12 settembre, 2008

Riassunto.




Si aggiunga, uno scenario da Rivoluzione Francese Dopo la Battaglia, cose e cose un pò dovunque, solari a metà, teli da spiaggia dimenticati negli zaini e perciò calcificati con stalattiti e stalagmiti che nemmeno alle grotte di Toirano, quaderni a quadretti, copertine, libri usati e libri nuovissimi, patenti da ciclomotore, un'automobilina nuova fiammante per il Giurisprudente, iscrizioni a piscine, una laurea in arrivo, carte d'identità scadute, appuntamenti, ladri di passaggio e perchè no, anche un bel temporale. Sì, non c'è male, grazie.

09 settembre, 2008

Vengo dal mare.

Vengo dal mare. E porto con me sete e broccati, tappeti pregiati e spezie e ortaggi misteriosi e sconosciuti. Vengo dal mare. Ho navigato fra le stelle e le onde e il buio, ho giocato ad indovinare la traiettoria perfetta delle stelle cadenti, e a loro ho affidato il desiderio più grande e segreto che ho. Vengo dal mare. Ho negli occhi la luce del sole che và giù. a sparire chissà dove, e quella improvvisa e dolcissima, da un'altra parte, una fetta di mandarino e poi di arancia e via via, sempre più sù, e poi tondo, superbo, maestoso, proprio là, in quel cielo d'ametista e corallo, nell'ineluttabile succedersi delle albe e dei tramonti, che solo sul mare hanno il loro senso più assoluto. Vengo dal mare. Ho piccole ciotole d'argento, per raccogliere le lacrime invisibili di chi domani piangerà con me, con me che non saprò che cosa dire se non che sono qui, ad ascoltare e a dire nulla. Ho piccoli sacchetti di lino grezzo, per conservare la speranza di una madre, piccole scatole d'avorio per i miei pensieri, i miei abbracci, le confidenze e i sorrisi e le risate del rientro, i progetti, i racconti. Felice di essere a casa. Di essere qui. E di sapere ancora un pò di vento e di sale, di avere ancora davanti quel buffo delfino che giocava con noi e di sentirmi così, frastornata e serena, ubriaca e ciondolante, una donna felice che viene dal mare.

05 settembre, 2008

Tornando a casa.



Pochissima connessione, pochissima linea del telefono, mare e mare e sole e sole e poi ancora mare e poi ancora sole. E paesini arroccati, spiagge bianchissime, rocce, fortezze, cittadelle, mura, mercatini e je vous emprie e pas du tout. Così, si riede. A centellinare ancora un pochino questa lunga estate che finirà tra brevissimo, i pensieri di casa si intrecciano con quelli di qui, si prepara, si progetta, si parla e si parla in queste sere di famiglia ristretta, si fanno congetture e programmi, si gioca, si sogna. Sogno Di Una Settimana Di Fine Estate. Qualcosa mi ricorda, ma come titolo, non c'è male.

30 agosto, 2008

Là sarò.

E mica a gironzolare fra gli stand come gli anni scorsi, a guardare i ricami, le perline, ad incantarmi davanti a quella signora che insegnava il chiacchierino, come la mia mamma mi ci faceva i collettini per la scuola. o meglio sì, magari gironzolerò anche, tra un diritto e un rovescio. Ebbene sì, il Knit Cafè di Manualmente 2008, care le mie belle signore troppo avanti, che avete passato l'estate a impratichirvi con lane e cotoni, che sapete tutto o quasi della lana Noro, che i ferri circolari per voi non hanno alcun mistero eccetera, ecco, il Knit Cafè di Manualmente, è No-stro!!!!Nostro di chi? Ma di Knitaly, per cominciare, e di Arte-à-Porter, per finire. E mio, e che ve lo dico a fare! Allora, nessunissimo impegno per quei tre giorni.

