19 luglio, 2011

Ode al Tratto Pen.


Che mi piacciano le cartolerie non è mistero. Che non è la stessa cosa della corsia del supermercato, quella riservata a penne e quaderni, dove di solito mi reco ad annusare la Coccoina. Oggi, i servizi che avevo da fare in città, perchè così qualcuno chiama far le commissioni, mi ha richiamato all'interno di una bella cartoleria del centro, quella dove vado a fare i fax, dacchè in casa nostra la parola fax è bandita dal lontano 1991, e si considera tale pratica obsoleta e assurda, tanto che, se proprio vi punge vaghezza di vedere il mio Illustrissimo e Degnissimo Sposo imbufalito, provate a dirgli Mi Faccia Un Fax. Qualche volta la mia Amica delle Perle viene in mio soccorso e mi manda qualche fax sottobanco, al mercato nero, una roba del genere. Fatt'è che in cartoleria mi trovavo e aspettavo il mio turno. Ho passato in rassegna le stilografiche, che anche quelle mi piacciono parecchio dai tempi della mia bella Pelikan Rossa, classe II A, Scuola Elementare Statale Giuseppe Maria Giulietti, eccetera. Le scatole di pastelli, le risme di carte colorate, i bigliettini di compleanno e poi. Li ho visti. Erano lì, nei loro bei contenitori rotondi. E li ho riconosciuti. Il Tratto Pen è una scoperta di metà anni 70 credo, non sono andata ancora a cercare quando siano nati, in realtà. So solo che me ne sono innamorata da subito: blù, rosso, e verde, il nero no, non ne ho mai avuto nessuno, non mi piaceva. Ci ho scritto di tutto. Il diario, per cominciare. E gli appunti, quadernate e quadernate di appunti. Addirittura, una volta ho fatto anche un tema scritto in verde, e mi è stato detto che no, non si poteva, ma io, candida, ho ribattuto che me ne ero accorta solo a metà della stesura e allora. Ci ho scritto un sacco di lettere. E cartoline, quando ancora si scrivevano le cartoline dal mare, dalla gita. Ho firmato i diari degli altri, le fotografie di classe, ma che orribili si è mai nelle foto di classe. Col Tratto Pen rosso scrivevo dei bigliettini che ripiegavo in quattro e affidavo alle preziose mani della Silvia, che andava al Liceo. Si dà il caso che al Liceo ci fosse uno dei miei sciagurati amori , quello dei 15 anni, e la Silvia aveva il compito di recapitargli le mie missive. LaSilvia, proprio lei, con l'articolo, che conosco tante Silvie, ma solo lei è LaSilvia. Che un pò mi dispiace di aver perso per strada, e sì che ci siamo incontrate ancora con tutti i figli, ma chissà come e perchè, alla fine non ci sentiamo più. Il Tratto Pen è un credo, una dottrina, un modo di essere, prima che un modo di scrivere. Un pò retrò, ha un suo rito, perchè non è penna e non è pennarello. E poi, ha il cappuccio. Che si deve togliere con grazia, e non con le mani, con la bocca. e va tenuto lì, fino alla fine dello scritto. Se no, se lo togli e lo lasci in giro, addio Tratto Pen. Oppure, se proprio si è troppo educati per non tenere un tappo in bocca, lo si rigira con stile fra le dita, per concentrarsi meglio, per sapere bene bene che cosa scrivere e come. Il Tratto Pen ti dona una scrittura tonda e buffa, che scivola via, più veloce della PennaBicPuntaFine. Di TrattoPen, questa mattina, ne ho comprati una manciata: rosso, blu, verde, ancora e poi viola e arancione e fucsia. Adesso devo solo decidere con quale colore scrivere. Come che cosa. Una lettera. Una lettera alla Silvia. Per dirle che la penso spesso e che le voglio sempre bene. Sempre. Fin dai tempi del Tratto Pen.

18 luglio, 2011

Strana? Ma no.

Che questa non fosse un'estate come tutte le altre, lo si era capito da un pezzo. Nel senso che erano i tempi che non combaciavano. Che non si fasavano. Che non erano allineati. Si passava da caldi torridi a temporali da salti nel letto, ma quello, in realtà, succedeva un pò tutte le estati. Solo, un pò più tardi. E poi, c'erano valigie da preparare e da disfare, come gli altri anni, del resto. Solo, un pò prima. O un pò dopo. E poi c'erano i libri da prenotare, ovvio, questo rimaneva uguale. Anzi no, da un bel pò non si avevano due licei, due corsi scolastici uguali, lassù, nella Casa in Collina. Insomma, riflettendo sulle sorti umane e cosmiche e sul senso della vita, Ella si accingeva ad iniziare una settimana all'insegna del corri di qui e passa di là, quattro giorni non sono molti per fare duemilacinquecentoquarantatrè cose ma, alla fine, uno deve farcela. Così si stilano elenchi di ThingsToDo, che appena ne cancelli una con sollievo e dici Ok, Fatto, subito ne devi aggiungere altre due/tre al fondo e allora la lista non finisce mai, e allora così non vale, ma a pensarci bene questo, solo questo, succede proprio tutti gli anni, d'estate, e allora non c'è nulla di strano, nulla di fuori dal normale, uno corre e corre, e fa e fa, in quattro giorni quel che riesce. Al resto, mi aiuti a dire, si penserà poi.

13 luglio, 2011

Il cielo che avvolge.

Che strana mattina, lassù, nella Casa in Collina. Ci sono strani colori e strani sentimenti, e strane cose da fare, qui si assiste, ormai è vacanza conclamata, si assiste e basta, chi lavora, chi studia, chi tornerà presto, chi alla fine pitturerà. Si è usciti sul mezzogiorno, non che facesse caldo, ma c'era quell'aria strana di melassa, appiccicata, quel senso di pesante sulla testa e tutt'intorno, si corre sì, sullo sterrato, sul sentiero, sulla stradina di ghiaia, si prova perfino a correre nel grano, quello appena tagliato, il contadino non c'è, è un bel rumore quello del grano tagliato da poco. Il cielo intanto guarda giù, senza colore e senza forma, senza nessun messaggio per me e per nessuno, senza nuvole, senza niente. E' una strana sensazione, quella di quando senti che sta per piovere ma che sai che poi alla fine nemmeno pioverà, è una continua attesa, allora, piovi o non piovi? così ci togliamo il pensiero e la finiamo qui. Invece no. Il cielo si allarga sempre di più, diventa cupola e coperchio, fondina a proteggere la scodella del latte dai moscerini, e ti avvolge ma non di un abbraccio, sarebbe troppo bello, ma di una pellicola trasparente e invisibile, che ti fa muovere a fatica, valigia all'aeroporto, avanzo nel frigorifero. Attenta, attenta davvero, corri un pò più forte e non farti catturare, il cielo va più veloce di te ma tu hai scarpe con stringhe magiche che riescono anche a sollevarti, dove necessario, e corri, corri più che puoi, la pellicola non ti prenderà, non ti costringerà, non ti fermerà, corri, sciocca, scappa finchè sei in tempo, passa dal frutteto che la strada è più corta, lo senti, una goccia, cinque gocce, dieci, mille. Alla fine, hai visto, piove.

12 luglio, 2011

Ode al Pesto alla Genovese.

Meglio di un mazzo di rose Blue Moon. Domenica, l'Illustrissimo Sposo e la Scrivente si sono recati in visita pastorale Urbi et Orbi eccetera in località Ronchetto, residenza estiva di una famiglia di amici, che alla fine genitori son di uno degli Scavezzacollo amico del Liceale che frequenta la nostra magione. Essi, a saldo fattura per un'opera ingegneristica svolta per aggiustare un pozzo, ci hanno fatto dono di un cestone, anzi, due, di verdura freschissima della loro sterminata piantagione ortofrutticola, a km. zero, senza pesticidi, senza emissioni e cose così. Nel cestone, era anche compreso un mazzo di basilico di rara bellezza, di irresistibile profumo, e io che al basilico sono devota, e che mi piacerebbe tanto averne un simile mazzo nel mio terrazzo, l'ho sistemato con grazia in un bel vaso di IkeaCristallo a guisa di un vaso di preziosissime rose. Ma i miei figlioli, che affamati son, che scellerati son, mi hanno dato un'idea. Perchè Non Fai Il Pesto? Già, perchè? Così, mi sono messa di puntiglio e via. Ho contattato la mia Amica Genovese, non quella sull'Isola, che tempo non ha per me, ma Anna, e mi sono fatta dare con precisione la vera, verace, originale ricetta. Tempo zero, un profumatissimo pesto era pronto. Non frullato, ma pestato con pestello e mezzaluna com'è ovvio che sia. Inutile dire che è venuto un'ambrosia e che l'esperimento è riuscito in maniera eccellente. I figlioli felici, il pesto dato in sposo alle trenette, anche. Tristanzuola ero io. Il mio mazzo di basilico profumato ora è ridotto a meravigliosa crema e riposa in pace nel frigorifero. Che fare?  Il basilichino del mio terrazzo conta foglie 32 e certo non ho cuore di smantellarlo. Urge un'altra visita alla Regia Piantagione. Avete forse un altro pozzo da aggiustare? Illustre Ingegnere presta propria opera, H24, rivolgetevi con fiducia. Figlioli e trenette, nel frattempo, ringraziano.

