28 novembre, 2011
E' cielo d'albume.
27 novembre, 2011
Chi legge le Fragole, regala le Fragole.
Tutti infularmàti. Di già. Con i regali, intendo. Qui, ancora no, grazie. Nel senso che è ancora novembre, e che diamine, anzi ancora non è finito, e allora, a pensare ai regali di Natale, ancora c'è tempo. Ma in realtà, ci ho pensato anche io, oggi. Nel senso che ne sto preparando. Che farò io, certo, ma che potrà fare o farsi ognuno dei lettori di Fragole Infinite, che, per esempio venerdì scorso sono stati 549, mica pizza al prosciutto. Cioè chi legge le Fragole, regala le Fragole, appunto. Sto infatti raccogliendo tutte le Odi e le Leggende di Fragole Infinite in un grazioso volumetto illustrato, di quelli che si compreranno on line, di quelli che nemmeno devi andare in centro per comprare, perchè ti arriva in tutta scioltezza sul pc, e poi tu potrai stampare a piacer tuo, sulla carta del colore che ti piace, e rilegarlo poi come più di aggrada, a spirale, a volumetto, o semplicemente con tre punti di pinzatrice, per dire. E ne comprerai a manciate, per chi dice che non ha tempo di guardare il computer oppure nemmeno sa come si accende, oppure che lo considera più o meno come la succursale dell'inferno o cose così. Si regalerà alla mamma, alla sorella, al fidanzato, o alla fidanzata, sarà bello averle tutte lì in fila, le Odi e le Leggende, ma che bella idea, davvero.
Save the date. Il 5 dicembre, ore 21, sui migliori pc, Odi e Leggende di Fragole Infinite.
Bella storia.
Stasera vi aspetto qui.
11 euro per avere tutte le storie, 5 minuti per stamparlo e sarà vostro per sempre.
Un bel regalo di Natale.
Stasera vi aspetto qui.
11 euro per avere tutte le storie, 5 minuti per stamparlo e sarà vostro per sempre.
Un bel regalo di Natale.
24 novembre, 2011
Molto lieto, Giacinto.
Questi mi vengono bene. Nel senso che sono bravissima a coltivarli. Non che ci voglia una scienza, nel senso, li compri e li metti lì. Poi gli dai un pò d'acqua ogni tanto, io faccio un giorno sì e un giorno no e ne metto pochissima, e gliela verso con il bollitore così non va fuori. Certo, prima di fare il thè, mica dopo. Stamattina la mia cucina aveva due fiori, uno lilla e uno rosa. Profumatissimi. Giacinto, così si chiama epperforza, era esploso nottetempo.quel che mi piace è il contrasto, is the contrast. Fuori le foglie secche, dentro i fiori. Non è bellissimo? C'è anche il sole nella nebbia, e non è un caso così comune. Lassù nella Casa in Collina non si ha voglia di fare una beata, eppur ne ho ben donde di siffatte, così disse sopprimendo a fatica una smorfia di disgusto. Ma è troppo più divertente leggere Le Vipere in pigiama, fotografar giacinti esplosi, sorseggiare pensosa il caffelatte rimasto nella tazza Starbucks New York. E invece, invece no. Alza le chiappe, nel senso, metti una bella musica e datti un tono, una sveglia, voilà, hai da stendere, nooooo, stendere nooooo, ti farai un giro di valzer con l'adorato Folletto, rassetterai e sistemerai, veloce, veloce bambina, dacchè oggi pomeriggio, ma come, non lo sai, è giovedì, ed è un giovedì così importante, si parlerà di un sacco di cose al Knit Cafè, e si starà così bene che come al solito si farà fatica a venir via. E' un bel giorno, massì, coraggio, si canticchia piano, ma quale freddo, ma quale nebbia. Lassù nella Casa in Collina, Giacinto e la moglie Giacinta sorridevano dalla mensolina di plexiglass.
22 novembre, 2011
Pensieri e mandarini.
