18 marzo, 2007

Provare, provare, provare e...

Dire che è semplice è una bestialità vera. E' un delirio. Imparare ad usare 4 ferri da maglia insieme, anche per chi lavora a maglia da parecchio, è impresa titanica. Almeno per la scrivente. Dire che è leggero, men che meno. So di persone che si sono talmente concentrate da essersi persino dimenticate di andare in bagno, con licenza parlando. E di un' altra che ad un certo punto, le è andata talmente insieme la vista (è un lombardismo, diciamo che le si incrociavano gli occhi), che ha acchiappato ferri e gomitoli, li ha fatti sù alla rinfusissima e ha detto, basta, non gliela fò. Dire che è stato gradevolissimo, piacevolissimo, interessantissimo e divertentissimo, è assolutamente d'obbligo. Siamo state d'incanto. Già la location faceva la sua parte, la Triennale, coi finestroni sul parco, le sedie di design e quella sua aria intellettual-chic, già da sola la fa da padrona.Le partecipanti poi, datesi appuntamento lì per imparare o insegnare la nobile arte del calzino ai ferri, erano davvero deliziose. Lì per lì mi è preso un colpo, quando hanno estratto, non solo calze che erano vere e proprie opere d'arte, ma un manuale di maglia in lingua estone. Va bene la cultura, mi accontento di parlare correttamente inglese e francese, mi manca il russo e il tedesco, ma all'estone, signora mia, proprio non ci avevo ancora pensato. Ma le fanciulle, pazienti e dolcissime, hanno dischiuso per le astanti un mondo difficile sì, ma fatto di chiacchiere sommesse e caffè in tranquillità, e pazienza se ho dovuto disfare il mio prototipo di calzino due volte due, e mi cascavano i punti, e mi trovavo nodi e pasticci che non sapevo dipanare, e mi intruppavo con ferri e fili. Bel pomeriggio, da ripetere, in assoluto.


Ma il vero colpo, signora mia, non ci crederà mai, è stato Lui. Era lì, a un passo da me, da tutte noi. Avrei voluto fargli una foto, o farla insieme a Lui, e invece niente, niente di niente, sono così timida in queste cose, e non dica Ma Mi Faccia Il Piacere, che è un'espressione che odio. Niente, non ho spiaccicato una sola parola, occhi bassi sul mio agglomerato di fili e ferri, non un gesto che mi portasse verso di Lui. Mi consolerò. Gli confezionerò un bel paio di calzini, da sfoggiare sulle fredde nevi del Sestriére o ad Aspen, magari. E Lui, stregato da cotanta casalinghitudine, sarà mio per sempre. Resta da perfezionare la tecnica del calzino. Sono indietro, mi sa. E tanto, anche.

15 marzo, 2007

Escape.




Avevamo voglia di andarcene per un pò. Scappare, ecco. Senza dire niente a nessuno, senza farci scoprire. E senza far del male a nessuno. Avevamo voglia di stare un pò insieme, a parlare o a stare zitti, in macchina, magari, che non hai idea di quante cose si dicono, in macchina, nei viaggi più o meno brevi. Avevamo voglia di fare qualcosa, ci vediamo così poco, in fondo, o meglio, poche sono le volte in cui decidiamo di fare le cose che ci vengono in mente, senza dover sottostare a dei disegni, delle cose già scritte, o assecondare i bisogni di chi vive con noi. Ne avevamo voglia, di curiosare una città che non è nostra, ma che lo è stata, per un pò, volevo portarlo a vedere quell'Eataly e avevo già visto da sola, ma che con lui è stata tutta un'altra cosa. Lui guarda le cose che io non vedo, osserva la ristrutturazione, la gente che c'è, io guardo le marmellate di Cedroni e lui i pavimenti, io leggo da dove viene la pasta e lui le targhe commemorative del vecchio stabilimento Carpano. Siamo tornati in tempo, per non destare sospetti, e per far fronte agli impegni che ci eravamo presi con le persone che amiamo. Scappare così, una volta ogni tanto, non può che fare bene. E lei, curiosa e odiosa, cara la mia signora che non vede l'ora di andare a spiattellare tutto a quella pettegola del quinto piano, quella che scrolla la tovaglia giù dalla finestra e sui miei gerani, a lei, dico che mi dispiace deluderla. Nessuna storia torbida alla data, nessun amorazzo da nascondere, nessun amante cui scrivere lettere melense profumate alla violetta. Quest'uomo qui è elegante e raffinato, colto e distinto, belloccio e affascinante. Da sposare? Già fatto, signora mia, già fatto!

13 marzo, 2007

Si knitta, signora mia!!!