11 luglio, 2011

A chi come a me.


A chi come a me capitano cose così. A chi come a me capitano giorni di sole pienissimo e di meraviglia e subito dopo smarrimenti e paure, un giorno così e un giorno cosà, il buio e la luce, con una velocità e una semplicità e una immediatezza che spaventa e destabilizza. E' perchè sei femmina, ho letto una volta in un libro, e forse è così, le femmine sono noiose, a volte e non si sa mai bene che cosa pensano veramente e come stanno, e un momento sono fiori profumati e un attimo dopo ortiche secche, di quelle che crescono nelle case abbandonate, col tetto crollato, che fascino hanno per me le case abbandonate, le vecchie fabbriche, le cave come quella di Santo Stefano, il solo posto al mondo dove mi sento più che in pace, il mare sotto, il cielo sopra, e quel senso di abbandono e di silenzio e di lontano, e di passato,  i lavandini di granito, gli agave, le carrucole arrugginite e quella statua che abbraccio ogni volta, con quello sguardo altero che vedo io soltanto e che guarda lontano, Ma Dove Lo Vedi Che Guarda, E' Pietra, invece no, guarda i marinai, guarda le onde, le navi,  guarda il vento, che il vento non si può guardare ma soltanto sentire e annusare. A chi come a me piace inventare storie e cose e situazioni e piccole favole, ne ho scritte tante e quelle che non ho scritto ho raccontato a memoria, inventato lì per lì e non le ricordo nemmeno più, quante volte ho raccontato di quella fata e di quel bosco e c'era una volta una bambina che, e un castello e un'astronave magica che ti portava dove volevi tu, solo schiacciando un bottoncino fatto a forma di pomodoro, chissà perchè. A chi come a me piace l'odore del mattino che si sente dalla mia finestra, che ha ancora un pò del temporale di ieri sera, il temporale non è solo un fatto atmosferico, non è che dici, Toh, Tuona, no, è un segno del destino, è una follia, ti scuote e ti fa paura, ma poi si rasserena ed è tutto più bello e più lucido, e affascina, affascina e rapisce, è la natura che si manifesta, è la forza e la bellezza, i colori che non ti aspetti, l'odore dell'acqua e della luce. A chi sente come me l'odore della luce, a chi inventa storie e storie che poi non ricorda nemmeno, a chi abbraccia statue calde di sole, a chi sogna di entrare in una fabbrica abbandonata, ortica secca e fiore di magnolia, un giorno in un modo e un giorno diverso, E' Che Sei Femmina, mi sa che han ragione.


08 luglio, 2011

E' fiorita la miseria.

Di per sè non è una grande notizia. La miseria fiorisce e fiorisce in ogni parte del mondo, non è che arrivo io e scopro l'uovo sodo. Ma non mi è mai capitato di vederla qui, nel vaso scrostato accanto al pratino, io di solito vedo quella del mare, quella dell'Isola, che più che un vaso è una foresta, adesso, e lo sa bene la mia Amica del 12, che la vede tutti i giorni, a patto che non sia sù e giù per l'Arcipelago. La miseria che fiorisce in città ha un senso ben definito, ti fa essere un pò in pace col mondo, dire Lo Vedi? che meraviglia è mai questa, stamattina che ho trafficato in giardino, che ho annusato una per una le erbe aromatiche, la menta, la maggiorana, che avevo comprato storcendo il naso e invece è così buona la maggiorana, sa di bello e d'estate, che ci sono nuvole e fa caldissimo, ma non è che importi granchè. Ho raccolto ortensie per i mille vasi disseminati per casa, vasi di nutella e di maionese ricoperti coi colori che piacciono a me, è una grande invenzione. La scoperta del fiore di miseria mi ha messo di buonissimo umore, basta così poco a volte, mi ha fatto pensare alle isole, anche a quella scellerata di Afef che invece è nelle Cicladi o giù di lì, perchè questa miseria qui me l'ha regalata lei l'anno scorso, un rametto che ho custodito, pallido e verdino per tutto l'inverno e che adesso è esploso nel colore che più amo al mondo e mi piace innaffiare con lo spruzzo della gomma, perchè le foglioline di velluto trattengono un pò le gocce e sembrano piccolissimi diamanti luminosi. Il fiorellino della miseria è un fiore che ha in sè proprietà calmanti e rigeneranti, non l'ha detto ancora nessuno ma lo dico io adesso, è un rosa bello e spunta improvviso quando pensavi che l'unica soluzione fosse startene ferma a contare quanti minuti durano i tuoi momenti assurdi e a lagnarti e lagnarti come fanno le donnicciole al mercato. E' un caldo luglio lassù nella Casa in Collina, ci sono bei pensieri che rotolano e ballano nella testa di chi scrive, di chi si rischiara l'anima con un fiorellino, di chi sorride, di chi ha trovato un modo e sorride, si rincuora e sorride,  pensa alle Isole e sorride.

07 luglio, 2011

L'efferato delitto.

L'ora non è ancora stata stabilita, ma si presume risalga intorno alle 23 ora italiana del 6 luglio scorso. La macabra scoperta, accompagnata da un lievissimo disappunto e da un impercettibile bleah è stata fatta la mattina del giorno seguente, il 7 luglio, alle ore 7,30 circa, cioè oggi, cioè pochi minuti fa. Sono state rinvenute sul pianerottolo di casa, quello lindo e pulito e dove il vento tutt'al più spinge con dolcezza petali di rosa e rametti di pino, piume e penne di ogni genere, accompagnate da ossicini, qualche budella sparsa, robe così. Di zampe e becco nemmeno l'ombra. Ora. Il numero dei RIS di Parma risultava occupato, nessuno lassù nella Casa in Collina che si volesse prendere la briga non certo il gusto di occuparsi della vicenda. Si è tirato a sorte ( ma dove) ed è toccato a me. Molto bene, si disse, la mattina comincia proprio nel modo più consono, a raccogliere piccioni smangiucchiati e abbandonati come trofeo sullo zerbino di casa, quello col cuore rosso, signora mia, ha presente? Ben perciò, proseguì, se s'ha da fare, che si faccia e alla svelta, così non ci si pensa più. Armata di alcool, disinfettanti vari, mi mancava il napalm ma in dispensa la boccettina era vuota, ho cancellato ogni traccia del povero animale. Non senza schifo, mi si comprenda. Il maggior indiziato, autore di tale scelleratezza è lui, Philadelphia, il candido gatto di casa, già iscritto nel registro degli indagati e in attesa di essere sentito dagli inquirenti. Latitante e contumace, dacchè ha fatto perdere le proprie tracce, e sì che era stato visto dormire beato sulla corteccia di pino delle rose e dopo un attimo, sparito, visto l'aria che tirava. Molto bene, si avvarrà della facoltà di non rispondere. Nel frattempo, lassù nella Casa in Collina la giornata inizia benissimo, la colazione si farà un'altra volta, è la quindicesima volta che mi lavo le mani anche se indossavo dei guanti a cuoricini che erano un amore e che ho buttato nell'indifferenziata. E pensare che io, di sangue di piccione, conoscevo soltanto i rubini. "Sic transit gloria mundi", chi è che lo diceva?

05 luglio, 2011

Al contrario.

Ci sono giorni in cui. Ci sono giorni dove. Ci sono giorni i quali. Ci sono e basta. Ci sono giorni che non dovrebbero cominciare dall'inizio, come tutti, con la sveglia, gli sbadigli, la doccia, la colazione. Ci sono giorni che dovrebbero iniziare dalla fine, con quel senso di sollievo che dici, Ok, Se Ne è Andato. Giorni come oggi, inconcludenti, a perdere tempo, a fare file, ad avere caldo, a rendersi conto di cose sgradevoli, ad essere io stessa una cosa sgradevole a me stessa, da tanto che non sopporto questo mio essere così, certi giorni dovrebbero avere un colore diverso, sul calendario, individuati prima e segnati col cerchiolino rosso, come si scrive l'appuntamento dal dentista e la macchina a fare il tagliando. Ed evitati, accuratamente. Sarebbe semplice, in fondo. Si guarda bene, oggi 5 luglio avrete solo guai e menate, perciò organizzatevi per bene, che ne so, tappatevi in casa o fatevi un giro al mare, che non si troppo affollato, però, o compratevi un bel libro e mettetevi nell'angolo più ombreggiato del giardino, una bibita fresca a portata di mano, spegnete il telefono o meglio, no, lasciatelo suonare ma lontano lontano e scoprite quanta pura bellezza c'è nel mandare mentalmente all'inferno il mondo tutto intorno. Ovvio che non si può fare. Ma si potrebbe provare ogni tanto, il giorno del vaffanculo aggratis, al mondo, all'universo intero, oggi gira storta qualsiasi cosa tutto intorno a me, ne infilassi una giusta ogni tanto, ma non è vero, mi dico da sola, qualche volta in qualcosa ci prendi, ma è puro caso, furto occasionale, fatalità.
 In un giorno come questo l'unica cosa da fare è pensare che fra poco sarà tutto finito, e spegnendo la luce sul comodino ci si renderà conto che alla fine non è poi tutto così grave e che le cose, ti danni e ti sbatti ma poi vanno tutte come vogliono loro, non c'è altro da fare e da dire. E' la vita, bellezza, è il mondo che va così, quando ci sta la salute e pensa a chi sta peggio di te e puoi provare ad inanellare un rosario di luoghi comuni e di frasi di film, ma poi cerchi e cerchi nella tua testolina semideserta una parola che ci stia bene, sei così brava a scegliere la parola giusta al momento giusto ma. Ma te ne viene in mente una sola, e una soltanto, e allora, che vaffanculo sia.

