05 settembre, 2011

Così, a casa.

Era ora, alla fine. Si è andati su e giù, per l'uno e l'altro mar, si è stati stanziali e itineranti, si è fatto e visto molto, molto di tutto, molto mare e molto cielo, che sono il meglio, per me. Ci si è riempiti di vento e sole e cose belle, e se ne è fatto un pacchettino, legato con una cordicella, fatto un fiocco e tenuto lì. Servirà. Si è a casa, alla fine. Stamattina, si è guardata per un pò la scia della nave che ci ha riportato in continente, da quella parte lontana di isola che ancora non si conosceva. Si son fatti pensieri graziosi, nessuno pesante o complicato, a guardare i ghirigori della schiuma è difficile che ti venga qualcosa di sgradevole, e si è guardato tanto mare in questi giorni, che ancora un pò non faceva male. A guardarla da lassù, dal punto più alto del traghetto, la scia appariva nella sua candida, rumorosa bellezza, il candore della schiuma nel blu scuro di un mare sterminato, e trascinava con sè i pensieri che a lei affidavo, le cose che avevo in mente, quel che avevo da fare in ordine di importanza, ed erano tante, tantissime, ma nessuna che mi venisse per prima. Me ne stavo lì, a guardare quel bianco e quel blù, e che bello sarebbe stato poter fare un salto giù, per un momento, un momento soltanto, un bagno in questa schiuma di neve, in questo miracolo di motore e acqua, avrei messo anche quello nel pacchetto legato con la cordicella. La scia di una nave affascina chi ha pensieri liquidi da affidarle, racconti da lasciarle in pegno, te li regalo, fanne l'uso che vuoi, portali con te in quel bianco accecante, conservali per bene, falli giocare nei tuoi mille luccichii, complice il sole. Te li richiederò, qualche volta, e tu me li ridarai, intatti e perfetti come sono ora, magari in un lungo autunno o in un freddo inverno che è ancora lontano ma che non tarderà. Ecco, i miei pensieri sono in mezzo al mare, ora, la schiuma li ha cullati, ci ha giocato un pochino e li ha portati con sè, e il mare che ascolta, ricorda e sa,  li custodirà per me.

01 settembre, 2011

La Via del Sale.

Oggi niente mare. Bicicletta, per esempio. Si è girata l'isola in lungo e in largo, prima la Tonnara, una salita niente male, col sole a picco, che noi anche le rovine di Nora le abbiamo viste arrostiti dal sole, noi queste cose facciamo, non è che andiamo tanto per il sottile. E dopo la Tonnara, la Via del Sale, sempre in bici ma senza sole, verso sera, giusto in tempo per vedere i fenicotteri rosa che volavano sopra le nostre teste, non  ho fatto fotografie perchè non sono brava e non avrei reso loro giustizia. E' iniziato settembre, domani il nostro equipaggio inizierà a rientrare alla base, il tempo è incerto ma chisseneimporta. Settembre porta con sè una serie di nuove situazioni, sempre, ogni anno, ogni volta che si gira il foglio del calendario, settembre è anche una bella parola, mi piace, e puoi dargli il sapore che vuoi, di uva e di quaderni nuovi, di promesse, in un certo senso, di cose nuove che verranno, e non importa se poi alla fine non  arriveranno affatto, sarà bello uguale averle aspettate. Sono in un paesino che è un puntino minuscolo, sono in un'Isola dell'isola della Penisola, come dicono qui, ho visto i fenicotteri e so tutto sulla pesca del tonno, ho visto àncore arrugginite e barche di duecento anni, sento parlare genovese con una cadenza sarda che è una lingua strana e affascinante, ho pedalato lentamente sulla strada del sale, nel niente, la mia famiglia e i miei amici al seguito, il mio cane nel cestino, nel profumo di salmastro, modo migliore non c'è per iniziare il mio settembre.

31 agosto, 2011

Fuori. Dal. Mondo.

Il mare. E il sole. E il vento, leggero, morbido, a tratti più deciso. Sono dall'altra parte del mondo, dal mio almeno, in mezzo al mare, da un'altra parte di Isola, nel blù .Esistono diversi tipi di vacanza, quelle stanziali, quelle itineranti, quelle che tutt'e due. Noi si naviga da qualche giorno, si passa di spiaggia in spiaggia, si sono  viste rovine delle quali nemmeno di immaginava l'esistenza, si sono consumate cene e colazioni con vista mare, con vista stelle, con vista cielo e acqua verdissima, ci si è svegliati e tuffati subito, che proprio non se ne poteva fare a meno, ci si è addormentati col brusio dei ragazzi che chiacchieravano. Siamo un improbabile equipaggio, composto da 9 persone, un cane e un geranio. Mi piacerebbe guardare dentro il cuore di ognuno e vedere che cosa c'è, se i loro pensieri sono uguali ai miei, tranquilli e liquidi, se anche loro si sentono in pace, se il mondo è così lontano, così distante, che non è la stessa cosa. Se si sentono tutti fuori dal mondo, e in pace con esso, lontano da dove, distante da chi. Ho pochissimo segnale, spesso non ho neppure la corrente, eppure quasi mai mi sono sentita più al centro del mondo di così. Fuori dal mondo ma al centro del mio. Bellissima sensazione.

26 agosto, 2011

Troppo ordine.


Mattina presto. Si capisce che è giorno di partenze dai bagagli ammonticchiati in cima alla scala. In questa casa siamo sempre di meno, stamattina partiranno un figliolo e il Nipote Unico, l'uno richiamato dalle sudate carte, o almeno così dice, l'altro dal suo lavoro in banca che non ammette deroghe, non è che possa dire Mi Fermo Ancora un Pò. Sempre di meno. E sempre più ordine. Nessun asciugamano steso, nessun costume abbandonato, nè scarpe nè maglie, nessuna riffa per individuare di chi sono questa o quella mutanda, nessun far finta di urlare Raccogliete Tutto o Quel Che Trovo In Giro Regalo Alle Missioni. Troppo ordine non mi piace. L'estate è ancora qui ma non si fermerà molto. O almeno, non qui. C'è un'altra partenza in programma, un'altra fettina di vacanza, un'altra puntata, in un altro pezzo di Isola. Si programma una mezza dozzina di lavatrici, in questa casa dove si dorme nelle lenzuola stropicciate e profumate di vento e basta, ma quale ammorbidente mai, dove si stirano solo e soltanto le camicie e solo e soltanto quando servono, feste in Costa, cene o compleanni, che sono tanti, qui, d'estate. In questa casa, isola nell'Isola, dove si arriva con la sola andata, dove convivono diversi fusi orari, e la colazione viene servita dalle 7 alle 3 del pomeriggio, appena prima della scelta della spiaggia. Ancora un pezzo d'estate, ancora mare placido e vellutato, ancora sole. Ma prima, mi sa che farò un giro per casa e butterò alla rinfusa qualche calzino spaiato, qualche bottiglia d'acqua vuota, qualche briciola, tutto questo ordine mi fa malinconia.

25 agosto, 2011

E tu, chi sei?

Anzi, Voi Chi Siete? Così chiese il Liceale, ier sera all'imbrunire, mentre portava a termine il quotidiano rito dell'innaffiatura del suo Limone, situato nel patio di casa, diventato negli anni una specie di quercia dai fiori profumati. Tragggedia. Il Regio Limone ieri sera era diventato residenza di strani animaletti candidi, con un numero imprecisato di zampe che camminavano sul tronco, sulle foglie e perfino su qualche frutto. Tutti han voluto dire la loro, che andava dal Che Schifo del Giurisprudente a Omioddio, della Principessa Omioddio, manco a dirlo, appunto. Belli non sono, si muovono come sull'autoscontro, girando un pò su se stessi, lasciando una scia biancastra tipo (!) quella delle lumache, no, in effetti belli non sono. Passato il primissimo attimo di sgomento, ecco che si è chiamato il Regio Giardiniere, per avere un rapido e accademico consulto. Cocciniglia Cotonosa, è stata la diagnosi, Queste Cose le Porta lo Scirocco. Raccolti al suo capezzale, ci siamo guardati tutti con aria interrogativa, lievemente preoccupati, E Adesso? Niente panico, la faccenda è seria ma si può porre rimedio, domani sera, ben dopo il tramonto, a foglie fresche, il Regio Limone verrà cosparso di non so quale intruglio, tenuto sotto osservazione e nel giro di qualche giorno i candidi animaletti spariranno. Abbiamo tutti tirato un sospiro di sollievo, il Limone ha la sua storia in questa casa, è stato scelto con cura dal vivaio, potato con maestria da mani sapienti, e, diciamolo, da un gran pezzo d'uomo. A tutti sta a cuore la sua salute, tutti ne hanno accarezzato i limoncini appena nati, odorato i fiori, perfino punti con le sue spine. Sappiamo che, affidato alle cure del Regio Giardiniere, il nostro Limone guarirà. Peccato non avere intruglio similare per liberarsi dalle persone moleste, ignorantelle e noiose, di quelle che Io, Io, Io, di quelle che loro san tutto, e fan tutto meglio,  e ti dicono anche come dovresti fare tu, per dire. Chiederò al Giardiniere. Lui di queste cose ne sa.

22 agosto, 2011

Del Sottile Pensiero.

