16 luglio, 2010

Studio le stelle.


Ma le stelle mica si studiano, si guardano e basta. A meno che non ti senta astrofisica, o qualcosa del genere, e allora sì, sapresti il nome di ognuna e cosa fa e dove va. Dove va? Le stelle non vanno da nessuna parte, se ne stanno lì da fantastilioni di anni, e da allora sono belle e luminose e affascinanti e quando cadono, poi, la meraviglia. E’ una notte che son sveglia, i due scavezzacollo tornati dalla festa in spiaggia, ho perso il sonno o ho perso me, e allora sono fuori e guardo in su, in nessuna parte del mondo c’è un cielo  come questo e tutte queste stelle a manciate, a mucchietti, e a strade ben definite, le indovino, qualche nome lo so ma nemmeno tanti. Studio le stelle per sapere di me, per sentire se sto meglio o no, per verificare lo stato dell’arte, come quando togli il cerotto e vedi che cosa c’è sotto, era un taglio da niente o una ferita profonda, chi lo sa, sono tutte uguali, alla fine, quando guariscono. Può essere lo squarcio più grande o un taglio da scema affettando i pomodori, il segno resta lo stesso, preciso e netto, e nemmeno il sole lo fa andare via. Certo, non fa più male, ma ancora non lo so se davvero sarà così e allora devo pensarci, devo vedere, tornare a dormire che è quasi mattina, così, i pensieri si rovesciano sul cuscino come una latta di vernice, e lascerò che scendano  per terra, sul letto e sulle mattonelle del pavimento, non ho mai pensato a che colore siano i miei pensieri, neri più del nero, certe volte e rosa certe altre, viola molto spesso, mai gialli, forse grigi, ogni tanto, e di mille sfumature. Ma stasera i miei pensieri sono fermi, morbidi come di velluto, non so bene se piacevoli o no, non so bene se domani li troverò ancora, vernice seccata sul pavimento e negli spazi fra le mattonelle, so soltanto che sono blu scuro, blu quasi nero, direi, e hanno un sacco di puntini che brillano ma ho copiato dal cielo e allora non vale.

14 luglio, 2010

Appìccica.

Ci voleva pure questa. Questo, anzi. A me lo scirocco non mi piace per niente. Mi appiccica. Mi strema. Mi fa dormire. Mi fa pensare. Mi fa star male. Ecco, stare male. Mi gira la testa, e zero voglia di zero. E' tutto immobilissimo e silenzioso, e caldo caldissimo, e melenso, e faticoso, fatico anche a fare niente come faccio. Nel senso che le mie azioni casalinghe sono ridotto allo stra-osso, una specie di zingara, quale sono, nel senso che nemmeno rifaccio il letto, così, alla zingara proprio. Quel che mi appiccica sono le cose, gli stessi pensieri da un pò, che son stufa di avere, il resto della mia famiglia che sembra non arrivare mai, credevo passasse così in fretta, mi sono detta, ma cosa sono due settimane, e invece sono quasi tre e conto i giorni e faccio mille programmi, ma so che non va bene, ho imparato che far programmi porta sfortuna, ma una sfortuna che si chiama sfiga, e che quindi è proprio meglio non farli. Mi appiccica che le ortensie son sfiorite, che il Liceale ha mal di gola, mi appiccica che mi sa che stavolta ho sbagliato e ho affogato il basilico nuovo di zecca, mi appiccica che stasera nemmeno le luci di Maddalena sembra che brìllino, io sto bene, certo che sto,e di certo rimpiangerò questa pace e questi due scavezzacollo cui bado in questi giorni, ma non sono fatta per star lontana da tutti gli altri, mi appiccica il vento caldo e i pensieri pesanti che son stufa di avere, intanto, conto i giorni e aspetto il resto della mia stessa vita, non so chiamarli in altro modo.

13 luglio, 2010

Ode al Ferro Circolare.

