho sfogliato fin qui, in questa InesistenteEstate, in questo VedoENonVedo, in questi mesi passati che non mi hanno lasciato nulla o quasi. 
Settembre eccolo qui.
Il mese degli ombrelloni chiusi, dell'odore di quaderno nuovo, di piccoli, piccolissimi buoni propositi, in un assetto famigliare inconsueto, dove tutto va incastrato ancora più alla perfezione, dosando solitudini e pensieri, quasi mai pesanti, quasi mai difficili da pensare. Si è diventati bravi, piuttosto. 

Nel frattempo, si ha voglia come ogni volta di cose nuove, via, piccole conquiste, piccole, piccolissime soddisfazioni. Già iniziate ieri, con esercizi di PeopleWatchin' e molte chiacchiere con l'AmicaDelleParole in piazzetta, avremmo potuto essere ovunque, magari al Flore, e il bar della Piazzetta, certe volte, il Flore di Parigi lo sembra davvero.  Ci saranno giri al MareVicino, forse, chi può dirlo, nuovi desideri, nuovi giri al mercato come quello che mi aspetta stamattina con l'Amica delle Perle, che mi sorveglia attenta. Ci si regalerà una mezz'ora scialla al Caffè, la sua bici legata al palo, una chiacchiera fitta e poi via veloci, il mercato del lunedì è un rito irrinunciabile, tra le tante cose inguardabili può capitare di scovare una cosa carina, con un investimento bassissimo scevro da sensi da colpa. Che male fa un vestituccio a pallini, un anello falsissimo, un nuovo zerbino, dei gomitoli di quella tonalità di colore che ancora non possiedi, nei container di lana che ognuna di noi nasconde in casa?

Non so se ho già voglia di nebbia e di autunno, forse ancora no.
Certo, ho voglia dei suoi colori, la vigna dietro casa mi regalerà spettacoli in primissima fila, passerà fra pennellate di rossi e di gialli e di bordeaux intenso, passando per il viola dell'uva. Intanto, un nuovo oggetto del desiderio, se settembre deve essere che si inizi nella maniera più frivola che si conosca, innocua pedipiù. 
Cose nuove in questo settembre, si spalancano le finestre all'aria frescolina e ai profumi di qui, ci sarà il sole, oggi, ho una manciata di cose belle da fare, belle cose da ascoltare, belle canzoni da cantare, preparando il caffè in cucina, del resto, di tutto il resto mi importa poco o nulla, mi concentro su di me, faccio la brava e mi impegno proprio, mi regalo un settembre leggero e soffice, di quelli che sanno di pastelli nuovi, di piccole gioie, di grandi progetti, di torta quasi pronta nel forno, voglio un settembre lucido, vediamo, Ecco, Mi Dia quello, 
Glielo Incarto?
No, Lasci Così che Va Bene.

27 agosto, 2014

Tengo il Segno.

Lo tengo sì.
Io non uso i segnalibri, uso le bandelle della copertina, tanto, leggo talmente in fretta che il segnalibro nemmeno serve.
Leggo tanto, sì.
Con i libri, vivo delle vere e proprie storie d'amore, quelle dei sedici anni, che ti tolgono il fiato e ti fanno ridere da sola nelle vetrine, o sugli specchietti delle macchine.
Li inizio sempre con prudenza, prima di sapere se mi faranno innamorare o no, e di solito è sì, io mi innamoro sempre dei libri che leggo, sempre, anche se poi alla fine non mi piacciono dico vabbè, mica mi può piacere tutto. Li inizio piano e poi mi faccio rapire, sequestrare, chiudere in uno scantinato fino a quando non ho finito, fino a quando ho letto anche i crediti, le biografia, di chi è il disegno in copertina, il prezzo.
Dopo, mi mancano.
Mi ritrovo a pensarli a giorni di distanza, a ritornare su quella frase, su quella scena, io i libri li vedo, me li mangio davvero, ci dormo vicino, non so dire, li tengo lì anche quando li ho finiti, sul comodino, di qualcuno mi ricordo dei capitoli interi, qualcuno l'ho riletto anche cinque sei volte, Ma Cosa Rileggi Non è Che Cambia,  una specie di malattia. Lo so.

