22 novembre, 2006

Si va.


Si sa. Il mercoledì, è giorno di scuola. Di cucina, intendo. E di giornata libera, di scialo pressochè totale, non prima aver preparato la cena di stasera, non sia mai che gli infanti e lo Sposo muoiano di stenti senza neppure un tozzo di pane nero per combattere i morsi della fame. Così, si va. Seconda lezione di cucina, stasera, signora mia, i primi. Dettagli, domani, o qui o su Santa Polenta. Che mai, nemmeno dopo questa scorpacciata di sapere culinario diventerà un vero blog di cucina. mai e poi mai. Del resto, signora cara, c'è chi nasce cuoco e chi portinaio. E chi regina. ma che glielo dico affare!

21 novembre, 2006

Soirée.


E' una sera normale. Una casa normale, una famiglia normale o forse non proprio, ma chiassosa e colorata, impegnativa e bellissima. Si è cenato tardi, con le tagliatelle comprate al volo rientrando dalla piscina con la picci. E i mandarini biologici. E un quadretto di cioccolato fondente, mentre si chiacchiera attorno al tavolo, la gita, l'insufficiente di matematica, le 30 vasche, mi serve un paio di jeans nuovi. E mille cose. Il cane russa sotto il tavolo, si sa, non è una principessa, nonostante l'alto lignaggio, si siede male, rosicchia ogni cosa e russa. Ma è deliziosa. I gatti sono sparsi, Philadelphia dorme beato sul cuscino che ha eletto sua dimora personale. E quando tutti tornano nelle loro stanze a ripassare, a guardare la tv o a disegnare, si rimane sul divano, a chiacchierare, a non dire niente, a scrivere o leggere o a pensare, c'è un gomitolo di lana infilzato su due ferri, un libro, Olive Comprese, che vorrei finire, la posta da aprire, due cose da firmare. Non farò niente. Starò qui, a coccolare con gli occhi le cose che ho intorno, a fare un inventario, si fa sempre a fine anno, no? delle cose che ho stasera e a concludere che nessuna, nessuna, nessun'altra al mondo mi serve, adesso. Sprofondata nei cuscini, qualcuno chiede piove ancora? e chi lo sa. Il lusso vero è considerare che non ci importa nulla, che piova pure, se vuole, siamo qui, le gambe incrociate, i calzettoni a righe, la maglia di Topolino e una pace diffusa. C'è profumo di burro e di pino, per via di quelle goccine della farmacia che ho messo nel diffusore. E silenzio. Un telefilm al piano superiore, sommesso e discreto, ogni tanto una risata, vocina di zucchero o vocioni da uomo fatto, a scelta. Nient'altro serve. Ci si potrà anche regalare, tra una mezz'ora, una coperta leggera e un cuscino più morbido e leggere un poco, con lentezza esasperata, sapendo che magari, gli occhi si chiuderanno piano, nel calore che c'è, la giornata è scivolata veloce, che rara soddisfazione addormentarsi sul divano, un pò barboni un pò prìncipi. Il cuore sorride, lo si sente se lo si ascolta bene, sorride di una serenità semplice e ricercata, banale eppure rara, scontata eppur perfetta. La sera, in una casa qualsiasi, in una famiglia qualsiasi, è un magico senso di appagamento e di immortalità, di soddisfazione e di silenziosa felicità. La stessa che fa di un barbone, un principe.

Come se avessi accettato.

