Visualizzazione post con etichetta Succede. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Succede. Mostra tutti i post

04 giugno, 2010

Gardening.

M'è presa secca anche stavolta. Diciamo che mi sono appassionata, e speriamo che duri, nel senso. L'ispirazione è giunta a me dall'Illustre Sposo, sul viso del quale potevano notarsi smorfie di disappunto nel constatare lo stato di degrado in cui versava il davanzale  della Casa in Collina. Ciuffi giallastri laddove solo due settimane orsono facevano capolino delicatissime corolle violette, di un fiorino che non so dire, una specie di campanula, che ha anche Afef, nel suo Giardino Incantato, soltanto che i suoi sono in siepi, che dico,  una foresta di campanule. E poi, la scrivente si chiedeva perchè le rose del vaso avevano questa faccia triste, e guardavano in giù, non pettorute come quelle dell'aiuola, e già che loro c'hanno i tubicini, sarà per caso che non le bagno a sufficienza, anzi, non le bagno punto? Ieri, poi, l'apoteosi. Le mie Amiche, recatasi nella mia magione in visita pastorale per l'incontro del giovedì, hanno ammirato sì le rose dell'aiuola, che scoperta, ma hanno  osservato con disappunto, ammiccamenti e scuotimenti di testa, le sette foglie del basilico in vaso. Comprane Un Altro, mi hanno suggerito, Che è Ben Meglio. Ma io no, zuccona, voglio far resuscitare quello che ho. Gli parlo, lo accarezzo e, miracolo! lo innaffio. E con lui, tutte le altre piantine che non beneficiano dell'irrigazione ingegneristica, quelle più plebee, diciamo, le viole del pensiero, la miseria viola, le roselline candide del vaso. Non so se riuscirò in tale improba impresa, il davanzale è davvero in uno stato pietoso, aridità conclamata è la diagnosi, ma io non mi dò per vinta e con il mio bell'innaffiatoio tutto specchietti a mosaico, che si sa, ci vuol classe anche a innaffiare, cerco di salvare quel che resta. Il mio primo week end di giugno così inizia, nella casa in collina. Giardinaggio? Rianimazione, meglio.

31 maggio, 2010

Quasi giugno.

Che bell'aria stamattina. profumata e freschissima, di rose e di bello, di sole e di foglie e di fiori che non sai, il caprifoglio della siepe ci mette del suo, la salvia del vaso, perfino i panni stesi, che bello stendere fuori, li raccogli e ci tuffi la faccia, che buono è. Buongiorno di quasi giugno, che giugno è domani, mi avevano insegnato una filastrocca inglese che non ricordo, sul first of the month. Mia nonna mi diceva che si doveva uscire dalla porta di casa al contrario, di schiena, e si sarebbe stati fortunati e felici fino alla fine del mese. Dopo i due giorni al Camp, solo il mio studio, la piccionaia in cima alla casa in collina è un delirio. Tutto il resto è in un ordine perfetto, pulito, sistemato, l'Illustrissimo Sposo ha reclutato i figlioli rimasti a casa a rassettare e spazzare, riordinare e sistemare, e al nostro arrivo la Princi ed io, siamo rimaste di stucco, apperò, che bravi son i maschi se lasciati al proprio destino. In questa mattina di quasi giugno metto insieme pensieri e sorrisi, mi piace pensare alla vacanza, alla festa dei due giorni passati lassù, è stata una bella, semplice avventura, organizzata nei dettagli e andata proprio come doveva andare, esattamente come l'avevamo immaginata e studiata e preparata. E le persone che ho incontrato erano esattamente come pensavo che fossero. Forse un pò più belle. Così, ora sistemo scatole e cestini, locandine e striscioni, metto tutto lì per bene, riordino con metodo e riordinare è un pò come ripassare, come ritornarci, come esserci ancora. Quasi giugno. E' un giorno perfetto per bagnare il prato, per cucinare canticchiando, per farsi un mazzolino di menta e rose, per un giro in bicicletta nel corso pieno di sole, ho il cuore più lucido stamattina, e a uscire all'indietro dalla porta, a me, no che non serve.

11 maggio, 2010

Sbagliata.

La giornata, la strada, io. Sbagliata. Ci sono quelle giornate in cui sbagli tutto, e che tutto è sbagliato per te, e che niente và per il giusto verso, niente è come dovrebbe, niente è come sembra, niente di niente. No, la strada non l'ho sbagliata, ma sono sbagliata io, ho sbagliato il lato del letto da cui scendere, si dice così, no? Sbagliato l'umore, il luogo, non è che un ospedale sia un luogo dove prenderci l'apertivo, no di certo, ma tutto è così faticoso oggi, e anche ieri sera, per la verità, che l'intervista, sì, l'ho fatta all'ora solita e doveva andare in onda a mezzanotte, e che bello sentire qualcuno che racconta le cose tue, che meraviglia, persino le maiuscole si sentivano, che bravo che è stato quel doppiatore della Rai, ma l'ho sentita solo io, perchè alla radio niente, sbagliato, sbagliato anche questo. Ho una ricetta sbagliata, uno schema sbagliato, un conto sbagliato, un giorno sbagliato e tutto insieme, no, non ce la posso fare. Sbaglio gli accenti, le doppie, gli a capo, sbaglio la strada se sono al telefono e parlo e parlo e alla fine mi dico NoooooooHoSbagliato, e sbaglio i progetti e le stime e i sogni, anche quelli, che faccio sogni così terribili che mi fa paura ricordarli, altro che scriverli nel quadernino di Agnese, sbaglio a mettere il sale nella pasta, sbaglio i giorni delle udienze, sbaglio a contare, a sorridere, a fidarmi, sbaglio me, sbaglio a guardar fuori, sbaglio a parlare e a stare zitta, e sbaglio oggi, che è un giorno sbagliato come nessuno mai, che mi infilerei in un buco sotterraneo, un interrato senza finestre e senza porte, e senza via d'uscita, io che di porte alle case ne faccio sempre due quando disegno, io, sbagliata e sbagliata, che oggi non so niente, che oggi non sono niente e che a contare le volte che ho scritto sbaglio non posso perchè sbaglierei.

