24 marzo, 2015

L'improvvisa visita dello Scoiattolo Giangiacomo.

Non era quella che si potesse facilmente definire Una Gran Mattina.

Non si capiva se piovesse oppure no, se ci fosse la nebbia oppure no.
Certo, a guardar fuori dalla finestra della cucina, il luogo deputato a raccogliere i pensieri freschi della mattina presto, non c'era di che stare allegri.
Si consumava così una colazione lenta ma senza sentimento, di quelle che stai un pò con la tazza a mezz'aria, che nemmeno ci avevo messo attenzione a sceglierla, la tazza, ritrovandomi così, in procinto di festeggiare la Santa Pasqua, a bere il caffelatte nella tazza con l'agrifoglio.
Errore madornale, ma che la dice lunghissime sullo scazzo del martedì mattina.
(Scazzo si può dire?)

Com'è, come non è, si era lì a guardar fuori, il vuoto, il nulla cosmico, l'eventuale, quando qualcosa di rosso planò con un balzo sul tronco dell'Acero.

E no che non era un gatto.
E no che non era un uccellino.

Uno scoiattolo mai visto prima d'ora era giunto da chissà dove e chissà perchè, nell'Acero Grande del Pratino.
A visite improvvise, noi qui, ci si è abituati.
Ma a memoria, nessuno scoiattolo mai aveva varcato il cancelletto verde.

Avvicinandomi con fare sornione alla finestra, lentamente per non spaventarlo, ho potuto osservarlo meglio.
Non che fosse una bellezza, ma aveva un musino dolce, due occhietti furbi e due manine minuscole, che usava per tenersi ben saldo al tronco. Nel frattempo, mi guardava. Non scappava, non faceva niente. Mi guardava e basta.

Lo scoiattolo Giangiacomo vive oltre la siepe, insieme ai suoi cugini scoiattoli, e la sua mamma Agnese gli ha insegnato che mai mai mai deve intrufolarsi nei giardini degli umani, perchè gli umani, si sa, sono esseri bizzarri e non hanno dimestichezza con gli scoiattoli impauriti e sprovveduti e l'unica cosa che sanno fare con essi è impagliarne qualcuno da tenere in salotto sopra a un centrino di pizzo.
Per questo, Giangiacomo aveva gli occhi terrorizzati.

Tranquillo Giangi.
Non ti impaglierò.
Non conosco la ragione per la quale tu sia arrivato fino a me, forse perchè il noce del Prato Grande ancora non ha frutti per te e sei in cerca di cibo, e al Prato Grande si mormora che qui, in questo giardino con le sedie colorate e un sacco di gatti, gli uccellini hanno una casetta lilla e scorte di semi appesi ai rami, alle quali magari chissà, avresti potuto attingere anche tu.

Non ti farò del male, Scoiattolo Giangiacomo che mi guardi con gli occhi a palla, sono contenta di trovarti qui in questa mattina grigissima. Metterò per te qualche semino, studierò per bene cosa mangiano gli scoiattoli, ho giusto qualche mandorla e qualche gheriglio, pensi che possano bastare?

Domattina, più o meno a quest'ora, ti aspetterò.
Avrò un pigiama ben stirato e non questa maglia sgualcita che ho trovato in fondo al letto, sarò carina per te, e avrò pensieri meno confusi, meno limacciosi, avrò idee brillanti e belle storie in testa.
Torna a trovarmi, Scoiattolo, e non scappare,
Resta un pò sul tronco davanti a me e fatti guardare bene, quanto bello sei.

Cercherò di esserla anche io.
A cominciare dalla tazza.

21 marzo, 2015

La Leggenda del SeccoAlbero.

Che Te ne Fai Del Sole, gli aveva detto un giorno, da Instagram, passando di lì.

Che strano albero era mai, secco, allampanato, altissimo, senza una sola foglia, senza un solo fiore, senza nulla.
A metà del sentiero, proprio di fronte al CampoDiGrano, se ne stava lì, come ad abbracciare tutto il cielo, con quei buffi rami senza niente.
Aveva tutta l'aria di voler essere lasciato in pace.

Lo vedeva ogni volta che passava e ogni volta si domandava, MaChe TeNeFai.

Quel giorno, volle avvicinarsi un pò di più.
Come a dire, vengo a vederti da vicino, vengo a studiarti un pò, mi ti siedo accanto e parliamo un pochino, non c'è nulla di male a parlare con un albero, ancorchè senza nemmeno un fiorellino, così, giusto per fargli un pò di compagnia, dacchè nessuno si sognerebbe mai di parlare a un albero del genere. 
Certo, lui ci metteva del suo.
Non sembrava uno che volesse dare confidenza, ma nessuno al mondo è fatto per stare da solo. 
Non è mica da tutti parlare con un albero così.
Agli alberi fioritissimi e carichi di ciliegie o di albicocche, o alle querce secolari, sono capaci tutti. Di parlarci, intendo.

Così, iniziò a chiacchierare.
Gli raccontò di quella volta che, e poi di quando, e poi ancora che buffo era stato quel giorno e che spavento quel pomeriggio che...quando all'improvviso, posò lo sguardo meglio sui rami.

Invisibilissime, appena accennate, come appena uscite da non so dove, nuove nuove, lucide lucide, impercettibili quasi, che bisognava strizzare un pò gli occhi per vederle meglio, eccole lì: gemme.

