24 maggio, 2006

Regia salvia.

Bella è bella. Credo che sia l'unico esemplare di erba aromatica che amo, incondizionatamente, insieme al basilico. E' bella agli occhi, con i suoi fiori lillini, bella al tatto, vellutata e morbidissima. Bella al naso, col suo profumo delicato e persistente. Non si fa dimenticare facilmente. Rimane sulle dita per mezz'ora e più e se ne può beneficiare sulla strada di casa, dopo la personale sagra della ciliegia. La salvia rende regale anche i tortellini surgelati, i fusilli tristanzuoli al burro e basta, un pesciolino al forno che ha bisogno di un piccolo optional. Ne ho colto un rametto. Un mazzo di gladioli in un vaso di cristallo non farebbe lo stesso, incredibile effetto di questo semplice rametto in un bicchiere della Nutella col mio nome. Un passo avanti, verso il meglio.

Elisir alla ciliegia.

Niente di meglio dopo una giornata sulle montagne russe. Non quelle vere, ma quelle più sottili e striscianti, quelle che ti fanno lo stomaco a pezzettini e poi lo ricompongono e via così. Un verso sera sotto un albero di ciliegie stracolmo ha i suoi bei vantaggi. Prima di tutto devono piacere le ciliegie. E fin qui ci siamo. Dopodichè ci si avvicinerà con circospezione all'albero suddetto. Per ottenere il massimo dalla terapia le ciliegie andrebbero rubate, sissignori, sottratte mentre il contadino non vede, ma pazienza. Abbiamo libero accesso a questo prato dietro casa e siamo assolutamente nella legge. Ma tant'è. Esistono due scuole di pensiero. La ciliegia và colta con o senza picciòlo? Io appartengo alla corrente del con: adoro infatti il sordo impercettibile rumore che fà il picciolo quando si separa dal frutto. Stac! Sublime. Un capitolo a parte merita il nocciolino. I più lo sputano, usiamo i verbi giusti, con grazia all'interno del pugno chiuso nei pressi del mento. A chi, come me, ha avuto una giornata di penitenza, viene concesso, d'ufficio, il lancio con la bocca. Si possono eventualmente organizzare tornei di Sputo di Nocciolino, avendo cura di non includere dei veri fuoriclasse come la scrivente. Assolutamente outsider. Dopo aver consumato una congrua quantità che farà come minimo saltare la cena, ci si potrà accoccolare sotto l'albero, ascoltando i ronzii, i cinguettii e altre amenità. Gli occhi chiusi, il profumo della salvia che sta proprio lì, allontanerà per un pò i pensieri ingombranti che hanno fatto di oggi una giornata da cancellare. La ciliegia aiuta, lo sanno tutti. Si organizzano tour guidati con degustazione gratuita.

L'affitto del sole.




Si paga in anticipo.
Le cose belle si scontano, è una regola aurea, credo. Quando ad un certo punto hai davanti a te una strada in salita e all'improvviso le cose perdono forma, e se guardi dietro te tutto era lucido e sapeva di nuovo e di bello e di pace e di perfetto. E poi, d'un tratto, tutto sbiadisce e diventa pesante e difficile e dici ma no, non può essere che di colpo sia cambiato tutto così, e cerchi in te la forza di trovare una soluzione e uscire da una strada che sapevi difficile ma che così proprio no. Non sai cosa fare, non sai da che parte cominciare e dove si finirà. Hai un peso sullo stomaco e se ti guardi persino la tua faccia ha cambiato espressione e ti senti come se avessi un carico di mattoni sulle spalle che ti fanno sprofondare giù e ancora e ancora e dici ma no per favore, non così, non tutto insieme, sono io, sono la stessa di ieri, per piacere, non potete semplicemente farmi questo, ero lì, ero via e tutto sembrava andare nel modo migliore in assoluto, che cosa ho fatto, che cosa è cambiato, che cosa devo pagare...Troverò una strada, come sempre, troverò il modo, lo so, lo sento, ma adesso, per piacere, basta così. Non è molto, mi pare.


23 maggio, 2006

Sob!