Manualmente
Lingotto Fiere Torino
dal 25 al 28 settembre


Presentissime, nei secoli fedeli, tutte le amiche degli incontri di Alessandria, forse anche le milanesi e da qualunque parte del globo terracqueo ci vorranno colà raggiungere e incontrare. Il programma è più che degno. Oltre al solito Knit Cafè di chiacchiere e di compagnia, qualche lezione, di scialli e di ponchi a cura di Ferrida Olivieri, alla quale sono già iscritta, lì, proprio nel primo banco, insieme, lo so già, alle mie Amiche, di Perle, Provette e Pastiere, e pure Biancaneve, mi sa che sarà dei nostri. Presentazione da red carpet Cuore di Maglia. E poi lezioni di maglia e uncinetto per principianti, anche per bambini, perchè no, come fare un cuoricino, per esempio, e poi ancora, per le prime della classe, le cose più complicate e macchinose, naturalmente a cura dell'Ing. Knitaly. E poi scambi di opinioni, di indirizzi segretissimi dove trovare la lana più bella, i ferri più colorati e trendy, le borse da lavoro le più fantasiose e uniche. Sù, sù, non fate le timide. Prendetevi un giorno intero, un pomeriggio, qualche ora soltanto e recatevi senza indugio, cercate il nostro stand, è voilà, il gioco è fatto. Segnare in agenda, però, e con la penna rossa. Appuntamenti di questo genere è un peccato mortale lasciarli scappare!

29 agosto, 2008

La lunga estate.


Come tutte le estati. Malinconica e lenta, un pò decadente, quest'aria di fine di qualcosa, ma che cosa poi, si mette via, si lava tutto, si piega per bene, si fa così. Si impilano le pentole, con quell'ordine perfetto che si fa soltanto quando si sa che non si useranno per un bel pò. Si piegano lenzuola pulite, parei, asciugamani, si lavano fodere di divani, strofinacci da cucina, ogni cosa. E le valigie, che prendono forma via via, giorno per giorno, questo qui lo porto a casa pulito, già, dove mai ti servirà un costumino tutto brilli se non qui? Si lasciano negli armadi solo le cose prettamente marine, gonnine minuscole, camiciole impalpabili, caftani a piccolissimi coralli. Anche la vita di mare subisce, aiutami a dire, una specie di involuzione. Tanto per cominciare il mare si vede dalla spiaggia e non viceversa. E poi, che orari dilatati, che indolenza sottile, che femminile pigrizia, che assoluta tranquillità. Si fa tesoro di questi ultimi ritagli di estate, e si prepara uno scrigno immaginario dove conservare ogni cosa: sassolini, piccole conchiglie, legnetti. E i passi sulla sabbia, da imprimere per bene in testa, quando si camminerà fra pozzanghere e nebbiolina. E il calore del sole, da immaginare ad occhi chiusi al primo brivido dell'inverno che arriverà, ossì che arriverà. E stringendoci addosso quel cappottino smilzo tanto cool sorrideremo di nascosto, alzando un pò il bavero, magari, a ricordare il profumo di cocco, la granita all'amarena, quel pareo coi pesci, e quella volta che. Un'altra stagione e un'altro capitolo, tutta da scrivere, tutto da inventare, crucci e gioie, magoni e risate. L'inverno? E che sarà mai.

27 agosto, 2008

Deserta.


