28 settembre, 2007

Sono.


Voglio un foglio per scrivere e un cremino da sciogliere e un amore da stringere e una somma da vincere. Voglio un giorno da vivere e un bicchiere da rompere, una strada per correre e una rotta da scegliere. Ed un figlio da crescere, e le ruote che girano e gli aerei che partono. Le minestre che scottano, le coperte che pungono e le ortiche che pizzicano. E se niente significa non è poi così male, son parole che corrono, son pensieri che giocano, son folletti di neve in una sera che è buia, son sorrisi brillanti in un giorno di pioggia. Son dispetti e sorprese, un po’ veri un po’ no, esercizi di stile in un niente perfetto. Son racconti, allusioni, illusioni e misfatti e se anche nessuno li ha mai raccontati, son raccolti, per bene e per nulla schiacciati, incartati, con fiocco, biglietto e nastrino. Son regali, stavolta, che ho un po’ sonno e un po’ sete, son giocattoli rotti, sono cani che scappano, sono prose e poesie, sono vite qualunque, sono amori ridicoli ed elastici rotti, sono panna, rabarbaro, maghi e balene. Son follie, miei signori, sono assurde canzoni, sono storie di un attimo che durano un secolo, sono vetri appannati e pastiglie e confetti, medicine e spremute, gianduiotti e soufflè. Sono Fragole, in scrigno, in pacchetti da dieci, sono frutti inconsueti, uno a me e uno a te. Sono il sogno più bello, un tesoro nascosto, una sfida, una spada, il mantello del Re.

27 settembre, 2007

Piove.


Di una pioggina noiosa e a filini, di quella che sì, basta una passata de tergicristallo e và via, non di quei goccioloni che fanno le bolle sul terrazzo. Piove, di quella pioggia che devi guardare per bene, ma piove o no? fuori dalla finestra, che apri in camicia da notte sperando che non faccia ancora freddo. Piove, sui piumini che hai tirato fuori dall'armadio, legati come sacchi a pelo coi nastri rossi, e infilata dentro una bustina di deodorante, muschio e vaniglia, una specie di odore dell'inverno che verrà. Piove sugli sbadigli, sulla colazione con la luce accesa, sulla zero voglia. E piove, sulle rose dell'aiuola, maleducate, loro continuano a fiorire, con i loro colori dei gelati, crema, mirtillo, fior di latte. Non ho rose rosse, me ne sono accorta solo stamattina. E piove e piove, sulla bicicletta della Princi, sulla moto del Liceale, lasciati ancora fuori nella speranza di poterli usare ancora, lei per andare avanti e indietro, lui per raggiungere la Biondina Lisciata Sabato Sera. Piove su una macchinina e sui disegni col gesso fatti dai piccoli del villaggio, sugli aghi dei pini che il vento di stanotte ha buttato giù. Piove anche su di me. Odio gli ombrelli di ogni forma e colore, li uso solo quando diluvia a stecca (a stecca?), piove sulla mia gonna di Zara da professoressa di matematica, zitella, inacidita e con le calze riposanti, la crocchia e gli occhiali spessi. Piove, sul portachiavi a stella marina che mi ha regalato il mio sposo, forse per lasciarmi ancora un pò d'estate tra le mani. Ma in fondo che importa se piove e pioverà. Noi si sta, belli tranquilli, a fare le cose di sempre, in questa quiete accesa di cose e di progetti e di giri e di questioni, anche, e di parole e di abbracci, e di magoni e di sorrisi. E per ben iniziare, si imita Il Vate e si scrive, scrive e scrive. L'unico modo che so per darmi il buongiorno, per trovare deliziosa anche la pioggia che dai, se guardi meglio, tra poco smetterà.

25 settembre, 2007

Ode all'oro Saiwa.


Certo, lo conoscono tutti. E non è certo famoso per il suo sapore. E' insipido, e per nulla dolce. Croccante, certo, ma di zucchero ne ha proprio pochino. Insomma, tanto biscotto non è. Ma è simpatico e molto elegante. Per esempio, lo si usa moltissimo d'estate. E per una colazione leggera. E per premiare il cane quando si siede composta e non tutta storta e di sghimbescio. L'oro Saiwa, si diceva, è il più glamour, in assoluto. Tanto per cominciare, il numero: è l'unico biscotto al mondo che si vende in multipli di 100. Non esistono confezioni da 100 grammi. O ne compri mille o non ne compri nessuno. E poi, quel contorno! Con tutti quei ghirigori, quel merletto che ha tutt'intorno ha già scatenato l'invidia di più di un collega. Lui, non si smuove. Non si sbriciola, è il vero lord della biscottiera. Il suo abbigliamento è classico, immutato negli anni, il pacchetto giallo e la scritta rossa. Si tuffa bello sereno nel caffelatte e non la fa tanto lunga. Anche se, come ogni nobile che si rispetti, soffre di solitudine. E guai, guai, guai ad intingerlo solingo. La vera apoteosi di un Oro Saiwa è un altro Oro Saiwa. In due, si sa, viene tutto meglio. Ed è così educato, che appena prima di tuffarsi, vuol fare la conoscenza del suo compagno di viaggio. Così, con i merletti perfettamente combacianti,e quel profumo di grano, Lui si presenta: il mio nome è Saiwa. Oro Saiwa. E per piacere, non chiamatelo Biscotto Secco!

