07 maggio, 2007

Funziona.

Mai affrettarsi, mai precoccuparsi. Sembra facile. Ho messo a punto in un'infinità di giorni, esperimenti e prove, un'infallibile teoria per dominare ansia e agitazione, sentimenti e stati d'animo non proprio piacevoli da gestire. Appunto, è solo teoria. Qualche volta funziona, qualche volta no. Solitamente, nei giorni in cui mi sento un Minipimer piantato all'altezza dello stomaco, quando mi ronzano le orecchie e urlo, indistintamente, con chiunque incontri lungo il mio cammino, provo a fermarmi. Ok, mi dico, calma, vediamo di ragionare. Respira a fondo, così, schiarisci bene la voce, bevi un bicchiere d'acqua, ferma. Non mi dico Rilassati perchè, chissà come, su di me è una parola che ha un effetto devastante, e mi provoca la reazione esattamente contraria. Cioè, dò di matto. Stamattina, che di ansia ne avevo già preso la mia bella dose insieme al caffelatte, ho provato la mia astrusa teoria. Ho parcheggiato lontanissimo dal centro, ho camminato, camminato e camminato per il mercato cittadino, per le strade della zona pedonale, fra le vetrine dei negozi chiusi, certo, è lunedì mattina. Così, senza un granchè di urgente da portare a termine, ho provato. Ho camminato per quasi due ore, una per andare e una per tornare, certo, mica così a vanvera, ho fatto quello che dovevo fare, commissioni e faccende quotidiane, un passaggio in ufficio e cose così. Mentre si cammina non si pensa mica, lo sapeva? Si sente lo scalpiccìo dei passi sul marciapiede, si intercettano brandelli di discorsi di sconosciuti, si vedono facce note e facce che no, si saluta qualcuno, ci si guarda nelle vetrine, si fissano gli automobilisti dai passaggi pedonali, si guardano i bambini sui passeggini, prima i cani e poi i loro padroni, si leggono i manifesti elettorali, quelli dei film, si respira profumo di focaccia, di sole e di città. Non si è chiusi ermeticamente in un abitacolo, perciò l'ansia, trova spazio e vola via, invece di girare e rigirare, saltare sui sedili e non andarsene, non passa mica dal finestrino, se ne sta lì, appiccicata,un ragno alla ragnatela. Al prossimo attacco, via, lasciare la macchina dove ci si trova, meglio se non in divieto di sosta, e camminare, camminare, camminare. Mi sa che funziona.

06 maggio, 2007

Il cestino.


Possiedo un cestino. Non è vero, ne possiedo almeno una decina: per la frutta, per la lana, per il cotone, il cestino del ricamo, quello da pic nic, anzi quelli, che un cestino da pic nic da 8 viene difficile da trasportare. No, un cestino virtuale. Un cestino dove ripongo le cose, non troppo belle in realtà. Ci metto le offese. Le parole dure. Le battute gratuite e le cattiverie. Le malignità e le invidie. Sono tutte lì, come nastrini. Non le butto via. Ogni tanto mi vengono in mente, così, senza un motivo vero, e allora le ritrovo, come quando si cerca in un cassetto una ricevuta e salta fuori una fotografia, ma guarda un pò dov'è finita, credevo di averla persa nei traslochi. Non dimentico. Rimuovo, ma non cancello del tutto. Non so bene la differenza tra erase e delete, e forse nemmeno c'è, ma che m'importa, in fondo. Tengo lì. Non per vendicarmi, non sono mica brava nelle vendette e poi non va bene, non si fa. Le cose che mi hanno fatto male preferisco tenerle sempre ben presenti, invece di eliminarle, è una piccola conquista che mi fa sentire un pò più forte. Una specie di cura omeopatica. Curo col veleno. Che non so se ne ho avuto di più, di veleno o indifferenza. E sinceramente, non so che cosa è meglio. E, ancora più sinceramente, signori cari, non è che la vicenda mi tolga il sonno. Ad ogni buon conto, è tutto lì, nel cestino. Sono nastrini arruffati, attorcigliati, un groviglio di pensieri e situazioni e tristezze e pianti, aggrovigliati fra di loro, ma che si sciolgono subito, appena li sfiori. E allora sono lì, di nuovo, ogni tanto. Solo una cosa, però. Non è che a stare nel cestino facciano meno male. Basta soltanto non aprirlo troppo spesso.