28 aprile, 2010

L'iradiddio.

Cioè quando succede di tutto, il contrario di tutto, il trasversale di tutto, il superlativo di tutto, il minimo, il massimo, il così così di tutto. C'è stato vento, due notti fa, e un temporale da far paura. Sarà quello. Io non sono brava a giocare a bowling, non mi piace, mi ci han portato a forza, qualche volta i figli, qualche volta amici, così, per ridere, ma non so prendere bene la mira, e mi fa schifo mettere le scarpe degli altri, sono così belle le mie, perchè me le devo cambiare. Tutto 'sto giro di parole per dire che ecco, sono un birillo che resta in piedi, nonostante una palla di guai  mi abbia colpito, vacillo, dondolo, ecco adesso cado, ecco, adesso, adesso, e invece no, resto in piedi. Arruffata come l'erba del prato, sporca come l'ingresso, pieno di polvere e foglie, e rametti e petali di fiori, sì, di fiori scossi giù dall'albero, che è persin bello in un certo senso, se non fossero mischiati alla terra. Resto in piedi, nonostante le urla, le cose, le grane, l'affanno, le questioni, e chi non ce le ha, ma nel frattempo, facciamoci un giro con un figliolo al pronto soccorso, massì, è da un pò che non ci andiamo, tre settimane, mi pare, e con un figliolo diverso, non questo qui, almeno variamo un pochino, e il S.I.S. Sommo Imbufalito Sposo, che latra nel telefono HAIFINITO tuttattaccato, come se fossi sotto il casco dalla pettinatrice, non so se mi spiego. Resto in piedi. L'iradiddio non mi scalfisce neppure, mi lascia così, libera e bella, libera forse, bella chi lo sa, mi fa stare da cani, mi devasta, mi ottunde e obnubila, mi prostra, e poi, eccomi qui, non c'è trucco e non c'è inganno, la uonderuoman de noialtri, dura e pura alla meta. Qui di cose da fare ce n'è una tonnellata, non è che ci si può permettere di stare lì a cinquantarla, e a piagnucolare come una scolaretta che ha scordato la merenda, questo lo dico ogni volta e me lo ripeto, e me lo ricamo sugli asciugamani, ma, mi si permetta, lo sanno anche i sassi che ogni iradiddio non è uguale a nessun'altra,e che non ci sono delle regole precise, e che va bene tutto, i birilli, il vento, ma a me la tutina di Wonder Woman non mi è mai piaciuta, e poi,  il S.I.S. si sta acquietando vieppiù. L'iradiddio per fortuna sta perdendo di potenza, come l'uragano Katrina. Resta lo sporco di fuori, la polvere, i petali misti alla terra. Nessun ferito? Magari. Sospetta lesione di legamenti ginocchio sx. Peggio mi sento.

20 aprile, 2010

L'uomo del trattore.

Ora. Ben so che le mie Amiche Vicine della Collina, Amiche del Villaggio, intendo, avranno già ben drizzato le antenne. Riedevo poco fa da un giro mattutino con gli animali di casa, giusto per togliermi dalla domestiche faccende inframmezzate da una serie di lavori per Cuore di Maglia,e prepara pacchi, e avvolgi pacchi e cose così. La collina al mattino è desertissima, di solito, e al massimo incontri qualche coniglio selvatico, o qualche fagiano se ti va bene. Ma stamattina, proprio deserta non era. Mentre percorrevo baldanzosa lo sterrato, e osservavo le rive erbose, i tulipani piantati chissà da chi, le erbe che un tempo conoscevo tutte, avendo fatto un erbario alle scuole medie, ecco che un rumore di trattore mi scuote. Chiamo a me le bestiole, e mi accosto, per far passare il diabolico mezzo. Un oooohhhh di sorpresa viene trattenuto a fatica. Al posto del solito omino sugli ottanta, con cappello consunto e fazzolettone al collo, ossantapace, e questo qui, da dove sbuca? Alla guida dell'agricolo mezzo un Gran Pezzo di Figliolo, in età papabilissima, si intenda bene, dacchè si hanno otto anni di franchigia, in più e in meno, che si sappia e che si prenda nota. Camicia celeste, jeans sdrucito, abbronzatura discreta, grazioso, si dice, belloccio, insomma, uno che proprio non ti aspetti di trovare in tarda mattinata che ti ara il campo dietro casa. Son soddisfazioni. Un pò meno soddisfacente invece, il constatare che la scrivente non fosse proprio apparecchiata da gara: leggings grigi, non proprio pulitissimi, canottierina nera stinta,  felpa larga e con la cerniera rotta. E senza un filo di trucco, una passata di gloss, un bel niente del tutto. Traggggedia. Ma come darmi torto, alla fine, alzi la mano chi porta a spasso i cani col tubino nero e il giro di perle. E il rossetto da giungla. Ora, ben so che le mie Amiche Villane, intese come Vicine, s'inventeranno di tutto per ripercorrere il mio sentiero, alla ricerca del Bell'Agricolo: nonne che pascoleranno i nipoti sù e giù per la vigna, mamme di Fanciulle Liceali che organizzeranno pic nic e gite d'istruzione, Mogli e Madri irreprensibili che si fingeranno studiose di cerchi nel grano e ivi si recheranno in ogni ora della mattina. Del Bell'Agricolo null'altro so. Quel che so è che, da oggi stesso, i cani verranno pascolati dalle sei alle sette volte, da me personalmente. Insisto. Dovrò soltanto rivedere l'abbigliamento, un tailleurino Chanel e un bel trucco bonne mine faranno al caso mio. O è meglio un look da mondina stile Riso Amaro? Rifletterò. Resta ancora da eludere la sorveglianza del mio Sposo e dei figlioli, ma anche a quello  penserò dopo. E adesso, mi scusi tanto signora cara, ma devo recarmi in tutta fretta giù per il sentiero, ho sentito dire che è atterrata un'astronave e voglio vedere di persona, sa com'è. Sì, ho il tubino nero, i tacchi e le perle, e allora, è proibito, forse?