Ah, signora! Mercoledì prossimo non si prenda impegni. Si faccia i capelli a modino, anche in casa, coi bigodini e uno spruzzo di lacca. Si metta la gonna carina e le scarpe nuove e via, venga con me, si và a knittare. E non faccia quella faccia, per piacere. Si dice knittare quello che una volta si chiamava lavorare a maglia. Tanto se ne è parlato: qui, per esempio. E anche qui. Ma mercoledì 21 marzo, dalle ore 16, siete attese tutte da McDonald's, ad Alessandria, per il primo Knit Cafè.
Ferri, gomitoli, lana e chiacchiere, scambi di consigli, un piccolo corso per chi vuole iniziare e piccoli accorgimenti per affinare la tecnica. E anche lei, prenda i suoi ferri e i suoi gomitoli, si faccia bella e sia dei nostri. Ma fino a mercoledì, un pò ogni giorno, scriva su un foglio knit, knit, knit. Vorrà mica fare brutta figura, no?

M'illumino di brillo.


Siamo sul frivolo. Si imparano tante cose dalle giornate dove entreresti di buon mattino dal fornaio, non già per comprare caldi croissant e pane fragrante, quanto per farti regalare un sacchetto marroncino da infilarti sull testa, non prima di averci fatto i due canonici buchini per gli occhi. Si imparano tante cose dalle giornate in cui non ce n'è per nessuno, che sei serpe e medusa, imperatrice e lavandaia, in alternanza e che davanti a scuola ne hai avute per tutti, e le tue sagge amiche si son guardate di sottecchi, dicendosi mute, massì, domani le passa. Stamattina va decisamente meglio. E quel che ho imparato lo metto a disposizione dell'umanità tutta. Ci si alza e si comincia a saltellare, si respira a fondo, si accende la musica, non troppo forte, si svegliano i ragazzi a baci, si abbraccia forte il tuo sposo in cucina, si fan due o tre cosine indispensabili, una rassettata qui, una merenda di là, ci si veste non troppo da corsa, tacco basso, signora mia, che magari si avrà pure il tempo di una passeggiata, o di un'escursione in centro con la bicicletta del Comune, quelle arancioni con la chiave, pedalare con la zeppa è una tortura, non lo sapeva? E poi, al trucco, per ovviare un pochino al color nebbia della faccia, via, lasciamoci conquistare da una passata di terra sberluccica e translucente, e già che ci siamo, e per niente farci mancare, che male fa una passata di quel mascara di Capodanno, coi luccichini. Effetto Fata Turchina? E se anche fosse? Meglio brillare che aver lo sguardo perso nel vuoto e l'umore più nero del nero di seppia. Il brillo aiuta. Si saluta la prima infornata di figlioli con una bel sorriso, si accompagna la picci e le si scrive in un biglietto "E' lucente il tuo mattino se hai in tasca un Pavesino", e si inzia, brillantinose e allegre, la giornata che c'è. Voilà. E speriamo che nessuno scambi i brilli per congiuntivite. Già successo, signora cara, già successo.

12 marzo, 2007

Niente.


Te ne stai lì. Di alzarti non ne avevi voglia, ma neppure di stare a letto o di fare qualunque cosa. Non è giornata, come si dice, si capisce da subito, da quando neppure ti guardi allo specchio o la radio ti dà fastidio e non ne hai voglia, semplicemente. E rispondi a monosillabi, fingendo una calma che non c'è, o forse c'è ed è troppa, chi lo sa, e quando è troppa non va bene. Definirla non si può. E' una specie di rabbia sorda, lo stomaco ammaccato, come dopo un pugno, come dopo l'altalena. Si capisce lontano un miglio, ho la straordinaria capacità di non sapere fingere, mai e in nessun caso. Non imparerò, mi sa, nemmeno con un corso accelerato di recitazione, l'Actor's Studio sarebbe acqua fresca, bocciatissima alla prima sessione, Miss FragolaInfinita non Ne Infila Una, ci dipiace tanto, che cambi mestiere. Che cosa c'è è una domanda cui non so rispondere. O meglio sì, la prima cosa che mi viene in mente è Niente. Niente.Quel niente che mi fa mescolare il caffelatte nella tazza come se dovessi farci un budino, che mi fa guardare fuori, un'alba lucida e bellissima e dire C'è Troppa Luce, o che non mi fa guardare le gemme delle ortensie e non vedere le foglioline del ciliegio, E' Ancora Secco, non fiorirà. Quel niente che mi rende insopportabile anche a me stessa, che mi fa notare il disordine in camera dei ragazzi, che mi fa urlare Sbrigatevi! e non mi tira fuori uno straccio di sorriso, per nessuno. Che cosa c'è, niente. Ma fortuna che questo niente dura poco.

