09 febbraio, 2011

Mi chiamo Brambilla.

...e faccio l'uperari (dal milanese, operaio, ndr). Peggio che in miniera. Giorni frenetici lassù, nella casa in collina. Giorni che lasciano bell'e sfatti, bell'è stravolti, bell'e imbalsamati la sera intorno alle 10, che niente e nessuno può farti mai tenere gli occhi aperti ancora per un pò, nemmeno a giocare con lo shopping on line, nemmeno a mettere insieme questa scarpa qua con quel vestito là, come si faceva una volta con le bambole di carta, quelle ritagliate da Famiglia Cristiana, mia nonna era abbonata e mi ricordo che c'era una rubrica Vita in Casa, dove c'erano tutte le bamboline coi vestiti di carte e io giù a ritagliare, solo che si stropicciavano e allora, genio che ero, li incollavo dietro le scatole della pasta, così davanti erano belle e colorate e dietro avevano scritto Barilla o Buitoni, ma pensa te cosa mi viene in mente. Sarà che son sversa, che oggi in questa casa ognuno ha fatto qualcosa. Si è lavorato, organizzato un convegno, qualcuno preparava una tesi di laurea, qualcuno studiava, un altro urlava, qualcuno si ammalava, altri si inca@@avano a vicenda vicendevolmente. Chi scrive è passata con assoluta leggiadria da Tachipirine a stendini,  da telefoni ad arrosti, da computer a lavatrice, da supermercato, a raccattare un figliolo,  a lavanderia, apparentemente senza sforzo alcuno, così, per forza d'inerzia. Solo ora, la scrivente si rende conto che l'aggettivo giusto è bollita, nel senso che l'unico gesto che riuscirò a fare sarà lavarmi i denti e mettermi a letto. Dopodichè, nel giro di pochi secondi perderò conoscenza e mi obnubilerò nel nirvanico mondo del sonno, non già eterno, per carità, ma fino alle 6 e 50 di domani mattina. Perciò, buonissima notte a chi legge di sera, buonissimo giorno a chi legge a giorno fatto. E se entro mezzogiorno nessuno avrà mie notizie, passate pure a tirar sassolini alla mia finestra. L'operaia Brambilla non avrà sentito la sveglia e si sarà addormentata secca. Succede, oh se succede.

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