18 ottobre, 2006

Un regalo per lei.



Mi somiglia. Anche se ha gli occhi verdi di suo padre. Ma è me. Forse più precisa, più ordinata, più razionale. Ma vanesia e femminile. Nonostante l'improba convivenza. Scarpacce da calcio e ciabattine coi pinguini. T-shirt dalle scritte improponibili e pigiamini con Biancaneve. Cori da stadio e canzoncine tenere. Lei, resiste. Agli attacchi ai suoi pupazzi, alle volte che la sfiniscono di battute che forse non comprende, ride per educazione, di una risata d'oro e d'argento. E i disegni. A tonnellate. E i bigliettini sparsi, per me, lasciati nei miei cassetti, sul comodino, in bagno. Braccialetti coi campanelli, e fiori e stelle e cuoricini. Adoro di lei quel suo non scomporsi mai, di soffrire, ogni tanto, ma fare finta di no. E' di zucchero. Sa ascoltare, mi racconta i suoi sogni, mi chiede della mia scuola e com'ero io e che cosa facevo. E più di tutto, più spesso, mi chiede di quanto ami suo padre, di quanto sia contenta di averli, i suoi fratelli e lei. Li giustifica, quando escono sbattendo la porta, Avrà Preso un Brutto Voto, Mamma. Li adora, assolutamente, li vede grandi e bellissimi, e non rivela a nessuna fanciulla il loro numero di cellulare. E canticchia per la scala e salta la corda in salone e avvolge il gatto nella coperta. Dolcissima e spietata, poesiole tenerissime e sequele di parolacce, ove richieste. Vezzosa, le scarpe dorate, le maglie di Zara, i bagni lunghissimi, di vaniglia e borotalco. Dorme in un letto pieno di cuscini, glieli regalo ogni tanto, una piccola collezione. E ogni tanto, ricamo per lei. E' il cuore più vicino al mio, ci specchiamo insieme al mattino, e mi specchio in lei, ricordo i miei 9 anni, la bicicletta e il cortile, e vorrei per lei una vita di rosa e di meringa, soffice e luminosa, com'è lei. Questo che ho finito stasera è il mio ultimo regalo, la bustina per la tovaglietta della mensa. E avrei potuto scrivergli una frase di un suo cuscino, A Mother's Love Knows No End. Ma questo, anche in inglese, lo sa già.

Si và.


Risvegli alla moviola. Non ce la posso fare, non ce la posso fare. Eppure, ce la si fa sempre o quasi. Si comincia a tirar fuori dal letto un braccio e poi si sprofonda con la faccia sul cuscino per spremere ancora pochissimi secondi di pace perfetta, prima che inizi la sarabanda. Spremute, vitamine, colazioni, e su è giù per le scale, e le mie scarpe? e baci volanti sulla porta e grugniti e scatti e sbuffi e posso mettermi il lucidalabbra per andare a scuola? Spiegare che a scuola si và candide come angeli e soltanto a 18 anni compiuti, magari, al liceo, si potrà osare uno smaltino incolore e una passata di lucido, per adesso accontentiamoci del burrocacao, grande lusso, alla ciliegia. Le mattine a casa mia sono a metà tra una puntata di Zelig e una tragedia greca. Non so bene dove è meglio collocarsi. Comincia, ineluttabile, un'altra giornata di giri di giostra, di frullamenti vari, di impegni e di questioni da gestire, appuntamenti e vicende, piacevoli e meno. Si sopravviverà con grazia, inventandosi lì per lì, piccoli accorgimenti per tirarsi fuori, anche solo una mezz'ora. Chiamare, magari il Parrucchiere Famoso per un cambio di stile, non urgente, per carità, ma auspicabile, ogni tanto. Che di massaggi e palestra, cara la mia signora, non se ne ha mica il tempo, sa? Che le giornate dovrebbero essere di 30 ore, per riuscire a fare qualcosa anche per sè, non capita anche a lei? Così, ci si organizza. E si sfrutta l'attesa in piscina per chiacchiere rilassate, e qualche bonaria malignità, che male c'è. E si progetta un acquisto importante, un frullatore cosmico, magari, o uno stivale da combattimento. I pensieri aiutano, lo sanno tutti. Ma attenzione a non fantasticare ferme al semaforo. Il clacson dell'auto dietro vi scuoterà, riportandovi meste alla lista Things To do. E il gesto che vi verrà spontaneo, signore care, non è da voi. Per niente.

