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15 giugno, 2011

Fosse per me.

Che sera è mai questa. Si è passati indenni o quasi dalla cena di classe del Liceale, quale location migliore della sua umile casupola, presa d'assalto da un'orda di manigoldi, ier sera verso le ore 20, cena in girdino per quanti non so, per farmi star tranquilla mi ha detto Saremo Una Decina, me io ho contato dodici motocicli dodici parcheggiati alla rinfusa nel piazzale con l'aiuola, vabbè che non so far di conto ma un minimo. Si è passati indenni o quasi dal primo giorno di esame della Figliola Già Princi, dal viaggio verso Milano, da altre cose sparse della vita, piccole, comunissime questioni di poco conto. Ora. Sera che non è sera, nemmeno le 9. Fosse per me, mi prenderei un libro e andrei a leggerlo nel Prato di Fuori, quello che i ragazzi di qui chiamano l'Antenna, l'erba è tagliata di freschissimo, sembrano tappeti di un verde che ti acceca, srotolati all'improvviso per la visita degli zii e sistemati nel salotto buono, dove si offriranno rosolio e biscottini nei bicchierini del servizio bello, quello che si usa poco e che se si rompe guai. Fosse per me, mi farei una doccia frescolina, con un bagnoschiuma alla menta che quando esci da lì sembri una pastiglia Valda e che non piace a nessuno, Mamma Ma Non Ho Mica Il Raffreddore, però è buonissimo e piace solo a me, e allora, ok, lo uso io, e quando esco so di eucalipto che potrei profumare tutta la casa e sembro davvero un ghiacciolo o una caramella per la tosse, o uno di quei deodoranti scadenti che ti regala il benzinaio a Natale, l'Arbre Magic? magari! Fosse per me, sceglierei un filmone in bianco e nero, di quelli che non guarda nessuno, Riso Amaro, magari, perchè io nasco nipote di mondina e quel film mi è piaciuto sempre, e poi, la bellezza di Silvana Mangano con gli shorts e la faccia da LasciaFare è rimasta nell'immaginario collettivo come una delle icone sexy più sexy del mondo, altro che Belen. Fosse per me, adesso, rimarrei qui, stravaccata alla meglio sul divano che stasera è mio soltanto, tutti in giro, tutti sparsi, la FigliolaOrmaiGrande  cinguetta al telefono con chissà chi, calcetti, feste, cose da fare, sparpagliati un pò dovunque sulla crosta terrestre. Rimmarrei qui e lascerei che i miei pensieri che fatico tanto a riordinare e a tenere a bada, uscissero in disordine e si lasciassero pensare senza una logica precisa, così, in disordine sì, come i miei cassetti e il mio armadio, di quel disordine che quando lo rimetti a posto non trovi niente per un pò, e poi quando finalmente le cose le trovi, ecco che è di nuovo in disordine come prima e allora non vale. Fosse per me, lascerei che stasera scivolasse via, dormirei vestita da qualche parte a caso, aspetterei l'eclisse che forse nemmeno si vedrà, ho qui un libro intonso e nessuna ispirazione, guarderei in cielo finchè è buio, mi nasconderei da qualche parte e mi farei trovare domattina, fosse per me.

09 aprile, 2008

Stop.

E basta, che non se ne può proprio più di tutti questi giri in giro, e di qua e di là, e di sù e di giù, per diletto e per lavoro, ebbasta. Da oggi e per un bel pò, niente più transumanze e valige, e preparativi e organizzazione della metà dei figlioli rimasti a casa, e le ospitate della Princi dalla sua amica del cuore, che in effetti era un pò delusa, ieri, davanti a scuola, Come, il Congresso è Già Finito? Yes, baby, e scusa tantissimo se stasera dormi a casa tua. Voglia di fermarsi, per un pò, mica per sempre, solo, desiderio di ritmi normali, come possono essere normali e noiosi e lenti i tempi miei, di questa casa, di questa falange armata, di questo convitto, di questo collegio, di questa comunità collinare, di questo adorabile plotone. Per cominciare, si riprendano con tranquilla, provincialissima e benedetta abitudine i riti consueti. Le amiche, signora cara, quelle che con cui scambi le ricette, i libri, e le chiacchiere e le confessioni, di quei peccatucci da niente, s'intenda. E poi la casa, silenziosa o confusionaria niente ci fa, la casa purchessia. Giorni, morbidissimi e normali, senza dover dire o fare nulla che non si abbia voglia di dire o fare. la quiete, mi pare. Il lusso, mi sembra. La felicità, ne sono certa.

07 settembre, 2010

Non ho sonno.

E' così raro. Raro che non dorma, a quest'ora di notte, che anzi, abbia ancora voglia di andare in giro per casa, fare una torta, leggere o semplicemente stare qui, sul terrazzo buissimo, ad annusare tutta la notte che c'è. Ce ne saranno ancora poche, così, tra non molto non si potrà più stare a quest'ora, fuori, leggerina così. E' una notte profumata, che è un peccato mortale chiudere fuori dalla finestra, ho inventato tutte le scuse del mondo, ho voluto vedere se era nuvoloso, se avevo ritirato le cose stese, ho persino portato fuori l'indifferenziata, cosa che faccio al volo il martedì mattina e quasi sempre mi dimentico. E' una notte che sembra perfetta, e forse la è e non lo sa ancora, preziosa, come solo le notti così sanno essere, c'è una specie di festa stasera qui, amici dei figli in visita da un'altra città, una specie di ripresa di vacanza, di quelle vacanze mai smesse che hanno i ragazzi, di quel trovarsi, di muoversi in gruppo, di stare bene insieme. Arriveranno tra poco,li aspetterò qui. Ho apparecchiato una tavola per la colazione che sembra un collegio, tante scodelle a cuori, sono 8, non le metto mai tutte insieme, è questa un'occasione speciale. C'è un vento leggero, indolente. Scuote appena le foglie del ciliegio, passa pianissimo tra le foglie della menta e quella nemmeno si accorge di lui, intenta com'è a guardare anche lei questo buio del prato, questo buio che sa a memoria, eppure. Ci sono i grilli e le cicale, un aereo che passa e non si vede, dicono che domani pioverà. Stasera, mi regalo questa notte fresca, questo profumo di pace e di respiri quieti, di chi dorme già nella casa in collina. E' una notte che mi piace e mi sorprende, proprio io, che di solito svengo alle 10 o giù di lì. Mi regalo questo buio bellissimo, queste nuvole che mi nascondono le stelle, questo fresco vento. In notti come questa ti piace pensare che il mondo gira piano e come desideri, che la tua vita, alla fine, è proprio bella e luminosa, e che qualche volta, è proprio un dono del cielo stare svegli, beati,  e guardare nel buio.

