01 febbraio, 2012

Scegli.

Non c'è un metodo, nè una formula magica, nè un calcolo complicato: e meno male, in ogni caso non lo sapresti fare, il calcolo. Non sei brava coi numeri, forse nemmeno con le parole, ma sei abile a metterle in fila, a metterle bene in ordine, in modo che riescano a dire il più possibile quello che vuoi, quello che sai, anche quello che non sai, certe volte. A parlare sei brava. A raccontare. A dire, dire, dire. Un pò meno  a mettere in pratica. E c'è un momento, infinitesimale, impercettibile, sottilissimo, cipria lucente, in cui ti piace provare a scegliere, chiedersi Vediamo Chi Sarò Oggi. E' un gioco che fai spesso, quando la mente è sgombra e lucida, quando hai spinto via i pensieri, scatoloni ingombranti sul pavimento, li hai nascosti o sotterrati, affidati al camion della spazzatura, o forse, solo a quello dei traslochi e prima o poi li ritroverai, in qualche modo, da qualche parte. Scegli chi vuoi essere oggi. Se neve soffice come quella fuori, quante ce n'è, o sole a picco su una spiaggia deserta, nemmeno tanto lontana. Scegli, se candela pallida o luce accecante, se rosso vivo o beige chiarissimo. E' un altro giorno vinto, dove tutti i ritmi di casa vengono un pò stravolti, rallentati, fermati, addirittura, ed è un privilegio che va sorseggiato piano, la vita rallentata è un lusso da apprezzare, ci si sente un pò liberi, anche se chiusi in casa, anche se infreddoliti a scrutare oltre i vetri, nevica ancora, di quella neve finissima che è polvere dal cielo, meraviglia della natura, del freddo, delle nuvole, polvere magica che cambia, paesaggi, pensieri, ritmi e giornate. Scegli, dunque. Chi vuoi essere nelle prossime ore, se donna già grande che sbuffa per la neve o ragazza impertinente che esce a giocarci, scegli se misurare scarpe davanti allo specchio, con una figlia che ti è uguale, che ride dei tuoi sandali improbabili arrivati ieri da oltreoceano. I giorni bianchi sono quelli che portano calma e silenzio, e coprono coi fiocchi i cuori che battono troppo forte contro il lenzuolo, i pensieri difficili che non fanno respirare, i magoni che schiacciano e gli occhi fissi oltre la finestra a guardare nel niente. E' un qualunque giorno speciale, la neve intatta aspetta solo di essere calpestata, scelgo di essere un pò incosciente e festaiola, farò a palle di neve nel prato grande scriverò qualcosa che mi piace, e lascio i pensieri pesanti a guardarmi con livore da lontano.

30 gennaio, 2012

Chiara.

E' un giorno speciale. Che di speciale non ha granchè, a guardarlo bene. Ma sì invece. E' un regalo, una specie di sorpresa, a me piacciono le sorprese, ma non quelle che ti fanno fare ooohhhh e spalancare gli occhi, quelle san di finto, e poi non è possibile farne una al giorno, no. Mi piacciono le cose che non ti aspetti, quelle semplici, quelle che dici ma dai, davvero? una torta nel forno, la maglia che ti piace già stirata nell'armadio, una cosa che non trovavi, apri un cassetto ed eccola lì. Cose di poco conto, alla fine, e  mi piace farne agli altri e farne a me, ma come ci si prepara una sorpresa da sè, non può essere. E invece sì. Fuori bianco e bianco, strada impraticabile, lassù nella Casa in Collina vige la legge non scritta che se c'è la neve non si va a scuola, ovvio, neve neve, non nevischio appena appena. E questa, signori miei, è neve neve, ce n'è un sacco dappertutto, e noi si sta a casa, belli scialli. E' una chiara mattina,  e non so se è il sole a farla brillare, a centuplicare tutto il bianco che c'è, o sono i miei figli, questa mattina qui con me, dislocati alle loro rispettive postazioni. Me ne accorgo che ci sono dalla doccia che scroscia nel bagno blù, dai Coldplay a manetta dalla stanza piccola, da qualche accordo di chitarra da quella grande invece, quella che ha la vista più bella, che passa a rotazione al figliolo maggiore ivi residente e non emigrato causa studio. Ci sono piccole regole in questa casa, piccolissime tradizioni, chi apparecchia non sparecchia, chi porta il vetro non porta la carta, e cose così, ma anche con la neve si sta a casa. E al cosa mi piace.  So che è in programma per oggi una battaglia di palle, una gita al prato grande per fare delle fotografie come solo lei sa fare, visite di altri amici cittadini per scapicollarsi giù dalla collina con il bob di quando erano piccinissimi. I giorni, quelli chiari come questo, fan di me una semplice donna fortunata, che si bea della compagnia gustosa dei propri figli, già grandi ma sempre figli, e mio cuore e mio pensiero, mio grande sentire, mia perfezione assoluta, mia opera più bella, fatti per il mondo ma che tengo sempre un pò vicino a me. Sempre.

27 gennaio, 2012

Si dice, nevicherà.

