11 marzo, 2011

La latteria.

Stamattina ho voglia di mare. E di sole. Bella scoperta, e chi non ce l'ha? E poi di pizzi e di trine, di gonnine trasparenti, di tacchi e ballerine a giorni alterni, di rossetti sfacciati e smalti assurdi, di camouflage, che ieri c'è stato un attimo di panico vero nel negozio di Cristina, quello che è diventato l'appuntamento dopo il pomeriggio al knit, che facciamo una vera e propria invasione ogni giovedì e ne usciamo sempre con un piccolo regalo a noi stesse, ma io avevo voglia di pizzo mixato al mimetico, mixato alle perle e tutte a dirmi Ma Sei Fuori, persino la Princi scuoteva la testa, quei pantaloni militari proprio non le piacevano, occhiataccia di disappunto, Ma Mamma. All'insegna della frivolezza più assurda, dell'effimero e del piùchesuperfluo, ci si accinge in grazia di Dio a iniziare questo bel venerdì, il cielo laggiù promette bene, promette bene il fatto che stasera finalmente saremo di nuovo tutti, e la mia casa diventa la casa di sempre, non siamo sempre a contare chi c'è e chi non c'è, l'Universitario, da non confondersi col Laureando, riederà in serata dalle sudate carte, oggi è per me un giorno di semplice beatitudine, niente o quasi da fare, letio brevis, come si ama dire in questa casa, e un altro week end, giorni infilati come perline, qualcuna di plastica, qualcuna di vetro, qualche sasso sporco, qualche brillante, a fare  una collana lunghissssssssima. Ieri ho avuto la precisa sensazione che questo posto, le Fragole, siano una specie di latteria, non un salotto, non un bar, proprio la latteria, con le sedie di plastica e i tavolini di alluminio leggero, quelle con le tende di gomma a strisce alla porta di ingresso, quelle che vendono le caramelle nei vasi di vetro col coperchio che si svita, da prendere con la paletta e da pesare guardando fisso la bilancia, sono 2 etti di ginevrine, lascio? E' una latteria dove si passa ogni giorno, per pochi minuti ritagliati alla giornata, dove si trova quel che si vuole trovare, un sorriso piccolo, magari, un'idea che fa pensare, una cretinata che fa ridere e dire Ma Che Scema E' Questa Qua. Ieri, ho avuto la precisa sensazione di cosa sono le cose che scrivo, di cosa significano, di come arrivano. E questa cosa mi ha scaldato. Felice, molto felice di ciò, io che scrivo la mattina presto prima d tuffarmi nelle cose mie, prima di iniziare questo venerdì di sole e tranquillità, a chi sa che ci sono, e sa che parlo a lei,  mando un pensiero speciale, un invito a passare ogni giorno da questa latteria,  a chiacchierare con me e con tutte quelle delle Fragole, che sono tante ma così tante che non si immagina, e che magari una piccolissima mano la riescono a dare, nel delirio della vita di ciascuno, che già è complicata così e qualche volta un giro per di qua di certo non fa male. Buonissimo venerdì di cose belle, di pensieri delicati, di pantaloni militari con pizzi e perle, di piccole soddisfazioni, di un giro in latteria per vedere chi c'è.

10 marzo, 2011

Sarai salva.