26 novembre, 2007

Tre cose.



Mi rifiuto di guardare Ghost per la duecentesima volta, l'ho visto in inglese, in francese e forse anche in kazako. E' una sera silenziosa, il mio Sposo altrove, il Maturando al cinema con la Biondina, i figlioli sparsi. Rifletto. A cosa diavolo servono le udienze, folle oceaniche assembrate in ordine sparso nei corridoi, per sentirsi dire, da tempo immemore, potrebbe fare di più solo che non si impegna, a farsi comunicare voti che sai già, comportamenti che sai già, ma che cosa, ti vengono a dire com'è tuo figlio, non lo sai già da sola le facce che fa, gli occhi che fa? E tu sei lì, a niente fare, se non osservare e guardar fuori dalla finestra, ove presente, e spostare il peso dalla gamba sinistra alla gamba destra, le braccia conserte con in mano il cappotto, la borsa che pesa e voglia di essere dal panettiere, alla posta, in cantina, ovunque tranne che qua, qualche chiacchiera distratta con qualche mamma che incontri dai tempi dall'asilo, chiacchiere più serie con la tua Amica, ma attenzione a non distrarsi, qui se passi davanti a qualcuno rischi grosso. Non mi vedranno più, questo è sicuro. Rifletto, poi, in questa sera che galleggia, che si fa vivere senza scosse, la quiete dopo la tempesta, una specie di convalescenza da una malattia invisibile, sulle cose che vorrei, qui e adesso, è un gioco che faccio da sempre, privatissimo, solo mio, che non ho mai neppure scritto, su tutti quei fogli che riempio ogni tanto, sui taccuini, i quaderni a quadretti, i blocchi, i retri dei biglietti da visita, i giorni delle agende, quelli rimasti bianchi e senza appuntamenti. Un gioco da pensare soltanto, e che per questo è così magico e segreto. Vorrei, tre cose per volta. Vorrei avere tempo e voglia e concentrazione per leggere un libro, questa sera prima di dormire, qualche pagina basterebbe, per poi passare dalle parole al sonno, è così bello addormentarsi leggendo, non è raro che si sognino le cose appena lette, e ci si sveglia, dopo, gli occhiali sul naso e la mano che ancora tiene il segno tra le pagine. Vorrei, una coperta a quadrotti, di quelle fatte con gli avanzi, magari ricordo di qualche bisnonna, che mi abbracci e mi scaldi, coi colori un pò sballati, qualche punto che viene via, ma che ha dentro tutte le coccole del mondo. E poi, chissà perchè,vorrei che stasera nevicasse e nevicasse, 3 metri o pressappoco, e che domattina si capisse già dal letto che fuori c'è la neve, e che tutto fosse intatto e candido, bianco nel bianco, silenzio nel silenzio, un pò lunare un pò di zucchero.

10 agosto, 2010

Di quanto cielo.

Cadranno stasera. Ne sono cadute già ieri, una gigantesca e una più piccola, le uniche che ho visto. Gli altri un sacco, io due soltanto. Sarà che mi stufo subito di stare lì col naso per aria, immobile, e se guardo di qua cade di là e viceversa.  Quanto nero del cielo, quanto buio e quanta luce tutta insieme. Un cielo a a schiacciarmi, ad avvolgermi e sollevarmi, a sotterrarmi e pestarmi, fino a non farmi respirare, a farmi volare in alto, ballerina delle stelle, girandola di luce o nero lenzuolo a bendarmi gli occhi. Il cielo che parla e non ascolta, il cielo lucido che ti rincuora e ti accarezza, nel tuo disperare, nel tuo essere sempre come in tensione, come sulle punte, come, non eri una ballerina? Non so ballare questa danza di luce, non so nemmeno legarmi le scarpette, ci vogliono nastri d'argento e una polverina che fa volare e rende leggeri e trasparenti e tu e la tua gonna di voile, cucita con i raggi della luna e gli aghi d'oro della corte del Re. Balla, balla con le stelle che cadono, attenta a non cadere anche tu, affèrrale per la coda e fatti trascinare, chissà dove cadono, chissà dove vanno e da dove vengono, stelle di mille anni fa, solo loro sanno di quanta luce son fatte, di quanti desideri e promesse, di quanti occhi e mani e abbracci e vieni più vicino. Tu balla e balla insieme a loro, ballerina che inciampi e cadi, la treccia sfatta e il vestito strappato, balla come sai, ballerina del buio e della luce, del cielo che un pò piange e un pò ride, dei puntini brillanti nel blu, improvvise, scie luminose, di un colore che non sai, lacrime del cielo, di quanto amore mai, di quanta luce mai, di quanto cielo mai avrà bisogno questo cuore per imparare a contare le stelle.