Che i pensieri li detti l'anima, o il cuore, la testa, forse, o tutt' e tre, nessuno al mondo lo sa con certezza. Non so se i pensieri di ognuno siano farfalle o sassolini, petali o macigni, a seconda di come e quando e cosa. Sono giorni di calma calmissima, di tende immobili e mare piatto, di foglie accarezzate e non scosse, che si muovono appena sotto un vento che non c'è. e di caldo, caldo immobile, bellissimo, che la doccia di fuori è calda appena la apri e le lenzuola asciugano ad una velocità che non si immagina. Le colazioni sul terrazzo si fanno lente, tempo ce n'è per la spiaggia e le cose, a volte ci si spinge qua e là per il villaggio, Da Chi Andiamo Stamattina? per un altro caffè e le chiacchiere di metà mattina, mentre tutti qui ancora dormono, bellissimi e abbronzati, un sonno che spesso inizia quando finisce il mio, che è già mattina. Il Sottile Pensiero è una frase che mi piace e che ho imparato ieri mattina, e che ho fatto mia. Sottile perchè piacevole, sottile perchè carino e che si fa pensare che un sorriso impercettibile, di quelli che ti vengono anche quando dormi, ogni tanto, non proprio un sorriso ma una specie di calma, di pace diffusa, di quiete guadagnata e che si beve piano, come il succo gelato del frigo, Bevi Piano o Starai Male. Di Sottili Pensieri ne voglio fare una valigia piena, stipandoli e stropicciandoli come fanno i ragazzi quando fanno le valigie per il ritorno, che stropicciano insieme alle cose anche la nessuna voglia di lasciare questa casa e questo mare. Di Sottili Pensieri ne faccio un mucchio proprio lì, vicino all'oleandro, ne metto qualcuno nel cestino della spiaggia, che si farà pensare al sole, o sguazzando nell'acqua turchese, o al chiosco dei gelati, stasera verso il tardi, perchè si è deciso da un minuto che si vedrà il tramonto dalle dune e forse si farà anche il bagno quando il sole è andato giù. I Sottili Pensieri sono belli da pensare, si nutrono di piccolissime cose da niente, piccole cose di poco conto ma di grande, grandissima importanza. Per me e per le persone che ho qui vicino, per questi giorni di Beato Nulla, cuore, testa e anima si impegnano tutti insieme a far pensieri che non tùrbino, che nulla smuovano, pensieri che siano dolci e anche un pò scemi, fioriti e profumati, e sottili, sottili come petali, farfalle colorate, brezza leggera che accarezza e non scuote.

20 agosto, 2011

Mare e mare.

Mare e basta, mare e sabbia, mare e mare. Per giorni. Che sia dal mattino presto, ove per presto si intenda mezzogiorno passato, o che sia dal pomeriggio tardi, verso le cinque, quando si incontrano le persone che vengono già via, nemmeno tante, in realtà, noi si arriva e si va via quando gli altri sono a cena, un pò controcorrente, al contrario, come spesso noi si fa. La bolla africana, come la chiamano in tv, noi qui ce la mangiamo a colazione, nel senso che si vede anche la sera, una specie di velluto a coprire le stelle e quella luna rossa laggiù, sembra nebbia ma sarà caldo per domani, ho rassicurato i miei figlioli e anche me. E stamattina, umidità di tulle su Maddalena, Chi Ha Rubato il Mare? Nel frattempo, tutto procede con perfetta lentezza, l'inverno, quale inverno?, è stato dimenticato e sotterrato, si passano giorni quieti di sole immobile, di spiagge scoperte o ritrovate, di libri e chiacchiere, di un niente che fa bene. Il mio Sposo impegnato in una regata, con zero vento ma vuoi mettere tutto quel blù, i figlioli sparsi fra letti e spiagge, nemmeno so con esattezza chi dorme e chi è già al mare, son scesa presto in paese a comprare il pane del forno, scoperto quest'anno, e un quotidiano, ogni tanto mi prende l'insana voglia di leggere un giornale vero, da sfogliare, che quelli on line è vero sono una meraviglia, ma un quotidiano di carta è un'altra cosa. E organizzo una giornata di niente fare, niente si fa per dire, ho ri-iniziato Orgoglio e Pregiudizio per la quindicesima volta almeno, un impacco di balsamo ai capelli stremati, un'insalata di farro da tenere in frigo, forse un ricamo, due giri di maglia, chissà. Raccolgo questi giorni come conchiglie, come i vetrini verdi che invece non trovo più, li raccolgo e li tengo da parte, come perle, come buoni consigli, come albicocche mature per la marmellata. Lontano, le vele giocano lentissime a rincorrersi e a cercare un vento che non c'è. Il mio cuore, pigro e disteso, bello sciallo e tranquillo, sta ben attento a non farsi da nulla scalfire, da nulla turbare, da nulla al mondo mai. Il mare mi guarisce da tutto, ma quante volte l'ho detto già?

16 agosto, 2011

La Leggenda del geranio Felice.


Veniva da lontano. Aveva fatto un lungo viaggio, dalle montagne fino al mare. Era stato prelevato con destrezza e circospezione da un vaso enorme, pieno di fiori di un rosso arancio, che dire rosso geranio so capaci tutti, non che fosse rosso, non che fosse arancio, forse, anche un pò fucsia. Fu prelevato in una bella mattina di luglio, da un ordinato e fiorito paesello della Valle d'Aosta. Troppo Bello, si disse, mentre accarezzava le foglioline di velluto, Starebbe Benissimo da Qualche Parte, in Casa Mia. Detto, fatto. Con grazia ne staccò un rametto, lo avvolse con cura in un tovagliolino umidiccio, come aveva visto fare molte volte da sua nonna, regina indiscussa di un Giardino Meraviglioso di astri e zinnie e dalie e rose e gerani in vaso e a siepe, e tutt'intorno all'aiuola, dove ci si sera nascosta mille volte, catturato farfalle, cercato bruchi, dove fu morsa da un calabrone, dove avvistò una biscia, dove trovò un uccellino caduto dal nido e mille altre avventure. Una volta a casa lo trapiantò, e per averne più cura lo portò con sè in villeggiatura, l'Aria del Mare Gli Farà Bene. Lo sistemò in un bel vaso e lo collocò proprio lì, accanto al vaso grande della miseria, e dove resistevano fiere alcune foglioline di basilico. Qui Starà Bene,  disse con orgoglio. Lo chiamò Felice, e attese per giorni che sbocciassero i primi boccioli. Stamattina, finalmente, dietro le foglioline piccine e vellutate, Felice mostrava con fierezza di aver gradito l'aria salmastra e il vento di qui, di essere grato al Liceale di annaffiarlo con cura ogni mattina, e grato anche alla Scrivente di averlo coccolato e amato fin da subito, da quando cioè lo aveva incontrato per la prima volta lassù sulle montagne, in quell'enorme vaso. Ora, si attendono i primissimi fiori, rosso geranio o rosso arancio non so, ma che sia Felice, beh, questo è sicuro.

13 agosto, 2011

Luna profumata.

Non saprei dire che profumo sia. E' una sera tranquilla, di quelle con la luna che guarda giù, è luna piena, stasera ed è così bello guardarla da qui. C'è profumo di bello, stasera, i figlioli sono più allegri del solito, più belli del solito, più abbronzati, più biondi, non so. Si dividono i compiti in grande, grandissima democrazia, come avrei fatto se no, a gestire una tale manica di Compagni di Merende. La PrincipessaOmioddio è al cinema con gli amici, mi ha strappato anche il permesso di un gelato in piazzetta, dopo, qui non è' che esista tanto un orologio e l'ora di tornare, è la beatitudine di questo posto, mezzanotte, un pò di più, non è che cambi molto. La luna sorride, profumata di silenzio e di foglie immobili, stasera, nemmeno un pò di vento, niente. I pensieri si lasciano pensare con calma, uno dopo l'altro, morbidi. Tutto è di una semplicità che fa bene all'anima, di un benessere diffuso, come dico raramente, solo quando lo è davvero, solo quando mi sento così in pace, solo quando nessuno dei pensieri che ho mi punge, mi graffia  o mi taglia a pezzi, come succede qualche volta, nessuno dei pensieri che ho mi fa respirare a scatti e mi fa male al cuore, facendomi  sentire i battiti  risuonare nel cervello, che sensazione assurda, eppure, qualche volta mi succede. Non stasera. Non da qualche giorno. Sarà che dormo e dormo di un bel sonno normale, non a nascondermi o a proteggermi, dormo e basta, a rigenerarmi, a farmi bene, a cullarmi quasi. Sarà che evito le chiacchiere da battigia e chiacchiero solo con chi va a me e che, ma guarda, sa fin troppo bene che non è misantropia, ma che qualche volta fa fatica parlare con chi non ne hai voglia e allora fai finta di niente, che pensino quello che vogliono, l'estate duemilaundici sarà ricordata, oltre che per lo smalto turchese come il mare, i vasetti all'uncinetto e lo ZeroSbatti, anche e soprattutto per la rivendicazione del sacrosanto diritto di fare quello che ti va, in silenzio ad ascoltare i grilli e a guardarla questa luna, così bella e vicina che se stai attenta, senti, senti che profumo che ha.

09 agosto, 2011

Violarancio.