11 marzo, 2007

Fiori d'arancio?

Immortalarli non è stato mica semplice. Lei faceva un pò la smorfiosa, come si addice la suo alto lignaggio, e saltava di quà e di là, impensierendo non poco il suo promesso sposo, pretendente e con un cerchio alla testa da qualche giorno in qua, nonchè da tempo immemore, perdutamente innamorato di lei. Hanno giocato un pochino, lui faceva il languido e lei la preziosa. Poi, sono spariti alla vista per una mezz'oretta. Quel che successe, ahimè, non è chiaro. Quel che si sà è che lei è rientrata, con la sua andatura sculettante, e non si è più mossa dal suo materassino a quadretti per un bel pò. Lui, invece, è rimasto alla mia porta, mugolante e stremato, finchè la sua padrona mossa a compassione non lo è venuto a ritirare. Lui certo è affascinante, con quella sua aria intellettuale. E lei deliziosa, con il suo nome scritto in viola sul collare. Una splendida coppia. Paparazzati in un pomeriggio di un bel venticello primaverile, i fiori e le viole, e l'erba verdissima. E come si dice in questi casi, se son cuccioli, nasceranno. Già, non avevo giusto un bel niente da fare, che occuparmi di una decina di cuccioli di labrador. Come ho fatto a non pensarci prima?

08 marzo, 2007

La classe, signora mia.

E non certo la seconda B, che il nostro amore è cominciato lì. La classe vera, autentica e innata che hanno pochissime, persone che conosco. ma poche davvero, sa? Non tanto per il valore monetario delle cose, macheccentra, quanto per il pensiero, per dire, ma guarda un pò, faceva la spesa per sè e mi ha comprato questi, lo sapeva che mi piacevano, mi legge e sa che i giorni scorsi ero un pò così, e allora si è presentata con questo regalino, preziosissimo per me. Nulla vieta di lavare i pavimenti con un velo di gloss sulle labbra, profumate di Chanel e con un bel jeans aderente, che male fa? Se poi, a tutto ciò, si aggiunge un tocco di classe spicciola, un bel paio di morbidi guanti di gomma in una splendida nuance fucsia e lillà, ma mi volete dire che meraviglia sarà? Giaggià, signora cara, lo sapevo da molto, ma oggi che è la festa della donna e lei è già lì che scàlpita che stasera cade il suo annuale giorno di libera uscita, che ha già preparato le fettine all'Osvaldo che stasera farà da solo perchè lei uscirà a mangiar la pizza con le amiche, glielo dico piano in un orecchio, cercando di non rovinarle l'impalcatura della cofana, piena di lacca che al buco dell'ozono ci ha messo il carico da 20: ognuno, cara signora, c'ha i vicini che si merita. E io, modestia a parte, come già dissi, la meritai.
Grazie, Marina.

Dolcemente complicate.


E' una festa che non amo, che non sento, o almeno non come è vissuta, da qualche anno in qua. Niente pizza e niente strip. E niente mimosa. Ma oggi, che tutti dicono la loro al riguardo, non potevo non mandare un abbraccio virtuale a tutte, proprio tutte le donne che passano di qua, e anche quelle che non ci passano, va bene lo stesso. Perchè, e non è affatto una novità, le donne, quelle vere, alle prese con mariti e fidanzati, figli che arrivano e che no, lavori da fatica o da scrivania, da zaino o da pochette, da computer o da bloc notes, da frittata o da sushi, da bicicletta o da SUV, da mercato o da Prada in Galleria, da salotto o da Rebibbia, da càmice o da tuta, da toga o da grembiule, da master o da licenza elementare, da ufficio o da marciapiede, dal Mediterraneo e dai Balcani, da Novella 2000 o letteratura russa, da ago o da missile, sono delle gran belle creature.
E' difficile spiegare.

07 marzo, 2007

Non li vorrei.