22 ottobre, 2010

Il divano che vola.

Nessuno aveva voglia di aspettare l'ora di cena, qualcuno aveva già fame, ci siamo tutti, stasera, tutti, tranne il Piccolo Ingegnere del Regno Unito. L'ora di cena non è un'ora precisa, è quando càpita, quando se ne ha voglia, qualcuno ha fame? avevo apparecchiato benebene, la tovaglia bella e i tovaglioli veri, ma la voglia di stare a chiacchierare sul divano era di più, a ridere di scemenze, ad organizzare un simil viaggio per Natale, dài, ognuno dice dove vorrebbe andare, in quelle volte che viene fuori di tutto, un paesino in Irlanda, il deserto, New York, le FarOer e stare a casa, anche, perche no. Che bello il mio divano, il mio Sposo e i miei figli, i cani accoccolati vicinissimi, il gatto acciambellato nel cestino, i vassoi con la cena improvvisata, inventata lì per lì, la pasta avanzata, uno yogurt al volo, mezza mela, la vuoi?  Ci sono coperte a mucchi,  miste nel genere, fatte da me, oppure con i disegni, gli orsi, i quadretti, ognuno ha la sua coperta preferita, forse ancora non servirebbe, mica c'è la neve di fuori, ma fa tanto calore e casa, e inizio di week end stare qui a parlare con una coperta vicino. Come sono belle le persone sedute su questo divano, stasera. Riccioli freschi di doccia, occhioni verdi e braccialetti, gambe lunghissime nella tuta da calcio, la maglia della scuola. la camicia stropicciata. Gesti che conosco, che so a memoria, voci che mi porto dentro e potrei riconoscere fra miliardi, risate che mi avvolgono, battutacce, richieste impossibili, discorsi serissimi e domande  da mille milioni. Adesso, in questo preciso istante, mi piacerebbe che un effetto speciali, di quelli che si vedono al cinema, trasformasse questo divano in un tappeto volante, una navicella spaziale, che bucasse i piani di questa casa, passasse attraverso i muri, il tetto, e sù sù, fino al cielo e anche dopo il cielo, in alto, in altissimo, con noi tutti seduti così, a chiacchierare e a ridere, non succedeva da un pò, che mi incanto ogni volta e ogni volta mi scopro così innamorata di queste persone, così assolutamente indissolubile da loro, così insieme, così attaccata, che potrei volare con loro e guardare la città dell'alto e stringermi a loro, la mia storia, il mio destino, la cosa che mi sia venuta meglio nella vita, nel resto del mondo succeda quel che vuole, io volo con loro, seduta sul divano che contiene tutti i cuori che formano il mio, tutte le anime che sono parte della mia, gli occhi che illuminano i miei, qui,  tra le briciole, i cuscini e le coperte che non servono, ma che è bello avere qui.

15 agosto, 2010

Alternativa.

Un pò selvatica, anche. Ho risposto a un sms di B, non quella del 12, quella della RAI, sono circondata di B, al momento. Come Mi Stai? mi si chiedeva. Ti Sto Bene, si rispondeva, Misantropa e Selvatica. Persino un pò  Orsa, mi si passi il termine. Ti sto che mi piace far le cose che a Ferragosto  non fa nessuno, prendere l'acqua alla fontana, leggere un libro in un giorno, non cucinare per niente. Nessuna grigliata, ci pensano i ragazzi, quella dozzina di ragazzi che mi sono trovata in casa quest'oggi, 6 conviventi e 6 raffazzonati qua e là dai conviventi medesimi, ma li conosco da sempre, sono gli stessi di ogni estate, solo, ogni estate più grandi e più belli. Stasera, gran soirée. Il cinema all'aperto, forse un gelato più tardi. Nessun Ferragosto fu più alternativo, più semplice, più felice di questo. Felice. Una parola che non scrivevo da un pò.

07 maggio, 2012

La Primavera Non Si Tocca.

Questo mi ha detto poco fa, il mio figliolo mediano, quello che dovrebbe avere l'esame di maturità, quello spettinato, quello magrerrimo, quello bellissimo. E' vero, la primavera non si tocca, alla fine arriva, nonostante tutto. Arriva coi suoi profumi, coi colori nelle vetrine, i sandali, i vestitini di voile, e arriva anche nella testa, nel modo di pensare, di porsi, di prendere le cose da un certo lato, i sentire. E' una giornata magnifica da queste parti e lassù, nella Casa in Collina, si è già avuto modo di riempire ben 3 volte l'Abiurato Stendino, perchè, come ho già detto, se stendi di fuori ormai il più è fatto. E' incredibile come il sole, la luce, il profumo dei fiori condizioni la vita di ciascuno. Tutto ci sembra già essere un pò più facile, un pò meno pesante, qualsiasi cosa sia. Basta pochissimo, le prime rose che sono già sbocciate nell'aiuola, le foglioline verdissime, sono già state colte e sistemate nel Riciclato Vaso della marmellata, ingentilito da un nastrino di raso color crema. Il silenzio di questa casa è una medicina per animi acciaccati, per ansie immotivate, adatto a lenire tristezze che vengono da lontano, pensieri al nero di seppia, pesi sul cuore che fanno male e via così. Si è sistemato tutto per benissimo, comprato una scatola colorata per i gomitoli da tenere accanto al divano, persino un piccolo regalo per un'Amica, non dirò quale, sarà una sorpresa nella sorpresa, un pensiero piccolissimo di poco valore, ma non per questo meno prezioso. Ci sono giorni che sono lenti che fanno fatica a passare ed è questa la loro bellezza chiara: ci si sente un pò miracolati, salvi da un naufragio, magari fra poche ore si sarà nel  mezzo di una tempesta, ma che importa, in fondo, qui e adesso sono le parole che vogliono cucirmi addosso, senza pensarci troppo sù. Stasera per cena l'insalatina fresca del contadino, la finestra che dà sul giardino socchiusa, spiando la luna per essere la prima a vederla quando appare, le rose sul tavolo, la tovaglia profumata, asciugata di fuori, ma guarda, è già ora di tagliare il prato. L Primavera Non Si Tocca. E già.

