11 aprile, 2007

Stagione di vento.

...mentre la Luna è prossima a le soglie cerule
e par che innanzi a sè distenda un velo
ove il nostro sogno giace
e par che la campagna già si senta
da lei sommersa nel notturno gelo
e da lei beva la sperata pace
senza vederla.

Gabriele D'Annunzio



Pillow in progress.

Non si fa molto, in realtà. Si progetta, e tanto. E ci si ispira, qualche volta. Soprattutto, si fan cose inutili, superflue, che a casa, forse, vien difficile portare a termine. Questo è un cuscinetto, per esempio. Di quelli totalmente inutili, superflui, come vuole la tradizione, di quelli che non servono a quasi niente, se non a ben augurarti un qualche cosa. Questo Bonne Chance, la dice lunghissima. Fatto in due pomeriggi di vento sulla spiaggia piena di kitesurf, pochissimi umani, perlopiù tedeschi. Un cuscino superfluo per un sogno che non lo è. Ci siamo fatti prendere un pò tutti, ognuno a modo suo, e non vediamo l'ora, in realtà, di vederlo da vicino, scoprire l'effetto che fa. Senza nessuno che ti dica, vedi, è così, te l'avevo detto, lo sapevo già. Nessun sogno è uguale a un altro. Averne pochi è una follia, averne molti un lusso vero. I sogni, signora mia, sono come i cuscini: superflui non lo sono mai. Proprio mai.

Fuori dal mondo.


Come si riesca a trovare affascinante una mattinata nebbiosetta e frescolina, è presto detto. Basta avere davanti un'immagine così, un pò verdissima e un pò celeste, il cielo un pò violetto e un pò turchese. Sono giorni un pò fuori dal mondo, senza quotidiani, nemmeno quelli on line, pochissime notizie, qualche lavoro di giardinaggio, molte passeggiate sulla spiaggia, l'acqua ghiacciata e un vento discreto. A giorni così, si può pure perdonare che il collegamento internet funzioni a singhiozzo, che domani finalmente metteranno l'ADSL, che ho fatto una quantità di fotografie che non riesco a scaricare perchè la periferica non ne vuole sapere. Rimedierò. Per il momento, mi accontento di questo niente perfetto, i progetti che ho in mente, le cose che farò. E' quasi tutto pronto per quest'estate. Ancora qualche giorno e poi, si torna a casa. Ora, lasciatemi qui. Per il delirio, c'è tempo.

07 aprile, 2007

Sally, la tartarughina.


L'abbiamo trovata ai piedi delle rocce. Era lì, immobile e tranquilla, grande come un mandarino. Probabilmente si era già accorta di noi, in fondo non poteva essere altrimenti. Un' orda non proprio silenziosa di sette persone che arriva all'alba in un villaggio semi deserto e semi addormentato non è proprio che passi inosservata, ecco. Ma siamo arrivati fin qui. Sally forse ci aspettava. Ha un musetto non proprio bellissimo, somiglia vagamente a Rosy Bindi, ma l'ho chiamata Sally come la canzone di Vasco. Perchè cammina per la sterpaglia senza avere fretta, ha il guscio ancora lucido e chiaro ed è così carina. La famiglia al super completo, come sempre a Natale e Pasqua. Lì, c'è il mare. Non ho fatto valigie. Ho cacciato alla rinfusa qualche maglia in una sacca, avevo voglia di improvvisazione, non so, e non è che le mie partenze abbiano molto da improvvisare in realtà. Anzi, sono costellate da bigliettini e promemoria, fare questo, non scordare quello e cose così. Starò qui, a guardare il mare, a ubriacarmi di questa famiglia chiassosa e invincibile, mi vestirò come capita e se, maglie a strati, jeans e occhiali Chanel. Leggerò se ne avrò voglia, a starò lì, a guardare in sù, la musica nelle orecchie e nessun pensiero a graffiarmi il cuore, nessuna ansia che mi squassi, niente di niente. Farò come Sally. Andrò lenta per la mia strada, fra i rovi e gli sterpi e quando avrò paura tirerò la testa dentro al guscio, finchè mi passa. "..forse era giusto così. Forse, ma forse, ma sì".