Si chiese se le avesse mai notate prima e si rispose di no.
Si domandò se magari ci fossero anche il giorno prima, ma era pronta a giurare di no.

Niente. Il SeccoAlbero, quello cui sembrava non importare un bel niente del sole e della pioggia e dell'ineluttabile passare dei giorni e delle notti, e delle lune piene e delle mezzelune, e del cambiare delle stagioni e dei solstizi, si era arreso.
Che cosa sarebbero diventate quelle gemme invisibili nessuno poteva saperlo, anzi, probabilmente solo foglioline tenerissime e magari qualche sparuto fiorellino candido, cui nessuno avrebbe saputo dare un nome, ma finiva lì.
L'importante, era che ci fossero.

Ora, non restava che capire per bene che cosa avesse dato origine al miracolo delle Gemme Invisibili.
Nessuno al Prato Grande sapeva al momento darsi una risposta, e tutti si interrogavano ed era un gran allargare di braccia e dirsi Mah! con fare dubbioso e meravigliato, un gran scuotere di teste, ChiLoSa.

ma c'era chi sapeva.

Poco distante da lì, in un'aiuola di rose inglesi non ancora fiorite, un tappeto di viole meravigliose era nato nella notte, e nella notte prima e nella prima ancora, a formare un angolo perfetto di dolcezza e profumo buono.
Il SeccoAlbero, che tanto secco proprio non era, ne aveva sentito le note da lontano e aveva fatto suoi quei bottoncini viola scuro, quei gambi ricurvi verdi di perfezione sottile, quelle foglioline a forma di cuore che tanto aveva rifuggito, chissà poi perchè.

Quell'aroma di caramella, quei colori e quell'impertinenza, nascere così poco distante in un'aiuola delle rose, avevano conquistato il cuore fermo del SeccoAlbero, che aveva deciso di fiorire, non si sa come e non si sa di cosa. 

Il SeccoAlbero si era arreso.
Perciò, aveva deciso di mettere alcune gemme, pochissime, appena appena.
A memoria d'uomo, nessuno al PratoGrande aveva mai resistito al richiamo delle viole, fossero esse nell'aiuola o nel muro, fossero lilla chiaro o violissime, fossero in cespuglio o due a due.
Anche il SeccoAlbero non poteva dire di no a un profumo buono, alle  piccolissime allegrie che sapevano dare quelle violette semplici, di un'invadenza gentile e lucida che vedeva da lontano e che per niente al mondo mai sarebbero andate colte.


Ora, al PratoGrande, tutti attendevano la fioritura del SeccoAlbero, che sarebbe arrivata di lì a poco.

Le Viole dell'Aiuola, nel frattempo, sorridevano.



17 marzo, 2015

Volo basso.

                           ph.la douleur Exquise
Volo basso.
Raso il marciapiede.
Che non so nemmeno se è corretto. Credo di no. Ma rende l'idea.

Volo basso.
Plano sulle pozzanghere, sul fiume limaccioso in città che sembra davvero l'Hudson, stamattina, e la mia Amica delle Provette e Biancaneve sanno bene di cosa parlo.

Volo basso. 
Sull'albero sradicato all'inizio della mia strada, Sarà stato il vento delle sere scorse. Che tristezza gli alberi sradicati, e che impressione, un pochino, ma come, hai davvero soffiato così forte e io non me ne sono accorta? che poi, neanche è vero, me ne sono accorta eccome.

Volo basso.
Schivo i sassi e le viole dell'aiuola triste delle rose , ce ne sono una marea, di viole, non di rose, sono nate di nascosto fra la corteccia di pino, quella che non doveva far nascere nessuna erbaccia, eppure, guardale lì, viola scurissimo, non come quelle della collina che sono lavanda appena, che poi, come fanno delle viole ad essere color lavanda mi sa che ci devo ragionare un pò sù.

Scema ma non stupida, lavanda ma non viola, mi balocco fra le centinaia di cose di fare e la zero voglia di farle, come succede spesso, Certo, a guardar fuori nemmeno aiuta, i tetti lucidi, il cielo perso, i pini che si muovono appena, giusto per dire, sono qui, ma si vede lontano un miglio che non ne hanno voglia nemmeno loro. Non è mattina.

Troverò un senso.
Troverò un modo.
L'ho trovato sempre, ogni santissima volta.
Mi sembravo persa, e non la ero.
Mi sentivo persa, e non la ero.
Toglievo dal cilindro un coniglio, un amuleto, un incantesimo, una caramella mou.
Farò così anche oggi.

Per cominciare esco a farmi un mazzolino di viole e le metto sul tavolo.
Poi mi mando un bacio nello specchio.
Poi, scarico la lavastoviglie.

Volo basso.
Mi sa che a incantesimi stiam messi male, e anche le caramelle mou sono finite.
Chi lo sa, forse, c'è un buco nel mio cilindro.

13 marzo, 2015

Il Prato Verdissimo.



E' incredibile come non ci si accorga delle cose, qualche volta.
Ho trovato un posto.
un posto che non conoscevo.
Su una stradina di campagna che faccio ogni giorno, anche 3 volte al giorno, da anni.

