18 marzo, 2010

La pago.

Pago le gite. Pago l'andar via. Pago il fatto che per due giorni due, e dico, solo due giorni due, non sono stata ad occuparmi della casa in collina. Cose e cose mi han portata lontana da qui, una consegna di Cuore di Maglia, per cominciare, e altre vicende, per finire. Ora, il delirio. la tempesta dopo la quiete, il dovere dopo il piacere, come si dice. Ovunque io posi il mio occhio castagna, cose da fare, da riordinare, da sistemare. Esagerata. Forse, ma non troppo distante dal vero. Pago la mia vaghezza nel ciondolare ieri, nullafacente, nel sole. Le vetrine, i tavolini fuori, persino la passeggiata verso un colorificio in periferia mi è sembrata una meraviglia. E io c'ho il passo veloce, bello deciso, mica da lumaca, sa? Pago la leggerezza, pago il mio sentirmi un pò in gita, il non guardare l'orologio, il fermarmi se mi va, andare se mi va, sfogliare duecento libri in libreria, entrare da San Carlo ad annusare tutte le candele Dyptique, e il rito impagabile del cappuccino più buono che c'è. Così, pago. E non in moneta sonante, che sarebbe così semplice. Magari. Io pago in Merito, Glassex e Folletto. Nel senso che stiro e ammiro, spolvero, e intrattengo rapporti torbidi con l'aspirapolvere. Non è gran cosa, detta così, ma quassù, nell'umilissima magione della scrivente, sembra che a stare assenti due giorni dalle domestiche faccende, il marcar visita, il prendersi due giorni di permesso giammai retribuito, sia peccato mortale. Espierò le mie colpe quest'oggi, complici i nuvoloni che si avvicinano inesorabili, stirerò e stirerò sino a farmi venire la tosse asinina, luciderò argenti e ottoni (!), spazzerò e pulirò, rassetterò e riordinerò. E alla fine, stremata nel morale e nel fisico, il ferro da stiro fulminato, un flacone vuoto e il mio amante verde finalmente zitto, mi lascerò svenire sul divano. Sventurata me.

16 marzo, 2010

Calze a pallini? Massì.

Ogni tanto, qualche volta, ci si veste pure da donna. Nel senso più pieno del termine, la gonna, per cominciare, e le calze, per finire, che sono giorni che vado in giro senza e le boccacce farò alla mia Amica delle Foto, quella che mi somiglia tanto, quella col marito figo, a dirlo sottovoce, tanto lo sanno tutti che ho fatto il patto di sangue, lo abbiamo fatto tutte, tranne forse la mia Amica della Pastiera, che lei lo sa che è lei, quella coi due figlioli più due, che cucina per reggimenti ogni volta, e per forza, i miei più i suoi fanno già un bel numero. Sì, stamattina ci si veste da donne fatte, un pò da sciure, và, che ogni tanto non fa male, un vestitino accollato, il tacco no, ancora non me la sento e poi, decisamente, il tacco si mette solo per incontri torbidi, nel caso e qualora, ma dato che qui di torbido, che il Cielo mi ascolti, un bel nulla c'è, lasciamo le scarpe da viale nella loro bella scatola e nel loro bell'armadio, che è meglio. Ma le calze, stamattina, van messe, signora mia, mi andrà mica in giro col tubino Prada e la gamba nuda, bianchiccia, nemmeno tanto tonica che ancora la sua amica Afef non ha iniziato gli allenamenti con lei, si dice la prossima settimana che si andrà a correre agli argini e io già tremo al pensiero, Afef lo sanno tutti è quanto di peggio si può scegliere per andare a correre, chiacchiera sì, ma non si ferma un secondo, nemmeno per respirare un pochino, nemmeno per bere, o mettersi la felpa o per salutare qualcuno, maleducata, lei saluta e se ne va, le buone maniere non sa neppure dove stanno, sciagurata Afef. La calza, signora mia bella, in questa primavera appena accennata ma già così bella, anche se incolore, nessun fiore, ha visto? solo quelli al mercato, nei vasini, da mettere nelle aiuole, ma la calza, dicevo, mi va a pallini. Impalpabilissima, trasparentissima, appena appena, peccaminosa ma nemmeno un pò, dipende da che parte la vuole guardare, i pallini sono discreti, danno un tocco un pò anni 30, non so bene dire come, ma mi piacciono e allora ok, vada per i pallini, stamattina. E poi, si dice che presto arriverà un regalo lassù nella Casa in Collina, una bicicletta nuova di zecca su sui sfrecciare per la città, un bel cestino di vimini, si parcheggia lontano e poi via. Così, tra Afef e la bici, ci si prepara ad un'estate bella soda e bella tonica. Per ora, calze a pallini e scarpe rasoterra. A voile, chiffon e tacco 12 si penserà poi.