05 aprile, 2007

Oh quante belle figlie...


Ormai, è fatta. La Princi ha cominciato a prendere lezioni di pianoforte, giusto così, per non far mancare niente, nè a lei, nè a noi. L'impegno è superlativo, precisina com'è, ma chissà da chi avrà preso, si esercita per ore sui pezzi che porterà al saggio di fine aprile. Non esageriamo, ancora non siamo su Chopin o Mozart, considerando che ha iniziato davvero da poco. Siamo su...autore anonimo, diciamo. La Princi, infatti, ha sul suo bel piano nuovo di zecca, regalo anticipato della Prima Comunione (e sì, signora cara, in questa casa si fa così, ogni regalo deve avere la sua bella ricorrenza, se no mi vuol dire dove andiamo a finire?)lo spartito di Madama Dorè. Così, tutti ci ritroviamo a canticchiarla, preparando la caffettiera o le valigie, accidenti, che domani si parte, al gran completo. Son giorni calmi e sereni, che la calma pasquale si posi quieta anche sulle cose mie, e sul ciliegio del giardino che, se guardi bene, ha già tutti i fiori pronti a sbocciare. Che Cosa Ne Vuoi Fare, Madama Dorè. E vai a spiegare al liceale che non è La Voglio Strangolare. Ma, creatura, alla cinquecentesima replica, abbiamo tutti il diritto di storpiarla un pochino, no?

02 aprile, 2007

L'idea malsana 2. Il ritorno.

Ce n'era già stata una, di idea malsana. Ma qui, signora mia, proprio non ci si fa mancare niente. La Princi riceverà la Prima Comunione a fine maggio? Ma via. c'è tutto il tempo per ricamarle una sessantina di scatoline porta...porta...già, porta che cosa?ad uso bomboniera, a perenne ricordo di questa festosa giornata. Lo so che è delirante. Ma mi piace. E poi, lo faccio per me, insomma, mi serve. A non ascoltare più quel diabolico gomitolo che per tutto il fine settimana ha rotolato su e giù, dalla gola allo stomaco, quel batticuore insolente e irragionevole, quell'ansia strisciante e beffarda, quelle lacrime cretine che mi sono scese ieri a pranzo per una banalissima discussione col mio sposo, e tutti a guardare nel piatto, ma come, la mamma piange per una scemenza del genere? e quando la mamma piange sono tutti increduli e straniti, come se io non potessi, e no, la mamma non piange mai, non ce l'ha lei il sacchettino delle lacrime. E invece ce l'ho, ce l'ho eccome, e quanto vorrei usarlo solo quando non mi vedete, quando vostro padre non c'è, che anche lui ieri mi guardava colpevole, come a dirmi, ma che succede, per così poco, ma da quando? Scema che sono, ogni tanto. Così, mi sono rimbambita a ritagliare rettangolini 35 quadretti per 65, e sforzarmi di tagliare dritto, se no poi, chi la sente Caterina che mi fa le scatoline di cartone. Ne ho tagliate 52, e dopo circa un'ora e mezza mi sono fermata ad ascoltare. Il gomitolo non c'era quasi più. Qualche volta, c'è da dirlo, le idee malsane aiutano.

31 marzo, 2007

L'idea malsana 2.


La tosatura.

Càpita di rado. Anzi, non mi era proprio mai capitato di imbattermi in uno sterminato gregge di pecore. E, men che meno, che i pastori fossero impegnati nella tosatura. Me lo avevo detto il pastore, ieri sera, quando mi sono fermata col mio figliolo mediano a guardare curiosa questa gigantesca distesa di occhi e di zampe, di beeeee e di corna. Insolito, appunto. Se Vuole Passare, dice il pastore, Domattina le Tosiamo. Così, con la picci, la mia Informatica Vicina e i suoi bambini, ci siamo recate. Infangate fino agli occhi, armate di macchina fotografica per paparazzare meglio di Corona questo mondanissimo evento, nelle colline intorno a casa mia, dove non succede mai nulla o quasi. I bambini, curiosi e stupiti. La Princi in lacrime, e io a spiegarle che non facevano del male, che loro, le pecore, erano pure contente di farsi togliere tutta quella lana. Ma il suo cuore di burro non sentiva ragioni, ha accarezzato gli agnellini, Non Li Mangeranno, vero Mamma? Certo che no, PrinciDiZucchero, queste pecore fanno solo la lana. Si può mentire a una dolcezza così innocente?