04 maggio, 2007

Ma il paterazzo...



E' da qualche tempo in qua che non si parla d'altro, dalle parti mie. Vengo rintronata già di buon mattino con deliranti progetti, itinerari impossibili, venti e vele, ma secondo te, faccio bene a prendere l'epirb ? Mah, prendine due chili , purchè lo faccia di nascosto dai bambini. Mi si regalano testi del tipo Cucinare In Barca, oppure, Come Fare il Pesce Nel Bel Mezzo di Una Burrasca e Vivere Felici. Io, per amore, sopporto. Sorrido e sopporto. Ma la notizia dii stamattina mi ha lasciato, come si dice, di stucco. Come, Mascalzone ha usato il paterazzo e così deve rifare la regata con la barca spagnola, Desafìo, che secondo me a Roma già si sprecano le battute? Vàtti a fidare di uno che fa Mascalzone di nome e Latino di cognome. Certo, le regate sono avvincenti, sarà che me le sciroppo tutte, ma proprio tutte, inutile che ci giri intorno, mi sto appassionando anche io. Non solo sorrido e sopporto, non è tanto vero, mi piace, ecco. Sarà che il mare è un luogo che mi affascina, sarà che ho sposato l'uomo più convincente del mondo, non so. E per dividere con lui un altro sogno, di nascosto, leggo i suoi sacri testi, ripasso mentalmente i termini tangone, gavone, strallo e sentina, che cazza e lasca lo sanno anche i sassi e no che non è una parolaccia, signora mia, gliel'ho già spiegato venti volte. E poi, giusto così, a dirla tutta, un pochino mi sono portata avanti. Perchè, quel cazza e lasca, quel rimbambimento di prima mattina, quel Shosholoza e quell'Oracle, a qualcosina mi serviranno ben!

02 maggio, 2007

Volare.

Non mi è affatto sembrata una buona idea. Proprio per niente. Un giorno di vacanza e due no, poi un altro, poi uno che non si capisce se c'è il ponte oppure no, ma che giorno è esattamente lunedì eppure sembra domenica, pensa che domani sembrerà domenica e invece sarà martedì. E che oggi, concèntrati, sembra lunedì ma è mercoledì, bellezza. Un delirio. No che non è stata una bella idea, queste vacanze spezzettate non sono il mio genere. Sono del tipo, tutto o niente. Si lavora, ok, si va. Si sta in vacanza? bene, allora ci si programma per benino, si può fare più di un progetto, una grigliata, magari, a dispetto delle previsioni del tempo, e chi lo sa, magari ci grazia. Stamattina, un mercoledì che ha il gusto di un lunedì, ma di quelli schifidi, invero, che ti sei addormentata col sole e il profumo della prima rosa del cespuglio, e ti svegli con quella pioggia novembrina che ti rende isterica e noiosa. C'è poco da fare, signora cara. Orsù, una bella spesa per le boccucce di rosa che ti razzolano per casa, orsù un pò di incombenze nefaste che ha buona parte degli abitanti del globo terracqueo. Vien voglia di scappare. Senza farsi vedere, sgattaiolare alla bell'e meglio dove si può, lontano, purchessìa. Vaporizzarsi in un dovunque qualsiasi, trovarsi un angolo dove nessuno ti troverà, chiamarsi fuori dai propri doveri di madre esemplare, dovendo alla bisogna redarguire pesantemente un tre di filosofia, eppure ha studiato, la creatura, che cosa si deve fare in quesi casi, cosa c'è scritto alla pagina 347 del Manuale Del Perfetto Genitore. Si tuona? Si urla? Si dice, da oggi non esci più e metti la moto in garage e non vai più a calcio? Si dice ma dai, rimedierai la prossima volta, è stato un incidente? Si dice Lo Sapevo, Ma Quando Ti Metterai a Studiare Sul Serio? Non lo so. Ci penserò. Nel frattempo, scusate tanto, ma me ne vado. Ho una mongolfiera nuova fiammante parcheggiata proprio lì in giardino, il tempo di gonfiarla e vado a farmi un giro. Lo dicevo, queste vacanze a spizzichi e bocconi non mi hanno mica fatto tanto bene.E lei, signora mia, non faccia finta di stendere per curiosare cosa faccio, non lo vede che tra un minuto diluvia?