15 marzo, 2010

Pavimenti Chanel.

L'efferato delitto si consumava giorni addietro, lassù, nella Casa in Collina, ma solo in queste ultime ore ne viene data notizia. Distratta son, sbadata son, non è mistero. Mi accingevo a dare una sistemata alla mia umile magione, senza voglia alcuna e con una discreta premura, in verità, dacchè qualche scellerata compagna di merende mi attendeva in città per una chiacchiera veloce e un accenno di gossip, così, per non farsi mancare niente. Ora, mi capita ogni tanto di ricevere in dono campioni di profumo non mio, così, per farmi provare, per farmi annusare cose differenti, e dato che alla Princi piacciono molto, li accetto di buon grado anche se fedelissima son ai miei profumi del cuore, ciclicamente. Ora il mio cuore batte forte per questo qui. Mi apprestavo perciò a rassettar con grazia, quando un mio sbadato gesto fece precipitare nel vuoto una preziosa mignon di Chanel n.5, disintegrandola, e rovesciando il suo aureo contenuto sul pavimento. Deve essere una moda in casa mia, disintegrar cose, dacchè il mio Sposo, sabato sera, ha ben pensato di scagliare con forza il telecomando contro un figliolo insubordinato, che, furbescamente, si era già dileguato. L'oggetto si è così infranto contro il muro e poco dopo si poteva assistere alla gustosissima scena della scrivente carponi sotto il prezioso tavolo del bis-bis-bis nonno a raccattare pile, molle e componentistica elettronica varia. Tornando a Chanel. Che fare? Mica potevo raccogliere il profumo con le mani. Mica mi ci potevo strusciare come una salamandra per cospargermi e non sprecarlo. Lampo di genio. Ci lavo il pavimento. Così, ho preso il mio attrezzo delle pulizie più cool del mondo, e l'ho pucciato con eleganza nel liquido suddetto, avendo cura di lavarci tutto il pavimento. L'apoteosi. L'inconfondibile bouquet di Chanel n.5 si è impossessato della mia casa, o almeno, di quella parte di casa, e benchè siano passati due giorni, si sente ancora, forte e chiaro. Sono certa che nemmeno Victoria Beckham lava i pavimenti in siffatto modo. E la prossima volta che l'Illustre Uno e Trino avrà voglia di dilettarsi nel lancio del telecomando, se non altro ne raccoglierò i pezzi da un pavimento impeccabile e profumatissimo. lassù, nella Casa in Collina, si fa di necessità virtù. E non è mica poco, sa?

12 marzo, 2010

Ode al Caffè d'Orzo.