Ma anche il pastore l'ha rassicurata. Gli agnellini staranno accanto alle loro mamme, perciò li avevano contrassegnati con un simbolo uguale, in modo che nessun agnellino si smarrisse, o perdesse la sua mamma. Così, andava meglio. Ecco quello che succede in una mattina di fine marzo in un paesino nel Monferrato. La mia bambina, che usa con scioltezza le email, che fa le ricerche su Wikipedia e conosce le operazioni di base di Word, non aveva mai assistitito alla tosatura di una pecora. Certo, non è fondamentale, ma forse quando sarà grande se ne ricorderà.




E dal vostro inviato in Monferrato, per oggi, è tutto.

Indoleeza.


Cheggiornata. Che splendida giornata di nulla. Sarà stato il clima, freddo a onor del vero, sarà che domani è il primo aprile e lo scherzo me lo volevo fare da sola, sarà che il mio sposo è ancora per mare e io coi figlioli a casa mi permetto uno scialo, un disordine accennato, senza regole ed orari, si ha fame, si mangia, si ha sonno, si dorme, la cucina sempre aperta per un thè, una spremuta o una cioccolata. In beatitudine assoluta, il liceale riederà allo scoccare della mezzanotte, giacchè il suo pullman si trasformerà in una zucca, col suo bagaglio di souvenir berlinesi, che per me significa un paio di lavatrici, ma che fa. L'indolenza di quest'oggi mi ha preparato per domani e la domenica lavanderina non mi spaventa affatto. Ho preparato dei toast per pranzo, ognuno poteva chiederli come voleva, e magari prepararseli da sè. Ho letto, guardato fuori, ricamato, letto e dormicchiato, letto e progettato le bomboniere per la Princineve, con la quale ho avuto il mio culmine di mondanità nell'eccezionale evento di questa mattina, di cui parlo qui. Un sabato indolente e meraviglioso, i pensieri tristi e ansiogeni allontanati per un pò, i dolori, signora mia, sono come sassolini, pensi di esserteli tolti scrollando per bene la scarpa e invece no, eccoli lì, di nuovo, a disturbarti improvvisamente, a farsi sentire quando meno te li aspetti. Ma poichè non sono l'Esercito della Salvezza, i sassolini questa volta farò finta di non sentirli. E di chiamarmi Indoleeza Rice, per un sabato pomeriggio, di pioggerellina e di niente fare, per una volta, mi spetta di diritto. Sacrosanto.

29 marzo, 2007

A mille ce n'è.


Avevo un mangiadischi rosso. Una cosa che, una volta che uno dei miei figli ne ha adocchiato uno da un rigattiere, mi ha chiesto se fosse per fare hamburger giganti. Beata innocenza. Ma loro, del mangiadischi, ma che ne sanno. E dei 45 giri, ma che ne sanno. E delle Fiabe Sonore...no, di questo ne sanno, perchè li ho sfiniti fin dalla tenera età con una canzoncina tratta da una di queste fiabe, ripubblicate da non molto da Fratelli Fabbri Editore. Sfortunatamente non mi ricordavo il titolo, per cui non era possibile risalire alla fiaba se non telefonando direttamente alla segretaria dei Fratelli Grimm. Ma il Cielo mi è venuto in soccorso. Chiacchierando amabilmente in piscina giorni fa, mentre i fanciulli je davano di delfino e farfalla ( e signora mia, qualcuno dovrà pure sostituire la Pellegrini, no?) una mia recente amica mi ha candidamente comunicato il nome di tale favola, così, come se mi dicesse che ne so, sono le 6. Lei la possedeva, anzi, la possiede. In 45 giri, ma che importa. Con le moderne tecnologie si fa presto a dire fiaba. Si fa presto a ricordarsi di quei pomeriggi, delle persone che avevo con me, dei miei sandalini rossi, della babbucce di lana che mettevo per dormire, della colazione nella tazzona bianca, della cartella della scuola, terza elementare, del sussidiario e delle palline in fondo alle trecce. E stamattina, portando a scuola la Princineve, l'abbiamo ascoltata. E l'ho riavuta per me, dopo trentotto anni, signora, trentotto, mica pasta e ceci. Si fa presto a dire felicità. Grazie, Meggy, per quel titolo, La Casa Nella Foresta.