04 luglio, 2011

Se piove a luglio.

Non propriamente l'estate che ci si aspettava. Non male, comunque. Pioviggina, dà due gocce, come dicono da queste parti, che sono le mie o cosa, non ho ancora capito quali siano le parti mie, se la Bassa Padana o il Basso Monferrato, o Torino città o il Canavese, ho crisi di identità diffuse ogni tanto, chissà che vuol dire. Non propriamente il luglio consueto, ma bello uguale. La bicicletta, per cominciare. A me andare in bici è sempre piaciuto un sacco, da quella volta che ho fatto il mio primo tratto senza rotelle, dalle rose alla pianta dei cachi, coi sandalini di gomma per andare in colonia, così li chiamavo anche se io, in colonia, non ci son mai andata. Andare in giro per la città in bici mi piace un sacco, è talmente piatta questa città, nemmeno una salita a pagarla, e allora è pieno di biciclette che schizzano da ogni parte, così pieno che se ci fosse un canale e qualche mulino sembrerebbe Amsterdam. Si sono fatte un sacco di cose, nella mattinata di oggi, si è iscritta una bambina al ginnasio, per esempio, che ho letto due o tre volte, nomecognomeliceoclassicoPlana, ma come, non siamo andate insieme pochi mesi fa a comprare il grembiulino bianco e lo zaino rosa? Si è fatta la consueta visita al cantiere, le persone che ci lavorano devono prendermi per scema, e hanno una pazienza infinita con me, si può andare forse a misurare le finestre senza il metro? Beata ingenuità. Nel frattempo, in questa estate che estate non è, si ha un'irrefrenabile voglia di cose fucsia, sì, di rosa acceso, in un'incursione al mercato proprio non si è potuto resistere e un paio di deliziose ballerine di gomma a fiorini leggeri sono diventate mie per pochissimi euro, senza scatola e senza sacchetto, così, infilate nella borsa di straforo. Il fucsia incontra, lo ben sa la mia Amica dei Tatuaggi, che si è presentata al knit di giovedì scorso con un trionfo di fucsia da perderci la testa. Il buon gusto, bambina, non è che lo trovi al mercato, e che te lo dico a fare. A ben pensarci, però, tecnicamente le mie gommose ballerine tutto sono fuorchè scarpe da cantiere. Come ho fatto a non pensarci. Mi sa che domani dovrò scegliere, o metto le Fiorellose Scarpe o vado in cantiere, tra cemento, intonaco e mattoni spaccati. E se poi piove? Ossantapace.

01 luglio, 2011

Mattoni. Ortensie. Valigie.

Luglio The First. Giornata di grandi eventi e di grandi, grandissime scoperte. Nonchè di grandi, grandissimi sbattimenti, meravigliosi sbatti, mi aiuti a dire, ma non per questo meno sbatti. Ermetica, lo so. Oggi ho imparato molte cose, sto imparando molte, molte cose negli ultimi mesi, per quel progetto che si sa. E non solo che cosa sono le tavelle o a cosa serve la malta premiscelata. Nossignore. Per esempio, ho imparato che dopo aver dato l'intonaco, sempre lui, alla parete, si deve, per forza di cose, farci la pastina. Che non è affatto quella in brodo, da mangiare quando si è malaticci, soffiandoci sopra, appena prima di provarsi la febbre o di prendere lo sciroppo, che so. Oppure che la Scrivente, nonostante madre presente e amorevolissima, che ha trasportato per anni figlioli addormentati dal divano al loro lettuccio, addormentati secchi e perciò pesanti come macigni, fino ai 4 anni e forse anche di più, ebbene, non so scaricare un sacco di cemento di chilogrammi trenta da un camioncino. Forse perchè intimidita dalle nerborute maestranze tatuate che frequento ultimamente e che manovrano i sacchi con leggerezza ed eleganza, come gli invitati col sacchetto del riso, sul sagrato, in attesa che escano gli sposi. Una roba del genere. Ho scoperto inoltre che le ortensie dell'aiuolona sono fiorite e tutte insieme, e perciò ne ho sparse un pò per casa, anche per riempire la tonnellata di vasetti che ho ricoperto compulsivamente giorni addietro, ne ho fatti 3 durante un film, non so se mi spiego. Ho scoperto infine che per soggiornare due settimane due in un luogo montano, serve una valigia, più una borsa a mano, più uno zaino, più una borsa a tracolla. E i libri? Già. La Quasi Ginnasiale ha preparato la sua valigia con precisione chirurgica, avendo cura di avere con sè gli abbinamenti giusti, magari con una minima notevole scelta di outfit differenti, alla bisogna. E le scarpe, ovvio. Si bisbiglia infatti, sulle scale della Casa in Collina, di quella volta che, per una gita di due giorni in una località marina, la allora Princi Dalle Trecce Dorate, di anni cinque, aveva preparato con minuziosa attenzione 7 paia di scarpine numero 29, così, per poter sceglierle in loco. E suo padre l'aveva guardata amorevolmente, e l'aveva stipato in macchina  senza fiatare, sotto lo sguardo allibito dei fratelli al quale era concesso un unico zaino a testa per libri/vestiti/masserizie varie. Son cose.

Luglio è un mese strano, si decifrano in grande scioltezza equilibri che fino a ieri erano di difficilissima comprensione. E' una strana estate, il mare è ancora così lontano da qui, il profumo di mirto un pò mi manca un pò no, ho i miei mattoni, le mie ortensie e una sottile, sottilissima malinconia per la mia FigliolaBella che partirà domani per una vacanza indimenticabile. Ma a Luglio The First è praticamente vietato lasciarsi intristire. Al massimo, vado a scaricare i sacchi, così mi passa. Ma come mi si rovina lo smalto col cemento, signora mia, lei non può crederci.

29 giugno, 2011

Bangles!

Sembra una specie di rumore, bangles!| e invece, altro non sono che i braccialetti rigidi. Questi qua, nuovi nuovissimi, acquistati nel buio pomeriggio di oggi, al negozio di Cristina, quello in fondo al vicolo o all'inizio del vicolo, a seconda da dove arrivi, se al di qua del vicolo o al di là del vicolo. Il pomeriggio buio è quando sta per piovere e invece dicono che non pioverà, che ci saranno temporali e anche con la grandine e che belli sono i temporali con la grandine, mi piace il rumore che fa la grandine sul terrazzo. Mi piacciono i rumori delle cose che ho addosso, i campanellini che ho al polso e alla caviglia, che oramai non li sento nemmeno più, rumore di ferraglia quando ho quei tremila braccialetti, e poi il rumore di questi due che sono di plastichissima tuttatempestata di pietre preziose. L'estate in città è fatta di piccole soddisfazioni personali, così diverse da quelle che si prendono al mare. Un caffè al volo con le Avvocate Nostre, ma come, scellerate, avete allestito lo studio qui sotto, all'ombra di un dehor in piano centro? Alcune commissioni, giri in giro per questa o quella faccenda e poi, un regalino, che di cose lucenti non ce ne sono mai abbastanza, Ho fatto un patto con me, mi sono data la mia parola d'onore, è così che si dice, e lo so che ho cercato di farlo mille volte, ma una parola data è una parola data e allora non si discute e non ci sono scuse, adesso. Ho deciso che voglio stare bene, anzi benissimo, e che la prossima volta che mi verranno ancora quei magoni e quella paura e quell'ansia e quella cosa che non so come si chiama, la prenderò a calci, e gli anzi le tirerò dietro qualcosa, che ne so, un sasso o una scarpa, qualcosa che faccia male, magari un sandalo con la zeppa, ecco. Nel frattempo mi beo del sordo tintinnio che fanno questi bangles, che è un bel rumore. Il buio pomeriggio si è intanto trasformato nel più spettacolare dei temporali mai avuti negli ultimi cinque anni, la collina con la nebbia, gli alberi imbizzarriti, i fiorellini dei vasi spettinati, le rose sdraiate. La meraviglia. Ho un'amica a cena, c'è un bel vento e un bell'odore, e un bel rumore, di bangles lucenti e di temporale, che cosa potrei mai desiderare di più.