28 ottobre, 2008

Ode alla clementina.

E' incredibile come, ad occhi chiusi in un supermercato, ci si renda conto in che periodo dell'anno ci ci trovi, solo dal profumo che ivi ci si sente .Acquistare il primo sacchetto di clementine della stagione, quelli verdini di rete con i buchini per infilarci le dita, dà un piacere sottile. Ci si avvicina con entusiasmo, i sacchetti di tela sono lì, uno in fila all'altro, coi loro frutti lucidi e perfetti, tondissimi, profumati di inverno, di già. La Clementina, da non confondersi con la deliziosa bimbetta dai fulvi riccioli, figliola alla mia Amica Castellana, ha nella sua conformazione di agrume invernale, un che di taumaturgico. Miracoloso. Ella costituisce con garbo una piccola merenda sul tavolo della cucina, che con questa ora solare è già buiabuia alle quattro o poco più. La merenda dei figlioli, infatti, in questa casa, costituisce un piccolo briefing: si interrompono gli studi , le scelleratezze, e qualunque cosa li occupasse in quel momento, per scendere ui cucina, dare un'occhiata alle pentole per indovinare che cosa riserverà loro la cena di stasera, per ricordare qualche appuntamento con la scuola, per sentire insomma, che aria tira in casa. Si chiacchiera, con calma, nessuno deve andare da nessuna parte, stasera, nessun allenamento o lezione che sia. Così, si merendeggia. Una clementina sbucciata con religiosa precisione, prima la buccia arancio, poi quella sottilissima bianca, piano piano, che fretta c'è, e condivisa, magari, Me Ne Dai una Fettina? è un minuscolo momento di famigliare intimità, seduti al tavolo che ancora non è apparecchiato, con il vaso delle margherite e il cestino con le castagne. La clementina, sapiente mix di dolcezza e acidità, invidiabile connubio di zucchero e vitamina, in questi giorni sciocchi di sciocca ansia, è quanto di meglio per tirarsene fuori. E quando i figlioli tornano di sopra alle sudate carte, noi si potrà tornare ai fatti nostri, quell'armadio che, dannazione, proprio non ne vuol sapere di riordinarsi da solo, magari un pensiero alla cena, che ancora è presto anche se è buio e dovrei sciacquarmi le mani, ma ho questo profumo così buono che mi mette in pace e allora mi sa proprio che la cena aspetterà.

27 agosto, 2009

L'arcobaleno.

Qui si vede appena, ma c'è, eccome se c'è. Arrivato all'improvviso, dopo l'acquazzone benedetto che ha fatto scappare tutti dalla spiaggia, alla spicciolata, in fretta, ma mica tanto, si è camminato lungo il mare, che bello il mare quando piove, non sai bene che cosa ti bagna di più, se le ondine timide sulla riva o le gocciolone che cadono giù e che ricamano la sabbia e ti appiccicano il vestituccio addosso e fradiciano i capelli un pò di sale e un pò di acqua dal cielo. Che odori scatena il temporale da queste parti, di erba bagnata, di arbusti, di muschio, di stalla, anche, passando di fianco al maneggio. Che bella sorpresa, dopo l'estate rovente, la prima pioggia. E poi, a casa, mentre si cercava di ritirare tutto, il bucato steso, i cuscini inzuppati, eccolo lì, l'arcobaleno, proprio dietro casa. Che bell'effetto ha avuto su di me, questa pioggia improvvisa. Come innaffiata, come se mi avessero spruzzato vitamine dal cielo, come se proprio dal cielo venisse una gioia sottile, una timida allegria. Stasera si parte, un pò dovunque sparse valigie e zaini e pile di libri, la chitarra, le cose. Fuori, un chiassoso disordine, ognuno si fa la valigia sua, ci mancherebbe ancora. Dentro, una voglia di tornare a casa, mista all'impercettibile malinconia di lasciare questa vista, questo mare, questo vento profumato, il muretto, il limone, le rocce, l'ulivo. Inizia un altro viaggio, un'altra stagione, un 'altra puntata, un altro capitolo, un'altra storia. E c'è chi ha il coraggio di chiamarla soltanto Fine delle Vacanze. Ma forse, quelli che la chiamano così, non hanno mai avuto un arcobaleno sopra la testa. E' così che funziona.

01 ottobre, 2019

La Palestra.

Da poco, abito accanto a una palestra. Alla palestra di una scuola.
Ho spesso la finestra aperta, non mi arrendo ai temporali alle pioggerelline, nemmeno al frescolino di inizio autunno. E' la mia personale guerra contro la fine del tempo bello dell'estate.

Domani è il mio compleanno.
Mi faccio gli auguri da sola ogni anno, cerco di capire che tipo di persona sono diventata ogni anno che passa, se invecchio o se cresco, o tutt'e due, se quello che mi accade me lo merito oppure no, se il bene e il male mi cambiano e in che misura. 

La risposta non la so mai.
Mi guardo allo specchio e vedo sempre la mia faccia, ho i capelli lunghissimi, non mi va di tagliarli, non mi è mai piaciuto tagliarmi i capelli, mi faccio la treccia e poi la giro sul davanti, vuol dire proprio che sono lunghissimi.