24 settembre, 2007

Così non va.

No che non va bene. Confusa, inconcludente, ciondolante, un pochino. Svegliata a pezzi, le gambe giù dal letto e tutto il resto lì, le braccia sotto il cuscino, i capelli arruffati sulla faccia, non mi alzo, non ce la posso fare, non stamattina, non adesso, per piacere, non così. Nessuna voglia di niente. E invece, bellezza, ti conviene scrollarti per bene, alzati e cammina, e fila in cucina, ti ci vuole un caffè triplo, magari, e iniziare a fare i programmi, bella presente a te stessa e non con quella faccia lì, le braccia ciondolanti, i capelli esplosi, gli occhi semichiusi e quei mugugni, suvvia! una signora per bene non scende dalle scale biascicando ma chesonno, ma che ore sono e cose del genere. Una signora per bene si alza e schizza sotto la doccia e giù di guanto di crine e canticchia, magari, e poi avvolta in una nuvola di profumo di mirtillo imburra toast e versa caffè e Ancora Succo D'Arancia? e poi sale e sveglia i figlioli con voce da fringuello, Tesoriiiiii! Un bel niente, invece. La giornata virerà, mi auguro, nel senso che alla fine mi sveglierò davvero e farò la tonnellata di cose che devo fare e che non ne ho nessunissima voglia al mondo nemmeno per sogno. Sono stata chiara? Con tutto ciò, signora cara, è ben meglio che se lo metta bene in quella deliziosa testolina: l'estate, ahimè, è proprio finita per ben sul serio. Certo, siamo ancora in magliettina e senza calze e abbiamo ancora quell'aria di salute dorata e biscottosa, carezze di quel sole di cui ci siamo fatte scorpacciate. Ma presto, molto presto, sarà autunno davvero e la nebbiolina che ora avverte nel suo altrettanto delizioso cervello, ci sarà, ma sì, proprio fuori dalla finestra. Già. La patologia comunemente chiamata Sindrome da Cambiamento di Stagione è più brevemente definita scazzo, e non faccia quella faccia lì, che siamo nel Benemerito Paese dove basta dire un Vaffan e ti invitano da Santoro. Comunque, ben meglio sarà che s'organizzi: non più fresche insalatine ma zuppe e passati. Non più camiciole ma felpone e sciarpone. E i parei se li scordi per un pò. Coraggio, si abituerà. Nel frattempo, le prescrivo una bella cura. Ricostituenti, per iniziare, ginseng e guaranà, per finire. E cachemere, cachemere, cachemere in quantità. Bell'e pronto o da tricottare nel prossimo Knit Cafè, nel cachemere v'è la soluzione ai suoi acciacchi. Da qualcosa bisogna pure cominciare, no?

22 settembre, 2007

Il Premio della Critica.