Quelli che scrivono bene esordirebbero con un bel occorre fare un distinguo. Io non esordisco per niente ma dico subito che il caffè d'orzo può anche essere non liofilizzato mentre il Nescafè è per forza liofilizzato sia che sia d'orzo, sia che sia no. E già qui mi sono impasticciata. Ma andiamo con ordine. Nulla è più magico del rituale di preparare una caffettiera. Si svita con cura l'attrezzo, si riempie d'acqua fino a dove si deve, si mette il filtro, facendo strabordare un pochino l'acqua dei buchini, e questo mi ha sempre affascinato. Poi si mette il caffè senza schiacciare, orrore, si riavvita e si mette sul fuoco, pregustando il momento in cui la caffettiera farà scccrrrrscccscs e la casa sarà inondata dall'aroma . Io no. Io voglio tutto e subito. Io non ho tempo di aspettare. E poi, a dirla sottovoce, il caffè della caffettiera non è che mi faccia impazzire. Potrei fare un'eccezione per quello Nespresso, che si fa in un secondo scarso, ma ahimè, il mio gusto preferito, albicocca, lo hanno fatto solo per Natale, perciò, addio. E comunque, riservo Nespresso per i momenti della giornata in cui mi sento a terra, o quando passa un' amica in visita pastorale, o quando mi fermo un secondo e mi dico, Mi Faccio Un Caffè. Colazione, signori, qui si parla di co-la-zio-ne. E' risaputo che, nella casa in collina, ognuno si fa la colazione che vuole, sia essa un bicchiere di latte al volo, un caffè alle 6 e un altro alle 7, latte-e-cereali, latte-e-nesquick, latte-e-biscotti-e-nutella-e-brioche-e-mentre-ci-sono-anche-un-toast, ma questo è il Liceale, predatore eppure ossuto, ancora non me lo spiego. La colazione ideale della scrivente fatta è di riti ancestrali, di lentezza cosmica. Si scalda il latte nel microonde, attendendo il bip appoggiata al lavandino, solitamente sbadigliando, ma con eleganza, lo ben s'intenda. Dopodichè, un cucchiaino e mezzo, non un grammo di più, non un grammo di meno, del caffè liofilizzato di turno, ora orzo, ora orzo e caffè in magica mistura, ora cappuccino, ma già bell'è pronto, che abbronza il candido liquido della tazza, lo rende di un bel tortora carico, dacchè già dal colore posso capire che quella mattina son stordita e ne ho messo troppo o troppo poco. E poi, la terapia. Si mescola. Piano pianissimo, in senso orario, giammai il contrario, lentamente, per qualche secondo, guardando di fuori, cominciando a proferire qualche parola all'Integerrimo, che lui è già sveglio da ore, pinto e tratto e tu lì, scarmigliata e pigiamatissima, come a dire, è tutta una finta, faccio colazione con te ma poi torno beata tra le coltri. Non succede mai. Si può intendere il mio stato d'animo e il mio equilibrio psicofisico della giornata che verrà, semplicemente cronometrando l'atto del mescolare. Se dura più di 15 secondi, ahimè, tira brutta aria. Il mio caffè liofilizzato è quel che mi serve per un inizio di giornata alla grande, solo dopo averne sorseggiato un pò mi sento, benchè pigiamata, o camiciata, già pronta per il mondo, per l'umanità tutta, per i figlioli e per il Capitano, che all'alba ha già ventidue cose da dirmi. Il mio simil caffelatte liofilizzato pronto, tiepidino e non bollente, mi aspetta anche quando sono tutti usciti fuori casa sciamando festosi, e io ne ho lasciato un pò nella tazza per leggere in pace i quotidiani e la posta prima del delirio. E stamattina, la mia prima mail era un invito di nonsochi e nonsocome, VideoChatta Con Valerio Scanu. Con un invito così, deh, non c'è caffelatte che tenga.

11 marzo, 2010

Anche volendo.

