31 marzo, 2006

E chi lo ha inventato.


E' il delirio. Una bicicletta insignificante, leggerissima. E l'acqua. Una lezione di aquabike è quanto di più faticoso si possa inventare per trascorrere un'ora. O due, come mi succede da qualche tempo. Serve un costume e una buona dose di autolesionismo. Spinning in acqua, per intenderci. Una meraviglia. Faticoso certamente, ma si esce da lì, rigenerate, endorfiniche, felici. E ben sode, il che non guasta. Nient'affatto.

Ore 10.


Non è male prendersi quei 10 minuti 10 di pausa, in una mattina di quasi week end, quando si viene in ufficio coi jeans coi brilli, chissà perchè, un messaggio al mondo per dire, guardate che sì, sto lavorando, ma solo per oggi, e poi mi aspettano 2 giorni di scialo. La pausa può essere di varia natura, un caffè, un thè verde, una mela verde anch'essa, uno yogurt. Parlo, per i plotoni di fanciulle che in vista della prova costume fanno uno sforzo sovrumano per non addentare la vetrina di brioche appena sfornate, o le torte fragranti preparate per la colazione dei figli. Lo yogurt è un buon compromesso. a gusto esotico o al malto d'orzo, soddisfa e tacita anche le fami più ataviche, quelle nutrite, com'è noto a bresaola e foglioline di rucola. Con tanto limone, e con la bottiglia dell'olio, quello calabrese, buonissimo, profumato, passata sopra. Col tappo, ovvio. Lo yogurt asseconda e mette l'anima in pace, chiudendo gli occhi si può immaginare non già uno scodellino di plastica, tristanzuolo, in realtà, ma una lussuriosa coppa di gelato Haagen Daz o della gelateria della piazzetta, quella che fa il gusto bacio coi Baci interi.
Così, farneticando, si raschia bene col cucchiaino, bene al bordo, bene intorno. E, se poi nessuno vede, si può spazzarne con la lingua il residuo sul tappo di stagnola. Furtive, eleganti. Bellissime, lo si sa.

30 marzo, 2006

L'idea malsana.


Capita qualche volta che gli umani vogliano in ogni modo possibile e immaginabile, ma anche in quelli impossibili e mai immaginabili, complicarsi la già non proprio semplicissima vita. Niente da dire fin qui.
Ma che l'umano in questione sia proprio io e che abbia scelto la strada più complicata, beh, bisogna spenderci due parole. L'Infante fa la Cresima? Bene, a 12 anni sarebbe ora, anche se della sua convinzione mistica nessuno in famiglia ne è assolutamente certo. La tradizione vuole che si regalino ai pochi invitati un piccolo oggetto, a ricordo della giornata passata in festosa letizia. All'uopo sorgono numerosi negozi dove acquistare, con semplici accorgimenti, scatoline, sacchettini, e altre raffinatezze, dove collocare i confetti. Durata dell'operazione: una mezz'ora scarsa. Si paga e si esce. Ma la scrivente, no, Ella non si piega alla dura legge del consumismo (che non c'entra, ma è scenico), e del cattivo gusto (che c'entra, eccome, ho visto cose che voi umani...), decidendo testè di confezionare con le sue manine laboriose, gli orpelli suddetti. Saranno deliziosi cuoricini in lino grezzo,ivi ricamato il nome del cresimando, imbottiti stile puntaspilli: non serviranno proprio a un bel niente, perchè nessuno usa più gli spilli se non Mariuccia la Sarta e il Mago do Nascimento per fare le macumbe. Forse, saranno utilizzati dagli amici più cari, a sempiterna memoria, attaccati alla chiave del cassettone della nonna. Confetti? Che immane volgarità! Caramelline Leone al gusto violetta. Confezionate nel tulle da me medesima, anch'esse. Durata dell'operazione: e che ne so. Me ne mancano nà cifra, per dirla in francese. Ma almeno avrò la soddisfazione che nessun cresimando sul globo terracqueo abbia mai avuto un oggettino di simile squisita fattezza.
E per piacere, non chiamatele bomboniere!

La zeppa.