Nel senso più letterale del termine, però. Nessun tappeto rosso, nessun And The Winner Is, nessuna foto in abito lungo d'ordinanza, anche se il tour di vetrine di ieri mattina poteva fare al caso mio, ho provato un cappotto viola da non dormirci la notte e alla fine sono uscita con un paio di scarpe, ma va?, che ne avevo tanto bisogno. Ma di critica, si parlava. Le critiche più spietate, più crudeli, che fanno più male non sono certo quelle delle Dame di Carità della città in cui vivo, non delle Vicine, adorabili, non dalle Amiche, certo che no. Sono quelle, impunite e sfacciate, che fuoriescono dalle rosee boccucce dei miei figlioli. Dai maschi, com'è ovvio. Loro, i Principi del Liceo e/o dell'Ateneo, i Gran Visir del Buon Gusto e dell' educazione, loro, sì, Profeti del Saper Vivere e delle Buone Maniere, mi criticano. E come ti sei vestita, ma dove credi di andare, ma qui e ma là. E di me, parlano e sparlano. Di come sono. Pettegola. Chiacchierona. Che voglio sapere. Serpente a sonagli. Che mi bulleggio ( che ancora bene non mi è chiaro il significato ma studierò la questione). Che mi impiccio. E soprattutto, regina incontrastata di tutte le Critiche Mondiali.....CHE SCRIVI I FATTI NOSTRI. Già, scrivo. Di me, delle cose mie, della mia vita, delle cose che faccio e di quelle che no, tanti mi hanno chiesto perchè, e io mai che abbia dato una risposta uguale per due volte di seguito. In realtà non lo so nemmeno io. Ho scritto diari da tutta la vita, e tenuto fotografie e raccolto spaghini dei regali e bastoncini del gelato e biglietti del cinema e carte d'imbarco e scontrini e bigliettini quelli bianchi nei mazzi di fiori. Scrivo perchè questo pezzo della mia vita mi piace così tanto che lo voglio un pò fermare, non so, raccontare, sì, che male c'è, e cosa importa se chi lo legge è qui vicino o a Singapore. Da tutto il mondo, è vero, si può vedere da dove leggono dei miei figli e dei gatti e dei miei ricami e dei miei magoni. Resta la curiosità, a chi può interessare che cosa faccio io, e l'orgoglio, anche, ma guarda guarda, mi leggono anche da lì. E mi dicono, dai, scrivi ancora. Pubblicherò, un giorno non lontano, quando una Casa Editrice finalmente vorrà raccogliere le mie Fragole, e allora, sì, ai miei figli che non capiscono dirò che ogni mamma ha un sogno. E da quando avevo l'età loro, cari i miei trucidi piccini, il mio sogno è questo qua. E non sono brava a inventare i personaggi, che anche alla Holden me l'hanno detto, no, inventare i personaggi non ti viene tanto bene, scrivi di quello che sai. E io, so di voi. Così, scrivo. Scrivo e aspetto. Scrivo e pubblico ogni giorno. E ogni giorno il mio sogno si avvera, attravero tutti i click che mi fanno dal mondo e dalla casa qui vicino. E sono felice. E a voi, figliolini adorati, dico che smetterò. Smetterò e non dirò, per esempio, della cena di ieri sera, col mare e la luna, tutti insieme anzi un pò di più, che la Biondina Timida era dei nostri, che ha avuto in dono dal Feroce Capitano la maglietta dell'equipaggio e che...ops! Ma si sa, le mamme che sognano son così sbadate.

20 settembre, 2007

Itaca.


Tornati, i miei naufraghi. Raccolti col cucchiaino, in verità, stravolti da quasi 15 ore di navigazione, il mare grosso, i temporali, nonostante le previsione, bruttine sì, ma chi immaginava onde del genere. Arrivati, salati e stanchissimi, e io sul pontile coi tacchi e il vestitino, ma come, dico al mio sposo, non dovevamo andare a cena? certo che no, bellezza, dai uno sguardo qui sotto, i barattoli allineati con grazia in cucina, benchè molto ermetici e molto legati, sono praticamente esplosi nelle burrasca, e per terra è un delirio di sale e caffè e zucchero e biscotti fradici e io, con licenza parlando, ho bagnate anche le mutande e sogno una doccia calda e lenzuola fresche di bucato e dormire, dormire, dormire, che tutto 'sto sù e giù mi ha intorcinato le budella e anche il cervello. Sì, sei carina, ma ti posso guardare meglio domani? Come dirgli di no. Fascinoso, il mio sposo travestito da Ulisse, ha gli occhi più verdi, stasera, ed è vero, è stanco e affamato e un pò sciabordito, ma ha in sorriso che stende e che quasi non ricordavo. E io qui, con le scarpe in mano e il vesititino tirato sù, a scaricare sacche di biancheria da lavare e souvenir de la Corse. Eccola qui, la mia bizzarra famiglia, l'amore più grande che ho, riunita in cucina, anche se è tardi e bisognerebbe andare a dormire, ma le cose da raccontare sono tante e ho fatto un pane croccante che si spazzolano in un secondo. Stasera, ogni letto di casa mia sarà occupato. E il mio sposo accanto a me. Era ora, in fondo, fare la Penelope per un pò va bene, ma che non si esageri. Quanto alla mia camicia da notte da corsa, viola pervinca e con scollatura, che le devo dire, signora mia, Ulisse manco l'ha vista. Pazienza ci vuole, coi marinai.

17 settembre, 2007

Piroette.