Ho di nuovo mille idee e mille progetti da realizzare, mille cose da fare, mille libri da leggere e da scrivere, il mio è sempre lì, a volte lo rileggo e mi viene un pò da piangere, ma davvero ho scritto quelle cose lì? e poi la smetto, ho imparato nell'ultimo anno che smettere di piangere ti salva dal mondo.

Mi piace ascoltare i rumori delle case. Mi piaceva nella Casa in Collina, dove sentire la mia vicina urlare coi ragazzi mi faceva sentire meno sola. Certo, ho urlato un sacco anche io, ma non sono certa che lei fosse altrettanto contenta.

Da qualche giorno, entrano rumori nuovi dalla finestra aperta, quella di lato, dove ci sono i gelsomini e il Basilico Stremato da un'estate di stenti nelle mani scellerate di un figliolo che non c'era mai.

E' il rumore della palestra.

Ci ho riflettuto un pò, e ho pensato che la mia vita, da adesso in poi, la vorrei proprio come una palestra. 
Con i fischi se sbagli, con le grida, le risate, il rumore del pallone sul pavimento, che fa allegria, lo stridore delle scarpe di gomma, l'eco delle parole belle che ho sempre voglia di sentire, i nomi, le canzoni, i punteggi ovattati, non so mai esattamente che cosa ci facciano in quella palestra lì, ma non è importante, alla fine.
E' un mondo a sè, un microcosmo affascinante, che non posso spiare perchè ha i vetri opachi ma ne sento il rumore e l'unica cosa che so è che quel rumore mi piace, sembra un pò un' astronave, se ci pensi.

Voglio per me dei giorni lisci, che di gasati ne ho avuti abbastanza, dei time out per dirmi Fermiamoci Un Secondo, dei conti alla rovescia per partire di slancio, dei blocchi di partenza dove concentrarsi e dire Ce la Posso Fare, dei materassi morbidi dove cadere dopo un salto altissimo, un cronometro per misurare le volte che non sono più io e farli durare sempre meno, dei traguardi belli, dove tutti sono contenti e sì ci arrivi sfatta e col fiatone, così tanto che nemmeno riesci a bere o a parlare, ma che bello è correre così.

Una palestra.
Stasera sentirò ancora meglio quel rumore, di solito sono fuori che annaffio le piante. Anche il Basilico Stremato. Gli racconterò la storia della Palestra, chissà che non si riprenda un pochino anche lui.

e cose belle, finalmente, a me.




10 agosto, 2006

La luna d'oro.

Bellissima e maestosa, un po’ inquietante, a guardarla bene, così bella eppure così’ invisa agli astronomi, troppo luminosa, dicono, rovinerà la festa della stelle cadenti. La luna inganna, a guardarla fa pensare che tutto va bene, così placida e tranquilla e il Libano, l’indulto, Condoleeza e tutto il resto sembrano appartenere ad una galassia che non è questa. La luna è falsa, in fondo da vicino non è che una distesa di sabbia e di sassi, e di terra e di polvere. La luna tace, sui segreti degli amanti, guardala tu che la vedo anch’io, guardala e pensami, guardala e sorridi. La luna finge, di essere buona e accondiscendente, di esaudire desideri e sogni, ma è così stufa di farsi guardare, di sentire poesie e canzoni su di lei, e luna di qua e luna di là. Nonostante questo, io l’adoro. Per quel suo essere sopra a tutto, per dire, sono qua e ci sono da sempre e per sempre, e guardo da quassù le vostre cose, le vostre vite. Sorveglio, illumino, guardo e sto zitta. Non giudico. L’adoro per il colore che ha d’estate, per la sorpresa che mi fa quando d’inverno spunta dalla nebbia, per i giochi che fa col sole, vai via prima tu, no tu. L’adoro perché è sciocca, perché è finta e meravigliosa, perché crede di essere, perché si dà un sacco di arie, perché fa tanto la splendida ma basta una nuvolina da niente e sparisce, in un secondo, si vela e non c’è più. Quella di stasera sarà speciale. Guardarla sarà un regalo, una notte di pace assoluta, di festa, anche. Non so dove sarò. Magari sulla spiaggia, coi figli intimoriti e affascinati da tanta semplice e intatta bellezza. Sarà incredibile, lo so. Avrà l’abito da sera e quella sua aria snob. Avrà qualche nuvola intorno, e qualche stellina che le passerà vicino, con la sua scia lucente. Mi piacerà, lo so. Mi stupirà, lo so. Mi sorriderà. Lo so.

25 gennaio, 2010

La neve non bagna.