Alla fine, ha rinunciato. Sarà un'altra delle storie irrisolte di questo splendido, buffo, assurdo, meraviglioso, spietato Paese. Dove dall'America vengono per sposarsi in un castello ritagliato da un libro di fiabe, e pazienza se si dimenticano di invitare il Sindaco. Dove gli studenti di un liceo possono in tutta scioltezza allagare la scuola causando milioni di danni senza avere la minima conseguenza. Dove devi stare attento a non sbagliare bagno. E a non essere sommerso dai rifiuti. E a non fare telefonate torbide. Dove se sei rampolla di una famiglia di albergatori di lusso puoi spiaccicare due parole incomprensibili in uno spot per la 3. E prenderti gioco di tutti. Dove se fai la maestra puoi prenderti la licenza di fare educazione sessuale con lezioni di laboratorio e puoi legare i bimbetti con lo scotch se ti disturbano, in fondo, facevano un chiasso! Questo è il mio Paese. Non meglio e non peggio di altri. Guardo pochissimo la televisione, leggo i giornali sul web, non ne posso più di Porta a Porta, Matrix e altri capolavori. Prego solo per quel bambino. Non che abbia giustizia, che si trovi il colpevole, che qui e che là. Che abbia nuvole a sufficienza per giocare a nascondino. E che impari ad andare senza rotelle. E a giocare a pallone, lì dov'è. E che ricordi il volto della sua mamma, mentre cucina, si pettina o fa il caffè, mentre lo cambia o fa la spesa. Nient'altro.

19 novembre, 2006

Adesso, è Natale?


Personalmente, a vedere le luminarie e gli auguri e le luci natalizie già dai primi di novembre, mi mette una leggero e neanche tanto vago senso di nausea, con qualche capogiro. Considerando che non aspetto un altro bambino, direi che ho già dato, devo ricondurre questi semplici sintomi alla convinzione che i festeggiamenti e i preparativi andrebbero iniziati all'unisono l'8 di dicembre, col ponte dell'Immacolata. Prima di tale data, nessun lustrino, nessun nastrino, nessun abete e nessun Buon Natale dovrebbe comparire in giro, pena multe salatissime. Perchè, diciamola tutta, quando arrivano i giorni di festa tu ne hai già una noia mortale, hai presenziato a una dozzina di cene e aperitivi, accumulando una quantità indegna di calorie, la sola parola "salmone" o "vol-au-vent" ti provoca conati di vomito che nulla può la Citrosodina, hai speso una cifra invereconda in regali e regalini, hai detto circa 30 volte che no, per Capodanno ancora non avete organizzato niente e farete tutto all'ultimo minuto, ti sei, come ogni anno, imbufalita con la tua famiglia d'origine che avranno evitato casa tua scambiandola, come ogni anno, per il laboratorio dove è isolato il virus del vaiolo, e chi lo sa, magari si rompe un'ampolla. Le vacanze di Natale mi piacciono solo perchè si fa l'albero e sono così fiera del mio albero Zen, recuperato sulla spiaggia lo scorso anno e decorato in modo improbabile e moooooolto chic. Mi piace perchè c'è odore di mandarino e rumore di pacchi scartati e la sceneggiata per Babbo Natale che per la picci arriva ancora e passa dalla finestra e stropiccia la tovaglia e mangia i dolcetti e prende le carote per le renne. Mi piace per la musica, mi piace per le sorprese, per la neve, qualora, per il camino acceso e le candele dovunque. Odio gli sms di auguri la sera della Vigilia, odio le mail di auguri, odio le poesiole idiote, e i disegni di Santa Claus in pose erotiche, me ne sono arrivate a dozzine, l'anno scorso, anche da insospettabili commercialisti, che mi hanno lasciato di stucco. Odio i regali sbagliati, quelli che si vede lontano un chilometro che non ci hanno pensato nemmeno un pochino, a te, o, peggio, che è un riciclo bello e buono. Ma io mi sono portata avanti. In questa domenica di niente fare, ho creato il mio bel quadernino, dove scriverò tutte le cose che devo fare, le cene, di lavoro e di scialo, che cosa regalerò a chi. Saranno cose fatte da me. Il tempo lo troverò, in qualche modo. Odio che si parli troppo di Natale. Ne abbiamo quasi 20 ed è ancora novembre, e io sono già qui a parlarne. Non è mica un bel segno.

17 novembre, 2006

La collezione.



