
10 novembre, 2007
Quel cuore.

04 febbraio, 2010
Come si dice.

16 gennaio, 2007
Lo sbianco.

Ci sono delle giornate che non sai mai se non vedi l'ora che arrivino o che passino in fretta. Ci sono giornate in cui appena apri gli occhi e realizzi che è proprio quel giorno e che devi fare quella cosa che non vuoi fare, vorresti coprirti la testa col piumone così, da non respirare quasi, e farti sottile, spiaccicarti contro il materasso, farti pesante sul letto, rigida, e ripeterti non mi alzo, non mi alzo, non mi alzo. E poi, improvvisa ti viene un'energia insospettabile, una voglia di fare, di toglierti di mezzo l'impiccio, la preoccupazione e l'ansia subdola che ti accompagna da qualche giorno in qua, anche se non le hai dato ascolto, sei stata "brava a tenerla brava", quieta e zitta in un angolino del cuore, come in castigo. Ma lei era lì. E ti ha fatto pulire la casa da cima a fondo, cucinare per un plotone, telefonare a destra e a manca per fissare appuntamenti, una visita, per cominciare, e un esame del sangue, per finire. Già, perchè c'è una cosa che ti scava nello stomaco e nella testa, come un piccolo scalpello appuntito, creandoti un dolore sibilante e continuo: ed è quando uno dei tuoi figli ti dice Mamma Non Sto Bene. Come non stai bene, figlio. Ti ho fatto tutto in ordine, a posto, hai diciassette anni e sei di una bellezza che inquieta, come non stai bene, non puoi non stare bene tu, che giochi a pallone e corri e salti e hai un'allegria che contagia e a volte strema, tu che ascolti la musica a manetta ed è tutto uno zunt! zunt! zunt! che fa andar fuori di testa anche chi passa per caso da camera tua. Mamma Non Sto Bene, ed è un mesetto che non sta, che sta così, che è stanco e non ne ha voglia, che a volte non ha fame e troppo caldo o troppo freddo. Bene, in questi casi, alla pagina 539 del Manuale Del Perfetto Genitore, c'è scritto Fare Accertamenti. Così, si va. Con il cuore ridotto a un gomitolo sghembo, lo stomaco sigillato, come di pongo, una specie di tremore non palesato, Mica Posso Farmi Vedere Preoccupata. E invece la sono, porca miseria, la sono da morire, ostento una tranquillità che mi fa paura, sorrido molto, respiro molto, di quei respiri che conosco bene, di quelli lunghissimi che ti fa fare il dottore quando hai la bronchite. Allora, si va. Stamattina niente scuola, ma è una vacanza che non piace a nessuno dei due. In fondo, sono io l'incaricata della salute, in famiglia. Io che distribuisco vitamine e sciroppi, antibiotici e goccine, dove necessitano.Mio marito si chiama fuori. Ma stamattina, sulla porta, nemmeno lui era tanto normale e si vedeva da lontano, aveva quel passo a scatti che gli riconosco quando c'è qualcosa che non va. Fatte la analisi, dalla mia Amica Dottoressa, che gli ha fatto un prelievo come una carezza, ridendo delle sue scarpe di due colori diversi e di quel suo piercing in quella parte d'orecchio che non è il lobo e che per questo mi sa che fa un male orbo. Ma lui era teso. Mi ha rivolto quei suoi occhi da Bambi, quel suo viso angiolesco e quel piccolo broncio. Mi parla con quegli occhi, che sono i miei, il suo cuore tocca il mio, senza parlare, senza bisogno di dire. E so esattamente che cosa prova adesso, così bene che lo potrei disegnare, o farci un film. Che cosa sorregge un genitore