La zeppa, è risaputo, ha il suo perchè. Guardata con sospetto dai più, idolatrata dagli stilisti, coccolata da chi, come la scrivente, non ha molta confidenza col tacco a stiletto e, anzi, lo trova piuttosto volgarotto, diciamocela tutta. La zeppa è IL compromesso. Rende regale un completino da segretaria, azzardato ma d'effetto l'abbinamento al gessato da CdA, assolutamente stellari con capri pants floreali o a quadrettini Vichy, che fa tanto primavera, cara la mia signora. Da non sottovalutare il lato estetico della questione. Allunga la coscia, alza il gluteo e mi va a conferire, con l'andatura esotica, quei 10 centimetri in più che male non fanno, nemmeno ai miei 170. Must have della prossima primavera, ma anche di oggi medesimo, merita un attento esame della vicenda specifica. E, all'uopo, oggi giro di ricognizione per farsene un'idea.

Direi che va bene.

29 marzo, 2006

Assolutamente no.


Il vero mistero è: ma chi ha iniziato? Non per fare la maestrina, stamattina sono sul classico, lo si sa. Ma non mi sta completamente in testa, o meglio, non capisco che bisogno ci sia mai. Dell'intercalare, intendo. Chi fu quel tale che per primo usò l'aberrata espressione "voglio dire"? A parte la Ventura, che detesto di cuore e che fortunatamente non incrocio più di tanto, non guardando la televisione quasi mai. Certo, bravissima: tenere in piedi un discorso a base di voglio dire, ecco, no? e altre amenità, non è roba per tutti. Vuoi dire? Allora dillo. Sono le sei, voglio dire. Ecco, l'hai detto. Erede dell' ormai vetusto cioè, il voglio dire si è insinuato beffardamente nel nostro parlare comune. Non chiaro se sia un rafforzativo, una presa di tempo o cosa diavolo. Cerco, non lo sopporto. E non è da meno l'altra chicca che la grammatica italiana ha scoperto di avere e che usa a dismisura. L'Assolutamente Sì. Ora, l'affermazione sì è, fin dai tempi antichi sinonimo di sè stesso. Sì, e basta. Sì, punto. Assolutamente ce lo abbiamo aggiunto così, per vezzo, per pura inutilità. Sì non può essere assolutamente. Altrimenti sarebbe un sìissimo e, da quanto ne so, non si può fare un superlativo assoluto di un'affermazione. Assolutamente no. E se mai dovessi sposarmi una seconda volta (e speriamo di no), alla domanda di rito potrei rispondere Assolutamente Sì e poi girarmi a guardare la faccia del mio Sposo e degli astanti tutti.
Di questo riflettevo in una mattina di già primavera, di sole lucido e bellissimo e tra poco forse oscurato dall'eclissi.
E, a queste 6 sillabe sprecate, brindo con letizia.
Felice? Assolutamente sì. E che il Cielo mi ascolti.

E spariamoci Petrarca, và.



Benedetto sia 'l giorno,
e 'l mese, e l'anno,e la stagione, e 'l tempo,
e l'ora, e 'l punto,e 'l bel paese,
e 'l loco ov' io fui giunto da' duo begli occhi,
che legato m'hanno...



Stamattina va così, che ci si deve fare? E' una poesia che mi piace molto, l'ho scoperta per puro caso un giorno, in un film, L'Amore Ritrovato, con Maia Sansa e quel gran sventolone di Stefano Accorsi. Perchè, va bene la poesia, e il Trecento e le cose, e facciamo gli intellettuali e diciamoci le poesie al mattino alle nove...ma quando uno è sventola, acciderba, và detto.



Col naso all'insù.


Inizierà alle 11,36 e avrà il suo culmine dopo circa un'ora. Almeno, così dicono. L'eclissi di sole di oggi avrà un che di spettacolare vista, che so, dal deserto. Ma anche qui, direi che ha il suo bel misterioso fascino. Come tutte le cose avvolte di leggenda, di sentito dire e di strani poteri, l'eclissi resta tra i fenomeni più affascinanti, almeno per me. Ho conservato gli occhialini di carta del 1999. Era giugno, mi sembra. Forse non serviranno, forse non si vedrà nemmeno così bene, forse sarà talmente breve e circoscritta che non ne avrò il tempo, ma io mi sono portata avanti.
Sono, quel che si dice, una vera donna organizzata.
Anche per l'eclissi, lì per lì.

