08 aprile, 2006

Come lei.


Bella era bella. Di quelle bellezze contadine, semplici, due occhi grigissimi in un ovale di cammeo. Non le somiglio. Non nei colori, non nel carattere. Era schiva e silenziosa, ma con una risata come un concerto di campanelli. Viveva con me, quando ancora le famiglie avevano almeno un nonno a raccontare cose quasi vere, a far ciambelle e a dipanare gomitoli in cortile, a raccogliere camomilla da far seccare sui teli, sotto il sole di giugno. Si pettinava senza specchio, una lunga treccia bianca che fermava con un pettinino. Mi sono sempre chiesta come facesse a tenerla sù. Sempre ordinata, perfetta. Mi ha insegnato a fare i biscotti, a non stare curva mentre scrivo, a raccogliere le viole col gambo lungo e a fermarle con un filo. A suo modo, era snob. Una bambina non fischia, mi diceva, e non gioca coi maschi e non si sbuccia le ginocchia ogni giorno. Sua una quantità di proverbi e massime che ancora ricordo, in dialetto emiliano. Mi ha lasciato una sottoveste di seta, 3 lenzuola di lino con le sue iniziali, ricamate con le suore, quando sarai sposa, mi diceva, le metterai la notte di Natale. Curava un giardino magico di astri e dalie, e ortensie e lillà. E raccontava, sempre. Delle risaie, dei balli sull'aia e della guerra e di quel suo figlio fucilato, che ancora piangeva, come gli altri, più degli altri. E' morta di dolore, credo, tanti anni fa, 3 giorni a Natale. E io metto le sue lenzuola, conservo quel foglietto con la ricetta dei tortellini e della marmellata di albicocche, la grafia antica che si legge appena. Fermo le viole con il filo, non so fare i tortellini e non fischio mai. E se avrò un'altra bimba, la chiamerò Teresa. Come lei.

07 aprile, 2006

Bello.


Non che ami particolarmente questa canzone, anzi, direi proprio di no.
E poi, non amo nemmeno i graffiti, anche se alcuni li trovo spiritosi e divertenti. Non ho mai scritto niente sui muri, niente di incancellabile, intendo. Solo, col gesso, una volta, enorme, davanti alla casa della mia amica, reclusa per la bocciatura in seconda scientifico, un innocuo SILVIA LIBERA. In verità, ho sempre desiderato che qualcuno scrivesse per me una cosa eclatante su un muro qualsiasi, che so, una frase che potessi capire solo io, una canzone, ed erano tempi non sospetti, Tre Metri Sopra Il Cielo doveva ancora aspettare un bel pò di anni per uscire. Nessuno ha mai scritto nulla di carino sul muro per la medesima. Ma la mail che mi è arrivata stamattina, con questa foto, ha esaudito il mio desiderio. Non è scritto per me, ma non importa. Con un minimo di fantasia, è come se.

Bonjour.


E' il grande rito del mattino. Serve per fermarsi un attimo. Come, fermarsi , appena svegli? Certo che sì, per riordinare le idee prima di partire, spediti, carichi e decisi. Beh, di venerdì è molto raro che uno sia carico e deciso, nel senso che si sente già un pò in vacanza, un pò letio brevis. Si scende in cucina, una coccola al gatto, una al cane, uno sguardo alla casina del pettirosso. Manca un serpente a sonagli e un merlo indiano ma mi sto attrezzando. E quei 10 minuti di silenzio prima delle urla sulle scale, delle merende dimenticate, dei libri lanciati, dei SIAMO IN RITARDO urlati da me sottovoce perchè, si sa, alle 7,30 il vicinato tutto dorme ancora della grossa e le autolinee private della mia famiglia,invece, a quell'ora dovrebbero già essere in viaggio verso la città; così, mi sono allenata a urlare sottovoce, sentono i diretti interessati e nessun altro. O almeno, spero. Così, la colazione in silenzio è un dono del Cielo. Caffelatte all'arancia e pane tostato. Una vera delizia. L'energia necessaria per prodursi, all'uscita, a schivare le bici, il pallone e scavalcare con agilità il monopattino dell'Infanta abbandonati sulla soglia di casa. Ma è di un bel viola pervinca, si intona alle primule del davanzale, e allora è perdonata.

06 aprile, 2006

Già, perchè?



In più di una persona me l'ha chiesto. Già, perchè lo faccio? E chi lo sa. Forse perchè ho la presunzione che le cose che scrivo possano in qualche modo piacere, far sorridere o pensare o tutto insieme. Lo faccio per il gusto di scrivere, è una cosa che faccio da sempre e che farò sempre, per sempre. Ho scritto migliaia di racconti, immagini, tante prose e nessuna poesia. Non sono capace. E non mi piace. Scrivere è come leggere, ti permette di andare via rimanendo appiccicata al cuscino del divano, di volare lontano stando lì, di non ascoltare nessuno e niente, solo le cose che leggi, o quelle che scrivi. Di essere felice se vuoi esserlo, di piangere se ti va, di giocare un pò, di trovarti da un'altra parte per mezz'ora.
Scrivere mi dà il piacere sottile di sentirmi perfetta, di inventare o dire tutto di me, le mie emozioni più forti, le mie più piccole cose. E le cose che scrivo, prima ancora che per gli altri, le scrivo per me. E un pò mi somigliano. Sono parole che corrono, nessuno saprà mai se molto vere o molto finte, improvvisate ma ricercatissime, distratte ma precise, che sembrano vuote e che in realtà non lo sono per niente.
In fondo, proprio come me.

Anche io.


Ora sto meglio. Ce l'ho. Ne possiedo uno, finalmente. E sono soddisfatta.
La diatriba del rigalimoni non occorre capirla fino in fondo, affinchè diverta. C'è e basta. Comprato in un negozio di ferramenta che vende cose inenarrabili, dagli stampi per le uova di Paqua a quelli per biscotti, ma non quelli di metallo che usiamo tutti, no, troppo facile, quegli stampi americani che ricordano i timbri della Posta, tanto per capirci. Ma sa, signora, quest'anno abbiamo venduto un sacco di stampi per la colomba. Ne vuole uno? Gulp. Ho declinato, gentilmente, tutta concentrata sul mio rigalimoni nuovo di zecca. E così, da oggi, la mia cucina ha un nuovo utensile. Lo userò, vediamo, 6 volte in un anno.
Ma, come si dice, doveva essere mio. E lo è, giust'appunto.
Anche se, a ripensarci, era più carino quello di Ikea.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...