29 aprile, 2007

Dite a Jo che l'adoro.

Oh, sì, ci ha tenute per un pò con il fiato sospeso. Questo benedetto pacco non arrivava mai. Un Purple Meme fuori programma, privatissimo, solo per due fanatiche del colore viole in tutte le sue più deliranti declinazioni. Quello che abbiamo portato a termine nei giorni scorsi, la Jo e la scrivente, è quanto di più gradevole, elegante, sorprendente possa mai venire fuori dalla blogosfera. Alla fine il mio pacco è arrivato a lei, e il suo, eccolo qui. Una trousse di seta, carta per foderare i cassetti gusto lavanda, orecchini smaltati, incensi, una coperta di pile a cuoricini, e poi saponi e portacandele, un biglietto dalla sua collezione privata e una fila di perline decorative da mettere dove mi va. Bellissimo. Scoprire che, da qualche parte, c'è qualcuno che ha le tue stesse passioni, che ricama in modo dannato per ore, che compra a raffica oggetti improbabili viola purchè viola, è davvero una grande sorpresa, un regalo, non so come dire. La felicità viaggia attraverso le Poste Italiane. Colorata di viola, com'è ovvio.
Grazie, Johann.

27 aprile, 2007

La scatola dei bottoni.

Una specie di terapia. Un gioco rilassante. Un quarto d'ora di assenza, per così dire, dal reale. Sistemare la scatola del cucito, sì, quella che si tiene in lavanderia, con le forbici, gli aghi, il filo, i bottoni delle camicie e il centimetro, è come passare in rassegna un tempo non troppo recente e non troppo passato. Si sgranano, uno per uno, si fruga col dito indice alla ricerca di un bottoncino rosso, e un pò si indugia su tutti gli altri, come, certo che mi ricordo di voi! Tu sei quello di un tailleur nero, quello d'ordinanza, per intenderci, e tu sei l'automatico scappato dai primi jeans della Princi, taglia 18 mesi. Qui invece, un alamaro di un montgomery, che carini i miei figlioli maschi col cappotto uguale, a tre e sei anni! E il cursore di una cerniera staccatosi da una tuta da sci e conservato, chissà perchè. E' incredibile come uno scrigno tanto prezioso possa racchiudere in sè tanti piccoli segreti e storie, tante feste di compleanno, tanti regali, tante occasioni da ricordare attraverso un piccolo dischetto, di osso o di plastica, di madreperla o di legno. E i rocchetti di filo, le cartine dei bottoni ancora intonse, possibile che nessuna camicia abbia mai i bottoni uguali-uguali ad un'altra? E poi stringhe, toppe, pannini adesivi da stirare sugli squarci nei calzoni, dall'interno e con sapienza, se no viene un pasticcio, non lo sapeva? Quel che manca, nella mia scatola da cucito firmata Seletti, recente acquisto del quale vado molto fiera, è l'uovo di legno. Sì, quello per rammendare i calzini. La risposta è ovvia, io non so rammendare e le calze coi buchini le faccio volare. Però, a ben pensarci, una vera scatola da cucito non può dirsi tale senza questo aggeggio. Provvederò al più presto. Non me ne farò nulla, ma mi sentirò tutt'altro che desperate, al prossimo giro in questo scatola. Efficiente, organizzata e sognatrice. Ma questo, che ve lo dico a fare.

25 aprile, 2007

Liberi di.