La meraviglia. L'assoluta meraviglia. Una volta scoperti, non si lasciano più. Ovvio, come certi amori, gli inizi sono difficili. Vengono dapprima guardati con sospetto, CheCosaSono, arricciando il naso, e dicendo fra sè e sè, Io, Con Quella Roba Lì, Mai. Poi, vedendo le mirabili produzioni che con essi si possono realizzare, ci si incuriosisce, e ci si dice, via, giù, si prova. Non è che tutto funziona alla perfezione, nel senso che la tecnica, è molto diversa, c'è un sapiente gioco di intrecci e di mani, e non è che venga tutto in automatico, certo che no. Sono stati visti ferri circolari volar fuori dalla finestra linda di una villa in stile provenzale, sù, dalle parti mie. Ma tenacia ci vuole, in certi casi, e i risultati non tarderanno. Il ferro circolare è una grande scoperta, un oggetto di culto, sia esso in metallo, in legno di rosa, in bambù o in raffinatissimo cristallo di Boemia, che altro non è che metacrilato, ma il nome non mi piace e allora vada per cristallo, che è più bello. Sono di facile trasporto, si arròtano infatti su essi stessi medesimi, deliziosi serpenti a sonagli, e trovano posto ovunque, sia nelle borse da città che  nei cestini da spiaggia. Che luogo meraviglioso è la spiaggia per lavorare al progetto Verde Smeraldo che c'è punta vaghezza di inventare, in questi giorni di indolente vacanza, di assoluto riposo di mente, anima, cuore e sentimento. E lo si può fare in tutta scioltezza, chiacchierando amabilmente sulla battigia, semicoricate, in totale e assoluta sciallataggine, sotto il sole discreto del pomeriggio inoltrato.  Alla larga da sabbia e creme solari, Sua Altezza il Ferro Circolare farà un figurone, inusualissimo oggetto mai avvistato sulle locali spiagge. Noi qui la si sa lunghissima, non è mistero. 

12 luglio, 2010

Mi ero dimenticata. Di quanto fosse bella, di quanto fosse struggente e vitale e affascinante camminarci sopra, alle 9 di sera, nessun rumore sullo sfondo, solo il mare e il vento e le i miei passi sulla sabbia. La mia vita sociale è tutta qui, in riva a questo mare, che mi dispiace di lasciare anche se è tardi e si deve tornare, come se non lo ritrovassi, ancora, il giorno dopo, e quello dopo ancora. Da qui si ha una visione del mondo tutta speciale, ci si possono permettere dei lussi semplici e rari, si potrebbe stare ore  a guardare le onde, il cane che corre dietro i gabbiani, e seguire con gli occhi questa curva perfetta di questa spiaggia perfetta e mia, di questi colori che amo e che mi dispiace lasciare,  anche se tra un pò fa buio, e speriamo che domani ci sia ancora, così bella com'è.

11 luglio, 2010

Cicale.

Non c'è grande differenza tra la domenica e gli altri giorni. Non qui, almeno. Ci si sveglia col rumore delle cicale, che fa pensare che anche oggi sarà caldissimo, ma che c'importa, in fondo. Il suono delle cicale lo amo da sempre, non mi spiego ancora bene come fanno a farlo così all'improvviso. E' la mattina delle cicale, questa qui. Anche il mio Sposo al telefono mi ha detto Le Senti le Cicale? e le sentivo davvero, quelle di casa e quelle di qui, n un concerto solo,  non mi sembrava nemmeno di essere così lontana. Le cicale lo fanno apposta. Sanno che il loro suono incanta, sanno benissimo che staresti ore così, ad ascoltarle e a guardarle lontano, scarmigliata, ancora, a seguire i pensieri che hai, nessuno brutto, davvero, nessuno triste, ma solo bei pensieri di quelli che fa piacere avere da pensare, di quelli che ti fanno dire Sto Così Bene. Il canto delle cicale si ascolta ad occhi aperti,  fissi in un punto che non sai, forse nel mare pitturato là in fondo, forse nel verde dell'olivastro che si muove appena, c'è un pò di vento,  un pò di più degli altri giorni e se sei sulla terraferma non ti importa nemmeno di sapere come si chiama, non li hai mai imparati e mai lo farai, zuccona che sei, inversamente proporzionale alla precisione e alla rosa dei venti. Quel che c'è, è che è una mattina perfetta, immobile nella sua luce dorata di sole che solo qui, di cielo che solo qui, di rumori che solo qui, la perfezione che fonde insieme grilli e fruscii di foglie, profumi di rosmarino e vento salato,oleandri opulenti e fieri olivastri, cicale di mare e cicale di collina.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...