Sarà stato il sole sfacciatissimo di oggi, un accenno di sentiero appena disegnato in mezzo ai rovi, subito dopo il canneto.
Non è stato semplicissimo, chissà da quanto tempo nessuno passava di lì.

Così.eccolo.
Un prato verdissimo, appena un pò scosceso, recintato da nastri leggeri, ma apparentemente non più frequentato. A terra, l'erba nuova, i fiorini azzurri piccolissimi che sussurrano che è quasi primavera, le margheritine. Da un lato i rovi, dall'altro solo colline. Solo in fondo, laggiù laggiù, la guglia del Duomo e la città.

Che bella scoperta sei,  prato verdissimo di erba nuova.

Ci passo da sempre da qui, a piedi e di corsa, ma mai mi sono chiesta cosa  avrebbe potuto esserci mai, dietro al canneto.
Ho trovato te.

Verrò qui spesso, mi piace questo posto dove nessuno può trovarti, se non vuole.
Mi piace perchè tu vedi tutto intorno e nessuno vede te.

Verrò qui a leggere, a prendere il sole, a riposarmi quando mi sfianco di corsa per scacciare i pensieri, verrò qui  a pensare, seduta in mezzo alle brattee e ai fiorini piccoli, starò attenta a non graffiarmi coi rami delle more, arrivandoci, perchè sono more, secondo me.

Verrò qui quando vorrò stare sola, anche se sola la sono spesso ultimamente, ma mi piacerà sentirmici di meno perchè appena si alza un pò il vento,  le canne bisbigliano delle belle storie e tutto a un tratto sola non lo sei più.
Ci potrei fare una merenda con le mie amiche, venirci a chiacchierare con mia figlia, portare un telo e stendermi a guardare in sù, magari mi vengono delle idee bellissime, o magari, tutto questo cielo sopra mi annulla del tutto e di pensare nemmeno mi riesce. Non sempre è un male. 

E poi, lo spettacolo imperdibile di questa distesissima di verde, di erba perfetta, come di velluto, smeraldi e velluto, velluto smeraldo,  solo per me.

Il Prato Verdissimo è la bella scoperta di oggi, di questo venerdì silenzioso, di questi ultimi giorni pieni di cose, alcune belle e alcune meno.

Molto lieta, Prato Verdissimo.
Spero che nella tua piccola discesa, i pensieri ròtolino giù, giù, fino in fondo alla collina.
O si nascondano per sempre dietro i rovi.
Che sono more, secondo me.




06 marzo, 2015

E dopo il vento.

E dopo il vento arriva cosa.
e dopo il vento cosa c'è.

Era vento da nord.
Il vento da nord è  tramontana, lo sanno anche i sassi.
Lo so perfino  io,  che non li ho mai imparati per bene.

Ha spazzato tutto.
Ha fischiato, sibilato,sbattuto finestre lasciate mezze aperte..
è passato sotto  la porta d'ingresso, ha portato rametti e foglioline, asciugato in mezz'ora le lenzuola a fiori.
e fatto cadere lo stendino.

Ha giocato con le tende, da quanto non lo faceva, da quando queste tende bianche erano in un'altra casa, e con lui ci giocavano ogni giorno o quasi.
da lì si capiva, si decideva in quale isola andare, erano lì davanti, non c'era che da scegliere.

Il vento di ieri sera ha lucidato tutto, arruffato il gatto, disperso le briciole per gli uccellini, ammucchiandole sotto le sedie, sul terrazzo.

che distratto, il vento. Passando veloce, incurante e sfacciato, gli è scivolata di tasca una luna perfetta, tondissima, enorme e dorata, che guardava dalle colline.
Una luna da regalare.

è un bel venerdì.
dimmi cosa ti piacerebbe fare
Se correre in collina, andare a vedere se quell'albero secco è caduto o è rimasto lì, o andare a guardare il mare, sarà mossissimo, così dicono.

Cosa mi piacerebbe fare, oggi, non lo so.
ho i pensieri spettinati, arruffati da un brutto sogno, che mi ha fatto svegliare agitata e strana. Come fosse vero.
Oggi al mare ci andrei sul serio, facevo un gioco una volta,  Pensa a Una Cosa Normale e a Una Cosa Speciale, una cosa che puoi fare e una cosa no.
é la differenza fra normale e speciale che devi sapere a memoria.
Non succede quasi mai.

Mi sa che  al mare non potrò andarci.
 mi metto a stirare.
E mentre, invento la storia di quella volta che il vento perse la luna.

Chissà chi l'ha trovata.







04 marzo, 2015

Dei miei passi invisibili.

Le volte che ti ho camminato davanti.

Saltando sugli scogli, Metti Il piedino Lì
 a schivare il fango, o nella neve, Così Non Ti Bagni.  O sulla sabbia, Così Non Ti Scotti.

Vicino a te con la paura delle giostre, e che coraggio hai avuto e che fiera eri, quel pomeriggio a Gardaland.

E quella volta che ti ho perso nell’erba alta, se chiudo gli occhi ti rivedo, la gonna provenzale e i sandaletti rossi, due anni nemmeno di occhi sbarrati sul mondo. Alta come l’erba alta, bionda come il grano, non hai pianto quando ti ho abbracciato così stretta che nemmeno respiravi,  ma quelle manine a stringermi, se chiudo gli occhi, le sento ancora.

Oggi hai diciott’anni.