Tengo il segno.
L'ho tenuto anche qui, mi ricordavo di aver scritto una cosa con questo titolo e l'ho scritta qui, sei anni fa, sei anni sono un sacco e pochissimo, a secondo da che parte stai.
Tengo il segno per tenere insieme me.
Per non cadere in pezzi, da un momento all'altro, come succede con il flan che devi portare a tavola, che è da rivista finchè è dentro al forno e poi, ai tuoi ospiti sottoponi uno spettacolo raccapricciante del flan che si accartoccia su sè stesso, come in un incantesimo malvagio, fatto da chissà chi.

Tengo il segno. Finora mi riesce.
Riordino cose, tengo in ordine di fuori per avere tutto in ordine di dentro, funziona così.
Riordino l'armadio dei piatti, le tazzine del servizio bello che non usiamo mai, le mille e mille tazze della colazione, i piattini raminghi, trovo un posto e una destinazione d'uso agli ultimi arrivati, un regalo di mia mamma il giorno del suo compleanno, mia mamma è l'unica al mondo che al suo compleanno i regali li fa agli altri. A me, sempre.

Tengo il segno e vado avanti, passo ore in libreria a scorrere i libri nuovi, a leggerne qualche pagina, ad annusarli, anche, guardo quelli nello scaffale dei libri usati e ci passo piano le mani sopra, come a voler capire da dove vengano, di chi sono stati, c'è tutta una storia dietro ai libri già letti,  ne ho comprato uno due giorni fa tutto sottolineato, un romanzo non si sottolinea, è sacrilegio, ma forse, l'ignota Cristina che ha scritto il suo nome a matita nella seconda di copertina, è squilibrata quanto me e in fatto di libri ha anche lei le sue manie.

Io non scrivo mai il mio nome sui libri.
Come a dire, è mio ma potrebbe essere di chiunque.
Nessuno però lo leggerà mai come lo leggo io.
E  lo dico piano, nelle pagine, a ogni libro che leggo.

Chissà se mi sente.




19 agosto, 2014

Le Grandi Manovre.

Forse, non avrei voluto una vita noiosa.
Certo che no.
Tuttavia, un tantino più tranquilla, senza Montagne Russe e Ottovolanti e Calcinculo, con licenza parlando, non si chiama in un altro modo, la Calcinculo, quella coi seggiolini e le catenelle, quante volte mi hanno lanciato in alto per prendere quell'orrendo codino spelacchiato, quando arrivavano le giostre sulla piazza. Lanciavano sempre me, chissà perchè.
Era un pò come volare.

Le Grandi Manovre lassù, nella Casa in Collina, proseguono senza sosta, o meglio, sono nel loro momento più impegnativo, si fanno e disfano valigie e cose, si pensano case vicine, case lontane, si comprano caffettiere da portare via, si organizzano armadi e biancheria, si spostano stanze, si eliminano cose, se ne aggiungono altre. Un bel casino, nulla da dire.

Solo, con sentimenti altalenanti.
Qualche volta, sono io alla guida della ruspa che sposta e scava e toglie e mette.
Qualche altra, e sono le più frequenti, la stessa ruspa mi passa sopra. Ma è solo un attimo, sto ferma immobile, la ruspa passa e io ritorno in piedi, senza un graffio, solo un pò ammaccata.
Ho scoperto una forza insperata fra le cose che ho, fra le cose che sono, fra il mio essere incline ai sogni, al disordine e alle canzoni a memoria. Una forza d'animo che a volte si sparge un pò dovunque come quando spacchi il termometro, e fai fatica a raccoglierla, ma poi, in un guizzo, la ritrovi e si fa daccapo.
In fondo, uno non è che abbia grande scelta. 
Ma va bene.

Pioviggina ad agosto, nell'estate più assurda degli ultimi mille anni, sere fa ho visto sorgere la luna dall'autostrada, rossa ed elegante, enorme, di quelle lune che sarebbero da guardare da Santo Stefano nelle notti limpide, alla fonda.
 La luna era strana, una fettina storta, sorpresa anche lei di trovarsi lì, appesa come per caso, là in fondo, che bello guidare di notte, con la luna che ti guarda molto di più.