Nevicherà. Forse, chissà. Ho guardato le previsioni, qualcuno dice domani, altri domenica, i più ottimisti martedì. La aspetto. La aspetto perchè ho voglia di quel candore, sulle colline e tutt'intorno, ho voglia di rimanere nel letto a guardare che viene giù. E' come se la neve desse una tregua, come se dicesse, ok, ricopro tutto di una bella mano di soffice, copro gli spigoli e i pensieri pesanti, le aiuole spoglie, i balconi scrostati. E custodisco, segreti e parole non dette, li tengo lì, li scaldo un pò sotto mille fiocchi di ghiaccio e di brina, li conservo, li tengo al sicuro. Cambio il paesaggio per un pò, lo faccio uguale al cielo, così non sbaglio, si vedranno solo cumuli di bianco, nemmeno le nuvole, nemmeno gli alberi. Coprirò tutto, in modo che si possa immaginare quel che c'è sotto, in modo da regalare ancora la voglia di giocare, di indovinare, o magari di rotolarsi giù per il sentiero o camminarci, sprofondare fino al ginocchio e guardare le orme poi, dietro di te, quel che hai lasciato, cosa rimane.Ho voglia di questa neve qui, quella semplice, quella che non ti fa uscire per giorni, quella che devi avere provviste se no è un guaio, che lo spartineve non passa qui davanti e il rumore della pala che gratta sul selciato sembra un insulto, uno sfregio a tanto candore, a tanta immobile bellezza. Amo la neve che verrà, se verrà. Amerò il suo odore di freddo e di ghiaccio, il suo silenzio, la sua perfezione. Le affiderò i miei pensieri più belli, le cose che so e anche quelle che non so, i misteri, i giorni difficili. Li conserverà insieme a quelli di tutti gli altri, li terrà lì, come farli germogliare, così come fa col grano. Magari li raccoglierò, ne farò una palla da far volare lontano, da far disintegrare contro il tronco, prima che il candore diventi fango, prima che il germoglio diventi spiga pungente. Soffice neve perfetta, scruto dalla finestra per vedere se sei già qui e ti sei beffata di ogni previsione. Ora, puoi anche arrivare, se vuoi.

24 gennaio, 2012

A matita.

Così non sbagli. E se sbagli, cancelli. E rifai. Così, all'infinito. Scrivere a matita non mi è mai piaciuto granchè, mi ha sempre dato l'idea di precario, di leggero, di non definitivo. Io scrivo con la stilografica e se non ce l'ho, con la Bic Celebration, che non è una penna Bic come tutte le altre, di quelle che trovi anche alla posta, cioè sì ma è speciale. Si ha voglia di cose lievi, di cose semplici più del solito, di far cose sì, ma di farle con calma, leggere, a matita, appunto. Lassù nella Casa in Collina si è da poco scoperta la bellezza del far le cose a matita, senza troppi pensieri e retropensieri che detta così sembra una menata mondiale ma che alla fine lo sanno tutti che gran parte della fatica viene da come le cose le affronti e se lo fai con leggerezza e con un minimo di spirito le stesse cose sembrano più leggere, come dire. C'è della filosofia teoretica nelle riflessioni di una mattina come questa. Cretinate, perlopiù. Ci si accinge come ogni mattina a darsi una sveglia, a concentrarsi sul pezzo, e sui mille pezzi che salteranno fuori durante la giornata, ci si accorgerà che il tempo stimato per fare tutto sono circa 34 ore e io ne ho solo un paio, ma chissenefrega, alla fine, oggi non ho voglia di correre di qua e di là, farò le cose leggermente, ove l'avverbio significa con leggerezza e non con incuria o peggio con disinteresse. Tradotto vuol dire che non mi dannerò l'anima e che farò le cose con studiata lentezza, cercherò di metterci passione e sentimento. Qualcuno sa che sentimento si può reperire nel raccattare ceste di panni sporchi e sistemarli con grazie nella lavatrice? oppure che poesia si possa mai trovare in una coda oceanica alla posta, insieme a gente che sorridi loro e ti guardano come se fossi marziana? Attendo lumi. Nel frattempo, inizio questo martedì, filosofia elevata e biechi, umilissimi lavori di casa, più tardi un giro alla posta, chissà che oggi non trovi tutti sorridenti e ciarlieri e magari chissà, pure la Bic Celebration per compilare i  bollettini. Che donna stolta sarò mai.

20 gennaio, 2012

Tuttobianco.

Bianco, bianchissimo. Un pò di porcellana, un pò di cristallo. E neve e zucchero, detersivo in polvere, latte rovesciato e  panna, e ancora zucchero, e farina, ogni tanto, lanciata sui prati da un mugnaio distratto. Gemme preziosissime, brillanti minuscoli e lucenti, un'opera magistrale, uno spettacolo che ti lascia così, ammirato, a guardare. Il bianco è un bel colore, la purezza, la grazia, non mi ci vesto mai ma è bello, e poi, questo è un bianco più bianco, è bianco accecante, viene dal cielo, per forza che è così. I giorni bianchi sono i giorni dell'inverno inoltrato, di quelli che ti basta guardar fuori per rabbrividire, è di quel freddo che si vede,  anche quando non si sente. I giorni bianchi sono bianchi come i fogli da disegni, quelli con diecimila sigle diverse, per i figlioli ho comprato fogli da disegno per anni, A4 coi margini, senza margini, a quadretti, a righe, a fiorellini, ruvidi e lisci, e quasi mai che ci azzeccassi. I fogli da disegno sono come le squadre, quelle per misurare, che ne compri sempre vagoni e non ne hai mai, come i compassi, ne avrò comprati 30, giuro, il compasso è quella cosa che non manca mai nelle liste scellerate delle cose da comprare per la scuola a inizio anno, e si cerca e si fruga nella Scatola delle Scorte, matite e gomme e righelli, non è come i pastelli, loro hanno il loro posto, privilegiato. Farò di questa giornata bianchissima un bel foglio, per disegnare sopra quel che pare a me, colori, magari ma nemmeno troppo sgargianti, per non turbare questo candore perfetto che visto da qui dà pace. E' bello aver davanti  sè un foglio bianchissimo, poggiare il mento su una mano e chiedersi, Cosa Disegno, guardando un pò di lato. Non sono brava a disegnare, ma ci farei dei fiori. E dei palloncini che volano. Un pò troppi spigoli nei miei ultimi giorni, e allora, disegno onde di mare di un bel blù cobalto, un bel sole che sorride, coi raggi uno corto e uno lungo come faccio di solito, e una casa con due strade e 6 finestre, che da sempre la disegno così. E già che ci sono, ritaglio gli angoli barbari di un foglio e faccio un bel tondo in mezzo, voglio un foglio rotondo per i miei disegni di oggi, verrà bellissimo, un tondo perfetto, lo faccio col compasso, almeno uno lo troverò.