quando non sa bene se suo figlio sta bene oppure no, che cosa lo fa respirare e deglutire, camminare e muoversi, se è lì ad aspettare. Aspetteremo poche ore,per fortuna. Anche dall'Amico Medico, una visita minuziosa, una lastra. Poi, in tarda mattinata, la telefonata dal laboratorio. E' tutto a posto, a postissimo, proprio tutto. Solo il valore del ferro, dovrà prendere quei botticini che sanno di chiodi che prendevo quando aspettavo, lui e i suoi fratelli. Fine dell'avventura. Hai Visto, Te L'Avevo Detto. E adesso, qui. Qui, come se mi avessero preso a botte, a manganellate sulla testa, lui, sereno e io spossata, come se avessi scaricato un camion di arance, come se non avessi dormito per settimane. I figli non crescono, sono fragili e cristallini anche da grandi, alti due metri e con un accenno di barba. I figli sono crochi nella neve, stelle lucenti di sabbia e di brina, micini con gli occhi chiusi, fili di seta anche se sembrano di acciaio. I miei figli sono la parte di me che avvolgerei, che terrei sempre al caldo, che difenderei sempre anche dal raffreddore, dai ragni, dall'umidità e dalle cattiverie. E dalla paura. Con la loro cancello la mia, per un pò, e mi sento forte e inattaccabile, per poi trovarmi, come ora, totalmente svuotata, felice e stravolta. Eppure, dovrei esserci abituata, a sbianchi del genere. Mi sa che dovrò applicarmi, forse non ho studiata abbastanza e perciò dovrò ripassarmi quel Manuale. Ma forse, a pagina mille non sarò neppure a metà.
20 settembre, 2010
Che mondo vuoi.
28 aprile, 2011
L'entusiasmo.
18 settembre, 2012
Nel cuore no.
24 settembre, 2012
Le Genti Strane.
25 maggio, 2012
L'invidia.
29 settembre, 2008
Morale della favola.
25 gennaio, 2007
Chiedi chi era Braccobaldo.

Ci sono volte in cui ci si sente troppo grandi. Un po’ obsoleti, come dire. E tutto quel fantastico bagaglio che è costituito dai nostri ricordi bambini, non è nient’altro che una specie di termometro per capire quanto si è diventati grandi e in troppo poco tempo e quante cose ancora fare e da spiegare e da provare, sperimentare, insegnare. Anche se in fondo si è rimaste un pò oche, ecco. Troppa filosofia, stamattina. Ma ieri, la Princi mi ha sbalordito. Non sono giurassica, sono nata nei primissimi anni 60, dico sempre per tirarmela, figlia del boom economico, con la 500, la lavatrice e le gite fuori porta. E mi è rimasto molto di quegli anni, come a tutti, credo. I miei figli sono figli fortunati, sono sani, piuttosto furbi e, com’è ovvio che dica, bellissimi. Ma si sono persi molto. Per esempio, la TV dei Ragazzi. Cominciava alle 4 e finiva alle 5, se non sbaglio, sul primo canale. Io impazzivo per Giocagiò, una specie di Art Attack che richiedeva in ogni esperimento la famigerata forbice con le punte arrotondate che io non avevo mai. Credo di aver riportato seri danni psichici per questo, insieme alla tristissima vicenda del Dolceforno. Ma tutto questo giro di parole per dire che ieri sera, appena prima di dormire, giocavo con la Princi sotto il piumone, appena prima di quel bacio che accompagna i bambini nel loro viaggio attraverso i sogni di zucchero e di brillantini, che li scorta e un pò li protegge, tra i peluche e il cuscino e il pigiamino coi bottoncini a cuore, e i denti lavati e i capelli spazzolati, e quel vago sentore di borotalco e di inchiostro e di quaderno nuovo che hanno tutti i bambini prima di andare a dormire, che te li baceresti per delle ore, e nemmeno quando pungono di barba e brontolano e un pochino ti respingono perché sono grandi e non si fa più, smetteresti mai. Ieri sera, appunto, cantavo alla Princi “Siamo tutti qui, e tutti insieme, vogliam vedere, Braccobaldo Bauuuuuu!”