09 gennaio, 2011

Massì che son pronta.

Uh, se l'ho menata la mondo intero, con questa cosa qui. Uh, se ho stremato tutti a dire No, Per Favore, Ancora qualche Giorno di Pace. Uh, se ho fatto la spessa, come dicono qui, nella zona che da quasi quindici anni è la mia zona. Uh, son stata pesante a dire Nooo, Non Ce la Posso Fare. E invece sì. Si riprende, si riparte domani, un'agenda nuova di zecca nella borsa, ancora non ci ho scritto niente, nemmeno l'indirizzo, e il gruppo sanguigno e tutte quelle informazioni, in caso di smarrimento riportare a , beh, quello mi sembra il più utile, una volta l'avevo persa, anzi, me l'avevano sottratta dalla macchina a Famagosta, era dicembre, e poi a maggio me l'hanno riportata, mi ricordo essì che mi ricordo. Comunque alla fine son contenta, insieme all'agenda c'è un bell'anno nuovissimo, belle cose da fare, sfide da raccogliere, perchè no alla fine?, progetti a quintalate, forse se ne realizzeranno la metà della metà, ma sarà bello uguale, è il viaggio, non Itaca, mi trovo a ripetere spesso, da un pò di giorni in qua. Mi piaceranno le cose. Ho voglia di cose nuove, di tacchi vertigine e di rossetti di fuoco, di capelli lunghissimi, di Dublino, di Parigi, beh, quello sempre, di libri e libri e libri, come al solito, di scrivere tanto, forse di più, un libro? magari! mai dire di no. Ho voglia di bello, di ordine, fuori e dentro, di tranquillità, di cose semplici, voglio imparare a riciclare meglio, a schifare le borse di plastica che tutti si ostinano a volermi dare, ma io è un sacco che non le voglio più. Voglio imparare a cucire, ma non con l'ago e il filo, che quello, in grazia di Dio, sono capaci proprio tutti, no, con la macchina da cucire, è da un pò che c'ho il pallino e forse, magari, la mia vicina Cicolita potrebbe aiutarmi, alla bisogna, ecco, farei delle borse per la spesa, a fiori, a righe e a pois, che mi piacciono tanto. E poi e poi, ecco, vorrei riprendere a giocare bene a tennis, ma bene bene bene, non solo a buttare la pallina di là, che anche qui, sono capaci tutti. Ho voglia di nuovo e di chiaro, dei colori delle conchiglie, di bianco e di beige, e di luce, un sacco di luce, ho giusto in tasca delle stelle che ho conservato, sono un pò stropicciate, ma basta appiattirle un pochino con la mano, le stelle troppo stirate non sono belle a vedersi, perchè sembrano finte e non va bene, meglio queste, così sono più belle, vuol dire che le hai tenute tanto lì e le hai scaldate e sono diventate ancora più lucenti, stando nella tasca.


 A tutti coloro che hanno ancora tasche strabordanti di cose da fare e di pensieri e di sentimenti, di piccoli segreti e grandi amori, a tutti quelli che hanno voglia e bisogno e necessità di pensare che sarà un anno lucente di belle cose, a tutti quelli che vogliono, forsennatamente vogliono essere contenti di loro, che s'addormentano presto e sognano a colori, che si sorridono nelle vetrine, che hanno voglia e bisogno di ridere di gusto, qualche volta, beh, bell'anno davvero anche a chi  come me pensa che stirare le stelle no non si fa.

07 gennaio, 2011

Ciurlare nel manico.

O meglio, del non ciurlare nel manico. Che tradotto vuol dire non stare lì a cinquantarla. A menare il torrone. Insomma, v'è più d'un'interpretazione per la stessa espressione, o per espressioni similari. Un venerdì che sembra sabato, ma anche un pò lunedì, quel che non sembra di sicuro è appunto venerdì. Si fa pulizia. Non nel senso biblico del termine, ovvero sì, un pochino, ma si tenta di spazzare via tutto il superfluo, le cose che non servono, i cassetti ingombri, perfino le vecchie radiografie, quando mai mi serviranno più le fratture dei miei figlioli, una la tengo, non si sa mai, se non altro per vedere l'eclissi, ma per quella c'ho gli occhialini appositi, quelli del 1999, era giugno, credo o forse luglio, non ricordo, so solo che era estate e so anche dov'ero. Vabbè. Si è semi saccheggiata Feltrinelli, stamattina, finalmente un calendario, di Klimt, coloratissimo e un pò inquietante, ma almeno le decisioni che si prendono si scrivono lì e nessuno le sposta, che nessuno osi discuterle o chessoio. Nel frattempo, si studia un piano d'attacco per il mucchio delle cose da stirare, che faccio, inizio dai quadrati o dalle cose complicate? si ricacciano in fondo le lenzuola con l'elastico, a quelli ci penserà la donna a ore che avrà la bontà di concederci la sua presenza, e che piega le lenzuola con gli angoli con una grazia e precisione che mi fa un'invidia, ma un'invidia. CI sono due  libri che non vedo l'ora di iniziare, stamattina  a colazione ho comunicato al mio Sposo che non sono pronta per questo duemilaespingi, per tutta risposta mi ha illustrato la sua teoria sulla lettura dell'iride, che entro pochi anni spariranno password, codici e robe così, ma io sbadigliavo e tossicchiavo e anche sternutivo, coi calzettoni a righe e la tazza in mano, ma come, dico io, io son qui che rifletto su quel che farò tra un quarto d'ora e tu sei già lì, proiettato nell'universo? A ognuno il suo, la mia teoria di oggi è che non si ciurla nel manico, o almeno si cerca, non si trovano scuse, non si rimpallano le decisioni, non si sta lì con la faccia da aragosta, ma si prende e si và, dove non è chiaro, ma se non sai bene dove andare ci sono un sacco di strade che ti ci porteranno, lo sanno anche le aragoste. E poi, 'sta faccendo dell'iride, non  che proprio l'ho capita benebenebene. 

05 gennaio, 2011

Sniffo il Sidol.

Certo che si fa prima a mettere che a togliere. Nel senso che si fa prima a mettere stelle e lustrini, babbini e cuscinetti benauguranti, campanellini e altre amenità natalizie, che a tirarle via. Però, c'è da dire che senza la casa è più smart, più vuota ma più funzionale, ci si è liberati degli orpelli, il mio Sposo Illustre darà una festa, dacchè già l'h sentito più volte mormorare fra sè la storica frase E Anche Questo Natale ce Lo Siamo Tolto dai Eccetera. Oggi, appunto, infularmata nella dismissione dell'allure festaiola, lassù, nella Casa in Collina è preso secco a tutti di dare a mano. E si veda bene, non spostare una forchetta o svuotare la lavastoviglie, che quella è regola aurea, chi cucina non sparecchia, chi apparecchia non cucina, eccetera, ma proprio i lavori pesanti, sistemare librerie, cassetti farciti di ogni bendidio, smaltire collezioni di riviste, aggiustare lampade da tavolo e cose del genere. Direi che l'anno inizia bene, mi sono detta tra me, che faccio, per così dire i lavori di fino. Come lucidare la targhetta della porta, per esempio, quella del cognome, che è di ottone e scritta in corsivo. Lo so che è proprio un lavoro inutilissimo, ma qualcuno lo deve pur fare, e non ho più ancelle da ogni parte del globo terracqueo che se ne occupano al posto mio. Così, lucido. E lucido per bene, e mi inebrio di questo profumo di petrolio stantio che ha il Sidol, che mi fa lo stesso effetto di una vodka lemon, suppongo, che mi obnubila e mi ottunde, ammesso che io abbia mai assaggiato in vita mia una vodka lemon e devo dire di no, arrossendo, lo ben so che non son degna ma davvero, conosco solo il sapore di quella ai frutti di bosco, da quella volta che il mio figliolo soggiornante negli Stati Uniti non chiamava da giorni e io giù, me ne tracannai una tazzina colma fino all'orlo e ho riso e riso come una scema e l'ansia per il figliolo non chiamante sparì in meno di un secondo. Sniffo il Sidol perchè mi piace, così come la benzina e la Coccoina, che sì, confesso, annuso anche al supermercato, così come una volta fui vista a sniffare il lucido da scarpe, ma ero un'infanta, quassù nella Casa in Collina le scarpe mica si lucidano più, al massimo si prende un foglio di Scottex e lo si bagna sotto il rubinetto, compreso le scarpe inglesi stringate e preziose, ma noi che ce n'importa, mi sa che si devono riprendere simili abitudini, domani tutti a lucidare scarpe, con quegli scatolini tondi che si aprivano con quel marchingegno stupendo, sì sì, speriamo che ancora il lucido da scarpe abbia per quel profumo pungente di cera e di bosco bagnato, per intanto, mi accontento del Sidol. E mi organizzo con la vodka Lemon, come dicono i miei figli, Ci Sta.

