25 marzo, 2006

Sa d'estate.


E' il profumo dell'estate. Sa di mare, anche. Freschissimo, misterioso il giusto, persistente e leggero. Da usare quando si ha voglia di vacanza e di niente e di sole e di sabbia. E di mare, appunto.
Lo so, lo so. Se uno guarda fuori si deprime eccome, certo, estate non è.
Ma i tre spruzzi di Pamplelune di questa mattina sono stati il mio modo di celebrare che sì, in fondo farà freddo e il cielo è color pentola, ma da stasera c'è l'ora legale, alla fine Ulisse tornerà (!!!), e il sole, prima o poi, arriverà.
Troppi futuri, ma rende l'idea.

24 marzo, 2006

A letto dopo Carosello.


Senza parole.

C'era.


Era splendido. Su una strada che faccio raramente, in realtà. Ma a maggio, ogni scusa era buona per inventarmi un piccolo viaggio che mi facesse passare di lì.
Enorme, se ne stava lì, lungo la cancellata di un vecchio edificio completamente abbandonato, come a dire, sì lo so, non ci viene nessuno da anni, ma nessuno mi vieta di continuare a fiorire e fiorire, ogni anno, ogni primavera, per nascondere l'orrendo che c'è qua dietro e per farmi guardare, un minuto scarso, dai curiosi come te. Fioriva e fioriva, con quei suoi fiori profumati di fresco, di lenzuola pulite, di tiepido. Il glicine è uno strano fiore. Si guarda e basta. Non si compra da nessun fioraio, non si può tenere in casa dentro un vaso, e neppure si può cogliere, se non sfidando plotoni di calabroni. Chissà perchè, il calabrone adora il glicine.
Mi piaceva. Lo trovavo affascinante, inquietante, anche, una simile meraviglia che incorniciava un enorme, vecchio stabilimento fatiscente.
Beh, non c'è più.
Stamattina, passando di là, ho visto i suoi tronchi tagliati, i rami, già con le gemme, ci posso scommettere, affastellati nel cortile, lungo la cancellata.
Mi ha rattristato. Ho pensato che forse, alla nuova destinazione dello zuccherificio, un glicine non sarebbe servito a nulla. E' un fiore di tempi passati, di ville decadenti, di campagna. E' troppo semplice, inusuale, antico. Ma a me resta nel cuore. Dove nessuno lo taglierà mai, dove potrò guardarlo ogni volta che voglio, sentire il ronzare dei calabroni che ci abitano, e dove potrà continuare, lucido, a fiorire e fiorire.

La pioggia agli irti colli.


Non è proprio che piovigginando salga. Piuttosto pioviggina e basta. Cionondimeno, diluvia. Quel che vedo dalla mia finestra è quel che si potrebbe definire una sorta di condanna: pozzangherine di un bel colore fanghiglia pestata, cielo color schifido, e se non esiste non importa, alberi inzuppati, più del savoiardo nel tiramisù. Ci si ostina però a non rimettere il piumino, a girare senza calze, a dare un'occhiata alle magliettine colorate, a fare incetta di canottiere e di jeans con tutto un ramage di orchidee ricamatovi sopra, testè. L'esperimento riuscirà. Se non fuori dalla finestra, avremo la primavera dentro un cassetto, e la vedremo, splendente, socchiudendo appena appena la porta dell'armadio.
Coraggio, spioverà.

23 marzo, 2006

Torta ai Baci


Ah, beh, so benissimo che non è un blog di ricette, ma stavolta và così.
Ancora non l'ho sperimentata, giammai, mi consumo di aquagym e finocchi sconditi, sarebbe veramente un sacrilegio.
Ma questa torta non mi sembra niente male.
Da consumare a piccole fettine, in una serata di stanchezza cosmica, quando niente o quasi è andato per il giusto verso, quando il mondo sembra aver organizzato una rivoluzione contro voi medesimi.
Mancando quelli veri, un Bacio Perugina, lo si sa bene, è quanto di più terapeutico ci sia.
Figuriamoci una torta.
Cheescake di Baci
ingredienti:per la base:
150 gr biscotti tipo gentilini
75 gr burro.per la crema:
180 gr cioccolata fondente
100 gr ricotta
7 baci perugina
2 uova
80 gr zucchero
caffè freddo
per la base: Unisci i biscotti sbriciolati al burro ammorbidito, compatta l'impasto sul fondo di una tortiera e metti il tutto in frigo a raffreddare. Intanto prepara la crema. Monta i tuorli con lo zucchero, aggiungi la ricotta. Una volta amalgamata aggiungi la cioccolata fusa e il caffè freddo, le chiare a neve e i baci triturati grossolanamente.Versa la crema sopra alla base di biscotto e metti in frigorifero fino al momento di servire.
La delizia, pura e assoluta, non tarderà ad arrivare.
Consigliate 3 ore e 15 minuti di AVH ( Aquagym Very Hard) per polverizzare il tutto, o almeno, avere l'impressione di.