Sei la piccola di casa, l’unica, la Princi sempre, il diamante purissimo, per tuo padre e i tuoi fratelli una specie di tesoro da custodire, nascondere un pochino, proteggere, quella che non si sgrida, quella che conquista tutti a sorrisi e dolcezza, a occhioni verdi e baci piccoli.

Che dirti figlia, in questo oggi che diventi grande, ma grande la sei diventata già, in questi giorni che sono scivolati via, che nemmeno mi hanno dato il tempo di vederli bene.

Io che con le parole ci gioco sempre, oggi, faccio fatica a metterle in fila.
Tanto da dirti,
Poco che mi venga.

Se non di fare tutto, tutto  quello che puoi, che sai che è bene, tutto.
Divertiti e gioca e balla e salta sul letto,  e ridi e piangi, anche, perchè è il solo modo che hai per prenderti davvero cura dei tuoi sbagli, tienili in serbo, non dimenticarli mai, tienili lì, accanto ai tuoi sogni, che qualche volta sogni e sbagli sono la stessa cosa. Ma non farli sarebbe un peccato.

Non perdere mai un’alba da una spiaggia, una lotta coi cuscini,  il mare di notte, l’emozione di aspettare qualcuno e di farsi aspettare, il primo gelato della stagione, una corsa sotto il temporale, l'emozione di un concerto, l'abbraccio di un amico, la magia della notte di Natale.

 Regala fiori, e baci, e disegni, e scrivi lettere d’amore, sii una buona amica, quella che sai ci sarà sempre, che abbraccia, sgrida e consola e sta zitta quando serve. E fa ridere, o piangere, a seconda. 

  Lascia bigliettini nei cassetti,  chiedi perdono se sai di aver sbagliato, difendi i tuoi pensieri e le tue debolezze, pretendi rispetto per te e per la tua anima, scrivi sui vetri appannati, chiacchiera ore sulle panchine, leggi tanto, canta sempre, suona ancora.

E ama, figlia, ama più che puoi, ama tutti come sai, come si deve, come ti ho insegnato,  come forse hai imparato da sola, ad amare un pò si impara e un pò si sa, e di amare c’è un solo modo, uno soltanto.

Ama il mondo, la vita, le cose che hai, le persone che incontri, ama davvero, senza filtri, ama tanto,  ama anche gli uomini sbagliati,  perchè è  attraverso di loro che saprai riconoscere il vero e solo custode del tuo cuore.

Vivi questa età intatta, a metà fra la bambina che eri e la donna che sei, ma  non crescere mai del tutto.
Lascia sempre una te scellerata e vanesia, che gioca con la te ragionevole e seria. E’ il segreto della felicità più perfetta. Le scommesse della testa con il cuore, è sempre il cuore a vincerle, lo sai.

 Ora, non cammini più dietro di me. Ora, le mie orme nella neve non ti servono più.
Ora, sono io a seguirti.
E i miei passi invisibili, leggeri che non li senti, trasparenti che non li vedi, sono sempre lì.
Se ti volterai, in qualunque posto al mondo ti troverai,  mi troverai.


Ai tuoi diciott'anni lucenti, alla mia Emma con le trecce e lo zainetto, tutto l'amore che ho,  il mio amore che sa, il mio amore infinito, invisibile come i miei passi.



25 febbraio, 2015

Prestissimo.


Prestissimo lo è davvero, stamattina.
Prestissimo è prima di presto, è un'ora indefinita, prestissimo, prima di tutto, prestissimo e basta.

Che bello vedere il cielo che diventa chiaro.
Il vento di ieri sera ha apparecchiato per me un cielo di un azzurro incerto, di cirri scuri ma lontani, per fortuna. Per me, certo. Come no. Il cielo si scomoda solo per me. Credici proprio.

Fa freddo, farà freddo, non lo farà più.E chi lo sa.  E' come se la primavera stesse per arrivare, ma non trovasse più la strada, non sapesse da che parte passare, ma come, l'alta volta sono passata di qua, e adesso invece.

Preparo cose, scrivo elenchi, fare questo, fare quello passare di là, pagare la luce, comprare lo yogurt, il vetril, anche, che non è che a scriverlo sulla lavagna i vetri si puliscano da soli, Certo che no.

I vetri della cucina hanno una storia scritta sopra.
Ci sono le goccioline delle piogge fini, le gocce grosse degli acquazzoni prepotenti che mi piacciono così tanto, ci sono i miei pensieri, quelli che faccio quando ci appoggio la fronte, appena sveglia, il vetro freddo mi dice che giornata sarà.

I vetri di questa finestra la sanno lunga. E' da lì che devono passare i miei occhi per perdersi appena oltre la collina, è da lì che guardo le nuvole, le scie degli aerei, è da lì che controllo se il cibo degli uccellini è finito, è da lì che scruto il ciliegio, la salvia, il pratino.

Sui vetri appannati ci disegno e scrivo di tutto, poi me ne dimentico, e stamattina, in controluce, TiVa Un'AltraGreyGoose è quello che ci ho letto. 

I vetri di questa stanza raccontano e custodiscono, è da lì che vedo passare le cose, passano di lì i miei stati d'animo, le cose che penso e quelle che non vorrei pensare più, i pensieri belli e quelli meno, quando raccolgo le forze, quando mi sembra di non farcela proprio e quando invece mi dico CheSSaràMai. 