16 ottobre, 2006

Per amore e per forza.


Detto, fatto. Un invito per andare in barca a vela, quando da settimane in casa mia non si parla d’altro o quasi, che di Bavaria e Grand Soleil, e di piedi e di posti barca, beh, è stata una succulenta quanto gradita occasione per il mio sposo e me, anche perché ci si ritrovava a festeggiare il compleanno di un Amico di quelli che non se ne trovano tanti. Così, si parte. Affidata la figliolanza al figliolo universitario, dietro compenso, signora mia, al giorno d’oggi, nessuno fa niente per niente. Il mio sposo elettrizzato, io bardata come da manuale: scelta accurata della calzatura, un modellino argenteo Prada Luna Rossa, che famosa son per aver fatto una camminata in montagna con sandaletto a zeppa e top di seta. Stavolta non ho sbagliato, o quasi. Cerata e felpa in tinta, maglie a strati, occhiale giusto. Pronta. E’ inziato tutto nel migliore dei modi, andatura sciolta, vento discreto, mare un po’ agitato, in realtà, skipper rassicurante che schiudeva per me un mondo che ahimè, dovrò imparare a memoria. E cazza e lasca, e fiocco e randa, e via così. La foto documenta che mi sono messa al timone per, vediamo, un quarto d’ora? E ho provato l’ebbrezza di governare un veliero in mezzo al mare. Emozionante. Meta, l’isola di Bergeggi, dove si è data àncora e consumato un lauto pranzo a base di focaccia ligure, mandarini e pandolce genovese. Fin qui, la perfezione assoluta. Al ritorno, la catastrofe. Caratterialmente e contrariamente alle apparenze, la scrivente non è per le avventure estreme. Mi butto ma soffro in silenzio. Famosa è la scena di me che prego ad occhi chiusi quando, caricata a forza su un canotto, calcatomi in testa un orrendo caschetto e un giubbotto salvagente nemmeno di Gucci, mi hanno scapicollato giù dalla Dora Baltea a fare rafting. Non fa per me, che ci devo fare? 39 nodi di vento e mare incazzato. Io, raggelata dall’ansia, tutti ridevano e se la divertivano un mondo, io pensavo al mio divano e ai miei ricami e ai miei libri e ai miei figlioli abbandonati a casa, tristi, laceri e affamati. Fradici i miei bei jeans Parasuco, fradici i capelli, fradicia la felpa sotto la cerata, secchiate di acqua ogni 3 minuti, occhiali bagnati e inutili, acqua perfino nelle mutande, con licenza parlando. E mio marito al settimo cielo. Gulp. Mosso a compassione, il festeggiato ha ben pensato di porre fine al mio supplizio, che di penitenza ne avevo già fatta abbastanza, e ha riportato a terra me e la mia Amica della Pastiera, in preda a una leggera nausea e, forse, anche lei poco avvezza a simili avventure, anche se, va detto, più coraggiosa di me. Tesi. Non son fatta per la vita di Lupa di Mare. Non son fatta per la vela. Ci verrò, certo, per sincero e assoluto amore coniugale. Uscirò solo con mare piatto e bonaccia. Cucinerò per tutto l’equipaggio. Mi occuperò della cambusa e confezionerò dei parabordi all’uncinetto che sono un amore. Terrò lustri fiocco e randa, li stirerò, se necessario, avrete sempre in sottofondo musica chill out e profumo di incenso. Ma vi supplico, nella buriana no. O perlomeno, avvisatemi. Che così non mi faccio la messinpiega.

14 ottobre, 2006

Ode alla fetta biscottata.