Mai fatto danza in vita mia. Lo si capisce dal mio passo da corrazziere. E dalle spalle, anche, da anni di nuoto e atletica. Perciò le mie piroette son tutt'altro che aggraziate. E meno male che non lo sono. Esse infatti si svolgono non già alla sbarra, sul parquet scricchiolante, in una immensa sala prove all'ultimo piano di un palazzone del centro storico, dove un'arcigna zitella al pianoforte e una maestra non zitella ma arcigna ella pure svela i segreti del pliè e del degagè a fanciulline sbadiglianti di ottima famiglia, che la danza fa bene al portamento. No, no, le mie piroette son di tutt'altrissimo genere. Passo, trafelata, dalla fila alla posta alla fila alla Motorizzazione Civile, che signora mia, i figlioli crescono e pure il Nuovo Liceale ha da dare l'esame per il ciclomotore, oh yes. E poi, via, a razzo, ad altre file e altre incombenze, il medico da cambiare che il pediatra resta solo fino al quattordicesimo anno , non lo sapeva? e poi ancora in Comune per la mensa della PrinciGolia, intesa come caramellina, che stamattina era imbronciatissima. E io danzo, danzo su e giù per la città, e osservo la gente che è in fila con me, o nella fila vicino e mi chiedo, mi chiedo molto. Perchè mai agli extracomunitari gli impiegati diano del tu, perchè c'è gente che ha una faccia così triste e rassegnata, perchè è così raro trovare qualcuno mediamente gentile, perchè le signore col velo e i passeggini sono le più educate di tutti, perchè quel signore disoccupato che chiedeva l'esenzione del ticket era incravattato e incatenato e profumato alla nausea, perchè gli anziani hanno sempre più fretta di tutti, perchè alla posta hanno ancora la colla col pennello in un vasetto di vetro, perchè nessuno ha in mano un libro o un giornale e stanno lì, tutti rimbambiti e imbesuiti ad aspettare il proprio turno e nessuno, nessuno che gli venga voglia di scambiare una chiacchiera o un sorriso con nessuno. Perchè le donne straniere hanno le scarpe che fanno rumore, perchè parlano a voce altissima, perchè gli uomini si danno tre baci come a Parigi, perchè i bambini non fanno mai un capriccio, perchè se fai sedere un vecchietto ti guarda storto e fa finta di non sentire, perchè, perchè, perchè. Sarà che ho avuto troppo tempo per osservare e avrei voluto tirar fuori il mio ricamo di Natale (di già?) che 32 persone davanti alla Posta sono un bel numerino, sarà che oggi ero così di buonumore, che sembrava freddo e invece no, è ancora dannatamente estate qui, e allora, che m'importa della gente e della confusione, sorrido dentro di me, sono in pace e sto bene, di niente, in realtà, ma è tutto così tranquillo, nonostante il caos, e quindi e perciò sarà meglio che continui, sorridendo e sorridendo, a fare le mie piroette. Che nonostante l'atletica e i 200 farfalla, non mi vengono neppure tanto male, sa?

14 settembre, 2007

Ode alla Gocciola.


Che la Gocciola fosse un bel tipino, si era già scoperto da un pezzo. Non passa certo inosservata con tutti quei gioielli di cioccolato da far invidia e quelle curve, che già ravanando nella biscottiera, anche senza guardare, ti accorgi che non può essere nè un Pan Di Stelle , nè un Savoiardo, men che meno una Fetta Biscottata. E' sinuosa, accattivante, melliflua. Seducente, direi. E lui, quell'ingenuo del latte, c'è cascato in pieno. La adora. Si è lasciato abbindolare, innamorandosi perdutamente di lei. La accarezza, nell'intimità della tazza, appena tiepido e giammai bollente. La coccola. E lei, la sfrontata, ci gioca, si fa intingere e girare col cucchiaino, si immerge un pò e riaffiora, nel candore, con i suoi monili al cioccolato appena un pochino sciolti. Dicono sia un pò vezzosa e che si dia un sacco di arie, e che non lo confessi a nessuno ma che anche lei straveda per il latte. Si amano così, nel silenzio della cucina, a colazione, principalmente, ma anche in quei momenti di pace perfetta e solitudine gradevolissima, di calma apparente, in cui si vogliono coccole e dolcezze. La tenera, segreta storia tra Latte e Gocciole vi conquisterà e sarà amore al primo assaggio. Anche la Gocciola ci è cascata: nel latte, intendo.

13 settembre, 2007

Dormi.