Stamattina partirei con un circo bulgaro, senza meta. Assistente illusionista, domatrice di leoni o bersaglio girevole per il lanciatore di coltelli, non fa differenza.

Salirei su un GreyHound come nei film, sprofonderei sui sedili e mi leggerei un libro intero, e quando lo avrò finito vorrà dire che sono arrivata.

Salirei sulla metropolitana di Parigi e scenderei alle fermate col nome più bello, Hotel de Ville, Chatelet Les Halles, Notre Dame des Champs.

Forse, però, meglio che salga su una scala e lavi i vetri.
Perchè tanta poesia, sono solo vetri sporchi.

Non imparerò mai.










17 febbraio, 2015

Decido.

                                ph. La Douleur Exquise

Decido che è festa.
Decido che oggi è così.
Oggi e domani.
Soprattutto domani.
E quindi, oggi è un pò vacanza, un pò sabato, la Princi senza scuola, la Princi che nemmeno è a casa, nessuna sveglia e cose belle da fare.

In realtà cose da fare ce ne sarebbero mille e nemmeno tanto belle, stirare, stendere, fare la spesa, ma cercherò di farle con il mood giusto, con l'umore bello di chi ha vinto qualcosa, di chi ha un segreto, di chi ha trovato qualcosa che credeva perso, ho ritrovato la mia spilla nel parcheggio e l'avevo cercata ovunque, era lì, protetta forse dalla neve e qualcuno l'ha posata accanto alle cassette delle lettere.
Questo, è già un motivo per essere contenti.

Io perdo molte cose e quelle che non perdo me le rubano, per questo sono contenta quando le ritrovo.
Più contenta.
Però, mi tengo stretta quelle che ho.
O che fingo di avere.

Perciò, coraggio.
Insieme alle tovaglie e alle millemila cose, stiro il mio sorriso più bello, constaterò che non mi viene più la treccia ma non fa niente, mi guardo e mi dico che no, non c'è motivo di aver paura, ho un magone soffuso e impercettibile, ma so che è per domani, sono i magoni belli che fa la felicità, l'orgoglio, i figli, gli eventi importanti, le cose giganti che succedono in una famiglia come questa qui, che è esercito e gregge, abbracci caldi ed esplosioni, uno di qui, l'altro di là.

Perciò, coraggio.
E' una mattina che promette bene, una di quelle che vorresti a manciate, una mattina come dovrebbero essere tutte le mattine al mondo.
Ho già parlato di un progettone con Valentina, mi faccio un altro caffè nel silenzio della cucina, metto in fila pensieri, supposizioni, sorrido da sola guardando il ciliegio che forse ha già qualche gemmina minuscola, mi canto qualcosa, mi faccio carina, vuoi vedere che se tiro un pò la treccia mi viene.




13 febbraio, 2015

Mattine Confuse.


e cose.
e cosa.
e cosa poi.
e cosa vuoi
e cosa pretendi
e cosa speri che.
e cosa ti aspetti, alla fine.

Non mi aspetto niente o quasi, non spero in nulla oramai, pretendere men che meno.

Il venerdì entra dalla finestra della cucina, quella con il buchino invisibile che hanno fatto i ladri a giugno, Entra insieme alla nebbia, all'umidità, al freddo pesante, e dire che ieri ero senza calze, l'Amica delle Perle mi ha guardato con gli occhi a dollaro Cooooosa? MaSeFaUnFreddoPorco. ma avevo voglia di sole e di niente, e delle calze, benchè a pois o a righine, non ne avevo voglia proprio.

Confusa è la mattina di questo venerdì, confusa come me, che mi arrabatto tra questioni più grandi di me e il pensiero di disfare una manica, sbagliata clamorosamente ieri sera guardando Masterchef e pensando ad altro.
Confusi i miei pensieri, il mio comodino, il mio futuro più prossimo, il ripiano della scrivania, la mia borsa, il portafoglio pieno di scontrini e ricevute che svuoto solo quando sono in fila alla posta, che è il posto adatto per fare ordine nelle borse, nelle cartelle, per scriver pensieri sul taccuino che hai sempre con te, MiPrestaUnaPenna? HoSoloUnaStilografica, NoGrazie, LaStiloMacchia.
Scusi?

Circondata da gente marziana come e più di AstroSamantha, assurda come sempre e più di sempre, inconcludente, frivola, a volte così stanca da non sapere nemmeno il mio nome, a non riconoscermi nello specchio, come, non ti ricordi la tua faccia. Compro confetti rossi e piango per un nonnulla, non voglio niente, non aspetto niente, ho disordini perfetti da gestire, so fare solo quello nella vita, gestire il mio disordine, incastrarlo col disordine degli altri, dormo con un cucciolino sul cuore, è lì che ha scelto di dormire, ed è un calore pieno di tenerezza e di abbandono, non so chi dà più sicurezza a chi.

Confusi i miei giorni da qualche tempo in qua, scanditi da cose speciali e da staffilate dritte sulla testa, missili terra aria lanciati da chissà dove, a volte pieni di fiori, a volte fatti di spine e vetri rotti, rileggo libri già letti per ritrovarli, per ritrovarmi, che a trovare me è davvero facile per tutti, è difficile solo per me.