04 gennaio, 2011

L'eclissi che non c'era.


Ero bell'e pronta a guardare sù, ben felice di partecipare a questa cosa dell'universo, imbucata ad una festa senza invito, eppure, ci potevano andare proprio tutti. Ma non l'ho vista, l'eclissi non la vedo, forse a quest'ora è anche già finita, troppe nuvole da queste parti, siamo a nord ovest, ieri il tiggì diceva che sarebbe stata più chiara a nord est, ho sbagliato parte, sono dalla parte sbagliata, niente eclissi. In stato semi confusionale, sarà colpa dell'eclissi, forse, o forse del fatto che in questa casa non c'è ancora il calendario, ed è stranissimo, perchè di solito lo compro a novembre, e invece stavolta no. I calendari di questa casa hanno sempre la stessa forma, sono quelli quadrati che vende Feltrinelli, e spesso sono di Doisneau, perchè mi piacciono le fotografie in bianco e nero e mi piace Parigi e mi piace Doisneau ma non Le Baiser all'Hotel de Ville, che ce l'avevo sopra al letto al posto del crocifisso nella mia prima casa da famiglia, quella sulla Piazza, a Torino. Mia madre invece, aveva un rosario gigante, con chicchi grandissimi di legno, ed era una consuetudine, mi sa, perchè quella volta, in terza elementare, che ho portato i compiti al la mia compagna con gli orecchioni, lei era nel lettone e anche lì ho visto lo stesso rosario gigante, si vede che era una trend dell'epoca. Questa casa non ha calendario e per sapere che giorno è conto sulle dita o guardo il telefono, e la cosa mi destabilizza, a me piace la carta, scrivere, gli inchiostri, le stilografiche, le penne che scrivono spesso, nel senso di avverbio di modo e non di tempo, ma anche di tempo, perchè io scrivo spesso, in tutti i sensi. Scrivevo e scrivevo anche a scuola e i miei diari facevano il giro dell'istituto, ce li ho ancora conservati di sotto, in scatole di cartone che proteggo a costo della vita, esagerata, in fondo era un blog anche quello, scrivo un pò dei fatti miei, che mi fa bene, a vederli scritti mi sembrano più morbidi, i fatti miei che non mi piacciono, ma anche quelli che mi piacciono, che discorsi, e scrivo e scrivo e dopo mi sento leggera e bene, e completa, non so come dire, ci ho provato tante volte ma questo proprio non lo so descrivere, la sensazione che mi dà, è un bicchiere di spremuta d'arancia, le vitamine, la tachipirina se hai la febbre che eri moribonda e dopo mezz'ora salti come un grillo.

Giorni fa mi hanno mandato una fotografia, di quelle che si facevano col rullino e che dovevi aspettare una settimana per vedere, proprio in questi giorni che la Kodachrome ha chiuso per sempre, che peccato, chissà se anche Paul Simon è dispiaciuto quanto me.
Questa foto è il mio cortile di ghiaia dove sono diventata un pò di quello che sono ora, la bambina che ho in braccio abitava a pochi passi da me, e me la sono coccolata un sacco, come una bambola, ma vera.
Ricordo perfettamente l'orologio della Prima Comunione, la gonnellina di jeans e le ciabattine di camoscio rosso coi buchini, che adoravo e che non mollavo mai nemmeno per scendere a giocare, le avevo trovate nella calza della Befana che appendevo alla maniglia della mia stanza perchè negli anni 70 i camini erano così fuori moda.
Quella bambina lì ha undici anni, era il 1974, e guardandola mi si è riempito il cuore di una cosa cui non so dare un nome, mi ha intenerito, non lo so, io non possiedo fotografie di quei giorni lontani e perfetti, perchè una volta mi si era allagata la cantina ed era andato tutto perso, per fortuna mia madre ha salvato il suo album di matrimonio, rettangolare, sottile di pelle verde.
Guardo quella bambina che è uguale a mia figlia, a mio figlio Pietro, a me, e quel cortile dove sono stata così bene, dove sono caduta in bicicletta e coi pattini a rotelle, pure, quelli che si allungavano per quando cambiavi numero, un pò scema a voler andare con le rotelle sulla ghiaia. 
No che non lo descrivere, non lo so dire, non so.

E' stato un bel regalo, Silvia. Molto più di quanto tu creda.

L'eclissi non c'era, scrivo e scrivo perchè mi fa bene, mi sa che oggi vado a comprare un calendario.






03 gennaio, 2011

Bisognerà.

Per capire da dove cominciare, bisognerà fare un piano. Stilare un programma di massima, dapprima, e uno di fino, successivamente. Bisognerà capire da dove cominciare, se dai fondamentali o dai secondari, se da sopra o da sotto, se di qui o di là. Bisognerà essere attenti, non sprecare troppe energie per cose che non meritano, non perdere tempo, non soffermarsi e passare oltre. Potrebbero sembrare affermazioni dette così per dire, ma sono applicabili a una quantità di situazioni, generiche o particolari, di ordine pratico o morale. Ciò detto, si inizia. Può essere pericolosissimo iniziare la mattina con riflessioni filosofiche di tale levatura, ma la colpa è della sveglia, che non suonando regala momenti di vero misticismo nel caldissimo del piumone, guardando fuori, la luce bianca diventare celeste, facendo un minimo di programmazione, non soltanto per la giornata, ma per il mese, l'anno intero, la vita, l'umanità tutta. L'onnipotenza spicciola me la sono bevuta stamattina con le vitamine, non ho nessunissima voglia di fare alcunchè, mi dichiaro ancora in vacanza secondo il calendario scolastico, mento a me stessa dicendo che non posso fare nulla perchè dormono ancora tutti, e così non spalanco le finestre e non inizio a girare come una trottola, le stanze di questa casa sono tutte occupate, amici e amici di amici soggiornano ai piani inferiori, la figliolanza ai piani superiori, nessun rumore s'ode, posso forse io incrinare tale perfetta beatitudine, tale ovattata magnificenza azionando il tasto del mio Fidanzato o facendo sbuffare il ferro da stiro? Giammai. Così mi balocco, avvoltolata alla bell'e meglio nella copertina della sera, quella che serve a guardare la tv, e leggo i giornali, immagino viaggi a Parigi, i saldi a Londra, un giro da Feltrinelli,  scrivo e cazzeggio, con licenza parlando, che il cazzeggio silente è la mia specialità olimpica, ho preparato la colazione che sparecchierò intorno alle 13, tolgo il Nesquick e metto il parmigiano, quando gli abitanti di questa casa si sveglieranno uno dopo l'altro e assonnati e bellissimi scenderanno o saliranno, quando davvero si dovrà cominciare la danza, quando davvero la giostra girerà e girerà secco, e allora sì che non ci saranno scuse, allora sì che dovrò schiodarmi da qua, allora sì, bisognerà.

01 gennaio, 2011

Bel gennaio che sei.