. Orrore. Chi diavolo è Braccobaldo. Come. Era il mio cartone preferito. Era un cagnetto delizioso, un po’ sfigatello, in realtà, col nasone e la cravatta. Lo adoravo. E tu, Principessina che usi il computer quasi come me, che non riesci a concepire una vita senza telefonino e senza bancomat, e senza supermercato, che i gettoni telefonici non sai nemmeno che cosa sono, che una volta mi hai chiesto se quando andavo a scuola io esistevano già le penne biro, tu, bimbetta quasi decenne che hai un canale tutto per te e che se solo hai voglia di guardare un cartone basta che accendi il decoder e non devi aspettare come noi bambini, le 4 perché inizi il tuo programma, che prima ci sono le previsioni del tempo di Bernacca e dopo Sette Giorni al Parlamento, tu…..mi vieni a chiedere CHI E’ BRACCOBALDO???? Ma hai ragione tu, cuore della mamma. Io ci provo a non farti vivere troppo nel tuo tempo, ti compro Piccole Donne da leggere e ti ho regalato un diario con lucchetto, da scrivere con la penna, e ti ricamo il nome sul grembiule della scuola, dove si va senza lucidalabbra e senza minigonna e senza cellulare, che si usa solo nelle emergenze, e quindi mai. Ma non so quanto resisto. E non so se faccio troppo bene. Forse, è il solo modo che ho per farti capire di tenere quel tuo cuore di bambina così com’è, per molto tempo ancora, e di non fartelo troppo annacquare dall’aridità degli sms, dagli automatismi dei copia e incolla, dalla freddezza delle mail. Scrivi biglietti e lettere, e ricopia a mano, amore mio. E ricordati delle canzoni dei tuoi cartoni preferiti. Le canterai, fra vent’anni, a un’altra bambina, che avrà i tuoi occhi, e che saprà di borotalco e di inchiostro, e che avrà un pigiamino coi bottoncini a cuori. Lo conserverò per lei.
09 ottobre, 2011
Top.Coat.Velvet.
22 novembre, 2016
Il Bruco Gilberto, che Amava la Nebbia
14 febbraio, 2009
Gelosissima....
Di quel pacchettino che ho trovato ieri, nella cassetta della posta. Gelosissima di quel cuscinetto meraviglioso che questo donnino qui ha confezionato con le sue mani per la piccolina di casa. Gelosissima lei, la piccolina di casa, del suo cuscinetto personale, che ho anche faticato a toglierlo dalle grinfie, sennò, quel bel nastrino vellutato color viola-di-sentiero, emmarameo che ci rimaneva attaccato. Gelosissima l'altra cagnona, che si è vista arrivare come regalo di Natale, tra capo e collo, questo scricciolo tutto baci e vitalità e dolcezze e frignatine se viene lasciata sola per più di cinque minuti. Gelosissima io del bigliettino in bella grafia, dedicato a lei sola e a lei soltanto. Sob. Ma felice, felicissima, felicerrima che la piccola Tiffy abbia fan in tutta Italia. Quasi quasi faccio un gruppo su Facebook.E a quel bel donnino di Roma, voglio dire un grazie grosso come una casa, e dirle che la stimo e che so come fa le cose e con che cuore e so che lo sa anche lei e allora va bene.
21 ottobre, 2009
Bonjour, l'automne.