Non li vorrei. Lo so quando arrivano, e ho affinato una tecnica sofisticata per contrastarli, per non farmi prendere, per non farli vincere su di me. Non serve. Non li vorrei. Non necessariamente devo piangere, può anche succedere che me ne resti lì, un po’ rimbambita da un dolore sordo e cieco e muto, una specie di grosso macigno sullo stomaco, un peso, una zavorra che non so, e invece la so così bene che potrei dirla a memoria, ecco, fa così e fa cosà, esattamente, anche in rima, volendo, endecasillabi sciolti. Non li vorrei. Sono i momenti in cui niente e niente mi sembra come deve. E’ la solita storia, la solita menata, come, non lo sapevi? Ma certo che sì, eppure ogni volta uno schiaffo, una sberla in piena faccia. C’è voluta una stupida e insulsa trasmissione televisiva, quelle che si guardano stirando, ci si può concedere il lusso di un paio d’ore trash se questo ti consente di stirare 9 camicie senza battere ciglio, insistendo bene sui polsini e sul colletto, premere il tasto del vapore nel momento stesso in cui una lacrima scema è lì, in equilibrio tra le palpebra e le ciglia, quelle di sotto, quelle che le rarissime volte che ci passo il mascara faccio un pasticcio, ecco, quelle lì. Non per la trasmissione, no, e chissenefrega di quella lì, può anche darsi che non sia vero. Piango per me. Del niente che ho avuto. Dell’essere sempre la ribelle, e alle ribelli niente si dà. La sfacciata, e alle sfacciate, niente si dà. La forte, e a quelle forti, serve forse dare qualcosa? Piango per me. Perché adesso che sono grande e matura e sono cresciuta abbastanza per vedere tutti quanti senza i filtri che ti derivano dall’educazione e dalle convenzioni, adesso " parlare così non sta bene", mi dispiace tanto, ma non vale più. Mi sono educata da sola, in fondo e troppo rigidamente. Ho chiesto tanto e dato, anche, e sono sempre stata sola. Non ho avuto niente, io. E non è commiserarsi, né piangersi addosso. E’ sapere che è così, riconoscerlo e dirselo, serenamente, magari piagnucolando un po’ stirando, in momenti così, che arrivano così e non li vorrei. Niente di niente. Forse per questo ho desiderato e avuto una famiglia numerosa e chiassosa, forse per questo sono ansiosa e appiccicosa e un po’ noiosa, con loro. Non piangerò più stirando. Al massimo, per farmela passare, sarò forte e scriverò una poesia. Sono bravina con le rime, visto? Metto ogni mattina una poesiola nella merenda di mia figlia. Non endecasillabi sciolti. Solo la voglia di non fare gli errori che hanno fatto con me. Chissà se ci riesco.

06 marzo, 2007

Corri.


E veloce, anche. Corri, che il treno passa e l'autobus anche, corri che è tardi e non ce la farai ad arrivare in tempo. Corri, che la campanella suona, che il portone chiude. Sono giorni beati, di gemme sui rami, di viole, trovate per caso in mezzo alle foglie nel parco, è sempre una sorpresa trovare le viole. Da non cogliere, che è meglio, sono così belle lì dove stanno, non si trova mai un vasetto adatto per le viole. Ma tu, corri. Corri per fare tutte le cose che hai da fare, e anche quelle che vuoi fare, che vuoi leggere e sapere, e imparare, ancora e ancora, tanto che ti dici, ma quante cose ancora devo sapere. Corri, per prendere al volo le cose che vuoi, se stai fermo è facile che le cose ti pàssino sotto il naso. Corri, senza trafelarti, una corsa leggera, di quella che ti permette comunque di parlare a chi ti sta vicino, corri, da seduti le cose perdono di interesse, di forma e di colore, di entusiasmo e di bellezza. Corri, sarà più bello dopo, fermarsi e lasciarsi cadere di schianto, sull'erba, e guardare in sù. Per terra è umido, ancora, ma stiamo poco, a guardare questa sterminata distesa di celeste, le scie degli aerei che disegnano rotte, nitide o già sfuocate, e portano storie e misteri, da dove chissà, e dove chissà. Corri, è più facile, così. Un correre tranquillo e aggraziato, un correre scelto, non so, come a dire, sì certo, corro ma mi piace, non è che sono obbligata, mi piace e basta, così come mi piace prendermela comoda ogni tanto, ma è questo sole e questo tepore regalato, è primavera, di già, e mi piace fare le cose veloci e farne tante e tutte insieme, mi fa sentire che l'inverno ma cos'è, mi fa dire che è già chiaro al mattino presto e che bene si sta a stare in giro, i vestiti già leggeri e gli occhiali da sole. Corri. Per poi la sera radunare i pensieri e metterli in fila, saranno le cose di sempre, saranno le grane, saranno il quotidiano o lo straordinario, saranno il noioso o l'esaltante. Ma saranno tanti. E potrai sceglierli, stanca e felice, a quali dedicarti, perchè ne avrai un mucchio, se corri tanto hai più pensieri, hai più cose da cullare, e se ti concentri su una sola, rischi di perdere tempo a rattristarti o ad agitarti, e non va bene. Fai scorta di pensieri belli. Sceglierai loro. Da spolverare, tenere lì, o far volare, come le scie degli aerei. Da dove chissà e dove chissà.