18 aprile, 2010

Difficilissimo.

Gli ingegneri, si sa fin troppo bene, brutta, bruttissima razza essi son. Precisissimi, petulantissimi, ordinatissimi, brontolonissimi, egocentratissimi.  Ma, mio malgrado, adorabilissimi. Dacchè io ne sono circondata, da una ventina d'anni in qua, e poichè mi par di avere, che so, una specie di calamita, che me li fa adorare tutti, indistintamente, sia quelli Senior che quelli Junior, e anche le Fidanzate,  mi son fatta un ragionamento da me medesima stessa. Perchè li adoro in siffatto modo? Perchè, se zuccona son, se letterata son, se per me far di conto è impresa improba, se disordinata son, se la precisione per me è una scienza astratta, se per me sei per sei potrebbe sì far trentasei ma non è mica detto, dipende, perchè quindi, io li amo e mi ci appiccico? Mistero della fede. Stamattina, al primo ingegnere che mi è capitato a tiro, tra le briciole della colazione e la scatola dei biscotti, ho sottosposto un problema non da poco. Devo fare una scarpina, l'ho trovata da TryToKnit  ma la voglio fare più piccola e non so nemmeno da che parte si inizia a calcolare con esattezza tutta la questione, farei a naso, ma sai com'è, e poi è l'alba della domenica mattina, sveglierei Lei, ma insomma, lei fa ponti e poi dormirà ancora, mi sa, e allora, tu sai per caso come si fa? Come, Non Lo So? tuona l'Uno e Trino, e in men che non si dica, voilà, ecco il rimpicciolimento della scarpina già calcolato in tutta scioltezza. Mica ci vuole un ingegnere, basterebbe sapere i rudimenti della matematica. Già. Ma ognuno dà del suo, si dice da queste parti ed è stato buffo spiegare il perchè e il percome, vedi? devo mettere 6 maglie e fare 22 giri, insomma, a un uomo, queste cose non suonano mica tanto familiari, men che meno a un ingegnere. Bene, siamo solo alla prima lezione. Alla prossima, chiederò al mio Illustrissimo Sposo di imparare ad avviare le maglie. Secondo me, impara prima lui a fare la maglia,  di me a fare le proporzioni. Resta una domanda. Io adoro gli Ingegneri, ma com'è, come non è, pure gli ingegneri adorano me. Che vogliano anche loro diventare disordinati, farfalloni e Principi  del Pressappoco? Indagherò. 

10 aprile, 2010

Bei giorni.

Il sole non scalda tantissimo, o forse sì, se ti metti proprio lì, nel pratino, alle 2, lo senti eccome, ti ci puoi anche abbronzare, se vuoi. Oppure, in un giorno così, puoi chiamare Afef e dire, perchè non vieni fin quassù, che sola sei, tapina e solinga nella tua sterminata magione, vieni che giust'appunto c'ho un lavorino per le mani, quelle scatole, famose scatole di legno che regalato c'hanno, e che trasformar desidero in packaging di lusso per CdM. Così, armate di pennelli e pennellesse, stucchi, spatole di ogni forma, colori a manciate, ecco qua, nell'angolo del terrazzo che tanto che c'importa se lo sporchiamo, martedì prossimo verrà rimesso tutto a nuovo, ci possiamo disegnare anche sopra, per dire. 
Di pasticci ne abbiamo fatti eccome, cani che andavano e venivano, figlioli, innaffiatoi, cose e cose, cartavetro, ma come, scartavetri ingioiellata, ma non si fa, e poi il danno, senza la beffa, abbiamo usato una vernice beffardissima, che ha disintegrato il bicchierino di carta dov'io ignara l'aveo riposta, e così, santapace, vernice dovunque, e allora giù di solvente, e la mia Regia Vicina che si sporge un pochino e dice, Chessuccede, e noi lì, indefesse, a pitturare, scartavetrare, c'è presa secca, colorare, ma che bello questo rosa, mi ci farei lo smalto.
Afef pittura e pittura, docente di Stuccatura su Legno, io brillante allieva di Casini con Stucco su Legno, viene uno schifo, lo stucco ne devi mettere pochissimo, mica è un panino con la Nutella, che devi essere generosissima, qui un velo ne basta, come non lo sai? Adesso lo so. Le nostre scatole per Cuore di Maglia sono lì, tutte in fila, stuccate e qualcuna perfino pitturata. 