Non che ce ne sia bisogno. Di salvarsi, intendo. Ma a volte è necessario sapere come, esattamente come le hostess sugli aerei, ci hai fatto caso? pochissimi danno loro retta, pochissimi le guardano mentre spiegano di seguire il percorso luminoso sul pavimento e nell'improbabile caso di ammaraggio. Sarai salva. Se avrai ancora voglia di sorridere, comunque e sempre. Se ti perderai ancora nelle librerie e carezzerai piano le copertine, e annuserai, e aprirai il libro per vedere com'è scritto e leggerai una frase e poi lo rimetterai al suo posto, ordinato, che fascino perfetto hanno le pile dei libri nuovi, ma anche quelli usati del Libraccio, i libri, in generale. Sarai salva se troverai in ogni giorno almeno tre cose belle, siano esse una torta, il sole, o il gatto, o il sorriso dell'uomo che ami a colazione, anzi no, questa vale più di tutte. Sarai salva se potrai prenderti ogni giorno un pò di tempo per te, per scrivere, leggere, o fare niente, stare lì a pensare, provarti una pettinatura davanti allo specchio, canticchiando piano con le mollette  in bocca, è così che si fa, e facendo la faccia da oca, o le smorfie, tanto non ti vede nessuno, che t'importa. Sarai salva se avrai un'amica che ti dirà Devo Parlarti e tu sai che è un segreto che dice solo a te e che tu sola sai, e che non dirai a nessuno al mondo, a nessuno al mondo mai, nemmeno sotto minaccia. Sarai salva se avrai giorni belli e giorni no, e se imparerai  a riconoscerli e saprai che passeranno, prima o poi, e tu, guai se ti fai prendere dalle cose, guarda in giro quel che c'è, ma non in giro in giro, in giro in casa, guardali dormire gli abitanti di queste stanze, e allora riesci a capire bene che cosa voglio dire. Sarai salva se saprai chiedere aiuto, se saprai darlo, se penserai a te e anche agli altri, se non farai mai questioni di principio e stupide ripicche, se riconoscerai gli errori e non ti pentirai di averli fatti, ma li userai e imparerai. Gli sbagli li hanno inventati apposta, per farti capire che si può rimediare, in qualche modo, sempre. Sarai salva se avrai sempre un sogno, un progetto e un desiderio, sempre, sempre. Insipida e vuota  è una vita senza un sogno da realizzare, un progetto da portare a termine, un desiderio semplice, come vuoi tu, una vacanza, magari, un mazzo di tulipani o di margherite piccole, quelle che spuntano sul pratino, quelle da legare col filo, una Chanel 2.55, andare a Dublino, riprendere a giocare a tennis, rivedere chi non vedi da un pò. Sarai salva se non metterai musi, se saprai chiedere scusa, anzi no, se saprai dire Mi Dispiace, che è meglio di scusa, perchè scusa è una parola di cinque lettere che non vuol dire niente. Sarai salva se imparerai, se non ti darai mai per sconfitta, se continuerai, se ricorderai, dimenticherai, e perdonerai. E amerai, con tutto il cuore, con tutta l'anima e anche di più, amerai le cose che fai, le più importanti e le più sciocche, anche, perchè anche loro hanno un senso, se ci pensi bene, e tutto insieme, sacro e profano, diavolo e acqua santa, ti fanno essere quello che sei. E trova il tempo. Per calmarti se sei in ansia, per darti un giro se sei ferma, per camminare più veloce o rallentare un pochino, a seconda dei casi. E quando non troverai il sentiero, quando ti sembrerà che niente e nessuno potrà mai fare qualcosa per te nè tu per gli altri,  che tutto è storto e traballante e sghembo e lacero e tu sei straccio sfilacciato e è tutto buio intorno a te, se avrai imparato una canzone a memoria, se avrai fatto scorta di coraggio e ti ripeterai Massì che Ce La Faccio, se ti sforzerai a trovare TreCoseBellediOggi, allora sì che davvero  sarai salva.

09 marzo, 2011

Il Chiosco.



Si va per tentativi. Si cerca di scuotersi. Di tirarsi fuori. Di dire, eccheccavolo. Di darsi una mossa, un contegno, una scossa qualsiasi. Non si sta male, nemmeno bene. Non si sta bene, nemmeno male. Una sorta di marmellata mal riuscita, troppo densa o troppo liquida, troppo dolce o troppo aspra. Troppo, in ogni caso.
Il sole di fuori aiuta, certo che aiuta, eccome se aiuta. Ma anche ieri, hanno tanto insistito a casa, fatti un giro, vedrai, ti fa bene. C'è un micro centro commerciale a pochi minuti da casa mia, non c'è granchè, ma almeno guardi le vetrine e fai la spesa tutto insieme, c'è pure la lavanderia che mi salva da dozzine di camicie ammonticchiate sul letto, le porti e te le restituiscono profumatissime e stiratissime, che grande meravigliosa invenzione è questa qua. Ieri ciondolavo, provavo smalti e gloss, e avrei voluto con me la vicina del 12, perchè il caffè del mattino p con l'Amica delle Perle, ma quello del pomeriggio, verso le 5, non è il caffè cittadino, è quello del mare, al chiosco laggiù, quello di Annalisa, nel bicchierino di plastica e con la palettina trasparente, quello che bevi guardando lontano, Facciamo Tardi Stasera, che tradotto vuol dire aspettiamo che se ne siano andati tutti e che la spiaggia rimanga deserta e che le ombre si allunghino sulla sabbia, e stiamo qui a chiacchierare ancora, i migliori progetti sono usciti nelle sere passate in spiaggia, conclusi, nessuno, ma così seri, come quella volta che si volevano importare cipressi o il vino argentino o cosa diavolo, ma che precisione a fare i conti, coi bastoncini sulla sabbia, finanza spicciola alle 8 di sera, davanti a un mare immobile e meraviglioso. Oggi, la vicina del 12 era forse un pò più vicina, l'alta finanza non ci sfiora, ma mescoliamo cose tremende a smalti e cazzate, e facciamo un riassunto veloce, calendario alla mano, transumanze di figli e cose e faccende e così il chiosco di Annalisa e quel caffè impagabile nel bicchierino con la paletta, non sembra poi così lontano.
Ah, lo smalto poi, era questo qua.