04 marzo, 2007

Dieci.

Dieci baci. Di quelli a stampo, che lasciano il segno bianco, un po’ forti e un po’ leggeri. Dieci baci che ti fanno ridere, così, uno dietro l’altro. Dieci abbracci. Che stringono forte, che scaldano, che mi fanno sentire che sei tutta qui, morbidissima e burrosa e profumata di fiori e di zucchero già dal mattino presto. Dieci sorrisi. Perché i sorrisi servono sempre, sono i gommini sotto le sedie, per non rigare il pavimento, per tenere la tua anima bella lucida così com’è ora. Dieci risate. Sonore, e di musica, da togliere il fiato, che sembrano da solletico e invece sono di vita semplice, risate dal cuore, campanellini d’argento. Vorrei per te una vita bellissima, che nulla ti graffi mai, nemmeno i gatti, che nulla ti faccia del male, nemmeno se cadi dalla bicicletta, che niente ti rattristi, nemmeno una matita persa. Pura follia. Ma ti sto insegnando ad amare il mondo e la vita e i prati e le autostrade, i pastelli e l’inchiostro, i biscotti e la minestrina, il chinotto e l’antibiotico, i jeans e i vestitini, il sole e la nebbia fitta, Pattini d’Argento e i telefilm alla Tv, la playstation e l’uncinetto, gli uguali e i diversi, i collant e i calzettoni, il sapone di Marsiglia e il bagnoschiuma al cioccolato, i furbetti e i semplicioni, il burrocacao e il lucido coi brillini. Hai gli occhi di acqua di mare, quando il mare è verde e limpido e calmo e senza schiuma. Hai la dolcezza dei folletti, la tenerezza dei cuccioli, la forza di un generale prussiano, la precisione di un chirurgo, la fantasia di un musicista, la bellezza di una cascata, la fragilità di un cristallo, la prontezza di un atleta, l’intelligenza di un delfino. Sei per me il mio cuore più piccolo, la mia anima doppia, la mia storia rivista, una piccola me. E voglio per te tutto il bene del mondo, tutte le cose che desideri, che ti conquisterai, la vita che vorrai e le persone che vorrai vicino, tuo padre che si scioglie a guardarti e i tuoi fratelli, sentinelle del tuo piccolo mondo. E quando non saranno i gatti, la bicicletta e la matita, usa l’amore che hai dentro per cancellare i magoni, le lacrime e i giorni che non vorresti mai. E se non ce la farai, per tutta la vita, per sempre, la tua mamma vanesia, il tuo cuore più grande, la tua anima doppia, lo avrà pronto per te.

03 marzo, 2007

Voglio lui.


Non sono dotata del minimo senso dell'orientamento. Riesco a perdermi dovunque. Nei parcheggi sotterranei, nelle metropolitane delle città straniere, qualche volta nei centri commerciali che non conosco. Io non so, io non ricordo strade e percorsi, io non memorizzo paesaggi e itinerari, io non so leggere le cartine, io non, insomma. Vado in giro a naso, o con qualche anima pia che mi accompagna. Mi diverto da morire, badate bene, sto persino organizzando un week end a Parigi toute seule,così posso girare e perdermi in santissima pace, non si ha idea di quanti posti insospettabili e meravigliosi si riescono a scoprire, a piedi, perdendosi in una città che ami. Quindi, a che mi serve un navigatore satellitare? A quasi nulla. E infatti, a nulla mi servirà Io, questo Buddy, lo comprerò solo perchè è troppo bello. Di un rosa ciclamino, metallizzato e con farfalle incise, direi che è un vero e proprio inno alla primavera. Mica lo userò nella sua vera funzione! Io, i navigatori satellitari, proprio non li sopporto. In macchina io voglio musica, o chiacchiere, o silenzio, e non prendere-la-seconda-uscita-a-destra, con quella voce metallica da professoressa di matematica perfettina che mi dà i nervi. E non li so neppure impostare, in verità. Solo, sulla mia macchina starà troppo bene. Farà un effettone. Ha soltanto in dotazione le mappe del Regno Unito, quindi, se cercassi un luogo dove fare una ceretta, che ne so, a Glasgow o a Dublino, lo troverei in pochissimi secondi. Ma dell'Italia, un bel niente. Però, è bellissimo. Lo acquisterò, lo appiccicherò sul cruscotto della mia automobile, lo terrò rigorosamente spento e continuerò a perdermi e a perdermi e a perdermi, per sempre. Però, lo farò con classe.

01 marzo, 2007

Marzo.