18 gennaio, 2012

La Mattina dei Bottoni.

Così l'ho chiamata. Di solito il mercoledì è una di quelle mattine in cui faccio la donna di casa, che salgo e scendo le scale mille volte, che la lavanderia è il mio habitat naturale, che spazzo e stendo e cucino e riordino e piego e riordino, riordino, riordino, che è la cosa che si deve fare in un ambiente dove la maggior parte della popolazione è non disordinata, no, ma diciamo con un senso dell'ordine molto personale, ecco, diciamo. Doveva essere una mattina in cui scrivevo delle cose e telefonavo ma solo fino alle 9 e dopo avrei dovuto mettermi in pista e fare e fare, fare le cose che una donna vera fa di solita, quella donna che diceva sempre mia nonna, efficiente, attenta, pronta e sul pezzo, che si alza presto e mai, mai , mai dopo il marito, che non resta in pigiama per più di 13 secondi dalla sveglia, che accudisce amorevolmente i figlioli, che fa trovare sempre un pasto caldo e abbondante al proprio Sposo e che lo accoglie sulla porta senza grembiule, ordinata e pettinata (!), la tavola già apparecchiata e magari con un giro di collana. Ecco, mia nonna Teresa, classe 1896, così ragionava.  Stamattina ho oziato. Se oziare si intende scrivere una trentina di mail, fare 10 telefonate, vedere le ultime su Pinterest ( che Is The new Fashiolista) ottimo per rimanerci sotto), twittare con grazia, telefonare a una nuova scelleratissima Amica, disquisire con grande precisione e accortezza di un mio costume da bagno di trenta quaranta anni fa con amiche lontane ma  mai scordate. In più, mi era anche punta vaghezza di farmi una collana, una collana di bottoni, sissignori, dacchè l'altro giorno sistemando la piccionaia ho colà rinvenuto un otre pieno di bottoni scuri, marroni e madreperla. A metà mattina poi, sono arrivati messaggi che mi avvertivano che nessuno riederà al desco per il pranzo e che quindi non mi devo addentrare nella nebbia fitta e raggiunger la città, me ne sto a casa ancora per un bel pò, a lavorare, si fa per dire, e ad organizzare una serie di cose che mi piacciono tanto. Il riordino può aspettare, anche se mi toccherà, presto o tardi. Vedi nonna, non che non ne abbia voglia e che sia diventata una donna da Grand Hotel, nel senso di rivista, ma proprio stamattina, la nebbia e  la caldaia in blocco, me la sono presa scialla, e ho perso di vista il tempo e lo spazio, e mi sono coccolata un pò con le cazzate, lo so che non si dice, nonna, ma insomma. Non ho da cucinare, ma se il mio Sposo mai tornasse all'improvviso, lo accoglierò sulla porta, ben in ordine  con la collana. Di bottoni, va bene uguale?

17 gennaio, 2012

Mescola.

Più fermo del fermo, il cielo bianco latte, non un fruscio, nessun rumore nel giardino incantato della Casa in Collina. Le foglie sfinite, il gelo, la nebbia, la tazza sul tavolo e le briciole e pensieri confusi, che non si fanno pensare, che scappano da tutte le parti, che svaniscono come lo zucchero nel latte se stai ore a mescolare.  Così tu mescola, mescola e andrà via, mescola, urtando il cucchiaino contro la tazza, è una specie di musica che fa compagnia, mescola, non importa se lenta o compulsiva, se vigile e guardando nel nulla come ti succede spesso, gli occhi puntati sul giardino, anzi no, è da quel che guardi che si capisce come stai, se la collina sei al massimo, se il giardino insomma, se il terrazzo stai da cani. Non importa come e non importa dove, guarda fuori da questa finestra, vedrai che nulla si complica, vedrai che tutto rimane così com'è, immbile e silenzioso, niente succederà, tutto andrà come deve andare. Rimani ancora lì, se vuoi, al tavolo della cucina ancora pieno di cose, tazze e briciole, arruffata e già stanca, di una stanchezza che non è quella che passa dormendo, invèntati una bella giornata di sole solo per te, a scacciare la nebbia che si è posata dovunque, persino nel cervello, ma da dove è passata, forse ne hai mangiata troppa ieri, non si corre nella nebbia, fa troppo freddo e quando torni hai male agli occhi, è da lì che passa la nebbia, dagli occhi, gli stessi che stamattina nemmeno hanno il coraggio di guardare il terrazzo ma si fermano ai vasetti dei mini cactus che di sicuro moriranno e tu mescola e mescola e bevi il caffelatte tutto d'un fiato e alla fine, in fondo alla tazza lo zucchero non si è sciolto, lo vedi, è ancora lì.

13 gennaio, 2012

Cos'è mai la grazia.