28 marzo, 2007

Indiani e cowboy.


Ti eri detta basta. Che non era più affari tuoi e che ognuno aveva la vita che si era scelto, e che ne avevi abbastanza delle tue, di questioni. Avevi detto che non ti importava più, che da questo momento che ognuno andasse per la sua strada, per la sua vita, avete vite così diverse, adesso. Eppure è difficile. Difficile far finta di niente e andare avanti per la tua strada, se si è giocato miliardi di volte agli indiani e ai cowboy, se gli rompevi il meccano e se ti sgozzava le bambole. I pensieri ci sono, eccome. E ti fan prendere sonno a fatica e li accartocci in un angolo, li lasci sul davanzale della finestra o sotto il letto e speri al mattino di non trovarli più. Non servirà. Sono lì, ancora, mentre frughi nella biscottiera cercando cose che non sai, risposte, forse, illuminazioni, anche. E la rabbia di non sapere davvero che cosa fare, di non potere, di non essere in grado. Si è cresciuti e si è lontani, adesso, e nessuno poteva dirlo, avevate un affetto così speciale. Dimenticheresti anche le offese, se riuscissi ad aiutarlo almeno un pò. Ma la sua strada non è più la tua, e le cose che c'erano non ci sono più, ed è così difficile da dire, e anche se ancora ti butteresti nel fuoco per lui, sarebbe tempo perso, e la diligenza dei cowboy è già troppo lontana. e a raggiungerla, non ci riuscirai.

25 marzo, 2007

Illegal.


Poteva andare meglio, decisamente. mai passaggio dall'ora solare a quella legale fu più sfigato di così. Pioggia, pioggia e ancora pioggia. Beh, certo, siamo stati ad una bella festa di compleanno sabato sera, e già questo avrebbe dovuto tirarci sù. Ma il cambio dell'ora di solito è accompagnato da un bel tramonto, dalle finestre aperte, dalle maniche corte, dalla frittata coi pomodori, e via così. Invece un bel niente. Cielo color totano crudo, perchè fritto, lo sanno tutti, è doratino, domenica sera passata ad assistere il liceale che stanotte (!) parte per Berlino, e quindi via di stiraggio. Che di stirare, signora mia, questa volta proprio glielo giuro, non ne avevo voglia alcuna. E lo sa anche lei, che se si stira senza voglia, è più il danno che si fa. Si appiattisce tutto con le mani, si fa finta di non vedere le piegoline che si formano, si spruzzano tonnellate di appretto, quello ecologico, per carità, che io al buco dell'ozono ci penso eccome, mica solo lei che fa tanto la maestrina e non si perde una sola puntata di Superquark. Anzi, glielo dica lei al quel suo amico Piero Angela, che la prossima volta si informi per bene e che l'ora legale si fa in un week end di sole. Se no, di legale, non ha proprio un bel niente. Lo sa anche Shakira.

23 marzo, 2007

Venerdì.


Alla fine, direi. Inizia un fine settimana, stranamente , con la giornata più impegnativa, quella che mi costringerà a sorbirmi il traffico del venerdì sera meneghino in uscita dalla città. Ma fa niente. A casa mi aspetterà una cena improvvisata, del tipo che si infila a turno la testa nel frigo e si guarda che cosa c'è, per poi consumarlo chiacchierando sul divano, a gambe incrociate modello yoga, pensando alla festa di domani sera, e alle passeggiate di domenica. Una settimana, quella passata, all'insegna del gossip più sfrenato. Ridicolo, anche. Insomma, uno non è nemmeno più libero di farsi un giro dove, come e con chi gli aggrada. E chiedere un'informazione a chi passa di lì, a chi lì aspetta l'autobus, a chi lì ci lavora. Ah, signora mia, di questo passo, dove andremo a finire! Glielo dico tosto, andremo a finire che si perderà tutti la trebisonda, e che si confonderanno fresche per frasche, e magari, arriveremo anche a conservare, che ne so, i calendari di Anna Falchi con dei documenti scottantissimi, in una valigia con combinazione, murata, sotterrata, ma ahimè, testè ritrovata. Come dice? E' successo ieri? Maddai!!!!!