C'è un momento. Unico e un pò surreale, qualche volta. Un momento in cui non si è ancora del tutto svegli ma non si dorme più. L'odiosa sveglia non è ancora suonata, o sì?, e si sta lì, immobili, a riordinare i pensieri della notte, sbatterli per bene e ripiegarli. Serviranno poi, più tardi. Stirare quelli del giorno che và ad incominciare, prepararli, le cose da fare. Si sta lì, gli occhi chiusi, il respiro ancora regolare del sonno che è andato via, certo, ma basterebbero ancora pochi minuti e ritornerebbe, beffardo e meraviglioso, il sonno del mattino presto, quello che ti fa arrivare tardi al lavoro, che ti fa vestire a razzo saltellando per la stanza a infilarti scarpe lavandoti i denti e prendere dalla dispensa un pacco di biscotti, andiamo, la colazione si fa in macchina, non c'è tempo. Ma siamo qui, ancora. Il delirio della mattina ancora non è iniziato, fa caldo sotto le coperte, ma non abbiamo voglia di scoprirci, stiamo qui, che ora sarà?, la casa è ancora silenziosissima, si imprigionano sul cuscino gli ultimi minuti di questa beata pace. I sogni, si sa, sono irrequieti e capricciosi, non ne vogliono sapere di restare lì, e volano via, passando attraverso i vetri, nel cielo grigiazzurro di questa primavera precoce, regalata, benvenuta. Molte le cose da fare, in una mattina così, e allora, si sprono gli occhi e si sbircia fuori, fra i rami deli alberi, a vedere il primo regalo del mattino, e decidere se sarà un giorno speciale oppure no. Ci sarà il sole, quest'oggi. E sarà il sole di marzo. Più speciale di così!

28 febbraio, 2007

Tornata.



E’ stato un bel viaggio. Il mio treno è arrivato stanotte. In realtà, all’inizio avevo un po’ paura. Era un viaggio importante, un po’ impegnativo, anche, ed ero preoccupata. Che le Fragole si schiacciassero, si ammaccassero, non so, si sa benissimo che le fragole son fruttini delicati e un po’ indifesi, basta un attimo di distrazione ed eccole lì, nel carrello, spiaccicate da qualcosa che ci è caduto sopra, magari dalle uova, o dal barattolo della marmellata. E’ stato un viaggio emozionante. Vedere i tuoi pensieri che volano, al di là dei colori del tuo blog, al di là delle righe che inventi tu e dei colori e del carattere, anche, e della fotografia che scegli, per le cose che scrivi.

E’ stato un viaggio divertente. Per i commenti spiritosi e caustici e dispettosi e provocatori, e divertente è stato giocare, a rispondere, a inventare, a ribattere.

E’ stato un viaggio interessante. Ho incontrato persone e visto cose diverse dalle solite, e conosciuto vite e situazioni, meccanismi e modi di fare. Ora son tornata a casa, alle mie Fragole Infinite che amo come una piantina vera, che innaffio e curo, come le violette del davanzale, o i giacinti del camino. Ma non sono a mani vuote.

Ho portato per voi dei souvenir, ricordi di viaggio. Tranquilli, nessun quadretto di ceramica con scritto Da Grazia andai, a te pensai e questo ricordo ti portai. Per il solo fatto che a scrivere tutti gli indirizzi mi faceva male la mano. Ma ho altre cose.


Ho la gioia vera. Che ho provato, davvero, ad alcuni sarò sembrata invasata ed esagerata, ma vedere lì, proprio lì, le cose che ho inventato io, pensato io, fissato io, vederle condivise da una marea di persone, è una soddisfazione grande, è un lago caldo nello stomaco, una specie di singhiozzo, e a niente servono i sette sorsi.
Ho l’entusiasmo. Che ci ho messo e metterò, la volontà, la voglia di far passare i miei sciocchi pensieri e quelli che sciocchi non sono, le mie finte scemenze e anche quelle vere, i miei racconti semiseri, che fanno molto ridere o molto piangere, a seconda delle volte.
Ho la sincerità. Con la quale racconto le cose che so e anche quelle che non so, improvviso qua e là, ogni tanto, ma lo faccio sorridendo e allora, forse proprio arrabbiarsi con me non ci si può, e poi, begli amici che siete, vi porto regali e voi mettete il muso?
Così, con queste cose nel cestino, con le Fragole che non si sono ammaccate nemmeno un pochino, torno qui. Disferò le valigie, non subito. Ora un bagno caldo e una tazza di thè, come si fa dopo i viaggi veri. E una musica, da treno, per questo quasi marzo che il ciliegio ha le gemme e senti un pò che caldo che fa già.



20 febbraio, 2007

Mistero svelato.