Voglio che entri il freddo da questa finestra, cambio l'aria in questa stanza sterminata che sono tre stanze messe insieme e che a volte è una piazza e a volte un giardino, a volte un orto secco e spoglio, altre una pista di atterraggio, senza niente, solo io,  che ci metto ore a spolverare i libri, che mi fermo troppe volte a leggere un pezzo qui e un pezzo là, mi ricordo i pezzi che mi piacciono dei libri che ho amato e amo e sono così tanti che non mi stanno in testa, non è vero, li ricordo tutti perfettamente, non è mica come i numeri che sono inversi a me, ed è vero, inversi e invisi e nemici, qualche volta, che nemmeno a studiarli ci cavo niente, lascio perdere, che è meglio, ne faccio a meno.

Metto insieme capitoli diversi, personaggi diversi e situazioni, ho voglia di ridere forte, scriverò un libro bellissimo, forse lo sto scrivendo già, e di certo non lo comprerà nessuno, cambio il nome ai personaggi, e spalanco la finestra, disfo la manica, entra pure, venerdì.




02 febbraio, 2015

Se mai, il sole.

Se solo sapesse.
Se solo potesse.
Se solo potessi io.

Che bel sole che c'è.
E' già dal mattino che lo sai, Ci Sarà Il Sole, già dai colori, già dall'aria, già dal profumo, non so.
E' inverno secco e sembra primavera appena, me lo hanno detto le viole dell'aiuola.

Potesse il sole restare sempre lì dov'è. Potesse sempre essere una mattina come questa qua, una data tonda, zero due zero due, ma da quando guardo i numeri, da mai, credo, io e i numeri non andiamo troppo d'accordo, mi piace solo il nove, odio il sette, anche l'ottantotto non è male, già il fatto che li scriva in parola la dice lunghissima.

Ho voglia del sole di questa mattina e di tutto quello che mi porterà, ho voglia di questo mese sciocco che è febbraio, detesto il carnevale e ogni sua manifestazione più sottile, ma adesso ho voglia di questi giorni di luce chiara, nevicherà, dicono, e chemmimporta, dico io, se ha da nevicare lo faccia pure, sarà bello anche a febbraio.

Ho voglia di imparare delle cose nuove, a star tranquilla,per esempio, a fermarmi un pò, che lo dico sempre e non lo faccio mai, magari mi fermo nel senso che son seduta, ma i miei pensieri, quelli, come fai a fermarli.
Ho voglia di sentirmi come mi devo sentire, come mi merito di sicuro, come deve essere e come sarà.
Di sicuro.

Mi faccio dei promemoria, scrivo con la stilo e l'inchiostro viola, e il pennino spesso perchè è così che mi piace, scrivo bigliettini che mi appiccico un pò dovunque per casa, per ricordarmi di stare bene, per ricordarmi le cose belle che sono tante, per ricordarmi di me.
Che è la parte che mi dimentico più spesso.

Che nevichi, gràndini e faccia quello che più desidera al mondo, io resto qui a fare le mie faccende, i miei progetti, le mie idee bislacche che prendono forma, i miei scritti senza senso, le mie leggende quasi vere. Resto qui con i miei pensieri, filtrati il più possibile, con il filtro del thè, quello a forma di fragola, e quale sennò. Quello che resta è una bevanda gradevole, alla fine, che sa di arancia e cannella come il thè che preferisco,  e di cose passate che non fanno più male, di vecchie ferite dimenticate, di tristezze che non vorrei più vedere nemmeno da che parte sono voltate.

Non sarà la neve che verrà a farmi paura, non saranno i giorni difficili, gli attimi complicati o le cose storte a fermarmi, e se saranno storte  le raddrizzerò, non sarà il buio nel giardino, le ombre  o il gelo, non è di loro che avrò bisogno, non sono loro a farmi stare bene. 
Se mai, il sole.






29 gennaio, 2015

Ti faccio una torta.

La faccio per te.
Ci metto le uova, lo zucchero, sbatto velocissimo, ci metto pochissimo,  col Kitchen Aid è un attimo vero, che scoperta.
Che bella frase, Ti Faccio Una Torta. 
E' quel Ti che fa la differenza.
La faccio per te, solo per te, solo per dirti che ci tengo, che va tutto bene, che è solo per chi ami, per chi hai voglia di vedere, o rivedere, o per chi arriva da lontano, per vedere te.
Ti faccio una torta. Se ci pensi,  ha mille regali al suo interno.
Che non sono l'uvetta o la scorza di limone o la ricotta.
Sono i sorrisi che ci metti mentre la fai.

Ti faccio una torta di pensieri.
Belli, morbidi, di quelli che ti fa bene pensare. Coi pensieri pesanti le torte non si possono fare, bruciano subito nonostante vengano  sorvegliate dal vetro del forno.

Ti faccio una torta di cose belle.
Mescolo le cose belle che ho per te, bei sentimenti, un bel sorriso, magari una risata leggera, di quelle che non ne puoi fare a meno, le risate improvvise cancellano tutto, i magoni, le cose che non capisci e che non ti stanno in testa, i cambiamenti, che orrore le cose che cambiano, lascerei tutto sempre così com'è, fermo e immobile e invece va tutto così veloce e veloce, e mi gira la testa e mi fanno male gli occhi a pensarci, e mi dico che è giusto così, ma come vorrei che tutte le mie cose, quelle cui tengo di più, le più luminose, stessero sempre al loro posto, e il loro posto è vicino a me. E invece, quante cose non ho più.