Da sempre, due colori che amo, insieme. Ho anche un anello con una pietra viola e una arancio. Si sa, son cose interessanti, così, a metà di una mattinata di vento deciso, di mare turchesissimo, di colazione protratta, di amici in visita, di figlioli dormienti, dacchè han fatto tardi in vedetta a vedere l'alba, son già due sere di seguito, la cosa che mi preoccupa è che sono sempre in numero pari e ben distribuiti, tre maschi/tre femmine, questo andare alla vedetta non mi convince, sarà mica per caso come il mio andare alla Torretta di Varigotti nell'estate del '78? Solo, loro son più grandini di me all'epoca, ed è ben questo che mi dà pensiero. Comunque, qui si lavora, eccome. Si ricoprono vasi, si fanno scialli on demand, e ier sera c'è punta vaghezza di metter sù un gonnino arancio, che con l'abbronzatura c'ha il suo perchè, e allora ci si è ingegnati, si è fatto finta di chiamarsi Fassio di cognome, e il gonnino ha già preso forma, certo, appena appena, ma insomma, si ha già in mente come verrà. Qui si lavora eccome. Ci si telefona con Lei, si preparano già una quantità di cose per la fine di settembre, insomma, il vento di qua porta bei pensieri, belle cose da fare, bei colori da mettere insieme e bei progetti. Nel frattempo, il mare laggiù mi guarda e sorride, increspato appena appena, lucido, di velluto, turchesissimo. Che con l'arancio e il viola, ci sta un amore.

07 agosto, 2011

Bella.


Gavino, l'Agavino.

Inteso come piccolo agave. Sottratto un pomeriggio di calma piatta, durante un'incursione al forte abbandonato a Punta Rossa di Caprera, due anni fa. Lui, Gavino, era il quinto di dieci fratellini, cresciuti alla rinfusa tutto intorno a Mamma Agave, maestosa e fiorita, nei pressi della Stazione Torpedini, un magazzino militare della Seconda Guerra, abbandonato e meraviglioso, una delle cose che più mi affascina di qui. Che male farò mai, mi sono detta, ce ne sono così tanti che anche se ne prendo uno... Errore Madornale, sibilò in Giardiniere, guardandomi malissimo, dell'Isola non si tocca nulla, dalle tartarughe alle piante grasse, agavi compresi. Ho chinato il capo, sentendomi in colpissima. Ma ho cresciuto e accudito Gavino come fosse uno dei miei figlioli, sistemandolo con grazia dapprima in un bel vaso con le conchiglie,  annaffiandolo con cura e mai, mai, mai trasportandolo in continente, lasciandolo qui sulla sua Isola Magnifica, all'ombra dei corbezzoli e dei mirti. Stamattina, poi, ho visto che il delizioso vaso gli stava diventando stretto, dacchè un altro piccolo Gavino ero spuntato accanto al papà. Così, con l'auto del Senior Ing., sbarcato da pochissimo, Gavino ha trovato posto nella sua terra, così come piace a lui, soleggiata e rocciosa, perfino un pò asciutta, in fondo al giardino, che ora ha, come quasi tutti i giardini della Costa, anche i più abbandonati e affascinanti, il suo bell'agave. Anzi, due. Gavino Senior e Gavino Junior. Uhm, mi ricorda qualcosa. 


02 agosto, 2011

L'Odore del Sole.


Si è camminato per un sentiero scosceso, conosciuto da pochissimi, anzi da quasi nessuno. Io me lo ricordavo, c'ero venuta tempo fa, un paio di volte, via terra e via mare, che è una cosa troppo differente e non è che se sai la strada via terra trovi facilmente un posto via mare e viceversa. Si è costeggiata la spiaggia semi affollata, non è mica il 2 agosto se guardi la gente che c'è, nessuno o quasi. Si è sceso per il sentierino, il mirto e i rovi a graffiarti un pò le gambe, le braccia, a impigliarsi nella gonnina tricot color amaranto. Si è trovato una spiaggia deserta, ma non con poca gente, proprio desertadeserta, solo noi. Avere per sè un tratto di sabbia e scogli e mare è puro lusso. Stare in spiaggia mi piace. Leggo, faccio la maglia, sto sdraiata ore ad ascoltare i rumori di fondo, la voce del mare, il rumore delle onde, l'odore che c'è. Annuso anche me che so di sole e di sale, e di Nivea della scatola blu e piatta, quella che mi mettevo anche a Sori, con mia cugina Elena, che era grande e bellissima, e aveva un bikini arancione che ancora mi ricordo e le invidiavo molto, io, che avevo ancora i costumi di spugna e la canottiera a righe rosse. Mi annuso e so di estate, da quando ho letto Suskind faccio attenzione anche all'odore che sento su di me, misto di limone e di vaniglia, che si mescola con l'odore dell'asciugamano, ammorbidente, forse, e del balsamo di ieri sera, e se sto attenta, anche del dentifricio di stamattina. Tutto l'insieme fa l'odore della mia estate, di una calma che non oso pensare, non oso mettere a fuoco, per paura che la calma si trasformi in un istante in tempesta di quelle toste, in mare in burrasca con tre ondine, tendente all'agitato, cioè il caos. Ho un libro che leggo distrattamente, uno scialle color corallo che va avanti con studiata lentezza, ma resto qui, sdraiata ad annusare, annuso intorno e annuso  me, e so che quel che sento più di tutti è sì la Nivea e il balsamo e tutto il resto, ma  più di tutti so di sole, di pensieri dorati,  di piccolissimi momenti di beatitudine perfetta, di piccolissime gioie, non troppo vivaci, non troppo chiassose, di una semplicità perfino noiosa, che adoro, di un sole profumato che sembra solo per me.

31 luglio, 2011

Lentissimo.

Un work in progress di un vaso, è la grande mania del momento, fra le Amiche del Knit, una focaccia al rosmarino nel forno, la frutta fresca, un vento sottile, sottile, ecco, è la parola giusta, che un pò c'è e un pò non c'è, a raffiche, si dice, oca, si ma le raffiche vanno veloci e queste raffiche qui sono una specie di carezza, non gli schiaffi delle raffiche, quelle vere. Lentissima domenica di mare e di nulla, fra poco la spiaggia ma con calma, si metterà nel cestino una bottiglia ghiacciata che si scioglierà piano sotto il sole, si proverà a fare un altro bagno, ma l'acqua del mare è ancora più ghiaccia di quella della bottiglia, non si sa come, quest'anno è freddissima, e chi lo sa. Lentamente, lentissimamente si alzeranno tutti quanti gli abitanti di questa casa, stamattina alle cinque qualcuno cucinava spaghetti e rideva sommesso nella cucina, che hanno lasciato uno specchio, c'è da dirlo. Lentamente si cambia colore, cambia la luce degli occhi, cambia persino il modo di guardare lontano, le rocce e il mare e ancora più in là altre rocce e altro mare, giorni in fila, azzurri e ventosi. Che siano semplici, che siano tranquilli e normali, senza grandi scosse, con mare e vento in forma variabile, con sabbia e sole in forma costante, pigri e lentissimi, come questo qua.

27 luglio, 2011

Anche se piove.

La pioggia non è uguale da nessuna parte al mondo. Nel Monferrato, a Londra, a Parigi, la pioggia è diversa. Qui è più diversa. Nel senso che è proprio pioggia, cioè sì, piove, ma è come se piovesse mare, come se tutto intorno fosse fatto d'acqua, ritornasse acqua, dalla distesa che si vede a colazione, alle bolle che fa sul terrazzo, perchè è così che piove, diluvia proprio e non è importante, ci sono le sedie da asciugare e allora sei lì, sotto la pioggia, la camicia da notte appiccicata, i capelli fradici, senti perfino il rumore delle gocce addosso, ma fa niente. Se piove qui, fai cose che se piove a casa nemmeno ti sogneresti di fare. Qui è un bel giorno. I Giovinastri dormono e dormono, rientrati all'alba come da tradizione, le Fanciulle sono sveglie da pochissimo, questa casa è a metà fra una colonia elioterapica e una famiglia allargata, ci sono figli dovunque, zaini dovunque, telefoni e cose, ma è tutto sotto controllo, tutto regolare, tutto un insieme di Ti Dò Una Mano, una divisione di compiti mai vista nemmeno nel team più affiatato e senza nemmeno bisogno di chiederlo. Per parte mia, mi beo. Di questi figli miei, la cosa migliore che abbia mai fatto in vita mia, i miei capolavori, diamanti purissimi e rari, lo so che è normale, i figli sò tranci e' pizza, lo sanno tutti, però ogni tanto bisogna anche dirlo, facciamo una volta all'anno. E mi beo anche degli amici dei figli, educati e bellissimi, ieri sera prima della festa erano così belli tutti che li fotografavo a raffica, nel mucchio, Ma Che Belli Siete. Anche se piove in questa casa c'è una luce che non si capisce da dove venga, c'è calma e caos, c'è pace e delirio in gusta misura, e rido così tanto al loro parlare, ai loro modi di fare, di essere che mi sembra di essere un pò una di loro, anche se ieri sera ho fato loro le raccomandazioni sulla porta, pure a quelli ultraventenni, Maestri di Sci e quasi Architetti, che mi guardavano con un'aria strana, Ti Rendi Conto Quanti Anni Ho? Non fa niente, ti conosco da quando avevi 5 anni, ti sei perfino rotto un polso a casa mia, sei anche tu un altro fratello, un altro figlio, come tutti quelli che ho qui. La luce di questa casa forse è un sentimento, forse un affetto invisibile, un calore sottile, che si annida fra i cuscini, si nasconde nel rosmarino, e piegato insieme alle lenzuola tutte uguali, un mantello che avvolge e scalda, anche se non lo vedi, anche se non lo sai. Anche se piove.

26 luglio, 2011

Diciotto.



Il colore dei pensieri.