E la bellezza poi. E il sentimento, la calma, una pace piccola e racchiusa, scaldata con il respiro, come si fa per appannare i vetri e poi disegnarci sopra. Cos'è l'odore di questa casa, i pensieri aggrovigliati dei giorni scorsi li ho nascosti sotto al tappeto, forse avrei dovuto buttarli dalla finestra ma ancora non ci riesco, forse ci sono affezionata, chi lo sa. Guardo dentro le cose, cerco di mettere ordine, di lucidarli un pò, come quel liquido miracoloso che mi hanno detto, basta che ce li tuffi dentro e via, sono così lucidi che non ci credi, e in un attimo poi. Solo che ho pensieri fatti di un metallo strano, che non è oro e non è argento e forse quel liquido non funziona con me, con i fatti miei, e forse adesso nemmeno ci voglio pensare, non adesso, è calma profumata oggi pomeriggio qui, è calma che nemmeno sembra venerdì 13, ho una borsa nuova cucita apposta per me e dovrò ordinarci con grazia  tutti i miei ferri, i gomitoli, schemi e stitchmarker, e tutti i bigliettini che ho tenuto, conservato anche stropicciati, anche un pò rovinati, questi li tengo sì, oggi è grazia e armonia, oggi nemmeno ci passo vicino al tappeto, figuriamoci se ci guardo sotto.

12 gennaio, 2012

Giorni.

Normali. Nemmeno tanto. Uguali, lisci, con qualche scossone ogni tanto, un viottolo di campagna, d'estate, che con la bici non ci puoi andare, sembra tutto piano e invece laggiù, dove è passato il trattore, se ci infili la ruota ci vai per terra lunga e tirata, non è proprio una buca, è solo il sentiero dissestato. Giorni lisci, una spruzzata di seltz ogni tanto, che belli sono i sifoni del seltz, ne avevo uno blu una volta, chissà che fine ha fatto, lo avevo comprato da un rigattiere in Francia, in un paese che adoro, me lo ricordo benissimo anche se è passato tanto tempo, aspettavo un figliolo, che novità, ho un amico che mi dice spesso che i ricordi che ha di me sono sempre con la pancia di qualche figlio, e questo mi fa ridere e mi riempie di orgoglio e tenerezza, un sentimento misto, non so, e quella volta non ho comprato solo il seltz e qualche tazzina sbeccata, ma siam tornati con un cagnolino, lo vendevano al mercato dentro a una cesta di vimini, e lo abbiamo chiamato Pascal, per ricordargli le sue origini francesi, mica bruscolini. Sono giorni di belle cose, alla fine, anche se ogni tanto uno si ostina a farsi venire pensieri pesanti, ma ci sto lavorando. Ho messo delle piantine in cucina, voglio sfatare la leggenda che sono una serial killer di ogni cosa che sia verde e fiorita, ho portato da un viaggio una piantina un pò viola e un pò verde che non avevo mai visto, l'ho conservata e piantata a casa, messa a dimora, così ho imparato che si dice, e ogni mattina, mentre aspetto il crcrcrshcrc della caffettiera, dacchè son finite le cialde della macchinetta, la guardo, la ispeziono, e stamattina ho visto un minuscolo germoglio proprio lì e sono stata contenta, mi son detta, Lo Vedi? le piante basta bagnarle, che scoperta mondiale. Oggi è un bel giorno di nuvole, il sole  a gennaio mi disturba, voglio il freddo e la neve, tanta, tanta neve di quella che non puoi uscire di casa, è così che fa a gennaio, non in giro con la felpa e senza calze, oggi grande festa di knitting, le mie Amiche perchè è giovedì e il giovedì è sacrosanto per stare insieme, forse anche a cena, chissà. Sono giorni piccoli di cose importanti, ieri giornata che mi ha schiacciato, oggi giornata che mi solleva, sù e ancora sù, non c'è motivo per stare male, sù, sopra alle nuvole, che oggi ci sono, e per una volta son contenta che non ci sia il sole, tu sei gennaio? bene, allora fàllo, il gennaio, che, da che mondo è mondo, a gennaio vero il sole non c'è.

10 gennaio, 2012

Bellaluna.

Che sorpresa ogni volta, che rara bellezza, che incredibile magia. Mattina presto e lei è lì, maestosa, elegante, così bella che ci incanta a guardarla. La luna d'inverno, che grande miracolo, che spettacolo gratuito di immensità e mistero, di celeste e magnifico. Luna che guardi, che agiti e calmi, scuotimi quando sono ferma, calmami quando sbatto contro il vetro come un insetto scemo, illumina e comprendi, luna che rendi speciale anche la fila dei lampioni, la brina dei campi, i cartelli della statale, quando appari all'improvviso da dietro e fai lucente anche questo ordinario quotidiano, questo nulla, questo troppo, ogni tanto. Bellaluna che sorridi, che catturi gli occhi che ti guardano, luna di tutti o soltanto mia, che ascolti e taci, silenziosa luna, ma qualcuno l'ha già detto prima di me, dimmi quel che sai, racconta quel che vedi, bellaluna d'inverno che abiti dietro la collina, che a guardarti non mi stanco, bellaluna d'oro e d'argento e poi bianca e trasparente e poi di nuovo d'oro e d'argento, gioiello del cielo più delle stelle, sei una soltanto, soltanto tu, bellaluna dolcissima, struggente e perfetta, bellaluna al mattino, bellaluna che sei.

09 gennaio, 2012

Daccapo.