Quelle come me.


Hanno quarant'anni, più o meno. Sono cresciute a panini al prosciutto e cubetti Zuegg. E Ovomaltina. Hanno cantato con enfasi Lugano Addio e ballato i Santa Esmeralda alla festa del liceo. Avevano il Ciao.
Quelle come me si riconoscono, da lontano, per quella camminata veloce e plastica, mai ciondolante. Di tempo non ne hanno molto, mai o quasi. Sorridono, di quei sorrisi luminosi e chiari, di chi ha sposato un grande amore e vorrebbe un altro bambino, non importa se ne hanno già una dozzina. Si assomigliano. Hanno gioielli importanti e vicino un braccialetto di perline. nessun tatuaggio, se non quello delle gomme da masticare. Leggono, molto, un fiore a seccare tra le pagine. Trucco leggero, burrocacao e un pò di colore. Per poi essere da corsa una sera, da amici, e cosa importa se arrivano con la torta ancora calda avvolta nella stagnola. O con patate e farina per fare gli gnocchi. Hanno chiacchiere da raccontare, lavatrici da stendere, cene per 10 da preparare e guai da risolvere. Cerotti da appiccicare, rate da pagare, poesie da provare. Magari mescolando il riso. Non sono ancora cresciute del tutto, se crescere significa non credere più a nulla e non sognare più e non scoppiare a ridere, o raccontarsi delle storie per stare sveglie o per dormire, a scelta. Niente o quasi le ferma. Hanno cassetti pieni di cose, conservano i nastri dei regali e i biglietti di auguri. E le carte d'imbarco. Possono guidare per ore, preparare 30 panini in 15 minuti, montare un armadio di Ikea e fare un orlo ai pantaloni. Si confidano, si aiutano e un pò si criticano, e un pò si sgridano, tra loro. Per poi scoprirsi, in fondo, più unite di prima. Capaci di grandi amori e grandi collere, grandi litigi e grandi pianti. Niente per loro è sottotono, niente è superficiale o scontato,non le amiche, non i figli, non la famiglia. Che hanno voluto, che hanno cercato, e difeso e sopportato. E che amano, sopra ogni cosa.
Perchè è la cosa più bella, più grande e più vera per quelle come me.

22 marzo, 2006

La Leggenda.


Si narra che Hermés l'avesse disegnata apposta per Grace Kelly, nei tardi anni 50.
E che la Principessa di Monaco, splendida e di classe, la usasse per nascondere ai paparazzi il suo stato di attesa, Carolina, appunto.
Da dire, nulla. E' La Borsa. La perfezione assoluta. E' elegante, sportiva, da giorno e da sera, da lavoro e da diletto. Sta bene col tailleur, i jeans delavè, la T-shirt d'annata. E' Lei, la Ur-Borsa. La Kelly. Ne possiedo qualcuna, di caucciù e di pelle, arancio, nera, biscotto, ma nessuna originale. Ha prezzi stellari e 6 mesi di attesa. Solo l'Onorevole (?) Daniela Santanchè si può permettere una collezione e mai borsa più bella è stata indossata da donna più volgare. E' l'unica sbavatura. Ma le leggende, si sa, non scelgono a chi piacere, e non si può avere sempre una platea d'eccezione, non completamente. A me piace per la sua forma geniale e per quel suo essere sempre al di sopra delle tendenze e dei must di stagione. Rende regale una gonnina già vissuta e un capri pants insignificante e un pò stropicciato.Con zeppa o sandalino piatto, fa la sua venerabile figura.
Stellare, appunto.

21 marzo, 2006

Non me lo dovevano fare.