Ma dove sta scritto che i regali debbano per forza avere carta, scatola e nastrino? Un giorno di vacanza, così, a metà settimana, è quanto di più celeste si possa immaginare. Certo, io non amo granchè questa giornata, per motivi miei, ma in fondo, basta fare un piccolo sforzo mentale e considerare che oggi, che so, sia il 26 o il 27 e, bando alle tristerie, si potrà beneficiare in tutta scioltezza di una bella giornata di assoluto...di assoluto...nulla, ecco, di assoluto nulla. Che si potrà stare in sottoveste fino all'ora di pranzo, che ci si potrà fare un bagno profumato al gelsomino e concludere i progetti di ricamo, di lettura e giardinaggio. E con assoluta noncuranza dimenticare che ci sono i piumini da sistemare, e i cappotti da far migrare dall'armadio di sotto a quello di sopra. Un lavoro ingrato, certo, molto più piacevole del suo contrario: che meraviglia è riporre il piumino e riesumare un pareo, un pantaloncino di tela, un jeans a fiorellini che è una meraviglia del Creato! Comunque, oggi nulla di tutto questo. Forse un impacco alle chiome, presto sottoposte a uno stress di vento e sole, forse una merenda in giardino, se una chiassosa famigliola ci farà dono di venirci a trovare. C'è un pane che cuoce, uno sposo che legge,una bimba che suona, due figlioli dormienti. Un regalo perfetto, signora mia. Anche senza scatola, carta e nastrino.

22 aprile, 2007

Si deve.


Si deve. Si deve passare qualche giorno in silenzio, con la testa ferma, in standby, più o meno. Si deve avere tempo di fare un pò di ordine nei pensieri, spolverare qua e là, piegare per bene le cose che ci sono in giro, lavare i vetri, magari, ma i vetri, in testa, ma mi vuoi dire dove diavolo sono? Sono stati giorni strani. C'è stata la tristezza e l'incapacità di spiegare a un ragazzo di diciassette anni, come un suo coetaneo può morire in moto, una sera di aprile, sbattendo la testa sul selciato. C'è stato il lavoro, le cose, le questioni di tutti i giorni che ti portano via tempo e mente e cuore, anche, quello sempre, ce lo metti in ogni cosa che fai, sia scaldare il latte che parlare ai tuoi figli. Giorni scoloriti. Giorni indaffarati. Giorni e basta. Ma qualche volta serve davvero dirsi, ok, ho girato come una trottola, ho fatto tutto e il contrario di tutto, disfatto, qualche volta, bisticciato, baciato, discusso, consolato, comprato, apparecchiato, creato e gestito. Adesso, ferma così. C'è una nuova settimana lucida che aspetta dietro la porta di ingresso, ci sono giorni nuovi e nuove mattine e nuove sere e nuovo tutto. Si riparte, un pò meglio, magari. Forse, si deve cercare di fare un pò meno cose contemporaneamente, attiva va bene, ma bionica non è proprio possibile. Fuori, una bella mattina. I fiori, il cucù, la salvia ad asciugare e il lillà. Dentro, un pò di confusione. E dentro-dentro, anche. Ma si inizierà, con calma, si farà una cosa alla volta senza farsi prendere dall'ansia, dalla fretta, dal tutto e subito. Si può. Si deve.

19 aprile, 2007

Porcellane, chiacchiere e knit.

La location è splendida davvero. Un tripudio di piatti e tazzine, posate e copriletti e tovaglie e bicchieri e tappeti e fermaporte e teiere. Molto country, provenzale, retrò, a roselline, fiori e cuoricini, da perderci la testa. Ci siamo trovate solo in 4, chi andava e veniva, chi sbirciava, a curiosare, senza il coraggio di entrare, come spesso accade. In realtà, siamo state tutte così frullate in questi giorni, le vacanze, i rientri, i figlioli e le udienze, e le cose, che ad organizzare questo simil Knit Cafè abbiamo fatto un pò di confusione. Dove e a che ora e quando e se, ma allora si fa, no non si fa, o forse sì, ma alla fine ci siamo accordate tra di noi, chi voleva, veniva, e anche se fino all'ultimo nessuno era sicura di esserci, alla fine ce l'abbiamo fatta. Anche Flavia, alla fine, ha spinto la sua bici fino a noi. In poche, ma efficienti.


Siamo anche riuscite ad insegnare ad Eugenia, garbata e perfetta padrona di casa, i misteri del punto diritto. Così, tra un thè freddo, una maglia rasata, una chiacchiera e una confessione, ci siamo regalate due ore di scialo, così, per gioco, un regalo di Pasqua arrivato in ritardo. Una delizia. Certo, c'era anche un'infiltrata con il punto croce, ma noi, signora mia, mica ci formalizziamo, sa? E perdoniamola, questa magica Patti!

