25 ottobre, 2007

Un'autoreggente ci salverà.


Nel senso di calza, com'è ovvio che sia. Eccheccavolo, vogliamo tirarci un pò sù, in maniera del tutto innocente e casta e pura? Chi l'ha mai detto che le autoreggenti siano sinonimo di postribolo, storie torbide e donne di malaffare? So di donnine con l'espressione di Bernadette che indossano intimo da urlo, ogni mattina, senza per questo aver annotato in agenda Dentista quando invece si recano al motel più vicino. E' una pratica del tutto consentita. In realtà non sono una grande estimatrice di siffatto articolo. La gommina degli elastici mi dà allergia, ho sempre la sensazione che mi scivolino giù, e, diciamolo, non è proprio una bella esperienza. Però piacciono, eccome. E lei, signora mia dalla faccia stupita e scandalizzata, sappia che, se si fa un giro da Calzedonia, le fantasie più belle e più cool sono proprio del genere autoreggente, con un pizzo alto e fascinoso, sexissime, coprenti il giusto e dai colori più eleganti. E quindi? E quindi si rechi. Acquisti a man bassa la fantasia a piccoli pois, oppure quelle righine lì che sotto al tailleur traslucido stanno che è un amore, le abbini unicamente a ballerine ultraflat per scongiurare l'effetto Raccordo Anulare e via. E cosa importa se così apparecchiata stile Mamma dello Sposo si spinge solo fino al mercato a comprare i mandarini di Sicilia. Sotto sotto si sentirà irresistibile, una specie di Michela Brambilla di noialtri. Come dice? teme un raffreddore? Ohibò. Ma come devo fare io, con lei?

24 ottobre, 2007

Lezioni di volo.


No, anzi, di guida. E nemmeno tanto lezione, in verità, che cosa devo insegnargli, se guida già come me o quasi? Và detto che la mia macchina è molto simile a quella degli autoscontri, schiacci e vai, non devi star lì a scalare, cambiare, grattare con la frizione, andar su di giri, partire in quarta e cose del genere. Si chiama cambio automatico, bellina. Comunque, oggi, mi è successo. E mi sono trovata lì, un pò ebete, a guardare questa sventola di figliolo, bello, bello e ancora bello, vestito come me alla sua età, il pullover a punta e la Lacoste, bello come si può essere belli a diciassette anni, bello come lo sono in pochi, fuori dal liceo per me che sono la sua mamma, è maledettamente ovvio, è figlio mio. Ma anche per la Biondina Casco d'Oro, mi sa tanto, e un'altra mezza dozzine di figliole sparse di qua e di là in varie scuole cittadine. Non vuole che parli di lui, si arrabbia sempre o fa finta, mi sbarra quegli occhi a fanale, colore della nutella, colore delle castagne selvatiche, quelle da mettersi in tasca per scacciare il raffreddore, quelle che non si mangiano, colore della palude d'estate, un pò verdastri un pò marroncini, un pò di mio e pò di suo padre, che li ha verdi come il lago. Si arrabbierà anche stavolta. Ma oggi che guidava, con quell'espressione concentrata e strafottente, e fiera anche, Lo Vedi, So Già Guidare, che abbiamo fatto il giro dl villaggio che è tranquillo e non c'è nessuno e non è da arresto immediato, oggi, anche oggi l'ho visto un pò più grande. E adesso non menerò il torrone, dicendo che sigh, quanto è già grande e che non vorrei, ma solo confessargli che ho fatto una grande sceneggiata e che non andava affatto veloce, e che l'ho visto sicuro e capace e che non ho avuto paura nemmeno per un istante, nemmeno quando facevo finta di, e che è bello, bello, bello come il sole. E che io, la sua mamma, lo amo da morire. E adesso, si arrabbi pure.

Il ferro da stiro.