Da sempre, niente al mondo mi dà più pace di guardare i miei figli dormire. Sono momenti in cui ti senti un pò artista, un pò prescelta, bravissima e perfetta. In queste sere, la Princi ha trasferito il suo pigiamino a pois sotto il cuscino del mio Sposo, ed è lei la sostituta ufficiale. Mi piace che sia lì. Mi piace sentire il suo profumo della sera, un misto di sapone e dentifricio, mi piace che salti sul letto già assonnata, Però Parliamo, Vero Mamma? e si copra fin sulle orecchie e si rannicchi strofinandosi, e chiamando il gatto, salvo poi addormentarsi di stecca, così, bam! alle mie parole sussurrate risponde solo a mugolii e poi, silenzio. La sento respirare dolce, e poi profondo, e guardandola, penso a lei, alla sua giornata di scuola appena iniziata, alle amiche, lo zaino e la gomma da cancellare, le sue paure, la sua tazza di latte, e le sue prove davanti allo specchio. Vorrei vedere i suoi sogni, di gnomi, elfi e folletti, lustrini e paillettes. Attraverso i suoi occhi chiusi, le ciglia appena un pò più bionde sulle punte, vorrei dormire il suo sonno, tenermela vicino e guardarla e guardarla, e vedere le cose che vede, sognare i sogni suoi, dormire col suo sonno di nuvole e neve e di questo respiro, così regolare e profondo, che sa di beatitudine infinita, Sono al Sicuro, Il Mio Mondo è Questo Qua. Niente dà più pace e niente è così difficile da descrivere, di un bimbo che ti dorme accanto. E tu dormi, bambina felice, dormi. Domattina sul cuscino accanto a te, un lustrino, una paillettes, la piccola impronta di uno gnomo burlone.

12 settembre, 2007

Jarabe De Palo - Mi piace come sei

L'inca@@atura.



A mille. Di quelle che così te ne vengono una ogni 2 anni, forse. Devastante, assoluta, sconvolgente. Piena di imprecazioni e vaffan, che non è più l'8 settembre e nemmeno Grillo mi sta tanto simpatico. Che ti fa bruciare gli occhi, stringere i denti, furente. E lucidare la cucina come fossero i gioielli della Corona, che ti fa scaraventare fuori il gatto, ecco, vai fuori, mi hai rotto anche tu. Quando è così, niente e nessuno te la farà passare prima di un paio di giorni, pensi, e anche se arriva la Princi e ti fa una carezzina e un sorriso pieno di zucchero, è solo per un attimo, e poi, la stizza riaffiora, come i palloni da calcio nel mare e ti ci siedi sopra ma loro no, schizzano fuori dall'acqua. E così, mescoli il budino alla menta come i muratori del tuo Amico quando preparano il cemento, e sbatti e sbatti che in un attimo è pronto, ma quale frusta, ma quale Kitchen Aid, basti tu. Inviperita, imbestialita, che non è irritata o alterata, men che meno arrabbiata o contrariata. Inca @@ata, ecco. Altro nome non c'è.

11 settembre, 2007

Un tuffo.

E nemmeno dove l'acqua è più blu, niente di piùùùùùùù. Il tuffo c'è stato, eccome, direttamente dalla sabbia bianca alla Coccoina, dal mare d'inchiostro all'inchiostro per la stilografica della Princi. Si riede, signora mia carissima, alle cose terrene, passando dritti dritti dalla fantasia del pareo a quella delle copertine dei quaderni, dalla stuoia al dizionario. E' tutto un fiorire di ri. Si ri-prende il tacabanda, si ri-comincia a svegliarsi all'alba o quasi, dovendosi ri-abituare al bit bit della sveglia, si ri-prende a stazionare, nei secoli dei secoli e volesse il Cielo per l'ultimo anno, davanti alla scuola. Ed è qui che si ri-trovano le donne di sempre, amiche e non già, abbronzate e palliducce, ingrassate e dimagrite, simpatiche e Che Dio Me Ne Liberi, è qui che si sfoggiano le mises più eleganti per il rito mondanissimo del primo giorno di scuola. E' qui che si indossa l'ultima Christian Louboutin tacco 15, qui che si fa sfoggio della collezione autunno inverno Prada Sport, esattamente qui che la messimpiega deve per forza di cose essere superimpeccabile, senza un capello fuori posto, a costo di avere l'ultimo bigodino occultato sotto il sedile dell'automobile. Che diranno di me, allora, presentata in jeans e camiciola, capello lungo e un pò arrostito da vento e sole, ma col suo bel perchè, ça va sans dire, munita di sacchettone per la Princi stracolmo di Rotoloni Regina per la Scorta Armadietto, sonnolenta perchè il Nuovo Liceale ha avuto la bizzarra idea di trovarsi alle ore 7,30 con i nuovi compagni. Ma insomma, non ci si ha da lamentà. Le sciagure son ben altre, già lo dissi in più d'un'occasione. Così, continuo coi tuffi. E non piangere salame dai capelli verderame. Verderame? Ho detto arrostiti.

09 settembre, 2007

L'ho fatto.