Falsa. Fedifraga. Insulsa. Infingarda. Beffarda. Però, insostituibile, nel suo genere. La fetta biscottata, dopo la Multipla, l'Isola dei Famosi e George W.Bush, è il più grande inganno che mai posò piede, o briciola, sul globo terracqueo. Ha un bell'aspetto, nulla da eccepire. Quel suo quadrato elegante, un pò stondato in cima, che a vederla così diresti che è una fragrante fetta di plum cake appena tolto dal forno. Menzogna! La fetta biscottata è quanto di più insipido possa mai consumarsi, in un giorno qualunque, all'allegro desco della colazione domestica. Triste, direi. Ma obbligatoria, se si vuole cercare di seguire un regime alimentare povero di calorie,(scena con lei che ha il petto squassato dai singhiozzi). Si consuma, tuffandola mestamente nella tazza del latte, come un comune, succulento biscotto. La versione del tuffo nel thè và riservata unicamente in caso di influenza e/o mal di pancia, il che aggiunge un che di straziante all'intera questione in oggetto. Lei, la Cenerentola della dispensa, sopporterà in silenzio gli improperi a lei diretti. Vi ricambierà, facendosi trovare nello scaffale del supermercato, in mille versioni diverse, al farro, ai cereali, al malto d'orzo. E rimanendo, fragrante e croccante, fino all'ultima fetta, passando a pieni voti il crash test del volo mattutino del pacchetto dal tavolo. Attenderà, umile e silenziosa, con quella modestia un pò guerriera alla Lucia Mondella , il giorno del suo matrimonio. E allora sì, sarà il tripudio. Si ricoprirà di nutella, bene ai bordi e bene agli angoli, compiendo romantici ghirigori col cucchiaino, azzardando inedite opere d'arte, crema su fetta. Verrà portata in trionfo, da due dita soltanto, che la sorreggeranno con delicatezza, ai lati. E se la dolcezza paradisiaca che la ricopre, esonderà un pochino, niente panico. Si potrà, con un gesto furtivo, risucchiare con grazia proprio lì, dove l'ambrosia è caduta. L'avulsa Fetta Biscottata, maritata Ferrero, sarà felice. E voi con lei.

13 ottobre, 2006

Stasera.



Il venerdì, di solito, noi si riceve. Nel senso che, finito il delirio della settimana, è piacevole invitare gli amici e cucinare per loro. Magari qualche volta si prende una pizza e via, ma stasera mi sono dedicata con passione e devota cura alla preparazione di una cena coi controfiocchi. Il menù molto presto qui. Per il momento già la tavola a vederla mette allegria. Siamo tanti. Bella scoperta, siamo già in tanti noi medesimi e in condizioni normali. Se poi si invita una famigliona più o meno come la nostra, si fa presto a scambiare la nostra cucina per la mensa di una colonia. Ma che meraviglia. Si starà insieme, chiacchiere e un pò di gossip, delicato, appena appena. C'è un momento, però, prima di tutto questo, che ha qualcosa di affascinante e di magico insieme. E' la mezz'ora prima che gli ospiti arrivino. Si controlla la tavola, è tutto pronto, si appiattisce un tovagliolo con la mano, si controlla il forno, si allinenano bene le posate. Un piccolo regalo per gli amici che tra poco saranno qui. E una pace, silenziosa e soddisfatta, proprio lì, vicino al cuore. Bello davvero.

Tremate!