Le mimose stanno a zero.

Non ho trovato immagine peggiore. Io non reggo le mimose, almeno non oggi, non mi sono mai piaciute e non mi piaceranno mai, ma questo lo dico oggi. Oggi che  faccio i fatica a farmi piacere qualsiasi cosa, qualsivoglia, qualunque. E' un giorno che non gira per il giusto verso, si incanta, si inceppa, si ingrippa, non so come dire, stride, fa fatica, ecco. Faccio fatica io, sono io la fatica, l'impersonificazione dell'indolenza, del non fare, del vorrei ma non ce la faccio. Questa la mia festa della donna, ma festa de che, di che cosa poi, di chi? Le mimose stanno a zero in casa mia, ne ho ricevuto una fascina due settimane fa, e nessun fiore mai mi è parso più bello, e l'anno scorso dai miei figlioli maschi. Quest'anno un bel niente, non ne avrei voglia. Festeggio l'8 marzo come se fosse il 10, per dire, o il 25, non me importa un bel niente di niente, anche se c'è il sole, anche se, anche se, stasera non andrò a vedere alcun maschio che si spoglia ne ho già anche troppi in casa mia, che giornata delle balle, direbbero giù al porto, ma io che signora son, dico Che Strana Giornata, salvo poi accorgermi che non rende abbastanza l'idea, e allora, forse, Giornata delle Balle va anche meglio, e faccio finta di essere giù al porto. 

07 marzo, 2011

Ho fatto una torta.


Avevo voglia di fare un dolce, in generale, mi viene sempre, quando scende qualche figliolo e caccia la testa dentro alla sportello a destra, lo Sportello delle Merende, e ne esce con la faccia dubbiosa, Faccio Merenda, ma non sceglie, cincischia, non sa.  Così, se devi fare merenda, ti faccio una torta, di quelle che nemmeno devi leggere la ricetta perchè la sai a memoria, non è una gran fatica, alla fine, anzi, fare torte ti concentra, niente è più terapeutico di dosare la farina, pesare lo zucchero, o guardare il Kitchen Aid che sbatte e sbatte le uova, che monta i bianchi a neve, che fa e fa mentre tu stai lì a guardare, ipnotizzata. La torta sarà pronta tra pochissimo, la faccio per loro e la faccio per me, perchè mi piace il profumo che fa in cucina e sulle scale e mi piace sapere che anche se non ho combinato granchè, anche se mi sa che devo raddoppiare la dose di vitamine perchè sono uno straccio per pavimenti , ma non quelli nuovi e colorati che vedi al supermercato nel cellophane, quelli grigi, sfilacciati, che diventano di marmo se li dimentichi da qualche parte, ecco, mi sento uno straccio così. Ecco, dicevo, mi piace sapere che anche se non ho combinato granchè almeno posso dire, Che Ho Fatto Oggi? Ho fatto Una Torta. E mentre la facevo riflettevo, e pensavo e pensavo e pensavo, a cosa esattamente nemmeno lo so, i miei pensieri scivolano come anguille, tanto che alla fine mi fa male la testa da tanto che ho pensato, e se mi chiedi Allora? non ti so dire niente, forse sono i pensieri che non ne hanno voglia di starmi in testa e scappano appena possono, o forse nel mio cervello non c'è tutto quello spazio e sono già troppo impegnata a contare 300 di zucchero, 300 di farina e allora tutto il resto dei pensieri non ci sta, ma sono già contenta, c'è la torta per merenda, o per dopo cena, o per colazione domani, sparirà in pochissimo, non importa, ma quanto rassicurante è avere una torta tiepida di forno sul tavolo della cucina.

Il vento di qui.