E' stato bello. Emozionante, anche, non comprensibile da chi lo fa sempre e magari ci si annoia pure e non ne può più. Per la prima volta nella storia della mia vita, ho fatto la cognata. L'invitata. Quella che arriva col vestitino buono e qualche figliolo, un pensierino per la padrona di casa, un vassoio di paste, quelle legate col cordino dorato, come nella tradizione della città in cui vivo che non è la mia, già, ma la mia, invero, quale sarà mai? Troppi traslochi e transumanze e spostamenti. Adesso, si ha voglia di radici. Da un pò di tempo, in realtà. Si ha voglia di non sentirsi sempre stranieri in terra straniera, di sentirsi dire, Siete Soli, Venite a Pranzo, Domenica? E mica da persone qualsiasi, si badi bene. Ora, càpita che la scrivente abbia sì una famiglia che è simile ad una falange armata, unita e compatta. Ma a volte, sono le origini che mancano, siamo tutti un pò sparpagliati, forse nemmeno tanto legati, o forse legata la sono solo io e gli altri hanno fatto un corso di Slegamento da Figlie e Sorelle e sono stati promossi a pieni voti. Com'è come non è, oggi mi sono recata. In visita pastorale, su invito, da parenti inventati. Da cognate che erano e non sono più. Da sorelle di cognate che cantavano con me in chiesa centinaia di anni fa, che se ci fossimo messe, oggi, avremmo cantato l' Ave Verum di Mozart proprio come Bocelli, la sappiamo a memoria, mica bruscolini. E suo marito, che è stato mio catechista per la Cresima e a dirlo non sembra neanche vero, preparava il soffritto e chiacchierava con me con la limpidezza e l'accento benevolo e carezzevole che solo le persone di queste parti, le mie, hanno con me. Delle cose passate, neanche una parola, ma in fondo io che c'entro, i matrimoni finiscono solo tra due persone, chi mai l'ha detto che si debbano aspirare col battitappeto anche le persone che ruotano intorno agli sposi non più sposi? Certo, deve passare del tempo. Deve esserci un nipotastro che adoro, che ha il mio cognome e gli occhi dolci, unico sulla crosta terrestre che mi chiama zia e io mi sciolgo ogni volta, perchè sua zia la sono davvero e per un pò non l'ho fatta e sto cercando di riprendermi il tempo che ho perso, non per causa mia. Si rimedia, con gli affetti. Coi risotti della domenica, con gli inviti da una famiglia che non è la tua, ma che ti regala marmellata e conserve e ti dice Ti preparo Un Caffè, come, a me? E ci si trova a spettegolare di gente che non pensavi più, di cose e persone, a sentire il campanile, a dire ancora qualche parola in quel dialetto che un pò hai scordato. Ma le ragioni dei sentimenti, della vicinanza e del bene più schietto, vanno al di là delle carte bollate. Cognati o non cognati, amici che sembrano cugini, Amiche del Cuore che passano apposta per farti un saluto, grazie di farmi sentire, nel paese che non è più il mio, ogni volta, a casa mia.

08 settembre, 2007

La gita scolastica.