Non c’è un motivo. Del magone ne avevo già ampiamente parlato. Potrei brevettarne la descrizione, lo conosco bene, potrei commercializzarlo in deliziosi astucci color lavanda, con tanto di istruzioni per l’uso, un bigliettino con indicazioni, controindicazioni, composizione e posologia.
- Indicazioni: stato confusionale, smarrimento generale, ricerca di un senso delle questioni più disparate. Offese ricevute, mancanze di tatto, mancanze di cose e/o persone, mancanze e basta.
- Controindicazioni: luogo non consono, presenza di figlioli e/o consorti e/o serpenti a sonagli che ti chiederebbero MaCheCosHai per il solo gusto di sapere con un velo di soddisfazione immotivata.
- Composizione: vuoto nello stomaco, occhi umidicci, una specie di pigna nella gola, che ti sforzi di mandare giù e giù e giù, ma lei, legnosa, se ne sta lì e non si schioda.

- Posologia: quando vuoi. In un giorno che non gira nemmeno a spingerla, in un giorno che non ne hai voglia per default, in un giorno che ti avvicineresti ad un check-in e chiederesti, Per Di Qua, Dove Si Va? Ok, vengo anche io. E ci andresti, così, senza bagaglio e senza niente, forse un maglione e uno spazzolino, e l’iPod e un bel libro, in fondo, nient’altro serve. In un venerdì di nebbia dovunque, fuori e dentro di te, che niente di niente ti serve da faro. Grande concorso. Raccogli i punti dei magoni. Ogni dieci magoni un bel pianto a fontana, asciugandoti gli occhi con uno Scottex con le fragole, appallottolato per bene in fondo alla tasca. Ne ho una collezione. Non rara, credo.

16 novembre, 2006

E siccome si vede Giannutri...


…vuole dire che piove. Non si sa che cosa voglia fare, in realtà. Se piovere o no, intendo. La mattina è grigia, nebbiosetta e, diciamocela tutta, non proprio uno splendore di mattina, di quelle che ti alzi e spalanchi la finestra e ti senti piena di energie e di progetti e di cose da fare ah, e mi devo ricordare anche e salti sotto la doccia felice come una Pasqua e ti insaponi con energia e canticchi e inventi le parole che non sai e ridi da sola come gli scemi. Diciamo di no. Però ci si salva uguale. Si butterà giù una brutta, così, a matita, su un foglio di recupero, un progetto di giornata, una lista di cose da fare, normali, tranquille ma trovandoci, come solo noi sappiamo fare, anche il suo bel lato gradevole. Anche la dimostrazione di un frullatore lo può essere, in fondo, se ti dà l’opportunità di stare con le tue Amiche, quelle storiche. Anche un corso di cucina a Torino, ieri sera, che bella è Torino in questi mesi, le luci e la magia di sempre sembrano moltiplicate, lucidate, Piazza Carignano ti toglie il respiro con i disegni proiettati sul pavimento e tu e la tua Amica della Pastiera sembrate un po’ in gita scolastica, nemmeno un figliolo da accudire, ne avete una decina fra tutt’e due, sia fatti che vinti, che si fa presto a dire, ma provate a metterli in fila e pochi non sono. E così, solinghe, di una solitudine un po’ meritata un po’ temuta e così beatamente assaporata, prima a guardar vetrine e poi a imparare la frolla salata, rende davvero eccezionale una sera normale, che è novembre e fa caldo e si cammina volentieri, e il tratto di autostrada verso casa sembra veloce e leggero, e avendo in tasca tutto questo ieri, anche oggi guardi fuori e pensi che è novembre e che fa caldo, che stai bene e sei felice e che no, non pioverà. Anche perché, da qui, Giannutri non si vede.

14 novembre, 2006

Ode al pavesino.