26 giugno, 2011

Cincischio.

Giorni. Giorni e sere. E pomeriggi. E giorni interi, composti da mattine, pomeriggi e sere. E giorni invece che non sai nemmeno da che parte cominciano e dove finiscono, beh, quello sì,  finiscono che svieni nel letto e nemmeno ti sei lavata i denti, alla fine e non riesci a dormire se non ti lavi i denti e non hai nemmeno voglia di rialzarti perchè a lavarsi i denti il sonno passa, ma dai, che lo sapevi anche tu. Infine, è vacanza, passata in città, almeno fino verso la fine del mese, forse, è tutto così, bello e improvvisato, non ho voglia di programmi e  questo rende liberi e leggeri, si partirà, certo ma non si sa quando e nemmeno in quanti, chi prima, chi dopo, certo è che quest'anno l'Isola si farà in lungo e in largo, più in lungo che in largo, in una parte di Isola che non si conosce, vedremo. Il sole è luminoso e chiaro, il sole di fine giugno che scotta ed asciuga, ed è bello osservarlo da qui, le spighe del grano che hanno già tagliato, perfino la fioritura massima delle rose. Io cincischio. Leggo, mi agito, ricopro barattoli, faccio progetti, invento, e pensopensopenso che mi fa male al cuore e allo stomaco, forse anche al cervello. Mi piace il verde verdissimo del pratino e i fiori caduti del gelsomino, mi piace il clima vacanziero che ha la mia casa in momenti come questi, solo i due Grandi han da studiare ancora, gli ultimi due sono liberissimi e ciarlieri, i libri delle scuole medie già ammonticchiati da qualche parte per essere testè eliminati, pic nic al fiume del Liceale, Amiche from Australia in visita pastorale, grigliate in terrazzo, tonnellate di focaccine sfornate con rara maestria. Ma cincischio. Ho come il freno a mano tirato, qualcuno mi ha legato al ciliegio con una corda invisibile e non riesco a liberarmi e forse nemmeno ci provo. Ho le scarpe incollate al pavimento, ho tacchi 15 che non mi permettono di camminare sulla ghiaia, ho i polsi incrociati col nastro adesivo, uno zaino pieno di sassi, gambe a mollo in un torrente impetuoso e non vado nè avanti nè indietro, sabbie mobili e acqua bassa, ma dove vado, dove andrò. Cincischio. Dovrò imparare a scegliere con cura i pensieri da pensare, così come si scelgono i film al cinema, con la sola differenza che all' uscita non puoi dire Che Cazzata, i pensieri che hai sono strane creature, si offendono se non stai a pensarli, anche se ci stai male, ma male, a loro non importa granchè. E si ribellano facendosi trovare sempre lì, facendosi pensare anche se non vuoi, e si ribellano, colla sul pavimento, sabbie mobili, una corda invisibile legata al ciliegio.
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22 giugno, 2011

Ode all'Autogrill.

Ma che bello l'Autogrill. A me l'Autogrill, piace. Cioè, non proprio lui in sè, secondo il mestiere che facevo un tempo, Autogrill, detto così, senza articolo, era da considerarsi un acerrimo nemico, un competitor, come si chiamava. Adesso invece è tornato ad essere l'Autogrill, con l'articolo e la cosa mi piace di più perchè è più normale e meno da invasati. Mi piace da quando era la mia sosta anelata nel tragitto casa mia - Varigotti, ma allora si chiamava Pavesi e ci si fermava lì per comprare una bottiglia d'acqua, andare in bagno e vedere vomitare mio fratello. All'epoca non vendeva tutte le cose che vende ora, non c'erano i prosciutti, per esempio, e nemmeno il Camogli, ma solo panini di gomma avvolti nel tovagliolino, nemmeno con la pellicola e brioscine stantie. Mia nonna ci comprava sempre le Brioss Ferrero, quelle rettangolari e mollicce, con un velo di marmellata, che io ho sempre detestato e detesto tuttora. Non sono mai riuscita a capire se mio fratello vomitasse per le curve o per le Brioss Ferrero. Glielo chiederò. Quello che amo dell'Autogrill di adesso è il fatto che, a fermarcisi, ti senti già come in viaggio, come un pò in vacanza. E poi c'è sempre un bel profumo di brioche appena sfornate, che va bene che sono surgelate, e si sa, ma che fa subito una bella impressione, diciamolo, non come le Brioss che si sbriciolavano solo a guardarle. Quando mi fermo all'Autogrill cerco sempre di non avere fretta, e guardo. I cioccolati, le caramelle, le paste assurde che vendono soltanto lì e che mi sono già domandata mille volte Ma Chi Mai Le Comprerà? Forse i pullman di pellegrini da e per i santuari o magari i turisti tedeschi che si illudono di aver comprato una pasta buonissima e invece sarà tremenda, lassù, una volta tornati nella Ruhr. Si salta a piè pari il reparto salumi & formaggi, nel senso che, col cappuccino in mano il profumo del Pecorino di Pienza anche se sei poco lontano dal casello di Cremona, non è che sia proprio il massimo.  Poi ci sono i libri. E qui mi ci perdo. Una volta ho fatto un figurone con un amico di amici, perchè avevo letto tutti i titoli della TopTen sullo scaffale Novità.. Sì, quella volta me la sono proprio tirata, devo dirlo. Anche oggi, all'Autogrill, sosta obbligata con Afef. Un caffè, un pò di chiacchiere con le bariste perchè si sa, noi si chiacchiera anche coi muri, e poi via, verso nuovi orizzonti. Fermarsi all'Autogrill dà un senso al tuo viaggiare, ti fa sentire un pò come un viandante che si ferma all'oasi per ristorare il suo cammello, ad essere romantici e fantasiosi. E poi puoi sfogliare le riviste, scoprire che vendono ancora i CD di Massimo Ranieri e il DVD del Gladiatore a 9,90. Puoi comprare la Nivea al doppio o quasi del suo prezzo reale. Puoi scoprire  con orrore che se dài 20 centesimi alla signora del bagno, ti guarda male. In ogni caso è un bel posto e mi piace. Nessuna vacanza, nessun viaggio, nessuna transumanza può dirsi tale senza la sua brava sosta all'Autogrill. Non per vomitare, però. Che è già una gran cosa.

21 giugno, 2011

Strano Solstizio.

Brutti scherzi fa l'estate, e pensare che è appena cominciata. Brutte sensazioni, cioè non proprio, solo difficili da dissipare, da gestire, come si fa a dire, non è che si stia bene, non è che si stia male, ma è la mente, sempre lei, un cervello svirgolo, un'anima strana, un giorno oro, un giorno sabbia, ormai mi ci devo abituare, sono anni che è così, come, non è da sempre? Non eri tu che giocavi a rialzo nel cortile con la ghiaia e ti sentivi il mondo in mano e dopo cinque secondi eri seduta sulle scale, un pò persa, il muso mai, ma persa, sì, con le braccia a stringerti le ginocchia, i calzini rossi e i sandalini blù, quelli coi buchi, li ho comprati anche ai miei figli e poi alla fine han detto basta, Ma Come, Li Avevo Anche Io. Ecco, Appunto Mamma. Sarà il solstizio, io non ci vado mica d'accordo coi pianeti, sarà che sono loro a non capire bene me e a mettersi sempre di traverso e di lato e contro, come Saturno. Sarà che nemmeno ho voglia del mare, questa volta, e questo mi dà ansia, ma và? come se non ne avessi già abbastanza e aggiunge ansia all'ansia, finchè non straborda, il vaso delle rose che riempi per intero e anche di più, e lasci sotto al rubinetto finchè non viene fuori e stai lì a guardarlo, ecco, ansia su ansia, acqua sull'acqua, vuoi smetterla o no. La sera del solstizio d'estate Ella era così, nè torto nè ragione, nè mela nè pera, nè pane nè focaccia. spossata dalla giornata inquieta, inconcludente, insulsa. Un concerto di Cicale suonava per lei una  melodia dal palcoscenico in fondo al giardino, il Grillo accordava gli strumenti, e la Civetta stava zitta, per non turbare un così perfetto equilibrio. Fra poco dormirò, si disse, ma la sera del Solstizio non si può andare a dormire se prima non si è fatto un giro alle rose, se prima non si sono riordinati per bene tutti i pensieri, se prima non ci si è tolti di dosso questo mantello a schiacciarti, questo velo a coprirti gli occhi e quest'acqua che straborda dal vaso, uno straccio per asciugarla, stolta che sei se non capisci che basterebbe chiudere il rubinetto, o spostare il vaso. Solstizio d'estate, bene non mi fa.

20 giugno, 2011

Polvere.