 Lunedì più lunedì degli altri lunedì, così come ieri sera era più domenica sera. Duemiladodici, alla fine è iniziato davvero, la scuola, le cose, la vita, la sveglia, dovrò rivedere benissimo le istruzioni di quel gioiellino avuto in dono a Natale, possibile che non sia riuscita a mettere la sveglia, eppure l'ho messa, eppure mi ha svegliato lo scroscio della doccia, mentre da sotto il piumone facevo finta di niente, sarà prestissimo, saran le tre, ancora non è mattino. E' mattino invece, eccome se lo è, è gennaio anche se non sembra, gennaio ha la neve, il freddo pungente, il naso rosso, le mani ghiacciate anche solo per uscire a chiudere bene le persiane. Questo non è il gennaio che voglio io, quello dei giorni della merla, quello silenzioso, chissà perchè, a gennaio di rumori non ne senti, o sembra solo a me, magari sì. Sono scuse, scuse bell'e buone, la mia personalissima protesta perchè non ne ho voglia, perchè voglio ancora i giorni di festa, che di feste vere non è che ne abbiamo fatte veramente, intendo quelle coi lustrini e il trenino, per carità. La festa è per me apparecchiare per 9 ogni giorno, avere sempre un via vai di figlioli per casa, fidanzate e amici e amici degli amici, la festa per me è stato il mare in Sicilia, è stato il vento, la sabbia, la mia vita in due stanze di hotel, ogni sera uno diverso. Non ho voglia di normale, non ho voglia di giorni in fila, le pagelle, le menate. Ho letto così tanto da svenire, quando sono così leggo per scappare, e le parole mi rimangono appiccicate al cervello e alle mani, tanto che rimango bell'e imbambolata per un pò, anche quando smetto. Ma non è che si può stare tutta la vita a fare festa, a leggere per ore, e adesso che anche l'ultimo brillo è stato tolto da questa casa, che l'albero zen è bell'e spoglio nel garage accanto al tosaerba e alla sacca da golf impolverata, sarà ben meglio che archivi i bei giorni passati nella loro scatola, che ci faccia un'etichetta rossa e ci scriva 2011, e che mi dia una smossa e che cominci. Daccapo.

05 gennaio, 2012

La Chiesa.

L'ho vista spesso, di sera. Ero nel coro, perciò, già dai primi di novembre, col freddo, la nebbia spessa, le sciarpe e il loden, ci si ritrovava lì, per le prove di Natale. Son sere che non si dimenticano. Così come non dimentico l'odore che hai questa chiesa, che non è vero che son tutte uguali. Incenso, sì, forse, ma anche legno di banchi lucidi, sempre gli stessi, l'acquasantiera di marmo, i particolari che sai e che cerchi per dire Ecco, Sono Proprio Qui. Qui ci son stata miliardi di volte anche di giorno, ovvio, e ricordo quel giorno sempre, certo, a dimenticare ci si prova ma non è che riesca bene. Manco da questo posto da trent'anni suonati e fa paura a dirlo ma è così. Eppure, è da qui che vengo, lo dico sempre, è a questo posto che appartengo, a queste strade, a questo campanile tondo, inusuale, a questo muretto della latteria che ieri sera avrei voluto fotografare e portare via, ma che scema, mi sarei detta per tutto il viaggio di ritorno, sei donna fatta e fotografi le cose come una ragazzina. Ieri sera ero alla chiesa del mio paese, a dire una preghiera a una signora che non c'è più, parente ala lunghissima ma volevo esserci, per mille ragioni. Per abbracciare l'unico zio che mi è rimasto, che ancora mi chiama col nomignolo di quando ero bambina e che mi guardava con gli occhi smarriti, Vai Piano Tornando a Casa. Non faceva così freddo, nemmeno c'era le nebbia e la piazza della chiesa è sempre stato un posto che ho adorato, dopo la messa della domenica mattina, o nei pomeriggi di maggio, sui gradini con la Cristina e la Silvia, perchè qui si mette l'articolo davanti ai nomi, e il mio vivere in città me lo ha fatto perdere per poi riprenderlo in automatico appena passo il casello dell'autostrada. Chissà perchè. La mia chiesa è questa qui, forse qui mi ci sarei anche sposata se fossi rimasta, o forse avrei scelto quella più piccola del paese di mia madre, chi lo sa. La vita, le cose, hanno scelto per me. Io qui son diventata quella che sono, non so, forse avrei potuto far meglio ma è tutto quello che son riuscita a fare. Che bella la chiesa di sera, o forse è bello solo pensare a quel che ero quando ero qui, anche a quel giorno tremendo e scolpito, alle persone che ho amato e che sono qui, ai miei amici più cari perchè nessuno al mondo mai mi è stato più caro di loro. Pensieri confusi, una preghiera e una chiesa, la sottile impercettibile nostalgia che ancora mi prende quando vengo qui, la Bea che c'è sempre, e quel mio zio triste che abbraccio, tranquillo, sono andata piano, tornando a casa.

03 gennaio, 2012

Canestrelli.

Dopotutto, son bei giorni, lassù, nella Casa in Collina. Il vieni e vai, le transumanze varie, amici in visita, l'albero ancora illuminato e nessuna, nessunissima intenzione di disfarlo, ancora, da che mondo è mondo l'albero si disfa dopo l'Epifania, quando i ragazzi son già fuori per il primo giorno scuola, durissimo il primo giorno dopo le vacanze di Natale, e di certo il tempo non aiuta, se va bene nevica, se va male c'è una nebbia della forca, e allora dei musi, ma dei musi. Dopotutto, bei giorni, ancora vacanza, infatti non tolgo niente di Natale perchè così la vacanza sembri duri di più, e sembra che ci siano ancora mille e mille giorni prima di ricominciare. Intanto ci si coccola con piccoli lussi, le solite colazioni un pò lente, si è rimasti senza latte due giorni fa e si è andati in pigiama al negozio dello stradone, tanto, era ancora un pò buio e da qui a laggiù non si è incontrato nessuno. In macchina, ovvio, mica mi prendo una ramata di gelo così, la mattina presto. Quel che è certo è che quest'anno zero propositi, zero promesse, zero pianificazioni, zero di zero. Vada un pò come deve andare, alla fine, tanto è uguale. Mi bevo a piccoli sorsi questi primissimi giorni del duemiladodici, vediamo un pò se i Maya ci hanno preso oppure no, in fondo non ci penso, non me ne importa, sono giorni belli, zuccherati come canestrelli, chissà come mi è venuto in mente ma  mi piacevano un sacco i canestrelli, da piccolissima, avevo una zia a Genova che me li portava spesso e li faceva anche, e io ci leccavo via lo zucchero a velo prima di mangiarli e lei mi guardava male e mi diceva che non si faceva così, che non stava bene, che guardassi mio fratello come era educato e composto, tanto che lui ce lo portavano a prendere il thè, con i pantaloni di vigogna al ginocchio e il pullover a V, che avrà avuto 7 anni e io ero una mocciosa di nemmeno 4 ma già la sapevo lunga e mi era già chiarissimo che la cosa migliore dei canestrelli è lo zucchero a velo che c'è sopra. Voglio giorni così, giorni fatti a canestrello, son diventata grande, educata e composta la sono anche io, e voglio tonnellate di zucchero a velo sopra ai miei giorni che verranno, son grande è vero, ma mica son cambiata e  lo zucchero a velo dai canestrelli lo tolgo allo stesso modo. Solo, adesso lo faccio con più grazia, impercettibilmente, appena appena. Mestiere che entra.