Lo adoro. Lo amo. Mi fa tenerezza, anche. L’avulso Pavesino, il povero diavolo d’un Pavesino, un po’ sfigato, si può dire? Il Pavesino non piace a nessuno. E’ il compagno di scuola del terzo banco, quello che non noti quasi, perché non è il secchione del primo e non il furbastro dell’ultimo. Sta lì. Senza pretese, ti guarda dallo scaffale e ti dice, ma dai, ma perché non mi compri nemmeno oggi? Pavesino, ti scongiuro, non fare così, tu non puoi tendermi simili trappole, che sono di fretta e mi sono dimenticata la metà delle cose e non ho tempo di tornare indietro, ho un carrello che pesa quanto una Smart e sono qui ai biscotti per comprare….oh, Cielo, le Macine, i Pan di Stelle, per non parlare dei ruvidi Molinetti e dei sublimi Digestive e tutti quei biscottini che, non offenderti, sanno di qualche cosa. Sai, tengo famiglia, e devo accontentarli tutti, ma ho il cuore tenero e non sono mica sorda alle richieste dei biscotti bisognosi. Io sono super partes, mi nutro a colazione di due assurde fette biscottate, non faccio testo. Ma faccio affari. Così, io e il Pave, ( e sì, signora mia, siamo entrati in confidenza) abbiamo fatto un patto. Io continuerò a comprare burrosissimi e cioccolatosissimi biscotti per i maschi di casa, e serberò un pacchetto di Pavesini solo per la mia colazione e per gli attacchi di sbrano. Il Pavesino, lo sanno tutti, è un biscotto riconoscente. Considerato il suo insignificante contenuto di calorie, mi regalerà alla prossima estate un fisico da very top, cosce affusolate e un sedere, con licenza parlando, che avrà il suo bel perché. Bene, dove firmo? Siglato l’accordo, ma a firmare spostiamoci. Non vorrei che quel curioso Savoiardo, acerrimo nemico del Pave, vedesse la scena. E allora sì, che sarebbero guai seri!

13 novembre, 2006

Chiedi chi erano i Beatles.

Se vuoi toccare sulla fronte il tempo che passa volando.
Già. Stamattina ho spiegato a mia figlia chi è Stella McCartney. Non che ogni mattina le spieghi la vita e le opere di uno stilista diverso, certo che no, ma eravamo lì, un po’ di corsa come ogni mattina, i maschi già fuori, a parlare di vestiti. E non importa se ha soltanto anni 9, ma le piacciono le cose belle, impazzisce quando, mensilmente o quasi, stanzio una piccola cifra da spendere a suo piacimento nel paradiso degli abiti low cost, Zara e similari. E da lì, dal fatto che costare poco non vuol necessariamente dire che siano schifezze immonde, anzi, ci si sono messi pure degli stilisti di chiara fama a disegnare per loro, zac!ecco che si è arrivati, giocoforza, a Stella McCartney, che ha disegnato per H&M. ma chi è mamma? Ma come chi è, figliola, la figlia Paul McCartney. Ah. E chi sarebbe? Come chi sarebbe, COME CHI SAREBBE. Ma uno dei Beatles! Mi ha guardato, gli occhi di lago un po’ assonnati, i capelli che ancora non avevano incontrato la spazzolata mattutina, il pigiamino stropicciato, un’ombra di dentrificio all’angolo della bocca. Come puoi, figlia. Come puoi sapere, se di anno di nascita fai millenovecentonovantasette, chi erano i Beatles. Quelli di She loves you yè yè yè, quelli di Help, I need Somebody, Help!quelli di We all Live in A Yellow Submarine….. Come puoi. Mi sento giurassica a parlarti di loro, in realtà quando loro cantavano Help io non ero ancora nata, ma ho consumato le loro cassette quando avevo 13 anni o giù di lì, le cassette, lo sai, quelle cose rettangolari con il nastro dentro che gira, e che a volte si intruppava e allora si aggiustavano facendo girare dentro le rotelle una Bic Punta Fine. Che ne sai, tu, di quando per vedere le foto della gita si doveva portare il rullino dal fotografo e aspettare una settimana, tu, che scarichi le foto del compleanno quando ancora il tuo compleanno non è passato del tutto. E che dirti, allora, degli amici delle vacanze, ai quali scrivevo durante l’inverno delle lettere lunghissime, sui fogli di Snoopy e Holly Hobbie, e impazzivo a cercare il Codice di Avviamento Postale di Milano, in un libricino che conservava mia nonna in un cassetto della cucina, e aspettavo che il postino mi portasse la risposta, tu che racconti in Msn alle tue amiche che hai imparato la poesia di San Martino e che a Milano ci vai così spesso che scriverci una lettera sarebbe ridicolo. Ma tu, figlia, conserva un po’ di questa cose passate. Sono così belle. Ti farò sentire le canzoni dei Beatles, aiutano a imparare l’inglese, non lo sapevi, e poi quando sarai più grande, sarà così inusuale sapere a memoria Michelle Ma Belle che farai tendenza. E scrivi, figlia, scrivi, con la carta e la penna, scrivi bigliettini e lettere, falle trovare nei posti più impensati alle persone che ami, sono carezze per l’anima, che non si abitua alle mail, ai forward e agli attachment. Io conservo le lettere delle mie amiche, le leggo quando voglio sentirle vicine, senza telefonare. Mi piace di più. Scrivendo, lo sai, è il cuore che parla, esce il vero di te che non sai dire con la voce, a volte è così difficile. Scopri cose che non immagineresti neppure, e le fai scoprire agli altri. L’anima è una buffa cosa, fa tanto la spavalda ma poi va in sollucchero per una fotografia di carta da tenere in un libro, Ti voglio Bene su un bigliettino, la poesiola nella merenda, Ti Amo sul post-it allo specchio del bagno. E se non saprai bene che cosa scrivere, fermati e ascolta. Il tuo cuore, amore mio, lo scriverà per te.