Non so più come chiamarla, non so da dove viene, non so nemmeno dove va. Non so il motivo, il senso, il sentimento, la questione. Non so il percorso, il sentiero, nè per arrivarci nè per scappare via, sottrarmi a questo gioco assurdo dove vince sempre lei, comesichiama, dove non è che hai paura, non è che hai l'ansia ma hai tutto insieme, tutto mescolato, fradicio, impastato a te, e ti scuoti e ci provi almeno ma niente, ne sei ricoperta, e prova a scrollartela di dosso e non serve, non ancora, non sei ancora riuscita a trovare una scopa così buona per spazzarla via, ecco, è polvere, sottile, sottilissima, si insinua infingarda tra le tue lenzuola, in frigorifero, nella libreria, sul divano, ovunque, ti blocca e ti agita, è così strano quel che fa, non sai mai dire quando è arrivata, un attimo fa non c'era, l'hai trovata senza cercarla, come il tuo anello quella volta, quando apri un cassetto e trovi una cosa che credevi persa per sempre, ma guarda un pò, era qui. E'polvere, sì, a ricoprirti il cuore, a rendere tutto difficile, ma come, ieri stavo così bene, ho dormito come un sasso e adesso eccomi qui a tremare un pochino, a cercare di fare mille cose che devo fare e non averne animo di farne nessuna, nessuna, nessuna se non star qui a guardare fuori, ok, mi farò una doccia fredda e dopo starò meglio, ci si dice sempre così, ma questa cosa sottile non è che si stacca così facilmente, non sei caduta nel fango e lavandoti torni come nuova, non è così, ci vorrebbe un modo, ci sarà pure un modo, per capire  cos'è, per non stare così, l'ho chiamata in mille modi, chiodi, zucchero a velo, sassi e rocce e onde e vento forte ma nessuno di questi sembra piacerle, mi sta attaccata, appiccicata come le etichette della marmellata che fatichi a staccare e rimane sempre la colla, la polvere si infila, inutile nasconderla sotto il tappeto, ti troverà, la troverai, e starai ancora così le mille altre vote che verrà a trovarti, che credevi passata e invece no, che credevi di aver perso e invece no, che credevi di aver seminato correndo a zig zag , lei il sentiero lo conosce benissimo, anche se non sa da dove viene e nemmeno dove va.

17 giugno, 2011

Ode alle Polpette.

Nella personalissima e privatissima lista dei miei figlioli, riguardo i manicaretti che ci stanno, a casa mia, lo scettro se lo strappano di mano lasagne e polpette. E poichè diciamocelo, la lasagna tutto è fuorchè un piattino estivo, ecco che in questi giorni di fine scuola, di amici e amici degli amici, di passaggi veloci a casa, Passo A Prendere Il Costume e cose del genere, lei, la polpetta, la fa da padrona. Nel senso che mi premuro di prepararne una discreta quantità, ogni tanto, e butto lì con aria distratta, Ho Fatto Le Polpette. Considerando che spesso, quassù, nella Casa in Collina, la Polpetta sostituisce il caffelatte il fatto di averne sempre pronte un numero multiplo di dieci ha la sua bella comodità. A tutte le ore riedano, gli abitanti di questa casa, dimostrano gradire eccome. Tutto ciò non è certo dato dalla mia abilità, che cosa ci vuole mai a preparare un tegame di polpette, quanto dalla versatilità della Polpetta medesima. Essa si può infatti consumare calda o appena tiepida, anche se so di certuni che la divorano fredda di frigo. Il sacrilegio è scaldarla al microonde che la rende legnosa, perciò si mangia come la si trova, chi c'è, c'è. E poi è di facilissima preparazione, la Polpetta dà grandi soddisfazioni se accompagnata con un buon soffritto di sola cipolla, e affogata in un'ottima passata meglio se casalinga. Il basilico è facoltativo, ne ho un vasetto sul terrazzo che stamattina mi ha fatto dono di sei foglioline che erano una meraviglia, belle lucide di un verde bottiglia, e allora ce le ho aggiunte, così, per tirarmela un pochino e dire che anche io stavolta c'ho il basilico sul terrazzo, e anche il prezzemolo, e con ciò? La Polpetta della Casa in Collina è pietanza superba per ogni evenienza, pranzo, cena e financo merenda, quando uno sparuto gruppo di giovinastri passa di qua e lasciati scarpe e caschi in ingresso, divorano le Regie Polpette in grazia di Dio, direttamente dal tegame, che è sempre troppo piccolo per il numero di polpette. Attrezzerommi alla bisogna.

15 giugno, 2011

Fosse per me.

Che sera è mai questa. Si è passati indenni o quasi dalla cena di classe del Liceale, quale location migliore della sua umile casupola, presa d'assalto da un'orda di manigoldi, ier sera verso le ore 20, cena in girdino per quanti non so, per farmi star tranquilla mi ha detto Saremo Una Decina, me io ho contato dodici motocicli dodici parcheggiati alla rinfusa nel piazzale con l'aiuola, vabbè che non so far di conto ma un minimo. Si è passati indenni o quasi dal primo giorno di esame della Figliola Già Princi, dal viaggio verso Milano, da altre cose sparse della vita, piccole, comunissime questioni di poco conto. Ora. Sera che non è sera, nemmeno le 9. Fosse per me, mi prenderei un libro e andrei a leggerlo nel Prato di Fuori, quello che i ragazzi di qui chiamano l'Antenna, l'erba è tagliata di freschissimo, sembrano tappeti di un verde che ti acceca, srotolati all'improvviso per la visita degli zii e sistemati nel salotto buono, dove si offriranno rosolio e biscottini nei bicchierini del servizio bello, quello che si usa poco e che se si rompe guai. Fosse per me, mi farei una doccia frescolina, con un bagnoschiuma alla menta che quando esci da lì sembri una pastiglia Valda e che non piace a nessuno, Mamma Ma Non Ho Mica Il Raffreddore, però è buonissimo e piace solo a me, e allora, ok, lo uso io, e quando esco so di eucalipto che potrei profumare tutta la casa e sembro davvero un ghiacciolo o una caramella per la tosse, o uno di quei deodoranti scadenti che ti regala il benzinaio a Natale, l'Arbre Magic? magari! Fosse per me, sceglierei un filmone in bianco e nero, di quelli che non guarda nessuno, Riso Amaro, magari, perchè io nasco nipote di mondina e quel film mi è piaciuto sempre, e poi, la bellezza di Silvana Mangano con gli shorts e la faccia da LasciaFare è rimasta nell'immaginario collettivo come una delle icone sexy più sexy del mondo, altro che Belen. Fosse per me, adesso, rimarrei qui, stravaccata alla meglio sul divano che stasera è mio soltanto, tutti in giro, tutti sparsi, la FigliolaOrmaiGrande  cinguetta al telefono con chissà chi, calcetti, feste, cose da fare, sparpagliati un pò dovunque sulla crosta terrestre. Rimmarrei qui e lascerei che i miei pensieri che fatico tanto a riordinare e a tenere a bada, uscissero in disordine e si lasciassero pensare senza una logica precisa, così, in disordine sì, come i miei cassetti e il mio armadio, di quel disordine che quando lo rimetti a posto non trovi niente per un pò, e poi quando finalmente le cose le trovi, ecco che è di nuovo in disordine come prima e allora non vale. Fosse per me, lascerei che stasera scivolasse via, dormirei vestita da qualche parte a caso, aspetterei l'eclisse che forse nemmeno si vedrà, ho qui un libro intonso e nessuna ispirazione, guarderei in cielo finchè è buio, mi nasconderei da qualche parte e mi farei trovare domattina, fosse per me.

14 giugno, 2011

MILLE. E. CINQUECENTO.

Che cooooooosa?
Millecinquecento?
1500?
MILLECINQUECENTO???
Esattamente, sì.
Oggi le Fragole compiono 1500 post.
Cioè a dire, 1500 volte che sono venuta qui.
A scrivere, chiacchierare, frignare, piangere proprio, ridere, sorridere, dire scemenze, raccontare, mettere in ordine i pensieri, le idee, schiarirsi bene la voce e recitare una poesia, fare un inchino, fai un salto, fanne un altro
millecinquecento. Le volte che ho detto, E' meglio Che Scriva, e anche le volte che non l'ho detto, alla fine, scrivevo lo stesso, perchè scrivere mi ha salvata tante di quelle volte che nemmeno me lo ricordo, così, a memoria, e dovrei andare a rileggere tutto, ma io non rileggo mai, non so bene perchè, non ho mai riletto nemmeno a scuola, così, scritto e consegnato, non ho mai fatto la brutta, non so se è un bene o un male, se meglio o peggio.
millecinquecento, sai, non sono mica pochi, alla fine. Che cosa avrai mai avuto da dire in tutte quelle millecinquecento volte.
E soprattutto a chi.
Millecinquecento. Mi fa così strano scriverlo, e lo scrivo in lettera perchè in numero mi fa ancora più paura.
Sono millecinquecento Fragole, una per giorno, una per stagione, sono un pò di me, anzi, quasi tutto, le cose che so dire, che mi viene da raccontare per vederle meglio o per farle sparire, per dividerle e moltiplicarle, è difficile da spiegare.
millecinquecento, ma pensa te.
e chi l'avrebbe detto, poi alla fine.
e  chi mi dice E Scrivo 'Sto Libro, Che Lo Comprerei subito, dico che sì, giuro, lo scrivo.
ma dico anche Guarda Che in realtà, Io Il Mio Libro l'Ho Già Scritto.
ogni giorno, quasi
ogni  mattina quasi
ogni volta che mi viene voglia, quasi.
è un pò lungo e ancora non è finito.
ha millecinquecento pagine
le trovi tutte qui.
Millecinquecento baci al gusto fragola a chi legge ogni mattina, a chi legge ogni tanto, a chi da lontanissimo e a chi dal piano di sopra, a chi sa, a chi non sa un bel niente, a chi capisce e a chi invece no, a chi rilegge per capire meglio e a chi dice Ma Che Scema, a chi mi conosce, a chi invece no, a chi no ma è come se.
Millecinquecento, miseria, non credevo.