31 dicembre, 2011

Mutande rosse.

Manca poco, alla fine. Di certo, non lo tratterrò questo anno 2011. Non mi è piaciuto come è iniziato, come è continuato, o meglio non so se ricordo adesso solo i momenti che mi hanno fatto fare una smorfia di disgusto, e se ho rimosso quelli che invece mi hanno fatto ridere e sorridere e gridare di gioia e ballare intorno al tavolo come faccio spesso quando sono contenta. Non saprei che augurio farmi. Ne ricevo un sacco, a qualcuno rispondo a qualcuno no, che senso ha farmi gli auguri di buon anno se per tutto l'anno nemmeno mi hai detto ba? Rimane il mistero, E' una bella sera, sembra proprio Capodanno, c'è la stessa atmosfera ogni anno. Ieri,  un gruppo ristretto di fidanzate ha presenziato al desco di famiglia, non che sian cose ufficiali, ovvio, lo dico sempre, è sempre un piacere conoscere le fidanzate dei miei figlioli e lo dico anche a loro e loro, belle fra le belle, mi guardano con un sorrisino di circostanza, vorrei proprio indovinare quel che pensano ogni volta, se mi mandano all'inferno o cosa diavolo. La luce del bagno si è accesa e spenta un migliaio di volte, è stato tutto un fiorire di piastre e trucchi e smalti e cose, e non c'era nemmeno la Princi, impegnata in una festa in una collina poco distante, c'è stata anche una seduta di parrucchiere, dacchè il Liceale ha voluto festeggiare il Capodanno tagliandosi quasi a zero i boccoli biondastri, coadiuvato in tale scempio dalla sua scellerata fidanzata. Alla fine, in una nuvola di lustrini anche l'Ingegnera, fasciata in un abitino da sirena, capello liscio e tacco mille ha cinguettato Sono Pronta all'Amato, in attesa da un pò in ingresso. Docciati, profumati, luminosissimi  sono usciti tutti verso il 2012, verso la sera bella che sarà, verso il bel profumo di aspettativa, di speranza, di quel velo di malinconia leggera che assale sempre un pochino ogni fine d'anno, appena appena, se non ti sentissi così sarebbe una festa come un'altra. Così, mi accingo anche io a festeggiare. Bollicine in frigo e calici rossi, acquistati per pochissimi euro e che fanno un figurone, dacchè i miei calici di cristallo han proprio fatto una brutta fine. Si starà a casa, forse amici in visita pastorale più tardi, magari un giro nel buio, a vedere i fuochi dei paesi vicini, ma forse nemmeno li faranno, chi lo sa.

E adesso gli auguri.

Non auguro pace e prosperità e serenità, perchè quello lo fanno tutti.

Auguro invece mutande rosse. 
Perchè se stasera si ha avuto voglia di indossarne un paio, vuol dire che si ha l'anima leggera e che si ha ancora voglia di giocare un pochino, nonostante tutto, nonostante il mondo, la vita, i magoni e le grane che ce ne sono a tonnellate in ogni casa, in ciascuna famiglia, e non ce n'è nessuna che si salvi.
Mutande rosse, a tutte, e magari un rossetto feroce, un pò di lustrini sparsi, come quelli coi quali mi ha cosparso l'Ingegnera appena prima di uscire, sempre cinguettando, con l'Amato e un Fratello.

Auguro un cesto di arance sul tavolo della cucina, delle lenzuola fresche di bucato, un piumone caldo e un bel libro sul comodino, anche già letto, da riprendere ogni tanto, da sapere un pò a memoria. Fa sentire meno soli.
Auguro un bicchiere di acqua fresca, buona come quella che si beve di notte, quando dormono tutti.
Auguro delle cose belle, dei bei film, auguro di trovare nei saldi il vestito che vi piaceva tanto e che costava una barbarità. E che sia della vostra taglia.
Auguro delle belle mattine, con la colazione già pronta, e magari i croissant nel forno, che se una non ha sbatti di prepararli con tutti i crismi,  li vendono nei tubi al supermercato e sono buonissimi. E fanno la casa di un bel profumo caldo che fa famiglia.

Gli auguri che faccio a me sono segreti e silenziosi, sono così fragili che ho paura a dirli e allora sto zitta.

Solo, mi auguro di non aver sempre meno giorni in cui l'unica cosa che mi riesce bene e che ho voglia di fare è sistemare il cassetto dei cucchiaini o quello della biancheria.
Già, a  proposito di biancheria...


E buonissima sera.

30 dicembre, 2011

Ritorni.

