16 novembre, 2006

E siccome si vede Giannutri...


…vuole dire che piove. Non si sa che cosa voglia fare, in realtà. Se piovere o no, intendo. La mattina è grigia, nebbiosetta e, diciamocela tutta, non proprio uno splendore di mattina, di quelle che ti alzi e spalanchi la finestra e ti senti piena di energie e di progetti e di cose da fare ah, e mi devo ricordare anche e salti sotto la doccia felice come una Pasqua e ti insaponi con energia e canticchi e inventi le parole che non sai e ridi da sola come gli scemi. Diciamo di no. Però ci si salva uguale. Si butterà giù una brutta, così, a matita, su un foglio di recupero, un progetto di giornata, una lista di cose da fare, normali, tranquille ma trovandoci, come solo noi sappiamo fare, anche il suo bel lato gradevole. Anche la dimostrazione di un frullatore lo può essere, in fondo, se ti dà l’opportunità di stare con le tue Amiche, quelle storiche. Anche un corso di cucina a Torino, ieri sera, che bella è Torino in questi mesi, le luci e la magia di sempre sembrano moltiplicate, lucidate, Piazza Carignano ti toglie il respiro con i disegni proiettati sul pavimento e tu e la tua Amica della Pastiera sembrate un po’ in gita scolastica, nemmeno un figliolo da accudire, ne avete una decina fra tutt’e due, sia fatti che vinti, che si fa presto a dire, ma provate a metterli in fila e pochi non sono. E così, solinghe, di una solitudine un po’ meritata un po’ temuta e così beatamente assaporata, prima a guardar vetrine e poi a imparare la frolla salata, rende davvero eccezionale una sera normale, che è novembre e fa caldo e si cammina volentieri, e il tratto di autostrada verso casa sembra veloce e leggero, e avendo in tasca tutto questo ieri, anche oggi guardi fuori e pensi che è novembre e che fa caldo, che stai bene e sei felice e che no, non pioverà. Anche perché, da qui, Giannutri non si vede.

14 novembre, 2006

Ode al pavesino.



Lo adoro. Lo amo. Mi fa tenerezza, anche. L’avulso Pavesino, il povero diavolo d’un Pavesino, un po’ sfigato, si può dire? Il Pavesino non piace a nessuno. E’ il compagno di scuola del terzo banco, quello che non noti quasi, perché non è il secchione del primo e non il furbastro dell’ultimo. Sta lì. Senza pretese, ti guarda dallo scaffale e ti dice, ma dai, ma perché non mi compri nemmeno oggi? Pavesino, ti scongiuro, non fare così, tu non puoi tendermi simili trappole, che sono di fretta e mi sono dimenticata la metà delle cose e non ho tempo di tornare indietro, ho un carrello che pesa quanto una Smart e sono qui ai biscotti per comprare….oh, Cielo, le Macine, i Pan di Stelle, per non parlare dei ruvidi Molinetti e dei sublimi Digestive e tutti quei biscottini che, non offenderti, sanno di qualche cosa. Sai, tengo famiglia, e devo accontentarli tutti, ma ho il cuore tenero e non sono mica sorda alle richieste dei biscotti bisognosi. Io sono super partes, mi nutro a colazione di due assurde fette biscottate, non faccio testo. Ma faccio affari. Così, io e il Pave, ( e sì, signora mia, siamo entrati in confidenza) abbiamo fatto un patto. Io continuerò a comprare burrosissimi e cioccolatosissimi biscotti per i maschi di casa, e serberò un pacchetto di Pavesini solo per la mia colazione e per gli attacchi di sbrano. Il Pavesino, lo sanno tutti, è un biscotto riconoscente. Considerato il suo insignificante contenuto di calorie, mi regalerà alla prossima estate un fisico da very top, cosce affusolate e un sedere, con licenza parlando, che avrà il suo bel perché. Bene, dove firmo? Siglato l’accordo, ma a firmare spostiamoci. Non vorrei che quel curioso Savoiardo, acerrimo nemico del Pave, vedesse la scena. E allora sì, che sarebbero guai seri!

13 novembre, 2006

Chiedi chi erano i Beatles.