Bei giorni, alla fine, un bel week end pieno di cose e di sole, di prati e di chiacchiere, e di bei pensieri. Stucca e pittura, pasticcia e rovescia, alla fine, qualcosa di buono ci esce. Si dice così.

25 marzo, 2010

Arancionissimo.

L'ultima produzione in lana di questa stagione invernale che sembra non avere fine. L'ultima copertina in lana per Cuore di Maglia, dopodichè, solo cotone, cotone e cotone. E' un arancione carichissimo, è morbida e avvolgente, ha due belle trecce, si fa coi circolari, la lana è Debbie Bliss. Poche, basilari informazioni. Arrivano da ogni parte d'Italia le copertine e i cappellini e le scarpine per CdM e forse dovrei parlarne qui, ma in fondo il confine non è poi così netto. Oggi un altro Knit al BioCafè, è giovedì, bellezza, giorno di chiacchiere e di scialo e di progetti, il Camp che va alla grande, le consegne e le spedizioni, e già, nelle città troppo lontane, ma niente è lontano per CdM e allora va bene. Si prendono appunti per una giornata gradevole, si trovano situazioni e spigolature, fermo immagine e inquadrature, per fare andare tutto come devo andare, nei binari giusti, nel modo giusto, alla giusta velocità, nel senso di marcia che va bene, non come in treno che a volte sei seduta al contrario e vedi le cose scappare via, no, ci si deve sedere con grazia e cognizione, e vedere le cose che vengono incontro, avere il tempo anche di leggere il nome delle stazioni senza farsi venire mal di testa. Quando ci sta la salute, e personalmente ci ho già pensato questa mattina, un bicchierone d'acqua fresca dove ho sciolto ogni tipo di vitamine, magnesio, e chissà cos'altro, dacchè al Supradyn mi sono assuefatta e, mi aiuti a dire, c'ho bisogno di roba più forte, per farmi dei viaggioni, dicono i miei figli, per tirarmi sù, dico io, che è meglio. L'intruglio non è male, certo, sa di medicina, ma chemmimportammè, basta che funzioni. In the frattime, mi preparo al knit di oggi, indolente ma lucida, lenta ma presente a me stessa, storneggiata ma andante, allegra ma non troppo, una cosa che va bene, alla fine. Finirò questa coperta arancionissima, farò un pane, imbastirò una cena dacchè tardi arriverò al desco familiare, tiro giù la serranda e per qualche ora non ci sarò per nessuno. Il magnesio fa miracoli. Come, di già?

18 marzo, 2010

La pago.

Pago le gite. Pago l'andar via. Pago il fatto che per due giorni due, e dico, solo due giorni due, non sono stata ad occuparmi della casa in collina. Cose e cose mi han portata lontana da qui, una consegna di Cuore di Maglia, per cominciare, e altre vicende, per finire. Ora, il delirio. la tempesta dopo la quiete, il dovere dopo il piacere, come si dice. Ovunque io posi il mio occhio castagna, cose da fare, da riordinare, da sistemare. Esagerata. Forse, ma non troppo distante dal vero. Pago la mia vaghezza nel ciondolare ieri, nullafacente, nel sole. Le vetrine, i tavolini fuori, persino la passeggiata verso un colorificio in periferia mi è sembrata una meraviglia. E io c'ho il passo veloce, bello deciso, mica da lumaca, sa? Pago la leggerezza, pago il mio sentirmi un pò in gita, il non guardare l'orologio, il fermarmi se mi va, andare se mi va, sfogliare duecento libri in libreria, entrare da San Carlo ad annusare tutte le candele Dyptique, e il rito impagabile del cappuccino più buono che c'è. Così, pago. E non in moneta sonante, che sarebbe così semplice. Magari. Io pago in Merito, Glassex e Folletto. Nel senso che stiro e ammiro, spolvero, e intrattengo rapporti torbidi con l'aspirapolvere. Non è gran cosa, detta così, ma quassù, nell'umilissima magione della scrivente, sembra che a stare assenti due giorni dalle domestiche faccende, il marcar visita, il prendersi due giorni di permesso giammai retribuito, sia peccato mortale. Espierò le mie colpe quest'oggi, complici i nuvoloni che si avvicinano inesorabili, stirerò e stirerò sino a farmi venire la tosse asinina, luciderò argenti e ottoni (!), spazzerò e pulirò, rassetterò e riordinerò. E alla fine, stremata nel morale e nel fisico, il ferro da stiro fulminato, un flacone vuoto e il mio amante verde finalmente zitto, mi lascerò svenire sul divano. Sventurata me.

15 marzo, 2010

Pavimenti Chanel.

