11 aprile, 2006

La valigia sul letto.


Quella di un lungo viaggio. Preparare una valigia è un'arte indiscussa. Ci vuole misura, buon gusto, una certa dose di chiaroveggenza, e un minimo di astuzia. Personalmente, le valigie non le so fare. Nel senso che, negli anni ne avrò preparate mille e per le mete più diverse, ghiacciaio e Tropici, deserti e musei, ma mai, o quasi ho fatto una valigia, come dire, consona. Il mio problema è che eccedo. Troppe scarpe, sempre. E poche maglie. Troppi pantaloni. Nessuna camicia. Troppi occhiali. Insomma, una valigia che non va bene. Perciò, mi vedo costretta, una volta raggiunta la meta, a un giro di rifornimento. Ovviamente parlo delle MIE valigie. Quelle che preparo per gli altri, leggi, i miei figli, invece, sono di una precisione chirurgica. Mutande, maglie, calze a multipli di 3, fazzoletti e pigiamini. E la busta con le medicine, ovvio. Tachipirina, Citrosodina, gocce per le orecchie, pastiglie contro la febbre gialla, colera e vaiolo, anche se debellato, perchè non si sa mai. La valigia che ho testè preparato mi sembra, contro ogni previsione, perfetta. T-shirt, jeans, una felpa, un sottoveste. E poi il mio kit di sopravvivenza: l'iPod, un libro, una copia di MarieClaire2, un piccolo ricamo da fare lì per lì. In fondo, per un viaggio verso l'Iisola, non serve nient'altro.

Messer tulipano

E' certamente uno dei fiori che preferisco. Forse, IL. A guardarlo bene , il tulipano ha questa faccia così austera, dinoccolata e un pò aristocratica. Non ispira subito simpatia come, che so io, la margherita, tanto per dirne una. Il tulipano non si svela subito, e in qualche caso non si capisce mai se è già fiorito o se ancora deve aprirsi per bene. Certo, è bellissimo. Che sia pallido o coloratissimo, ben definito o frastagliato, il tulipano ha, nella sua semplicità lussuosa, il segreto della bellezza. E non mi farò certo scappare l'occasione di vedere la fioritura di 50.000 tulipani, tutti insieme, al Castello di Pralormo, Messer Tulipano, appunto. Fino al 25 aprile. Devo esserci.

10 aprile, 2006

Ma alla fine, chi ha vinto?

Mi arrendo. Ho guardato una dozzina di Tg. Proiezioni, Exit poll, interviste. Tutto. Ma se dovessi dire con assoluta certezza che ho capito chi ha vinto, beh, direi una bugia. E la Camera, il Senato, e i seggi e la percentuale. Non ci sto capendo un granchè. Forse avrei dovuto guardare un solo telegiornale, lo zapping, si sa, crea una gran confusione. E io non è che sia molto avvezza ai numeri. Ma credo sia anche troppo presto. Tranquilli,, domani si saprà tutto e per circa 4 giorni ci stremeranno dovunque con le cifre delle elezioni, chi ha perso dirà di aver vinto e chi ha vinto dirà che non è vero. Insomma, le solite liti da lavandaie. Per tirarsi fuori, cominciare a preparare la valigia per la partenza. Il dubbio serpeggia, e l'incertezza la fa da padrona: il costume, quest'anno, sarà intero o bikini? Da non dormirci stanotte, altro che destra o sinistra.

09 aprile, 2006

Personal Purple Meme.


Ormai, si pensa in viola. Qualcuno ha dato il via a questo gioco che personalmente trovo davvero affascinante, data la mia passione smodata per il colore viola. Viola è il mio divano, la mia camera da letto, il mio lavandino, la pinza per gli spaghetti, le mollette per la biancheria...e una quantità di altre cose. Questa è una delle mie creazioni, insieme alle mie tazze giapponesi e al thè londinese.
Ma una precisazione è d'obbligo. Meringa è anche il nome di una gatta.
Spero che gli zuccherini di Belle de Sucre facciano la loro bella figura.
A me sembra di sì.

OTTIMO!!!!!