Ci è voluto qualche giorno. Non certo ad ambientarsi, qui si arriva e si è subito sul pezzo, come dire, è come se mai si fosse andati via. Ma ci è voluto del tempo. A realizzare, a verificare lo stato delle cose e forse, ancora meglio, il proprio stato d'animo. Come se si volesse davvero essere sicuri di stare bene, prima ancora di ammetterlo anche solo a se stessi. Si è stati prudenti, di una prudenza che si è nutrita di sonni lunghissimi e di silenzi, stando ben attenti a non fare guai, come in allerta, come quando la notte si sente un rumore e si sta lì, senza quasi respirare e ci si chiede Cosa E' Stato, salvo poi scoprire che è stato uno scricchiolio senza importanza, un rumore da nulla, e ci si riaddormenta beati e il giorno dopo nemmeno ci si ricorda. Questi primissimi giorni sull'isola sono stati così. Guardinghi. Ho fatto da sentinella ai miei pensieri, li ho esaminati per bene, ho voluto vedere davvero di che colore fossero prima di tirarli fuori, e adesso che so che è un colore che mi piace, posso lasciarli liberi di andare dove vogliono. Potranno scegliere. Se accoccolarsi sul prato davanti casa, che era perfetto e lucidissimo fino a due giorni fa e che la visita di un'intera famiglia di cinghiali ha trasformato in una specie di campo arato di fresco. Potranno scegliere la via del mare, la spiaggia più ventosa, quella che quasi non  riesci a tenere gli occhi aperti e ti senti il vento addosso che ti spinge e ti trattiene, a secondo di come ti giri, e alza insieme goccioline di mare e granelli di sabbia che non distingui, se mare o sabbia. Potranno nascondersi dietro le dune, giocare con le onde, o spalmarsi sulla spiaggia, come in attesa, come a dormire, come a dire, Di Qui Non Mi Muovo. I bei giorni d'estate forse sono iniziati, l'inverno complicato ce lo si ricorda appena. Ora, ci si permette il piccolo lusso di pensare solo a sè, presto la faccia color seppia diventerà di un bel colore dorato, e dorati saranno anche i mie pensieri, qualcuno viola chiaro, qualcuno rosa, qualcuno di un blù un pò verde, un pò turchese, come questo mare che amo. I pensieri sono lì, si spingono fra loro per uscire fuori, sono lucidi e luminosi, di un colore che mi piace. Li lascio liberi, sapranno loro dove andare.

21 luglio, 2011

Via.

Non mi piace dirlo. Ma la sono. E anche tanto. Sono stanca. Non mi piace perchè è una frase che non ha risposta e io stanca non la sono mai. Mai. Gli ultimi tre giorni sono stati un delirio, anzi no. Non so nemmeno io come sono stati veramente perchè non ho avuto nemmeno il tempo di guardarli bene, presa com'ero a fare e fare e fare, che nemmeno me ne sono accorta. Succede sempre, ma quest'anno di più. ora, mi aspettano un pò di giorni belli, calmi, tutti in fila, fatti di niente, di beato niente. Le valigie non sono ancora pronte, cioè c'è un mucchio di vestiti ammonticchiati di malagrazia sul tappeto, nemmeno tanti, qualche camiciola, due golfini, e poco altro. E un sacco pieno pienissimo di cotone e lane pregiate, e schemi e pattern, una specie di lista dei desideri, il che significa, avrò una bella vacanza rilassante se riuscirò a riportare pochissimi di questi gomitoli a casa. Ho bisogno di giorni puliti, non so come dire, di sciacquarmi, di scrollarmi di dosso un inverno appiccicoso, ho bisogno di dormire senza svegliarmi ogni momento e guardare fuori, ho bisogno di pace, ma di silenzio, ma anche di confusione e di musica e di rumore, ma devo essere pronta a sentirlo e non deve infastidirmi. Se lo farà, vorrà dire che non va bene. Ci penserà il mare, ci penserà il vento, ci penserà il profumo del mirto, dell'erba, della sabbia e del sale. Mi laverà il mare, mi asciugherà il vento, e  solo a scriverlo sto meglio, solo a pensarci sto meglio e a pensarci bene non sono poi nemmeno così stanca.

19 luglio, 2011

Ode al Tratto Pen.


Che mi piacciano le cartolerie non è mistero. Che non è la stessa cosa della corsia del supermercato, quella riservata a penne e quaderni, dove di solito mi reco ad annusare la Coccoina. Oggi, i servizi che avevo da fare in città, perchè così qualcuno chiama far le commissioni, mi ha richiamato all'interno di una bella cartoleria del centro, quella dove vado a fare i fax, dacchè in casa nostra la parola fax è bandita dal lontano 1991, e si considera tale pratica obsoleta e assurda, tanto che, se proprio vi punge vaghezza di vedere il mio Illustrissimo e Degnissimo Sposo imbufalito, provate a dirgli Mi Faccia Un Fax. Qualche volta la mia Amica delle Perle viene in mio soccorso e mi manda qualche fax sottobanco, al mercato nero, una roba del genere. Fatt'è che in cartoleria mi trovavo e aspettavo il mio turno. Ho passato in rassegna le stilografiche, che anche quelle mi piacciono parecchio dai tempi della mia bella Pelikan Rossa, classe II A, Scuola Elementare Statale Giuseppe Maria Giulietti, eccetera. Le scatole di pastelli, le risme di carte colorate, i bigliettini di compleanno e poi. Li ho visti. Erano lì, nei loro bei contenitori rotondi. E li ho riconosciuti. Il Tratto Pen è una scoperta di metà anni 70 credo, non sono andata ancora a cercare quando siano nati, in realtà. So solo che me ne sono innamorata da subito: blù, rosso, e verde, il nero no, non ne ho mai avuto nessuno, non mi piaceva. Ci ho scritto di tutto. Il diario, per cominciare. E gli appunti, quadernate e quadernate di appunti. Addirittura, una volta ho fatto anche un tema scritto in verde, e mi è stato detto che no, non si poteva, ma io, candida, ho ribattuto che me ne ero accorta solo a metà della stesura e allora. Ci ho scritto un sacco di lettere. E cartoline, quando ancora si scrivevano le cartoline dal mare, dalla gita. Ho firmato i diari degli altri, le fotografie di classe, ma che orribili si è mai nelle foto di classe. Col Tratto Pen rosso scrivevo dei bigliettini che ripiegavo in quattro e affidavo alle preziose mani della Silvia, che andava al Liceo. Si dà il caso che al Liceo ci fosse uno dei miei sciagurati amori , quello dei 15 anni, e la Silvia aveva il compito di recapitargli le mie missive. LaSilvia, proprio lei, con l'articolo, che conosco tante Silvie, ma solo lei è LaSilvia. Che un pò mi dispiace di aver perso per strada, e sì che ci siamo incontrate ancora con tutti i figli, ma chissà come e perchè, alla fine non ci sentiamo più. Il Tratto Pen è un credo, una dottrina, un modo di essere, prima che un modo di scrivere. Un pò retrò, ha un suo rito, perchè non è penna e non è pennarello. E poi, ha il cappuccio. Che si deve togliere con grazia, e non con le mani, con la bocca. e va tenuto lì, fino alla fine dello scritto. Se no, se lo togli e lo lasci in giro, addio Tratto Pen. Oppure, se proprio si è troppo educati per non tenere un tappo in bocca, lo si rigira con stile fra le dita, per concentrarsi meglio, per sapere bene bene che cosa scrivere e come. Il Tratto Pen ti dona una scrittura tonda e buffa, che scivola via, più veloce della PennaBicPuntaFine. Di TrattoPen, questa mattina, ne ho comprati una manciata: rosso, blu, verde, ancora e poi viola e arancione e fucsia. Adesso devo solo decidere con quale colore scrivere. Come che cosa. Una lettera. Una lettera alla Silvia. Per dirle che la penso spesso e che le voglio sempre bene. Sempre. Fin dai tempi del Tratto Pen.

18 luglio, 2011

Strana? Ma no.

Che questa non fosse un'estate come tutte le altre, lo si era capito da un pezzo. Nel senso che erano i tempi che non combaciavano. Che non si fasavano. Che non erano allineati. Si passava da caldi torridi a temporali da salti nel letto, ma quello, in realtà, succedeva un pò tutte le estati. Solo, un pò più tardi. E poi, c'erano valigie da preparare e da disfare, come gli altri anni, del resto. Solo, un pò prima. O un pò dopo. E poi c'erano i libri da prenotare, ovvio, questo rimaneva uguale. Anzi no, da un bel pò non si avevano due licei, due corsi scolastici uguali, lassù, nella Casa in Collina. Insomma, riflettendo sulle sorti umane e cosmiche e sul senso della vita, Ella si accingeva ad iniziare una settimana all'insegna del corri di qui e passa di là, quattro giorni non sono molti per fare duemilacinquecentoquarantatrè cose ma, alla fine, uno deve farcela. Così si stilano elenchi di ThingsToDo, che appena ne cancelli una con sollievo e dici Ok, Fatto, subito ne devi aggiungere altre due/tre al fondo e allora la lista non finisce mai, e allora così non vale, ma a pensarci bene questo, solo questo, succede proprio tutti gli anni, d'estate, e allora non c'è nulla di strano, nulla di fuori dal normale, uno corre e corre, e fa e fa, in quattro giorni quel che riesce. Al resto, mi aiuti a dire, si penserà poi.

13 luglio, 2011

Il cielo che avvolge.