L'efferato delitto si consumava giorni addietro, lassù, nella Casa in Collina, ma solo in queste ultime ore ne viene data notizia. Distratta son, sbadata son, non è mistero. Mi accingevo a dare una sistemata alla mia umile magione, senza voglia alcuna e con una discreta premura, in verità, dacchè qualche scellerata compagna di merende mi attendeva in città per una chiacchiera veloce e un accenno di gossip, così, per non farsi mancare niente. Ora, mi capita ogni tanto di ricevere in dono campioni di profumo non mio, così, per farmi provare, per farmi annusare cose differenti, e dato che alla Princi piacciono molto, li accetto di buon grado anche se fedelissima son ai miei profumi del cuore, ciclicamente. Ora il mio cuore batte forte per questo qui. Mi apprestavo perciò a rassettar con grazia, quando un mio sbadato gesto fece precipitare nel vuoto una preziosa mignon di Chanel n.5, disintegrandola, e rovesciando il suo aureo contenuto sul pavimento. Deve essere una moda in casa mia, disintegrar cose, dacchè il mio Sposo, sabato sera, ha ben pensato di scagliare con forza il telecomando contro un figliolo insubordinato, che, furbescamente, si era già dileguato. L'oggetto si è così infranto contro il muro e poco dopo si poteva assistere alla gustosissima scena della scrivente carponi sotto il prezioso tavolo del bis-bis-bis nonno a raccattare pile, molle e componentistica elettronica varia. Tornando a Chanel. Che fare? Mica potevo raccogliere il profumo con le mani. Mica mi ci potevo strusciare come una salamandra per cospargermi e non sprecarlo. Lampo di genio. Ci lavo il pavimento. Così, ho preso il mio attrezzo delle pulizie più cool del mondo, e l'ho pucciato con eleganza nel liquido suddetto, avendo cura di lavarci tutto il pavimento. L'apoteosi. L'inconfondibile bouquet di Chanel n.5 si è impossessato della mia casa, o almeno, di quella parte di casa, e benchè siano passati due giorni, si sente ancora, forte e chiaro. Sono certa che nemmeno Victoria Beckham lava i pavimenti in siffatto modo. E la prossima volta che l'Illustre Uno e Trino avrà voglia di dilettarsi nel lancio del telecomando, se non altro ne raccoglierò i pezzi da un pavimento impeccabile e profumatissimo. lassù, nella Casa in Collina, si fa di necessità virtù. E non è mica poco, sa?

01 marzo, 2010

A casa.

E alla fine sono a casa, due giorni di piccola vacanza, di una Roma calda e primaverile e lenta e caotica, rumorosa e silente come solo Roma sa essere, e così bella, sempre. Torno a casa, che tanto c'è da fare, altro che stare in giro a fare la scema, ma quale scema, ho incontrato persone così speciali, donne così belle, che siamo state a parlare delle ore, a prenderci sottobraccio e a ridere come fossimo cognate ad una festa, hanno attraversato per me il traffico e la città, mi hanno accompagnato nei deliri delle strade, fatto piantine su fogli giallini a righe, per paura che mi perdessi, chiamato poi, per sincerarsi che non fossi finita chissaddove. Torno a casa, dopo la Rai e dopo il sole, torno qui, se la sono cavata così bene ma hanno una specie di muso verso di me, sei tornata? ah, bene, ma nessuno di loro ha voglia che me ne vada ancora, eppure forse succederà, non subito certo, ma succederà, per poco, certo, ma succederà. Non sono convinti, non la sono nemmeno io, e mentre mi giro nella testa la lista delle cose da fare e realizzo che nessuna di queste mi piace almeno un pochino, che avrei da scrivere e da leggere e da organizzare quel Camp di cui si parla da un pò, e forse, da organizzare per bene e daccapo c'è soltanto il mio frigorifero, la mensola del bagno, il cassetto dei rossetti e tutta la mia vita, penso a come mi sento, opaca dopo aver brillato, ferma dopo aver corso, impantanata dopo aver volato.

17 febbraio, 2010

Scivoli.

E' successo di nuovo, succede ogni tanto, anche se quasi non mi ricordavo nemmeno come e quanto, non mi succedeva da un pò, nemmeno ci pensavo più. Che cos'è. Non lo so. Ma fa male. E' come se tutta l'energia, tutta la forza venisse risucchiata, bevuta via con la cannuccia, un buco in un pallone e tu ti sgonfi e vai giù, giù, ancora più giù del letto, più del pavimento, più della cantina, della terra, del mondo. Vai giù, respiri che non respiri, il cuore ti va in pezzi da quanto batte forte, lo senti, tump! tump!, batte contro lo stomaco, nelle spalle e dentro agli occhi. Scivoli e galleggi, galleggi e scivoli in qualcosa che non sai, che roba è questa, è panico o che cosa, ci si sente così quando stai per svenire, quando sali troppo in alto e hai le vertigini, quando senti l'aria nelle orecchie e una specie di vento dentro, lo senti, il vento, e questo buio, quanto buio che c'è, forse con la luce non succederebbe, ma del buio non hai mai avuto paura, mai, ti sei inventata delle storie bellissime per fartelo amico, il buio. Rastrelli le forze che non trovi, racimoli un coraggio che non hai, dài che adesso passa, non chiami nessuno, non fare la mammola, non è niente e poi li spaventeresti per niente, perchè non è niente, lo vedi, ma è un niente che squassa, uno stato che chi non prova non sa, è solo paura, ma di che cosa poi, è solo ansia, ma ansia di che, è solo che non sai nemmeno che cosa raccontarti, di storie adesso non te ne viene nessuna e questa cosa non ti è amica, no, ti sfida, ti scrolla, ti mette alla prova, forse, chissà, e allora rimani lì, spenta e sgonfia, inanimata eppure scossa, agitata eppure immobile, un pallone bucato, respiri il niente e aspetti, aspetti che passi, non è niente, passerà, ancora un attimo e passerà.
tumblr-la douleur exquise-

14 febbraio, 2010

Dimanche, la neige.