22 marzo, 2007

Bello.

Grazie. A chi c'era, a chi ha preso 3 ore di permesso dal lavoro per esserci, a chi è venuta senza aver mai visto un ferro da vicino, nè un gomitolo, a chi si è stupito che tutta quella lana fosse in regalo, lì, da prendere, a chi ha iniziato il suo primo maglione, a chi ha sfogliato i miei libri pensando, Ma Davvero Si Possono Fare Queste Cose?, a chi non ha commentato la location, a chi non si è lamentato dell'ora, a chi ha chiesto, già da subito Ma Quando Ne Facciamo Un Altro?, a chi ha portato i fiori per me, a chi è passata per un salutino, a chi è venuta solo a curiosare, a chi guardava da fuori, a chi arricciava il naso, a chi voleva sapere ma era timido, a chi ha fatto delle foto strepitose, a chi ha detto Sono Stata Benissimo, a chi si è offerta volantaria di tradurre i Sacri Testi dall'inglese, con abbreviazioni e termini tecnici, a chi ha chiacchierato, a chi è stata zitta, a chi voleva stare ma non poteva.
A tutte voi, indistintamente, grazie davvero. Occorre tempo ed entusiasmo per fare queste cose, sembra da ridere ma in fondo non lo è, c'è molto altro dietro a tutto questo, organizzare, far sapere, prendersi la briga di fare un minimo di pubblicità. Grazie anche a chi ha detto Ma Chi Te Lo Fa Fare, e soprattutto Perchè Lì. Il sorriso delle persone che c'erano ed erano contente mi ripaga di tutto.

Tutto il resto, signora mia, machissenefrega!

Arrivederci al prossimo Knit Cafè.


Grazie a Laura per le splendide fotografie.

Cambiare l'aria.

E' un gesto che si fa in automatico, di solito. Sono usciti tutti, si rimane con le tazze sul tavolo, il pc lì vicino dove si sono già lette mail e notizie, cose sparse, appunti sulla lavagna, con le cose da fare. Si aprono le finestre, spalancate, in realtà. Entra un'aria gelida e a bollicine, c'è già il sole, e odore di erba bagnata e di umidità, la notte ha lasciato il suo profumo, come le donne sugli ascensori. Si apre e si scoprono i letti, si mettono i cuscini sul davanzale, l'ho visto fare mille volte, non so a che cosa serva ma lo faccio anche io, che mi costa, in fondo, fuori ho campagna e fiori e alberi da frutto e vigne e colline, mica tram, automobili, scooter e automobili. Spero che serva. A scuotere dal cuscino i pensieri che hanno reso la mia notte non proprio una delizia, un sogno tremendo dal quale mi sono svegliata con un salto, uno scatto, come certi bambini, quando sognano l'orco, ma che le scrivono a fare le favole con l'orco. Ho sognato male, di quei sogni che sono così veri che ci pensi ancora alla mattina, non vi capita mai? e ci si sente miracolati, sopravvissuti, e anche un pò scemi, era solo un sogno, sì lo so. Ma che paura ho avuto, e che reali mi sembravano persone e situazioni e piangevo, sono sicura, mi sentivo anche dormendo, mi sembrava tutto di gelatina ma io c'ero, e parlavo, anche, e mi faceva male il cuore, come adesso, a pensarci. Spalanco le finestre, tutte, fa freddo, lo so, ma sono sola, adesso e nessuno mi urlerà Mamma fa Freddooooo, sprimaccio per bene il mio cuscino, lo scuoto, cambio anche le lenzuola, già che ci sono, scaccio i pensieri che ci sono rimasti impigliati dentro, e quelli che rimangono, li infilo svelta in lavatrice. I sogni si dividono in due categorie. Quelli che tieni lì, e che non vorresti mai svegliarti per non farli andare via, quelli caldi che ti fanno alzare sorridendo. E quelli orrendi, da dimenticare in fretta, da berci tonnellate di acqua per farti passare la paura, quelli da lavare a 80 gradi per scolorirli, per farli perdere nei tubi dello scarico, centrifugandoli due volte. E senza ammorbidente.