Si capisce da subito. Dalla pesantezza che hanno le gambe a scendere dal letto, dai minuti in cui si indugia sulla sponda, guardando fuori, gli alberi, il cielo e poi di nuovo gli alberi e poi di nuovo il cielo, senza spinta, senza voglia, senza e basta. In realtà, qualcosa non funzionava già da questa notte, quando scalze ci si è spinte fino in cucina, a fare uscire il gatto e a bere, bere, bere tonnellate di acqua per mandarlo giù. Ma lui non si è mosso. E' rimasto lì, appeso al suo solito posto, ben accomodato, pesante e ingombrante, sul petto. Un peso sul cuore. Una nostalgia, non so di cosa. Una specie di tristezza ma no che non sono triste, allora è preoccupazione? ma nemmeno, no, non mi preoccupa niente che non sia di ordinaria amministrazione, le solite sciocche cose di una vita comune e semplice. E allora. Allora è lui, questo fardello che ho, il ferro da stiro che non stira ma sta lì, una specie di stanchezza, una specie di mille sensazioni che non si decifrano, ma nessuna gradevole, in ogni caso. CI si sente un palloncino sgonfio, un soufflè squacciato, una lattina di Coca Cola aperta da due giorni. Si cercherà. Di sciogliere questo ammasso di ferraglia, di spostarlo almeno un pochino, di sorridere, magari e non di stare lì a pensarci sù, e a dire, ecco, lo sapevo, eccolo di nuovo, e adesso? Ci si attrezzerà, in qualche modo, che cosa si fa per spostare i ferri da stiro, si spruzzano quintali di appretto sul collo della camicia, così da farlo scorrere meglio, no? E tu spruzza, coraggio, che il ferro scivolerà. Spruzza, muoviti e sospira, vuota fanciulla che ancora non sai che il cuore, bellezza, no che non si stira.

22 ottobre, 2007

Che ne sarà di voi.

Vedo viola. E compro. Senza un progetto preciso, senza dover dire, devo fare un maglioncino, una sciarpa, un copriteiera, uno scaldanaso, insomma, Così, mi capita di avere tonnellate di lana multicolore, in ogni sfumatura, con brilli e senza,acquistata di slancio, senza pensarci troppo, sprimacciandola per bene come si fa con i cuscini, per sentirne la morbidezza, annusandola, per sentirne il profumo di fabbrica che ha la lana nuova, appena tolta dal sacchetto o dalla scatola trasparente e rigida, passandomela sulla guancia per immaginare che tipo di sensazione potrà mai darmi, una volta addosso a me, o ai miei figli. Così, ecco la fornitura di queste ultime settimane, viola, viola e ancora viola. Di quella più complicata, pelosetta e morbidissima, sottile con dei minuscoli fiorellini di ciniglia attorcigliati al filo, un delirio se la disfi, ma così bella che sembra una specie di nuvola, ne sto facendo un...un... una...beh, ancora non si capisce cosa. Ho messo dei punti e vado sù. E vado in giro coi pensieri, senza muovermi da casa mia, volo, volo e volo, per di qua e per di là, mare, scuola, crucci e magoni, e risate, qualche volta. Sono giorni di strana confusione mentale, strano, inconscio disinteresse alle questioni terrene, una sorta di sonnolenza diffusa, di malavoglia malcelata, di cattivo umore cacciato giù col Supradyn del mattino, di nervoso tenuto sotto controllo riempiendo l'agenda di cose da fare, qualcuna fondamentale, altre così superflue che mi viene da chiedermi se sono scema o cosa. Intanto, un altro giorno eccolo qua, un'insegnante di greco mi attende dalle 10 alle 11, dovrò chiamare l'elettricista e sistemare lo scaffale delle tovaglie, e poi e poi e poi. Che ne sarà, quindi di me. E dei miei gomitoli, anche.


21 ottobre, 2007

Se è domenica.