Che strana mattina, lassù, nella Casa in Collina. Ci sono strani colori e strani sentimenti, e strane cose da fare, qui si assiste, ormai è vacanza conclamata, si assiste e basta, chi lavora, chi studia, chi tornerà presto, chi alla fine pitturerà. Si è usciti sul mezzogiorno, non che facesse caldo, ma c'era quell'aria strana di melassa, appiccicata, quel senso di pesante sulla testa e tutt'intorno, si corre sì, sullo sterrato, sul sentiero, sulla stradina di ghiaia, si prova perfino a correre nel grano, quello appena tagliato, il contadino non c'è, è un bel rumore quello del grano tagliato da poco. Il cielo intanto guarda giù, senza colore e senza forma, senza nessun messaggio per me e per nessuno, senza nuvole, senza niente. E' una strana sensazione, quella di quando senti che sta per piovere ma che sai che poi alla fine nemmeno pioverà, è una continua attesa, allora, piovi o non piovi? così ci togliamo il pensiero e la finiamo qui. Invece no. Il cielo si allarga sempre di più, diventa cupola e coperchio, fondina a proteggere la scodella del latte dai moscerini, e ti avvolge ma non di un abbraccio, sarebbe troppo bello, ma di una pellicola trasparente e invisibile, che ti fa muovere a fatica, valigia all'aeroporto, avanzo nel frigorifero. Attenta, attenta davvero, corri un pò più forte e non farti catturare, il cielo va più veloce di te ma tu hai scarpe con stringhe magiche che riescono anche a sollevarti, dove necessario, e corri, corri più che puoi, la pellicola non ti prenderà, non ti costringerà, non ti fermerà, corri, sciocca, scappa finchè sei in tempo, passa dal frutteto che la strada è più corta, lo senti, una goccia, cinque gocce, dieci, mille. Alla fine, hai visto, piove.

12 luglio, 2011

Ode al Pesto alla Genovese.

Meglio di un mazzo di rose Blue Moon. Domenica, l'Illustrissimo Sposo e la Scrivente si sono recati in visita pastorale Urbi et Orbi eccetera in località Ronchetto, residenza estiva di una famiglia di amici, che alla fine genitori son di uno degli Scavezzacollo amico del Liceale che frequenta la nostra magione. Essi, a saldo fattura per un'opera ingegneristica svolta per aggiustare un pozzo, ci hanno fatto dono di un cestone, anzi, due, di verdura freschissima della loro sterminata piantagione ortofrutticola, a km. zero, senza pesticidi, senza emissioni e cose così. Nel cestone, era anche compreso un mazzo di basilico di rara bellezza, di irresistibile profumo, e io che al basilico sono devota, e che mi piacerebbe tanto averne un simile mazzo nel mio terrazzo, l'ho sistemato con grazia in un bel vaso di IkeaCristallo a guisa di un vaso di preziosissime rose. Ma i miei figlioli, che affamati son, che scellerati son, mi hanno dato un'idea. Perchè Non Fai Il Pesto? Già, perchè? Così, mi sono messa di puntiglio e via. Ho contattato la mia Amica Genovese, non quella sull'Isola, che tempo non ha per me, ma Anna, e mi sono fatta dare con precisione la vera, verace, originale ricetta. Tempo zero, un profumatissimo pesto era pronto. Non frullato, ma pestato con pestello e mezzaluna com'è ovvio che sia. Inutile dire che è venuto un'ambrosia e che l'esperimento è riuscito in maniera eccellente. I figlioli felici, il pesto dato in sposo alle trenette, anche. Tristanzuola ero io. Il mio mazzo di basilico profumato ora è ridotto a meravigliosa crema e riposa in pace nel frigorifero. Che fare?  Il basilichino del mio terrazzo conta foglie 32 e certo non ho cuore di smantellarlo. Urge un'altra visita alla Regia Piantagione. Avete forse un altro pozzo da aggiustare? Illustre Ingegnere presta propria opera, H24, rivolgetevi con fiducia. Figlioli e trenette, nel frattempo, ringraziano.

11 luglio, 2011

A chi come a me.


A chi come a me capitano cose così. A chi come a me capitano giorni di sole pienissimo e di meraviglia e subito dopo smarrimenti e paure, un giorno così e un giorno cosà, il buio e la luce, con una velocità e una semplicità e una immediatezza che spaventa e destabilizza. E' perchè sei femmina, ho letto una volta in un libro, e forse è così, le femmine sono noiose, a volte e non si sa mai bene che cosa pensano veramente e come stanno, e un momento sono fiori profumati e un attimo dopo ortiche secche, di quelle che crescono nelle case abbandonate, col tetto crollato, che fascino hanno per me le case abbandonate, le vecchie fabbriche, le cave come quella di Santo Stefano, il solo posto al mondo dove mi sento più che in pace, il mare sotto, il cielo sopra, e quel senso di abbandono e di silenzio e di lontano, e di passato,  i lavandini di granito, gli agave, le carrucole arrugginite e quella statua che abbraccio ogni volta, con quello sguardo altero che vedo io soltanto e che guarda lontano, Ma Dove Lo Vedi Che Guarda, E' Pietra, invece no, guarda i marinai, guarda le onde, le navi,  guarda il vento, che il vento non si può guardare ma soltanto sentire e annusare. A chi come a me piace inventare storie e cose e situazioni e piccole favole, ne ho scritte tante e quelle che non ho scritto ho raccontato a memoria, inventato lì per lì e non le ricordo nemmeno più, quante volte ho raccontato di quella fata e di quel bosco e c'era una volta una bambina che, e un castello e un'astronave magica che ti portava dove volevi tu, solo schiacciando un bottoncino fatto a forma di pomodoro, chissà perchè. A chi come a me piace l'odore del mattino che si sente dalla mia finestra, che ha ancora un pò del temporale di ieri sera, il temporale non è solo un fatto atmosferico, non è che dici, Toh, Tuona, no, è un segno del destino, è una follia, ti scuote e ti fa paura, ma poi si rasserena ed è tutto più bello e più lucido, e affascina, affascina e rapisce, è la natura che si manifesta, è la forza e la bellezza, i colori che non ti aspetti, l'odore dell'acqua e della luce. A chi sente come me l'odore della luce, a chi inventa storie e storie che poi non ricorda nemmeno, a chi abbraccia statue calde di sole, a chi sogna di entrare in una fabbrica abbandonata, ortica secca e fiore di magnolia, un giorno in un modo e un giorno diverso, E' Che Sei Femmina, mi sa che han ragione.


08 luglio, 2011

E' fiorita la miseria.

Di per sè non è una grande notizia. La miseria fiorisce e fiorisce in ogni parte del mondo, non è che arrivo io e scopro l'uovo sodo. Ma non mi è mai capitato di vederla qui, nel vaso scrostato accanto al pratino, io di solito vedo quella del mare, quella dell'Isola, che più che un vaso è una foresta, adesso, e lo sa bene la mia Amica del 12, che la vede tutti i giorni, a patto che non sia sù e giù per l'Arcipelago. La miseria che fiorisce in città ha un senso ben definito, ti fa essere un pò in pace col mondo, dire Lo Vedi? che meraviglia è mai questa, stamattina che ho trafficato in giardino, che ho annusato una per una le erbe aromatiche, la menta, la maggiorana, che avevo comprato storcendo il naso e invece è così buona la maggiorana, sa di bello e d'estate, che ci sono nuvole e fa caldissimo, ma non è che importi granchè. Ho raccolto ortensie per i mille vasi disseminati per casa, vasi di nutella e di maionese ricoperti coi colori che piacciono a me, è una grande invenzione. La scoperta del fiore di miseria mi ha messo di buonissimo umore, basta così poco a volte, mi ha fatto pensare alle isole, anche a quella scellerata di Afef che invece è nelle Cicladi o giù di lì, perchè questa miseria qui me l'ha regalata lei l'anno scorso, un rametto che ho custodito, pallido e verdino per tutto l'inverno e che adesso è esploso nel colore che più amo al mondo e mi piace innaffiare con lo spruzzo della gomma, perchè le foglioline di velluto trattengono un pò le gocce e sembrano piccolissimi diamanti luminosi. Il fiorellino della miseria è un fiore che ha in sè proprietà calmanti e rigeneranti, non l'ha detto ancora nessuno ma lo dico io adesso, è un rosa bello e spunta improvviso quando pensavi che l'unica soluzione fosse startene ferma a contare quanti minuti durano i tuoi momenti assurdi e a lagnarti e lagnarti come fanno le donnicciole al mercato. E' un caldo luglio lassù nella Casa in Collina, ci sono bei pensieri che rotolano e ballano nella testa di chi scrive, di chi si rischiara l'anima con un fiorellino, di chi sorride, di chi ha trovato un modo e sorride, si rincuora e sorride,  pensa alle Isole e sorride.

07 luglio, 2011

L'efferato delitto.