Sù, sù, che non è che si sta qui a guardar per aria. Alle spalle la giornata simil-letargica di ieri, un giorno vinto alla fine, con tutti qui fiocchi e quel guardar fuori ogni dieci minuti, e anche stanotte, alle 2,22 ero lì che giravo per casa, a vedere se tutti respiravano, se tutti dormivano, se tutti erano lì nei loro letti, animali compresi, e dove dovevano essere se no, lo so, un giro di notte ogni tanto lo faccio, non sono insonne, proprio no, solo, mi sveglio e faccio un giro, così, mi dà sicurezza, mi fa sentire protetta e protettrice, riparata e al sicuro, chi me lo spiega. Oggi, hop! hop! che non è più inverno e non lo sarà più per i prossimi, vediamo, sei mesi, ma chi lo ha detto, poi, ma è bello sperarlo, di vedere finalmente quei fiorini gialli nella curva e un pò dovunque, il ciliegio fiorito o almeno con qualche gemma, accidenti, non ne ha nessuna, povero, ho già controllato, e vedere le viole spuntare tra le foglie secche. Sarà così. E' stato un lungo inverno, è stato freddo e gelo, ma alla fine, il bello e il caldo e il sole esploderanno tutti insieme e ci sarà da strizzare gli occhi per tutta quella luce, improvvisa, e tutti quei colori, abituati come siamo alla gamma dei grigi e dei bianchi e dei niente. Sarà tutto un fiorire e un cambiare e uno sbocciare e un crescere, colorare, profumare, l'azzurro del cielo e chi se lo ricorda, ma arriverà, arriverà, è una promessa, e di questi giorni pesanti e soffocati, di questi vetri sporchi e di queste orme sulla neve, e questi brividi e queste lacrime gelate, di freddo e non, nessuno ci farà più caso, nessuno ci penserà più, nessuno se ne ricorderà più, anche volendo.

10 marzo, 2010

Semovibile Saroyan.

Eccolo, alla fine. Il progetto di domenica, già realizzato il mercoledì, e t'ho detto tutto. Complici questi bei giorni di bruma e caligine e tormenta, che sembra essere finita, mentre scrivo ma non si sa mai. Così come il Malefico Mormor, il Semovibile Saroyan ha un suo perchè. E' sciarpa e scialle, è due cose insieme, due gusti, due baci, come dirlo meglio. E poi, fatto con la Noro, signora cara, è tutta un'altra suonata. Il Semovibile Saroyan si fa veloci veloci, me lo ha detto anche la Silvia e la sua Emma piccinissima, si indossa con grazia, ci si avvoltola alla bell'e meglio per andare a buttare il vetro, ma non oggi, per carità, che fuori è una coltre candida, magari domani o dopo, se la programmi questaggita alla campana del vetro, prima o poi, vorrà mica essere sommersa dai vasetti e dai bicchieri rotti? Elegantissimo, non è viola e non è verde, a tratti turchese a tratti verde bosco, una meraviglia di sfumature che lo rendono unico, e fanno coloratissimo un dieci marzo che nevica a stecca. Ma, pensò Ella, se invece di questa Noro qua, si usasse un bel cotonino leggero, magari con qualche brillo, non è che appena appena il Semovibile Scialle mi si trasforma in pareo? Shhhhhh! non mi bestemmi, signora mia, che la parola pareo, se guarda di fuori, ha il suono della peggio parolaccia. Però. Non c'ha mica tutti i torti.

Neve di Marzo.

E' neve di marzo. Inconsueta, annunciata, certo, ma fa sempre un bell'effetto. Si sbuffa, ogni tanto e si dice, Noooo, di nuovo, eppure, la neve mette allegria, a me almeno. Ne ho bisogno, sono stati giorni da cancellare, il cuore pesante, la mente ferma, la faccia grigia e gli occhi spenti, no, non ero certo un bello spettacolo, nemmeno per me. La neve di oggi mi piace, mi fa stare in pace, barricata lassù nella Casa in Collina, più in disordine del solito, in verità, ma chi se ne importa, magari oggi avrò anche il tempo di renderla più umana, alla fine. Nevica di polvere, a fiocchi leggeri e disordinati, un pò di qua e un pò di là, ma viene giù a nastro, sottile sottile, implacabile, meravigliosa. E' un giorno tutto da scrivere, oggi non si metterà il naso fuori dalla porta, se non per una passeggiata un pò da matti, fare a palle di neve è terapeutico certe volte, me lo prescrivo da me, sono io il luminare di questi stati emotivi che ho qualche volta, so bene quel che è bene (!) e quel che è male. Intanto, un caffelatte silenzioso, a guardar fuori dalla finestra della cucina, quanta ce ne sarà, non sono brava con metri e centimetri, facciamo che ne è venuta un botto e non se ne parli più, e che bello è vedere il Candido Gatto mimetizzato che fa gli agguati ai pettirossi, e questa polverina che vien giù e vien giù, le sveglie staccate, una giornata in regalo, è neve di marzo, paura non fa.