E va bene che è novembre e va bene che è uno dei mesi che proprio non reggo e va bene che la nebbia e le nuvole basse e i rami stecchiti e tutte quelle foglie poi e poi il freddo e poi il nulla, e poi la pioggerellina e poi ancora e tutto il resto. Sono giorni fermi lassù, nella Casa in Collina. Non perchè ci si annoi e si sbadigli e si faccia zapping e ci si trascini tra divani e poltrone, beh, questo proprio no, si gira come trottole ad onor del vero, come al solito, come sempre. Sono giorni fermi perchè qualcuno di casa è/è stato/ sarà un pò malaticcio, febbriciattole e mal di gola, cose di poco conto, certo, mali di stagione come dice il fruttivendolo di piazza Marconi, ma lui viene dal Marocco, come fa a dirlo, in Marocco mica c'è l'influenza, in Marocco c'è il sole e il deserto e la sabbia e i dromedari e i tuareg e il thè alla menta e il cous cous. Io l'influenza non ce l'ho e devo dire che di salute sto benissimo, cioè non starnutisco, non ho le ossa rotte, non ho mal di gola, nonostante mi ostini ancora a girare senza calze, ma si sa, scellerata son, talmente scellerata da esser vista una domenica mattina all'Esselunga con i pantaloni del pigiama, vero che non li sembravano, del pigiama, perchè non è che avessero i fiorellini, per dire, ma lo sapevo io, ed era stata una spesa non prevista, dovevo solo ritirare la Ginnasiale ad un concerto, e poi invece sono passata dall'Esselunga, che male c'è, mica si deve scomodare Armani per far la spesa la domenica, vabbè. Io l'influenza non ce l'ho, nel senso che non vado di Tachipirine e spremute, però non è che stia benissimo, nel senso vero del termine, non saprei dire, sono lievemente alterata, nervosa? no, non direi, non ho neppure mal di testa, ho tutte le mie cosine a posto, come si dice, solo che. Solo che non sono al meglio, solo che c'ho dei pensieri, ecco. Ci sono vari tipi di pensieri, macigni e sassolini e altri invece sottili sottili, come sabbia, che a metterli insieme, uno sull'altro, cose da niente, per carità, ma prova tu a mettere insieme un bel numero di granelli di sabbia, una miriade, come nel deserto, e tanti granellini fanno una tempesta, glielo dovrò dire al mio fruttivendolo Sahid, lo sai o non lo sai che qualche volta le tempeste di sabbia ci sono anche qui, e non dirmi Mali di Stagione, per piacere, se no, giuro, i mandarini li compro al banco di fianco.
18 novembre, 2011
Non spostate quel divano.
Nel delirio assoluto i Regi Architetti che hanno collaborato anni orsono nella realizzazione della Casa in Collina, hanno dato origine a un sofisticatissimo sistema tale per cui sussista un divano che gira tutt'intorno alla stanza ma non proprio a tutta, fino a lì dove c'è poi la scala che va giù ma non la scala grossa, quella dei tre gradini, insomma lì. Noi siamo già mille di nostro, e quando abbiamo ospiti siamo in duemila, perciò il divano andava enorme, per poterci ricoverare anche qualche figliolo se malato, qualche gatto se infreddolito, qualche cane se bisognoso di coccole. Non è roba da poco, nel senso che esso, il divano, è come incastrato in una specie di gradino, che chiaramente non è che si sposti tutti i momenti, per pulirci di sotto, anche perchè non ci passa il folletto e nemmeno lo swiffer, perchè non ha i piedini. (Mai avrei immaginato che la descrizione di un divano fosse così complicata.) Stamattina, in vena di pulizie di quelle grosse, ho pensato di spostare tutto l'armamentario e pulire per bene. Orbene. Il divano della Casa in Collina è certamente il luogo più frequentato di tutta la casa. Qui si sono svolti una serie di grandi avvenimenti, è qui che si rifugia dopo una giornata pesante, è qui che si legge la domenica, si fa la maglia, si guarda un film. Da qui, le fidanzate dei miei figli hanno guardato film in pigiama e calzerotti, così, in tranquillità, si sono fatte merende davanti a partite e ci si è stravaccati dopo le cene di Natale, le feste, le cose. Molto frequentato, certo. Ma mai avrei pensato di rinvenire, sotto la medesimo, tutta la mercanzia che ivi ho rinvenuto. Per cominciare, le mie forbicine viola che davo ormai per perse per sempre, e non fare quella faccia lì, Roberta, che non sono le tue. Poi, Una serie di uncinetti, direi