27 novembre, 2006

Passa.



Passa la pioggia, il freddo e le patate nello schiacciapatate. Passa il tempo, la febbre e la tosse, la stanchezza, passa il mal di testa e la paura. Passa il bruciore agli occhi, il male di una storta, il rosso di uno schiaffo. Passa la domenica. Che è stata bellissima, fino ad un certo punto, e che poi mi è scappata di mano e si è rotta, disintegrata in mille schegge, non sapevo proprio di avere domeniche di porcellana finissima, come le tazzine. Fortuna che durano un attimo. Ci si mette poco a scopare via i cocci, si raccolgono con la paletta, si cancella tutto e via. Si resta solo come intorpidite il giorno dopo, convalescenti, ecco, un po’ stordite, dispiaciute, anche, per aver sciupato qualcosa, come quando si rovina una maglia in lavatrice, o si scolorisce un tovagliolo con la candeggina, non sarà più uguale agli altri, che peccato, un servizio così bello. E allora ti dici che solo chi è capace di grandi amori e di grandi comprensioni, e di grandi affetti travolgenti e assoluti, è capace di grandi collere e grandissimi rancori, seppur brevissimi. E questa cosa fa di lui un essere speciale. Che importa se qualche volta frantumeresti la sua testa come la tazzina di cui sopra, che proprio diventa sordo e cieco e non vuole né ascoltare né parlare e tu vai in bestia e lo legheresti ad una sedia, imbavagliato, bene, adesso mi ascolti, e lui no, testardo e cocciuto come tutti i suoi figli, ecco da chi hanno preso allora. Ma che si deve fare, l’amore è porcellana e seta pura, cristallo di Boemia e di Murano, cachemire a mille fili e champagne millesimato. E l’amore, ma che ve lo dico a fare, no che non passa.

26 novembre, 2006

Fiocco rosso.

Mai più senza. Il corteggiamento è stato lungo, ma alla fine, LUI, è mio. E per sempre. Una specie di matrimonio, io vestita carina, jeans aurei e magliettina smilza. Alla ricerca di una ricetta per la nostra prima sera insieme, che potesse essere davvero indimenticabile. Viola, in sovrappiù. Deliziosi muffin ai mirtilli, un impasto di un colore da perdere la testa, ci avrei pitturato anche la candida parete di fianco, se avessi potuto, un punto di viola signora cara, che era un amore. Letta la ricetta su Kitchen, una rapida verifica degli ingredienti con la testa infilata ora nella dispensa ora in frigorifero, un figliolo che mi dettava e la Princi che aiutava, lesta e felice di questo nuovo giocattolo che troneggia da sabato sul ripiano della mia cucina, con il filo arrotolato e fermato con un fiocchetto di velluto, un elettrodomestico che ha un che di umano, che guardiamo ogni tanto come si guarda un parente stretto, un nuovo nato, un cucciolo appena arrivato. I muffin, buoni. Gustati per la prima colazione di domenica. Quando sono scesa ho guardato per bene che ci fosse ancora, e che avesse passato la notte tranquillo, nella nuova casa, fuori dal suo imballo e dopo quel lungo viaggio. E che nessuno si fosse intrufolato, nottetempo, per trafugarlo e strapparlo alla sua nuova famiglia. Fidarsi è bene, signora mia, e a pensar male si fa peccato, ma conosco due o tre individue (si può dire?) che farebbero carte false per averlo, nella loro casa arancione, o nel palazzotto, o nella dimora montana. Perciò, lo blindo. E' vero, faccio peccato, ma a pensare male ci prendo sempre. Non fa così anche lei?

24 novembre, 2006

Friday.