Ti faccio una torta con le cose che ho, non è molto, ho aperto la dispensa e ci ho trovato una me che a volte nemmeno riconosco davvero, una me che si lamenta e si dà per vinta, e sta ferma invece di girare, e sta immobile invece di camminare, e guarda fuori, invece di fare, che dorme poco e dorme male, e sente rumori che non ci sono e scende a controllare le finestre e il giardino, è così bello questo giardino, come fa a farti paura.

Dopodomani, la torta la farò davvero, ci sarà un sacco di gente, un thè inglese, le mollettine per lo zucchero, le tazze belle, con la Patti e Biancaneve ci studiamo da giorni cosa fare, le tovaglie giuste, facciamo prove di dolci e accostamenti, sarà un bel sabato, per noi.

Nel frattempo, cerco di ritrovarmi, mi perdo mille volte e mille volte mi ritrovo, apro tutti i cassetti, chissà in quale sono, non sarà difficile, tolgo il burro dal frigo e accendo il forno, mi ritrovo subito, mi risollevo subito, se faccio una torta. 



25 gennaio, 2015

La Leggenda dei Tulipani Sfioriti

Non è stagione.
Non dureranno.
Chissà da dove vengono.
Ma li aveva comprati lo stesso.
Costavano pochissimo, nell'ultimo supermercato che incontrava nella strada verso casa, la salvezza,qualche volta. Abitava in un posto bellissimo, ma se ti scordi il burro o nevica, o sei in ritardo per il treno, non è una gran meraviglia.
Si scontava il privilegio di avere tutte le colline incollate alla finestra, scrutare con millantata saccenza il cielo, le nuvole, le albe e i tramonti più belli, quelli da fotografare, e poi le stelle, e le scie degli aerei, che sembrano tanto belle e invece sono un mix di veleno e polvere.

Sistemò con cura i tulipani in un vaso viola trasparente, così da vederne i gambi nell'acqua. Anche i gambi devono essere in ordine, mica solo le corolle.

Li vedeva ogni mattina a colazione, la sera a cena, li posizionava con cura in un angolo del tavolo, al centro è da dilettanti, le piaceva apparecchiare benissimo anche per la frittata, o la minestrina, o per finire gli avanzi. Non importa se qualche volta il riso è delle buste.
Candele e fiori, e ti sembra di essere al Ritz.

Contrariamente ad ogni previsioni, i tulipani resistevano.
Cambiava loro l'acqua con metodo, spuntava di pochissimo i gambi, una volta era stata vista guardare dentro una corolla, che strano è il cuore di un tulipano.

Oramai, erano passate due settimane.
I tulipani da poco, forse nemmeno un euro, affastellati di malagrazia all'ingresso del discount, in un secchiello di plastica nemmeno troppo pulito, resistevano.
Forse i petali si erano un pò dissociati, stropicciati appena appena, ma il loro fucsia rimaneva intenso, gradevole alla vista, elegante nella sua aristocratica semplicità.

Quel mattino, fu felice di constatare che i Tulipani Sfioriti erano ancora lì, in quella domenica piena di sole e di mistero e di spari lontani e di zucchero a velo sui prati intorno a casa, e vicino alle ortensie secchissime, che viste così, non promettevano proprio nulla di buono. Ma non era quello il momento di occuparsi delle ortensie.

Decise di imparare dai Tulipani.
Decise di fare un bel sospiro e trovare il coraggio per iniziare una nuova settimana.
Decise in quel momento preciso che sarebbe andato tutto bene e che niente e nessuno l'avrebbe fatta sfiorire, che avrebbe conservato il suo colore pur nell'ineluttabile svolgersi degli eventi, quali che fossero, decise che sì, ce la poteva fare e doveva farcela, decise che no, non si sarebbe lasciata andare per niente, niente al mondo mai, che avrebbe cercato di non sentirsi più sola, delusa o semplicemente triste,  decise che aveva voglia, mestiere, cuore a sufficienza, forza a sufficienza per cercare di splendere sempre, in un angolo del tavolo o chissà dove.

I Tulipani Sfioriti raccontano storie che non sono vere, leggende che si inventano di domenica mattina perchè si ha voglia di stare bene, e si scrivono veloce senza rileggere, così che le cose che scrivi sono proprio quelle che ti escono dall'anima, anche gli errori, anche gli sbagli,  storie che che forse nemmeno esistono o esistono soltanto nella testa di chi le sa leggere.
Il segreto, è leggerle a bassa voce e non farsi sentire da nessuno.
I Tulipani sono strani.
Sfioriti, lo sono ancora di più.



18 gennaio, 2015

Giorni stesi.

Sono giorni scomposti.
Disordinati, a volte lentissimi, a volte tremendi, da quanto corrono, da quando dici, vabbè sono solo le 7 e invece, dopo cinque minuti è ora del pigiama. I giorni volano via, ma le sere sono lente sempre.
Ceniamo presto, qualche volta, per farle durare di più.
Per guardare un film senza schiattare di sonno sul divano, per parlare ancora con chi ci va, per leggere, o scrivere, o fare a maglia, o solo pensare, uscire sul terrazzo a guardare il cielo, cinque minuti soltanto, che fa un freddo ma un freddo,  le stelle d'inverno sono le stelle più belle, vien voglia di farne un cestino e regalarle, Le ho Prese Per te, oppure dire, Le Vedi Anche Tu?