L'ora non è ancora stata stabilita, ma si presume risalga intorno alle 23 ora italiana del 6 luglio scorso. La macabra scoperta, accompagnata da un lievissimo disappunto e da un impercettibile bleah è stata fatta la mattina del giorno seguente, il 7 luglio, alle ore 7,30 circa, cioè oggi, cioè pochi minuti fa. Sono state rinvenute sul pianerottolo di casa, quello lindo e pulito e dove il vento tutt'al più spinge con dolcezza petali di rosa e rametti di pino, piume e penne di ogni genere, accompagnate da ossicini, qualche budella sparsa, robe così. Di zampe e becco nemmeno l'ombra. Ora. Il numero dei RIS di Parma risultava occupato, nessuno lassù nella Casa in Collina che si volesse prendere la briga non certo il gusto di occuparsi della vicenda. Si è tirato a sorte ( ma dove) ed è toccato a me. Molto bene, si disse, la mattina comincia proprio nel modo più consono, a raccogliere piccioni smangiucchiati e abbandonati come trofeo sullo zerbino di casa, quello col cuore rosso, signora mia, ha presente? Ben perciò, proseguì, se s'ha da fare, che si faccia e alla svelta, così non ci si pensa più. Armata di alcool, disinfettanti vari, mi mancava il napalm ma in dispensa la boccettina era vuota, ho cancellato ogni traccia del povero animale. Non senza schifo, mi si comprenda. Il maggior indiziato, autore di tale scelleratezza è lui, Philadelphia, il candido gatto di casa, già iscritto nel registro degli indagati e in attesa di essere sentito dagli inquirenti. Latitante e contumace, dacchè ha fatto perdere le proprie tracce, e sì che era stato visto dormire beato sulla corteccia di pino delle rose e dopo un attimo, sparito, visto l'aria che tirava. Molto bene, si avvarrà della facoltà di non rispondere. Nel frattempo, lassù nella Casa in Collina la giornata inizia benissimo, la colazione si farà un'altra volta, è la quindicesima volta che mi lavo le mani anche se indossavo dei guanti a cuoricini che erano un amore e che ho buttato nell'indifferenziata. E pensare che io, di sangue di piccione, conoscevo soltanto i rubini. "Sic transit gloria mundi", chi è che lo diceva?

05 luglio, 2011

Al contrario.

Ci sono giorni in cui. Ci sono giorni dove. Ci sono giorni i quali. Ci sono e basta. Ci sono giorni che non dovrebbero cominciare dall'inizio, come tutti, con la sveglia, gli sbadigli, la doccia, la colazione. Ci sono giorni che dovrebbero iniziare dalla fine, con quel senso di sollievo che dici, Ok, Se Ne è Andato. Giorni come oggi, inconcludenti, a perdere tempo, a fare file, ad avere caldo, a rendersi conto di cose sgradevoli, ad essere io stessa una cosa sgradevole a me stessa, da tanto che non sopporto questo mio essere così, certi giorni dovrebbero avere un colore diverso, sul calendario, individuati prima e segnati col cerchiolino rosso, come si scrive l'appuntamento dal dentista e la macchina a fare il tagliando. Ed evitati, accuratamente. Sarebbe semplice, in fondo. Si guarda bene, oggi 5 luglio avrete solo guai e menate, perciò organizzatevi per bene, che ne so, tappatevi in casa o fatevi un giro al mare, che non si troppo affollato, però, o compratevi un bel libro e mettetevi nell'angolo più ombreggiato del giardino, una bibita fresca a portata di mano, spegnete il telefono o meglio, no, lasciatelo suonare ma lontano lontano e scoprite quanta pura bellezza c'è nel mandare mentalmente all'inferno il mondo tutto intorno. Ovvio che non si può fare. Ma si potrebbe provare ogni tanto, il giorno del vaffanculo aggratis, al mondo, all'universo intero, oggi gira storta qualsiasi cosa tutto intorno a me, ne infilassi una giusta ogni tanto, ma non è vero, mi dico da sola, qualche volta in qualcosa ci prendi, ma è puro caso, furto occasionale, fatalità.
 In un giorno come questo l'unica cosa da fare è pensare che fra poco sarà tutto finito, e spegnendo la luce sul comodino ci si renderà conto che alla fine non è poi tutto così grave e che le cose, ti danni e ti sbatti ma poi vanno tutte come vogliono loro, non c'è altro da fare e da dire. E' la vita, bellezza, è il mondo che va così, quando ci sta la salute e pensa a chi sta peggio di te e puoi provare ad inanellare un rosario di luoghi comuni e di frasi di film, ma poi cerchi e cerchi nella tua testolina semideserta una parola che ci stia bene, sei così brava a scegliere la parola giusta al momento giusto ma. Ma te ne viene in mente una sola, e una soltanto, e allora, che vaffanculo sia.

04 luglio, 2011

Se piove a luglio.

Non propriamente l'estate che ci si aspettava. Non male, comunque. Pioviggina, dà due gocce, come dicono da queste parti, che sono le mie o cosa, non ho ancora capito quali siano le parti mie, se la Bassa Padana o il Basso Monferrato, o Torino città o il Canavese, ho crisi di identità diffuse ogni tanto, chissà che vuol dire. Non propriamente il luglio consueto, ma bello uguale. La bicicletta, per cominciare. A me andare in bici è sempre piaciuto un sacco, da quella volta che ho fatto il mio primo tratto senza rotelle, dalle rose alla pianta dei cachi, coi sandalini di gomma per andare in colonia, così li chiamavo anche se io, in colonia, non ci son mai andata. Andare in giro per la città in bici mi piace un sacco, è talmente piatta questa città, nemmeno una salita a pagarla, e allora è pieno di biciclette che schizzano da ogni parte, così pieno che se ci fosse un canale e qualche mulino sembrerebbe Amsterdam. Si sono fatte un sacco di cose, nella mattinata di oggi, si è iscritta una bambina al ginnasio, per esempio, che ho letto due o tre volte, nomecognomeliceoclassicoPlana, ma come, non siamo andate insieme pochi mesi fa a comprare il grembiulino bianco e lo zaino rosa? Si è fatta la consueta visita al cantiere, le persone che ci lavorano devono prendermi per scema, e hanno una pazienza infinita con me, si può andare forse a misurare le finestre senza il metro? Beata ingenuità. Nel frattempo, in questa estate che estate non è, si ha un'irrefrenabile voglia di cose fucsia, sì, di rosa acceso, in un'incursione al mercato proprio non si è potuto resistere e un paio di deliziose ballerine di gomma a fiorini leggeri sono diventate mie per pochissimi euro, senza scatola e senza sacchetto, così, infilate nella borsa di straforo. Il fucsia incontra, lo ben sa la mia Amica dei Tatuaggi, che si è presentata al knit di giovedì scorso con un trionfo di fucsia da perderci la testa. Il buon gusto, bambina, non è che lo trovi al mercato, e che te lo dico a fare. A ben pensarci, però, tecnicamente le mie gommose ballerine tutto sono fuorchè scarpe da cantiere. Come ho fatto a non pensarci. Mi sa che domani dovrò scegliere, o metto le Fiorellose Scarpe o vado in cantiere, tra cemento, intonaco e mattoni spaccati. E se poi piove? Ossantapace.

01 luglio, 2011

Mattoni. Ortensie. Valigie.

Luglio The First. Giornata di grandi eventi e di grandi, grandissime scoperte. Nonchè di grandi, grandissimi sbattimenti, meravigliosi sbatti, mi aiuti a dire, ma non per questo meno sbatti. Ermetica, lo so. Oggi ho imparato molte cose, sto imparando molte, molte cose negli ultimi mesi, per quel progetto che si sa. E non solo che cosa sono le tavelle o a cosa serve la malta premiscelata. Nossignore. Per esempio, ho imparato che dopo aver dato l'intonaco, sempre lui, alla parete, si deve, per forza di cose, farci la pastina. Che non è affatto quella in brodo, da mangiare quando si è malaticci, soffiandoci sopra, appena prima di provarsi la febbre o di prendere lo sciroppo, che so. Oppure che la Scrivente, nonostante madre presente e amorevolissima, che ha trasportato per anni figlioli addormentati dal divano al loro lettuccio, addormentati secchi e perciò pesanti come macigni, fino ai 4 anni e forse anche di più, ebbene, non so scaricare un sacco di cemento di chilogrammi trenta da un camioncino. Forse perchè intimidita dalle nerborute maestranze tatuate che frequento ultimamente e che manovrano i sacchi con leggerezza ed eleganza, come gli invitati col sacchetto del riso, sul sagrato, in attesa che escano gli sposi. Una roba del genere. Ho scoperto inoltre che le ortensie dell'aiuolona sono fiorite e tutte insieme, e perciò ne ho sparse un pò per casa, anche per riempire la tonnellata di vasetti che ho ricoperto compulsivamente giorni addietro, ne ho fatti 3 durante un film, non so se mi spiego. Ho scoperto infine che per soggiornare due settimane due in un luogo montano, serve una valigia, più una borsa a mano, più uno zaino, più una borsa a tracolla. E i libri? Già. La Quasi Ginnasiale ha preparato la sua valigia con precisione chirurgica, avendo cura di avere con sè gli abbinamenti giusti, magari con una minima notevole scelta di outfit differenti, alla bisogna. E le scarpe, ovvio. Si bisbiglia infatti, sulle scale della Casa in Collina, di quella volta che, per una gita di due giorni in una località marina, la allora Princi Dalle Trecce Dorate, di anni cinque, aveva preparato con minuziosa attenzione 7 paia di scarpine numero 29, così, per poter sceglierle in loco. E suo padre l'aveva guardata amorevolmente, e l'aveva stipato in macchina  senza fiatare, sotto lo sguardo allibito dei fratelli al quale era concesso un unico zaino a testa per libri/vestiti/masserizie varie. Son cose.