Nevica zucchero o cosa? La chiesa è quella del centro, farò un pò di strada a piedi, è così bello camminare sotto la neve, ho un cappello calcato sulla testa, non mi bagnerò, la neve non bagna, men che meno questa qua. Siamo in anticipo, c'è il Liceale con me, e alcuni dei suoi amici scapestrati, ma dolcissimi, un pò spersi, preoccupati su cosa dire e cosa fare. Suo marito arriva subito, lo vedo in mezzo a tutti, sorride e sorride, abbraccia e abbraccia, bacia e bacia. Sono Contento di Vederti, e si stringe a me, un pò si aggrappa, come. Balbetto qualcosa, io non sento mai che cosa dico in questi casi, può anche darsi che sia stata zitta, non lo so. I figli no, non me la sono sentita. Lei è alta e sottile, bionda come lei, lui un pò più piccino, ancora di più stasera, biondo come lei. In chiesa c'è il mondo, si dice così, ci conosciamo un pò tutti in questa città, anche io che son foresta. Trovo i genitori di qualche asilo e di qualche elementare, abbiamo passato anni ad aspettarli fuori, condiviso gite, settimane bianche, pidocchi, recite, lamentele, mandiamo una pianta alla maestra. Hanno tutti gli occhi lucidi e un pò di neve addosso, questa neve che non bagna e non si scioglie. Che scomode le panche della chiesa, sto in piedi che è meglio, ho in tasca il Rosario che ho comprato a Parigi, lo sgranerò per lei. Non stacco gli occhi da quel banco. Che se ne fanno, dell'incenso e di quei mazzi di fiori, che se fanno dei Coraggio, delle pacche sulle spalle, delle carezze, degli sguardi di pietà, ma di quella vera, ho pietà per te, bambino biondo, perchè mi han detto che ancora non ci credi che la tua mamma sia volata via. Che se ne fa lui, di quel libro delle firme dove non firmo mai perchè mi fa orrore, e lei, bellissima, coi capelli pulitissimi e quel fermaglio vezzoso, la borsa a tracolla e lo sguardo fermo, altero, asciutto. Ha solo 17 anni. Anche lei. Ricordo. So. Ricordo e so. Dura poco, questa preghiera, a fatica si esce uno per volta da una porticina stretta, fuori, nel buio della strada, le macchine che passano e non sanno, il vigile, altri abbracci e altre mani, baci, occhi lucidi, civediamosempreinquesteoccasioniqui e la neve, ancora la neve, quella neve di zucchero che non bagna e non si scioglie. Ciao, Anna.

21 novembre, 2006

Soirée.


E' una sera normale. Una casa normale, una famiglia normale o forse non proprio, ma chiassosa e colorata, impegnativa e bellissima. Si è cenato tardi, con le tagliatelle comprate al volo rientrando dalla piscina con la picci. E i mandarini biologici. E un quadretto di cioccolato fondente, mentre si chiacchiera attorno al tavolo, la gita, l'insufficiente di matematica, le 30 vasche, mi serve un paio di jeans nuovi. E mille cose. Il cane russa sotto il tavolo, si sa, non è una principessa, nonostante l'alto lignaggio, si siede male, rosicchia ogni cosa e russa. Ma è deliziosa. I gatti sono sparsi, Philadelphia dorme beato sul cuscino che ha eletto sua dimora personale. E quando tutti tornano nelle loro stanze a ripassare, a guardare la tv o a disegnare, si rimane sul divano, a chiacchierare, a non dire niente, a scrivere o leggere o a pensare, c'è un gomitolo di lana infilzato su due ferri, un libro, Olive Comprese, che vorrei finire, la posta da aprire, due cose da firmare. Non farò niente. Starò qui, a coccolare con gli occhi le cose che ho intorno, a fare un inventario, si fa sempre a fine anno, no? delle cose che ho stasera e a concludere che nessuna, nessuna, nessun'altra al mondo mi serve, adesso. Sprofondata nei cuscini, qualcuno chiede piove ancora? e chi lo sa. Il lusso vero è considerare che non ci importa nulla, che piova pure, se vuole, siamo qui, le gambe incrociate, i calzettoni a righe, la maglia di Topolino e una pace diffusa. C'è profumo di burro e di pino, per via di quelle goccine della farmacia che ho messo nel diffusore. E silenzio. Un telefilm al piano superiore, sommesso e discreto, ogni tanto una risata, vocina di zucchero o vocioni da uomo fatto, a scelta. Nient'altro serve. Ci si potrà anche regalare, tra una mezz'ora, una coperta leggera e un cuscino più morbido e leggere un poco, con lentezza esasperata, sapendo che magari, gli occhi si chiuderanno piano, nel calore che c'è, la giornata è scivolata veloce, che rara soddisfazione addormentarsi sul divano, un pò barboni un pò prìncipi. Il cuore sorride, lo si sente se lo si ascolta bene, sorride di una serenità semplice e ricercata, banale eppure rara, scontata eppur perfetta. La sera, in una casa qualsiasi, in una famiglia qualsiasi, è un magico senso di appagamento e di immortalità, di soddisfazione e di silenziosa felicità. La stessa che fa di un barbone, un principe.

14 maggio, 2015

Non mi siedo mai sulle panchine.



E' una cosa che notavo.
Non mi siedo mai sulle panchine.
Eppure, ne ho qualcuna, in giro per il posto dove vivo, nella città dove gravito, perfino in fondo al sentiero, ma proprio in fondo, quasi al paese vicino, dove è raro che arrivi correndo, è troppo sterrato, ho rischiato di cadere più di una volta. 

Ieri sera, mi ci sono seduta.
Ad aspettare mia figlia che arrivava da fuori.
In un'ora insolita, per me, quasi ora di cena e ancora sei in giro.
Con una bell'aria lucida.
Profumo di maggio.
Dicono che grandinerà domani. Ma come fa.

La piazza davanti al liceo è una piazza così bella.
Ieri avevano tagliato l'erba di freschissimo.
I palazzi liberty, le rose fiorite.
Peccato solo per la fontana, spenta, sempre.

Che pensieri ridicoli ti vengono, quando sei su una panchina.
E' come dire, sono qui, non ho niente da fare, devo solo aspettare e non fare niente, posso guardare le macchine passare sullo spalto, solo in questa città le strade si chiamano spalti, dovrò capire bene perchè.
E salutare chi conosco e passa in bici e mi guarda MaCosaCiFaiQuiTuAQuest'Ora.

E chissà chi abitava lassù, chissà se qualcuno suonava il pianoforte, e le poesie imparate a memoria, e i compiti sul tavolo della cucina. E profumo di minestrone sulle scale. 
Chissà quanti baci rubati sotto quel portone coi leoni, chissà le fughe, gli appuntamenti, chissà se da quei vetri qualcuno vede me, non visto, chissà quando la guerra da qui è passata davvero, e la fontana, c'era già questa fontana?  E Napoleone, è passato anche da qui, dopo aver piantato il platano sulla statale?