Sono giorni come appesi ad asciugare, stesi nell'Abiurato Stendino, giorni che aspettano chissà cosa, che inutili sono le cose stese ad asciugare, son lì a fare niente, aspettano e basta, giorni che avrei voglia di mille cose e di nessuna in particolare, giorni che mi piacciono da subito e altri che invece li prenderei a schiaffi, gennaio è un  mese di rodaggio, come di allenamento per l'anno che sarà, si fanno progetti,  si studiano strategie, ma chi come me di strategie non ne sa nulla ha vita non semplice.

Sarò come sono.
Un pò sottosopra, non squilibrata come sembro, giudiziosa quando è il momento, incosciente con misura, se l'incoscienza si può dosare e credo non molto, benchè qualche volta un pò di incoscienza male non fa.
Scruto il cielo la mattina presto e la sera tardi, cerco ispirazione e coraggio mentre apro e chiudo le persiane, faccio volare via i miei pensieri più belli, che arrivino dove sanno, tengo vicino le persone che amo, sorrido tanto, cucino meno, scrivo poco.

Stendo i miei giorni ad asciugare, li stirerò con cura, appretto e acqua profumata, io li preparo per bene, che poi si inzàccherino nelle pozzanghere o ròtolino nella neve che m'importa, io li preparo carini, ben pettinati e profumati, facciano quello che vogliono, sono confusa e un pò felice, un pò sola qualche volta ma mi tengo insieme, mi racconto delle storie, invento giochi, mi compro fiori, camicie a righe e braccialetti, faccio la brava, scrivo capitoli di un libro infinito, mi piace così.


07 gennaio, 2015

Promesso.


Non saprei dire se è un bell'inizio, una bella fine, o un bel niente del tutto, come diceva mia nonna.
Quel che so è che è il sette gennaio duemilaquindici. E fin qui, nulla da dire.

Quello che non so è come sarà.
Quello che so è come lo vorrei.
Quello che so a metà sono le cose che posso fare per dargli un indirizzo, per insegnargli, a lui, al DuemilaESpingi, come deve fare per essere buono con me.
Non come suo cugino.

Ma ho dei verbi, qui, stamattina tardi, che non mi sono fermata da stamattina presto, non ho avuto tempo di mettere ordine nei pensieri, tanto era l'ordine da fare in questa casa, una casa con dentro un'altra casa, da ieri, e altre posate, altre lenzuola e altri tutto, una casa in un'altra casa è un delirio di cose, di vestiti leggerissimi, di conchiglie e di libri, che hai letto in un altro posto e ti ricordi anche dove. I libri li ami proprio, se ti ricordi anche dove eri quando sei stata parte di essi, e scrittrice e correttore di bozze, perfino un pò protagonista, se proprio ti ci innamori.

Ho dei verbi.
Al presente, per ora.

Disfo l'albero, tolgo la scritta NOEL dall'ingresso, i barattoli luminosi dal camino, le tende di stelle che mi hanno incantato per mille sere, attaccate alle finestre.

Raccolgo palline rosse e agrifoglio secco, fili argentati e nastrini dimenticati, e i bigliettini, anche, io li conservo tutti, li infilo da qualche parte e poi li ritrovo, magari a maggio, Natale 2014, Tanti Auguri Mà, Buon Natale Amore, e ogni volta, mi piace sempre.

Cambio l'assetto della cucina, siamo stati in mille in questa casa sterminata, saremo un pò meno, ci si  possono permettere piccoli cambiamenti, si sposta un tavolo, si gira il divano, sposto i mobili quando mi sento persa, sposto le stanze quando mi sento soffocare, funziona, certe volte, certe altre invece no.

Elimino cose superflue, barattoli senza coperchio, vasi di vetro ne ho una tonnellata, andrò alla campana fra poco e li butterò con forza, frantumandoli, fanno un bel rumore, una terapia, un calmante, ho bisogno di uno ancora più bravo, forse. Butto le ortensie secche, polaroid di un'estate che voglio dimenticarmi del tutto o quasi.

Cancello persone, numeri di telefono che non so nemmeno a chi e a chi cosa, riordino, faccio elenchi e  ToDoList, buoni propositi nemmeno uno, riprendo a correre, questo sì, il ginocchio ha smesso di farmi male senza farci nulla o quasi, mi taglierò i capelli, forse no, farò un corso di cucito, nemmeno quello, qualcosa mi inventerò.

E aspetto.
Il freddo, la neve, il vento che ci vuole il burrocacao se no è un guaio, le giornate che si allungano, le viole, le rose, la bicicletta e il cestino nuovo, il sole del giardino, la pioggia sui vetri, le ciliegie, la lavanda del frutteto, il grano, il glicine, e il mare. 

Ti ho aspettato DuemilaESpingi,
Ti ho preparato la camera degli ospiti, quella più bella che guarda la collina, dove ieri sera si vedeva una luna che toglieva il respiro. 
Starai bene qui.
Starò bene anch'io

Promettilo.
Me lo prometto.


Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...