21 marzo, 2007

Svegliatevi, bambine!


C'è da darsi una mossa, care le mie belle signore. C'è da portarsi avanti, da stare molto attente e con le antenne ben dritte, prontissime a non farsi scappare nemmeno il primo barlume di novità, per stare al passo e non rimanere indietro, incartapecorirsi, accartocciarsi su se stesse medesime, stare lì, immobli, a vedere le cose passare e non fare il benchè minimo sforzo per acchiapparle. Entusiasmo, signore, en-tu-sia-smo! Lo so, che non ne avete voglia, ma guardatevi in giro. E' vero che fa freddo, ma Cielo Benedetto, avete staccato il fogliettino dal calendario? Avete visto che giorno è? Allora, svegliatevi, e fatevi una bella doccia frescolina, uscite fuori nel sole, niente smorfie, stamattina, sono vietate. E fatevi un regalo. No, non sono diventata la moglie di Crepet (senza baffo, in realtà, è grazioso, ma non usciamo dal seminario), trovate del tempo per voi, e non dico parrucchiere e non dico lampada, e non dico nemmeno MaxMara. Dico solo Knit Cafè, ne parliamo da giorni, Un'ora o mezz'ora non è importante, basta che ci facciate un salto. Ci riconoscerete, siamo qui, abbiamo tonnellate di lana colorata e ferri di ogni foggia, è tutto gratis, si viene lì, si beve un thè, si fa una chiacchiera e qualche punto. Salutare, corroborante e rigenerante. Vi si aspetta, bambine. La primavera è già qua. Vorrete mica essere sfrontate e non salutarla nemmeno?

20 marzo, 2007

Son le sere.


Che si cena presto e si lascia ancora apparecchiato e si resta a chiacchierare per un po’ prima di salire, a ripassare, prima di mettersi a leggere una cosa o a ricamarne un’altra, o a niente fare, semplicemente, stare lì, un film, forse, dipende. Son le sere che fa di nuovo freddo, una specie di inverno ritrovato e mai vissuto, ma che fa, domani è primavera, si sente, c'è un'aria così bella, stasera, e belle le nuvole, sì, per una volta, povere nuvole, che male fanno. Son le sere che si esce, copriti che fa freschino, ma basta una felpa, e si porta il vetro alla campana, col cane vicino e un profumo di erba e di fiori. E' solo mia la convinzione che qualche volta, dalla collina di casa si sente il profumo del mare. Ma dove, il mare è lontano, nemmeno tanto in realtà, ma è bello pensare che sia lì, dietro una curva, improvvisamente il mare. Il vento ha fatto cadere i petali del ciliegio, e c'è un tappetino rosato tutt'intorno, che a camminarci sopra fai peccato. Pioverà, stanotte. ma domattina saranno ancora lì, i fiori gialli delle forsizie, le primule e le prime rose. Son le sere che ci si sente così in pace che a chiederci che vuoi? ci si dovrebbe pensare una mezz’ora prima di parlare, per non dire una cosa che si ha già, come le figurine, per non fare doppioni, ce l’ho, ce l’ho, ce l’ho. Son le sere che non è inverno e non è niente, son le sere di casa, di semplice e normale, di musica pianissimo, di risate sulle scale. Sere da raccontare, da conservare, da tenere lì. Sere di pensieri e di segreti, di progetti e piccole cose, che farò domani, dopodomani, chissà. E ci si culla un po’, che ancora non è notte e di dormire non se ne parla, non ancora, non è mica tardi, e di tempo ce n’è, è solo sera. Così, solo sera.

L'eco nel frigo.


