07 marzo, 2007

Non li vorrei.



Non li vorrei. Lo so quando arrivano, e ho affinato una tecnica sofisticata per contrastarli, per non farmi prendere, per non farli vincere su di me. Non serve. Non li vorrei. Non necessariamente devo piangere, può anche succedere che me ne resti lì, un po’ rimbambita da un dolore sordo e cieco e muto, una specie di grosso macigno sullo stomaco, un peso, una zavorra che non so, e invece la so così bene che potrei dirla a memoria, ecco, fa così e fa cosà, esattamente, anche in rima, volendo, endecasillabi sciolti. Non li vorrei. Sono i momenti in cui niente e niente mi sembra come deve. E’ la solita storia, la solita menata, come, non lo sapevi? Ma certo che sì, eppure ogni volta uno schiaffo, una sberla in piena faccia. C’è voluta una stupida e insulsa trasmissione televisiva, quelle che si guardano stirando, ci si può concedere il lusso di un paio d’ore trash se questo ti consente di stirare 9 camicie senza battere ciglio, insistendo bene sui polsini e sul colletto, premere il tasto del vapore nel momento stesso in cui una lacrima scema è lì, in equilibrio tra le palpebra e le ciglia, quelle di sotto, quelle che le rarissime volte che ci passo il mascara faccio un pasticcio, ecco, quelle lì. Non per la trasmissione, no, e chissenefrega di quella lì, può anche darsi che non sia vero. Piango per me. Del niente che ho avuto. Dell’essere sempre la ribelle, e alle ribelli niente si dà. La sfacciata, e alle sfacciate, niente si dà. La forte, e a quelle forti, serve forse dare qualcosa? Piango per me. Perché adesso che sono grande e matura e sono cresciuta abbastanza per vedere tutti quanti senza i filtri che ti derivano dall’educazione e dalle convenzioni, adesso " parlare così non sta bene", mi dispiace tanto, ma non vale più. Mi sono educata da sola, in fondo e troppo rigidamente. Ho chiesto tanto e dato, anche, e sono sempre stata sola. Non ho avuto niente, io. E non è commiserarsi, né piangersi addosso. E’ sapere che è così, riconoscerlo e dirselo, serenamente, magari piagnucolando un po’ stirando, in momenti così, che arrivano così e non li vorrei. Niente di niente. Forse per questo ho desiderato e avuto una famiglia numerosa e chiassosa, forse per questo sono ansiosa e appiccicosa e un po’ noiosa, con loro. Non piangerò più stirando. Al massimo, per farmela passare, sarò forte e scriverò una poesia. Sono bravina con le rime, visto? Metto ogni mattina una poesiola nella merenda di mia figlia. Non endecasillabi sciolti. Solo la voglia di non fare gli errori che hanno fatto con me. Chissà se ci riesco.

06 marzo, 2007

Corri.


E veloce, anche. Corri, che il treno passa e l'autobus anche, corri che è tardi e non ce la farai ad arrivare in tempo. Corri, che la campanella suona, che il portone chiude. Sono giorni beati, di gemme sui rami, di viole, trovate per caso in mezzo alle foglie nel parco, è sempre una sorpresa trovare le viole. Da non cogliere, che è meglio, sono così belle lì dove stanno, non si trova mai un vasetto adatto per le viole. Ma tu, corri. Corri per fare tutte le cose che hai da fare, e anche quelle che vuoi fare, che vuoi leggere e sapere, e imparare, ancora e ancora, tanto che ti dici, ma quante cose ancora devo sapere. Corri, per prendere al volo le cose che vuoi, se stai fermo è facile che le cose ti pàssino sotto il naso. Corri, senza trafelarti, una corsa leggera, di quella che ti permette comunque di parlare a chi ti sta vicino, corri, da seduti le cose perdono di interesse, di forma e di colore, di entusiasmo e di bellezza. Corri, sarà più bello dopo, fermarsi e lasciarsi cadere di schianto, sull'erba, e guardare in sù. Per terra è umido, ancora, ma stiamo poco, a guardare questa sterminata distesa di celeste, le scie degli aerei che disegnano rotte, nitide o già sfuocate, e portano storie e misteri, da dove chissà, e dove chissà. Corri, è più facile, così. Un correre tranquillo e aggraziato, un correre scelto, non so, come a dire, sì certo, corro ma mi piace, non è che sono obbligata, mi piace e basta, così come mi piace prendermela comoda ogni tanto, ma è questo sole e questo tepore regalato, è primavera, di già, e mi piace fare le cose veloci e farne tante e tutte insieme, mi fa sentire che l'inverno ma cos'è, mi fa dire che è già chiaro al mattino presto e che bene si sta a stare in giro, i vestiti già leggeri e gli occhiali da sole. Corri. Per poi la sera radunare i pensieri e metterli in fila, saranno le cose di sempre, saranno le grane, saranno il quotidiano o lo straordinario, saranno il noioso o l'esaltante. Ma saranno tanti. E potrai sceglierli, stanca e felice, a quali dedicarti, perchè ne avrai un mucchio, se corri tanto hai più pensieri, hai più cose da cullare, e se ti concentri su una sola, rischi di perdere tempo a rattristarti o ad agitarti, e non va bene. Fai scorta di pensieri belli. Sceglierai loro. Da spolverare, tenere lì, o far volare, come le scie degli aerei. Da dove chissà e dove chissà.