Niente è più seducente di una panchina a metà maggio.

Le cose che pensi ti scivolano via come acqua fresca, puoi pensare tutto e il contrario di tutto, e forse è meglio che, stranamente, tu non abbia nessun libro da leggere o nessun appunto da prendere, per permettere ai tuoi pensieri di essere un pò come te, stasera, leggera, indolente, che aspetti e basta, che nessuno aspetta te, e allora resti lì.

Non mi siedo mai sulle panchine.
mi sa che dovrò farlo un pò più spesso.




25 luglio, 2015

Che non sai.

Lo aspettavo da tanto

da quanto lo amo, aspettavo il temporale, uno, due, tremila gocce, tutte insieme.

Il temporale sorprende nei luoghi più diversi e non ti dà tempo, non ti dà modo di reagire, se non veloce, velocissimo, inizia pianissimo e in un attimo è uno scroscio prepotente e meraviglioso.
L'energia.

Dalla spiaggia, dal prato, come, un attimo fa era chiaro e adesso il cielo è come un livido enorme, basta guardarlo per un secondo e poi te lo senti, il cielo addosso, e non sai se di lui ti piace di più il colore, la luce, il rumore, l'odore o tutto insieme.

O la sensazione che ti lascia.
Lava tutto via
Porta tutto via

si ricomincerà presto, ma adesso è tutto pulito e lucido, illuminato a tratti, tuona, fa un casino da paura,  alza la voce per dire che via, via tutto, lava via tutto che si rifà.

i temporali sono stati inventati apposta per darti la sensazione bellissima di nuovi inizi e nuove storie
e nuove cose

Ha bagnato per benissimo le ortensie che avevo deciso di seccare direttamente sulla pianta, per vedere di che colore sarebbero diventate.

Ha resuscitato gerani che credevo stecchiti, rose impossibili e un pò lasciate al loro destino,  perfino il caprifoglio ranzato a zero, ha mille foglioline verdissime. ma forse, non è tutto merito del temporale.

Temporale d'estate, che mi piaci da morire e nemmeno so perchè.
Temporale che non sai se lo ami per l'odore, il colore, per come ti fa sentire, o perchè sembra che un pò di cielo ti rimanga addosso.
Non è vero, ma fa niente

Torna presto, temporale. Stasera, stanotte, quando vuoi. 
Ti aspetterò dove vorrai, starò attentissima alle prime gocce per non perdermene nessuna.
Aspetto la tua energia, la tua prepotenza, la storia complicata dei lampi e dei tuoni, che fanno così paura a tutti e che io amo così tanto. E nemmeno so perchè.

Ma in fondo
le cose più belle sono quelle che non sai.




22 maggio, 2011

Il Sogno Potentissimo.

I giorni caldi, quanto mi piace l'odore del cloro, non senti che è già estate? si chiacchierava così, nel gazebo a ridosso della piscina, un venticello leggero, le bottiglie d'acqua nel ghiaccio già sciolto da un pezzo, risate che non pensavi, persone nuove eppure vicinissime, storie che si intrecciano e si legano insieme, che cominciano trascinando una valigia per una stradina di ghiaia piccola, nel sole. Concentratissime, a fare e disfare, a insegnare, imparare e a vedere che strada abbiamo fatto fin qua, e quanta ne faremo, ancora, insieme. La bellezza è cosa leggera, la si coglie ovunque, dove vuoi, come vuoi. Si sta così, a spiegare situazioni, a dire cose, a chiacchierare fittissimo fino alla 1 passata, ma come, non hai ancora sonno tu che dormi con le galline? Ma no, questa potrebbe essere la stanza di un collegio, di una colonia al mare, di una gita scolastica dell'ultimo anno. C'è un disordine che spaventa, i sandali con le camelie sono stati al centro del pavimento per due giorni,li abbiamo scavalcati sempre. Spostati, mai. I sogni portano lontano, ti trascinano su un carro fantastico dorato e lucente, con altri compagni di viaggio che non scegli, perchè sono loro a scegliere te, secondo il complicato e celeste meccanismo che fa di un sogno la forma più chiara della felicità, che non è Itaca ma il viaggio, che non è la luna ma la strada che hai fatto per arrivarci. Il sogno potentissimo che ti fa donna felice e in pace, perfetta, che ricordi ogni nome e ogni volto, e ogni voce, anche, e ogni accento e ogni risata, e ogni sguardo e ogni magone e ogni abbraccio, a salutarsi sul cancello, nessuno ha voglia di andare via e si vede, e si sente, questo filo morbidissimo di acciaio pesante, questo mohair in carbonio che ci lega, noi al sogno e il sogno a noi. 
Alle mie compagne di viaggio, potenti donne dal cuore di tulle, di fiori preziosi e di mani sapienti, il mio pensiero stasera, che bei giorni insieme, che bel cammino, che bella strada, di ghiaia piccola e croccante, profumo di cloro e  gelsomino, un sogno potentissimo, che bello sarà.

19 marzo, 2011

Diversamente Birch.