Ma sì che ci siamo. Lunedì inizia la buriana. La sarabanda. Il delirio. Il Gran Ballo della Scuola. Da qualche anno, ho istituito a casa mia una serie di piccoli riti, stupidaggini perlopiù, ma che rendono un pò più dolce il rientro, la sveglia presto, per cominciare, e i ritmi scanditi, per finire, i giorni programmati, gli impegni, insomma. Finiti i giorni senza orologio, a chiedersi se è martedì o domenica, il rientro è caratterizzato dalla cerimonia della Scorta Scuola. Si sceglie con cura un supermercato, meglio se in un centro commerciale, e, ben forniti di pecunia, i figlioli son tanti, signora bella, e con quel che costa la roba al giorno d'oggi, non mi dica nulla, guardi, e ci si reca. Ieri era il giorno designato per tale operazione. La PrinciBigBubble al settimo cielo, anche perchè quest'anno abbiamo avuto una new entry. Mi sono caricata infatti uno stuolo di figli, i miei, e anche la Biondina, che mai, mai, mai avrebbe lasciato solo il suo Amato nell'ardua impresa di scegliere un temperino. Detto fatto, ci recammo. In realtà la situazione ci è un pò sfuggita di mano. Non soltanto perchè durante il viaggio si è deciso che sì, in fondo di quaderni nuovi ne avevano ancora dell'anno scorso e che con pastelli e pennarelli ci potremmo lastricare la Fifth Avenue, e che forse, però, magari, un giretto da Zara per un maglioncino con scollo a V, che vanno tanto di moda tra i liceali, un vestitino, mamma, che quelli che ho mi sono corti, com'è, come non è, mi sono lasciata convincere. Ora, chi ha figli adolescenti o giù di lì, sa con precisione che razza di estenuante, sfinente, raccapricciante compito sia fare spese di abbigliamento con loro, i figlioli. In tali situazioni, anche il più disinteressato alla vicenda assume atteggiamenti da Maria Callas in camerino: o prova decine di jeans (tutti uguali) o non ne prova nessuno e bofonchia. Ho stilato un piano d'azione. Ci dividiamo, ognuno cerca per sè con un occhio al budget e poi ci troviamo alla cassa. E' stato divertente. Ci sono passaggi, nella vita di una donna, in cui fare la mamma passa da soffiare nasi, a sentire sul polso se il latte scotta, a guardare Bambi per la centesima volta, a costruire coi Lego, a pettinare le bambole. E poi, via via, il tempo ti scivola, e quando scopri che, accidenti, ti hanno superato di almeno due centimetri e non sai più esattamente che cosa succede, se sono loro che crescono e tu che stai ferma. E adesso, qualche volta, sono loro a far giocare te perchè insieme ti capita di ridere fino alle lacrime e a far confusione da Zara, come all'Upim di Firenze nel '79, e allora non ti importa se sulla prossima torta avrai due 4, e che non sono voti, ma ti senti bene e felice e un pò ragazza, e fai finta di scandalizzarti un pochino se il Liceale e la Biondina si baciano ogni 5 secondi, e te li guardi, grandi e bellissimi, e la PrinciDolce che li consiglia, Il Marrone Non è Il Tuo Colore, ma dove lo ha imparato? Tornati a pomeriggio inoltrato, stanchi, felici e senza il becco di un quattrino. Ma in segreto, in camicia da notte, appena prima di lavarmi i denti e andare a dormire, mi sono data un bel 7, e questo è un voto, signora cara. E il mio sorriso nello specchio, ma guarda un pò, era uguale uguale a quello del '79. Un regalo dei miei figli.

06 settembre, 2007

Casa.


A casa, alla fine. Una casa strana, diventata in quese ultime due settimane il ritrovo di gran parte degli amici dei miei figli, luogo di bivacco e di tornei infiniti di Playstation, di film di Blockbuster, di pastasciutte, di confessioni sul divano e spero solo quelle. L'ho trovata impeccabile, al mio rientro. I fornelli splendenti, non la traccia di una briciola, i letti rifatti, le lenzuola tesissime. Non mi convince. Scoprirò più tardi, infatti, che il ritardo della mia nave è stato provvidenziale e che un piccolo esercito di giovinastri, armato di Glassex e aspirapolvere, ha rimediato ai misfatti compiuti. E' il risultato quello che conta, no? Complimenti ai figlioli, miei e non. C'è un sottile piacere a ritornare alle cose di sempre, alle più semplici e più piccole, in fondo. Passato il primo smarrimento tra valigie e zaini, pochi, in realtà, viaggiavamo solo io e la PrinciFolletto, si ha il tempo, beato, di assaporare in pace ogni singolo angolo di questa casa colorata, sterminata, disseminata, piena di angoli e anfratti dove ognuno possa fare in pace quel che più gli aggrada, il broccolo davanti alla TV, l'intellettuale con un libro in mano, la sciccosa ricamatrice, il moderno internauta, la cuoca provetta, la nullafacente, la sbadigliante, annoiata donna di campagna, condizioni, queste ultime, che vorrei provare, ogni tanto, ma che, ahimè, sono di difficile messa in atto. C'è un momento, che và da quando posi le valigie a quando decidi di iniziare a disfarle, che il tuo cuore si riprende, o meglio, riprende possesso delle cose che ama, le sue, quelle che sa. Un giro rapido, a constatare che sì, il prato è bello e verdissimo, con l'acquazzone di due giorni fa, e le ortensie hanno perso il loro colore sfacciato dei pastelli, e sono verdine, opache, affascinanti, nel loro abito quasi autunnale. Mi piacciono anche così. E ritrovi i piatti a cuoricini e quel bicchiere sbeccato che non hai coraggio di buttare e decidi, su due piedi, di usarlo di sopra, per le matite. Sfiori appena la posta accumulata, non ora, per piacere. Sei a casa, si sente dall'odore. Vale per tutti, mi sa. La mia sa di cera per i mobili, di miele, credo, di vaniglia per via delle candele spesso accese. E di caldo. E qui, in questa casa in collina, in mezzo a tante ma unica, inizio da subito la mia vita di sempre, che non è il mare e la sabbia, ma figli e libri e zaini e spese e cene e verdure pulite mentre un figlio racconta, e le note sulla lavagna e i fiori freschi e grida dalle scale e pace sul divano, le fusa del gatto e due manine che mi fanno una treccia. "Home is where your heart is". Siamo a casa. Anche il cuore lo sa, anche se crede, impertinente, che lui possa stare in due posti diversi.