Le Grandi Manovre continuano, la mia giostra privata, il mio salire e il mio scendere, il mio essere autista di ruspa o quella che ci finisce sotto, la mia personalissima Calcinculo, che giri e giri e ridi e ridi, e poi lanciano il tuo seggiolino in alto altissimo, fino al cielo.

Un pò come volare.




10 agosto, 2014

Certe mattine.


Certe mattine, non dormi più.
Cioè, dormiresti ancora, ma decidi che non ne hai più voglia e che la mattina è così bella per tornare a dormire, e che spreco sarebbe. 
Certe mattine sono più belle delle altre.
Certe mattine quassù, se c'è stato vento o non so per quale misteriosa ragione, se apri la finestra e guardi verso di là, verso le Colline Lontane, non verso quelle Vicine, si sente l'odore del mare. E del sole.

L'estate è una stagione bizzarra, questa qui più di tutte, puoi decidere come viverla, puoi dedicare tempo ad organizzarla fin nei dettagli più piccoli e insignificanti oppure non fare un bel niente, stare lì e decidere ogni giorno cosa farne, se scoprire un angolo della città di sera che ancora non avevi scoperto e camminare ciondolante con l'andatura da turista, fermandoti a leggere le targhe sulle case, le descrizioni dei monumenti, guardare in sù, come a Parigi. E mentre, chiacchierare e ridere piano. E fare progetti. Che quelli, proprio non mancano mai.

Certe mattine che non torni a dormire, stai lì davanti alla finestra spalancata, ascolti i rumori dell'alba, scruti il cielo e le nuvole, magari andrai a correre tra poco, non nello sterrato ma sulla strada, a guardare i giardini degli altri, schivare le irrigazioni, incrociare lo sguardo stralunato di qualche vicino che apre la finestra in quel momento sbadigliando e ti sorride MaDoveVaiAQuest'Ora.

Certe mattine sono preziose e bellissime, i figlioli sono sparsi un pò dovunque, più sparsi del solito, e presto saremo ancora più sparsi tutti ma non è tempo di pensarci, adesso, che già ci si è pensato tanto e pensare troppo fa rumore e non va bene.

Certe mattine si scende scalze in cucina, si prepara con gesti rassicuranti una caffettiera di media grandezza, che in questa casa ce l'abbiamo pure da mille, la caffettiera, e si sceglie il calibro a seconda di quanti siamo e preparare il caffè così non ha storia rispetto alla macchinetta, quella è per i caffè veloci, il caffè del mattino si fa in un certo modo, il rito non si deve esaurire nel rumore stupido di una macchinetta che fa grrrrrrr.

Certe mattine hai solo pensieri morbidi e sorrisi improvvisi e teneri, e meno male, dopo tanta pesantezza e tanta ansia e tanto stare male da non sapere da che parte fossi girata, ci sono momenti che a pensarli ti sembra di esserci di nuovo e allora smettila, non ci pensare più

Succede sempre così, nelle mattine che non torni a dormire, che prepari colazione per due soltanto, che cogli un'ortensia da far seccare, che andrai a correre tra poco ma che adesso stai lì, davanti alla finestra spalancata, pensieri lucidi e piccolissime gioie, lo senti? se chiudi gli occhi ti arriva l'odore del mare.




04 agosto, 2014

La Guardanuvole.


Non ci è mancato niente, in questa estate bizzarra.
Le nuvole, meno che mai.
Pur amando il bel tempo e il sole e il mare e il vento, ho imparato ad amare le nuvole, a distinguerle, a chiamarle col loro nome. Ma nuvole è più bello.
Ne ho avute a tonnellate, di nuvole.
Nuvoloni neri pesantissimi, nuvoloni da mescolare, da cercare di disperdere, diradare, ma come si fa.
Nuvole candide di panna montata, quelle che vedo da questa finestra.
Me le faccio amiche.
Ci giocherei, se potessi.
Ci chiacchiererei.
Mi piacerebbe passarci in mezzo, come quando ci passi con l'aereo. Ma lì non è che puoi dire loro molto. Le guardi e basta, dal finestrino. Non dicono granchè.

Le nuvole sulla collina di fronte sono bianchissime e cambiano, cambiano e volano, cambiano e si spostano, nell'indefinito disegno del cielo, chissà chi le muove, chissà chi le spinge, chissà chi ci soffia sopra per farle diventare trenino, cane, torre e poi gelato e poi.