una serie completa, compreso quello di bambù con cui ho fatto la coperta che ho donato alla mia Amica Castellana a Natale del 2008 e mai più ritrovato. Un numero imprecisato di penne e matite. Due forcine, una mia, e l'altra di chissà chi. Così pure un cerchietto, due elastici per capelli, una calzina rossa mai vista, polvere, briciole, un cucchiaino, il pupazzino mezzo rosicchiato di Tiffany e una pila da telecomando. Ora. Verrebbe da dire che in questa casa si è scaròsi (do you know, scaròsi?) e non si pulisce affatto e che dell'esercito di collaboratrici famigliari che ha prestato servizio qui, provenienti da ogni angolo del globo terracqueo, mai nessuna si era data pena di pulire lì sotto. Ma quassù si pulisce, signora mia, certo si pulisce lo sporco, giammai sul pulito, ma si pulisce eccome. Resta da capire come abbia fatto tutta questa roba a nascondersi lì sotto, passando dai cuscini e finire lì, dove nessun orpello possa mai e nessun occhio possa mai individuarlo. Pena, l'oblio perenne. Ma è una bella sensazione. Il fatto di avere un bel divano che profuma di pulitissimo, dacchè mentre c'ero ho lavato anche tutte le fodere, che sono un bel numero, giuro. Certo, posso sfruttare questa cavità e usarla come cassaforte, o per nascondere cose che non voglio che nessuno trovi mai più, fino alla prossima pulizia. Adoro i lavori di casa. Quelli senza sbatti però, li sdoro di più.
16 novembre, 2011
L'Atroce Vendetta del Delinquente Cactus.
Com'è ormai ben noto alle genti, io il pollice verde proprio non lo tengo. Lo ben sanno le mie Amiche, che mi hanno vietato con la voce grossa e il sopracciglio arquato di mai, mai, mai toccare le piante di Cuore di Maglia, quelle che ci hanno mandato per l'inaugurazione della Casa, il 24 settembre ultimo scorso. Da allora, è l'Amica delle Perle ad occuparsene amorevolmente, a decretare, con piglio saccente Uhm, Questa Sta Patendo, oppure Quest'Altra non arriva a Natale e cose del genere. Io non faccio nulla. Le guardo, mi piacciono da morire, abbiamo orchidee dai colori sgargianti e una sanseveria, che bel nome, uguale a quella che avevo in sala quando ho compiuto 5 anni, così demodè ma così meravigliosa, forse, la mia pianta preferita, con tutte quelle spade affilate, bella bellissima, ce l'ha mandata la Cermels, che lei ne sa. Comunque. A me le piante piacciono, beninteso, solo non le so curare, non c'ho lo sbatti, non c'ho pazienza, ma le amo e ho la ferma convinzione che questo amore sia tutt'altro che corrisposto. Infatti, esse mi odiano. La conferma l'ho avuta questa mattina. Ho pensato di fare un'opera buona. Ho una mensolina trasparente che ha ideato anni or sono il mio Energico e Rinnovabilissimo Sposo, c'ha studiato un pò, un progettino e voilà, la mensolina era realizzata, ha preso le misure con tanto di metro, non so se mi spiego. E' una roba complicata, di plexiglass, attaccata al vetro, insomma una roba complicata e basta. Lì sopra, ci abbiamo messo dei graziosi vasi con degli altrettanti graziosi cactus. Così, Mi Disse all'Epoca, Non Dovrai Prendertene Troppa Cura, I Cactus Vengon Sù Da Soli. Ma stamattina, mentre constatavo che qualcuno, nottetempo, mi aveva rubato il giardino causa nebbia da farci il minestrone, ho visto la faccia dei cactus sulla mensolina tutt'altra che felice. Non più verdissimi, le spine mollicce, insomma, non una bella cera. Così li ho innaffiati. un bello spruzzo del rubinetto, con la doccia, così li ho anche lavati un pochino, e via. Non so se ho fatto bene, me lo dirà poi la Simo, che lei i cactus ci piacciono. Ma di lì a poco, l'efferato evento. Il cactus più grosso, quello che se la tira più degli altri, quello con le spine più lunghe, per intenderci, si è ribellato a tale trattamento. E mi ha ferita, conficcando la sua spina più affilata, la più robusta, la più velenosa, la più crudele nel mio dito medio sinistro. Dolore. Dolore Cosmico. Ho imprecato, come si dice in questi casi, ma si sa, i cactus non sono sensibili ai vaffanculo, nemmeno se ci metti il Ma rafforzativo davanti. E ora son qui, il mio dito dolorantissimo, il cactus lucidissimo e bello innaffiato, son qui che medito quale possa essere il rimedio adatto a tale strazio. Trovato!