Le colazioni della domenica, lassù, nella casa in collina, si fanno un pò quando capita. A multipli di due, sovente, dacchè solo lo Sposo Illustrissimo si sveglia all' alba, e appronta con grazia ingegneristica il desco, lento, tranquillo, senza nessuna fretta. E senza fretta la giornata sarà, se guardi fuori ti vien da dire Ma Dove Vuoi Andare, con questi fiocconi, certo, non si fermerà, ma è tanto bello starla a guardare da qui, facendo colazione in comode rate, ad inventare un nuovo modello di scarpina per la consegna che è ormai prossima, e a capire bene come farlo quel minuscolo fiocco, che coi fiocchi di fuori e i fiocchi di dentro, proprio non ci si capisce. I figlioli dormienti, un'amica della Princi, ospite al pernottamento, ha confermato la sua presenza anche al pranzo domenicale, qualche libro da leggere, un bel niente da fare. Che nevichi pure, ne metta giù tre metri e non se ne parli più, che noi qui, nella casa in collina, c'abbiamo da fare. Coi fiocchi, anche noi.

13 gennaio, 2010

Acqua e menta.

Ci sono dei pomeriggi così. Hai fame, hai sete, hai qualunque cosa. Fuori piove stupido, l'ho imparata oggi, si cerca in ogni modo di essere, comunque, ben disposti verso il mondo, le questioni, le cose. Sempre più difficile. Qualcuno ti consiglia un bel giro di saldi, così, ma l'hai già fatto stamattina con l'Amica delle Lampadine, quella che senza Victoria's Secrets non esce nemmeno a buttare l'umido, non so se mi spiego. O una bella tisana, ma non sono mica malata, e poi non ho tempo nè voglia di aspettare l'acqua che bolla e poi le mie tisane sono orrende, mi lascio attirare quando le vedo al supermercato e da lì sembrano tutte buonissime, con quei nomi così romantici, Tarassaco, Ribes Nero,Passiflora, Melissa*, no, quella no, che in grazia di Dio ne abbiamo già anche troppe di Melisse, nella casa in collina. Ciò detto, abbandonato nel lato del frigorifero, quello delle bottiglie, quello che hai dovuto ripulire l'altro giorno da una colata di ketchup chiuso male, il frigo degli orrori, visto così, appunto lì , occhieggiava una bottiglia di sciroppo di menta, quella che usano i miei scellerati figlioli maggiorenni per quell'intruglio buonissimo, alcoolicissimo, che va giù che è un piacere e che ti fa ridereridereridere, e dire scemenze una dietro l'altra e camminare malferma, e insomma, quello lì. Ancora non sono diventata alcoolizzata, e nemmeno potrei, vista la mia scarsissima reggenza (!) all'alcool. Ciò detto, presto fatto. Tazzona Starbucks di Parigi, acqua gelatissima, sciroppo di menta, appena appena, e diamoci questa botta di vita, questo sorso d'estate, altro che tisana tristerrima, l'acqua e menta mi salverà dalla malinconia, dalla stupidità della pioggia, dalla mestizia di non essere andata all'AperoKnit in collina a Torino e da mille e mille altre cose. Certo, però, un gocciolino di rhum, che mal può fare? Mojito, si chiama, ecco come. Ma si aspetti l'estate, ubriacarsi in inverno pieno non sta bene.
*nome proprio di ingegnera, femminile, singolare, fidanzata al JunioIng., adorata da noi tutti nella casa in collina, cani, gatti e pettirosso compresi.

06 gennaio, 2010

Ogni cosa è illuminata.

Così, illumina. Il sole che buca le nuvole, che fa brillare la neve ammucchiata sui prati e resa ghiaccia nella notte, diamanti purissimi sul bianco che c'è. Illumina i sentieri, le stradine i campi lisci, le orme lasciate, le aiuole, le foglie bagnate, quel che resta delle rose intirizzite, del cavolo viola piantato nel vaso. Illumina le case laggiù, la città che non si vede, d'inverno mai o quasi, con la nebbia e si ha come l'impressione di non averla più, se non per la guglia del duomo, se stringi gli occhi forse la vedi, eccola là. Illumina e regala un cielo azzurro che è una lavagna, ci puoi scrivere quello che vuoi in una giornata come questa. E' molto freddo ma forse un giro nel verde e nel bianco non potrà che farti bene, il freddo conserva e scuote, rende chiari anche i pensieri più torbidi, stira, gelandole, le situazioni più stropicciate, iberna i vuoti e le mancanze, trasforma le lacrime in piccolissime gemme preziose che non scendono più. Arrossa la faccia e fa tirar sù col naso, e c'è da coprirsi bene, le mani in tasca, una sciarpa calda da affondarcisi, lasciar fuori solo gli occhi per vedere dove vai. Già, ma dove. La strada della collina la conosci a memoria, ma ci si può perdere anche nel sentiero dietro casa, se non si ha la mente sgombra e il passo sicuro. Ma oggi, nel sole e nel limpido, questa luce nuova illuminerà. Il viottolo e le zolle, quel buco prima del campo dove più di una volta hai rischiato di finirci dentro, i filari spogli e l'alloro maestoso. illuminerà anche te, anima inquieta, Regina Dell'Ansia e della Neve, che studi la vita segreta dei pettirossi del pratino, che ti chiudi dentro un castello di zucchero e d'acciaio e non ti lasci illuminare da questo raggio di sole ghiacciato, da questo respiro che si vede dal freddo che fa, da questa neve che riflette, conforta, illumina e brilla.