Finito l'incantesimo. Rientrati. A Genova ci aspettava un cielo di pentola e un'aria bassa e pesante. Niente vento, niente profumo di fiori e di macchia, mare, certo, ma insomma, vogliamo paragonarlo? Comunque, la ripresa da una vacanza seppur breve. ha sempre un che di traumatico, in un certo qual senso. I ragazzi sono stati accuditi da un esercito, anche se esercito erano loro stessi medesimi, vieppiù. Hanno infatti invitato amici e amici degli amici, con l'allettante promessa di tornei diurni di calcetto, serali di Playstation, cibo buono e abbondante. Direi che è andata bene. Adesso, si riprende, per qualche settimana, o meglio, si inizia la fine d'anno scolastico, le recite, le feste di arrivederci. Malinconiche, appena appena. Con un accenno di pensiero alla sabbia, alla vela, ai surf, al sole, quello vero, caldissimo, reso frizzante da qualche nodo di maestrale. C'è di meglio? ci si chiede. Forse no.

21 maggio, 2006

Cadeaux.

Così, in francese. E' proprio il caso di dirlo. Sono oggettini di rara bellezza, a parer mio, e di squisita fattura. Francesi, appunto. Sono, nell'ordine: un pelapatate ( potrei lanciare un'altra idea, simile all'affaire del rigalimoni). E' a forma di giapponesino e ha una scopettina sulla testa. Delizioso. La grattugia invece, è una damina. Vero pezzo forte della questione tutta, la scopa e la paletta. Riduttivo chiamarle col loro nome, in realtà sono talmente belle che sarà difficile usarle per la loro vera funzione, e , qualora accadesse, sarebbe davvero un monumento alla sciccheria, all'eleganza, alla perfezione massima. Sono di Pylones, ovviamente, made in France. Regalati a me dalle mie Amiche, che condividono questa breve e splendida vacanza di tarda primavera o inizio estate, che dir si voglia. Le Amiche del cuore, quelle delle confessioni, dello scialo e del quotidiano, delle cene, dei viaggi e dei magoni, della spesa e del cinema, dei figli e della vita. Loro. Le ho ringraziate coi lucciconi, ci vuole poco, in realtà, mi commuovo sempre quando qualcuno ha un pensiero gentile e inaspettato per me. Mi conoscono come i loro cassetti. E come i loro cassetti, sanno che ogni tanto, anche io ho bisogno di una ripulita, una riassettata, una spolverata e via. Sanno, insomma. Tutto o quasi. E sanno che, alla prossima pastasciutta insieme, alla fatidica domanda Come Posso Aiutarti?, indicherò loro, con finta indifferenza, gli oggettini menzionati. La classe, ribadirlo non fa male, si vede anche sbucciando una patata. Sacrosanto.

19 maggio, 2006

Villa con piscina.

Non già come quella del Cavaliere. Ma una piscina vera e propria. Per pennuti, però. Il delizioso uccellino male si distingue in quella minuscola pozza d'acqua, ma comprendetemi, ho dovuto fare tutto pianissimo e da lontano, altrimenti volava via. Si è impossessato di questa pozzangherina sul prato appena spuntato, e si è fatto un bel bagno. Tenerissimo. Unico esempio in quest'isola dove non occorre licenza edilizia, dove tutt'intorno non si possono piantare ulivi secolari e dove non ci sarà una parata di belle scosciate, portaborse e sconfitti in bermuda e bandana. E soprattutto, dove non entrerà mai la Forestale per un'indagine. Gran bella soddisfazione.

Semplice.


Sono spuntate sulle rocce del giardino. Non si sa da dove e non si sa come. Sono bottoncini vellutati, un pò viola un pò rosa. Semplici e bellissimi. Non c'è il sole quest'oggi, ma una brezza leggera che scuote appena gli ulivi e i corbezzoli e porta un profumo di muschio e di mare, di mirto e di erba che si sente solo qua. Un pò fuori dal mondo, senza televisione e quotidiani, una sbirciata controvoglia alle notizie, ma velocemente, per paura di scoprire qualcosa che rovini un incanto così. Niente di speciale. Ma lo speciale, qualche volta, è il normale, il tranquillo, il più semplice che c'è.

18 maggio, 2006

Work in progress.