C'è uno splendido, irripetibile momento, che dura un battito ma che fa stare così bene ed è quel preciso istante in cui si aprono gli occhi e si realizza con voluta sorpresa che è domenica. Così, gli occhi si richiudono e si realizza, al tatto, che forse il tuo sposo è già sveglio da ore e ha chiuso la porta per lasciarti dormire ancora, senza che gli attacchi di figli, e/o cane e/o gatti possano in qualche modo turbare il tuo risveglio. Si sta lì, a pensare a niente, a guardare fuori, o trovando un'altra posizione, rigirarsi sotto al piumone, fuori è freddissimo, speri, così questo calore è ancora più prezioso. Se è domenica ci si alza piano, senza schizzar fuori dal letto e senza fare rumore. Di sotto si preparerà una tavola vera, da colazione vera, tranquilla, senza mai guardare l'orologio del forno. Pranzeremo a mezzogiorno, alla una, alle due? E chi lo sa. Se è domenica, hai il lusso assoluto di poter decidere che cosa fare, se sistemare i vasi dei fiori, se fare maglia o leggere, se guardare un vecchio film, vedere gli amici o se fare proprio un bel niente. Se è domenica, i ragazzi si svegliano tardi e già chiacchierano, non come il giovedì, per esempio, con la loro collezione di MHN e BOH coi quali rispondono ad ogni sollecitazione esterna effettuata prima di uscire di casa. Se è domenica si può anche decidere in tutta calma il menù, lasagne, di solito, che fanno impazzire il Giovane Holden che riede nella casa paterna, dopo una settimana di studio e di pasta al burro. Si sfoglieranno senza troppa attenzione i libri di cucina per improvvisare qualcosa di mai provato, e si farà tutto con ricercata lentezza, sentendo la musica, e canticchiando piano. Il tutto, rigorosamente in camicia da notte e calzettoni,certo non il massimo della seduzione ma in fondo, mica devo fare un calendario. Il pomeriggio sarà all'insegna del casalingo, ci si godrà la propria casa e i suoi abitanti, un thè verso le 6 e una cena improvvisata, salata e dolce insieme, forse la pasta fredda del pranzo, che sa così di domenica sera, uno strascico di festa, come a non farla andare via. Ogni regola viene ribaltata e adattata a quel che più ci piace, forse non son cose che fan tutti, e qualcuno forse avrebbe da ridire per questo metodo un pò selvaggio un pò misantropo. Ma ogni cosa, ogni comportamento astruso e fuori dall'ordinario viene perdonato e testè condonato, se è domenica.

19 ottobre, 2007

Josephine.

Non me lo aspettavo. Certo, qualcuno il posto lo conosceva già, ma insomma, trovarsi lì a fare le sciure, coi figli sistemati, a sorseggiare thè in tazze vintage e disquisire di matcha e couscous, oltre che di aumenti, punti e lane pregiate. Un pomeriggio tranquillo, nemmeno un pettegolezzo, solo una specie di tranquillità antica, eravamo in un salotto meraviglioso, affacciato a una piazza del Duomo così bianca e ordinata da sembrare surreale, ma potevamo essere in un cortile qualsiasi, sulle seggioline di plastica, nel sole, in un ottobre dei primi anni 60. Abbiamo incontrato nuove amiche, scoperto affinità che non si credevano. E' stato bello. Tutto qui.




Quanto alla location, beh, le immagini parlano da sole. E' un ambiente che è anche bello da guardare, seguendo con gli occhi la moquette dorata fin sotto i mobili, i divani da sprofondarcisi sopra, le candele dentro al camino, le lampade retrò. E' un salotto, certamente, ma anche un fine ristorante, dove si possono trovare vini piemontesi e piatti del territorio semplici ed eleganti, agnolotti divini e pollo alla cacciatora, per cominciare, e golosi dolcetti, per finire. Sta diventando un cult, in una città dove ogni novità viene accolta storcendo il naso, questa isola di buon gusto e raffinatezza fa parlare molto di sè. Un grazie speciale a Daniela, attenta padrona di casa, che ha aperto le porte del suo salotto soltanto per noi. Ma, promette, lo riaprirà ogni mese. E ogni martedì, a partire dal 23 ottobre con serate di musica e arte. Eravamo qui per lavorare a maglia e quante cose abbiamo scoperto. Ma guarda un pò.


Il Salotto di Josephine

Via Parma 10

Alessandria

Tel. 0131 253971

18 ottobre, 2007

Purple meme a sorpesa!