A mantenere i segreti non sono mica tanto brava. Però, questa volta, un pò mi è riuscito. Questo era il motivo della felicità di qualche giorno addietro.


Questo il motivo per cui mi è venuto qualche bell'attacco di ansia, leggerissima, per carità, ma intanto.


Questo il motivo per cui mi son chiesta più e più volte, Ma Chi, Io? Proprio Io?


Questo il motivo per cui ho chiesto all'edicolante di venderne più copie possibili e il giorno dopo sono ritornata dicendo di non venderne nessuna e poi il giorno dopo ancora a dirgli che sì, che facesse quel che voleva, tanto oramai.


Il motivo, mia cara signora, è che da domani e per una settimana, lei potrà leggermi qui. On line, mi dicono, dalle 16 di oggi. Le Fragole si fanno un giro, hanno già lì pronto il loro valigino e vanno a vedere il mondo.


E questo, Signora Mia, son soddisfazioni.
Ben lo si sa.






La frittata.


Celebrato degnamente il giorno della lentezza, beh, mica tanto, in fondo. Si sa, la vita delle persone che vogliono fare cinquecento cose diverso in una volta sola, in una giornata sola, che poi si fanno chiamare creative ed eclettiche, ma che la sera crollano miseramente, è tutt'altro che facile. Ma si va. Si gestiscono con agilità una quantità improba di questioni e situazioni, passando dal sacro al profano, dal diavolo all'acqua santa, dal futile al fondamentale. Ma va bene. Si considerava infatti che si sta vivendo una sorta di beatitudine continua, di tranquilla serenità, di moderata allegria. E pazienza se stamattina, ore 7, ci si è sorprese a stirare, in tailleur e senza scarpe, un pantalone della Princi. E che si è sussurrato minacciose il nome del liceale sulle scale, che non ne voleva sapere di uscire da quel letto. La mia vita, signora mia, mi piace da morire così com'è. E quella cosa che si vede dietro ai palazzi, quel tondo perfetto di un bell'arancione, che lo puoi guardare solo un minuto perchè se no ti abbaglia e vai a sbattere, non è mica una frittata, sa? E' il sole, signora mia, il so-le!!!

18 febbraio, 2007

Stesa.


Ah, domenica. La giornata in cui si può decidere in assoluto se fare qualcosa di esaltante, se fare qualcosa e basta, se non fare proprio niente e tanti saluti. Oggi avevo optato per la terza soluzione. Mi sarei alzata piuttosto tardi, avrei impostato un pane per la colazione, mi sarei ciondolata in camicia da notte di qui e di là per casa, avrei letto le notizie sbadigliando e guardando di fuori di tanto in tanto, avrei fatto un bagno di un'ora e un quarto avvolta in una nuvola di schiuma, avrei letto, ricamato e fatto solo le cose che piacevano a me. Bene, niente di tutto ciò. La mia domenica si è dipanata, ahimè troppo velocemente, fra bucati e stiraggi, fra trasporti, apparecchiamenti, sparecchiamenti e cose così. Non certo il massimo della vita. Solo adesso a pomeriggio inoltrato, che finalmente Ulisse riederà dalla sua domenica barcarola, che i figlioli son tutti sparsi, chi in città chi a studiacchiare, mi sono buttata e nemmeno tanto figuratamente, sul divano, crollata, per così dire, a ripetermi che nemmeno l'ultima delle Cenerentole, la terz'ultima delle Penelopi e la quart'ultima delle Signore Marie, quelle che arrivano presto e vanno via presto, ha mai passato una domenica così. Da ora e fino alla mezzanotte non muoverò una paglia. E allora sì, via al bagno, ai libri, a tutto il niente che voglio che io. Fino alla mezzanotte, ho detto. E se mi addormento prima? Già, non ci avevo pensato.

16 febbraio, 2007

L'inversamento.