Non so esattamente da dove arrivi, se da nord o da dove, io non so mai da dove arriva il vento, che in collina va bene, ma se si è per mare l'affare si complica eccome, meno male che ci sono persone e strumenti e aggeggi infernali che lo fanno per me. Il vento di stamattina e di stanotte, e di adesso squassa gli alberi del Prato di Là, da non confondersi col Prato di Qua, che ancora non l'ho visto. E' un vento forte, non bello, no, perchè non è il vento tenero della primavera, che porta fin qui il profumo dei fiori e l'odore del mare, lo dico spesso, da qui, nei giorni belli chiari che si vede la città, e il Duomo e le montagne, se chiudi gli occhi forte e stai a sentire, senti l'odore del mare anche se sei in collina, ma in fondo il mare non è lontano, meno di un'ora e ci sei al Mare Vicino, però quando lo dico mi prendono tutti per pazza e mi dicono Ma Va Là Che Non è Vero. E invece è vero. Sono due giorni di vacanza immotivata, lassù nella Casa in Collina, nell'assurdo ragionamento che si devano perdere due giorni di scuola per carnevale, ma che festa è, che ricorrenza è, che insieme a Capodanno, Ferragosto e San Valentino ci farei un bel falò e starei lì a guardare. Cionondimeno, due giorni di vacanza significano molto per questa casa, dove il delirio di orari e cose e impegni e transumanze è inimmaginabile, dove si sa quanti si è al mattino e giammai quanti si sarà fra un paio d'ore, chi torna e chi parte, chi pranza qui ma cena là, chi cena qui ma aggiungi un piatto e cose del genere. Nel frattempo, la scrivente si organizza, dovrà farsi passare la tosse che non se ne può più, sistemare alcune faccende qua e là, una spesa di quelle toste, dacchè un'invasione di locuste ha decimato le provviste. Intanto, il vento tira gli ultimi, di fuori, non è chiaro che intenzioni abbia mai, se crescere e diventare tempesta, o se lasciarsi andare a brezza leggera. E non lo so neppure io, che fare di me. Se ribaltare la casa o sedermi e fare niente, se uscire fuori e respirare questo vento rabbioso o stare a guardarlo da qui, tenendo i pensieri in superficie, non facendoli troppo scompigliare, che i pensieri scomposti son difficili  da governare, ti scappano da tutte le parti e ti lasciano vinta e spossata e stanca di una stanchezza che non sai, lasciali stare i pensieri frullati dal vento, lascia tutto com'è, qualche volta, è meglio lo stagno alla mareggiata, meglio la brezza alla tempesta, e non dire più che da qui si sente il mare, tanto, nessuno ti crederà mai.

05 marzo, 2011

C'è da scegliere.

Che gusto vuoi? A me piacciono quelli viola e detesto i gialli, ma forse nemmeno li ho mai assaggiati, tanto è l'avversione per il giallo, io non amo il giallo in nessuna sfumatura, mi piace l'arancione, quello sì, ma il giallo proprio no, non so perchè, eppure tutti i colori sono belli ma il giallo, grazie no. E' un sabato così strano per essere il 5 di marzo, fa ancora così freddo e di fiori nemmeno a parlarne, di viole, poi, neanche l'ombra, mai viste le viole sotto la neve. E' un sabato strano perchè ho dovuto contare 3 volte per capire quanti saremo a pranzo e a cena, un figlio che va e un figlio che viene, due che restano, magari, non è sicuro. Ma ci si organizza lo stesso, in fondo non c'è molto da fare, non ci sono grandi programmi, grandi tranusumanze, fa freddo ovunque e forse sì, mi piacerebbe andare al mare, quello vicino, o forse mi piacerebbe anche stare qui, a leggere e a chiacchierare, che bella sensazione quella del sabato mattina, hai davanti un foglio bianco e ci puoi disegnare quello che vuoi, decidere che alla fine puoi fare proprio quello che ti va, uscire o stare a casa, a cena, al cinema o tutti e due, forse nessuno. La grande libertà è deciderlo all'ultimo, concedersi il beneficio dell'indecisione, regalarsi dei momenti di assoluta indolenza. Di sabato vale tutto, vale vestirsi come capita, un maglione a trecce e i pantaloni di Zara, e poi d'improvviso, un abituccio di pizzo, tacchi e un velo di gloss e si è prontissime per la serata che inizia. Inverno non è più, primavera non ancora, qualche volta, anche le non situazioni hanno il loro fascino sottile, l'istante in cui scegli il tuo dolce davanti alla scatola, menta o cioccolato, ciliegia o vaniglia, e perchè non tutti e due, poi, dove sta scritto, ma chi l'ha deciso, il mio sabato ancora lo sto scegliendo, ditemi il vostro che gusto sarà.