03 settembre, 2007

E tanti saluti.

Così, me ne vado. Tanti saluti, torno all'altra casa, quella col ciliegio, i gatti, il cane e il pettirosso. Domani si parla di una gran maestralata, chissà che mare ci sarà. Ma io, vado e tanti saluti. A tutti quelli che sono passati di qua, agli amici persi e ritrovati, ritrovati e persi, a quelli smarriti e a quelli che non si sono mai mossi da dove sono. Tanti saluti alle Crocs, alle donne rifatte, alle trentenni tristi e insoddisfatte, a quelli del Billionnaire, a quelli del Conosco un Agriturismo, tanti saluti ai tender, ai merdosi di Porto Rafael, ai marinai, alle filippine, saluti al contadino che vende la verdura all'incrocio, al ragazzo che Signora, Formaggio Le Occorre? Tanti saluti alle ceste di paglia, agli ambulanti della spiaggia, a quella che faceva le treccine, alla pilotina che vende i gelati all'Isola Piana, saluti ai gabbiani, ai delfini e alle balene, Saluti alla statua di Costanzo Ciano, posto che adoro, mi affascina, mi calma e mi dà pace, saluti ai parei, ai flaconi di Nivea, ai balsami al cocco, agli occhiali da sole. Tanti saluti al vento, alle onde più alte, al mirto e alle candele, agli aperitivi improvvisati, alle paste per 16, alle notti di luna, all'arcobaleno, che non si vede ma c'è. Tanti saluti ai pensieri più belli, alle lacrime, anche, alle storie passate, alle cose raccontate e a quelle ascoltate. Saluti ai sogni, belli e no, al rumore del vento sulle foglie, alle stelle cadenti e ai desideri, non se ne avvererà nessuno, lo so già, ma è stato bello farli. Saluti ai surf, alla sabbia e alle palette, ai salvagenti, alle gare di tuffi e alle notti alla fonda. Saluti all'estate che và via, strana e crudele, velocissima e trasparente. Domani sera, tante cose lasceranno quest'isola, insieme a me. Un pò di tutto questo lo porterò via. Ma qui lascio ogni volta un pezzo di cuore, un pò del mio tempo, i miei figli che crescono, le altezze segnate chissà perchè, sul muro accanto al frigo. Lascio un pò dei miei giorni, ogni volta un pochino, e andar via da qui è sempre così strano. Perciò, prima che diventi triste sul serio, baci abbracci e auguri per tutto, strangolerò il prossimo che me lo dice. Restiamo sul classico. E quindi e perciò, TANTI SALUTI.

01 settembre, 2007

Bricolage.

Con le passate giornate di tempo non proprio da spiaggia, con transumanze da curare, biglietti da fare, lavatrici da suddividere al motto di DiChiSonoLeMutandeAzzurre? assettare la casa già un pochino per l'autunno, abbiamo un matrimonio a fine ottobre, sull'Isola, possiamo mica mancare, in queste giornate, per l'appunto, m'è punta vaghezza di copiare dal famoso libriccino francese di cui sotto, un porta bijoux. Non già quei bei cofanetti delle caramelle Sperlari, quelli che non si incartavano mai, e nemmeno quelli con la ballerina e il carillon, o meglio, quelli tutti tempestati di conchiglie e foderati di vellutino, non mi vergogno a dirlo, mi piacevano da matti. Un quadro, mia bella signora, una cosa che sì, riunisca tutti i miei gioielli farlocchissimi, giusto per non trovarli dovunque per casa, si sa, nasco disordinata cromosomicamente, ma per vederli tutti lì, appesi in bellissima mostra nella casa delle vacanze che mi troverò tra qualche giorno a lasciare. Ingredienti per il porta bijoux: si trovi un bel falegname, palestrato q.b., che ti regali un pezzo di compensato, materiale di scarto, che cosa se ne fa di un assicella di queste dimensioni? Si aggiungano dei gancettini e due chiodi. E poi, manciate di collane e braccialettini, valore minimo, direi, nessuna preziosità, anche se ben si riconsce, al gancetto Precieux, l'anello che mi ha regalato la Fux. Si copi lo schema nei colori che più ci aggradano e che più si intonano al vostro umore del momento. Durata dell'operazione: una mattina di pioggia battente, con la nebbia che nemmeno si vede Maddalena, e la PrinciMedusa da assistere negli ultimi compiti delle vacanze. Ora, non resta che chiamare il Bel Falegname, e mostrargli l'opera compiuta. Aspetterò che il Capitano salpi.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...