Complimenti a me medesima.
Mi stringo la mano da sola. Un pomeriggio a confezionare violette e ad assemblare cuoricini e bigliettini. Ora, fanno bella mostra di loro stessi e, tutti insieme, devo dire che sono proprio un bell'effetto. Come speravo.
Oggettini di rara bellezza, di finissima fattura e di deliziosa inutilità.
Ma che importa? Sono o non sono un'autentica Meraviglia del Creato?

Nel segreto dell'urna.


E' andata. Abbiamo votato. Complice una domenica che pare di metà novembre, ci siamo recati alle urne con doverosa mestizia, non troppo convinti ma se c'è da andare, si và. Un seggio elettorale è quanto di più triste, grigio, deprimente possa mai esservi sulla crosta terrestre. Urgerebbe una rinfrescata. Prima di tutto, le cabine. Che so, tende di Emilio Pucci, in fantasia di un bel turchese acceso, interni animalier firmati Cavalli, e insomma, votare si deve, e allora che lo si faccia con un minimo di gusto, e che diamine, dove lo mettiamo l'Italian Style che il globo ci invidia? Niente di tutto ciò. Un elogio al grigio, al piatto, al mediocre. E quelle matite, poi, così tristi, così non temperate, così volgari. A me, ogni volta che entro in una cabina elettorale, viene voglia di scrivere, anzichè la mia bella croce, che so, uno stralcio de Il Tamburino Sardo, o La Piccola Vedetta Lombarda, liberamente tratti da Cuore di Edmondo de Amicis. Tutto così brullo e scarno e spoglio che fuori di lì, l'unica idea che ti viene è di rotolarti giù dalla collina. Ma, dato che, incurante della pioggia battente, sei andata al seggio con jeans aurei e sandalini da metà luglio, meglio rinunciare. Il voto è segreto. Il prezzo dei jeans, pure.
Che è meglio, direi.

Ambrosia.


Non proprio da mangiare. Ma da cospargersi, tuffarcisi, inondarsi, ecco. L'Olio di Carita fa parte da sempre dei MaiPiùSenza. Cosa fa? Di tutto. E' abbronzante, protettivo, per capelli, doposole e molto altro. Profumato in modo sublime, un misto di agrumi e erba tagliata, magnolia e Lemonsoda. Regala una pelle da dea, tiene lontano i moscerini, fa passare il raffreddore, cosparso a manciate generose dopo la doccia fornisce l'energia necessaria per una giornatina di quelle storiche, e ne cancella i postumi, se usato di sera. Dovrà far capolino dal cestino della spiaggia e usato, all'occorrenza, anche nelle ormai prossime vacanze pasquali in luoghi marini, montani, non disdegnando le scampagnate fuori porta e i dejeunèr sur l'erbe.
Portarsi avanti, lo ben si sa, è il vero segreto.

08 aprile, 2006

Come lei.


Bella era bella. Di quelle bellezze contadine, semplici, due occhi grigissimi in un ovale di cammeo. Non le somiglio. Non nei colori, non nel carattere. Era schiva e silenziosa, ma con una risata come un concerto di campanelli. Viveva con me, quando ancora le famiglie avevano almeno un nonno a raccontare cose quasi vere, a far ciambelle e a dipanare gomitoli in cortile, a raccogliere camomilla da far seccare sui teli, sotto il sole di giugno. Si pettinava senza specchio, una lunga treccia bianca che fermava con un pettinino. Mi sono sempre chiesta come facesse a tenerla sù. Sempre ordinata, perfetta. Mi ha insegnato a fare i biscotti, a non stare curva mentre scrivo, a raccogliere le viole col gambo lungo e a fermarle con un filo. A suo modo, era snob. Una bambina non fischia, mi diceva, e non gioca coi maschi e non si sbuccia le ginocchia ogni giorno. Sua una quantità di proverbi e massime che ancora ricordo, in dialetto emiliano. Mi ha lasciato una sottoveste di seta, 3 lenzuola di lino con le sue iniziali, ricamate con le suore, quando sarai sposa, mi diceva, le metterai la notte di Natale. Curava un giardino magico di astri e dalie, e ortensie e lillà. E raccontava, sempre. Delle risaie, dei balli sull'aia e della guerra e di quel suo figlio fucilato, che ancora piangeva, come gli altri, più degli altri. E' morta di dolore, credo, tanti anni fa, 3 giorni a Natale. E io metto le sue lenzuola, conservo quel foglietto con la ricetta dei tortellini e della marmellata di albicocche, la grafia antica che si legge appena. Fermo le viole con il filo, non so fare i tortellini e non fischio mai. E se avrò un'altra bimba, la chiamerò Teresa. Come lei.