04 marzo, 2007

Dieci.

Dieci baci. Di quelli a stampo, che lasciano il segno bianco, un po’ forti e un po’ leggeri. Dieci baci che ti fanno ridere, così, uno dietro l’altro. Dieci abbracci. Che stringono forte, che scaldano, che mi fanno sentire che sei tutta qui, morbidissima e burrosa e profumata di fiori e di zucchero già dal mattino presto. Dieci sorrisi. Perché i sorrisi servono sempre, sono i gommini sotto le sedie, per non rigare il pavimento, per tenere la tua anima bella lucida così com’è ora. Dieci risate. Sonore, e di musica, da togliere il fiato, che sembrano da solletico e invece sono di vita semplice, risate dal cuore, campanellini d’argento. Vorrei per te una vita bellissima, che nulla ti graffi mai, nemmeno i gatti, che nulla ti faccia del male, nemmeno se cadi dalla bicicletta, che niente ti rattristi, nemmeno una matita persa. Pura follia. Ma ti sto insegnando ad amare il mondo e la vita e i prati e le autostrade, i pastelli e l’inchiostro, i biscotti e la minestrina, il chinotto e l’antibiotico, i jeans e i vestitini, il sole e la nebbia fitta, Pattini d’Argento e i telefilm alla Tv, la playstation e l’uncinetto, gli uguali e i diversi, i collant e i calzettoni, il sapone di Marsiglia e il bagnoschiuma al cioccolato, i furbetti e i semplicioni, il burrocacao e il lucido coi brillini. Hai gli occhi di acqua di mare, quando il mare è verde e limpido e calmo e senza schiuma. Hai la dolcezza dei folletti, la tenerezza dei cuccioli, la forza di un generale prussiano, la precisione di un chirurgo, la fantasia di un musicista, la bellezza di una cascata, la fragilità di un cristallo, la prontezza di un atleta, l’intelligenza di un delfino. Sei per me il mio cuore più piccolo, la mia anima doppia, la mia storia rivista, una piccola me. E voglio per te tutto il bene del mondo, tutte le cose che desideri, che ti conquisterai, la vita che vorrai e le persone che vorrai vicino, tuo padre che si scioglie a guardarti e i tuoi fratelli, sentinelle del tuo piccolo mondo. E quando non saranno i gatti, la bicicletta e la matita, usa l’amore che hai dentro per cancellare i magoni, le lacrime e i giorni che non vorresti mai. E se non ce la farai, per tutta la vita, per sempre, la tua mamma vanesia, il tuo cuore più grande, la tua anima doppia, lo avrà pronto per te.

03 marzo, 2007

Voglio lui.