Colazione da Tiffany?


Non esattamente. Non ho un abito nero e i guanti lunghi, occhiali Chanel e caffè Starbucks in mano. E non sono a New York. La meraviglia, però, quella c'è. C'è un cielo di seta sopra di me, e mirto e gerani e salvia e verbena. E un mare di pastello proprio lì, non lontano. C'è silenzio, e sole, e una specie di pace quieta che mi fa stare bene. Tiffany è lontano. La felicità, quella semplice del cuore, forse no.

16 maggio, 2006

Let's take a cake.


Abito in un villaggio. Non una città, non un paese, neppure una frazione. Un villaggio vero e proprio. Di quelli lontani il giusto dalla città, ma che se anche ti sei dimenticata qualcosa facendo la spesa, non è il caso di farne un dramma: hai un esercito di vicini pronti ad esaudire ogni tua richiesta, a patto che sia legittima, non sporchi e non faccia rumore. Ho un'amica che sta dall'altra parte del villaggio. Detto così sembra un pò Quella casa nella prateria. In effetti, un pò lo è. Sapeva che avevo avuto una mattinata avventurosa e così, mi ha fatto dono di questa torta. Sbranata dai figli a colazione, mi accingo a riportare fedelmente la ricetta. So che da qualche parte stanno rifacendo il remake di questo telefilm, pietra miliare delle programmazioni telesivise ancora lontane da veline, tronisti e trenini di Buona Domenica. Proporrò lei, nella parte di Laura Ingalls. Moglie esemplare, perfetta padrona di casa e ineguagliabile preparatrice di torte, da donare ad amiche stordite e smemorate, una sera di metà maggio. Anche se non siamo a Walnut Grow, Minnesota.
La torta di Natalia.
250 gr di farina
100 gr di zucchero
125 gr di burro
mezza bustina di lievito
1 uovo intero
1 cucchiaino di miele

Impastare velocemente gli ingredienti, il burro va fuso a fuoco lento. Preparare due dischi e stenderli sovrapposti su un foglio di carta da forno, dopo aver farcito con marmellata o Nutella, oppure, marmellata e mele. Infornare a 180 gradi per mezz'ora , spolverizzare di zucchero a velo e servire, voilà.

Di estrema facilità, ottima per una chiacchiera in giardino, per una merenda estemporanea e per far felice un'amica storneggiata. Grazie, Natalia.


15 maggio, 2006

Fragole stordite.


Certo, non è grave. Ma fa pensare, quello sì. Stamattina ho provato una sensazione difficile da spiegare, così complicata che anche a ripensarci mi ritorna. Ho dimenticato. Ho resettato. Ho riavviato il sistema, non so come dire. Per quei 3 minuti, o erano 10 o pochissimi secondi, non ho ricordato. Non ho saputo. Il mio cervello è stato come risciacquato, spolverato, scollegato. Non mi sono ricordata del codice del bancomat nè di dove avessi messo la macchina. E più mi ripetevo 3,2,5 no, aspetta, 3,5,2, no anzi 2,3,5 , mi assaliva una strana sensazione di paura, ecco, vedi, non ricordi più nulla, la cassiera mi guardava e io piangevo, come una perfetta cretina, Non Lo Ricordo, Mi Dispiace, e piangevo, si può essere più scemi? e mi dicevo ma come diavolo fai a non ricordarlo, lo componi, ahimè, tutti i giorni. Il terrore, quello vero. Che mi succede, che mi succede, che mi succede, e più digitavo e più arrivava, bastarda, la scrittina sul display, Errore Di Sistema. Una brutta mezzora. Subito a pensare a gravissime disfunzioni del mio sistema neuro vegetativo, della corteccia cerebrale, l'inizio della fine e altre amenità. Un classico. Servirà una cura. La stessa che mi ha salvato questa mattina: la Magna Carta di Credito di mio marito. Da usare a sfondo, arandola, in almeno 3 luoghi diversi. Lo so che con lo shopping sfrenato non si risolve nulla o quasi, ma almeno quella, beata fra le beate, il codice non ce l'ha. Mi sacrificherò. In nome della Scienza, lo ben si intenda.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...