....e nemmeno credevo mi arrivasse un regalo.
Grazie, Selene, per questa fotografia.


12 giugno, 2011

L'aria che c'è.

E' aria leggera, appena appena, fresca che sa di estate, di già, anche se ha piovuto a secchi, la grandine, perfino, i temporali sono parte dell'estate, mi vuoi dire senza di loro che razza di estate sarebbe mai? Si studia il cielo, nuvoloni morbidissimi che non promettono nulla di buono e un'aria leggera, che non è l'aria, ma l'atmosfera, lo sai,la scuola è finita e da lì tutto si ricalcola, si rivede, si contestualizza in giorni belli da inventare. Leggeri sono i giorni d'estate, i pensieri sono impilati con ordine sul comodino e ci vuol niente a prenderli e cacciarli alla rinfusa in una cesta, in una borsa più colorata del solito, e cercare un luogo dove accomodarsi, qualche ora con gli amici più cari, in quella stradina piccola che è tutto un viavai di gente, facce note e gelsomino che si arrampica sul muro, aperitivo e chiacchiere, vacanza, di già. E' già aria di bei pensieri, di calma, come a dire, va bene, ora si rallenta un pochino, ora si prendono le cose da fare a fettine piccolissime, si infilzano con le steccoline come i lamponi del BioCafè. Non fa caldo ma non importa, c'è uno scialle stipato nella borsa camouflage appena comprata da Cristina, se rinfresca stiamo a posto. La vita di ciascuno si srotola attraverso sentieri definiti, rotte nemmeno tanto chiare che forse qualcuno ha già studiato per te. I momenti tuoi si intrecciano coi momenti degli altri e per un pò camminano insieme, fianco a fianco, se guardi le orme sulla sabbia si capisce, che importa se prima o poi arriva un'onda e le cancella, sarà stato bello lasciarle, è così che ci si salva. I temporali arrivano sempre, l'ombrello non serve, non ti riparerà, e forse ogni tanto è così bello lasciarsi bagnare, hai mai notato che quando corri sotto l'acqua ridi sempre di un riso che hai solo lì, come di chi la sta combinando grossa e poi ti dici, che m'importa, a casa mi asciugherò. Si vivono i giorni belli dell'estate che arriva con questo senso di quiete sorridente, benessere semplice, sottilissima allegria, che ti fa amare ogni cosa, star bene un pò dovunque, amare il temporale, non temere le nuvole, la grandine e il fresco del vicolo.

09 giugno, 2011

La salvezza.

L'antidoto. La medicina. La tachipirina, che va bene sempre. L'effetto allucinogeno. La sostanza stupefacente. Ieri me ne sarebbe servito un tre etti, sono tre e mezzo, lascio? Una bella 5 ore, come si dice, al Pronto Soccorso con uno dei figli, tanto per non essere diverso dagli altri, e per ricordarsi bene la strada dell'Ospedale, sia mai che si dimentichi, e soprattutto, come si sta mentre aspetti, tu non hai niente o quasi, e c'è anche chi non ha niente come te  ma anche tanti che stanno male ma male tanto. Alla fine ok. La giornata di ieri viene archiviata alla voce Menate, il Figliolo sta bene e ha pure studiato durante l'attesa sfiancante, la sua testolina non ha un bel nulla, solo un bernoccolo che qualche fanciulla dagli occhi languidi gli farà passare. O venire di più, a scelta. Orbene, così è deciso, oggi non ci sarò per un bel nessuno. Nel senso che oggi è giovedì e secondo le migliori tradizioni noi il giovedì si sparisce per un pò, ci si dà alla macchia, come dire, me ne vado e tanti saluti carissimi, che qui fra Liceali Immusoniti, Laureandi Precisini, Licenziande (si può dire?) con la grande ansia di cosa mai indossare alla Festa delle Scuole ormai prossima, Universitari da accudire, mi sa che ho reso grazie, mi genufletto e vado via. Dal canto suo, Egli, lo Sposo, non fa una piega. Lavora e lavora, studia carte nautiche, pianifica transumanze da e per l'Isola, osserva silente tutto quel che accade intorno a Lui Maiuscolo, sentenzia qualche frase delle Sue Maiuscole a tavola, fissa coi Suoi Maiuscoli Cerulei Occhi il Liceale che ancora non sa rispondere alla domanda Che Voto Hai Di Biologia. Ben perciò, me la squaglio, prima che in questa cucina inizi a tuonare forte. Anche senza goccioloni sul terrazzo.  Che io ci sia o no, per Lui Maiuscolo non fa differenza, almeno apparentemente. Egli  sostiene infatti di aver installato un microchip in uno dei miei orecchini, di quelli che non tolgo mai, e che sa sempre con precisione chirurgica dovecomeconchi io mi trovi. E sul suo display, oggi comparirà Knit.Knit.Knit. Maiuscolo, ovvio.

07 giugno, 2011

Gli Infiniti Giorni.



Infiniti erano i giorni che passavano sotto le porte socchiuse, dentro l'acqua del pozzo e nei giardini silenziosi, cicale e foglie nuove, insetti curiosi e niente. Pioveva da giorni, e i pensieri avevano strane forme bislacche, di quelle che fai con le mani sul muro, è un cane o sono soltanto le mie dita a giocare con la luce. Guarda meglio, si disse, fuori il fradicio dell'acqua piovana, dentro due rose sfiorite che non hai cuore di buttare, che burla l'acqua fresca sotto alle rose sfiorite, del tutto inutile, oramai.  Le cose le si accartocciavano intorno, foglie secche che fan rumore o forse foglie macilente, sotto il noce del sentiero, il fango non va mai via in quella parte della strada, d'inverno è impossibile e d'estate neppure, rimane solo una piccola pozzanghera, ma c'è, il segno del trattore e l'erba schiacciata. Infiniti i giorni che dovrebbero esserlo davvero, da tante cose vuoi fare, da tante ce n'è. Infiniti, come l'orizzonte che guardi di sbieco, che non ricordi se non sai, che non rammenti se non vedi, che non comprendi fino in fondo eppure è lì. A pensarci bene, è tutto un gran teatro, chi recita e chi applaude, chi strappa i biglietti e chi vende i popcorn, chi scopa la sala dopo, di malavoglia e imprecando, le cartacce e i bastoncini dei ghiaccioli, e anche i popcorn, quelli sempre. I giorni infiniti sono quelli che odi e ami, che attiri e respingi, nell'ineluttabile gioco del Sotto a Chi Tocca, del Chiama quando Arrivi, del Vorrei ma Non Posso.

E lo so che non si capisce niente, ma oggi va così, poteva essere l'inizio di un bel libro, magari lo è, chi lo sa.

Dedicato a chi come me, oggi vorrebbe essere al di là dell'orizzonte, e di giorni infiniti ne vorrebbe una decina,  lontano dal fango, dalle rose sfiorite e anche dai popcorn.

05 giugno, 2011

Se di domenica.