Note sono a tutti le mie insane passioni. Il viola, gli occhiali, gli oggetti di culto. La lista è piuttosto lunga e si rimpolpa, vieppiù. Non saprei stilare una classifica, vado a momenti. Questo è catalogato come Il Momento per L'Insana Passione per i Libri di Cucina. E mica Suor Germana, badate bene, cui và tutto il mio rispetto e la mia devozione, qualche santo in paradiso, signora cara, male non fa, coi tempi che corrono. I libri che adoro alla data sono quelli così belli che li terresti a far da soprammobili, spolverandoli con cura, tenendoli come il vaso della zia Cesira, per capirci. Se poi alla bellezza, ti insegnano pure i pilastri fondamentali della vita di una donna, tipo la differenza tra uovo sodo e uovo in camicia (non è da tutti, sa?) e come disporre con elegante maestria un aperitivo tra amici, beh, è un invito a nozze. Ne ho comprati 3 in un colpo, già ne possedevo alcuni, per l'estate e per l'inverno. Comincio con Kitchen, il più corpulento. Seicento ricette e fotografie bellissime, prendo appunti, esamino, sperimento, mi applaudo da sola. Me la canto e me la suono, come si dice. E prego. Che rimangano così, belli lucidi e stirati, con quel buon profumo di cartoleria, di appena stampato, un pò di colla, anche. Usandoli, li terrò a distanza di sicurezza da ciotole e fornelli, e poichè sono un pò miope, stringerò gli occhi modello talpa per vedere meglio 200 grammi di, e cose del genere. Che se per purissimo caso ci casca uno schizzo di sugo, di olio o di albume montati a neve ben ferma, sono panata. Ecco, mi sono già calata nella parte. Son cuoca, che ci volete fare.

Un vestito nuovo per le Fragole.


La sorpresa del week end che sta per iniziare. Le Fragole si cambian d'abito. Carine, non è vero? Tranquilli, niente scene di delirio o standing ovation. Anzi, una soltanto. Per il mio personal webmaster. Uomo integerrimo e di sanissimi principi, ha saputo interpretare ogni mio desiderio, anche il più complicato, e tramutarlo in grafica. Forse, però, solo grazie non basta. Che succede se lo bacio, con ardore e voluttà, sulla porta di casa, prima che esca ad accompagnare i ragazzi a scuola?

12 ottobre, 2006

L'epidemia.


Diffusissima, in questi giorni. Non si sa bene da che cosa dipenda, se serve per recuperare un'estate di follie o semplicemente, si abbia soltanto voglia di tana, di casa, al caldo, che non è che ancora proprio si geli, ma insomma. E' ufficiale: il popolo italiano ha sonno. E non ne ha voglia. Ci si impigrisce, si diventa broccoli sul divano dopo cena, persino con un libro nuovo e profumato in mano, l'ultimo di Niccolò Ammaniti, che si leggono 5 pagine e poi si sprofonda in un sonno pesante, quello coi respiri lunghi, che nemmeno l'ennesima lite Sgarbi-Mussolini in tv potrà mai destare. Ci si risveglia intorno alla 1, tutti dormienti quelli che prima avevano diari da firmare e temi da farti leggere, e partite da guardare, qualche luce accesa, ma un silenzio che fa bene all'anima, che bella è la notte in una casa tranquilla. Si fa il giro dei letti, si sposta chi si è addormentato in un letto non suo. Da sempre, guardare i miei figli dormire mi dà un senso di pace, di assoluta invincibilità, di altissima bravura, anche, per aver saputo dar vita ad esseri tanto perfetti. Cuore di mamma, perdonate. Un giro in cucina per bere, ci vorrebbe una tazza di camomilla tiepida, quella con la vaniglia e il miele, ma si ha ancora tutto il sonno da ultimare nel letto, svegliarsi del tutto sarebbe un peccato. Le tazze per la colazione all'indomani le ha già predisposte il mio sposo, pianissimo, per non svegliare me, poco distante, il libro sul naso e gli occhiali ancora addosso. Raccapricciante. Dovrei avere una vestaglia di raso, che so, un baby doll conturbante e assumere una posizione da calendario, invece di essere raggomitolata, tutt'uno col gatto, acciambellato accanto a me. Ma si sa, cara la mia signora, l'amore non è polenta, e qualche volta si chiude un occhio, anzi tutt'e due. Appunto. Mi rifarò.

10 ottobre, 2006

Ancora libri.