Un regalo inaspettato, e proprio per questo più gradito e apprezzato. La Signora delle Perle Vere mi ha fatto questo dono. Violette Leone, tre chili di lavanda e il famigerato cardamomo, stanato in chissà quale antica erboristeria che solo Lei conosce, mi sa. Il tutto a sorpresa, a sorpresissima. Quando i purple meme te li fanno i non-blogger sono ancora più divertenti, no? Un miliardo di grazie. Ma tanto, ci si vede quest'oggi al Knit Cafè di Josephine. Ricambierò il fantastico pensiero. No, con la collana, meglio di no.


Potevo sottrarmi?

Ma certo che no. Io ero lì, loro erano lì, splendenti, violissime e fintissime, che sono così in voga, signora cara, e poi una signora non è mica una signora se non ha un giro di perle, sì, anche per andare a far la spesa o portare a spasso il cane. Che io le adori, non v'è dubbio alcuno. Le perle hanno su di me un effetto speciale, soprattutto in autunno, che il sole c'è e non c'è, e allora sì, un bel tocco di luce sul vestito nerissimo, a occhieggiare discreto da sotto la maglia, anche dalla felpa, perchè no, quando esco di casa così come mi trovo, coi calzettoni, magari, le maglie coi fumetti, i jeans di 20 anni fa, che dovrei buttare, invero, ma come si fa. Non ho proprio resistito. Le perle in questione, di vetro che tintinnano e fanno quel bel rumore che amo, rigorosamente made in China, e dove se no, facevano la loro bella figura in un banco del famoso mercato di Corso Palestro. E' da sempre la meta obbligata delle segretarie in pausa pranzo, delle dame torinesi in controtendenza, di chi è a spasso in via Cernaia e passa di qui per comprare la frutta. L'ho frequentato piuttosto, qulcosa come , vediamo, ventiquattro? (brrrrr) anni fa, segretaria al primissimo impiego. Ieri, invece, col mio sposo, attendendo l'arrivo dalla facoltà del giovane Holden. Le perle erano lì. di ogni colore, a un prezzo ridicolo. Come non accaparrarsene una bella manciata? Serviranno per regali estemporanei alle Amiche del Cuore, pensieri carini in mattine di gelo. Scalderanno, come i guanti di lana e le magliette delle salute. E se costano solo 2 euro, in fondo, ma cosa importa. Sono finte, cinesi e viola. Non si era detto che bastava il pensiero?

17 ottobre, 2007

Ode al Cannolo.


Si fa presto a dire cannolo. Tutte le pasticcerie dello stivale producono due cose: i baci e i cannoli. Di baci so poco: due parti perfette che custodiscono un dolcissimo ripieno, baciandosi, appunto. Ma questo cannolo qua è una vera istituzione. Reperito con facilità nella pasticceria cittadina più famosa, possibilmente la domenica mattina, che entri e prendi il numero e aspetti e lanci occhiate oblique a chi ti sta davanti e preghi in cuor tuo che non si portino via tutti quelli alla nutella, che a casa aspettano soltanto quelli. La clientela della Antica Pasticceria è variegata: donnine appena uscite dalla Messa in Duomo, mamme con fanciulli, futuri generi invitati al desco della famiglia della futura sposa. E per la prima volta. Religiosamente, si porterà il pacchettino avvolto in carta candida e nastro giallino fino all'automobile, per riporlo con grande cura sul sedile anteriore, accanto ai giornali. Il cannolo si consuma come un rito, la domenica dopo pranzo. E’ l’unico dolce al mondo che non ha bisogno di tanta coreografia: anche il vassoio di cartone ondulato della pasticceria medesima andrà benissimo, tanto, nessuno osserverebbe il piatto d’argento o di design. Gli occhi, infatti sono tutti per lui. Il cannolo viene generalmente consumato in multipli di 3. Uno non basta. Coi suoi innumerevoli i gusti, dalla crema al cioccolato, dal moscato alla nocciola, il cannolo si afferra con due dita e si gusta in due bocconi: uno per dividerlo a metà, e l’altro per finirlo, masticando con grazia, per gustarlo fino in fondo, un attimo prima di servirvi del successivo. So per certo che alcuni luminari lo prescrivono ai loro pazienti come terapia antidepressiva, gusti a scelta, ma è la nutella il gusto più richiesto. Utile anche per sedare incazzature di vario genere, magoni latenti e neutralizzare giornate un po’ così. Consumatelo con serenità, esportatelo alle cene fra amici fuori dalla provincia e perchè no, dalla regione. Certo, le calorie sono notevoli, ma suvvia, domenica è sempre domenica. E poi, ve lo dico sottovoce, se farete un pò di attenzione e vi muoverete con circospezione, nessuno potrà mai cogliervi in castagna. Né trovare indizi. Un vero cannolo che si rispetti non fa briciole. Che grande invenzione.
Pasticceria Zoccola
Corso Lamarmora 61
Alessandria