Luglio è un mese strano, si decifrano in grande scioltezza equilibri che fino a ieri erano di difficilissima comprensione. E' una strana estate, il mare è ancora così lontano da qui, il profumo di mirto un pò mi manca un pò no, ho i miei mattoni, le mie ortensie e una sottile, sottilissima malinconia per la mia FigliolaBella che partirà domani per una vacanza indimenticabile. Ma a Luglio The First è praticamente vietato lasciarsi intristire. Al massimo, vado a scaricare i sacchi, così mi passa. Ma come mi si rovina lo smalto col cemento, signora mia, lei non può crederci.

29 giugno, 2011

Bangles!

Sembra una specie di rumore, bangles!| e invece, altro non sono che i braccialetti rigidi. Questi qua, nuovi nuovissimi, acquistati nel buio pomeriggio di oggi, al negozio di Cristina, quello in fondo al vicolo o all'inizio del vicolo, a seconda da dove arrivi, se al di qua del vicolo o al di là del vicolo. Il pomeriggio buio è quando sta per piovere e invece dicono che non pioverà, che ci saranno temporali e anche con la grandine e che belli sono i temporali con la grandine, mi piace il rumore che fa la grandine sul terrazzo. Mi piacciono i rumori delle cose che ho addosso, i campanellini che ho al polso e alla caviglia, che oramai non li sento nemmeno più, rumore di ferraglia quando ho quei tremila braccialetti, e poi il rumore di questi due che sono di plastichissima tuttatempestata di pietre preziose. L'estate in città è fatta di piccole soddisfazioni personali, così diverse da quelle che si prendono al mare. Un caffè al volo con le Avvocate Nostre, ma come, scellerate, avete allestito lo studio qui sotto, all'ombra di un dehor in piano centro? Alcune commissioni, giri in giro per questa o quella faccenda e poi, un regalino, che di cose lucenti non ce ne sono mai abbastanza, Ho fatto un patto con me, mi sono data la mia parola d'onore, è così che si dice, e lo so che ho cercato di farlo mille volte, ma una parola data è una parola data e allora non si discute e non ci sono scuse, adesso. Ho deciso che voglio stare bene, anzi benissimo, e che la prossima volta che mi verranno ancora quei magoni e quella paura e quell'ansia e quella cosa che non so come si chiama, la prenderò a calci, e gli anzi le tirerò dietro qualcosa, che ne so, un sasso o una scarpa, qualcosa che faccia male, magari un sandalo con la zeppa, ecco. Nel frattempo mi beo del sordo tintinnio che fanno questi bangles, che è un bel rumore. Il buio pomeriggio si è intanto trasformato nel più spettacolare dei temporali mai avuti negli ultimi cinque anni, la collina con la nebbia, gli alberi imbizzarriti, i fiorellini dei vasi spettinati, le rose sdraiate. La meraviglia. Ho un'amica a cena, c'è un bel vento e un bell'odore, e un bel rumore, di bangles lucenti e di temporale, che cosa potrei mai desiderare di più.




26 giugno, 2011

Cincischio.

Giorni. Giorni e sere. E pomeriggi. E giorni interi, composti da mattine, pomeriggi e sere. E giorni invece che non sai nemmeno da che parte cominciano e dove finiscono, beh, quello sì,  finiscono che svieni nel letto e nemmeno ti sei lavata i denti, alla fine e non riesci a dormire se non ti lavi i denti e non hai nemmeno voglia di rialzarti perchè a lavarsi i denti il sonno passa, ma dai, che lo sapevi anche tu. Infine, è vacanza, passata in città, almeno fino verso la fine del mese, forse, è tutto così, bello e improvvisato, non ho voglia di programmi e  questo rende liberi e leggeri, si partirà, certo ma non si sa quando e nemmeno in quanti, chi prima, chi dopo, certo è che quest'anno l'Isola si farà in lungo e in largo, più in lungo che in largo, in una parte di Isola che non si conosce, vedremo. Il sole è luminoso e chiaro, il sole di fine giugno che scotta ed asciuga, ed è bello osservarlo da qui, le spighe del grano che hanno già tagliato, perfino la fioritura massima delle rose. Io cincischio. Leggo, mi agito, ricopro barattoli, faccio progetti, invento, e pensopensopenso che mi fa male al cuore e allo stomaco, forse anche al cervello. Mi piace il verde verdissimo del pratino e i fiori caduti del gelsomino, mi piace il clima vacanziero che ha la mia casa in momenti come questi, solo i due Grandi han da studiare ancora, gli ultimi due sono liberissimi e ciarlieri, i libri delle scuole medie già ammonticchiati da qualche parte per essere testè eliminati, pic nic al fiume del Liceale, Amiche from Australia in visita pastorale, grigliate in terrazzo, tonnellate di focaccine sfornate con rara maestria. Ma cincischio. Ho come il freno a mano tirato, qualcuno mi ha legato al ciliegio con una corda invisibile e non riesco a liberarmi e forse nemmeno ci provo. Ho le scarpe incollate al pavimento, ho tacchi 15 che non mi permettono di camminare sulla ghiaia, ho i polsi incrociati col nastro adesivo, uno zaino pieno di sassi, gambe a mollo in un torrente impetuoso e non vado nè avanti nè indietro, sabbie mobili e acqua bassa, ma dove vado, dove andrò. Cincischio. Dovrò imparare a scegliere con cura i pensieri da pensare, così come si scelgono i film al cinema, con la sola differenza che all' uscita non puoi dire Che Cazzata, i pensieri che hai sono strane creature, si offendono se non stai a pensarli, anche se ci stai male, ma male, a loro non importa granchè. E si ribellano facendosi trovare sempre lì, facendosi pensare anche se non vuoi, e si ribellano, colla sul pavimento, sabbie mobili, una corda invisibile legata al ciliegio.
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22 giugno, 2011

Ode all'Autogrill.

Ma che bello l'Autogrill. A me l'Autogrill, piace. Cioè, non proprio lui in sè, secondo il mestiere che facevo un tempo, Autogrill, detto così, senza articolo, era da considerarsi un acerrimo nemico, un competitor, come si chiamava. Adesso invece è tornato ad essere l'Autogrill, con l'articolo e la cosa mi piace di più perchè è più normale e meno da invasati. Mi piace da quando era la mia sosta anelata nel tragitto casa mia - Varigotti, ma allora si chiamava Pavesi e ci si fermava lì per comprare una bottiglia d'acqua, andare in bagno e vedere vomitare mio fratello. All'epoca non vendeva tutte le cose che vende ora, non c'erano i prosciutti, per esempio, e nemmeno il Camogli, ma solo panini di gomma avvolti nel tovagliolino, nemmeno con la pellicola e brioscine stantie. Mia nonna ci comprava sempre le Brioss Ferrero, quelle rettangolari e mollicce, con un velo di marmellata, che io ho sempre detestato e detesto tuttora. Non sono mai riuscita a capire se mio fratello vomitasse per le curve o per le Brioss Ferrero. Glielo chiederò. Quello che amo dell'Autogrill di adesso è il fatto che, a fermarcisi, ti senti già come in viaggio, come un pò in vacanza. E poi c'è sempre un bel profumo di brioche appena sfornate, che va bene che sono surgelate, e si sa, ma che fa subito una bella impressione, diciamolo, non come le Brioss che si sbriciolavano solo a guardarle. Quando mi fermo all'Autogrill cerco sempre di non avere fretta, e guardo. I cioccolati, le caramelle, le paste assurde che vendono soltanto lì e che mi sono già domandata mille volte Ma Chi Mai Le Comprerà? Forse i pullman di pellegrini da e per i santuari o magari i turisti tedeschi che si illudono di aver comprato una pasta buonissima e invece sarà tremenda, lassù, una volta tornati nella Ruhr. Si salta a piè pari il reparto salumi & formaggi, nel senso che, col cappuccino in mano il profumo del Pecorino di Pienza anche se sei poco lontano dal casello di Cremona, non è che sia proprio il massimo.  Poi ci sono i libri. E qui mi ci perdo. Una volta ho fatto un figurone con un amico di amici, perchè avevo letto tutti i titoli della TopTen sullo scaffale Novità.. Sì, quella volta me la sono proprio tirata, devo dirlo. Anche oggi, all'Autogrill, sosta obbligata con Afef. Un caffè, un pò di chiacchiere con le bariste perchè si sa, noi si chiacchiera anche coi muri, e poi via, verso nuovi orizzonti. Fermarsi all'Autogrill dà un senso al tuo viaggiare, ti fa sentire un pò come un viandante che si ferma all'oasi per ristorare il suo cammello, ad essere romantici e fantasiosi. E poi puoi sfogliare le riviste, scoprire che vendono ancora i CD di Massimo Ranieri e il DVD del Gladiatore a 9,90. Puoi comprare la Nivea al doppio o quasi del suo prezzo reale. Puoi scoprire  con orrore che se dài 20 centesimi alla signora del bagno, ti guarda male. In ogni caso è un bel posto e mi piace. Nessuna vacanza, nessun viaggio, nessuna transumanza può dirsi tale senza la sua brava sosta all'Autogrill. Non per vomitare, però. Che è già una gran cosa.

21 giugno, 2011

Strano Solstizio.