Perchè è meglio andare per gradi. Si comincia da un Bel Gennaio e poi, via, tutti gli altri mesi. Che bella calma del dopo festa, in questa prima mattina di gennaio. Ho spinto fuori con forza il duemiladieci, come nei cartoni animati, prima con le mani e poi di schiena, e ho sbattuto forte la porta dietro di lui, sfregandomi le mani a dire, ok, se n'è andato. Bel Gennaio, lo aspetto con un vestitino svolazzante e una collana di perle viola grosse come ciliegie, molti dormono ancora, i ragazzi rientreranno uno per volta, qualcuno girava la chiave nella toppa stamattina verso le 7, ho aperto un occhio soltanto per vedere che ora fosse e poi non ho resistito e sono scesa sotto ad abbracciarli, il Piccolo Ing. e la sua Bella. Ci sono ancora giorni di bella vacanza lassù, nella Casa in Collina, prima che il Bel Gennaio calmo e quieto diventi il gennaio rutilante e chiassoso di sempre. Saremo pronti. Saremo qui. Ma adesso, non ancora. Ci saranno ancora bei giorni di piccole feste, piccoli riti, tenti libri e tanti film e tante chiacchiere da questo divano che racconta delle storie, che ho scoperto essere le storie di tanti, tantissimi, a giudicare dalle cose belle che tanti, tantissimi hanno lasciato sula mia mail per questo Natale. E allora, inizio il Bel Gennaio con un Bel Grazie, vero e sentito, a tutti quelli che leggono e sanno, ascoltano e sanno, perchè sono tanti, tantissimi, vi conto e lo so, e siete tanti, tantissimi e qualche volta mi onora e qualche volta mi fa paura, ma so che la mia storia è molto simile alla vostra, so che la mia casa, il mio vivere, il mio sentire è molto simile al vostro, e il vostro al mio, e allora va bene, questo mi piace e mi fa bene e io scriverò e scriverò, perchè fa bene a me e forse fa bene anche a tanti, non so. Bel Gennaio che sei, con una mattina così, il mio vestito svolazzante e la mia collana fintissima, una pace silenziosa e una piccolissima felicità. piccolissima e costante, dentro di me. Così grazie, a tutti i clic che ci sono sulle Fragole, e tanti clic fanno una bella musica, e una bella musica fa un bel concerto, un concerto privato e personale, un Bel Concerto per un Bel Gennaio.
E un bel regalo, anche, una frase scritta a me, regalata a me e che regalo a voi, riciclo un regalo e lo so che non si fa, ma se il regalo è bello si fa eccome, e allora, eccola, il Buon Gennaio delle Fragole, comincia da qui.

"Buon anno, Fragole Infinite, o meglio, buon anno Laura, che questo 2011 porti a me, a te e a tante come noi ogni bene immaginabile"

31 dicembre, 2010

MMXI

Se i sogni parlano, tu lasciali parlare. E se i pensieri scappano, tu lasciali scappare. A fermarli ci si fa male, qualche volta, ci si sbucciano le ginocchia, ci si strappa la gonna, impigliata nelle spine. Cosa vuoi? Non so. Ho una penna  e un foglio di luce per scrivere le cose che vorrei. Per me, per gli altri, per la mia vita, per i giorni nuovi del calendario, per l'agenda che sa di colla, per questo giorno che sembra che cambi il mondo e invece non cambia proprio un bel niente, se ci pensi bene, tutto è uguale all'uguale, il prima è come il dopo, i pensieri sono gli stessi di ieri e di dopodomani. Cosa voglio. Faccio prima a dire quello che non voglio. Sono brava a fare le liste, le cose da fare, le cose da comprare, la letterina di Natale. Voglio le stesse persone intorno a me, gli stessi volti che amo, l'odore di questa casa, il suo disordine, i suoi rumori. I cuori che abitano accanto al mio, così vicini perchè  li possa sentire, perchè li possa toccare, perchè li amo più forte ogni giorno, più forte, sì, perchè di più non basta. Voglio tenere tutto com'è, non cambiare una virgola, voglio un sonaglino che mi faccia compagnia, voglio un talismano contro la cattiveria, una lampada da sfregare, la mappa del tesoro. Voglio il coraggio che mi manca, voglio la forza che non ho, voglio quello che mi è mancato, voglio il tempo, per ritrovare quello che ho perso, per perdere quello che mi fa male. Voglio me. Voglio tutti i colori del cielo, voglio un arcobaleno da tenere sul comodino, da guardare quando mi va. Voglio un quaderno a righe. E vorrei sapere tutte le cose che non so, vorrei tutte le risposte alle domande che ho chiuse dentro una scatola, insieme ai vetrini verdi della spiaggia, a un fiore seccato, insieme a chi non ha mai capito bene chi fossi veramente. Chi sono non lo so. Sono un teorema che non ha soluzione, sono un vaso incrinato, sono un tovagliolo del servizio bello, ma ho una macchia che non viene via. Sono un graffio sul pavimento, sono i passi sulla strada, sono il vento che soffia forte fra le persiane, la pioggia che canta, la neve che sorride, il sole che ascolta. Sono la luna. Sono i sogni che trovi a pezzi sotto il cuscino, sono i pensieri che non vuoi avere, ma i sogni parlano e i pensieri scappano e tu, lasciali parlare, lasciali scappare.

E' un anno nuovo quello che c'è.
A chi mi ha perso.
A chi dovrebbe sapere tutto e invece non sa niente.
A chi di me non gliene importa.

A chi amo.
A chi ama me.
Buon duemilaundici. 

30 dicembre, 2010

Come non detto.

Lassù, nella Casa in Collina, vigono regole auree che, se disattese, possono causare vere e proprie lotte interne, ribellioni, insurrezioni, boicottaggi, ammunitamenti e altre amenità. Ora, una di queste riguarda la stanza più bella di tutta la casa, quella che dà sul giardino e sulle colline, quella senza tende perchè sarebbe un sacrilegio, quella che è esattamente prospiciente la casetta del pettirosso Federico. Questa stanza è riservata al maggiore dei figlioli, il più alto in grado, come dicono loro, quello al momento fidanzato, quello che ivi risiede stabilmente e non sù e giù dai patri atenei. Un proverbio che invece non funziona lassù nella Casa in Collina, è L'Ozio è il Padre dei Vizi. Nossignore. Quassù l'ozio è il padre delle più aberranti e balzane idee, dei progetti più assurdi, delle imprese più titaniche, è vacanza, perchè non farlo? Già, perchè? Fin qui nulla da dire. Da dire c'è molto invece quando  viene richiesta con sorrisi da copertina e occhioni da Bambi, la mia collaborazione. Il progetto di oggi è infatti lo scambio di stanza di due dei miei figlioli. Un lavoro da nulla, e che sarà mai. Posso con certezza dire che sarà, eccome se sarà. Cavi e fili ovunque, polvere, libri ammonticchiati sulle scale, maglioni a mucchi, un traffico su e giù, sposta di qua, gira di là, imprecazioni da mercato all'alba, parole irripetibili. E io? Già, e io? Io sono stata promossa Direttore dei Lavori, e teoricamente potrei dirigere il tutto stando semisdraiata sulla chaise longue, Paolina Bonaparte del Corridoio, e dire soltanto Questo sì. Questo No. Pura fantascienza. I miei figlioli, creature celesti, ma subdoli e infingardi peggio della rucola, tentano in questo modo di affibbiarmi compiti ben più complicati, del tipo pulire gli armadi dentro, già che ci sono, o il mobile in alto, già che ci sono, e magari lavare i vetri, già che ci sono. Orrore. Io immaginavo questo penultimo giorno di questo schifido duemiladieci all'insegna dell'ozio natalizio, avevo giusto un cappellino da ultimare, ho una merinos fiammata, regalo suo,  su cui emette i primi vagiti un Traveling Woman   che è una delizia, ho libri da leggere, film da vedere, lo smalto, l'impacco di olio ai capelli, e poi, come dimenticare che è giovedì. Bene, a piano d'attacco si risponde con piano d'attacco. Farò finta di niente, imbucherò non vista il cappellino in essere nella borsa, uscirò alla chetichella urlando dietro di me Vado a Buttare La Plastica, e sparirò. Le mia Amiche mi aspettano per la short version dell'ultimo knit cafè dell'anno, posso mica perdermi un simile evento. I miei figlioli, grandi e grossi che sono, ben se la caveranno da soli nella transumanza da stanza a stanza. Al mio ritorno tutto sarà pulito e perfetto, le stanze scambiate, gli armadi a posto, nessuna traccia di libri e cose per le scale. Illusa? Chi lo sa. Io, già che ci sono, vado a buttare la plastica. E t'ho detto tutto.
Photo from: Wool & The Gang.

28 dicembre, 2010

Ode al Cazzeggio Natalizio.