12 novembre, 2006

Toujour dimanche.

Chi mi conosce sa di che pasta son fatte le mie domeniche. Tranquille, a casa, a fare niente o quasi. Un pò tutte uguali, in realtà, e per questo irresistibilmente sognate per tutta la settimana. Soprattutto questa, dopo una settimana così impegnativa. Ma questa, cara la mia bella signora, non era mica una domenica come tutte le altre, sa? Era la ur-domenica. E non importa che non sappia che cosa voglia dire, non ho mica tempo di stare qui a spiegarglielo, lei mi capisce, ho così tante cose da riordinare, adesso. Comunque, glielo dico, che so che è curiosa come il mal di pancia, e chissà da dove viene questo detto emiliano, ma fa niente. Tanto per cominciare oggi sono 18 anni che sto con mio marito. O meglio, 18 anni di stare insieme e non di matrimonio, e che mio marito non lo è stato da subito, si intenda, che il matrimonio è stato celebrato a giugno, se lo ricorda o no? Non mi faccia impappinare con le parole, che già sono in confusione che ho bevuto. Il brindisi, sa, che non ci sono abituata a bere e già un bicchiere e straparlo e rido come un'oca e divento rossa come una fragola, per l'appunto. Ma oggi, coi figlioli, c'era con noi una persona speciale. Ossì, mica una roba da niente, ma Un Tocco Di Zenzero, lo ben so che la faccio schiattare dall'invidia, ma è così. In casa, un pò agitati tutti, persino la picci che ha fatto il disegno sulla lavagna della cucina, per augurarle il benvenuto. Tanto una brava persona, sa? Non ha nemmeno fatto una smorfia di disgusto vedendo un altro dei miei mattoni da utilizzare al posto del pane. Ho dato sfoggio delle mie arti culinarie più semplici, un pranzo della domenica come una volta, sa bene che io non son tanto per le cerimonie e gli effetti speciali, e la Signora Zenzero, agli effetti speciali c'è già ben abituata, ma io che glielo dico a fare. Un pomeriggio sereno, nonostante qualche preoccupazione trasversa, ma gli amici, quando servono, sanno anche far dimenticare delle cose non piacevoli e fanno evadere, scappare un pò dalle malinconie, anche solo per strofinare un gatto, chiacchierare sul divano o vedersi accerchiata da figlioli di ogni ordine e grado, ognuno con una cosa da dire, da studiare, da fare. Spero che torni. Le farò trovare un tovagliato di fiandra, calici in cristallo di Boemia e ogni sorta di leccornia da mandarla in visibilio. Il calore, beh, quello non occorre prepararlo. La mia famiglia, la mia casa, mio marito, io medesima, ce l'abbiamo per default. E se il pane è insipiderrimo e la torta di verdure anche, ma, ditemi, è davvero così importante?
Grazie, Sandra.

10 novembre, 2006

Yawhnnnn!

