Senza soluzione di continuità, senza continuità e anche senza soluzione. Entro ed esco, prendo e poso, faccio e disfo, intermittente, come le luci difettose delle insegne dei motel, nei film americani. Mi accendo e mi spengo, così, senza un motivo, senza una ragione, mi sento in cielo e sottoterra in un secondo netto, mi succede ogni tanto, quando il cielo mi schiaccia, lo stesso cielo dove volavo un secondo fa, salgo e scendo, senza strade o sentieri, mi ci trovo e basta, ho un sorriso luminoso e un attimo dopo ho la faccia del passaporto, la faccia da dissidente, da rifugiata politica, da scema. Esco, apparecchiata che manco ai Golden Globe e il giorno dopo sono sciatta e confusa, disordinata, storta, impacciata, Ugg e pigiama, capelli elettrici e la solita faccia da scema. La fortuna è che non c'è un giorno che sia uguale all'altro, la sfiga è che non sai mai, quando apri gli occhi, che giorno ti tocca vivere, a quale giro stiamo, come sarai, e ci vuole poco a capirlo, un minuto, forse meno. Non si chiamano sbalzi d'umore, io sono sempre io, ma è il mood che cambia, la percezione del sè, come dicono quelli che parlano bene, il sentimento, la ragione non c'entra, credo, io che di ragione non ho granchè, io, giri di giostra da far girar la testa, il pianto e il riso, la Torino-Milano e le curve dello Stelvio, la nausea e l'euforia, il nulla, il complicato, la quiete e l'angoscia, che sono due vetri della stessa finestra, dipende ben da che parte vuoi guardare. Cammino a tentoni, radente il muro, tasto per cercare un interruttore che accenda un giorno così, una stanza così, una strada così, e mi sento onnipotente a pensare che sarò io a decidere come sarà quest'oggi, ma onnipotente dove e come e in quale film, se non sai niente, se non sei niente e che non c'è l'interruttore o forse sì, ma prima devi trovare il contatore, è da lì che l'han staccata.
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