Il mio pacco di Amazon è arrivato questa mattina. In effetti, è stata l'unica cosa carina della giornata, considerando una serie di piccoli inghippi che hanno fatto sì che oggi mi senta più frullata di altri giorni. Ma si procede. Ho comprato questi 4 libri perchè attirata dalle copertine, già a Manualmente. Sono libri storici, in un certo senso, perchè recuperano i disegni di vecchi imparaticci, qualcuno addirittura datato 1820. Hanno fascino. Una volta le bambine imparavano l'arte del ricamo già da piccolissime, intorno ai 6 anni. Un altro volume invece è dedicato ai monogrammi, quelli rinvenuti sui corredi delle nobildonne alla fine dell'800. E infine il Cartonnage Brodè, sapiente arte che mette insieme il saper fare le scatole con il saper ricamare. Sto seriamente pensando a come ho potuto resistere tutta la vita senza una scatola per i bottoni ricamata a mano e con la scritta Boutons in francese. Però, la sciccheria è impareggiabile. Così, la prossima volta che a mio marito scapperà un bottone della camicia, cosa che succede regolarmente sul pianerottolo di casa, alle ore 7,20, quando magari ha un aereo da prendere e/o è in ritardo cosmico sulla tabella di marcia, farò sfoggio della mia scatola ricamatissima. Ad ogni buon conto, terrò a portata di mano quei minuscoli set che regalano negli alberghi, quelli con l'ago già infilato. Meno belli, ma più pratici di sicuro.

09 ottobre, 2006

A piedi nudi nel parco.


Film cult di, vediamo, 30 anni fa o giù di lì. Quello che si gira questa mattina dalle mie parti. Non mi piego. Al fatto che è già autunno e che c'è la nebbia e che fa freddo e che ieri si son fatte già le castagne sul fuoco, in campagna, e si sono cercati funghi e persi nel bosco, anche, giusto per aggiungere un pò di brivido a tutta la vicenda. Non mi piego. Ai vetri appannati, al riscaldamento in macchina, alla coperta di pile aggiunta al lenzuolo, alle foglie spiaccicate per terra. Io, le calze, ancora non le metto. Resisto, come dire. E vedo da giorni stivaloni e giacconi ma io ancora leggerina, la t-shirt, il tailleurino che non tiene nè caldo nè freddo, insomma, mi aggrappo, speranzosa, al fatto che, se guardi bene oltre la nebbia, verso mezzogiorno un pò di sole uscirà ancora e allora vorrò vedervi, voi con gli stivali! E che l'autunno, quello deciso, venga pure. Lo aspetteremo, gambe accavallate e faccia fiera, ma senza calze, per carità. E prontissime a brindare. magari, con un'aspirina. Che male, non fa.

08 ottobre, 2006

La gastronomia.


Domenica mattina. I grandi non si sentono, qualcuno ha fatto tardi, qualcuno è già a calcio e riederà verso le 13 con uno sbrano barbaro. Meglio portarsi avanti, con un arrosto che troneggia nel forno e invade la casa con un profumo caldo di spezie. La princi fa i compiti, Ho Tanto da Studiare, Mamma, e Non Ne Ho Voglia. Quarta elementare, cominciamo bene. Oggi è proprio autunno, da queste parti, ci si rende conto alzandosi, fa freddino con la sola camicia da notte, meglio infilarsi un golf per scendere le scale a colazione, piano piano, la domenica è il giorno dei pensieri liberi, delle cose in punta di piedi, dei bisbigli, del pigiama fino a mezzogiorno, dei libri e dei ricami, della colazione con calma, dell'avere la beata sensazione che non si ha quasi nulla da fare o che si potrà decidere al momento, se si avrà voglia di no, un film alla tv, magari, o al cinema stasera, un pomeriggio in campagna o una pizza al volo. Ma per ora, devo sentire una lezione. E ridere di gusto, intenerita, scoprendo che, per mia figlia di quarta, la scienza che studia i pianeti si chiama Gastronomia. L'eclissi della Frittata, la scoperta del Pianeta Pesto, Missione nello spazio con la navicella Scalogno III e cose del genere. Ridere di gusto insieme, le teste vicine in cucina, di domenica mattina, un pò scarmigliate, con le tazze del latte e le briciole sul tavolo, cancella in un secondo la malinconia di ieri. Ed è la cosa più bella che c'è.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...