Nulla di blasfemo, per carità. Ma le vacanze di Natale, oltre ad essere state inventate per chiudere le scuole, per spendere una barbarità in scemenze, per prendersi la tosse, per fare l'insalata russa e per litigare con i cognati, esse esistono per darsi al cazzeggio. E, si badi benissimo, in misura maggiore delle vacanze estive. Le Christmas Holidays sono la fiera della coccola, dello stare in casa che fuori fa un freddo becco, a festeggiare  le nozze della coperta col divano, l'occasione per leggere e leggere, per fare un bel nulla, per stare così. Le vacanze natalizie si compongono da sempre di riti ben collaudati, sempre rispettati e giammai rinnegati, si sta così bene a non fare niente, poche commissioni in città, dove è un pò diversa anche l'aria, e poi si si dedica con grande professionalità al Grande Nulla. Devo aver già detto che coi ragazzi tutti a casa, questa casa, appunto, diventa una specie di campus, dove ognuno fa quel che gli va, se vuol dormire fino a tardissimo o alzarsi all'alba, se vuol far pranzo o colazione che spesso gli orari degli uni poco combaciano con gli orari degli altri, se vuol star fuori a dormire, basta che mi avvisi. Si osserva tutto da una diversa prospettiva e con una diversa logica, si è più tolleranti, tranquilli, non so. Si guardano film, ma nemmeno tanti in realtà, si sta delle mezz'ore a far le sceme su FB, si chiacchiera ore al telefono con Betta che ride e ride e che quasi mai l'ho sentita così, si fa la conta, quanti saremo a cena? pochissimi, meglio mi sento, improvviserò. In realtà la casa ha un aspetto strano, ho sigillato con una lamina di alluminio pressofuso la porta della lavanderia, in modo che mi si obnubili con discrezione quanto in essa contenuto da lavare e da stirare, siamo arrivati in 6 con 6 valigie 6, la lavatrice, povera creatura, fa quello che può, ma più di tanto, signora mia, non è che può mettersi pure a stirare e già che c'è ritirare tutto negli armadi giusti, operazione che detesto con tutta l'anima, il cuore e il sentimento. Così, non vedo. E mi balocco con i fatti miei, scrivo e leggo e faccio tardi, che domani, se voglio dormo pure fino alle 10, o gironzolerò in pigiama, guardando fuori e rabbrividendo, immaginando fuori che freddo che fa, cucinerò qualcosa che inventerò al momento, leggerò se voglio, knitterò se voglio, riderò delle battute dei miei figli, assisterò il Sovrano nelle sue imprese di maintenance, ma senza grande impegno, son cose da uomini,  io di 'ste cose elettriche non tocco niente. Così, in questa immensità di cose da fare e la sottile soddisfazione di non farle per nulla, in questa sottilissimo piacere di disubbidire a qualcuno, di non decidere, lassù, nella casa in collina, le luci delle stelline che illuminano la cucina buia e  il gatto che dorme dentro al cestino, fanno di questi giorni i miei preferiti in assoluto, non le feste vere ma i giorni di mezzo, non quelli segnati in rosso ma quelli normali, non le Comandate ma le Improvvisate, non Itaca ma il viaggio. E che m'importa della lavanderia.

27 dicembre, 2010

Insciallah.

Perchè si fa presto a dire Eh già, il Deserto, ma il deserto, quello vero è proprio deserto, nel senso che proprio non c'è niente. E hai sabbia e cielo, e sabbia e sabbia, e cielo e sabbia e le ombre dei dromedari che ti accompagnano sono le sole cose che vedi, e ti dici Sono Proprio io Quella Lì, con quella forma lunga, nemmeno le ombre sono le stesse nel deserto, lo sai? E hai davanti niente e dietro niente, e di lato niente, ma quel niente è forse tutto, tutto quello che ti serve , la tua stessa vita, il tuo sentire. Le scorte di acqua sono nell'ultimo dromedario che chiude la nostra carovana, la tenda berbera che ci accoglierà per pranzo spunterà all'improvviso, laggiù, in mezzo al niente, all'infinito, all'eterno. Ho qui con me quel che mi serve per il mio viaggio  attraverso il mondo, ho i miei figli che scendono dalle dune con lo snowboard, ho imparato le stelle e le  favole berbere, che belli sono questi uomini disegnati, che sorrisi e che occhi profondi e saggi e così rispettosi e colti e sapienti, sanno le cose che si devono sapere in un posto come questo, mi chiamano madame e servono il thè con una maestria semplice di mille anni fa, che nemmeno so copiare, che non ho mai visto, che solo qui.
L'Erg Chebbi è tutt'intorno e anche dentro le mie scarpe, in tasca, è una sabbia così fine che non ho mai sentito e toccato, è sabbia ma sembra acqua per come scorre, per come scende, tra il rosso e il turchese tra sole e sabbia, e sabbia e sabbia.  Berremo thè alla menta seduti per terra, mangeremo omelette berbére che guai a chiamarla frittata, perchè si mangia con le mani e mai gesto mi è sembrato più naturale, più antico. Il tempo sembra non esserci, su queste dune, non sai se passa o se si ferma, non te ne accorgi, non sai, siamo in marcia da ore o da un minuto, non so.
Quello che so è che è stato così bello che nemmeno lo so dire, e che mi ha fatto migliore, ecco, questo lo so dire. E che strano Natale, e che splendido Natale, che mi fa dire quale altro Natale mai, quale altra esperienza mai potrà essere più piena di questa, più incredibile di questa, più perfetta di questa.
Sono in ritardo a dire Buon Natale, lo dico come l'hanno detto a me Joyeux Noel Madame, sorridendo, anche se non abbiamo lo stesso Dio. Il mio Natale è stato questo qui, colori e sabbia, couscous e incantatori di serpenti, la confusione di Marrakesh e la pace antica di Merzouga. Non lo leggeranno mai, non lo sapranno mai, ma quanto vorrei dire a tutti quelli che ho incontrato che hanno lasciato un segno in me così prezioso, così speciale, che è stato per me un vero, magnifico, indimenticabile regalo di Natale. Insciallah.

17 dicembre, 2010

Nooooooooooooooooooooooo!!!!

Alla fine, non li posso portare. Cioè, sì, in realtà potrei, ma mi hanno spiegato che se trovassi l'omino noioso, quello precisino e un pò tignoso potrebbe veramente farmi passare un brutto quarto d'ora. Riflessioni di fine sera, di un giorno rutilante, dove mi è stato comunicato con estrema chiarezza che i ferri circolari, quelli di legno, signora mia, non quelli dritti di alluminio che vende ancora la Sciura Pinuccia e che usava mia madre quando lavorava sulla seggiolina in giardino o in piedi col gomitolo infilato nella tasca del grembiule, io a volte ci knitto in piedi, c'ho anche una foto che mi ci ritrae, per dire, che mi hanno fatto a Manualmente il giorno del mio compleanno,io il grembiule non ce l'ho e alla fine ok, ho capito, i miei circolari di legno in aereo non ce li posso portare, e fine. E' vero, sono uguali a una matita, me l'ha detto anche Clarissa che lei c'ha l'abbonamento e sù e giù dagli USA, ma un bel niente, fine. In più, vorrei proprio capire chi è stata la sciagurata che ha detto tutta compita, Quest'anno Solo Regali Fatti Da Me, non spenderò un centesimo e bla e bla, la stessa sciagurata che ora si trova con delle cose da finire e non potere, perchè qui si è deciso di fare i bagagli e voilà, e di confusione coi pacchetti ne ho fatta abbastanza, ho scritto sbagliato i nomi, ho lasciato il prezzo sui guanti di gomma coi cuoricini che ho regalato alle mie amiche, e ho ragione di credere di aver confuso, scambiandolo con un altro, il pacchetto per Biancaneve, e vabbè, ne riceverà un altro. Ma tutto funziona a meraviglia lassù nella Casa in Collina, devo chiedere quanti coperti stasera, che qui fra cene di classe e di Natale e aperitivi che fanno da cene, e cori e zampogne e cammelli e ReMagi, non si sa mai bene quanti siamo, non lo sa nessuno, figurarsi se lo so io, che siamo tanti, finalmente tutti, è l'unica cosa che so, la più bella, alla fine, e allora, va bene tutto.

16 dicembre, 2010

Lovely Day.