08 marzo, 2010

La Mia Mimosa.

Ne hanno comprato un mazzolino dagli ambulanti lungo la strada. Lo hanno pagato a mezzi, contrattando sul prezzo, 2 euro al posto di 3, mamma, il Liceale è imprenditore nato, da qualcuno avrà pur preso. Non hanno molti soldi in tasca i miei figli, mai, e perlopiù monetine, resti non restituiti, o pescati nel vaso dell'ingresso, per la merenda a scuola. Sono arrivati col loro mazzolino, L'Idea è Stata Sua, ha detto il Giurisprudente con quella faccia da bello e dannato, Adesso Però Non Ti Mettere a Piangere. Non piango no, e io la mimosa non me la sarei comprata mai, e figuriamoci vostro padre che queste cose proprio non le sopporta, e solo mio nonno, anni fa, arrivava con la mimosa per me e per le sue figlie, ma è passato così tanto tempo che nemmeno mi ricordavo alla fine. Siete arrivati voi due, miei figli maschi, per vostra sorella e per me, un pensiero dolcissimo, due mazzolini di un bene che si tocca, che si accarezza guardandovi, io, fiera di come siete, fiera del vostro modo maturo di essere ragazzi, fiera di questi occhi e di queste braccia che mi stringono, di questo vostro amore per me, di questi baci e di questa barba che pizzica, fiera e felice di questa sorpresa, di questa attenzione tenerissima, un prezioso mazzolino di mimosa, il più bello del mondo, 2 euro invece di 3, dall'ambulante lungo la strada.

07 marzo, 2010

Vado di Saroyan.

Ogni domenica che si rispetti, nella scellerata casa in collina, porta con sè almeno tre cose: spignattamenti, letture, compulsive o meno, e progetti di knitting. Fuori la tormenta. Dentro, La famigliola tutta riunita, sparsa, esplosa nelle varie stanze, il Capitano Stubing bloccato da un feroce mal di schiena che lo ha fatto mestamente rinunciare ad una delle sue gite nel Mar dei Sargassi, programmata a brevissimo. I figlioli pascolano bellamente, salgono sù , sulle sudate carte, disfano valigie, singhiozzano pensando alla Biondina Non Più Biondina partitita in missione nei Carpazi, ripassano brani di Schumann, e via così. La scrivente nicchia e cincischia, l'Amica delle Perle l'ha ripresa stamani al telefono, Scrivi delle Robe Inquietanti, Checcè? Ma niente, che c'è, un bel niente e un bel tutto, lo sanno anche i sassi che ogni tanto dò di matto. Mi salva la mia casina in collina, il mio scrivere e la maglia. Già. Quest'oggi infatti, m'è punta vaghezza, come mi piace questa espressione, di fare un Saroyan. Uno schema non proprio facilissimo ma proprio per questo adattissimo alla bisogna. Non ci si può distrarre, si deve stare concentratissime, a gambe incrociate sul divano, a ripetere in inglese perfetto purl two, slip slip knit, make one left e cose del genere, una specie di mantra che aiuta. Aiuta a non avercela col tempo da Dottor Zivago che c'è fuori, a sorridere ogni tanto, a chiacchierare amabilmente ma solo nelle parti dove non si ha da contare, ad assistere con solerzia e condivisione l'Illustrissimo Uno e Trino, che ha un faccino sofferente e l'espressione mesta, Deh, Guarirò? Gli uomini son così, non ci si può far nulla, se non accudirli e coccolarli nel loro letto di dolore. Se hai bisogno di qualcosa, qui sono. Ma a giri alterni, please, che se sbaglio il Saroyan, disfarlo è un delirio.

06 marzo, 2010

Il sole falso.