Ci sono dei lavori e delle questioni e delle situazioni che si possono solo affrontare di domenica, e di domenica soltanto. Che la domenica in fondo è bella perchè già dal venerdì tu sei lì che dici, Ecco, Magari lo faccio Domenica che Ho Tempo, ma non è sicuro che lo farai la domenica successiva, quella cosa che ti eri messa in mente di fare, può essere una domenica a caso, anche nei prossimi trent'anni, per dire. Accantonata l'idea di stendere, e meno male dacchè quassù in collina diluvia a nastro, è ancora troppo presto per cucinare e non so nemmeno in quanti siamo, indi perciò, ci si dedica con noncuranza ai lavori della domenica. Essi possono essere catalogati come lavoretti di poco conto, all'apparenza, ma che si rivelano di grandissima utilità a lungo termine. Per esempio, sono circa diciotto volte che mi dico, Sistemerò l'Astuccio Dei Ferri da Maglia, e per diciotto volte ho rimandato. Oggi, invece. Oggi che c'è il temporale e di far cose outdoor non ci si pensa nemmeno, anzichè bighellonare per casa si impegna il proprio prezioso tempo in lavori di questo tipo. Che poi, e che ve lo dico a fare, i lavori di sistemazione, come quello dei cucchiaini, per esempio, hanno comunque il loro bel risvolto psicologico. L'impegno mentale, il dover separare, appaiare, distinguere, ha fatto in modo che si accantonassero per un pò pensieri noiosi, squarci di spavento di prima mattina quando non si è realizzato subito che il Liceale stava fuori stanotte, ospite da un amico, e lo sapevamo anche, ma il fatto di non vederlo lì, nel suo lindo lettino mi ha procurato un lunghissimo secondo di purissima angoscia, di quella che ti gela e ti fa bollente in un attimo, non so se mi spiego. Così, sistemare il Prezioso Astuccio mi ha rincuorata, già che il mio cuore ultimamente sbatte forte contro la mia testa e si burla di me, e mi fa state immobile e muta, certe volte e agitata e rumorosa certe altre, e di starsene buono non ne vuol sapere, e batte forte contro le lenzuola prima di dormire, e respiro profondo e cerco di raccontarmela e dire che è tutto ok, ma proprio a volte non mi riesce, e se fosse domenica e se avessi astucci e cassetti da riordinare, allora sì, saprei come fare.

01 giugno, 2011

Cosa c'è.



Lo sai cosa c'è di più buono del profumo del tiglio?
No.
Il profumo del Tiglio Bagnato.
Ma dai.
Già.
A passare dal viale non ci si crede di quanto buono sia, davvero, non puoi capire. 
Esagerata.
Ma no, invece. Il profumo del viale è già forte da solo, ma è un forte che ti avvolge e ti culla, è un profumo che ti entra in testa e se ci pensi te lo ricordi bene, non è mica semplice ricordarsi di un profumo, non è una poesia o una canzone, o il nome di una via, che se ci pensi un attimo dici, ecco, quello lì. No, a pensare a un profumo non è facile, provo a ricordare uno di quei profumi che andavano tanto quando ero una ragazzina delle medie, Charlie, credo che si chiamasse, erano tutte impazzite per quel profumo, a me faceva vomitare, e se ci penso credo che sia l'unico dei profumi che mi ricordo a memoria. Il tiglio è uguale, potrei ricordarmelo anche in mezzo al deserto, per dire, dove di tigli nemmeno il sentimento, o in cima a un monumento, o pensarci mentre passo davanti a una rosticceria cinese. Ecco, il profumo del tiglio io  lo so. E lo amo di un amore semplice e assoluto, perchè mi ricorda una casa che avevo, i miei figli maschi piccini, la strada di ghiaia, le nocciole, il pergolato e le rose, il pozzo, Torino all'orizzonte, gli scuri alle finestre e i miei bambini biondissimi.
E poi, se a questo ci mescoli l'odore dell'acqua, del temporale, delle foglie bagnate, dei fiorellini di tiglio inzuppati, delle foglie che ci crescono in fondo, alla base, hai mai visto quante foglioline nuove ha un tiglio tutt'intorno, una specie di piccola aiuola personale, se la fa da solo, mica nessuno gliela fa un'aiuola, a un tiglio.
E' un albero buono, il tiglio, romantico, un pò demodè, decadente, in tutti villoni vecchi e un pò scrostati c'è un tiglio, una palma,  un glicine, qualche volta un cedro del Libano. Non so perchè, ma è vero, è così. Nessuno pianta più tigli nei giardini. E' imponente ma discreto, e si fa ricordare per quel suo odore rilassante e frizzante che ti fa dire che è estate, che finisce la scuola, che si è già un pò in vacanza. Il viale dei Tigli che faccio ogni giorno, oggi era di straordinaria bellezza e profumo, l'essenza stessa delle calma e del verde, e del lucido e dell'acqua.
Se rinasco albero, vorrò essere un tiglio.



Ma come.


Ma come. Non doveva essere giugno, la falce in pugno? Non si doveva scegliere dall'armadio l'outfit più consono, sì perchè adesso, con questa invasione di fescion blogger che dà alla testa, non ci si chiede più CosaTiMetti, ma Quale.Outfit.Indossi, cerchiamo di impararle le cose, eccheccavolo. Comunque, l'outfit doveva essere in bilico tra una camiciola scollacciata e un vestitino a balze di pizzo e rose, che detto così fa torta di matrimonio ma che è l'ultimo delizioso e scellerato arrivo nel mio armadio. E invece, quello che mi viene meglio mettere, o a farmi restare addosso guardando di fuori, è il pigiama. Qui piove e piove,ripiove e strapiove. La biancheria è stata miseramente dimenticata fuori, ed ora è lì, mesta, che mi guarda dall'Abiurato Stendino, senti, bella, io sono ancora in pigiama, mica posso rischiare la polmonite per venirti a ritirare, tanto, bagnata sei e bagnata rimani, vorrà dire che un altro giretto in lavatrice nessuno te lo leverà, ma adesso resti lì, bambina, non ho alcuna intenzione. E' il primo giugno e, nella fattispecie,  si sarebbe dovuto  studiare il caso di un picnic a casa della mia Amica delle Provette, forse un aperitivo, forse una merenda, di quelle da fare così, come dice lei, CheSiMangiaLaQualunque, dal dolce al salato senza soluzione di continuità, dove ognuno porta qualcosa e si chiacchiera e si sta zitti e si guarda lontano, beati. Un bellissimo niente, invece.
 Si cerca di dare un senso a tutto quanto, i figlioli ci son tutti, almeno a pernottare, che con feste e inaugurazioni e aperitivi e cose del genere, si sa in quanti si dorme ma i coperti, signora mia, son sempre un mistero della fede. Nel frattempo, io mi aggiro per casa in sollucchero, canticchiando. I lavori alla Sede di Cuore di Maglia procedono a velocità supersonica e tra pochissimi giorni dovrò solo decidere con aria pensosa che fiori mettere nei vasi, se tulipani bianchi o roselline selvatiche, per dire. E.sa.ge.ra.ta. In più, stanotte a mezzanotte è uscito il Summer Lace, che già nel mondo intero se lo stan strappando di mano, ultima creazione del trinomio Brenna/Fassio/Giudice, che non ce ne bastavano due, ne abbiamo aggiunta una terza, così, per non farci mancare nulla.
E sempre nel frattempo, deciderò cosa fare di me nelle prossime ore. Accantonate velleità marine/montane/lacustri/fluviali, mi sa che mi dedicherò con grande impegno all'ozio beato, ho almeno mille cose belle che potrei fare senza spostarmi di un solo centimetro, ho un libro, dei progetti, e persino un'idea cui lavoro da qualche giorno...
Piove che metà basta, ma a me, alla fine, ma che me ne può importare mai.


30 maggio, 2011

Il Gomito del Tennista.

Non ci si ricordava, a memoria d'uomo, di aver preso in mano una racchetta. Se si toglie il corso scolastico del 1976 organizzato dalla Scuola Media, i corsi al Brallo, i pomeriggi passati con la mia Amica Pat nel garage di casa sua ad assisterla mentre le incordava, nel corso della mia vita non mi sono più imbattuta in tale misterioso attrezzo. Però, mi è sempre piaciuto un sacco. Ieri mattina, al mio Sposo Celeste gli è presa secca. Cioè, non proprio, già da tempo lavorava a tale progetto, culminato poi nell'acquisto di una serie di attrezzature di ultimissima generazione. Fatto sta che ci recammo, ieri mattina verso le ore 10, al luogo deputato per tale mirabile esibizione. Egli che, manco a dirlo, ha sempre giocato benisssssssssimo, e io che gli trotterellavo dietro, non proprio convinta ma entusiasta della vicenda, con la mia bella racchetta nuova di zecca, rossa e argento perchè ben si intoni col gloss che, giocoforza, si deve avere per calcare i campi di terra battuta. Devo dire che è stato bello. La percentuale delle palline beccate è stata largamente superiore alle aspettative, e anche quella delle palline mandate al di là della rete. Certo, Venus Williams è un'altra cosa, noi si fa per scherzare, ma devo dire che i rudimenti del tennis imparati nella palestra di Salice Terme un migliaio di anni fa sono miracolosamente tornati a galla, rinfrescati anche dai consigli dell' Integerrimo, che nemmeno si spazientiva se andavo a farfalle o se mandavo le palline nei prati circostanti. Tempo mezz'ora ero bell'e coricata sul campo, sventolandomi con la RossaRacchetta, implorando pietà. Ma mi impegnerò. Prenderò qualche lezione di quelle serie, tanto per cominciare. E poi, rivedo il look. Poichè i campi di cui dispongo sono sotto il sole cocentissimo, potrò approfittarne e spalmarmi di crema abbronzante prima del match, magari coi brilli, per distrarre l'avversario. Non solo, dovrò apparecchiarmi alla bisogna, i pantaloncini fucsia non vanno proprio benbenebene, ci vorrebbe una di quelle gonnine traforatissime, meglio se all'uncinetto, effetto VedoeNonVedo, per essere veramente cool. Mi metterò presto all'opera, solo che. Solo che, da ieri ho un fastidioso dolore al gomito, proprio lì, nella giuntura, come si fa a spiegare, dove il gomito fa la punta, ecco. Intervistati alcuni avventori e spiegati i sintomi essi hanno decretato chiamarsi Gomito del Tennista. Il Mirabile Coniuge, presente,  sogghignò. Aspetta e vedrai, dissi fra me e me, meditando vendetta. Per il momento vado di Lasonil, altro che crema coi brilli. E poi, lavorerò al mio progetto e mi presenterò in campo con un gonnino, signora mia, ma un gonnino candido che mi starà un amore. Gomito del Tennista, si chiama. A gomito ci siamo, ma mi sa che di tennista, io, c'ho proprio poco. Staremo a vedere.

