
Prove tecniche di trasmissione. Non riesco a pubblicare...
Che succede?
Dopo la festa. Dopo i parenti. Dopo i confetti, le violette e l'emozione. Quella, tanta. A vederlo, impettito, emozionato, la camicia bianca e il maglione blù, i pantaloni da grande, i capelli arruffati, sorride, e si gira , ogni tanto, a guardarmi in Chiesa, come a dirmi, siete lì, vero? Così grande, di già, e ancora così piccolo,per piacere. La Messa, i lacrimoni, i miei, ovvio, e tutti i suoi fratelli in fila nel banco, accanto al padre, anche loro che più belli di così non si può proprio fare, che sembrano ritagliati via da un film, anche la piccola, composta, fiera,la gonna blù e il cerchietto con le roselline. Commossa, come me. E poi la festa, semplice, senza foto in posa e tanto chiasso, il sole delle colline sorride lì vicino, la mia famiglia, per una volta, tutta lì, le zie lontane, la cognata nuova, gli amici della vita. Bello. Abbiamo fatto tardi chiacchierando, dopo, a casa, scartando i regali, la parte più bella delle feste è quando se ne vanno quasi tutti, si resta lì a fare i pettegoli, bonariamente, per carità. Lui, felice. Di questo giorno tutto per lui, di aver riunito tutti, Che Bello Mamma Avere i Parenti, di aver fatto un passo così grande, da grande. E io, felice per lui. Felice della festa, e anche di questa torta alle nocciole, semplice e un pò demodè, senza omini di plastica piantati sopra. Normale. E' stato tutto perfetto. Da dire, altro non c'è.
Il Grande Giorno. Quello per cui ho ricamato in maniera compulsiva, quello per cui ho insegnato preghiere, comprato violette e scelto confetti all'arancia. Ho fatto tutto da sola. E devo dire che, finora, sono soddisfatta del risultato. Ho messo calle e margherite candide un pò dovunque, ritagliato i segnaposto sul cartoncino e sagomati con un aggeggio che fa deliziosi ghirigori. Il tutto ieri sera, ovvio. Sarà una cosa semplice, la mia famiglia, pochissimi i parenti, gli amici più cari, quelli di sempre, quelli che hanno visto i miei figli crescere, quelli delle vacanze e dei viaggi, quelli che ho chiamato piangendo quando è stato il momento, quelli delle cene di Santa Lucia, quelli che al telefono sanno come stai appena dici Pronto, quelli dei progetti. Loro, insomma. La cerimonia sarà breve, i bambini non sono molti e la chiesa è piccolina. L'Infante è un pò agitato, dubbioso sulla camicia candida ma loro, si sa, alla voce Abbigliamento conoscono solo due voci, jeans e felpa, e fargli digerire una camicia e un maglioncino blu ho avuto il mio bel daffare. Ma si è arreso, docile e bellissimo, ottenendo in cambio di non tagliarsi i capelli. Su qualcosa, dovevo pur cedere.
Beh, un pochino pena, la fa. Un'altra, temo l'ultima, mirabolante avventura di Ricucci Stefano da Zagarolo occupa le pagine dei giornali in questi giorni. Il Nostro, col suo faccione vagamente somigliante ad una forma di Certosino, la cravatta smilza, la camicia sempre immacolata con gemello annesso, il capello fluente stile Gianni Togni quando guardava il mondo da un oblò, si dice in giro che, nelle sue prime notti a Regina Coeli, pianga. Umanamente mi fa tenerezza. Credo che, seriamente, per un attimo, il carcere sia un'esperienza davvero tragica, per chiunque. Fine. Ma mi è capitato di sentire una delle migliaia di intercettazioni telefoniche dove, con un accento vagamente francese, leggi, coatto, raccontava che, inutile spiegare alla sua statuaria mogliettina, Falchi Anna da Tampere misto Romagna, il guaio che egli stava combinando, tanto lei Nun Le Capisce Stè Cose. Già, ma capisce ben altro. Capisce uno yachtino niente male a Porto Ercole, capisce un matrimonione fatto apposta per far sguazzare Silvana Giacobini, capisce il villone ex Feltrinelli. Ma una domanda sorge, fra le mille. Lei, Falchi Anna in Silicone, farà la coda in parlatorio con gli altri parenti, in attesa di incontrare Mister FacciaDaCertosino, o gli farà recapitare missive vergate in MontBlanc su carta Pineider, dichiarandogli il suo eterno amore, accompagnate da una pietanziera in argento stracolma di caviale Beluga? Non lo sapremo mai. Magari, è a casa, in lacrime che si ripassa, su un vecchio testo scolastico, l'aggiotaggio. In vestaglia Pratesi, però.


Colazione con vista. Anche se le scuole sono ricominciate, e gli impegni diciamo ufficiali, il lavoro e le questioni di famiglia, le più noiose, quelle di cui ne faresti volentieri a meno, la colazione con vista sul giardino è d'obbligo. Magari la fnestra aperta, tanto fa già caldo e l'inverno è dimenticato, e i cappotti e i piumini e gli sciarponi e gli stivali messi fuori a prendere aria, E ritirati, per un bel pò. Personalmente ho già voglia d'estate. Assaggiata, per un pochino, la settimana scorsa. E in realtà, tante sono le cose che vorrei, oggi. Uno shopping moderato, tanto per dare il benvenuto ai fiori rosa del ciliegio, che so, un sandalo, una camicia a righe, una cesta di paglia. E un regalo. Per un giorno, e un giorno solo, avere la certezza che il resto del mondo sa esattamente come sono, che non mi fa battute basse da serpenti a sonagli che lasciano di stucco, che ti chiedono Come Stai perchè vogliono realmente sapere come tu stia e non perchè è un intercalare senza senso, anzi, c'è da giurarci che nemmeno ci mettono il punto interrogativo.Comestaipunto. E vorrei che tutta l'energia , tutta la forza che metto nelle cose, in tutte, dalle più importanti alle più inutili e frivole, venisse fuori, si sentisse, ci si rendesse conto che sì, è stato un bel lavoro, sia esso una conferenza, un'asciugamano o una cena per 10. Sarà la primavera, saranno i fiori del giardino, ma capita, ogni tanto che si abbia bisogno di una conferma, di una carezza, di una stretta di mano, complimenti vivissimi, basta già. Ma, forse, basta solo guardare i fiori del giardino. Il ciliegio non parla, ma sa.
Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...