Posso dire di farne una collezione, di lovely day, di giorni un pò speciali, come ieri, come oggi, come domani. Del gelo chissenefrega, mi piace in fondo, è un freddo bello che profuma di buono, di attesa, di cose belle. In casa e fuori. Ieri è già stata una festa, pacchetti e pacchettini, e baci e inchiostri e libri e lane preziose e profumi di ciliegia. E oggi, ancora, l'atteso ritorno del Figliolo da Londra, e poi il Christmas Knit, l'ultimo del 2010, e poi grande festa alla corte di Francia per il compleanno dell'Amica delle Perle, evento mondiale per il quale sono attesi personaggi di spicco del jet set internazionale, leggi, Paola da Milano, e non so se mi spiego. Si farà tardi, già lo so. Lassù, nella Casa in Collina, tutto è di un bel disordine rassicurante, ci sono cose ammonticchiate qua e là, posate lì un attimo, un secondo e le porto via, non sono stato io a metterle lì, non è roba mia, e altre risposte del genere. Chissenefrega, si disse Ella scavalcando il contenuto di una borsa da allenamento posata un attimo sul pavimento in attesa di essere portata in lavanderia. Fuori, gli alberi di bianco vestiti, và il bianco quest'inverno, il color burro, il mastice chiaro, il coloniale appena appena. Dentro, al canale 701 di Sky un'infilata di canzoni natalizie che posso mettere a tutto volume in assenza del mio Sposo Illustrissimo Che Adoriamo e Glorifichiamo, e che devo obnubilare ed ottundere al suo arrivo, pena l'annullamento della Sacra Rota, ma quale Sacra Rota se siamo sposati in Comune, non importa, già che ci siamo. Pochi giorni a Natale, ognuno faccia di questo giovedì un meraviglioso giovedì di semplici cose e di vetrine scintillanti, o di camini accesi e di parole buone, un giorno chiaro e gelato,  un bel giorno frizzante, al quale prepararsi con grande cura e sollùcchero, puro visibilio, cremosa felicità. E i macigni e le cose di tutti, ammonticchiate in un angolo, non sono stato io, non è roba mia. Funzionerà.

14 dicembre, 2010

A manciate.



Mi sono fatta prendere dall'estro, o forse nemmeno tanto, nel senso che sono tutti uguali, ma a fare le corse in serie ci si trova una specie di tranquillità, si collezionano delle belle sensazioni di una certa sicurezza, vedi? non devo nemmeno più contare, li faccio a memoria, so già esattamente quanti intrecci ci vogliono, e quandi punti e quanto filo per cucire. L'omino del mercato ha sbarrato gli occhi ieri mattina, Ma Cosa Se Ne Farà, ha pensato di sicuro quando ho comprato una manciata di cerchietti tutti uguali. Ne faccio questo, cerchietti glamour molto Prada, che però sono griffati FragoleInfinite, eggià che c'hanno pure l'etichetta, siamo draghi del marketing non ce lo scordiamo mai. La questione è che, nonostante ne produca in continuazione, per me non ne rimane nessuno, nel senso che si serve la Princi per i suoi pensierini natalizi, se ne serve l'amica che passa di qua,  ne hanno comprato uno persino da NY, non so se mi spiego, che si faranno un giro al Rockfeller Center con il mio cerchietto a trattenere i riccioli, e scusate se è poco. Fuori il sole lucente di un bel dicembre gelato, dentro una sorta di piccola gioia, boule de neige e babbinatale discreti, l'albero bianco e nero, le tende di stelle alle finestre. E pensieri arrotolati, impacchettati per bene, pensieri tranquilli appesi come palline, progetti famigliari che si compiranno tra un pò, tutti insieme fra qualche giorno. Nel frattempo, si preparano cose, c'è una festa giovedì e  alla fine, in questa calma accesa di quasi Natale forse riuscirò a salvare un cerchietto,  meglio nasconderlo. 

13 dicembre, 2010

Ci vediamo all'una? No, Mamma, Oggi Manifestazione Silenziosa, vogliono toglierci le due aule di chimica, non ho i libri con me. Nello zaino ho solo il diario, una penna e Siddharta. Il mio figliolo Liceale così inizia la sua settimana. E' alto alto, sottile sottile, i capelli lunghi che si rifiuta di tagliare, almeno fino a Natale, ma Natale è presto, dico io, portiamoci avanti. Mio figlio Liceale è bello come il sole dietro la collina, ombroso qualche volta, imperscrutabile, pensieroso, rivoluzionario come si può esserlo a 17 anni, quando il mondo è tuo ma non è come lo vorresti, quando hai i giorni più lucidi in mano e tutto ti sembra contrario, a volte lucente a volte da strappare con rabbia. I suoi occhi sono i miei alla sua età, che sono i miei di adesso, forse, ma io alla sua età ho avuto da comporre un dolore troppo grande, un cubo di Rubik che forse ancora non ho risolto, che mi sono rigirata anni e anni fra le mani, come si fa coi dolori che non vanno via, nessun dolore lo fa, ma almeno si può pensare di starci vicino, di tenerlo lì senza farsi schiacciare. Lui, il Liceale, è una miscela sapiente di forza e dolcezza, diverso dal Giurisprudente, ma sempre più simile a lui nelle espressioni, molto più vicino al Piccolo Ing., credo. Mi piace, il mio Figliolo, per questo suo modo un pò dandy di camminare ciondolando, di suonare canzoni tenerissime alla chitarra e poi spaccare i muri con la musica più assordante. Mi piace quando mi chiede Tuttapost? guardandomi di sottecchi, cercando di capire di che umore sono, quali pensieri e quali cose, mi piace perchè è cocciuto e adorabile, perchè fa le prediche a sua sorella, perchè ha coi suoi fratelli un rapporto così speciale che mi insegna, che mi compiace, che mi fa fiera. E poi, mi piace quel suo bacio veloce, la mattina prima di andare a scuola, il cuore ancora addormentato, i riccioli disordinati, i suoi anni freschi e tremendi chiusi tutti nel suo zaino con il diario, una penna e Siddharta.

12 dicembre, 2010

Le amiche che ho.

 Il privilegio. Quello di dire, veniamo lì, ci siete? Andiamo là, ci state? Ok, si va. Ci si organizza per tempo, figliolanza e coniugi, fate quel che volete, nel limite della decenza e della legalità, questo va puntualizzato sempre, non si sa mia. Noi si va. Ci si trova alla piazza della chiesa, io che sono la più vicina arrivo sempre per ultima, trafelata, ma non sono mica in ritardo, non lo sono mai, odio arrivare in ritardo, sono loro che sono arrivate prima. Così si va. Si va, missione fuori sede di knit e shopping, di chiacchiere e confessioni, di complicità assoluta, sanno quel che tu sai, sai quel che loro sanno già, non c'è bisogno di star tanto lì a cinquantarla, loro sanno come sei, tu sai bene come sono loro, sai che non c'è bisogno di filtri e di balle, e di complimenti, nè di fingere, tanto sarebbe inutile. Andare in giro con le mie amiche è sempre come andare in gita, nell'ultima fila del pullman, però, non nelle prime, dove stanno i professori, i secchioni e quelli che vomitano. E' come dire, ok, sono moglie e madre, e mi ben comporto e faccio quel che devo, ma ogni tanto, signori miei, io ritorno un pò disgraziata, un pò scellerata, un pò ragazza, non so, che rido così tanto che mi devo fermare e respirare, e se mi vedessero i miei figli, i figli di tutte,  scuoterebbero la testa, ma sorridendo, e i Legittimi Sposi essi pure. Che bel sabato di niente fare, improvvisato, che bello a quel tavolo coi trespoli, con lei e con lei, che se l'avessimo organizzata non veniva così bene, che bei momenti di cose semplici, che non tutti sanno che cos'è, che ci fa sentire senza regole, senza orari, libere e un pò incoscienti, ogni tanto non fa mica male, discorsi serissimi e cose irripetibili, a metà fra il salotto letterario e l'osteria. Che belle amiche che ho, che begli occhi puliti, che belle risate e che bei cuori, che bei viaggi in macchina senza smettere di parlare e saperti al sicuro, che bei giorni di festa insieme a loro, perfette, vicine, preziose, un privilegio.

09 dicembre, 2010

Le luci di dentro.