Ci si è vestiti un pò a caso. Non cosparsi di vinavil e rotolati nell'armadio, ma quasi. E' una piccola libertà che ci si concede, a fine settimana, un gesto di grande menefreghismo e che dà un senso di libertà, come a dire, ok, sono qui ma da domani non ci sono per nessuno. Il bello delle settimane frenetiche è che si inizia il fine settimana già dal venerdì mattina, scegliendo un jeans sobrio e un maglioncino, e niente tacchi e tailleur. Già in relax. Stasera, Grand Soirée con la picci, che è agitata da una settimana e che mi ha chiesto venti volte se sapevo la strada, non fidandosi del mio esiguo senso dell'orientamento. Ha ragione, creatura, ma mi sono preparata. L'aspetto positivo dell'aver avuto 7 giorni da miniera è rappresentato dal fatto che si diventa un pò bradipi, si ha voglia di nessuno o di pochissimi, di mangiare quando capita, cucinare forse, un film, perchè no. Niente vetrine e niente centro. Nulla o quasi. E niente potrà il tempo, che piova pure, che geli, che nevichi, se vuole, nulla ci smuoverà. Il fine settimana è tutto lì da disegnare, un gessetto e una lavagna, di quelle enormi e girevoli, quelle dei castighi, che dietro avevano scritto le cose più turpi, a quadretti da una parte e senza niente dall'altra, dotate di cancellino di feltro, rotondo a forma di frittella, che ci si tirava all'intervallo. Oh, yes, grande invenzione il venerdì. Peccato non conoscere Leopardi di persona. Gli avrei detto due paroline.

23 novembre, 2006

Diamo a Cesare...


...la ciambella col buco, o la moglie ubriaca, a piacere. E' tardi, lo so, anzi è presto, troppo presto, ho i pantaloni di velluto e la maglia del pigiama e devo schizzare via, tra pochissimo, i figlioli già a scuola e io a Milano, il mio sposo già via, con i suoi progetti e i suoi sogni che, stamattina, prenderanno forma e colore e dimensione e si potranno vedere e toccare. E' una mattina di colori lucidi di pastello, in un cielo di vetro e di cotone, non so bene, che buffi gli alberi gialli e rossi, come capovolti in una latta di colore e poi scrollati, per farli asciugare, ma lo sai che così le foglie cadono? Ho pochissimi secondi, giusto il tempo per raccontare, a queste Fragole che ormai che amo come se fossero vive e mie, del mio corso di cucina di ieri sera, che mi esalta e mi fa bene, mi fa sentire come se costruissi qualcosa, non so bene, se imparassi cose solo per me e non solo per me, è difficile da dire, ma so che un pò si capisce. Pochissimi secondi. Ma, Cielo, questo non è mica un blog di cucina, il blog di cucina ce l'abbiamo eccome, anche se di cucina si parla poco e si danno gli ingredienti e le dosi in ordine sparso e creativo, qualcuno mi ha detto che bisogna prima tradurle le ricette, per realizzarle, ma che ci fa? Racconterò presto su Santa Polenta le vicende di ieri sera, le tagliatelle, il nonnino, i miei compagni, la mia Amica, le crepes bruciacchiate e la Maestra. Non qui. Santa Polenta potrebbe offendersi. Così, ora corro verso il grand Milan, corro si fa per dire, ci sarà la fila e arriverò in ritardo, ma potrò mettermi il gloss nello specchietto, sentire la musica a palla, ripassare un pochino le cose da dirsi e fuori avrò un cielo di vetro e di cotone. E allora andrà bene.

22 novembre, 2006

Si va.


Si sa. Il mercoledì, è giorno di scuola. Di cucina, intendo. E di giornata libera, di scialo pressochè totale, non prima aver preparato la cena di stasera, non sia mai che gli infanti e lo Sposo muoiano di stenti senza neppure un tozzo di pane nero per combattere i morsi della fame. Così, si va. Seconda lezione di cucina, stasera, signora mia, i primi. Dettagli, domani, o qui o su Santa Polenta. Che mai, nemmeno dopo questa scorpacciata di sapere culinario diventerà un vero blog di cucina. mai e poi mai. Del resto, signora cara, c'è chi nasce cuoco e chi portinaio. E chi regina. ma che glielo dico affare!

21 novembre, 2006

Soirée.