Brutti scherzi fa l'estate, e pensare che è appena cominciata. Brutte sensazioni, cioè non proprio, solo difficili da dissipare, da gestire, come si fa a dire, non è che si stia bene, non è che si stia male, ma è la mente, sempre lei, un cervello svirgolo, un'anima strana, un giorno oro, un giorno sabbia, ormai mi ci devo abituare, sono anni che è così, come, non è da sempre? Non eri tu che giocavi a rialzo nel cortile con la ghiaia e ti sentivi il mondo in mano e dopo cinque secondi eri seduta sulle scale, un pò persa, il muso mai, ma persa, sì, con le braccia a stringerti le ginocchia, i calzini rossi e i sandalini blù, quelli coi buchi, li ho comprati anche ai miei figli e poi alla fine han detto basta, Ma Come, Li Avevo Anche Io. Ecco, Appunto Mamma. Sarà il solstizio, io non ci vado mica d'accordo coi pianeti, sarà che sono loro a non capire bene me e a mettersi sempre di traverso e di lato e contro, come Saturno. Sarà che nemmeno ho voglia del mare, questa volta, e questo mi dà ansia, ma và? come se non ne avessi già abbastanza e aggiunge ansia all'ansia, finchè non straborda, il vaso delle rose che riempi per intero e anche di più, e lasci sotto al rubinetto finchè non viene fuori e stai lì a guardarlo, ecco, ansia su ansia, acqua sull'acqua, vuoi smetterla o no. La sera del solstizio d'estate Ella era così, nè torto nè ragione, nè mela nè pera, nè pane nè focaccia. spossata dalla giornata inquieta, inconcludente, insulsa. Un concerto di Cicale suonava per lei una  melodia dal palcoscenico in fondo al giardino, il Grillo accordava gli strumenti, e la Civetta stava zitta, per non turbare un così perfetto equilibrio. Fra poco dormirò, si disse, ma la sera del Solstizio non si può andare a dormire se prima non si è fatto un giro alle rose, se prima non si sono riordinati per bene tutti i pensieri, se prima non ci si è tolti di dosso questo mantello a schiacciarti, questo velo a coprirti gli occhi e quest'acqua che straborda dal vaso, uno straccio per asciugarla, stolta che sei se non capisci che basterebbe chiudere il rubinetto, o spostare il vaso. Solstizio d'estate, bene non mi fa.

20 giugno, 2011

Polvere.

Non so più come chiamarla, non so da dove viene, non so nemmeno dove va. Non so il motivo, il senso, il sentimento, la questione. Non so il percorso, il sentiero, nè per arrivarci nè per scappare via, sottrarmi a questo gioco assurdo dove vince sempre lei, comesichiama, dove non è che hai paura, non è che hai l'ansia ma hai tutto insieme, tutto mescolato, fradicio, impastato a te, e ti scuoti e ci provi almeno ma niente, ne sei ricoperta, e prova a scrollartela di dosso e non serve, non ancora, non sei ancora riuscita a trovare una scopa così buona per spazzarla via, ecco, è polvere, sottile, sottilissima, si insinua infingarda tra le tue lenzuola, in frigorifero, nella libreria, sul divano, ovunque, ti blocca e ti agita, è così strano quel che fa, non sai mai dire quando è arrivata, un attimo fa non c'era, l'hai trovata senza cercarla, come il tuo anello quella volta, quando apri un cassetto e trovi una cosa che credevi persa per sempre, ma guarda un pò, era qui. E'polvere, sì, a ricoprirti il cuore, a rendere tutto difficile, ma come, ieri stavo così bene, ho dormito come un sasso e adesso eccomi qui a tremare un pochino, a cercare di fare mille cose che devo fare e non averne animo di farne nessuna, nessuna, nessuna se non star qui a guardare fuori, ok, mi farò una doccia fredda e dopo starò meglio, ci si dice sempre così, ma questa cosa sottile non è che si stacca così facilmente, non sei caduta nel fango e lavandoti torni come nuova, non è così, ci vorrebbe un modo, ci sarà pure un modo, per capire  cos'è, per non stare così, l'ho chiamata in mille modi, chiodi, zucchero a velo, sassi e rocce e onde e vento forte ma nessuno di questi sembra piacerle, mi sta attaccata, appiccicata come le etichette della marmellata che fatichi a staccare e rimane sempre la colla, la polvere si infila, inutile nasconderla sotto il tappeto, ti troverà, la troverai, e starai ancora così le mille altre vote che verrà a trovarti, che credevi passata e invece no, che credevi di aver perso e invece no, che credevi di aver seminato correndo a zig zag , lei il sentiero lo conosce benissimo, anche se non sa da dove viene e nemmeno dove va.

17 giugno, 2011

Ode alle Polpette.

Nella personalissima e privatissima lista dei miei figlioli, riguardo i manicaretti che ci stanno, a casa mia, lo scettro se lo strappano di mano lasagne e polpette. E poichè diciamocelo, la lasagna tutto è fuorchè un piattino estivo, ecco che in questi giorni di fine scuola, di amici e amici degli amici, di passaggi veloci a casa, Passo A Prendere Il Costume e cose del genere, lei, la polpetta, la fa da padrona. Nel senso che mi premuro di prepararne una discreta quantità, ogni tanto, e butto lì con aria distratta, Ho Fatto Le Polpette. Considerando che spesso, quassù, nella Casa in Collina, la Polpetta sostituisce il caffelatte il fatto di averne sempre pronte un numero multiplo di dieci ha la sua bella comodità. A tutte le ore riedano, gli abitanti di questa casa, dimostrano gradire eccome. Tutto ciò non è certo dato dalla mia abilità, che cosa ci vuole mai a preparare un tegame di polpette, quanto dalla versatilità della Polpetta medesima. Essa si può infatti consumare calda o appena tiepida, anche se so di certuni che la divorano fredda di frigo. Il sacrilegio è scaldarla al microonde che la rende legnosa, perciò si mangia come la si trova, chi c'è, c'è. E poi è di facilissima preparazione, la Polpetta dà grandi soddisfazioni se accompagnata con un buon soffritto di sola cipolla, e affogata in un'ottima passata meglio se casalinga. Il basilico è facoltativo, ne ho un vasetto sul terrazzo che stamattina mi ha fatto dono di sei foglioline che erano una meraviglia, belle lucide di un verde bottiglia, e allora ce le ho aggiunte, così, per tirarmela un pochino e dire che anche io stavolta c'ho il basilico sul terrazzo, e anche il prezzemolo, e con ciò? La Polpetta della Casa in Collina è pietanza superba per ogni evenienza, pranzo, cena e financo merenda, quando uno sparuto gruppo di giovinastri passa di qua e lasciati scarpe e caschi in ingresso, divorano le Regie Polpette in grazia di Dio, direttamente dal tegame, che è sempre troppo piccolo per il numero di polpette. Attrezzerommi alla bisogna.

15 giugno, 2011

Fosse per me.

Che sera è mai questa. Si è passati indenni o quasi dalla cena di classe del Liceale, quale location migliore della sua umile casupola, presa d'assalto da un'orda di manigoldi, ier sera verso le ore 20, cena in girdino per quanti non so, per farmi star tranquilla mi ha detto Saremo Una Decina, me io ho contato dodici motocicli dodici parcheggiati alla rinfusa nel piazzale con l'aiuola, vabbè che non so far di conto ma un minimo. Si è passati indenni o quasi dal primo giorno di esame della Figliola Già Princi, dal viaggio verso Milano, da altre cose sparse della vita, piccole, comunissime questioni di poco conto. Ora. Sera che non è sera, nemmeno le 9. Fosse per me, mi prenderei un libro e andrei a leggerlo nel Prato di Fuori, quello che i ragazzi di qui chiamano l'Antenna, l'erba è tagliata di freschissimo, sembrano tappeti di un verde che ti acceca, srotolati all'improvviso per la visita degli zii e sistemati nel salotto buono, dove si offriranno rosolio e biscottini nei bicchierini del servizio bello, quello che si usa poco e che se si rompe guai. Fosse per me, mi farei una doccia frescolina, con un bagnoschiuma alla menta che quando esci da lì sembri una pastiglia Valda e che non piace a nessuno, Mamma Ma Non Ho Mica Il Raffreddore, però è buonissimo e piace solo a me, e allora, ok, lo uso io, e quando esco so di eucalipto che potrei profumare tutta la casa e sembro davvero un ghiacciolo o una caramella per la tosse, o uno di quei deodoranti scadenti che ti regala il benzinaio a Natale, l'Arbre Magic? magari! Fosse per me, sceglierei un filmone in bianco e nero, di quelli che non guarda nessuno, Riso Amaro, magari, perchè io nasco nipote di mondina e quel film mi è piaciuto sempre, e poi, la bellezza di Silvana Mangano con gli shorts e la faccia da LasciaFare è rimasta nell'immaginario collettivo come una delle icone sexy più sexy del mondo, altro che Belen. Fosse per me, adesso, rimarrei qui, stravaccata alla meglio sul divano che stasera è mio soltanto, tutti in giro, tutti sparsi, la FigliolaOrmaiGrande  cinguetta al telefono con chissà chi, calcetti, feste, cose da fare, sparpagliati un pò dovunque sulla crosta terrestre. Rimmarrei qui e lascerei che i miei pensieri che fatico tanto a riordinare e a tenere a bada, uscissero in disordine e si lasciassero pensare senza una logica precisa, così, in disordine sì, come i miei cassetti e il mio armadio, di quel disordine che quando lo rimetti a posto non trovi niente per un pò, e poi quando finalmente le cose le trovi, ecco che è di nuovo in disordine come prima e allora non vale. Fosse per me, lascerei che stasera scivolasse via, dormirei vestita da qualche parte a caso, aspetterei l'eclisse che forse nemmeno si vedrà, ho qui un libro intonso e nessuna ispirazione, guarderei in cielo finchè è buio, mi nasconderei da qualche parte e mi farei trovare domattina, fosse per me.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...