Non c'è modo di scoprirlo. Neppure con un'interrogazione parlamentare o richiedendo l'intervento dell'ONU. Inutile. Il motivo per cui, in una sera come tante, che non è successo niente di male e niente di bene, che non è stata una giornata nè esaltante nè tremenda, nè opaca nè brillante, nè noiosa nè elettrizzante, una persona come tante si senta inversa. Al contrario. A testa in giù. Leggermente alterata. Nervosetta. Irascibile. Intrattabile. Insomma, inversa. Ed è chiaro al mondo che, se non si riesce a determinare la causa, men che meno ci si potrà porre rimedio. L'inversamento, sono un'esperta, và assecondato. Ascoltato. Bisogna gestirlo. Così, si potranno indirizzare un paio di urla ai figlioli, terapeutico e assolutamente liberatorio, quando li chiami per cena 7 volte e loro fanno finta di non sentire: perchè mai usare l'interfono di cui la tua casa ipertecnologica è testè dotata. Basterà mettersi al fondo delle scale, prendere un bel respiro e urlare un nome a caso, avete una bella rosa di scelta, e se proprio non si vuol far del torto a nessuno, basterà urlare un E' Prontoooooooo!!!!! che vi farà sentire subito meglio. E se sentono anche i vicini, pazienza, avete avuto fortuna e sono in odore di santità. Essere inversa non è una gran bella sensazione. Non si ha la concentrazione necessaria per leggere, nè per guardare un film. Si vede tutto cupo, tutto contro, tutto al contrario. Non bello. Mi sa che stasera è una di quelle che sere inverse. Eppure, ho già gridato e non mi è passato. Avrei dovuto saperlo. Le sere così arrivano come da manuale, dopo una giornata che non è successo niente di bene nè niente di male. Sì, però così non funziona. E se provassi a spaccare i piatti? Magari aiuta.

15 febbraio, 2007

Le nuvole.


Ha i capelli bagnati. Glielo dico da sempre, che non deve uscire col freddo e i capelli bagnati, in una cantilena che dà i nervi anche a me, mentre la dico, ma che si deve fare in questi casi, se non ascolta, le si deve provare proprio tutte, no? L'ho visto da lontano, riconosciuto, com'è ovvio, per quel suo passo ciondolante, un pò dandy, non saprei. Scarmigliato, arruffato, i pantaloni scesi, le scarpe con le stringhe diverse. Molto chic. Parla, parla, parla. Non ha mezze misure. Ha la straordinaria capacità di compiere il tragitto casa scuola senza dare un segno di vita, che non sai se dorme o cosa fa, eppure ha gli occhi aperti e sembra guardar dritto davanti a sè. O, al contrario, è in grado di rincoglionirti, con licenza parlando, con discussioni, richieste, descrizioni, e i secondo te e i ma spiegami una cosa, infarciti ovviamente da una sequela di esclamazioni non proprio eleganti. Sa farsi adorare, ha una collezione di sguardi che vanno dal tenero all'ombroso, dall'innocente al maledetto che mandano in confusione anche me, ogni tanto. E una risata che conquista. Lo ben sanno le figliole che gli si avvinghiano addosso fuori dalla scuola, e lo chiamano squittendo, occhi svenevoli e sorrisi di candida malizia. Ieri sera, voleva dirmi. Cioè, non proprio. Voleva e non voleva, non so. Svelarmi senza dire, raccontare senza fare nè nomi nè allusioni, di una storia con una fanciulla, biondina, pare, che gli ha rubato il cuore in questi giorni. E tornando a casa, che parlava e parlava, ad un tratto mi dice Guarda Mamma, l'America Latina! E io mi sono scoperta a sorridere, felice, fortunata e privilegiata, di avere un figlio così, grande così, bello così, un figlio innamorato che guarda le nuvole.

14 febbraio, 2007

Se deve essere...


...che sia! Non facciamo troppo i sofistici, a far finta di niente proprio non si può, se si deve ballare, che si balli. Ognuno potrà fare quel che vuole. Modello classico, cena e pacchettino, meglio se piccolo e di gioielleria. Oppure rose e cioccolatini, o un bel libro dal titolo accattivante, che sia una storia d'amore, echevvelodicoaffare. O magari andate sul vestiario, quello di sotto, la mutanda scientifica per lui, un balconcino finto virginale per lei. E poi, l'immancabile Swatch di San Valentino, anche se proprio non si è geni dell'idea regalo, potrà togliere dall'impaccio in tutta serenità. Come si sa, nulla regalerò e nulla riceverò. Anche se, questa mattina, il mio bel regalo ce l'ho avuto. I baci del buongiorno, tanto per cominciare, e già lì potevo considerarmi soddisfatta. Poi, lo spettacolo del cielo. Qualcuno si è preso la briga di fare un disegno astratto in rosa e viola proprio lì, nella parte che si vede dal mio letto, appena apro gli occhi. Certo, non ho avuto pacchetti, non ho appallottolato carta e arrotolato spaghini, niente cuori e niente bigliettino, ma insomma, non ero io che dicevo che San Valentino mi dava la nausea? However, a tutti gli amori, veri, finti, brillanti o nascosti, ufficiali e segreti, di Pacs e di Dico, da bosco e da riviera, a vela e a motore, frizzanti e annoiati, work in progress o just married, lisci o gassati, a tutti, indistintamente, buonissimo san Valentino. Con pacchettino o senza, ma, dico, avete dato uno sguardo fuori?

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...