E' una sera normale. Una casa normale, una famiglia normale o forse non proprio, ma chiassosa e colorata, impegnativa e bellissima. Si è cenato tardi, con le tagliatelle comprate al volo rientrando dalla piscina con la picci. E i mandarini biologici. E un quadretto di cioccolato fondente, mentre si chiacchiera attorno al tavolo, la gita, l'insufficiente di matematica, le 30 vasche, mi serve un paio di jeans nuovi. E mille cose. Il cane russa sotto il tavolo, si sa, non è una principessa, nonostante l'alto lignaggio, si siede male, rosicchia ogni cosa e russa. Ma è deliziosa. I gatti sono sparsi, Philadelphia dorme beato sul cuscino che ha eletto sua dimora personale. E quando tutti tornano nelle loro stanze a ripassare, a guardare la tv o a disegnare, si rimane sul divano, a chiacchierare, a non dire niente, a scrivere o leggere o a pensare, c'è un gomitolo di lana infilzato su due ferri, un libro, Olive Comprese, che vorrei finire, la posta da aprire, due cose da firmare. Non farò niente. Starò qui, a coccolare con gli occhi le cose che ho intorno, a fare un inventario, si fa sempre a fine anno, no? delle cose che ho stasera e a concludere che nessuna, nessuna, nessun'altra al mondo mi serve, adesso. Sprofondata nei cuscini, qualcuno chiede piove ancora? e chi lo sa. Il lusso vero è considerare che non ci importa nulla, che piova pure, se vuole, siamo qui, le gambe incrociate, i calzettoni a righe, la maglia di Topolino e una pace diffusa. C'è profumo di burro e di pino, per via di quelle goccine della farmacia che ho messo nel diffusore. E silenzio. Un telefilm al piano superiore, sommesso e discreto, ogni tanto una risata, vocina di zucchero o vocioni da uomo fatto, a scelta. Nient'altro serve. Ci si potrà anche regalare, tra una mezz'ora, una coperta leggera e un cuscino più morbido e leggere un poco, con lentezza esasperata, sapendo che magari, gli occhi si chiuderanno piano, nel calore che c'è, la giornata è scivolata veloce, che rara soddisfazione addormentarsi sul divano, un pò barboni un pò prìncipi. Il cuore sorride, lo si sente se lo si ascolta bene, sorride di una serenità semplice e ricercata, banale eppure rara, scontata eppur perfetta. La sera, in una casa qualsiasi, in una famiglia qualsiasi, è un magico senso di appagamento e di immortalità, di soddisfazione e di silenziosa felicità. La stessa che fa di un barbone, un principe.

Come se avessi accettato.

Alla fine, ha rinunciato. Sarà un'altra delle storie irrisolte di questo splendido, buffo, assurdo, meraviglioso, spietato Paese. Dove dall'America vengono per sposarsi in un castello ritagliato da un libro di fiabe, e pazienza se si dimenticano di invitare il Sindaco. Dove gli studenti di un liceo possono in tutta scioltezza allagare la scuola causando milioni di danni senza avere la minima conseguenza. Dove devi stare attento a non sbagliare bagno. E a non essere sommerso dai rifiuti. E a non fare telefonate torbide. Dove se sei rampolla di una famiglia di albergatori di lusso puoi spiaccicare due parole incomprensibili in uno spot per la 3. E prenderti gioco di tutti. Dove se fai la maestra puoi prenderti la licenza di fare educazione sessuale con lezioni di laboratorio e puoi legare i bimbetti con lo scotch se ti disturbano, in fondo, facevano un chiasso! Questo è il mio Paese. Non meglio e non peggio di altri. Guardo pochissimo la televisione, leggo i giornali sul web, non ne posso più di Porta a Porta, Matrix e altri capolavori. Prego solo per quel bambino. Non che abbia giustizia, che si trovi il colpevole, che qui e che là. Che abbia nuvole a sufficienza per giocare a nascondino. E che impari ad andare senza rotelle. E a giocare a pallone, lì dov'è. E che ricordi il volto della sua mamma, mentre cucina, si pettina o fa il caffè, mentre lo cambia o fa la spesa. Nient'altro.

19 novembre, 2006

Adesso, è Natale?