15 novembre, 2011
Non scappano.
Scrivo e guardo fuori. E quel che vedo non è il solito, non è lo stesso paesaggio, e cambia, cambia spesso. Cambiano, gli alberi e le case e le fabbriche e i campi pieni di nebbia, e ancora alberi e foglie gialle e muri e orti e macchine e case addormentate e case sveglie, qualcuno forse sta mettendo sù preparando un caffè, ma il caffè a casa mia non si prepara, si mette sù, è così che si dice dalle mie parti. Scrivo da un posto da dove non ho scritto mai, che non è il mio divano, o il tavolo della cucina, ma scrivo in movimento, scrivo da un treno, ed è una sensazione strana, come quando fai una cosa che non hai mai fatto, ma guarda, che strano davvero. Scrivere muovendosi non è la stessa cosa. Se scrivi e stai ferma e ogni tanto alzi gli occhi trovi sempre la stessa cosa da fissare per pensare. Io quando penso tengo gli occhi fissi, sbarrati su una cosa, un vaso, un fiore, penso e mi rigiro l'anello o mi faccio uno strano boccolo ai capelli, è una mania che ho da sempre, e ci pensavo qualche giorno fa, rigiro una ciocca su se stessa e poi la rigiro al contrario, a una velocità supersonica, non so da quando ho cominciato, forse a scuola, chi lo sa. Quando penso faccio così, ognuno c'hanno le sue manie, signora mia, che le devo dire. Scrivere viaggiando è una cosa nuova per me, posso decidere da che finestrino guardare, se l'abitato o la campagna, viaggiare in treno mi è sempre piaciuto un sacco, è come affidarsi, è come perdersi un pochino, dire Guida Tu Che Sono Stanca. Scrivendo da un treno, anche i pensieri non sono gli stessi e non si comportano allo stesso modo, i pensieri fermi e stagnanti che fanno fatica a staccarsi dal divano, da qui sembrano più leggeri e volano fuori, radenti i prati e i campi e i giardini già pronti per l'inverno, sorvolano i mucchi di ghiaia e le cascine dismesse e i pioppi e i fiumiciattoli e ponti e strade e stradine, sentieri di campagna e laggiù, laggiù in fondo, l'autostrada. E tu lasciali andare, lasciali correre, vediamo se vanno più forte del treno, vediamo chi vince, vedrai, non si perderanno, perchè nessuna parola mai, nessun pensiero mai si è perso in un campo umido di nebbia, la mattina presto, scappato fuori dal finestrino di un treno.
13 novembre, 2011
Strawberry Knittin' Sunday.
Le domeniche autunnali di quasi inverno sono un pò tutte uguali, Di quella uguaglianza che rassicura e scalda, come a dire, domani è domenica e so già che cosa farò. Niente. Non farò un bel niente, e fare un bel niente è già una gran cosa. Domenica verso sera, che è notte fonda se guardi fuori, ma noi si è letto, knittato, ri-letto e ri-knittato, chiacchierato, parlato al telefono con un figliolo a Londra che riederà domattina e mi sembra un mese che è via, è il più piccolo dei maschi, è ancora al liceo, il fatto che vada via non mi sta in testa, pazienza per gli altri, Ingegneri e Universitari, che è ovvio che via ci vadano ma lui ancora no, per non parlare della Ginnasiale, Principessa Omioddio, che oggi a pranzo un suo fratello grande aveva da ridire su quel rossetto che le aveva visto la sera prima, Non Era Troppo? Fatevene una ragione, dico a loro e a me, non è più la sorellina con gli orsetti, le trecce, le camicie da notte con gli scoiattoli, le letterine. E' una figliola di quasi quindici anni, ussignur, quindici anni fra 4 mesi, vi sottrae non vista dall'armadio la t-shirt degli AC-DC, e ieri sera era a una festa, un pò di rossetto forse ci voleva, o no? Ma gli uomini, lo si sa, sono un pò tonni in certe cose da femmine e presto lo imparerà anche lei. Orsù dunque, la domenica sera, malinconica come si conviene, bella piatta come si conviene, fra un pò la minestrina o forse una pizza da qualche parte, bella scelta, un Lora's Capelet già finito e un Travelling Woman quasi, il libro nuovo di Baricco me lo sono mangiato, per così dire. Le cose di casa sono in fondo queste qua, ci si nutre di beato nulla, di caldo, di divano, di un mandarino per merenda, che ci piace così tanto il profumo che lascia sulle mani. I pensieri sono lì, avvolti nello scialle che è quasi finito, stanno caldi e non ne vogliono sapere di venir fuori, che lì stiano, che non si muovano, che domani inizia una di quelle settimane deliranti fra il sù e giù delle miliardate di cose da fare, devo ancora finire di compilare il censimento, ma si sa, il mio censimento è bello lungo da fare, siamo quasi mille, alla fine. Ho pronti per me giorni tranquilli di freddo invernale, giorni di idee da portare a termine, di shopping on line la sera tardi, di libri e libri sul comodino. Ho storie da raccontare, ho un libro da scrivere, ho sognato che pubblicavo con Feltrinelli, che scema sarò mai, ho decine di camicie da stirare, ho un viaggio da fare a Natale, ho un vaso pieno di bottoni, amiche da vedere, regali da fare. Un bell'inverno che si vede da qui, dal finire della domenica, i figli grandi già sparsi, la più piccola quasi, la mia vita così com'è, bella anche nel beato nulla, anzi, forse proprio perciò. Buona, domenica.