Allora? Sei felice? Sì che lo sono. Hai risposto troppo in fretta, così non vale. Ma sì che vale, invece. Ieri ero felice, stamattina non lo so. Bisogna pensarci un attimo, qual'è la risposta giusta, quella che ti viene subito o quella che ti viene dopo due minuti, o tre, o tre ore. La felicità e un'onda lunga, che non la sai mai bene fin quando non è passata e allora pensi che sì, allora sì, adesso mah, chissà. Stamattina devo ancora riflettere, rifletto lavandomi i denti, certo non è una bella immagine, come si fa a riflettere sputando nel lavandino, che roba è. Ho la casa tutta apparecchiata di luci e lucine e renne e babbini di vetro, Troppo, mi è stato detto ieri, e un pochino ne ho tolte, in effetti sembrava veramente la Fiera del Catringolo, ma il mio modo di metter cose di Natale è questo qua, le tiro fuori tutte, e poi sottraggo, levo, nascondo, e lascio solo quelle che stanno meglio, quelle che il fine gusto della Princi dice Ok, lei è più essenziale, io sono più casinara. CI si costruisce il proprio piccolo, personale addobbo di Natale, non quello che si vede, non i rami bianchi alle finestre, non le tende di stelline. Quello più intimo, quello in fondo all'anima, si allestisce un angolo dove dire, qui e adesso voglio godermi in pace questi giorni di festa, che sono un pò già cominciati ieri, il ponte dell'Immacolata ne è la prova generale, tra un pò Santa Lucia e poi via, riederà il Quasi Ing dal Regno Unito, stavolta per sempre, e tutto il resto sono pagine da inventare, sono tombole e film, sono libri e chiacchiere e arrosti e amici in visita. Che ognuno abbia nel giorni prossimi,  tempo perfetto per mettersi un piccolo festone, una lucina non troppo sfacciata, un abito rosso e qualche lustrino, al cuore però, con le solite raccomandazioni che si fanno nei giorni di festa. Non essere troppo esigente, mio cuore, non fare la lagna, non piagnucolare, non lamentarti, ma fai il tuo mestiere, ama e basta, che in fondo è quello che sai fare meglio, non importa chi e non importa come, e che le luci di fuori arrivino fino di dentro, a rischiarare, a illuminare, il buio non sa dove stare in giorni così, e se ne andrà brontolando, da qui in poi il calore, le cose semplici che sai, la bellezza e la quiete, sei felice? ti chiederanno, Mi Sembra di Sì, risponderai.

08 dicembre, 2010

Christmas Mood.

Cominci da qui. Dalle candeline piccole messe in tavola in pieno giorno, come fa la mia amica Netta, ma lei è finlandese e ha sempre candele e cose belle in giro per casa tutto l'anno, a Natale poi è un vero trionfo. Ho cominciato così, se deve essere Natale che sia, ho iniziato tardi a fare regali, avevo detto che avrei fatto tutto io, non avrei speso un solo centesimo in palloccate da regalare, ci avrei messo del mio, e infatti. Chissà se ci riesco ma intanto, c'è l'intenzione. Oggi lassù, nella Casa in Collina si farà l'albero zen, non si sa bene cosa ci si attaccherà, se poco o molto, ma alla fine so bene che quella che dovrebbe essere una roba di famiglia, sarà mia e mia soltanto, nessuno qui si offre di aiutarmi, il mio Sposo preferirebbe farsi togliere il dente del giudizio, offrirsi  in mille altri aiuti casalinghi, che so, riparare il tetto, smontare la caldaia, imbiancare il soffitto, pur di non essere coinvolto con palle e lucine. Coi figlioli non è che vada meglio, il Giurisprudente s'è dato alla macchia, il Liceale mi ha sorriso e detto Ma Mamma, e pure la Princi, Ok, Mà, Dimmi Quando Sei Pronta. Ma come pronta, pronta lo son già da ora. La pratica Fare L'Albero inizia già scendendo le scale per andare di sotto e aprire le scatole impolverate, e tirar fuori le cose avvolte coi giornali con le date di gennaio, ci faccio caso ogni volta, è lì che capisco che è proprio passato un anno. E poi, non è solo l'albero, ma anche le cose alla porta e alle finestre e i cuscini, e il pugitopo. Fatto sta che oggi in Modalità Christmas ci sono in pieno, celebro a modo mio la solenne festa dell'Immacolata, magari domani mi sarà già passata, ma almeno avrò anch'io qualcosa che sa di festa, di bello e lucente, essenziale o barocco, natalizio, purchessia.

07 dicembre, 2010

Undecided.

La luce stamattina qualcuno se l'è mangiata, l'ha mescolata al latte e l'ha mandata giù, sotterrata nel giardino, chiusa dentro a un cassetto che si apre a fatica, che hai perso la chiave, che devi aprire quello di sotto per aprire quello di sopra, ne avevo uno così in camera mia, quante case fa non mi ricordo. E' martedì ma è come se fosse sabato, non so se far finta di niente o dichiarare festa, non so se ignorare che sia l'Immacolata o spargere per casa tutti i ninnoli natalizi, i babbinatale luminosi, il candelabro con gli alberini, candele ne ho già una tonnellata. Non saprei. Se desiderare di essere alla Scala questa sera, con un vestito rosso rubino e i tacchi, o se di qua dalle transenne, in piumino e sneakers. Non saprei. Se farmi una doccia gelata o un bagno lunghissimo e bollente, di quelli che ti fanno girare la testa e ti stordiscono anche un pochino. Non saprei. Se barricarmi in casa per due lunghissimi giorni, o uscire nel mondo a scintillarmi di vetrine, invitare, cucinare o scongelare, leggere o fare il broccolo davanti alla Tv, con un film già visto, è meno impegnativo, non devi stare molto attenta, tanto, sai già come va a finire. Non saprei. Niente so. Stamattina nemmeno sapevo se mettere in funzione il cervello o no, guidavo piano nel gelo, ho portato dei figlioli svogliati quanto me,  e poi spalancato le finestre come fosse di maggio, e scosso fuori le coperte e sprimacciato i cuscini, come le contadine sull'aia, per scacciare la notte, il buio  e i pensieri appiccicosi, che restano impigliati nei capelli come chewing gum, che non c'è modo di toglierla se non tagliarli. La mattina del sette dicembre non sarà ricordata per un bel nulla, se non che ho fatto il pane di segale invece che ai cereali, e che mi piacerebbe adesso chiudere gli occhi e riaprirli a New York, o a Londra da Selfridges, ed essere compunta e felice sulle scale mobili che mi portano fino in cima e poi fare un piano alla volta e fermarmi dove mi va, ma a pensarci bene ci sarebbe un sacco di gente e di gente e folla e confusione non ne ho voglia, se ne ho bisogno basta farmi un giro sul corso dopo le 5, stasera che domani è festa, e che è martedì ma è come se fosse sabato, di me non so nulla, non comprendo, non metto a fuoco, il vetrino del microscopio si è appannato, ok, vada per la doccia gelata,  male non mi farà. Forse.

05 dicembre, 2010

Nel bosco.

Mia figlia è di là che ride nel telefono. Prima cantava.
Mi è difficile pensare ad altro, stasera.
Ho sperato, in questi giorni, seguivo i tigì, volevo sapere, ho pregato,anche, no che non mi vergogno.
La cercano nel bosco.
Nevica pianissimo, non è vero, nevica forte ma è neve piccina, non sono fiocchi ma briciole, non sembra nemmeno neve se non guardi per terra e dici, ah già, guarda che nevica.
Mia figlia ha mille braccialetti, gli occhi belli, ha il gatto accoccolato sul letto, è già in pigiama.
Mia figlia ha 13 anni.
Come lei, che cercano nel bosco, e nel bosco è buio sempre, figuriamoci di sera.
Mia figlia vuole farsi un altro buco alle orecchie, tagliarsi i capelli così, mette le mie collane, il mio profumo, non le piace la storia, sa le canzoni dei Beatles.
Il dolore non si immagina, se ci provo è un masso che si stacca dalla montagna e che mi schiaccia, un buco nero che mi inghiotte, un burrone dove precipito senza fermarmi, rimbalzando sulle rocce.
Il dolore non si compara, non si divide, penso a quella mamma e mi guardo, guardo mia figlia e non finisco il pensiero, non ho coraggio  e non ho sentimento.
Nel bosco, stasera, fa che faccia meno freddo e che la neve sia tiepida, là dove cadrà.

Come, un negozio?