Se vuoi toccare sulla fronte il tempo che passa volando.
Già. Stamattina ho spiegato a mia figlia chi è Stella McCartney. Non che ogni mattina le spieghi la vita e le opere di uno stilista diverso, certo che no, ma eravamo lì, un po’ di corsa come ogni mattina, i maschi già fuori, a parlare di vestiti. E non importa se ha soltanto anni 9, ma le piacciono le cose belle, impazzisce quando, mensilmente o quasi, stanzio una piccola cifra da spendere a suo piacimento nel paradiso degli abiti low cost, Zara e similari. E da lì, dal fatto che costare poco non vuol necessariamente dire che siano schifezze immonde, anzi, ci si sono messi pure degli stilisti di chiara fama a disegnare per loro, zac!ecco che si è arrivati, giocoforza, a Stella McCartney, che ha disegnato per H&M. ma chi è mamma? Ma come chi è, figliola, la figlia Paul McCartney. Ah. E chi sarebbe? Come chi sarebbe, COME CHI SAREBBE. Ma uno dei Beatles! Mi ha guardato, gli occhi di lago un po’ assonnati, i capelli che ancora non avevano incontrato la spazzolata mattutina, il pigiamino stropicciato, un’ombra di dentrificio all’angolo della bocca. Come puoi, figlia. Come puoi sapere, se di anno di nascita fai millenovecentonovantasette, chi erano i Beatles. Quelli di She loves you yè yè yè, quelli di Help, I need Somebody, Help!quelli di We all Live in A Yellow Submarine….. Come puoi. Mi sento giurassica a parlarti di loro, in realtà quando loro cantavano Help io non ero ancora nata, ma ho consumato le loro cassette quando avevo 13 anni o giù di lì, le cassette, lo sai, quelle cose rettangolari con il nastro dentro che gira, e che a volte si intruppava e allora si aggiustavano facendo girare dentro le rotelle una Bic Punta Fine. Che ne sai, tu, di quando per vedere le foto della gita si doveva portare il rullino dal fotografo e aspettare una settimana, tu, che scarichi le foto del compleanno quando ancora il tuo compleanno non è passato del tutto. E che dirti, allora, degli amici delle vacanze, ai quali scrivevo durante l’inverno delle lettere lunghissime, sui fogli di Snoopy e Holly Hobbie, e impazzivo a cercare il Codice di Avviamento Postale di Milano, in un libricino che conservava mia nonna in un cassetto della cucina, e aspettavo che il postino mi portasse la risposta, tu che racconti in Msn alle tue amiche che hai imparato la poesia di San Martino e che a Milano ci vai così spesso che scriverci una lettera sarebbe ridicolo. Ma tu, figlia, conserva un po’ di questa cose passate. Sono così belle. Ti farò sentire le canzoni dei Beatles, aiutano a imparare l’inglese, non lo sapevi, e poi quando sarai più grande, sarà così inusuale sapere a memoria Michelle Ma Belle che farai tendenza. E scrivi, figlia, scrivi, con la carta e la penna, scrivi bigliettini e lettere, falle trovare nei posti più impensati alle persone che ami, sono carezze per l’anima, che non si abitua alle mail, ai forward e agli attachment. Io conservo le lettere delle mie amiche, le leggo quando voglio sentirle vicine, senza telefonare. Mi piace di più. Scrivendo, lo sai, è il cuore che parla, esce il vero di te che non sai dire con la voce, a volte è così difficile. Scopri cose che non immagineresti neppure, e le fai scoprire agli altri. L’anima è una buffa cosa, fa tanto la spavalda ma poi va in sollucchero per una fotografia di carta da tenere in un libro, Ti voglio Bene su un bigliettino, la poesiola nella merenda, Ti Amo sul post-it allo specchio del bagno. E se non saprai bene che cosa scrivere, fermati e ascolta. Il tuo cuore, amore mio, lo scriverà per te.

12 novembre, 2006

Toujour dimanche.