La sveglia stamattina è suonata alle ore 5 o poco più. In casa tutti dormienti, oggi si dà il caso che sia la festa del Santissimo Patrono e quindi le scuole sono chiuse. Che fortuna sfacciata, per non dire di peggio, proprio oggi che devo fare la seconda puntata a Milano. Sì, due giorni e due viaggetti a Milano, avanti e indrè, per non lasciare sola la figliolanza dacchè, si sa, nessuna moldava, ucraina, peruviana, filippina, polacca o simili presta più servizio nalla mia umile casa. Me la cavo con Santo Domingo e "senza dormita". Ma non entriamo in dettagli ininfluenti. Dunque, stamattina ho condiviso la sveglia con i panettieri, i tranvieri e, forse, qualche minatore. Il delirio. Ho cercato a tentoni la gonna nell'armadio, ho sceso le scale con le scarpe in mano, sbadigliando e caracollando, strisciando i piedi fino alla cucina. Il mio sposo, un fringuello. Già preparata la colazione, disposto con grazia tazze e cucchiaini, assegnatomi persino quello viola a quadrettini, il mio preferito. Dovrò approfondire la vicenda: che cosa assumerà mai per essere già all'alba così presente a se stesso? Dovrò indagare. Controllare, per esempio, se dietro i vasi del davanzale sono comparse in circostanze misteriose, deliziose piantine dalle foglie a punta. O se il barattolo dello zucchero viene custodito gelosamente sul suo comodino invece che nella più tradizionale credenza. Fatto sta che lui è un fiore e io una frittata. E non sono nemmeno sollevata dal valzer di porta e riporta, posa e riposa dei figlioli, sarà pure il Santo Patrono ma le attività ci sono e tutte anche. Bene, mi appresto a compiere il mio bel giro. Ma prima annaffio i vasi del davanzale. E cerco il barattolo dello zucchero. Così, giusto per provare.

08 novembre, 2006

L'intolleranza.


Senza un vero motivo grave, stamattina m'è punta vaghezza di sottopormi volontariamente al test delle intolleranze alimentari. Una roba di moda, lo so, ma già avevo qualche sospetto, e volevo andare a fondo della questione una volta per tutte. Risultato. Sono intollerante ad una quantità spropositata di alimenti di consumo quasi quotidiano e che, disdetta, mi piacciono pure. Uno su tutti, il frumento. Grido di dolore, ma come, che ne sarà di me, se non posso mangiare le due uniche, insulse, avulse e convulse fette biscottate tuffate nel caffelatte che costituiscono la mia colazione? E che fine farò mai, se nemmeno un assaggino di focaccia o una forchettata di pasta avanzata dai figlioli, magari mangiata direttamente dalla pentola, che fa tanto zingaro ma ti fa sentire così libera e randagia e un pò homeless, in realtà, dandoti un gusto sottile di trasgressivo casalingo, potrà mai oltrepassare la soglia della mia bocca? Risposta non v'è. Staremo a vedere, il turpe esperimento dura solo due mesi in fondo, e posso sopravvivere. Ma oggi, mentre riflettevo oltre che sulle sciagure umane in generale e sulla mia in particolare, mi è sorta, spontanea, una domanda. Potrebbe esistere mai un aggeggio che stabilisce con esattezza matematica e senza tema di smentita, l'intolleranza a certi tipi di personaggi? Si potrà un giorno arrivare a dire, sono allergica al lievito, alle graminacee e agli ignoranti, ai beceri, ai superbi e ai coglioni, signora cara, io non dico parolacce, ma questa ce l'avevo qui, e proprio non ce l'ho fatta a trattenermi, abbia pazienza ma io, sinceramente, le cose che devo dire le dico e poi siamo amici come prima. Potrei offrire il mio corpo alla scienza e fare da cavia. Avrei anche già pronto un bel campionario di sagome da inserire nell'astruso macchinario. Solo, loro non si individuano come i cavolfiori, al contrario sono subdoli, striscianti e ben si nascondono ad una prima occhiata. Mah, signora mia, anche se quando li cucino il tinello mi si ammorba, beh, meglio i cavolfiori. Non lo pensa anche lei?

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...