Da rifare appena si può, appena si vuole, appena ce ne torna la voglia. E, in assoluto, un giro da Blanc. A mani vuote, da lì, non si esce di sicuro.


Blanc - Alessandria
Via San Giovanni Bosco, 14
tel.0131 251213

17 aprile, 2007

L'amore che guarda.


Di alzarsi non ne avevano voglia. Ci credo, hanno assaggiato l'estate, la spiaggia e le onde e il vento, e adesso, di libri e compiti e di esami, anche, proprio non ne vorrebbero sentir parlare più. Li sveglio a baci, e poi con la musica, e loro lì, a coprirsi col lenzuolo, la testa sotto il cuscino, a masticare assonnati Ancora Cinque Minuti. E quando, miracolo, li vedo scendere dalle scale, pinti e tratti, non tanto pronti per un giorno nuovo, li guardo. Li guardo perchè al mattino hanno una luce chiara e indifesa, l'espressione imbronciata e dolcissima di chi ha ancora il sogno della notte appiccicato, lo sguardo implorante a dire Non Ne Ho Voglia. Escono, uno per volta, e io lì, incantata a guardarli. A vedere che, forse, sì, si dovrebbe tagliare un pò quei riccioli, ma gli danno un'aria così mascalzona e affascinante, e poi, l'altro ha la maglia stropicciata, ma era in ritardo, suo padre già fuori ad aspettarli, che la Princi ha preso 2 cerchietti al volo, deciderà in macchina quale mettere, per oggi. Li guardo e sorrido. Un sorriso dalla finestra, che loro non possono vedere, un sorriso che li accompagni per oggi, un sorriso che è pieno di fai attenzione e non metterti nei guai, un sorriso che li vorrebbe scaldare e proteggere e scortare e sollevare e coprire e difendere. Il sorriso del cuore. Perchè è il cuore a sorridere, se è l'amore che guarda.

16 aprile, 2007

Troppo polline.

Forse, oggi, mi ritrovavo particolarmente sensibile, o magari, nessuno mi aveva avvisato che proprio oggi ricorreva la Sagra delle Banalità. Ne ho sentite una decina, una dopo l'altra, sciorinate dal panettiere, o carpite al volo sul marciapiede, ci sono volte che non vuoi ascoltare ma che è proprio impossibile non farlo. E mai, mai , mai che ti capiti di sentire qualcosa che abbia un minimo di senso. Immani cazzate, e mi si perdoni l'inglese. Quelle di stamattina andavano dalla descrizione minuziosa di una calda notte, dove calda si intende che proprio il piumone non lo sopportavo, e allora mi scoprivo e mio marito che aveva freddo si copriva, e insomma, una notte che proprio, guardi, non la auguro a nessuno. E questo dal panettiere. Io, esterrefatta. In quale contorto animo si può mai annidare cotanta superbia da credere che possa interessare ad un piccolo capannello di persone perlopiù di fretta, l'inverecondo modo in cui ci si termoregola, nel segreto e nell'intimità del proprio nuziale talamo? Mistero. Ma il massimo l'ho raggiunto qualche minuto più tardi, in attesa alla Posta. Come Stai? Ah, non bene, di corsa, sempre e poi...c'è troppo polline. Troppo polline?!? Ma de che? Dove sta il polline, che ancora non si sono visti girare quei bei batuffoloni dei pioppi, e che siamo appena alla metà di aprile? E poi, perchè troppo? C'è forse un pollinometro, da qualche parte, è stato inventato da anni e nessuno mi ha avvisato? E va bene, cercherò di non più ascoltare le chiacchiere insulse che si acchiappano di qua e di là. Forse, meglio che giri davvero con l'iPod nelle orecchie. O che mi dedichi con mestizia a tutte le cose che devo fare, ahimè, la mia casa è un set cinematografico dove si è appena girata una scena delle Crociate, diciamo, dopo la battaglia. Ovunque, cose. E devo dire che non so, il fuso orario dalla Sardegna questa volta mi ha un pò storneggiato, faccio fatica a concentrarmi e sono svogliata e inconcludente. Ma che le devo dire, signora mia. Avrò fatto indigestione. Di polline, mi sembra chiaro.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...