Non sono dotata del minimo senso dell'orientamento. Riesco a perdermi dovunque. Nei parcheggi sotterranei, nelle metropolitane delle città straniere, qualche volta nei centri commerciali che non conosco. Io non so, io non ricordo strade e percorsi, io non memorizzo paesaggi e itinerari, io non so leggere le cartine, io non, insomma. Vado in giro a naso, o con qualche anima pia che mi accompagna. Mi diverto da morire, badate bene, sto persino organizzando un week end a Parigi toute seule,così posso girare e perdermi in santissima pace, non si ha idea di quanti posti insospettabili e meravigliosi si riescono a scoprire, a piedi, perdendosi in una città che ami. Quindi, a che mi serve un navigatore satellitare? A quasi nulla. E infatti, a nulla mi servirà Io, questo Buddy, lo comprerò solo perchè è troppo bello. Di un rosa ciclamino, metallizzato e con farfalle incise, direi che è un vero e proprio inno alla primavera. Mica lo userò nella sua vera funzione! Io, i navigatori satellitari, proprio non li sopporto. In macchina io voglio musica, o chiacchiere, o silenzio, e non prendere-la-seconda-uscita-a-destra, con quella voce metallica da professoressa di matematica perfettina che mi dà i nervi. E non li so neppure impostare, in verità. Solo, sulla mia macchina starà troppo bene. Farà un effettone. Ha soltanto in dotazione le mappe del Regno Unito, quindi, se cercassi un luogo dove fare una ceretta, che ne so, a Glasgow o a Dublino, lo troverei in pochissimi secondi. Ma dell'Italia, un bel niente. Però, è bellissimo. Lo acquisterò, lo appiccicherò sul cruscotto della mia automobile, lo terrò rigorosamente spento e continuerò a perdermi e a perdermi e a perdermi, per sempre. Però, lo farò con classe.

01 marzo, 2007

Marzo.


C'è un momento. Unico e un pò surreale, qualche volta. Un momento in cui non si è ancora del tutto svegli ma non si dorme più. L'odiosa sveglia non è ancora suonata, o sì?, e si sta lì, immobili, a riordinare i pensieri della notte, sbatterli per bene e ripiegarli. Serviranno poi, più tardi. Stirare quelli del giorno che và ad incominciare, prepararli, le cose da fare. Si sta lì, gli occhi chiusi, il respiro ancora regolare del sonno che è andato via, certo, ma basterebbero ancora pochi minuti e ritornerebbe, beffardo e meraviglioso, il sonno del mattino presto, quello che ti fa arrivare tardi al lavoro, che ti fa vestire a razzo saltellando per la stanza a infilarti scarpe lavandoti i denti e prendere dalla dispensa un pacco di biscotti, andiamo, la colazione si fa in macchina, non c'è tempo. Ma siamo qui, ancora. Il delirio della mattina ancora non è iniziato, fa caldo sotto le coperte, ma non abbiamo voglia di scoprirci, stiamo qui, che ora sarà?, la casa è ancora silenziosissima, si imprigionano sul cuscino gli ultimi minuti di questa beata pace. I sogni, si sa, sono irrequieti e capricciosi, non ne vogliono sapere di restare lì, e volano via, passando attraverso i vetri, nel cielo grigiazzurro di questa primavera precoce, regalata, benvenuta. Molte le cose da fare, in una mattina così, e allora, si sprono gli occhi e si sbircia fuori, fra i rami deli alberi, a vedere il primo regalo del mattino, e decidere se sarà un giorno speciale oppure no. Ci sarà il sole, quest'oggi. E sarà il sole di marzo. Più speciale di così!

28 febbraio, 2007

Tornata.



E’ stato un bel viaggio. Il mio treno è arrivato stanotte. In realtà, all’inizio avevo un po’ paura. Era un viaggio importante, un po’ impegnativo, anche, ed ero preoccupata. Che le Fragole si schiacciassero, si ammaccassero, non so, si sa benissimo che le fragole son fruttini delicati e un po’ indifesi, basta un attimo di distrazione ed eccole lì, nel carrello, spiaccicate da qualcosa che ci è caduto sopra, magari dalle uova, o dal barattolo della marmellata. E’ stato un viaggio emozionante. Vedere i tuoi pensieri che volano, al di là dei colori del tuo blog, al di là delle righe che inventi tu e dei colori e del carattere, anche, e della fotografia che scegli, per le cose che scrivi.

E’ stato un viaggio divertente. Per i commenti spiritosi e caustici e dispettosi e provocatori, e divertente è stato giocare, a rispondere, a inventare, a ribattere.

E’ stato un viaggio interessante. Ho incontrato persone e visto cose diverse dalle solite, e conosciuto vite e situazioni, meccanismi e modi di fare. Ora son tornata a casa, alle mie Fragole Infinite che amo come una piantina vera, che innaffio e curo, come le violette del davanzale, o i giacinti del camino. Ma non sono a mani vuote.

Ho portato per voi dei souvenir, ricordi di viaggio. Tranquilli, nessun quadretto di ceramica con scritto Da Grazia andai, a te pensai e questo ricordo ti portai. Per il solo fatto che a scrivere tutti gli indirizzi mi faceva male la mano. Ma ho altre cose.