Mi ci incanto a guardarle.
Mi ci incanto a pensare.
Mi ci incanto e basta.

Mi capita sempre, quando ho tante cose che mi passano sopra e addosso e di lato, che mi imbàmboli un pò, che resti un pò lì come una scema a guardar fuori, mi capita a colazione, spesso, quando riordino i pensieri prima di prendere coscienza della giornata che mi aspetta, che sono state così pesanti e fangose quelle passate, mi piace pensare che quelle che verranno saranno meglio e allora mi incanto, anche adesso che è sera, lasciatemi qui davanti a questa finestra, guardo le nuvole e non faccio rumore e non disturbo nessuno, non dico ba, non faccio niente, mi faccio rapire dallo spettacolo meraviglioso delle nuvole che cambiano forma e fanno di me una che sogna, una che piange per niente, una che qualche volta si sente persa e smarrita che non è la stessa cosa, che qualche altra si sente in cima al mondo e per niente proprio, una che che guarda le nuvole.  Una guardanuvole, ecco.

Chissà che ruolo hanno, nel mondo, le Guardanuvole.
Nulla di buono, mi sa.
Ma chi se ne importa, alla fine.




31 luglio, 2014

Ciao Ciao Luglio

Meriteresti che ti scrivessi minuscolo, come va fatto, i nomi dei mesi si scrivono in piccolo, ma io c'ho un pò la fissa delle maiuscole.
Luglio se ne va, con un sorriso di sollievo, con un pò di malinconia, con uno sguardo veloce a dire, ok, vattene, ciao e tanti saluti.
Non è stato un gran luglio.
Non è stato un gran luglio per nessuno.
Non è stato un gran luglio per me.
Salvo pochissime cose, il mio Giardino, le mie Ortensie, i Micini Paffutissimi che oggi si recheranno per la prima volta dal veterinario, il mio progetto che ancora nessuno o pochissimi sanno come si chiama e al quale lavoro e lavoro.
E i temporali.
Per il resto, lo zero assoluto.
Sono stati giorni in fila, pieni di promesse di cose belle, pieni di fogli scritti fitto stropicciati, appallottolati e gettati nel cestino della carta, anzi no, lì vicino, non ho la mira e nemmeno per sbaglio mi viene da fare centro, con la carta, mai nella vita, mai.
Di programmi fatti centomila volte, e centomila volte cambiati, aggiustati, rimaneggiati e poi cancellati del tutto.
Di cose non belle.
Di pensieri nemmeno.
Di belle sere, però. Qualcuna. 
Questo luglio mi ha frullata, mi ha portato sulle Montagne Russe e mi ha scaraventato a terra, ho le ginocchia sbucciate e la testa che ronza, mi ha shakerato, mi ha preso per le spalle e scosso, scosso forte, Oh, Ma Sei Scema O Cosa.
Questo luglio mi ha maltrattato.
Io maltratto lui.
Scrivendolo minuscolo.
Domani, un agosto lucente, al diavolo tutto, si riparte da zero, point à la ligne.
Sii buono agosto, sii buono con me.

20 luglio, 2014

Dei Giorni Immobili.

Scrivo da una finestra spalancata sulle colline, su un pomeriggio fermo di pioggia a tratti, di cicale.
Scrivo da una piccola festa, da una stanza colorata di verde acido, scrivo da un tavolo pieno di nastrini e cuoricini e bottoni, matite e pennarelli. E una stilografica.
E' una domenica lentissima di ritorni, di lavatrici che non asciugheranno, di progetti, pensieri, canzoni a memoria cantate piano, cose.
C'è un fascino speciale nei giorni d'estate che estate non è, quando il sole si è nascosto chissà dove, nei giorni fermi come questo, dove si fanno programmi che due giorni dopo non valgono più, dove hai sempre torto, dove nuvole e goccioloni sembrano essere la sola cosa plausibile, attuabile, certa.