Il colore è proprio quello adorato, la meraviglia delle meraviglia, il 505. La lana è un'alpaca prezioserrima, morbiderrima e bellerrima. Lo schema è il Birch. Le mie compagne di scuola, di viaggio e di avventura ne hanno già fatti una dozzina. E se la bulleggiano, come dicono i miei figli, soprattutto l'Amica delle Perle che dice di averne già fatti due da giovedì scorso, e pure Afef, che sostiene di averne un armadio pieno. E io? Già, e io? Io sono al primo. E anche all'ultimo, missà. Non che sia difficile, no, ci vuole solo tanta attenzione, tanto sentimento, tanta precisa precisione che in questo momento io non ho. Ma lo faccio uguale e come pare a me. Perchè voglio fortissimamente voglio qualcosa di questo colore, che starà un amore coi miei sandali. Oca Che Non Sei Altro, disse la voce fuori campo, Lo Sai Che Dovresti Elevarti, Parlare di Cose più Serie e non di immani Ca@@ate Come Fai di Solito, lo Sai , Sì? No che non lo so. Oggi va così. Oggi non faccio nulla di quello che invece dovrei fare, ivi compreso eseguire in maniera precisa lo schema del Birch che tanto non mi verrà mai e poi mai, perchè ho la testa altrove, e fuori si è alzato il vento, e mi piace questa cosa perchè porterà via le nuvole e potrà vedersi la bella luna di stasera. Io il Birch lo faccio come mi pare, ci faccio una fila di buchi dove mi va, poi vado diritta, e poi ci faccio una altro ricamino, poi altri buchi e poi di nuovo diritta. Il mio non è un Birch di pura razza, è un Birch meticcio, diciamo che è un incrocio, Diversamente Birch, il nome gli va benissimo. 

27 agosto, 2006

E scusate se è poco.


Frescolino, niente spiaggia ieri, solo il ciondolare di qua e di là, la casa strapiena di ragazzi vocianti e casinari, gatti avulsi, amici cari, gente che passava di qui solo per salutare, ci imbarchiamo stasera, la cena pronta, che è tutto il pomeriggio che spignatto e che sono contenta del risultato. Ho apparecchiato con cura, i piatti di Ikea e i bicchieri di design. C’è un aria tranquilla di fine vacanza, il vento è calato, si vedono già laggiù le lucine di Maddalena. Un arrosto alla salsa di soia, che ho dovuto comprare un tegame consono allo sbrano che vige in questa casa, invitati amici, figli, amici dei figli. Ma prima, questo riso, menta, piselli, feta, pollo allo zafferano e lime. Una robina semplice ma di grandissimo effetto, soprattutto per quell’impertinente grappolino di ribes che ci ho posato sopra con grazia sottile. Certo, ho faticato a recuperare il lime. Le Maghe della Pignatta lo ben sanno che è un orrore mai visto sostituire il lime con il più semplice limone. Confesso in ginocchio che per un attimo ci ho pensato. Con quella sequoia di limone che mi ritrovo non mi sembrava il caso, ecco. Così, timidamente, dal fruttivendolo di fronte al porto, ribattezzato, chissà perché, Bulgari, ho fatto la mia bella figura annunciando impettita Mi Servono 2 Lime e sono tornata a casa, trionfante con il mio pacchettino, 2 simil limoncini verdini e rotondi. Che ho spremuto di nascosto, per non farmi vedere dal Mio Limone. Che si sa, ha un caratteraccio.

14 febbraio, 2011

Scivolata.

Scivolati gli ultimi giorni, scivolata io, immersa e presa, in giro, molto in giro, sorpresa dalle millecinquecento cose da fare, come, non erano soltanto milleedue, mi sono sbagliata anche stavolta. Ho cercato di fare ordine, fuori e dentro, come dico sempre, mi sono sorpresa ad avere orrore della televisione, se non per un film senza pubblicità o un programma di ricette, mi fanno schifo tutti, anche il tg, tutti i tg, dal primo all'ultimo, salvo forse SkyTg24 ma per coerenza mi dico che vada al diavolo pure lui. Scivolata, a sistemare l'armadio delle lenzuola, dove, cascasse il mondo, non ho due federe uguali nello stesso ripiano, l'armadio degli asciugamani, che qualcuno sembra cashmere e qualcun altro carta vetrata, qualcuno me lo spieghi. Stasera ho fatto una torta a cuore, che ve bene che qui San Valentino non si festeggia, che non è mica una festa e una ricorrenza, e bla e bla, ma almeno una parvenza, i piatti a cuore, i cuori sparsi, ma a tutti questi maschi, tutti tutti per un pò, non gliene importa nemmeno granchè e all'Illustrissimo meno di zero, anche se mi ha stupito l'altro giorno arrivando con un fascio di mimosa del nostro giardino sull'Isola, Lo Sai, mi ha detto, Io Faccio Sempre i Regali Nei Giorni Sbagliati. E' una sera che scivola, oggi in giro con lei e le sue bambine deliziose, così bionde e sorridenti, ci siamo ripromesse di fare uguale a Parigi, chissà quando, ma una promessa è una promessa, e se è fatta va mantenuta, non importa quando, non importa come, l'importante è che. Scivolano via i pensieri di tutta la giornata, quelli che ci sono piaciuti e quelli che invece no, le parole e le parole e ancora le mille parole dette e ascoltate, e mentre le cose di oggi vanno via ci sono già germogli piccolissimi di quelle che saranno domani, progetti e pensieri, che domani non è poi così lontano se ci pensi bene, ma a quest'ora i pensieri  ti vengono random, così, senza un ordine preciso e scivolano sì, ma sparpagliati, voglio imparare a cucire, ho di nuovo voglia di leggere fino alla nausea, devo trovare il tempo, non andando a letto con le galline, per dire, che non so mica se tutti sanno che significa andare a letto presto, non proprio dividere il proprio pagliericcio con un pennuto ruspante, bipede e ovaiolo. Ecco, a quest'ora tarda mi vengono le cose più astruse, e anche i rumori di questa casa mi fanno dire che è quasi ora di spegnere la luce e che stasera leggere niente, ma domani un giro da Feltrinelli nessuno me lo leva, promesso, e lo voglio fare perchè leggere è per me una vitamina, e poi, lo sanno tutti, una promessa è una promessa, e se fatta va mantenuta, non importa quando, non importa come, l'importante è che.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...