27 maggio, 2011

Goccioloni.

E' venuta giù la qualunque, questo mondo e quell'altro, a goccioloni grossi come nespole, per una buona mezz'ora. Mi ha beccata per la strada, in macchina, senza peraltro che mi fossi degnata di vestirmi in modo consono all'evento, si vedeva lontano un chilometro che avrebbe piovuto secco, non era proprio il caso di andar in giro agghindata come ad un cocktail di benvenuto, per dire, e forse il sopra poteva anche andare bene, ma le scarpe, ussignur, le scarpe altro non erano che sandalini inesistenti tuttitempestati di genme e pietre preziose, dono delle mie Amiche, e ancora non messi quest'anno, quale buonissima occasione il primissimo temporalone della stagione, è un attimo. Com'è come non è a me il temporale piace un sacco. Prima, durante e dopo. Mi piace l'odore, perchè si sente dall'aria che sta arrivando, e mi piace aspettare il primo tuono e mi piace l'adrenalina che ti dà il primo lampo e poi tutti quelli dopo, che bello il temporale in mezzo al mare, e dalla spiaggia, anche, e mi ricordo una Princi bambinissima che correva e faceva la ruota sotto il primo temporale dell'estate, tutti a ripararsi e noi no, madri senza senso, a lasciare che i bambini si rincorressero sulla riva, bagnati dal cielo e dal mare, è vero, vicina del 13? La Princi ora è tutt'altro che bambinissima, e ha sguardi languidi a cena, e un viavai di pensieri che vedo entrare e uscire dalla sua testa che sembra la mia. "E' La Fine Del Mondooooo" mi scrive da scuola. No, figlia. Il temporale è la bellezza e la forza, la meraviglia di ogni singola goccia che cade, la musica che fa sulla strada e sui vetri e sui tetti, è la musica stessa della vita. La fine del mondo è la calma e la noia, il niente e l'indifferenza. E' il non sentire e il non vedere. Il temporale è acqua e vento e foglie che ballano nel viale verso la città, è odore di acqua e di terra bagnata, è alberi scossi, è la città ferma, rapita da uno spettacolo così bello, ferma a guardare, a sentire, a vedere, per non perdersi nemmeno un minuto. La vita è così preziosa BimbaMiaGrande, così straordinariamente bella se la sai guardare nel verso giusto, e sono i temporali che la bagnano di cose vere, di emozioni forti e di bellezza infinita. Lo imparo da te ogni giorno, te lo insegno io, il mondo non finisce con un temporale. Semmai, inizia.

26 maggio, 2011

Il cielo pesa.

Non si capisce dove sia andato tutto quell'azzurro. Che sia finita la vernice? Non è affatto come ieri, ieri era estate, grilli e cicale e caldissimo, e oggi invece. Da qualche parte c'è stato un temporale, mi han detto, fra poco è atteso qui, non si muove una foglia, è così che fa quando sta per piovere. Il vento, arriva dopo. Il cielo pesa, non su di me, epperfortuna, pesa sulle cose, sul giardino, sui panni stesi che non ho voglia di ritirare e che si bagneranno e massì, che si bagnino, li risciacquerò un'altra volta. Qui, troppe cose da fare, i giorni beati si scontano eccome, ci siamo travestite da studentesse per un pò, e adesso abbiamo famiglie e cose e iscrizioni ed esami, financo una laurea, mi aiuti a dire, che in grazia di Dio qui non manca un bel nulla. Il cielo pesa e pesa, incolore e falso com'è, non sai mai che cosa aspettarti da un cielo così, e scavi e scavi a cercare l'azzurro, ma come, eppure era qui, ma ti hanno insegnato che quando una cosa non c'è non c'è e basta, puoi dannarti a cercarla per ore e ore, slaterà fuori quando parrà a lei, alla cosa che non trovi, e nel frattempo, procurati un turchese fittizio da metterti alle orecchie; al braccio  e sulle mani, e al dito due ali, ali magnifiche per volare in un cielo che pesa, sì, ma vedrai che non cade.


25 maggio, 2011

Le case con le scale.

Non è vero che le case sono tutte uguali. E non dipende soltanto dalle persone che ci abitano, nelle case. Ci sono strutture e forme e caratteristiche e volumi che danno a ciascuna casa un aspetto speciale, come un'atmosfera, un senso. Le case con le  scale sono quelle che mi piacciono di più, anche se la casa più bella che ho avuto in assoluto le scale non ce le aveva. Ma forse, aveva così tante cose che era già perfetta di suo. Mi piace che in una casa si possa dire, Vado Sù, o Vado Giù, e rimanere sempre nello stesso posto. Si scende quando la giornata inizia e si sale quando è sera e si ha voglia di pace e di silenzio, raro, qualche volta, nella Casa in Collina. Le case a più piani sono quelle che ti permettono di inventarti ogni volta lo spazio che vuoi tu, scegliere il posto dove vuoi stare, per leggere, far la maglia o fare niente, chiacchierare o semplicemente mettere ordine nei tuoi pensieri arruffati, nelle millemila cose che ti passano per la testa, operazione, questa, che va fatta in calma assoluta, in silenzio. E non è solo cambiare stanza, è proprio cambiare dimensione, cambia anche quel che vedi dalla finestra, non è lo stesso panorama, l'albero non è lo stesso a guardarlo da sù o da giù, le rose le vedi nella loro pienezza, perfino il profumo del caprifoglio arriva meglio sù, che mistero. Le scale in una casa uniscono galassie dello stesso universo, piani della stessa torta, come dire, il pan di spagna sotto, la panna in mezzo, la frutta in cima. E ci sono pensieri che si fanno solo in cucina, magoni che ti vengono solo al piano di sopra, e risate e riflessioni e idee che cambiano a seconda di dove ti trovi. La cosa bella è che mentre sali, o mentre scendi, lasci sulle scale quel che vuoi lasciare, pensieri brutti della notte, magoni del giorno, pensieri tristi e malinconie. Sono tutti lì, allineati sui gradini, aspettano il momento buono per appiccicartisi addosso appena ripassi. Ecco svelato il mistero perchè io, le scale, le faccio sempre di corsa.

24 maggio, 2011

Ode all'Herpes.

Certo che noi qui si veda sempre l'aspetto positivo delle cose.
Certo che noi qui non è che ci si fa abbattere tanto facilmente.
Certo che noi qui si riesca sempre a girarla al meglio, come ci pare a noi.
Fatto sta ed è che stamattina si è svegliata una nuova me.
Una splendida me, mi aiuti a dire.
Ho una bocca sottilissima ed inesistente, insignificante, banalissima, e diciamolo, la moda dei labbroni a canotto certo non mi aiuta.
Questo fino a ieri, bellezze.
Da stamani, infatti, sono pronta per qualsiasi copertina, anche hard, volendo, prontissima per un giornalucolo di gossip, perfino per un grandefratello, per dire. Già, perchè sarà stato lo stress, il sole, i bimbetti che stanno intorno a casa mia che hanno tutti, indistintamente, la varicella, beh, stamattina ho un bell'herpes sul labbro. E mi sta un amore. Nel senso che ho la bocca di Nina Moric, e ahimè, la bocca soltanto. A costo zero, peraltro, senza punturine e sedute dal chirurgo. Con un sapientissimo gioco di gloss, cremine  ed effetti speciali, l'herpes sparirà, lasciando solo l'effetto Tigre del Materasso,  e mi ritroverò stamattina a recarmi all'Ufficio delle Entrate con una bella boccuccia da Grande Raccordo Anulare. La cosa sconvolgente, però, è che a colazione mi lagnavo con il Magnifico Sposo, Hai Visto, Mi è Venuta l'Herpes. Ah, ribatte Colui, Non Si Vede Nemmeno. 
Nooooooooooooo.
Ma si sa, all'Illustrissimo, la Moric, nemmeno ci piace.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...