Personalmente, a vedere le luminarie e gli auguri e le luci natalizie già dai primi di novembre, mi mette una leggero e neanche tanto vago senso di nausea, con qualche capogiro. Considerando che non aspetto un altro bambino, direi che ho già dato, devo ricondurre questi semplici sintomi alla convinzione che i festeggiamenti e i preparativi andrebbero iniziati all'unisono l'8 di dicembre, col ponte dell'Immacolata. Prima di tale data, nessun lustrino, nessun nastrino, nessun abete e nessun Buon Natale dovrebbe comparire in giro, pena multe salatissime. Perchè, diciamola tutta, quando arrivano i giorni di festa tu ne hai già una noia mortale, hai presenziato a una dozzina di cene e aperitivi, accumulando una quantità indegna di calorie, la sola parola "salmone" o "vol-au-vent" ti provoca conati di vomito che nulla può la Citrosodina, hai speso una cifra invereconda in regali e regalini, hai detto circa 30 volte che no, per Capodanno ancora non avete organizzato niente e farete tutto all'ultimo minuto, ti sei, come ogni anno, imbufalita con la tua famiglia d'origine che avranno evitato casa tua scambiandola, come ogni anno, per il laboratorio dove è isolato il virus del vaiolo, e chi lo sa, magari si rompe un'ampolla. Le vacanze di Natale mi piacciono solo perchè si fa l'albero e sono così fiera del mio albero Zen, recuperato sulla spiaggia lo scorso anno e decorato in modo improbabile e moooooolto chic. Mi piace perchè c'è odore di mandarino e rumore di pacchi scartati e la sceneggiata per Babbo Natale che per la picci arriva ancora e passa dalla finestra e stropiccia la tovaglia e mangia i dolcetti e prende le carote per le renne. Mi piace per la musica, mi piace per le sorprese, per la neve, qualora, per il camino acceso e le candele dovunque. Odio gli sms di auguri la sera della Vigilia, odio le mail di auguri, odio le poesiole idiote, e i disegni di Santa Claus in pose erotiche, me ne sono arrivate a dozzine, l'anno scorso, anche da insospettabili commercialisti, che mi hanno lasciato di stucco. Odio i regali sbagliati, quelli che si vede lontano un chilometro che non ci hanno pensato nemmeno un pochino, a te, o, peggio, che è un riciclo bello e buono. Ma io mi sono portata avanti. In questa domenica di niente fare, ho creato il mio bel quadernino, dove scriverò tutte le cose che devo fare, le cene, di lavoro e di scialo, che cosa regalerò a chi. Saranno cose fatte da me. Il tempo lo troverò, in qualche modo. Odio che si parli troppo di Natale. Ne abbiamo quasi 20 ed è ancora novembre, e io sono già qui a parlarne. Non è mica un bel segno.

17 novembre, 2006

La collezione.



Non c’è un motivo. Del magone ne avevo già ampiamente parlato. Potrei brevettarne la descrizione, lo conosco bene, potrei commercializzarlo in deliziosi astucci color lavanda, con tanto di istruzioni per l’uso, un bigliettino con indicazioni, controindicazioni, composizione e posologia.
- Indicazioni: stato confusionale, smarrimento generale, ricerca di un senso delle questioni più disparate. Offese ricevute, mancanze di tatto, mancanze di cose e/o persone, mancanze e basta.
- Controindicazioni: luogo non consono, presenza di figlioli e/o consorti e/o serpenti a sonagli che ti chiederebbero MaCheCosHai per il solo gusto di sapere con un velo di soddisfazione immotivata.
- Composizione: vuoto nello stomaco, occhi umidicci, una specie di pigna nella gola, che ti sforzi di mandare giù e giù e giù, ma lei, legnosa, se ne sta lì e non si schioda.

- Posologia: quando vuoi. In un giorno che non gira nemmeno a spingerla, in un giorno che non ne hai voglia per default, in un giorno che ti avvicineresti ad un check-in e chiederesti, Per Di Qua, Dove Si Va? Ok, vengo anche io. E ci andresti, così, senza bagaglio e senza niente, forse un maglione e uno spazzolino, e l’iPod e un bel libro, in fondo, nient’altro serve. In un venerdì di nebbia dovunque, fuori e dentro di te, che niente di niente ti serve da faro. Grande concorso. Raccogli i punti dei magoni. Ogni dieci magoni un bel pianto a fontana, asciugandoti gli occhi con uno Scottex con le fragole, appallottolato per bene in fondo alla tasca. Ne ho una collezione. Non rara, credo.