10 novembre, 2011
Oggi.
E' un pò come volare. Non sai mai bene quando inizia, non sapresti dire, ecco, comincia qui. Sarà la stagione, un pò tutti sono malinconici a novembre, un pò tutti si sentono un giorno potentissimi e il giorno dopo fragilissimi, leggeri, carta velina da stropicciare, o peggio, carta da forno bruciacchiata, che si disintegra se la sfiori, c'hai fatto caso? Complicata che sono, tortuosa, dai ragionamenti contorti, oppure cristallina, trasparente, un vetro appena pulito, il cielo dopo il vento. Succede, mi dicono, è la stagione, sono le donne, in fondo, non sono così, è difficile spiegare? Non so. Non so se è la nebbia di oggi e le foglie gialle, che messe insieme fanno un bel quadretto, non proprio leggerissimo. E' il silenzio di questa casa, oggi tutti in vacanza che è il Santissimo Patrono, ma tutti chi che sono la Princi dorme beata nella sua stanza, e uno di qui e l'altro di là, il Liceale in visita al suo Amore, gli altri due sparsi per il Regno Sabaudo, non è mica San Baudolino lì. Sarà che non sopporto le luminarie, gli stivali di gomma, l'ignoranza diffusa, le pentole lasciate lì da ieri sera, non sopporto la mia faccia scema, bianchiccia, insignificante, che ho visto stamattina nello specchio del bagno. E non sopporto il giardiniere, che ha deciso di tagliare i rami proprio adesso, proprio qui, e quel zzzzrrrrrrr della motosega mi trapana il cervello, mi agita, mi innervosisce. Mi concentro e volo via, trovo la strada in mezzo alla nebbia e alle foglie gialle, trovo il sentiero per uscire da qui, da questo peso che ho, da questo respirare corto, da questa insofferenza riflessiva, nel senso che non sopporto nemmeno me, troppo silenzio o troppo rumore, troppa calma o troppo caos, potessi sollevarmi e guardare tutto dall'alto, potessi salire al decimo piano, ma no, più in alto, per vedere l'effetto che fa, l'effetto che faccio io accoccolata sul divano, un giorno di niente scuola, troppo di tutto, troppo di niente, fragile e scema, ortiche e seta, ghiaia e diamanti,la nebbia mista al sole oggi è così che va.
07 novembre, 2011
Fango.