Cercherò.
Da qualche parte ci sarà, lo troverò, vedrò di trovarlo, vedremo, vedremo, sono belli i verbi al futuro, farò, sarò, andrò, da qualche parte deve essersi nascosto, piova pure tutto quello che vuole, faccia un caldo feroce o un bel vento, o anche niente, andrò a buttare il vetro, mi attarderò sulla salitina verso casa, guarderò dalla parte della luna, non importa se sarà gigante o no, se sarà rossa o no, se piena o no,  se ci sarà oppure no, se sarà giorno o notte fonda, che mistero la notte quando è estate, troverò il modo, non posso avere torto, non voglio più avere torto, da qualche parte deve esserci, mi siederò sotto al nocciòlo, da lì vedo la città lontanissima,  il Duomo e le colline ancora più in là, che dopo c'è il mare.

Da qualche parte ci sarà. 
L'arcobaleno, intendo.
E allora, sarà bello aver avuto ragione.

10 luglio, 2014

La Mostruosa Crescita del Basilico Biagio.




Che bizzarra estate fu quella.
L'estate dei temporali, dell'imbrunire sul terrazzo a guardare le nuvole lontano, l'estate della grandine, della malinconia, dello smalto rosso fuoco, di 3 gattini nati una notte di vento profumato di mare.
L'estate degli schiaffi, delle valigie preparate per tempo, della luna gigante, dei pomodori troppo verdi, dei pois e dei progetti ambiziosi. L'estate dei bottoni colorati, del Gattopardo per la quinta volta e di Biagio, il Basilico.

Biagio il Basilico faceva Esselunga di cognome.
Veniva infatti da lì, comprato in una mattina confusa, quando ci si impiegano dieci minuti buoni a scegliere le uova, che  poi compri sempre le stesse, ma se sei confusa anche comprare sei uova è impresa improba.

Fu acquistato da un cestino, non già col tristissimo involucro di plastica trasparente, ma dotato di una carta color corda, un pò shabby e tanto chic, cosa inusuale per un basilico.
Ma Biagio non era un Basilico qualsiasi. Esso teneva infatti le sue belle radici. E la cassiera si era prodigata in consigli e raccomandazioni, Lo Vede, Signora, Lo Può Anche Piantare.
Ho buttato alle ortiche il mio passato da Serial Killer del Basilico, mi sono armata di terriccio, vasetto consono e concentrazione e ho piantato, giorni or sono,  Biagio Esselunga nella sua nuova dimora.
Non che avessi grandissime speranze.
Ultimamente, non ci so fare. Poco con le persone, figuriamoci con le piante.

Ma Biagio il Basilico aveva in serbo per me una grossa sorpresa.
E quale non fu la mia, nel constatare, una di quelle sere in cui il ronzio della lavastoviglie si fonde con i grilli e lo sbattere sui vetri delle farfalle notturne, che Biagio Esselunga non solo aveva resistito ma stava crescendo vieppiù, fogliolina dopo fogliolina, ramettino dopo ramettino.
La soddisfazione fu enorme.

Biagio il Basilico mi sorride ogni volta che voglio dal vaso prezioso che ho scelto per lui. Lo annaffio con cura, lo sposto dal sole se ne ha troppo, lo accarezzo per sentirne il profumo, che buono il profumo del basilico.

Biagio il Basilico a suo modo mi vuole bene, sa che quando mi siedo lì vicino e guardo lontano, sa che deve concentrarsi per bene e preparare una nuova fogliolina, che mi faccia un pò felice quando la scoprirò.
Biagio il Basilico mi è infinitamente grato di non averlo ancora trasformato in una ciotolina di pesto e mai lo farò. Lo tengo lì, sul tavolo, vicino alla pianta di Gloria, gli ho messo  intorno un bel nastrino a pois, dopotutto i pois vanno forte in questa bizzarra estate, non si è appena detto?

L'estate dello smalto rosso, dei micetti e dei temporali, alla fine non era nemmeno così male.
Molto fu merito di Biagio.


05 luglio, 2014

Fior di Melanzana.



Non li avevo mai visti
Non sapevo come fossero fatti. Non sapevo nemmeno della loro esistenza. 
Fino a un secondo fa.