02 marzo, 2011

Bellasera.

Questa casa sa di arancia sbucciata, non me ne ero mai accorta. O forse sì, me ne accorgo quando arrivo da fuori, o quando scendo da sopra, di sotto fa sempre un pò più freddo che di sopra, e anche di sopra-sopra, e quando arrivi in cucina si sente profumo di arancia, ma anche di buccia e di schizzi di arancia, per dire, che se tu sei alla frutta e qualcuno è ancora lì che si mangia un pezzettino di pane, alla fine si mangia anche la tua arancia, perchè per forza, se mangi il pane accanto a uno che mangia un'arancia, il tuo pane sa di arancia. Le riflessioni di questa sera sono volutamente leggere e per niente profonde, potrei fare una trattato del nulla, avevo fatto anche un tema una volta, ci avevano detto di parlare di niente, che non è tanto facile, anzi, non lo è per niente, avevamo letto Joyce in classe, ed ero in quella classe dove sono sempre stata l'ultima arrivata, la provinciale, la pavesina, dove criticavano il mio accento padano, e dove nessuno il primo giorno di scuola mi ha rivolto la parola, e dove nessuno mi ha detto Siediti Qui e io sono rimasta in piedi come uno spaventapasseri, ridicola, con la gonna a pieghe e le ballerine di vernice e mai mai mai più nella mia vita ho indossato quella maledetta gonna a pieghe grigia, io non sopporto le gonne a pieghe, e a pensarci bene nemmeno le ballerine di vernice, da tanto le adori le ballerine ma di vernice no. Non ricordo il voto, ma so che era altissimo perchè ho sempre avuto voti altissimi di italiano e di storia e il mio sogno era fare il liceo classico e quando ci si è iscritto uno dei miei figli sono stata contenta, e avrei voluto studiare con lui e per un pò l'ho fatto, ma poi la quarta ginnasio non è scuola da fare a tempo perso, e allora ho smesso ma mi sarebbe piaciuto, ecco. La bellasera è quella sera che ti verrebbe da chiacchierare con qualcuno, così, magari ai giardini o al mercato, e già stamattina ci ho chiacchierato con quei due ragazzi francesi che mi hanno chiesto la strada in inglese e poi alla fine parlavamo in inglese e in francese mescolato e avranno detto, ma che Fuori Sono Le Donne Di Qui, ma cercavano l'Esselunga, e devo dire che la strada per l'Esselunga la so anche in arabo e in sanscrito, per dire. La bellasera è quella che non speravi, che si è così in pochi, e che strana è questa casa che si passa dall'essere in 9 ad essere in 3 o 4 che è proprio poco e che si contano i piatti e si dice Ma Come, Così Pochi? I miei giorni di adesso sono più belli di quando prendevo 9 di italiano e proprio non li rimpiango quei giorni là, anche se avevo diciotto anni, graziosa, sì, graziosa come lo sono tutte a diciotto anni, che fino a Natale nessuno mi ha parlato o quasi in quella classe di stronzi a Torino. La bellasera è quando ti puoi lasciare andare e dire quello che ti passa per la testa, una volta lo scrivevo a penna e adesso lo scrivo invece qua, che la cena è già pronta nel forno e si aspetta che l'Eccelso torni dal suo lavoro nei campi. Bellasera sarebbe un bel saluto, al posto di buonasera, perchè bella è molto, molto più bella di buona e ha in sè una serie di auguri speciali, che sia una sera calda e serena e che scivoli piano fin verso la notte, che sarà buona di sicuro, se anche il giorno lo è stato, non è un brutto ragionamento, in fondo. C'è stato un vento freddo, non il massimo per chi ha avuto la febbre come me, ma ho camminato lo stesso in quel vento e mi ci sono fatta trasportare, anche, così come da questa bellasera mi lascio accarezzare e che sia bella per tutti, il vento ha smesso ma che freddo farà, siamo solo in 4, stasera, ho parlato di niente, che voto avrò preso, mi sa che sto meglio.

01 marzo, 2011

Zucchero, sassi e dadi.