Che bella mattina che è. Silenziosissima, come sa essere bello il silenzio quando ti fa sentire in pace, contenta, di nulla in specifico, ma ci si sente così, e che ci vuoi fare. Si ascolta con sodisfazione questo benessere, questa sottile serenità, certo il frutto di tanti esercizi, esito di tanti lividi, magoni e pianti, momenti in cui ci si è sentiti così soli e disperati e immobili e assurdi. Lontani, alla fine, si è lavorato su di sè, si è imparato, si è cancellato, accantonato, chiusi capitoli e questioni, ci si è fatti più forti, si sono dette cose, ascoltate altre, si è cambiato registro, uniforme. Mai il sorriso. E' un cammino faticoso, come quando fai in salita un sentiero che ti porterà a uno spettacolo meraviglioso, non so come dire, sarà la piacevole malinconia di questa mattina autunnale da catalogo, la pioggerellina, che non sai bene se è pioggia o nebbia, e che mi rende così romantica e melensa, e mi fa pensare e pensare. A cose belle, però. Che non necessariamente son tutte metafisiche e filosofeggianti, echeppalle, ma va bene l'alternarsi continuo, il senso del cosmo e quegli stivali da viale su cui ho messo il cuore giorni fa, verificare il proprio stato emotivo e scervellarsi a ricordare il nome di quel mascara che fa gli occhi da pantera. Così, si dipana questa mattinata autunnale, nella casa in collina silenziosa e ancora un pò in disordine, scarmigliata, scalza e vestita da casa, una felpa di Bali che racchiude un cuore d'autunno, un cuore sfacciato, un cuore che ride.11 aprile, 2011
Piccola me.
19 giugno, 2012
La terza volta.
21 marzo, 2015
La Leggenda del SeccoAlbero.
27 febbraio, 2012
Voglia d'azzurro.
20 febbraio, 2009
La camomilla.
Non che mi faccia impazzire il sapore. Ho anche trovato una foto che non mi piace, questa tazza coi girasoli mai e poi mai la comprerei. Solo, di camomilla avevo bisogno. Perchè in realtà, non mi piace il gusto ma tutto quello che la camomilla rappresenta. A cominciare da quando da piccola, aiutavo mia nonna a raccoglierla, spargela sui teli al sole prima e a sgranarla dopo, per conservarla poi, fiori intatti, nal vaso di vetro con tappo dorato che era stato della marmellata. Mi piace il profumo che ha, che si sente per la casa, mica solo in cucina. E poi mi piace il calore della tazza, quello che senti abbracciandola con la mano, e quel rumore che fa il soffiarci sopra per farla raffreddare, credo che la camomilla insieme al brodo di pollo sia la cosa che si raffreddi più lentamente in assoluto. Stasera avevo voglia di camomilla, forse per quel dolore sciocco che ho, non figurato, un dolore vero, non forte ma insistente, proprio qui, al cuore. Non so bene che cosa sia, di sicuro niente di grave, ovvio, ma per me che sono ansiosa, ansiogena, ansioserrima, sembra una cosa terribile. Perciò, ecco la medicina. Ho scaldato l'acqua nel pentolino, mica nel bollitore, perchè il bollitore serve per il thè e la tisana, una camomilla che si rispetti si fa solo nel pentolino, meglio quello un pò ammaccato, quello che mi è rimasto attraverso i mille traslochi e che per niente al mondo mai butterei via. Così, comincia il rito del mescolare e mescolare e soffiare, e assaggiare dal cucchiaino, e mescolare e mescolare, ma cosa mescolo se è senza zucchero. Mescolo perchè mi sembra che salga meglio il profumo, e dentro ci sento tutto quello che ci voglio sentire, è odore di buono e di cose che conosco, e so che mi farà bene e mi farà stare tranquilla e passare tutto, qual che sento e quello che no, e che è vero il sapore non è che mi faccia impazzire, ma la camomilla del pentolino mi guarirà e non è quella col fiore intero che mia nonna passava nel colino, ma un pò ci assomiglia e un pò me la ricorda, e a ben sentire, quel dolore insistente al cuore forse mi sta già passando. Anzi, è passato, di già.01 ottobre, 2010
Però, che bello.
Odore di dicembre.
Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...
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Sarà il periodo. O la mia proverbiale e assoluta frivolezza cosmica. Ma a me, scartare i pacchi, galvanizza. Elettrizza. Mi piace, insomma....
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Da poco, abito accanto a una palestra. Alla palestra di una scuola. Ho spesso la finestra aperta, non mi arrendo ai temporali alle piog...