Ci sono le partenze. E i ritorni. In mezzo c'è tutto il resto. Ci sono insegnamenti da seguire, Metti la Testa dove Hai il Tuo Corpo, e devo dire che ce la si fa, ogni tanto, anzi quasi sempre, si cerca di essere concentrate sulle cose che vedi, sulle persone che hai intorno, insieme a te. La vacanza di Natale è quanto di meglio c'è per la mia famiglia, per me, per i miei pensieri. Anni e anni di allenamento mi fanno essere brava a lasciare i guai, le grane e le questioni nel momento stesso in cui vado via, con qualsiasi mezzo, le saluto dal finestrino, le lascio a terra, le guardo passare o  le guardo da sù diventare dei puntini invisibili, che bei disegni sono quelli che vedi dall'aereo, provi a indovinare le case, le pianure, le città, le autostrade. La partenza e il ritorno. In mezzo, c'è tutto. E appena torni, anni e anni di allenamento non mi hanno ancora insegnato come fare, se ritrovo tutto lì, come un regalo ad aspettarmi, tutti i pensieri sono lì,intatti,  li ritiro col bagaglio, anzi, già li intravedo prima di arrivare, mentre mi avvicino pianissimo al suolo, e quel che partendo vedevo diventare piccolo diventa ora sempre più grande, sempre più gigante e ingombrante e pesante e sembra sempre che sia così ingarbugliato e difficile e solo il sussulto delle ruote sul terreno mi danno una specie di respiro, passerà, passerà anche stavolta, ma che fatica, che immensa, titanica fatica ogni volta, mi dovrò impegnare, dovrò farcela prima o poi a inventare partenze che non hanno ritorni e se ce li hanno, non così, per piacere, non così.

26 dicembre, 2011

E quindi.


Si trovano tavole imbandite e decorate con le più fini tra le decorazioni natalizie, si provano piatti a metà fra il fascino arabo a la millenaria, nobile  cultura di questa isola che conoscevo pochissimo, certo, piove a dirotto, ma in fondo non è male, si scelgono con cura le chiese, si perde tempo a far tradurre ai figlioli le frasi in latino, si ride molto, un pò gita scolastica, come al solito, quando siamo tutti, che negli hotel fanno l'appello a ridarci i documenti, sembra davvero una colonia questa qui. Si è corso sulla spiaggia, le onde lunghissime, la schiuma, i gabbiani, la sabbia finissime e quella infilata di case basse, di palme, di cactus lungo la scogliera, c'è il mare e lì vicino la montagna, a un tratto sembrava si fosse messo a nevicare, ma come, nevica qui?  La carovana prosegue, qualche altro giorno ma a pensarci si fa fatica, è così bella la vacanza di Natale, è il regalo che ci facciamo ogni anno, a dire, siamo noi, preziosi a noi stessi, vicinissimi. I pensieri sono sottili e brillanti, illuminati dalle luci lungo le strade, dalle mille lampadine, dalle solennità dei presepi e dagli sguardi lucidi dei miei qui, ancora per un pò, qualche giorno ancora, di beata pace, che la festa continui.

Non so bene cosa sia successo, ma qualcuno nel dubbio si è mangiato tutte le foto delle Fragole. Dicono che rimedieranno, dicono. Ancora qualche giorno e si vedrà.

24 dicembre, 2011

Lontana?

Lontana, non lontanissima, il giusto, al mare, sugli scogli, nei mercati, fra i carciofi, le stelle di Natale, il marzapane, ancora mare, la spiaggia, la cattedrale, i vicoli, le catacombe, le chiese, i mandarini colti dall'albero,  i tramonti, i cannoli, il santuario, ancora spiaggia e ancora mare, e luci e luci di Natale un pò dovunque.
Lontana sì.
Ma vicina.

Buon Natale, e ancora avete voglia di sentirvelo dire, dal cuore, col cuore.
Buon giorno di festa e di pace, e di tranquillità, per una volta, per un giorno soltanto.
Solo per un pò.

Abbraccio tutti, è strano, raramente mi rivolgo a chi mi legge, stasera che è la vigilia di Natale, la Scrivente che sono io abbracci in un grande, grandissimo abbraccio i 215 lettori che si chiamano followers ma che sono per me amiche, amici, un pò cugini, insomma.
E le 500 ditina che fanno clic ogni giorno sulle mie Fragole.
E 500 fettine di panettone per tutti voi.
Non riesco a far gli auguri quasi a nessuno, ho le mail sballate e valanghe di numeri senza nome, ho un giocattolino nuovo che ancora devo studiare per benissimo, io di 'ste cose elettriche non tocco niente e si sa, ma questo qui è troppo una figata e allora datemi tempo di studiarlo, è la vigilia di Natale, eccheccavolo, si può dire eccheccavolo la vigilia di Natale?

Buona sera di festa e di luci, sono lontana ma nemmeno tanto, ve l'avevo promesso e mi sono fatta un Tumblr e per queste vacanze mi trovate qui.

E comunque, e perciò, buona sera di belle cose, per stasera che è la vigilia, son lontana sì, ma nemmeno tanto, alla fine.

19 dicembre, 2011

Chissenefrega.


