14 giugno, 2010

La fine.

Intesa come scuola. Finita non ho capito bene quando, dacchè è da giovedì scorso che assisto a festeggiamenti e sdilinquimenti, a figliole rientrate zuppe e con uova spiaccicate sulle chiome, bene,  l'uovo si sa  rendei capelli  lucidi e setosi, meglio di qualunque balsamo, ad avvertimenti del tipo, Vado a Scuola in Costume, sai com'è, poi Noi Si Va in Piscina. Belli sono belli, niente da dire. Invidio un pò questa loro leggerezza, questo soffice essere così come sono, così puri e trasparenti, così semplici nel loro essere maledettamente complicati e di difficile gestione, qualche volta, allegri da contaminare ogni cosa, e ombrosi e cupi da rendere impossibile ogni tentativo di comprendere, di farsi spiegare, anche solo di aprire la porta della loro stanza. La fine della scuola, lassù nella casa in collina, coincide ogni anno con il profumo del caprifoglio che si mischia a quello delle rose, con la sospensione pressochè totale di regole, orari e norme da rispettare, fatto salve quelle della buona creanza, dell'educazione e della decenza. Figli che vanno e vengono, amici e amiche in visita pastorale, a pranzo, cena, mezza pensione, pensione completa, bed & breakfast. E lo stesso fanno i miei in altre case, in altri letti, in altre famiglie. Si tenta di tenere un piccolo registro, anche soltanto mnemonico, ma capita che qualcosa sfugga. E' già successo che il mio Sposo, vedendo scendere dalle scale un giovane sconosciuto ospite del Liceale, lo abbia apostrofato con la famosa frase E Tu Chi Sei? e che il malcapitato abbia esposto balbettando paternità, trisavoli e antenati e forse abbia anche aggiunto Vengo in Pace, il mio Sposo si sa, ha fama da orco presso i compagni di merende del mio zoppicante Figlio quasi diciassettenne. Oppure, che mi prenda un colpo a vedere un letto intonso la mattina, ah già, dormiva da Tizio, me l'ero scordato. Questo è. Nel frattempo qui si espletano piccole cerimonie, la consegna della pagella al Conservatorio, pizze, feste e concerti, ricchi premi e cotillon. Io osservo quieta. E proteggo questi loro giorni di benessere assoluto, di pensieri morbidi e di feste, di zaini abbandonati e di indolente beatitudine. E osservo compiaciuta la  tavola della colazione che ho preparato per loro, una crostata a metà, cereali e nutella, le rose nel bicchiere. E le tazze. Quante? Già. Quante?

3 commenti:

Daniela... ha detto...

Uhm vedo che 'sta storia del festeggiamento con uova e gavettoni idraulico-alimentari ha preso piede dappertutto...^_^ magnifico post, come sempre. Ciao, Daniela

Anonimo ha detto...

E'fffinitaaaaaaa!!!!!!
Che bello!
I ragazzi sono tutti più simpatici gli ultimi giorni di scuola, esplode il cuore, l'attaccamento quello tenero anche con chi ti ha fatto impazzire da settembre e io.... mi renod conto di volere tanto tanto bene ai miei alunni! -ma sempre il 12 giugno, mai che mi succeda a gennaio coi più tosti -

ciao
"maestra CristinaM"

ilBottoneRosa ha detto...

Simpatica la tua storia :)

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...