02 gennaio, 2010

Ancora sveglia.

E' la prima notte dell'anno. Quella per intero, non quella passata. E' gennaio, si sente. Le lenzuola nuove nel letto, la camicia di notte carina, si vede che ci sono ancora briciole di festa e di vacanza e di niente fare, lassù, nella casa in collina. Si fa tardi, ci si sbronza di film e di libri e di knit e di niente, di chiacchiere, non si è avuto voglia di trenini e trombette e di confusione, si è diventati un pò orsi, ma come, proprio io, proprio io sì, sembra strano anche a me. E' notte e si è ancora tutti svegli, di dormire ancora non se ne ha voglia, si raccolgono i pensieri più belli, si ascolta una bella musica e si balla un pochino da seduti, scrivendo e sorridendo, che bel momento questo qui, a vedermi vista mi piaccio perfino, appollaiata sulla sedia a notte fonda a raccontarmi delle cose e a fermarle qui. E' tutto un pò più lento, ci si può permettere il lusso di non dormire, stanotte, c'è una luna così bella là fuori, e anche un bel cielo, la nebbia è sparita e potrebbe essere ancora Capodanno come ieri, chemmimportaammè, se voglio, la festa per me è stasera. Solo mia. Le mie più piccole cose sono in questa stanza che è mia soltanto, dove nessuno trova nulla, dove vi è raccolta una quantità di cose che non so. Anzi, che so, so solo io. Così, mi sorprendo a cantare sottovoce, è una notte che mi piace così com'è, è la prima dell'anno, me la voglio ricordare bene, fermarla, un pochino, perchè è raro che stia sveglia così e che se non ci fosse il gelo là fuori, uscirei nel pratino a saltare e a ballare a fare giravolte sulle foglie e a guardare la luna e a dire Ciao Bel Duemiladieci, Felice di Trovarti Qui. La mia festa di Capodanno, all'una passata del giorno dopo, in camica da notte e calzettoni rosa, è questa. Trenini e trombette, marameo.
Tumblr.la douleur exquise.

09 dicembre, 2009

Il buio che scolora.


Dovrò decidermi a cambiare l'assurda suoneria che ho per svegliarmi. E' una specie di spirale, una roba che ti gira nel cervello e ti scuote, troppo, secondo me. Non hai molto tempo di realizzare, devi essere subito sveglia, schizzata, sciroccata e presente a te stessa. E non va bene. Soprattutto in mattine come questa. Sei sveglia, sì, e guardi fuori, il buio che c'è ancora, ma come, non è notte fonda? No. Se guardi bene, il buio scolorisce, non è la luce che arriva prepotente, è lui che diventa pallido, più chiaro, sempre più chiaro, fino a diventare luce. Dipende da come le giri le cose, per capirle. Il buio ha un suo fascino e un suo perchè, può essere meraviglioso o terrificante, a seconda di come lo guardi e dove e con chi. Il buio della notte si guarda con gli occhi sbarrati e fissi, e il cuore a mille, e non si ama come questo. Il buio del mattino può essere meraviglioso, a guardarlo dal letto, gli occhi trasparenti che si hanno appena svegli, mentre metti insieme i pezzi della giornata, ad incastrarli tutti per bene, oggi questo e questo, e poi questo e questo all'infinito. E' un bell'esercizio di meditazione, raramente ci si riaddormenta, ci si gode lo spettacolo in prima fila, ancora un minuto, ancora due minuti, senza guardare mai che ora è, si calcola a mente, e non si sbaglia quasi mai e se succede, è di pochissimo. Ci aiuta il buio. E quando poi non si può più rimandare, che non si ha voglia di firmare nessuna giustifica per essere arrivati in ritardo a scuola, che non si ha voglia nemmeno di essere in ritardo sulla tabella personale, che ci si tira sù, gli occhi sempre incollati alla finestra, la nebbia oggi? forse sì, e si cerca di darsi un tono e dirsi sù, anche se l'unica cosa al mondo, l'unico grande desiderio del momento sarebbe di stare qui, a guardare fuori l'impagabile spettacolo del buio che diventa luce.




27 novembre, 2009

La paura.