Ho la gioia vera. Che ho provato, davvero, ad alcuni sarò sembrata invasata ed esagerata, ma vedere lì, proprio lì, le cose che ho inventato io, pensato io, fissato io, vederle condivise da una marea di persone, è una soddisfazione grande, è un lago caldo nello stomaco, una specie di singhiozzo, e a niente servono i sette sorsi.
Ho l’entusiasmo. Che ci ho messo e metterò, la volontà, la voglia di far passare i miei sciocchi pensieri e quelli che sciocchi non sono, le mie finte scemenze e anche quelle vere, i miei racconti semiseri, che fanno molto ridere o molto piangere, a seconda delle volte.
Ho la sincerità. Con la quale racconto le cose che so e anche quelle che non so, improvviso qua e là, ogni tanto, ma lo faccio sorridendo e allora, forse proprio arrabbiarsi con me non ci si può, e poi, begli amici che siete, vi porto regali e voi mettete il muso?
Così, con queste cose nel cestino, con le Fragole che non si sono ammaccate nemmeno un pochino, torno qui. Disferò le valigie, non subito. Ora un bagno caldo e una tazza di thè, come si fa dopo i viaggi veri. E una musica, da treno, per questo quasi marzo che il ciliegio ha le gemme e senti un pò che caldo che fa già.



20 febbraio, 2007

Mistero svelato.


A mantenere i segreti non sono mica tanto brava. Però, questa volta, un pò mi è riuscito. Questo era il motivo della felicità di qualche giorno addietro.


Questo il motivo per cui mi è venuto qualche bell'attacco di ansia, leggerissima, per carità, ma intanto.


Questo il motivo per cui mi son chiesta più e più volte, Ma Chi, Io? Proprio Io?


Questo il motivo per cui ho chiesto all'edicolante di venderne più copie possibili e il giorno dopo sono ritornata dicendo di non venderne nessuna e poi il giorno dopo ancora a dirgli che sì, che facesse quel che voleva, tanto oramai.


Il motivo, mia cara signora, è che da domani e per una settimana, lei potrà leggermi qui. On line, mi dicono, dalle 16 di oggi. Le Fragole si fanno un giro, hanno già lì pronto il loro valigino e vanno a vedere il mondo.


E questo, Signora Mia, son soddisfazioni.
Ben lo si sa.






La frittata.


Celebrato degnamente il giorno della lentezza, beh, mica tanto, in fondo. Si sa, la vita delle persone che vogliono fare cinquecento cose diverso in una volta sola, in una giornata sola, che poi si fanno chiamare creative ed eclettiche, ma che la sera crollano miseramente, è tutt'altro che facile. Ma si va. Si gestiscono con agilità una quantità improba di questioni e situazioni, passando dal sacro al profano, dal diavolo all'acqua santa, dal futile al fondamentale. Ma va bene. Si considerava infatti che si sta vivendo una sorta di beatitudine continua, di tranquilla serenità, di moderata allegria. E pazienza se stamattina, ore 7, ci si è sorprese a stirare, in tailleur e senza scarpe, un pantalone della Princi. E che si è sussurrato minacciose il nome del liceale sulle scale, che non ne voleva sapere di uscire da quel letto. La mia vita, signora mia, mi piace da morire così com'è. E quella cosa che si vede dietro ai palazzi, quel tondo perfetto di un bell'arancione, che lo puoi guardare solo un minuto perchè se no ti abbaglia e vai a sbattere, non è mica una frittata, sa? E' il sole, signora mia, il so-le!!!

18 febbraio, 2007

Stesa.


Ah, domenica. La giornata in cui si può decidere in assoluto se fare qualcosa di esaltante, se fare qualcosa e basta, se non fare proprio niente e tanti saluti. Oggi avevo optato per la terza soluzione. Mi sarei alzata piuttosto tardi, avrei impostato un pane per la colazione, mi sarei ciondolata in camicia da notte di qui e di là per casa, avrei letto le notizie sbadigliando e guardando di fuori di tanto in tanto, avrei fatto un bagno di un'ora e un quarto avvolta in una nuvola di schiuma, avrei letto, ricamato e fatto solo le cose che piacevano a me. Bene, niente di tutto ciò. La mia domenica si è dipanata, ahimè troppo velocemente, fra bucati e stiraggi, fra trasporti, apparecchiamenti, sparecchiamenti e cose così. Non certo il massimo della vita. Solo adesso a pomeriggio inoltrato, che finalmente Ulisse riederà dalla sua domenica barcarola, che i figlioli son tutti sparsi, chi in città chi a studiacchiare, mi sono buttata e nemmeno tanto figuratamente, sul divano, crollata, per così dire, a ripetermi che nemmeno l'ultima delle Cenerentole, la terz'ultima delle Penelopi e la quart'ultima delle Signore Marie, quelle che arrivano presto e vanno via presto, ha mai passato una domenica così. Da ora e fino alla mezzanotte non muoverò una paglia. E allora sì, via al bagno, ai libri, a tutto il niente che voglio che io. Fino alla mezzanotte, ho detto. E se mi addormento prima? Già, non ci avevo pensato.