Ho girato e rigirato, senza sapere dove andare, e invece un piffero, dove andare sapevo benissimo, di qua e di là, di sù e di giù, inconcludente, per un certo momento, ho una casa con troppe scale, e fai di qui e fai di là, ma il mio studiolo è proprio in piccionaia e spesso il cellulare sta di sotto, e allora, fàmose 'ste 4 rampe di scale, che il gluteo ne giova. Di lavoro in senso stretto, una parvenza, di riordino qualcosina, di cazzeggio, una svalangata. ma di chi è la colpa, se volevo avere dettagli su Mastrogiacomo, rispondere a qualche mail, vedere cosa c'era di nuovo sul sito Vuitton (il jeans, signora cara, il jeans), scaricare qualche schema gratuito per la lezione di oggi, guardare i blog amici e vedere se era ancora il caso di comprare le arance di Ribera. E poi, schizzare fuori e fare una spesa mondiale, di quelle che ti casca tutto dal carrello, che ieri i miei figlioli mi hanno detto, Hai Molto da Fare, vero Mamma?, perchè si sa, quando ho molto da fare non riesco a fare la spesa, e mi si perdoni il bisticcio di parole, ma stamattina da fare non avevo nulla o meglio, nulla ho fatto di quel che dovevo fare, ma Santo Cielo, sono una donna mica un frullatore, mica mi chiamo Girmi, e Pastamatic, la forza di venti braccia. E non sono il Mago Zurlì e la Fata Turchina e la spesa, figliolanza adorata, non riesco a farla comparire con la mia bacchetta, ma è, come dite voi, uno sbattone andarla a fare. Perciò e quindi, state buoni. Ho progetti. Ho lungimiranze. Ho cose. Ho eventi. Dal più serio al più frivolo, ma ce li ho. Prossimamente su questi schermi. La trottola, giragira. E magari, qualche cosa combina pure. E il frigo semivuoto, chessaramai, bisogna metterlo in conto. Vivere con una celebrità non è affatto facile. Deh, come vi capisco!

19 marzo, 2007

...

Alla fine, le tabelline le ho imparate. Fischiando, come dicevi tu. Ho fatto una quantità di cose, in questo tempo, belle e meno belle, qualcuna la condivideresti, altre nemmeno per sogno. E' stata una vita difficile, per un certo periodo, eri appena andato via, e un pò ti odiavo per questo. E' stato strano riprendere, incominciare, anzi, ricominciare o fare cosa, come si dice quando hai un vuoto dentro e tutto intorno e non hai forza nè voglia nè coraggio nè sai da dove partire, per fare le cose che devi fare. Studiare, lavorare, iscriversi all'università. Cocciuta la sono sempre stata, ma forse, un pò ti somiglio. Che dirti, adesso, che non ti abbia detto ancora, le volte che prego e bisbiglio e guardo in sù, ma non ti trovo. Che dire a me, che da quando sei via ho faticato a trovare la mia strada. Se l'ho trovata, non lo so. Sono felice, certo, volevi per me una vita perfetta, ebbene, ce l'ho. Ma non è vicino. E vicino a me, non ho nessuno. Nessuno di noi, intendo. Oh, sì, mi sono sposata, ma questo lo sai già. Te lo sono venuta a dire, un pomeriggio che piovigginava, da sola, e ho corso le scale di marmo che portano a te, e mi sono fermata lì davanti, a fissarti, a guardare i fiori di stoffa e quel sorriso che vedo che non è il tuo, ma fa lo stesso, che brutte sono le fotografie sulla ceramica. Il tuo sorriso è qui, dentro di me, da dove nessuno lo può portare via. E mille volte ti ho portato i miei bambini, e l'uomo che ho sposato che ha tanto di te, certe volte, e ti sono venuta a raccontare che è sempre così difficile non pensarti, e che non passerà mai, e che qualche volta sono così sola che urlerei, e mi viene così facile pensare che niente sarebbe com'è se fossi qui, le cose storte, intendo, perchè niente è stato uguale e ci siamo persi per strada. Se la mia strada l'ho trovata non lo so, ma sono contenta della vita che ho, e mi piacerebbe che i baci che i miei figli mandano al Cielo, potessero darteli sulla guancia con lo schiocco, di quelli che rintronano. E vorrei ogni tanto, farmi abbracciare e farmi dire non è niente, stai tranquilla, passa subito. Ma adesso il bacio al Cielo lo mando io, io, questa sciocca mamma che è anche figlia e che crede che la festa del papà si festeggi anche lì. Dove sei tu.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...