Ho avuto paura. Tanta, anche. E' raro che mi succeda, io non vado fortissimo in macchina, anzi, proprio vado piano e poi mi piace guidare e lo faccio spessissimo, abito fuori e avanti e indietro e sù e giù, coi figlioli e le cose. E ieri sera, la seratona della pizza dopo il KnitCafè del giovedì, che abbiamo riso fino alle lacrime, noi 5, e che abbiamo fatto, come al solito, le 21e37, roba da non riprendersi, non so se mi spiego. Ma è stato al ritorno, che è successo. Ho sbandato, non so, nella strada di casa che conosco a memoria, a memorissima, ciascuno di noi sa la strada di casa, potrebbe farla davvero bendato, girato al contrario, così. Improvviso, ho visto il bordo della strada davanti ai miei occhi, non ricordo come, ho cominciato a ballare sulla strada deserta, per fortuna, col fischio delle gomme come nei film, come le sgomme degli scemi il sabato pomeriggio, con la radio a palla e i catenoni. La macchina ha perso il controllo, ha perso me, la mia attenzione, o sono io che ho perso lei, perso la nozione della strada, della prospettiva, dell'andare dritto. Ho avuto paura. Sono finita nell'altra corsia, e poi di nuovo di qui e poi di nuovo di là, un zigzagare disordinato, durato quanto? un secondo? due? mille? Non lo so. Non c'era nessuno, non ho sbattuto da nessuna parte, ho avuto il controllo della situazione, del volante, non di me. Che non ricordo, che non so, se qualcosa ha attraversato, o abbagliato, e non ricordo, come se il mio cervello fosse diventato un lago fermo, il niente, fosse mancata la corrente per un pò. Ora meglio, bene anzi. A casa ho tremato per un pò, tutti intorno preoccupati, ma è passata., adesso è passata. Mi sforzo di ricordare e non mi viene niente, e non ho bevuto, giuro, a parte l'acqua gasata. Oggi mi darò una calmata, riordinerò per bene i pensieri e cercherò di ricordare. E la prossima volta, acqua naturale. Mi sa che è quello. La CO2, ogni tanto, fa brutti scherzi.

13 novembre, 2009

Appena colti.

O meglio, appiccicàti. Comprati al volo questa mattina, insieme a un quaderno a righe, spesso, senza margini, impazzirò un giorno o l'altro, un tubetto di colla, le cartucce per la stilografica. Non è mistero, mi piacciono tanto i tulipani. Meglio se viola, ma erano finiti, e poi quelli, ci pensa Biancaneve a portarmeli da Amsterdam. Così, mi sono incamminata in questa avventura, denominata l'Appiccicamento dei Tulipani. Io non sono un tipo preciso, e quindi, presa dalla voglia di vederli finalmente tutti insieme sulla porta del mio umile studiolo, non ho letto le istruzioni accluse. Perchemmai, son mica scema che devo leggere le istruzioni per attaccare due tulipani? Ci vorrà mica un architetto, un fisico nucleare, un ingegnere, magari, che in grazia di Dio siamo in overbooking da queste parti. Così li ho attaccati alla brutta, così, senza un ordine preciso, a seconda del colore, quello arancio qui, il fucsia di qui che ci sta bene. Errore. I tulipani, nella loro scatola, erano con un ordine ben preciso, me ne sono accorta dopo aver attaccato l'ultimo. Erano tutti contrassegnati, A, B, C, insomma, avevano un senso. E forse sarebbero stati anche meglio, e avrebbero avuto la giusta inclinazione. Ma a ben guardare, a me piacciono così, la porta è la mia, i tulipani sono miei e ne faccio quello che voglio, echissenefrega se dovevano essere messi in un altro modo, non verrà nessuno a controllare, e allora, e perciò, io li trovo bellissimi, anche un pò sghembi, senza un senso e non in ordine, e non mi è servita la bolla viola, che peraltro possiedo, regalo del Regio Architetto fornitore della Real Casa, non mi è servito nemmeno quell'aggeggio per misurare con le lucine che io userei solo a Capodanno, per fare un pò di scena, perchè io, imprecisa e pasticciona, sono e resto la Dea Incontrastata delle Cose Senza Senso. Operazione Appiccicamento Tulipani Completata. E bene che stanno.

11 novembre, 2009

L'estate di San Martino.

Lo sai?, si chiama estate di San Martino. Te la raccontavano alle elementari, e fa parte di quelle cose che sai, ma che hai nascosto in qualche parte della memoria e che quando qualcuno te la racconta, dici, massì, quella, come ho fatto a non pensarci, San Martino, il mantello e tutto il resto. Il resto è qui, oggi. E' in questo sole caldo, è nel giro coi cani nel primissimo pomeriggio e caldo lo fa davvero, una specie di regalo, in una giornata storta, ma storta per davvero, con un'ora buona passata nello scantinato di un ospedale, non proprio una passeggiata in Montenapoleone, anche se smanettavo come una pazza sul Blackberry, per non perdere il filo, il senso, la grazia. La paura è una roba strana, che ti assale anche quando una vera ragione non c'è, ma chi non ha paura di andare in ospedale, foss'anche per un controllo, foss'anche per una roba da niente. La passeggiata, perciò, è un regalo che mi sono fatta, ad annusare il sole di fuori, a camminare sulle foglie secche e sentire lo scratch! sotto le scarpe, e vedere, magguarda, che fra le foglie secchissime c'è un'erbetta che è una delizia, verde smeraldo, gioielli per me. Le colline laggiù, la città, il campanile del Duomo che si vedono così bene in giornate come questa. L'estate di San Martino è un evento che non accade, se non lo fai accadere tu, se qualcuno non ti racconta la storia, se non dici, ma è vero, senti un pò che caldo che fa, di stare ancora senza calze, freddo non ce n'è. Il sole scalda di più nei giorni in cui hai avuto paura, nei giorni in cui ti sei sentita un pò persa e un pò nei guai. E allora scaldami, sole di novembre, abbracciami e stringimi come sai, regalami le foglie secche, un pò gialle e un pò rosse, fammi sorridere, consola questa fifona che non sono altro, raccontami tutte le storie inventate. Ascolterò, intrecciando una corona di smeraldi con l'erba nuova della collina.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...