16 febbraio, 2007

L'inversamento.

Non c'è modo di scoprirlo. Neppure con un'interrogazione parlamentare o richiedendo l'intervento dell'ONU. Inutile. Il motivo per cui, in una sera come tante, che non è successo niente di male e niente di bene, che non è stata una giornata nè esaltante nè tremenda, nè opaca nè brillante, nè noiosa nè elettrizzante, una persona come tante si senta inversa. Al contrario. A testa in giù. Leggermente alterata. Nervosetta. Irascibile. Intrattabile. Insomma, inversa. Ed è chiaro al mondo che, se non si riesce a determinare la causa, men che meno ci si potrà porre rimedio. L'inversamento, sono un'esperta, và assecondato. Ascoltato. Bisogna gestirlo. Così, si potranno indirizzare un paio di urla ai figlioli, terapeutico e assolutamente liberatorio, quando li chiami per cena 7 volte e loro fanno finta di non sentire: perchè mai usare l'interfono di cui la tua casa ipertecnologica è testè dotata. Basterà mettersi al fondo delle scale, prendere un bel respiro e urlare un nome a caso, avete una bella rosa di scelta, e se proprio non si vuol far del torto a nessuno, basterà urlare un E' Prontoooooooo!!!!! che vi farà sentire subito meglio. E se sentono anche i vicini, pazienza, avete avuto fortuna e sono in odore di santità. Essere inversa non è una gran bella sensazione. Non si ha la concentrazione necessaria per leggere, nè per guardare un film. Si vede tutto cupo, tutto contro, tutto al contrario. Non bello. Mi sa che stasera è una di quelle che sere inverse. Eppure, ho già gridato e non mi è passato. Avrei dovuto saperlo. Le sere così arrivano come da manuale, dopo una giornata che non è successo niente di bene nè niente di male. Sì, però così non funziona. E se provassi a spaccare i piatti? Magari aiuta.

15 febbraio, 2007

Le nuvole.


Ha i capelli bagnati. Glielo dico da sempre, che non deve uscire col freddo e i capelli bagnati, in una cantilena che dà i nervi anche a me, mentre la dico, ma che si deve fare in questi casi, se non ascolta, le si deve provare proprio tutte, no? L'ho visto da lontano, riconosciuto, com'è ovvio, per quel suo passo ciondolante, un pò dandy, non saprei. Scarmigliato, arruffato, i pantaloni scesi, le scarpe con le stringhe diverse. Molto chic. Parla, parla, parla. Non ha mezze misure. Ha la straordinaria capacità di compiere il tragitto casa scuola senza dare un segno di vita, che non sai se dorme o cosa fa, eppure ha gli occhi aperti e sembra guardar dritto davanti a sè. O, al contrario, è in grado di rincoglionirti, con licenza parlando, con discussioni, richieste, descrizioni, e i secondo te e i ma spiegami una cosa, infarciti ovviamente da una sequela di esclamazioni non proprio eleganti. Sa farsi adorare, ha una collezione di sguardi che vanno dal tenero all'ombroso, dall'innocente al maledetto che mandano in confusione anche me, ogni tanto. E una risata che conquista. Lo ben sanno le figliole che gli si avvinghiano addosso fuori dalla scuola, e lo chiamano squittendo, occhi svenevoli e sorrisi di candida malizia. Ieri sera, voleva dirmi. Cioè, non proprio. Voleva e non voleva, non so. Svelarmi senza dire, raccontare senza fare nè nomi nè allusioni, di una storia con una fanciulla, biondina, pare, che gli ha rubato il cuore in questi giorni. E tornando a casa, che parlava e parlava, ad un tratto mi dice Guarda Mamma, l'America Latina! E io mi sono scoperta a sorridere, felice, fortunata e privilegiata, di avere un figlio così, grande così, bello così, un figlio innamorato che guarda le nuvole.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...