Chi mi conosce sa di che pasta son fatte le mie domeniche. Tranquille, a casa, a fare niente o quasi. Un pò tutte uguali, in realtà, e per questo irresistibilmente sognate per tutta la settimana. Soprattutto questa, dopo una settimana così impegnativa. Ma questa, cara la mia bella signora, non era mica una domenica come tutte le altre, sa? Era la ur-domenica. E non importa che non sappia che cosa voglia dire, non ho mica tempo di stare qui a spiegarglielo, lei mi capisce, ho così tante cose da riordinare, adesso. Comunque, glielo dico, che so che è curiosa come il mal di pancia, e chissà da dove viene questo detto emiliano, ma fa niente. Tanto per cominciare oggi sono 18 anni che sto con mio marito. O meglio, 18 anni di stare insieme e non di matrimonio, e che mio marito non lo è stato da subito, si intenda, che il matrimonio è stato celebrato a giugno, se lo ricorda o no? Non mi faccia impappinare con le parole, che già sono in confusione che ho bevuto. Il brindisi, sa, che non ci sono abituata a bere e già un bicchiere e straparlo e rido come un'oca e divento rossa come una fragola, per l'appunto. Ma oggi, coi figlioli, c'era con noi una persona speciale. Ossì, mica una roba da niente, ma Un Tocco Di Zenzero, lo ben so che la faccio schiattare dall'invidia, ma è così. In casa, un pò agitati tutti, persino la picci che ha fatto il disegno sulla lavagna della cucina, per augurarle il benvenuto. Tanto una brava persona, sa? Non ha nemmeno fatto una smorfia di disgusto vedendo un altro dei miei mattoni da utilizzare al posto del pane. Ho dato sfoggio delle mie arti culinarie più semplici, un pranzo della domenica come una volta, sa bene che io non son tanto per le cerimonie e gli effetti speciali, e la Signora Zenzero, agli effetti speciali c'è già ben abituata, ma io che glielo dico a fare. Un pomeriggio sereno, nonostante qualche preoccupazione trasversa, ma gli amici, quando servono, sanno anche far dimenticare delle cose non piacevoli e fanno evadere, scappare un pò dalle malinconie, anche solo per strofinare un gatto, chiacchierare sul divano o vedersi accerchiata da figlioli di ogni ordine e grado, ognuno con una cosa da dire, da studiare, da fare. Spero che torni. Le farò trovare un tovagliato di fiandra, calici in cristallo di Boemia e ogni sorta di leccornia da mandarla in visibilio. Il calore, beh, quello non occorre prepararlo. La mia famiglia, la mia casa, mio marito, io medesima, ce l'abbiamo per default. E se il pane è insipiderrimo e la torta di verdure anche, ma, ditemi, è davvero così importante?
Grazie, Sandra.

10 novembre, 2006

Yawhnnnn!

La sveglia stamattina è suonata alle ore 5 o poco più. In casa tutti dormienti, oggi si dà il caso che sia la festa del Santissimo Patrono e quindi le scuole sono chiuse. Che fortuna sfacciata, per non dire di peggio, proprio oggi che devo fare la seconda puntata a Milano. Sì, due giorni e due viaggetti a Milano, avanti e indrè, per non lasciare sola la figliolanza dacchè, si sa, nessuna moldava, ucraina, peruviana, filippina, polacca o simili presta più servizio nalla mia umile casa. Me la cavo con Santo Domingo e "senza dormita". Ma non entriamo in dettagli ininfluenti. Dunque, stamattina ho condiviso la sveglia con i panettieri, i tranvieri e, forse, qualche minatore. Il delirio. Ho cercato a tentoni la gonna nell'armadio, ho sceso le scale con le scarpe in mano, sbadigliando e caracollando, strisciando i piedi fino alla cucina. Il mio sposo, un fringuello. Già preparata la colazione, disposto con grazia tazze e cucchiaini, assegnatomi persino quello viola a quadrettini, il mio preferito. Dovrò approfondire la vicenda: che cosa assumerà mai per essere già all'alba così presente a se stesso? Dovrò indagare. Controllare, per esempio, se dietro i vasi del davanzale sono comparse in circostanze misteriose, deliziose piantine dalle foglie a punta. O se il barattolo dello zucchero viene custodito gelosamente sul suo comodino invece che nella più tradizionale credenza. Fatto sta che lui è un fiore e io una frittata. E non sono nemmeno sollevata dal valzer di porta e riporta, posa e riposa dei figlioli, sarà pure il Santo Patrono ma le attività ci sono e tutte anche. Bene, mi appresto a compiere il mio bel giro. Ma prima annaffio i vasi del davanzale. E cerco il barattolo dello zucchero. Così, giusto per provare.