Il collezionista di sciarpe.



Non l’avessero mai fatto. I miei figli hanno scoperto le sciarpe fatte a mano. Che mi piaccia dilettarmi con lane, aghi, ferri da maglia, tele da ricamo e uncinettame vario, è cosa ben nota, oramai. Trovo l’intera vicenda molto rilassante, creativa, e anche terapeutica. I pensieri che saltano fuori da una mezz’ora di diritto e rovescio, signora, lei proprio non se li immagina. Ad ogni buon conto i miei figlioli avevano, anni addietro, issato la bandiera della protesta: non vogliamo più le maglie fatte da te, chè a scuola ce le abbiamo soltanto noi, perciò giuriamo e spergiuriamo di indossarle soltanto per sciare e/o per le visite al ghiacciaio. Fine del comunicato. Così, avevo temporaneamente sospeso le mie produzioni. Ho detto temporaneamente. Già perché adesso ho ripreso alla grande. E’ stata la Princi Gomitolo a dare il via. Vedendo la sciarpina violacea che mi stavo confezionando da me sola e per me sola, ha arricciato il naso: carina! Ne fai una anche a me? Beh, dico, una sciarpa per una bimba mi porterà via non più di un paio d’ore, considerando il numero dei ferri, diciamo un bel 6,5. Confezionata che l’ebbi anche per la princi, ecco il medio e poi il grande e poi il grande grande, anche a me, anche a me, manco fosse l’assalto al forno di Milano. Devo dire che brava son brava, e che chi si loda s’imbroda e che tanto và la gatta al lardo e ccetera eccetera. In fondo, la sciarpa è decisamente l’articolo che dà più soddisfazione: si và veloce, ci vuole poca lana, e, per me che voglio tutto e subito, è finita in fretta. Ma ne vogliono davvero una per colore, tanto che sospetto fortemente che abbiano impiantato una sorta di mercato parallelo nel cortile del liceo. Ma che importa, in fondo. Io sferruzzo, penso e mi rilasso. E loro, belli come il sole, si portano a spasso un costante abbraccio della mamma. Forse, lo sanno anche loro.

15 ottobre, 2007

Knitting Club.


Certamente. Giovedì che viene, il 18, per la precisione. Facendo la maglia si possono fare una quantità di cose mai immaginate nè immaginabili. Si può stilare la lista della spesa, mettere a prova la propria memoria recitando una poesia imparata alle elementari, guardare finalmente un film in santissima pace, magari con le cuffie alle orecchie per non sentire neppure il telefono. Si sa, da sempre il lavorare a maglia è considerato un passatempo da casa di riposo, ma ahimè, quelli che oggi lo pensano ancora sono rimasti davvero troppo, troppo indietro. Se la mattina vi è scivolata via come una medusa, se avete nel pomeriggio un appuntamento al quale preferireste una bella indigestione, se avete una serie di grattacapi cui trovare urgentemente una soluzione, altro non v'è, da fare. Un gomitolo, due ferri, un uncinetto, magari. Recatevi leste al prossimo Knit Cafè, uguale a questo e pure a questo.
Giovedì 18 ottobre
dalle 16 alle 19
Sala da thè
A Casa di Josephine
Via Parma 10
Alessandria
Chi non viene dovrà, la prossima volta, portare una giustificazione. Non vale INDISPOSIZIONE, nè MOTIVI DI FAMIGLIA. E, a pensarci bene, nemmeno INDIGESTIONE.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...