Bighellonavo nel pratino, meditando nel pomeriggio di tagliarlo per bene, tanto, gira e rigira sono sempre io che devo tagliare il prato, non è mistero per nessuno.
A ridosso del pratino, il Regio Orto, che quest'anno, dato il pochissimo tempo che l'Illustrissimo Uno e Trino può dedicarvi, si è ridotto a un Orto Insulso, nel senso che per fare una frittata di zucchine bisogna aspettare dieci giorni.  Ma ci piace così.

Bighellonavo perciò, in questo sabato mattina pieno di niente, un bel sentire o quasi, una festa bellissima ieri, pochissimi programmi per il fine settimana, cose così.
Li ho visti all'improvviso. 
Del mio colore più amato di sempre.
Viola. Lillini. Pervinca. Melanzana chiaro. Per forza.

Non sono fiori qualunque, non mostrano sfacciatissimi i loro petali, anzi, sembrano fiori un pò tristi, in verità, la corolla è rivolta all'ingiù, guardano per terra, ho dovuto quasi coricarmi nel pratino per guardarli bene, quasi fossero davvero un pò malinconici, un pò pensierosi, un pò come me.

Anche il gambo è bellissimo e violissimo, vellutatissimo. Il velluto incontra anche d'estate, ho una collezione di matite vellutate, quelle con la gommina in cima,  ne ho regalata qualcuna, forse avrei dovuto tenerle tutte per me. Non fa niente.

 I Fiori di Melanzana comparsi nottetempo nell'Insulso Orto sono la vera sorpresa di questo cinquediluglio, a me che le sorprese piacciono così tanto e che nessuno me ne fa mai, no, quasi mai. Più brutte che belle, in realtà, ma sempre di sorprese si tratta.

Mi regalo questi fiori di melanzana, viola di un viola che mi piace, diventeranno melanzane e mi dispiacerà, a me non piace quando le cose cambiano, quando si trasformano, perchè vorrei che tutto restasse sempre fermo e bello e semplice, e colorato e invece no, ma sei scema o cosa, non lo vedi che cambia tutto, gli uccellini del nido sul terrazzo  sono volati via, i micini di Sushi stanno crescendo a vista d'occhio e sono vispi e paffuti come i micini delle cartoline, la lavanda sfiorirà, le albicocche del frutteto cadranno dall'albero e diventeranno poltiglia dolce, buona solo per le vespe e le formiche.

Tutto cambia e chissà perchè, troppo spesso cambia in peggio.

E anche i tuoi stupidi fiori di melanzana diventeranno contorno per una grigliata, un sugo per una pasta per dieci, una parmiggggiana con mille g.

devo imparare ad essere più realista, più pratica, meno vanesia, meno violini, meno cazzate, meno matite di velluto, meno di tutto, io che sono troppo e troppo di tutto.

E anche questi fiori di melanzana, altro non sono che stupidi fiori violetti che non hanno nemmeno il coraggio di guardare in sù.

non va bene.


30 giugno, 2014

Lavo i piatti.

A mano.
Con la spugna a cuoricini che ho comprato da Tiger.
Col detersivo alla menta.
Con l'acqua tiepida.
Insapono per bene, nel lavello viola e li sposto nel lavello arancione.
Poi sciacquo con cura, accarezzandoli quasi, e li metto ad asciugare lì vicino, su uno strofinaccio pulito, ricamato da me.  Dai Diamanti Non Nasce Niente, c'è scritto.

Lavo i piatti a mano pur avendo una lavastoviglie per mille coperti, superelettronica, supersilenziosa, supertutto.

Lavare i piatti è una specie di terapia, mi sono sempre offerta di lavare i piatti io, nelle vacanze con le amiche, nelle feste dove ognuno porta qualcosa, nelle riunioni di famiglia che non si fanno più, la mia famiglia di origine si è disintegrata da un bel pezzo, e che grandissima invidia ho per quelli che ce l'hanno ancora.

Mi isolo così.
Rifletto così.
Non so per quale principio filosofico, non so per quale perversione, lavo i piatti e penso, come se tutto quello che succede oltre il lavandino non sia affar mio, Sto Lavando I Piatti, Non Vedi?
Penso.
Mi faccio delle domande, risposte non ne trovo nessuna, ma faccio finta di averle, le scelgo con cura nello Scaffale delle Risposte, e le faccio mie, plausibili, opportune, giuste.
E giuste non lo sono mai.