 Senza soluzione di continuità, senza una logica precisa, nè un preciso modo di intendere le cose, uno qualunque, purchessia. La confusione, il dubbio e le incertezze, la rabbia sì, qualche volta e tanta anche, la matematica consapevolezza che le cose non vanno mai, ma proprio mai, come le vuoi fare andare tu, e che nessuno, nessuno al mondo mai ti regala un bel niente, foss'anche un periodo di quiete, che pure c'è stato ma cui segue spesso una tempesta così grande che te li fa dimenticare, i porti sicuri, il mare liscio e senza righe, di quel colore che sai. Zucchero e sassi insieme, mescolati nello stesso barattolo, la terra dentro l'insalata che non hai lavato bene e che ti scricchiola, tutto si riconduce a cose che non avevi previsto, che non erano in conto, che non dovevano essere, e allora, perchè? Si è fatta fatica ad arrivare fin qui, ma qui dove, poi, si è mescolato amaro, e amaro ancora si mescolerà, dacchè lo zucchero è finito e nel barattolo ci sono solo sassi, piatti e bianchi, qualcosa ci si inventerà, si sceglieranno le parole con cura, come si sceglie il velo di una sposa, si tornerà piano a piano a riderci di gusto, a spianare con le mani la tovaglia, a liberarla dalle briciole e dai toni foschi e dalle cose che non vuoi sentire, nemmeno avere, ma forse a qualcuno importa che cos'è che vuoi davvero? E' stato tutto un insieme di cose, da buttare all'aria, cose di poco conto mescolate assieme, che prese una per una erano solo piccole cose e che insieme fanno un anfiteatro di angosce e di smarrimenti, e adesso? Adesso un altro giro di dadi, se scuoti bene la scatola vedrai che c'è ancora zucchero nella credenza coi pomelli a fiori, col cassetto che si apre male e che devi spingere forte perchè si chiuda. Sassi e dadi han lo stesso destino, sono nati per essere tirati,  i sassi a rimbalzar sull'acqua, i dadi per giocare.

28 febbraio, 2011

Saturday Night Fever.

Se devi dire una bugia, dilla grossa. Se devi fare una rapina, vedi di rubare un brillante da mezzo chilo. E se proprio devi farti venire l'influenza, non limitarti a un raffreddorino e a un pò di mal di gola. Un bel febbrone a 39, signora mia, che era forse dai tempi della varicella, anno scolastico 1972 -1973, che non si registravano temperature di quel tipo. Sciagurata me, ho beccato l'influenza e questa nemmeno sarebbe una notiziona, ci sono un sacco di persone a letto, sento in giro. Ma lassù, nella Casa in Collina, la MIA influenza è vissuta male. Sale male, come dicono i miei figli. In questo fine settimana, che un fine settimana, lo sanno tutti,  dura appena 2 giorni, è successo di ogni. Si è discusso, pur febbricitanti, come di solito si discute in sei mesi, il mio Sposo non ne vuol sapere di me malata, e seppur premurosissimo non vede proprio l'ora che la pianti con questa manfrina della tosse e della febbre, e che insomma, ci dia un taglio. Ma sto a pezzi. Come se qualcuno mi avesse  passata nello schiacciapatate, quello del purè, e poi, per finire, mi avesse dato lo schiacciapatate medesimo sulla testa. La cura è fin troppo nota, letto, caldo, sciroppini e spremutine, riposo assoluto. Ben detto. Che di per sè, non è nemmeno così male farsi accudire. A esserne capaci, però. Io non ne sono capace. E mi innervosisce il fatto che tutto mi affatichi, che anche salire le scale mi dia affanno, che abbia la testa come dentro lo scafandro di un palombaro e parli con una voce da cornacchia spennata. Così', ho deciso che sono guarita, e che soltanto oggi mi riguarderò ancora un pochino, che l'omino delle arance stamattina ha visto arrivare l'ombra di me stessa, più scarmigliata che mai, pallida in volto e ha stentato anche a riconoscermi, viste le 3 sciarpe e il Ridicolo Cappello calato fin sugli occhi, proprio io che ultimamente mi sdilinquisco di tacchi e vestitini a fiori e cose carinissime da mettere presto che sarà primavera e il sole e gli occhiali da sole e lo vedi che sole e che caldino, di già e allora, tutto questo, solo questo basta già a darmi una scossa e mi srotolo dalle sciarpe, mi faccio una doccia fresca perchè so troppo di Vicks, raddoppio la dose di medicine da sciogliere nell'acqua, e via, dai che guarisco in cinque minuti. 

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...