Sono in còllera. Con questo sole falso e rabbioso, che si pavoneggia e fa così il figo e ti fa vedere le montagne da lontano e ha lucidato il cielo, colorato col pennarello azzurro scuro, faccio finta di niente, non durerà, non mi ci voglio affezionare, domani nevica, lo sanno anche i sassi, anche lui non è qui per restare. Sono in còllera, con questo sabato che non decolla, che è un sabato di attesa, il JuniorIng che riederà solo stamattina, il Liceale in gita scolastica che riederà invece questa sera, è un attesa gradevole, ma mi fa sentire un pò sguarnita, Napoleone senza soldati, come dire, anche se in grazia di Dio sono quei venti cm più alta e sono decisamente più belloccia. Ma chi può dirlo alla fine, magari era un figo da cinema e ha solo beccato il pittore sbagliato che l'ha ritratto male. Farnetico, lo so. Questo sole scivoloso mi rende inquieta e insofferente, che hai da guardarmi così? che m'importa se sei lì e potre andare in collina e sfondarmi di camminare e camminare fino alle rose, fino all'alloro, fino in paese, addirittura, passando dal sentiero, ma c'è un tratto sotto gli alberi dove tu non arrivi e ci sarà fango e fanghiglia, e pozzanghere e freddo, non mi ci azzardo, non stamattina, che ho ancora il pigiama a righe che mi sta largo e la maglia di NewYork, chi ne ha voglia di vestirsi e uscire fuori, non chiamarmi, sole, non verrò, non mi becchi stavolta, hai mai provato a prendere i pesci rossi dalla boccia, sembra che e invece no, ti scivolano via, ti guizzano dalle mani, non si saprà mai se son furbi loro o scema io, non si prendono i pesci rossi con le mani, nè dalla boccia nè dalla fontana alla stazione, dove vanno a finire tutti i pesci rossi vinti al tirassegno, e diventano squali rossi perchè mangiano di ogni, patatine, noccioline, merendine dei bambini che arrivano fin lì col nonno a vedere i treni. Resto qui, sole falso ed effimero, domani sarai già via, inutile innamorarsi di te, scivolerai, ti nasconderai e mi fari la lingua, lo vedi? c'ero e non ci sono più, sei più furbo di un pesce rosso, più scemo di me, ancora non so.

05 marzo, 2010

Potevo esimermi?

Ma certo che no. Potevo forse lasciarli nel negozio di Caterina? Certo che no. Potevo forse dire Belli sì, ma Non Fanno Per Me? Ma come. Questi sono i miei. Le mie. La mia. Il mio. Ecco, il mio va meglio. Perchè infatti, quello raffigurato lassù nient'altro è che...un auricolare. Giaggià. Ci si può sentire in tutta scioltezza, correndo nella bruma, nella neve, nella tempesta, la propria musica dal proprio iPod. Oppure, ci può collegare il BlackBerry e ciaccolare con grazia, avendo però le orecchie bene al caldo e non avendo alcuna tema di beccarsi un'altra multa per Guida da Oca Chiacchiericcia Senza Auricolare, è così che si chiama. Il fatto poi che sia knittato in lana morbidissima e foderato di una specie di peluche lo rende unico nel suo effimero e frivolo genere. In casa mia han detto Adìo, come dicono di solito quando compro qualcosa di improponibile, ma la Princi lo guarda già con aria rapace, Che Bello Mamma. Giaggià. Lo userò per pascolare i cani in collina, nelle fredde mattine di marzo, nel ventaccio of the fork che c'era quest'oggi, nella neve che ci sarà domenica. Ci andrò a correre, dovrò ben ricominciare prima o poi, e non avrò paura di buscarmi il mal d'orecchie, ben protette esse saranno. C'è da sperare che faccia ancora un freddo becco per un pò, così lo potrò per ben sfoggiare, anche sul corso, epperchennò. Felice di questo frivolo acquisto, stasera lo mostrerò al mio Amico Artista, e so già che commenterà Dove C'è Gusto Non C'è Perdenza. E io lo adorerò, seduta stante.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...