Non li vorrei. Lo so quando arrivano, e ho affinato una tecnica sofisticata per contrastarli, per non farmi prendere, per non farli vincere su di me. Non serve. Non li vorrei. Non necessariamente devo piangere, può anche succedere che me ne resti lì, un po’ rimbambita da un dolore sordo e cieco e muto, una specie di grosso macigno sullo stomaco, un peso, una zavorra che non so, e invece la so così bene che potrei dirla a memoria, ecco, fa così e fa cosà, esattamente, anche in rima, volendo, endecasillabi sciolti. Non li vorrei. Sono i momenti in cui niente e niente mi sembra come deve. E’ la solita storia, la solita menata, come, non lo sapevi? Ma certo che sì, eppure ogni volta uno schiaffo, una sberla in piena faccia. C’è voluta una stupida e insulsa trasmissione televisiva, quelle che si guardano stirando, ci si può concedere il lusso di un paio d’ore trash se questo ti consente di stirare 9 camicie senza battere ciglio, insistendo bene sui polsini e sul colletto, premere il tasto del vapore nel momento stesso in cui una lacrima scema è lì, in equilibrio tra le palpebra e le ciglia, quelle di sotto, quelle che le rarissime volte che ci passo il mascara faccio un pasticcio, ecco, quelle lì. Non per la trasmissione, no, e chissenefrega di quella lì, può anche darsi che non sia vero. Piango per me. Del niente che ho avuto. Dell’essere sempre la ribelle, e alle ribelli niente si dà. La sfacciata, e alle sfacciate, niente si dà. La forte, e a quelle forti, serve forse dare qualcosa? Piango per me. Perché adesso che sono grande e matura e sono cresciuta abbastanza per vedere tutti quanti senza i filtri che ti derivano dall’educazione e dalle convenzioni, adesso " parlare così non sta bene", mi dispiace tanto, ma non vale più. Mi sono educata da sola, in fondo e troppo rigidamente. Ho chiesto tanto e dato, anche, e sono sempre stata sola. Non ho avuto niente, io. E non è commiserarsi, né piangersi addosso. E’ sapere che è così, riconoscerlo e dirselo, serenamente, magari piagnucolando un po’ stirando, in momenti così, che arrivano così e non li vorrei. Niente di niente. Forse per questo ho desiderato e avuto una famiglia numerosa e chiassosa, forse per questo sono ansiosa e appiccicosa e un po’ noiosa, con loro. Non piangerò più stirando. Al massimo, per farmela passare, sarò forte e scriverò una poesia. Sono bravina con le rime, visto? Metto ogni mattina una poesiola nella merenda di mia figlia. Non endecasillabi sciolti. Solo la voglia di non fare gli errori che hanno fatto con me. Chissà se ci riesco.
07 marzo, 2007
06 marzo, 2007
Corri.
04 marzo, 2007
Dieci.
03 marzo, 2007
Voglio lui.
01 marzo, 2007
Marzo.
28 febbraio, 2007
Tornata.
E’ stato un bel viaggio. Il mio treno è arrivato stanotte. In realtà, all’inizio avevo un po’ paura. Era un viaggio importante, un po’ impegnativo, anche, ed ero preoccupata. Che le Fragole si schiacciassero, si ammaccassero, non so, si sa benissimo che le fragole son fruttini delicati e un po’ indifesi, basta un attimo di distrazione ed eccole lì, nel carrello, spiaccicate da qualcosa che ci è caduto sopra, magari dalle uova, o dal barattolo della marmellata. E’ stato un viaggio emozionante. Vedere i tuoi pensieri che volano, al di là dei colori del tuo blog, al di là delle righe che inventi tu e dei colori e del carattere, anche, e della fotografia che scegli, per le cose che scrivi.
E’ stato un viaggio divertente. Per i commenti spiritosi e caustici e dispettosi e provocatori, e divertente è stato giocare, a rispondere, a inventare, a ribattere.
E’ stato un viaggio interessante. Ho incontrato persone e visto cose diverse dalle solite, e conosciuto vite e situazioni, meccanismi e modi di fare. Ora son tornata a casa, alle mie Fragole Infinite che amo come una piantina vera, che innaffio e curo, come le violette del davanzale, o i giacinti del camino. Ma non sono a mani vuote.
Ho portato per voi dei souvenir, ricordi di viaggio. Tranquilli, nessun quadretto di ceramica con scritto Da Grazia andai, a te pensai e questo ricordo ti portai. Per il solo fatto che a scrivere tutti gli indirizzi mi faceva male la mano. Ma ho altre cose.
Ho la gioia vera. Che ho provato, davvero, ad alcuni sarò sembrata invasata ed esagerata, ma vedere lì, proprio lì, le cose che ho inventato io, pensato io, fissato io, vederle condivise da una marea di persone, è una soddisfazione grande, è un lago caldo nello stomaco, una specie di singhiozzo, e a niente servono i sette sorsi.
Ho l’entusiasmo. Che ci ho messo e metterò, la volontà, la voglia di far passare i miei sciocchi pensieri e quelli che sciocchi non sono, le mie finte scemenze e anche quelle vere, i miei racconti semiseri, che fanno molto ridere o molto piangere, a seconda delle volte.
Ho la sincerità. Con la quale racconto le cose che so e anche quelle che non so, improvviso qua e là, ogni tanto, ma lo faccio sorridendo e allora, forse proprio arrabbiarsi con me non ci si può, e poi, begli amici che siete, vi porto regali e voi mettete il muso?
Così, con queste cose nel cestino, con le Fragole che non si sono ammaccate nemmeno un pochino, torno qui. Disferò le valigie, non subito. Ora un bagno caldo e una tazza di thè, come si fa dopo i viaggi veri. E una musica, da treno, per questo quasi marzo che il ciliegio ha le gemme e senti un pò che caldo che fa già.
20 febbraio, 2007
Mistero svelato.
La frittata.
18 febbraio, 2007
Stesa.
16 febbraio, 2007
L'inversamento.
15 febbraio, 2007
Le nuvole.
Odore di dicembre.
Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...
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C'era un libro, una volta, così intitolato. Mi pare fosse di Luca Goldoni, indagherò. Colgo l'occasione per spiegare. In realtà da s...
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La Casa in Collina, con tutti i suoi abitanti, era da sempre teatro di storie e leggende, di piccole e grandi tradizioni, qualcuna impara...