Dei derelitti ciclamini. Di una tristezza unica. Viola e marroncini, gelati, intirizziti, orridi alla vista. Un pò putridelli, mi aiuti a dire. Ornano il mio davanzale da un pò, ma eran così carini, prima.  Prima che il gelo si abbattesse su di loro e li facesse sembrare rape cotte in luogo di corolle deliziose, prima che il rigoglioso cespuglietto color ciclamino, ma và? si trasformasse in un cespo di insalata, o meglio, virasse dal viola al cacao, l'insalata già condita abbandonata in frigo da due giorni, minestrone, schifezza insomma. Fuori c'è il sole che riluce le stelline appese ai vetri, lo so che forse non è nemmeno tanto corretto ma chissenefrega, oggi voglio imparare a memoria questa parola Chissenefrega e la dico bene, con cinque o sei s, e sarebbe comico farlo dire al mio figliolone Liceale, quello sottile sottile, alto altiSSimo, coi capelli lunghiSSimi e quegli occhi seducenti, innamoratiSSimo e scapicolatiSSimo, sarebbe bello fargli dire una serie di s, lui che ha la s più dolce di tutta la casa, e i suoi scapestratiSSimi  fratelli lo prendono in giro, gli fan cantare le canzoni di Jovanotti, IoLoSoCheNonSonoSolo, e lui sorride e dice Ma La Piantate O No? ma sotto sotto sa (ih ih) che è la sua cosa più bella, quella s dolciSSima appena graffiata e io lo adoro, lo adoro un sacco e l'ho adorato un sacco sabato, mentre  eravamo sul corso io e lui, aveva bisogno di un consiglio, non capita mai che io sia in giro coi miei figlioli maschi, mai o quasi. E allora mi ha detto Ne Sai Zia, e mi ha stampato un bacio grosso così sulla guancia e io mi sono sentita così bene e un pò invidiata anche, dalle ragazze che passavano di lì, il mio Figliolo Magrerrimo con gli occhi dolci e la s strana.  Chissenefrega allora del resto, del mondo, dell'universo intero, se l'universo mio partirà fra qualche giorno via di qui, a far uno di quei natali strani in giro, carovana di cuori purissimi, chissenefrega, se questa è l'unica strada e non ci ho dormito stanotte ed era sveglia alle 5 in punto e guardavo fuori sono pericolosiSSima quando guardo fuori e non dormo, pericolosiSSima, dillo Enrico, iSSima iSSima,  e chissenefrega allora, chissenefrega sì, chissenefrega alla grande, alla grandissima,  io lo che non sono sola, anche quando sono sola.

15 dicembre, 2011

Christmas Party? Yessssss!



Stasera vado a una festa.
Ma và?
Sì.
E che festa sarebbe?
Una festa di Natale.
Ah.
Entusiasmo incontenibile, vedo.
Alla festa ci vai tu, mica io.
Giusto.
Ma che festa?
Una festa bella, con le mie amiche, i regali, la pizza alla Grat's che è il top.
Ah. Tanto rumore per una pizza.
Non proprio bellezza, la festa inizia già dal pomeriggio.
Esagerate.
Sì, esagerate, come la Fanta.
Non capisco.
Lascia stare.
E quindi?
Quindi che?
Inizia dal pomeriggio e poi?
E poi niente, oggi si festeggia tra di noi, che poi ognuna si sperde tra viaggi e parenti e allora...
Bella storia.
Nient'altro?
No.Beh, divertitevi.
DI.SI.CU.RO.
Ah, e buon Natale.
Ma se è il 15.
Beh, stasera sarà Natale per voi, no?
Non ci avevo pensato. Sagace.
Vabbè và, ciao.
Ciao.
Clic.








13 dicembre, 2011

Non è che mi son persa.


Ero solo concentrata. Ero in fissa, si dice. In fissa. Facevo cose. E ne ho fatte tante. Non importanti, in verità, non tutte, tranne una. Ho spostato dei mobili in casa, dando un diverso assetto, un pò più da vacanza invernale, un pò più da starci e non come nella casa del vento, mia nonna lo diceva sempre, Questa è La Casa del Vento, nel senso che non aveva mai chiaro chi stesse e chi andasse. Ho fatto cose, sistemato cassetti, che è la mia specialità, eliminato orpelli e cose dai ripiani, fiori secchi ormai troppo secchi, cose appoggiate lì un attimo e ivi rimaste sei mesi circa, buttato copie di Elle del marzo 2010, ma erano così belle tutte, sembrava un tavolino alla fine, ma l'Adorato e Glorificato Sposo rivolgeva loro occhiatacce da paura, tanto che mi son stupita che non si fossero eliminate da esse stesse, in  autocombustione, per dire. Ho capito cose. E non solo che se piangi da coricata le lacrime ti vanno nelle orecchie, quella è una mia  vecchia scoperta, avevo non so più quanti anni, meno di dieci, non so. E nemmeno ho perfezionato il teorema della fetta biscottata, anche quella, roba già vista. Ho capito che mi piace fare delle cose che piacciono a me e che piacciono anche agli altri. Ho capito che se fai una cosa che ti piace, tante persone la fanno insieme a te e allora viene fuori un bel progetto, grande, grandissimo, e c'è un sacco di gente che ti dice Ma Che Bello, non pensavo, e tu sei lì che ti senti la padrona del cielo, e delle nuvole, anche, e ti dici, ma come, questa cosa qui che sembrava una cosa da niente ora è diventata così? E chi sarà stato mai? Sono stata io e mi dico brava. Non voglio essere modesta e fare quella timida, non la sono, non sono timida, non la sono mai stata, ho la faccia come il, no, questo non si può dire che siamo in avvento, però è vero. Stasera è una sera bella, di quelle sere che staresti ore a guardare le lucine dell'albero e a non fare nulla, ci sono lucine sparse ovunque, anche dentro ai vasi di vetro e sembrano di più, perchè si riflettono e sono mille volte più belle. Ecco, sono una lucina di queste, e le persone vicine a me, sia in casa che fuori, sono loro a farmi brillare di più, a centuplicare la luce di un'insignificante minuscola lampadina, cristalli trasparenti, giochi luminosi, riflessi brillanti, intermittenze ipnotiche, bagliori silenziosi nel buio che c'è, persa? nemmeno per sogno. 



Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...