Cerco di cambiare atteggiamento, così come cambio il rossetto, i sandali flat color del cielo che ho comprato due giorni fa e che non ho ancora avuto modo di mettere, color del cielo quando il cielo è bello, non quando è minaccioso e rabbioso e pieno di lampi, che tanto a me piace, non è quello, turchesi, ecco, non color del cielo col temporale. Ma cosa c'entra.

Cambio atteggiamento e faccio finta.
Mi sorprendo a guardare lontano, non le ortensie, non il cancello, ma più in là.
Lavoro a un bel progetto che nascerà a ottobre.
Esco pochissimo
Mi scruto al mattino nello specchio, Allora, Che Giorno Vorrai? 
Normale.
Un giorno liscio e senza intoppi, senza i pensieri che mi schiacciano, senza l'incertezza e la malinconia, senza niente. Senza quella sensazione terribile che ho ancora, da un pò di giorni in qua, e che credevo sconfitta, quella di correre correre e di non arrivare mai da nessuna parte, come nei sogni, quando cerchi di aprire una porta e ti si spezza la chiave, o di fare una telefonata e non ti riesce mai, o di uscire dal mare e nuoti nuoti e la riva è sempre più distante. Hai Mai Provato? Ecco, quella lì.

Voglio dei giorni semplici, perfino noiosi, mi concentrerò, ci metterò tutta la volontà e l'impegno, stufa di essere una donnicciola da niente, che si lamenta,che non trova la strada, la soluzione, il significato, che si commisera,  PoverettaMe.

Sciacquo per bene i piatti belli a forma di cuore, i piattini piccoli di ZaraHome, doso alla perfezione il detersivo che ha un colore così bello, i prossimi sandali color DetersivoDeiPiatti, i pensieri li mescolo alla schiuma leggera, se ne vanno con l'aroma della menta, e scivolano giù dal lavandino, gorgogliando nello scarico, lavo i piatti per non pensare o per pensare meglio, e tutti a chiedermi PerchèLaviIPiattiAMano.

non saprei spiegare.


17 giugno, 2014

Che dire.

A manciate.
Da non sapere quale scegliere.
Si cercano strade, sentierini, scorciatoie, autostrade a 4 corsie da percorrere di notte, con la musica giusta, il mood giusto, per andare dove non si sa, ma non è tanto importante la meta, quanto il viaggio, lo dicono tutti, perfino lo spot del Cornetto Algida.

Il sole non c'è.
C'è la voglia di tirarsi fuori, di raccontarsi una storia bella, di fare in modo di non restare schiacciati dalle cose, di non farsi  cogliere impreparati, di darsi una controllata come si fa con le gomme della Vespa, è iniziata la sua stagione, ecco un'altra cosa bella.

Sono brava a raccontare storie, in fondo è la cosa che so fare meglio insieme al risotto alla milanese e a lavorare a maglia. Le racconto agli altri e le racconto a me, avevo scritto anche delle favole ai miei bambini, a penna su un quaderno a quadretti, ed è andato perso in qualche trasloco, chi lo sa. Si intitolava Le Storie Incantate di DolcePrato. Dovrei cercarlo.

Intanto, faccio progetti, che anche qui sono Campionessa Mondiale. Che poi si concretizzino non è importante, di solito è d'estate che nascono le idee più belle, le cose migliori.
Così, raccolgo tutto e mi trasferisco nella stanza con la finestra bella sulle colline, e lavoro a  tante cose, e non smetto di pensarci mai, mentre riordino pensieri e cose, mentre cazzeggio che si può dire, e fra stendere e riordinare mi concede minuti sani di cose stupide e frivole ma così dannatamente salutari che fanno bene a tutto, al cuore, all'anima e al malditesta, qualora.


Riordino file e cartelle, faccio ordine dentro di me, e anche fuori,  mi sono accorta che mi hanno rubato 3 chiavette USB piene di cose che ho perso per sempre, ma non ci piango, non piango più, e mi dannerò finchè non avrò trovato questa e stamattina va così, sono frivola e stupida, ogni tanto mi perdo nei miei pensieri guardando fuori dalla finestra, oggi, risotto alla milanese, Goditi Il Viaggio, Amerai il Finale, quelli del Cornetto c'han proprio ragione.




Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...