16 novembre, 2006

E siccome si vede Giannutri...


…vuole dire che piove. Non si sa che cosa voglia fare, in realtà. Se piovere o no, intendo. La mattina è grigia, nebbiosetta e, diciamocela tutta, non proprio uno splendore di mattina, di quelle che ti alzi e spalanchi la finestra e ti senti piena di energie e di progetti e di cose da fare ah, e mi devo ricordare anche e salti sotto la doccia felice come una Pasqua e ti insaponi con energia e canticchi e inventi le parole che non sai e ridi da sola come gli scemi. Diciamo di no. Però ci si salva uguale. Si butterà giù una brutta, così, a matita, su un foglio di recupero, un progetto di giornata, una lista di cose da fare, normali, tranquille ma trovandoci, come solo noi sappiamo fare, anche il suo bel lato gradevole. Anche la dimostrazione di un frullatore lo può essere, in fondo, se ti dà l’opportunità di stare con le tue Amiche, quelle storiche. Anche un corso di cucina a Torino, ieri sera, che bella è Torino in questi mesi, le luci e la magia di sempre sembrano moltiplicate, lucidate, Piazza Carignano ti toglie il respiro con i disegni proiettati sul pavimento e tu e la tua Amica della Pastiera sembrate un po’ in gita scolastica, nemmeno un figliolo da accudire, ne avete una decina fra tutt’e due, sia fatti che vinti, che si fa presto a dire, ma provate a metterli in fila e pochi non sono. E così, solinghe, di una solitudine un po’ meritata un po’ temuta e così beatamente assaporata, prima a guardar vetrine e poi a imparare la frolla salata, rende davvero eccezionale una sera normale, che è novembre e fa caldo e si cammina volentieri, e il tratto di autostrada verso casa sembra veloce e leggero, e avendo in tasca tutto questo ieri, anche oggi guardi fuori e pensi che è novembre e che fa caldo, che stai bene e sei felice e che no, non pioverà. Anche perché, da qui, Giannutri non si vede.

14 novembre, 2006

Ode al pavesino.



Lo adoro. Lo amo. Mi fa tenerezza, anche. L’avulso Pavesino, il povero diavolo d’un Pavesino, un po’ sfigato, si può dire? Il Pavesino non piace a nessuno. E’ il compagno di scuola del terzo banco, quello che non noti quasi, perché non è il secchione del primo e non il furbastro dell’ultimo. Sta lì. Senza pretese, ti guarda dallo scaffale e ti dice, ma dai, ma perché non mi compri nemmeno oggi? Pavesino, ti scongiuro, non fare così, tu non puoi tendermi simili trappole, che sono di fretta e mi sono dimenticata la metà delle cose e non ho tempo di tornare indietro, ho un carrello che pesa quanto una Smart e sono qui ai biscotti per comprare….oh, Cielo, le Macine, i Pan di Stelle, per non parlare dei ruvidi Molinetti e dei sublimi Digestive e tutti quei biscottini che, non offenderti, sanno di qualche cosa. Sai, tengo famiglia, e devo accontentarli tutti, ma ho il cuore tenero e non sono mica sorda alle richieste dei biscotti bisognosi. Io sono super partes, mi nutro a colazione di due assurde fette biscottate, non faccio testo. Ma faccio affari. Così, io e il Pave, ( e sì, signora mia, siamo entrati in confidenza) abbiamo fatto un patto. Io continuerò a comprare burrosissimi e cioccolatosissimi biscotti per i maschi di casa, e serberò un pacchetto di Pavesini solo per la mia colazione e per gli attacchi di sbrano. Il Pavesino, lo sanno tutti, è un biscotto riconoscente. Considerato il suo insignificante contenuto di calorie, mi regalerà alla prossima estate un fisico da very top, cosce affusolate e un sedere, con licenza parlando, che avrà il suo bel perché. Bene, dove firmo? Siglato l’accordo, ma a firmare spostiamoci. Non vorrei che quel curioso Savoiardo, acerrimo nemico del Pave, vedesse la scena. E allora sì, che sarebbero guai seri!

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...