08 novembre, 2006

L'intolleranza.


Senza un vero motivo grave, stamattina m'è punta vaghezza di sottopormi volontariamente al test delle intolleranze alimentari. Una roba di moda, lo so, ma già avevo qualche sospetto, e volevo andare a fondo della questione una volta per tutte. Risultato. Sono intollerante ad una quantità spropositata di alimenti di consumo quasi quotidiano e che, disdetta, mi piacciono pure. Uno su tutti, il frumento. Grido di dolore, ma come, che ne sarà di me, se non posso mangiare le due uniche, insulse, avulse e convulse fette biscottate tuffate nel caffelatte che costituiscono la mia colazione? E che fine farò mai, se nemmeno un assaggino di focaccia o una forchettata di pasta avanzata dai figlioli, magari mangiata direttamente dalla pentola, che fa tanto zingaro ma ti fa sentire così libera e randagia e un pò homeless, in realtà, dandoti un gusto sottile di trasgressivo casalingo, potrà mai oltrepassare la soglia della mia bocca? Risposta non v'è. Staremo a vedere, il turpe esperimento dura solo due mesi in fondo, e posso sopravvivere. Ma oggi, mentre riflettevo oltre che sulle sciagure umane in generale e sulla mia in particolare, mi è sorta, spontanea, una domanda. Potrebbe esistere mai un aggeggio che stabilisce con esattezza matematica e senza tema di smentita, l'intolleranza a certi tipi di personaggi? Si potrà un giorno arrivare a dire, sono allergica al lievito, alle graminacee e agli ignoranti, ai beceri, ai superbi e ai coglioni, signora cara, io non dico parolacce, ma questa ce l'avevo qui, e proprio non ce l'ho fatta a trattenermi, abbia pazienza ma io, sinceramente, le cose che devo dire le dico e poi siamo amici come prima. Potrei offrire il mio corpo alla scienza e fare da cavia. Avrei anche già pronto un bel campionario di sagome da inserire nell'astruso macchinario. Solo, loro non si individuano come i cavolfiori, al contrario sono subdoli, striscianti e ben si nascondono ad una prima occhiata. Mah, signora mia, anche se quando li cucino il tinello mi si ammorba, beh, meglio i cavolfiori. Non lo pensa anche lei?

Trovato antidoto.


Proprio non sono il tipo che sviene alla vista dei vipspsps. Passando l'estate dove la passo, diciamo che è abbastanza normale imbattersi in volti noti, ritagliati dai giornali di gossip, quelli che si leggono dal parrucchiere o dal dentista e un pò ci si vergogna a comprare, allora ci si fa un personale Bignami all'Esselunga, passando lente davanti al chioschetto delle riviste, che già lì il traffico è intasato perchè qualcuno si ferma sempre a sfogliare La Gazza, e tu fai finta di imprecare ma dentro di te lo benedici e fai incetta, mentalmente, di chi fa le corna a chi, giusto così, per amor d'informazione. Detta premessa per raccontare quanto segue. Ieri ho incontrato un vip. Bah, che c'è di strano. Torino è diventata il centro del mondo, lo ben si sa. Ma Egli era di una tale beltade, che, forse, uno svenimento lì per lì ci stava anche anche bene. Bello, sì. L'Olimpico Aldo Montano è ben più che carino. E' proprio bono, signora mia, stò ragazzone, due spalle, stì riccioli scomposti, stà faccia da bastardo menefreghista eppure così tanto un bravo figliolo, sa? Povero, quell'Arcuri gli ha spezzato il cuore, proprio non se lo meritava, ma è una donna poco seria, e nemmeno tanto intelligente, uno così andava tenuto stretto. Va beh. Ieri, una via Roma già piena di luci, e che luci, ha fatto da sfondo a questo incontro che galeotto non è stato per niente, accidenti. Ho informato il mio sposo. Il quale si è sentito rassicurato dai circa 15 anni di differenza. Ma che ci fa? Non lo sa che la vera tendenza è il toy boy, Golino e Scamarcio insegnano. Come si nota, all'Esselunga studio bene. Ho omesso di dire che il Prode mi ha lanciato uno sguardo uguale a quello con cui guarderebbe un distributore automatico di bevande calde. Recava al suo fianco una figliola spaziale, magrerrima, alta tre metri circa e senza tacco, pallida e boccoluta. Sì, ma anche io mi difendevo per bene. Sfido chiunque ad incontrare per caso un tale Monumento con la messimpiega appena fatta. Sono cose da professioniste nate. E io, modestia a parte, la nacqui.