In verità me lo ero sempre immaginato così, un posto. Un posto per fare cosa. Un posto per la sede del Cuore, per esempio, e mi sembrava di esserci quasi arrivata dopo una serie lunghissima di trattative e incontri e progetti  e perdite  di tempo, che ho scomodato architetti e ingegneri e fabbri e idraulici che mi hanno fatto tutti i disegni  aggratis, ma poi, quelle che si fanno chiamare Autorità Locali di questa cippa, signooooooora!, hanno cambiato idea e allora addio alla sede. Ma non me ne frega, io vado avanti per altre strade, dovessi mettersi un centinaio di anni. Però ho tutto in mente così chiaro, così perfetto, così assolutamente come dovrebbe essere. Le pareti sono bianche, una di loro ha una tappezzeria a  pois, e bianco è il pavimento a lunghi listoni di legno, e i mobili sono tutti un recupero, ci sono credenze bianche e vecchi comò, poltroncine a fiori, cuscini ricamati. Il tavolo è lunghissimo, viene da una vecchia merceria, e ha un ripiano di sotto pieno zeppo di cestini, pieni zeppi di nastrini, di gomitoli, di carta a fiorellini, e vasi di vetro pieni zeppi di bottoni e bottoncini. E sedie e divani un pò lisi,  e vecchi tappeti, e ovunque teiere e tazze da thè, ce ne fosse una uguale all'altra, ma vanno bene uguale, perchè noi qui il thè ce lo facciamo ma ben sul serio, quando vengono tutte quelle di Torino e di Milano, che è sempre una festa, poi. 


Un negozio dove vendere, per un pò, mica per sempre, delle cose carine, fatte da me, dove ci si possa ammazzare di chiacchiere e magari trovi posto un camino, anche dei libri, perchè no.
Ecco.
Quello che ho fatto qui, in questa domenica, è stato proprio questo. Ho arredato questo negozio, ho messo persino il cestino di legno, quello con le ruote, ho portato un thè arancia e cioccolato che ho comprato a Roma alla BiblioTea con Betta. Ci ho messo le ultime cose che ho fatto, qualcun'altra la sto ancora facendo. 
Non so bene perchè l'ho fatto, mi piaceva l'idea che qualcuno passasse a trovarmi, coraggio, ci sono delle sedie laggiù, fuori fa un freddo becco ed è per questo che ho messo l'acqua sul fuoco. Quante tazze?

04 dicembre, 2010

Il sole a dicembre.

Aprì gli occhi. Inizia così uno dei mie libri preferiti in assoluto, che avrò letto una trentina di volte, in italiano e in francese, che posso dirne dei pezzi a memoria, anche, che ho fatto leggere a un sacco di amiche, che ho regalato tanto, setacciando i mercatini dei libri usati, anche quelli del lungo Senna, e che poi ultimamente ho trovato su Ebay, edizione 1965. Ho aperto gli occhi stamattina e mi sono innamorata di questo sole immobile, insperato, che riluccica la neve dei campi, la brina sui rami, persino l'aria. E' tornato il pettirosso a VillaVIllacolle, stamattina si discuteva se fosse Federico II, III o quindicesimo, certo è che quando arriva è quasi festa, quasi vacanza, certamente quasi Natale, anche se mancano un sacco di giorni e a tratti se ne ha voglia e a tratti no, a tratti si dice, Bleah, Natale, e subito dopo si pensa a come fare a rendere natalizio il davanzale, gli addobbi si fanno nel week end dell'Immacolata, ci siamo quasi, no? Aprì gli occhi. Mi sono stropicciata fin troppo nei giorni indietro, oggi avrei solo da stirarmi e stare bene, appiattirmi per bene, lucidarmi un pò, farmi brillare, sberluccicare da questa neve preziosa, sì, ce n'e ancora perchè è ghiaccia, e fa rumore se ci cammini sopra, ci affondi poco, puoi scegliere se farne di nuove o se ripercorrere le orme sul sentiero, quelle  di ieri e di ieri l'altro, puoi indovinare ancora quelle della lepre, era una lepre, giuro, non era un coniglio, perchè correva zigzagando e aveva le orecchie molto più lunghe. Aprì gli occhi. Oggi nessun programma scritto sulla lavagna della cucina, coi gessi colorati dell'IKEA, ho voglia di leggere e di leggere, e ancora di leggere, scelgo un posto accanto al camino e mi ci fiondo, mi sotterro di pagine e capitoli, libri a manciate, me ne metto accanto due o tre e ne leggo un pezzo di uno e un pezzo di un altro, intermittente, come le lucine di Natale che dovrei mettere alle finestre. Ma se apro gli occhi, fuori c'è un sole invitante e sfacciato, che mi dice, vieni, vieni a correre con me, vieni a sentire che aria pungente e profumata di pulito, vieni a respirare il freddo e scuotiti di dosso tutti gli stropicciamenti e i magoni e le menate, anche, ma quali libri, ma quale camino, fuori è un mix perfetto di gelo immobile e di energia, di brillamenti e di bellezza, per i libri tempo ce n'è, sarà buio presto, do retta a questo sole e a quest'aria libera, anche se qualcosa mi dice che del sole a dicembre sarebbe meglio non fidarsi. Ma chi se ne frega.

Hai inventato delle parole, lo sai, sì?
sì, lo so, ma ci stavano bene.
massì, hai ragione, a rileggere, ci stanno bene.
ecco, appunto.

03 dicembre, 2010

Stropicciata.

Che non è proprio stare male male. Conosco bene, quando si sta male male, detto due volte, che una sola non basta. Ecco, no, non sto male. Stropicciata, sì, appallottolata, hai sbagliato e strappi il foglio e ne fai una palla e lo butti lontano. Ho i vetri sporchi, a guardar fuori si vede benissimo, ma non è stagione di lavare i vetri, se ce n'è una, chi viene a vedere se son sporchi da fuori, se piove e nevica è tempo sprecato, lavoro sprecato. Ieri ho camminato così tanto che mi faceva male la testa, ho fatto un calcolo sulla cartina, sembrano 8 km o giù di lì, magari sono molti di meno ma ci ho messo più di un'ora ad arrivare da lei da casa di mia madre, nel viali, sul corso senza nemmeno guardare le vetrine, non ci sono vetrine in quella parte di città, sono case e palazzi e scuole occupate, Picchetto al Santorre, me la ricordo bene questa scritta, ci passavo davanti con l'autobus e c'è stata un sacco di anni, prima che la cancellasse una mano i vernice. Ho camminato e camminato, lo faccio sempre quando voglio trovare qualcosa che non so, quando mi sento un pò persa, quando tutto gira al contrario di come deve, di come sa, da sotto in sù, da sinistra a destra, a rovescio, quando si inceppa come la cerniera del vestito nero, o del Moncler, mi ci rimane sempre in mezzo la sciarpa. Io odio le cerniere, mi dà noia il loro incastro, tutti i dentini in fila, insignificanti se presi uno ad uno,  la loro precisione millimetrica, che basta un niente e non sale o non scende, possiedo solo pantaloni con la cerniera di fianco, così non le vedo, faccio uno sforzo per le felpe che ce l'hanno davanti, odio di cuore quelle doppie, che si aprono anche da sotto. Non so cucire le cerniere, non le so attaccarle negli astucci che faccio alla Princi, le dò a Noemi che cuce così bene, io nemmeno mi ci metto. Il mio odio per le cerniere, anche a vederle, dovrà essere esaminato da uno bravo, ma scatterebbe il ricovero immediato se raccontassi che cammino nel gelo fino a quando il gelo non lo sento nemmeno più, che le cerniere mi danno angoscia e mi fanno diventare cattiva,  e che ci sono giorni come questo che mi sento appallottolata come un foglio sbagliato, strappato e accartocciato, lanciato verso il cestino e caduto di fuori, perchè chi l'ha buttato non aveva nemmeno tanta mira.

01 dicembre, 2010

Soffice.