Non so bene cosa mi sia preso. Facevo la spesa, di quelle spese che ti capitano 2 volte al mese, quelle cioè con un minimo di calma. Una parvenza, almeno. Magari hai a disposizione mezz'ora invece degli 8 minuti (gli stessi dei fusilli), e hai anche la cristiana e legittima possibilità di vedere, quantomeno, cosa butti nel carrello.
Erano lì. Appunto. In un posto insospettabilissimo del supermercato, tra il latte e l'acqua minerale. Che uno pensa di essere passato indenne tra lo scaffale delle merendine e della Nutella e ha comprato solo un pacco di Pavesini.
Non ho resistito.
Male che ho fatto.
Le ho buttate nel carrello senza guardarle tanto, in realtà LE HO guardate, la scatola è viola, invitantissima, anche se il loro nome non mi diceva granchè.
A casa, coi ragazzi, alla fine di quelle cene chiassose dove tutti sono di buonumore nonostante un quattro e mezzo di latino e una nota di classe, ma insomma, non andiamo tanto per il sottile, le ho portate a tavola.
Forse avevamo bisogno di una gratificazione, echennesò.
Loro, celesti. Sfoglie di cereali ricoperte di un velo sottilissimo di cioccolato, e cosparse di gemmine di mandorle nella versione Hazelnut.
Sistemate modello Pringles, in tubo velocissimo da svuotare.
Meraviglie del packaging.
Ottime.
Da galera.
In certi casi bisogna essere saggi o rispettosi o tutt'e due e omettere la tabellina dei valori nutrizionali.
Ciascuna di queste carezze di cioccolato consta di 20 calorie. Una bazzecola, a ben pensarci. Un'enormità, se si pensa che sono infide e bastarde e vanno giù che è una vera delizia.
Una coccola per l'anima.
Uno sfacelo per il fianco.
Una tragedia per il girovita.
Un'ambrosia per il palato.
Meno male che non ce ne sono più.
Come, di già????


Li voglio!

Da annoveraretra le mie venticinque passioni ( e se fossero ventisei o ventitrè?), ci sono anche gli occhiali. Da vista, ovvio, dato che li porto e non per vezzo. Veramente, mi piacciono da sempre. Ricordo le tragedie delle mie compagne di quarta elementare quando, alla visita collettiva, ricevevano la famigerata busta gialla indirizzata alla famiglia, dove si consigliava l'uso degli occhiali alla creatura che, nonostante il primo banco, continuava a scrivere non allineata sulla riga.
Io, felice. Come se avessi ricevuto un regalo. Ho iniziato a portare gli occhiali in quarta, appunto. E li porto tuttora, non sono miope. Insomma, un difetto leggero.
Possiedo una quantità di occhiali, da vista e da sole. Colorati, strani, serissimi, da ufficio e da serata. Di madreperla e di celluloide, di titanio e di legno. Belli da morire.
Questi della foto saranno miei prossimamente.
Ultima collezione di Chanel, rettangolari con spigoli morbidi, neri da professoressa. Solo, hanno delle mini borchie sull'astina.
Un delirio.
Da abbinare a tubino nero e perle, una cena a due con mio marito.
E senza scordare uno scialle impalpabile e un tacco importante.
Sognare, in fondo, non è pericoloso.
Non ancora, almeno.

Le Fragole ritornano.


Volevano tornare a casa.
Splinder era bello, ma troppo dispersivo.
Le Fragole sono curiose creature.
Un bel caratterino, niente da dire.
Sono scritti per l'anima, perle di saggezza, o di follia. Non hanno bisogno di chat e di community, esistono per il solo, unico fatto di esistere e di raccontare, non sono un diario, nemmeno un libro o un trattato o un manuale.
Sono Fragole e basta.
Così, hanno preso il loro bell'Ape e se ne sono tornate a casa.
La classe, inutile ribadirlo, non è l'acqua per la pasta.

Le Fragole traslocano.

O meglio, hanno già traslocato questa notte.

Non che qui non stessero bene, questo no.

Solo, volevano uno spazio un pò più grande, per stare, comodissime, nei loro bei cestini.

Le Fragole Infinite, le trovate qui:

http://fragoleinfinite.splinder.com/

Come sempre, a cucchiaiate, un pò ogni giorno, anche di più, volendo.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...