07 novembre, 2006

Inversa.


Niente di speciale. Non di grave, almeno. Niente che ti faccia sentire particolarmente male. Ma nemmeno particolarmente bene. Vedi tutto a testa in giù, storto, pasticciato, non fluido e regolare come dovrebbe essere. Un malessere. E dici che è influenza ma nessun bugiardino recita alla voce Indicazioni e Posologia, "adatto agli stati di buco nello stomaco, leggera vertigine, ansia moderata ma presente, nessuna voglia di alcunchè". Non è gradevole. Cercasi antidoto, in compresse o in confetti, che mi renda tranquilla, serena e in pace col mondo come, vediamo, solo ieri. Si sa, siamo così, è difficile spiegare, cantava la Mannoia, ma io posso spiegarlo benissimo, in italiano corretto e grammaticamente e sintatticamente pressochè perfetto, forse non nobilmente, ma comprensibilissimo. Mi girano. O forse sono io a girare intorno a cose che non comprendo, forse sono soltanto io a volere una vita così dannatamente e meravigliosamente normale e senza troppi sbalzi, scossoni, curve a tornante e correnti di gelo, forse sono solo io a voler proteggermi, cullarmi e un pò nascondermi, e poi fidarmi e trasalire, e poi amare e prendere calci in culo, signora mia, quando ci vuole ci vuole. Non sono brava col trapezio. Non ci ho nemmeno mai provato, a ben pensarci potrei aggregarmi al prossimo Cirque du Soleil che passa per di qua. E forse, non sono nemmeno così brava con l'italiano. Sintatticamente perfetto ma incomprensibile ai più. No, scommetto che non è vero. E che a testa in giù, in un giorno qualsiasi, si sentono in molti. Chiamo per il trapezio, allora.

06 novembre, 2006

La fiaba del mattino.


"...Ogni mamma , il lunedì mattina, và a svegliare i suoi bambini con un bacio.
Uno sulle orecchie, cosicchè, per tutta la settimana, sentano solo cose bellissime..
Uno sugli occhi, cosicchè vedano cose magiche e colorate.
Uno sul naso, per sentire profumi buonissimi, di viole e biscotti.
Uno sulla bocca, perchè dicano solo cose carine."

La princi ha sorriso e mi ha abbracciato, stretta, con gli occhi ancora chiusi e un sorrisino di zucchero.
Coi maschi manco ci ho provato.
I grugniti, dopo tanta poesia, non li avrei sopportati.

05 novembre, 2006

Caldarroste.