Che bella sera, ieri sera. Sono stata a una festa. Cioè, non proprio una festa vera, con le tartine e la musica e i bicchieri. DI chiacchiere sì, che ce ne sono state, saltellando da Facebook al sito, con la radio accesa sulla RAI, perchè se lancio deve essere che lo sia davvero e sul serio, con mazzi e contromazzi, mi aiuti a dire. Stamattina mi sento proprio come dopo una festa, dove hai bevuto un pò di più e la testa un pò ti ronza, e pensi ancora a ieri sera, agli stati d'animo, ma quante storie, non esageriamo, no che non esagero, è stato proprio così, anche se la festa era virtuale, anche se eravamo tutte in pigiama, fino alla 1, anche se qualcuna a un certo punto diceva, Scusate, io Proprio Non Ce La Faccio e Vado a Dormire, anche se eravamo insieme, sì, ma ognuna a casa propria, sul proprio divano, Mirella si è portata il pc nel letto e si sforzava di tenere gli occhi aperti, per aspettare la creatura, Cristiana ed io giù di sms, Emma sparita dal radar ma ritrovata poi, a pochi minuti alla mezzanotte. Le mie Amiche di qui, dormienti, mi sa, ma presentissime oggi, son sicura, a commentare, dire, chiedere. Piccole cose. Piccolissime cose semplici, siamo donne fatte, madri di famiglia e che famiglie, complicate, numerose, impegnative. Ci prendiamo dei piccoli momenti, piccolissimi svaghi un pò da ridere, le vite di ognuno son così voluminose e ruvide, qualche volta, le lisciamo un pò, le stiriamo un pò, a divertirsi in fondo basta pochissimo. E' soffice di fuori, la neve sul pratino, sui rami secchi, quando fa spessore sui rami vuol dire che ce n'è un bel pò, che artista la neve, che trasforma un ramo secco in un miracolo di architettura, in bellezza candida, in bianchissima virtù. E' soffice qui dentro, oggi niente scuola, questa è la regola, nevica e nevica così tanto che è un gran regalo farsi ipnotizzare alla finestra, scommettere quanta ce n'è e quanta ne verrà, programmare una passeggiata nel bianco di fuori, ma più tardi, quando farà meno freddo, quando anche i bambini dei vicini usciranno col bob e giù a rotta di collo dalla discesa, forse ci si spingerà fino allo stradone, al negozio del Tutto, a comprare le arance, che non serve niente in casa, ma facciamo finta. Soffice, il primo dicembre, star male sarebbe un sacrilegio, si cambiano idee e prospettive, tutto acquista una nuova forma, cambiano i filtri e le convinzioni, se c'è la neve, un colore nuovo, luminoso e che brilla, color della neve e come la neve, soffice.

30 novembre, 2010

Vado avanti e indietro.

 
Così diceva il Liceale, anni tre più o meno, quando si annoiava, magari con la febbre, o i puntini del morbillo. Io, al contrario. Vado avanti e indietro quando sono agitata. C'è fermento. C'è casino. Un bellissimo casino. Stasera esce finalmente quel librino cui si lavora da un pò, che ha intasato le nostre mail, versione 001 fino alla versione 007, che mi sembra un bel numero, alla fine. Quel librino che è venuto fuori così, facciamolo, dai, ognuno mette del suo, come al solito, come sempre. C'è fermento. C'è casino. Notizie che rimbalzano sui blog, su Facebook, di qui e di là. Non ci si telefona perchè nemmeno si ha il tempo. Non si conclude un bel nulla di nulla, ho il blackberry in tasca e vado avanti e indietro, mi sono fatta la coda dieci volte almeno, perso gli occhiali, aperto la finestra, guardato giù. disfatta la coda, trovati gli occhiali, fatto cose a spizzichi, tolta il maglione, rimesso il maglione, controllato le mail, svuotato la lavastoviglie, acceso la radio, rifatta la coda, riperso gli occhiali. Il delirio. sono piccole cose, invenzioni di piccolo conto, eventi che ci fanno passare un pò da storneggiate, Tutto Questo Per Un Librino? Sì, che male c'è. Se c' la passione, se c'è la voglia di fare le cose, se c'è l'energia, anche, se c'è questa squadra perfetta che lavora così bene, che nessuno dice mai Non Si Fa Così Ma Cosà. Felice che sono questa mattina, felice e infularmata, confusionaria, agitatissima, contenta  di quei racconti che ho inventato, di quelle storie, che se guardo la bozza non ci cambierei una virgola che è una. C'è fermento, c'è animosità, c'è ansia di quella buona. E quella buona si sa, tiene lontano quella che t'ammazza, quella che ti schiaccia per terra come le foglie putride mischiate alla neve mezza sciolta, al fango e al bagnato. Oggi, volo leggera verso la festa, volteggio, contenta di me e di questo librino, delle Amiche che con me lo hanno scritto, di quelle che  fanno la ola da qui,e anche da là e da là,  degli abitanti di questa casa fintamente distratti ma fierissimi, contenta di loro sì, perchè niente sarebbe se, niente sarei se. 

29 novembre, 2010

Stasera. Anzi, domani.

Che fai stasera?
Perchè?
Così, tanto per chiedere.
Stasera? Vediamo...ah sì.
Ah sì che cosa?
Stasera c'ho da fare.
Cosa?
Perchè vuoi saperlo?
No, volevo capire meglio tutta stà storia del T.R.U.S, sono tutti infularmati, ma nessuno sa nulla.
Bella storia, eh?
Già. Ma che cos'è?
Una cosa che esce domani a mezzanotte.
Ah. E si chiama?
T.R.U.S.
E che roba è?
T.R.U.S è un evento mondiale.
Esagerata.
Beh, facciamo italiano
Esagerata 2 la vendetta.
Allora facciamo che è un evento tra noi e non se ne parli più.
Così va meglio.
C'era un gioco, bisognava indovinare cosa voleva dire T.R.U.S.
E l'hanno indovinato?
No, ancora no.
E quindi?
E quindi che?
Chi ha vinto?
Nessuno.
E che gioco è se non vince nessuno?
Ma non vinceva niente, in effetti. Stasera si scoprirà tutto, ma per averlo bisognerà aspettare la mezzanotte di domani, 30 novembre, che praticamente è già il Primo Dicembre.
Non comprendo.
Sei di coccio, allora.
Forse.
Stasera se ne parlerà, domani si avrà.
Sembra una cosa bella.
Non sembra, la è.
E un altro indizio?
A cosa serve, stasera saprai tutto.
E come farò a saperlo?

Ah, ecco.

26 novembre, 2010

Il talismano.

Voglio un talismano. Voglio un ciondolo, un bracciale, che quello rosso che mi ha regalato la signorina Crubellier , quella volta al ghetto di Roma, si è sfilacciato, ed è rimasto solo l'argento e non è che abbia funzionato granchè, devo chiederle del suo, mi aveva detto di averlo perso e ricomprato, chissà. Voglio un talismano, da tenere in tasca, da portare con me, toccare quando mi serve, da usare quando non trovo il senso, la quota e la ragione, perchè non sento, non conto e anche a ragionare si fa fatica. Voglio un talismano, non so se esiste nemmeno quello che fa per me, non ci capisco niente, io, di queste cose esoteriche non tocco niente. Però sarebbe bello affidarcisi, posso provarci, lo vedi? ho il mio talismano, posso andare dovunque con questo, e mai mi sentirò fuori posto, mai mi sentirò inadatta, mai mi sentirò inconcludente, malinconica, vuota come una canna d'organo, così dicono al mio paese, mai mi vedrò questa espressione da tartaruga, c'hai fatto caso? gli occhi delle tartarughe sono come quelle dei serpenti, fissi, senza espressioni, se non camminasse sembrerebbe già stecchita, ha 'sta faccia da scema, la tartaruga, mai che sorrida, mai che dica, che so,  Ehi! oppure, Come Va? Niente. Oggi ho una faccia da limone, più che tartaruga, verdina, allora che limone è, da limone acerbo, và, ecco. Questo limone acerbo oggi non ha concluso un nulla che sia nulla, ha cucinato in maniera compulsiva, primosecondocontorno per scoprire che nessuno e dico nessuno dei figlioli allieterà il tavolo della cucina, stasera. Va bene, sarà il pranzo di domani, abbelli! Gira così, gira che non gira, gira che non va così bene come dovrebbe andare, gira che a volte scivolo, che a volte non mi attacco al corrimano delle scale, e cado giù, bell'e distesa, gira che non so nemmeno dov'è la maniglia del paracadute e mi sfracello, gira che nuoto per ore e ore e poi mi volto e non vedo più la spiaggia, ma come, era lì. Voglio un talismano per non sentirmi a pezzi, e nel caso, per saper raccoglierli con la scopina e la paletta, quella fatta a Principe e Principessa, che sta nell'angolo della cucina. Voglio un talismano, per non sentirmi girare, per non sentirmi in mezzo al mare e  alla burrasca, voglio l'Ignatia Amara per non avere l'ansia, voglio una cartina che mi dica dov'è che mi son persa, dov'è che arriverò, dov'è che sono andata, dov'è che mi ritroverò, cuore di niente, cuor di meringa sbriciolata, di cristallo sbeccato, cuore di sasso, cuore d'argento annerito, cuore di coccio che nemmeno le sa leggere, le cartine.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...