Sono giorni fermi, immobili, dove le abitudini che hai, le cose che fai, tu e gli abitanti della Casa in Collina, sono un pò filtrate, come dipendenti da qualcosa che non si sa cosa sia, si è in collina e nessun fiume e nessun smottamento e nessuna frana, ma è tutto lì in agguato, lì vicino, vicinissimo, in città si sente di più, c'è poca gente in giro, l'ho visto stamattina, e quelli che ci sono sono tutti lì, a guardare il fiume marrone e tutto quello che il fiume porta, i tronchi, le assi e tutte quelle cose, sembrano zolle o cosa sono. E' acqua cattiva, acqua limacciosa, acqua schifida, che nemmeno la schiuma rende migliori, mai visto la schiuma sul fiume, eppure c'è. Sono giorni che si guarda in sù, si vedono centinaia di notiziari, si è passato il fine settimana a casa, a tranquillizzare le persone lontane, a dire No, Stiamo Bene, certo che stiamo bene, noi siamo al caldo, non cerchiamo le nostre cose nel fango, nessuno di noi è stato in pericolo, e ci si sente così fortunati a vedere e a sentire quel che è successo poco distante da noi, in centro poi. E ci si sente fortunati sì, ma piccoli e assurdi, e così stupidi, così incredibilmente materiali, lo vedi, passa tutto così in fretta, sei in centro con tuo figlio e l'onda ti succhia via, scivoli lontano e non ci sei più. Rifletto, mi dò un tono, lavoro un pò ai miei progetti, sono ansiogena, lo so, guardo se piove, guardo le previsioni, dico ai miei figli Non Andate Nel Pericolo, ma il pericolo quale sarà mai, e dove, poi. In giornate così si vorrebbe far qualcosa, e forse qualcosa di minuscolo si è fatto, si pensa e ripensa a Genova e a Monterosso, ma pensare non serve a niente, si aspetta la piena anche qui, si guarda il fiume che è già stato così crudele nel '94, esattamente come ieri, il 6 novembre. Che strane pieghe ha il destino, che strani, stupidi giochi fa la natura, che ricorda il giorno esatto, Sono Segni, dice qualcuno, ma segni di che, io non vedo segni, vedo solo acqua, limpida dal cielo e sporca dal fiume, e vedo gente che guarda giù,dal ponte, gente che guarda sù, il cielo, e gente composta e degna, disperata e silenziosa che scava e scava a cercare nel fango quel che resta. O quel che ha perso.
04 novembre, 2011
Umido Novembre.
Il cielo cade giù, stamattina, ti vine da metterci le mani sotto, come quando cadono i libri dalla libreria, o le lenzuola del ripiano in alto, quelli che metti solo quando è Natale e non ci sono mai le federe vicino, le devi cercare nel cassetto o nell'altro ripiano, che è così difficile cercare le lenzuola, se nell'armadio sono tutte bianche e hanno solo il ricamino diverso, e poi ti serve sempre l'ultimo della pila Se invece son colorate il problema non si pone, solo che poi a furia di frugare e frugare sono tutte messe male e nemmeno più si chiude l'armadio. Mah, si diceva con mestizia, è il 4 di novembre, Armando Diaz e tutto il resto, mi ricordo che a scuola ce l'avevano fatto studiare a memoria, che cosa strana. Non che faccia freddo, certo che no, ancora senza calze per far inorridire le mie Amiche del knit cafè, ieri pomeriggio, ma mi sa che qualcuna l'ho convertita, e alla fine avevo ragione io, che le calze si mettono solo a dicembre inoltrato. A guardar fuori il cielo sa di colla, nel senso che sembra colla, un barattolo di Coccoina che non si usa da un pò, bianca sì, ma tendente all'opaco, non so come dire, se ti concentri riesci a sentirne anche l'odore di mandorla, uno dei profumi a me più cari in assoluto, insieme al Vicks e al Borotalco. E' tutto così immobile che si fa fatica a credere che quello fuori non sia un cartellone, un quadro, magari, che ti verrebbe voglia di stare nel letto a fare tutto, la colazione, lavorare, mangiare, parlare con qualcuno al telefono, fare la maglia, o fare niente. Invece no. proverò a fendere questo biancore di nebbia e di acqua, che è venuta e che verrà, proverò a vedere se vince lui o vinco io, provo a portare un pò di scompiglio fra le foglie gialle e umidicce, scuoto i miei pensieri e scuoto me, metto disordine in questo silenzio intatto, non si muove nulla, lo farò io, sono brava a mettere disordine, anche quando non voglio, anche quando faccio di tutto per tenere a posto, anche quando cerco le lenzuola con le rose, è tutto perfetto nell'armadio e un attimo dopo il delirio, le lenzuola le ho trovate, ma ho una federa soltanto, metterò la musica a manetta, questo bianco di fuori non mi piace, ho un rossetto nuovo di zecca, fra poco vado a vedere se anche in città il cielo è coccoina, e alla fine, chi l'ha detto che le federe devono essere uguali e poi nessuno al mondo mai controllerà il mio armadio delle lenzuola.
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