Meraviglie della tecnica


Prendete un liceale. Belloccio anzichenò, con la testa riccioluta fra le nuvole quanto basta. Prendete un telefonino di ultimissima anzi, futuribile generazione. Da futuro anteriore, ecco. Un aggeggio che manda mail, fa le foto. registra conversazioni e, alla bisogna, ti fa pure una dozzina di tortellini, in un attimo. Il Nostro si trova in trasferta scolastica in una affascinante capitale europea. Unico mezzo di comunicazione,per la mamma, Ansia di secondo nome, appunto, il telefonino summenzionato. Stamattina, un sms da numero sconosciuto. "Ciao mà, il tel non si carica più, è rotto.Ti chiamo io. Baci". Molto bene benissimo. Forse, una lezione da imparare, nel senso, lascialo in pace in gita scolastica 5 giorni, in terza liceo. con orde di amici e fanciulline al seguito a guardar musei e monumenti e far tardi la sera. Un pò lo invidio. E sono contenta che, forse a causa dei suoi studi classici, mi risparmia i ke e i xk', che aborro.
Avrà anche rotto il telefono quando più gli serviva, anzi MI serviva, ma è mio figlio. E lo adoro, assolutamente. Che fare in questi casi?


27 marzo, 2006

Che donnino.

Di facilità estrema. Inventata lì per lì, dando uno sguardo al frigo e considerando che il chilo e mezzo di ricotta scadeva tra pochi giorni. Dosi a occhio, carciofi qualcuno, una grattatina di parmigiano, 1 solo uovo. Ho sbattuto il solo uovo con la ricotta, in un contenitore di una ciotola di un bel fucsia acceso. Anche l'occhio, come si dice? Ci ho aggiunto i carciofi saltati. Avevo un bel rotolo di pasta sfoglia, di quella pronta. Lo ben so, i guru della cucina impallidiranno e invocheranno i sali, ma la pasta sfoglia già pronta, quella da bucherellare, quella già con la carta da forno, resta, con il motore a scoppio, Internet e la Nutella, una delle grandi invenzioni che hanno arrecato giubilo all'umanità intera. Si pone il tutto con grazia internamente alla tortiera, meglio se di un bel colore che si intoni alla presina e ai magneti del forno. 180 gradi per, vediamo, una mezz'ora? Dopodichè, lasciarla raffreddare e servire con insalatina fresca. Ottima per il prossimo pic nic. Da trasportare in un cestino di vimini, la tovaglia a quadrettoni e i tovaglioli veri. Di carta? Giammai!

I compiti della domenica mattina.

Io sono, tu sei, egli è. Modo indicativo, tempo presente. La domenica mattina inizia così, in pigiama, in cucina, con le calzine un pò scese, i capelli arruffati e la scodella del latte lì vicino. Felice perchè ha sentito gli uccellini stamattina, perchè Federico il pettirosso ha mangiato il suo cibo, perchè ha pochi compiti e stasera andremo insieme al cinema. Tutti gli altri dormono ancora e la casa è silenziosa. Il cane le si accoccola sotto la sedia, quasi a scortarla, a proteggerla, a vegliarla. La domenica mattina, in una casa qualsiasi, in qualsiasi posto del mondo, non potrebbe essere più bella, più semplice, più chiara di così. Io sono felice, tu sei felice, egli è felice. Tempo presente. E futuro, bambina mia, per tutta la vita, per sempre.

25 marzo, 2006

Ci siamo, dottore.


Prima ci sono i pensieri. Di quelli fatti sottovoce, un pò per gioco, un pò sul serio. E poi i sogni, detti piano, perchè, lo sanno tutti ormai, se si sogna ad alta voce non è detto che poi tutto vada per il verso giusto. E, in letteratura, molti sono i sogni svaniti perchè troppo urlati. I sogni van coccolati. Scaldati, anche. In qualche caso, coperti bene e accarezzati. Come gattini. Improvvisamente, il sogno prende forma, si alza e vola, e bisogna stare attenti a non farlo scappare di mano, sarebbe un attimo.
I sogni veri stanno lì, a metà strada, così importanti che tolgono il sonno, così leggeri che si toccano appena. Si deve aspettare, farsi coraggio, superare le ansie e andare avanti. E quando tutto sembra impervio e difficile e assurdo e faticosissimo, ecco che un omino semplice ci dice che sì, il nostro sogno è lì, che non è volato via e che siamo stati bravi, così bravi che sarà nostro per sempre.
Ci siamo, dottore.
Stavolta, sì.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...