07 aprile, 2006

Bello.


Non che ami particolarmente questa canzone, anzi, direi proprio di no.
E poi, non amo nemmeno i graffiti, anche se alcuni li trovo spiritosi e divertenti. Non ho mai scritto niente sui muri, niente di incancellabile, intendo. Solo, col gesso, una volta, enorme, davanti alla casa della mia amica, reclusa per la bocciatura in seconda scientifico, un innocuo SILVIA LIBERA. In verità, ho sempre desiderato che qualcuno scrivesse per me una cosa eclatante su un muro qualsiasi, che so, una frase che potessi capire solo io, una canzone, ed erano tempi non sospetti, Tre Metri Sopra Il Cielo doveva ancora aspettare un bel pò di anni per uscire. Nessuno ha mai scritto nulla di carino sul muro per la medesima. Ma la mail che mi è arrivata stamattina, con questa foto, ha esaudito il mio desiderio. Non è scritto per me, ma non importa. Con un minimo di fantasia, è come se.

Bonjour.


E' il grande rito del mattino. Serve per fermarsi un attimo. Come, fermarsi , appena svegli? Certo che sì, per riordinare le idee prima di partire, spediti, carichi e decisi. Beh, di venerdì è molto raro che uno sia carico e deciso, nel senso che si sente già un pò in vacanza, un pò letio brevis. Si scende in cucina, una coccola al gatto, una al cane, uno sguardo alla casina del pettirosso. Manca un serpente a sonagli e un merlo indiano ma mi sto attrezzando. E quei 10 minuti di silenzio prima delle urla sulle scale, delle merende dimenticate, dei libri lanciati, dei SIAMO IN RITARDO urlati da me sottovoce perchè, si sa, alle 7,30 il vicinato tutto dorme ancora della grossa e le autolinee private della mia famiglia,invece, a quell'ora dovrebbero già essere in viaggio verso la città; così, mi sono allenata a urlare sottovoce, sentono i diretti interessati e nessun altro. O almeno, spero. Così, la colazione in silenzio è un dono del Cielo. Caffelatte all'arancia e pane tostato. Una vera delizia. L'energia necessaria per prodursi, all'uscita, a schivare le bici, il pallone e scavalcare con agilità il monopattino dell'Infanta abbandonati sulla soglia di casa. Ma è di un bel viola pervinca, si intona alle primule del davanzale, e allora è perdonata.

06 aprile, 2006

Già, perchè?



In più di una persona me l'ha chiesto. Già, perchè lo faccio? E chi lo sa. Forse perchè ho la presunzione che le cose che scrivo possano in qualche modo piacere, far sorridere o pensare o tutto insieme. Lo faccio per il gusto di scrivere, è una cosa che faccio da sempre e che farò sempre, per sempre. Ho scritto migliaia di racconti, immagini, tante prose e nessuna poesia. Non sono capace. E non mi piace. Scrivere è come leggere, ti permette di andare via rimanendo appiccicata al cuscino del divano, di volare lontano stando lì, di non ascoltare nessuno e niente, solo le cose che leggi, o quelle che scrivi. Di essere felice se vuoi esserlo, di piangere se ti va, di giocare un pò, di trovarti da un'altra parte per mezz'ora.
Scrivere mi dà il piacere sottile di sentirmi perfetta, di inventare o dire tutto di me, le mie emozioni più forti, le mie più piccole cose. E le cose che scrivo, prima ancora che per gli altri, le scrivo per me. E un pò mi somigliano. Sono parole che corrono, nessuno saprà mai se molto vere o molto finte, improvvisate ma ricercatissime, distratte ma precise, che sembrano vuote e che in realtà non lo sono per niente.
In fondo, proprio come me.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...