Una passeggiata in città, la domenica mattina, per noi che siamo gente di collina e che rifuggiamo la confusione, è un evento da raccontare. I nostri fine settimana sono da sempre caratterizzati dall' "Ognuno Fa Quello Che Vuole", basta che questo non implichi code, clamore, file e, passatemi il termine, casino. Inizia la stagione dello stare in casa, amici, libri, una torta, chiacchiere, coccole e qualche film. Ci si carica per la settimana successiva. Stamattina invece, qualcosa di diverso. Accompagnando il Mediano alla partita di calcio, avendo urlato da casa in città, 8 km, non di più, perchè il valoroso aveva ben pensato di scordarsi la giacca pesante e uscire in tuta al freddo e al gelo, un'inversione di rotta con la Princi al seguito. Lasciato al campo l'infreddolito e coraggioso fanciullo tuonando Andrai a Scuola Anche con 40 di Febbre, cosa peraltro assolutamente non vera (ah, se mi conosco), un giro sotto i portici. Il sole, la piazza con le bancarelle di cose totalmente inutili, che da sempre mi divertono. Immagino il salotto buono dove facevano bella mostra le poltroncine color cremisi, lise e un pò scalcagnate, magari avevano accolto un fidanzato, nei primi anni 20, che chiedeva timidamente la mano dell'amata. E poi ancora, i barattoli da cucina, i servizi di piatti scompagnati, le zuppiere, star indiscusse di tanti pranzi domenicali, quanto fumo di brodo uscito dal coperchio sollevato con grazia. Fascino allo stato puro, fantasia, storie incollate agli oggetti, agli abiti, alle case. E' un gioco che mi diverte da sempre. Anche mia figlia, benchè non abbia ancora il gusto di camminare alla scoperta di cose inusuali, osservava incuriosita i 45 giri, le tessere telefoniche, le grattugie per la mela, gli ombrellini da sole, le damine che stavano sui letti, i boule de neige, le copie dell'Intrepido. Altri mondi. Poi, la bancarella delle caldarroste, un fagottino a scaldare le mani, il profumo inconfondibile di autunno, di caldo e di freddo insieme, che non si spiega ma si sa. Unico tocco frivolo della mattinata: ci siamo chiuse in un chiosco per le fotografie, quelle dove anche Monica Bellucci risulterebbe come ricercata, e ci siamo fatte ritrarre, ridendo come oche, in bianco e nero. Bellissime, ovvio, con un baffo di fuliggine, stile spazzacamino. La caldarrosta, si badi bene, certo scalda, talvolta sporca. Ma niente ci fa.

03 novembre, 2006

Dal sandalo al piumino.


Una bella botta. Arresa, alla fine. Al piumino, alla maglia a collo alto, e, sventurata, alla calza. Il sole beffardo è sempre qui, mi piacerebbe che ci fosse uno di quei tempi da lupi che avallerebbe la mia non più prorogabile decisione. Fa freddo, certo, ma c'è il sole e se guardi dalla finestra ti dici, ma come, io, con le calze? E sì certo, è il 3 di novembre, bellezza, e forse è ora, non foss'altro per quella sequela di starnuti nemmeno tanto chic che ha reso partecipe il resto della casa del tuo risveglio mattutino. e che ti ha accompagnato, scarruffata e barcollante e imprecante e amabilmente orribile in quella vestaglia a quadrettini rossi che hai comprato la settimana scorsa, che è tanto country e che ti fa tanta allegria ma se chiedi a tuo marito avrebbe magari preferito un effetto più Ti-Vedo-e-Non-Ti-Vedo che non quello, ahimè, Sciura-Marisa-Che-Fa-I-Mestieri. Va bene. Arresa, si diceva, alla calza coprente. Nera come la notte. Ci si concederà qualche divagazione sul tema, non son tipo da reggicalze se non per occasioni, come posso dire, da combattimento. Ah, signora mia, l'uomo, si sa, ama il reggicalze, se lo faccia dire da me che modestia a parte ne so qualcosa, una vera donna toglie e mette il reggicalze con disinvoltura, così come prepara la caffettiera. Che donna sarò mai, allora, se ci metto un quarto d'ora ad agganciarlo, e poi mi dà noia e poi la calza mi scende, tapina, fino a metà coscia, e poi mi verrebbe voglia, magari nel bel mezzo di una cena stra-importante, di correre a casa e infilarmi un bel paio di calzerotti di spugna, quelli da tennis, col pomponcino rosa dietro alla caviglia? Ma il tubino nero si impone, cara la mia bella contadinotta, e che la calza sia velata. Farò un giro da Calzedonia, cercherò quelle Pierre Mantoux di pizzo che impazzavano negli anni 80. Ma la calza coprente è il mio must. Semplice, nera, non so quanti denari, ma coprente. Che ha i suoi bei vantaggi. Uno su tutti, puoi anche scordare di prenotare la ceretta. Se si chiama coprente qualche cosa vorrà dire, no?

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...