E silenziosa. Senza nessuno. Senza neppure il gatto. Senza nessun rumore, fruscio, urlo, risata, parolaccia, canzone. Solo la PrinciFigliaUnicadiMammaSingle e la scrivente. Partiti tutti, riederà qualcuno tra qualche giorno per l'ultima settimana di questa non facile estate. Il Liceale Riparatore non troppo convinto delle sua preparazione, arriverà al suo banco biondino e abbronzato. Gli altri verso le loro vite cittadine, una laurea in autunno, una matricola, la patente, le cose normali. Noi due, qui, ci organizzeremo. Abbiamo a noleggio una Fiat 500 Giallo Sole, possiamo andare su è giù per la costa come e quanto ci aggrada, rosolarci al sole, mangiare anguria al chiosco della spiaggia, dormire o non dormire, leggere o chiacchierare. Far finta di nulla, insomma. Dacchè la chiassosa sarabanda di fratellipapàamicifidanzategatto ha lasciato l'Isola ci sentiamo un pò sole. E sono passate solo poche ore. Certo, non si sta male. E' tutto così in ordine, così perfetto, lindo e pulito: certo, c'è ancora qualche calzino spaiato, qualche Gazzetta dello Sport abbandonata al suo mesto destino, un costume con le farfalle che non ha trovato il suo legittimo proprietario. La Princi ed io, qui siam: possiamo metterci smalti ad ogni ora del giorno, soffiando un pò sulle dita per farlo asciugare più in fretta, farci le trecce, gli impacchi di balsamo per tutta la notte, insomma, siamo un pò più libere. Però. A questo libero silenzio, a questo libero ordine, a questa libera casa sovradimensionata per noi due soltanto, beh, più che libera preferirei essere ancora prigioniera.

24 agosto, 2008

L'incazzatura.

Del tutto inutile fare finta di niente. Arriva, eccome se arriva. Mi arrabbio poco, di solito, lo trovo tempo perso, e in genere le mie arrabbiature durano quei cinque minuti e via, già passate. Questa no. Lenta e inesorabile, o improvvisa e accecante non saprei dire. So che la sono, e molto. L'incazzatura di genere A è quella che ti fa sbattere le cose e urlare come posseduta dal demonio, di breve durata. L'incazzatura di genere B è quella sordida, che ti fa stare silenziosa e stizzita, una specie di professoressa di matematica acida, zitella e con le calze riposanti, immobile ma pronta a una deflagrazione. Basta un nonnulla, un fruscio, una parola detta storta appena appena ed ecco che esplode in tutta la sua devastante potenza, travolgendo qualsiasi cosa si venga malauguratamente a trovare sul mio cammino. Può durare anche un giorno intero. Vedrò di farmela passare. Saltellerò qua e là per il web alla ricerca di qualcosa che non so, le ultime sfilate, magari, un bel libro su Amazon, un pò di gossip vacanziero, una ricetta orientale, lo schema di qualche sciarpa da knittare nel freddo inverno che sarà. Incazzata sì, ma dalle mille risorse. E che ve lo dico a fare.

21 agosto, 2008

Riflessi.


Di solito, mi piace questo periodo dell'anno. E' ancora estate piena, certamente, ma si annusa qui e là, spruzzata a caso da un flacone invisibile, un'aria strana di fine di qualcosa. Non amo i cambiamenti, mai, ma quello che accade alla fine di agosto suppergiù è l'unico che mi piaccia un pochino. C'è un pò della vita che sarà, tra qualche tempo, le mie non è che si possan dire vacanze, piuttosto che sposto la mia vita e i miei affetti e le mie più piccole cose da un'altra parte, per un pò. Vivo qui, insomma, in una girandola di figli e amici e chiasso e silenzi, e qualche lacrima quest'anno, di quei magoni improvvisi che ti cadono addosso come sassolini, pensieri, tristezze sconfinate, malinconie feroci, che stridono con il sole che c'è qui e l'azzurro che c'è qui e la vita che c'è qui. Semplice, in fondo, senza troppi orpelli e fronzoli ed inutili corbellerie. Una cosa naturale. Settembre è capodanno, i quaderni nuovi, i cappotti nelle vetrine, il chiudere l'estate in una scatola da riaprire dopo mesi. Rifletto e penso. Organizzo e penso. Programmo e penso. E i miei pensieri confusi sono sassi in fondo a un mare trasparente, sono conchiglie troppo profonde, stelle cadenti, schiuma e sabbia, erba seccata e scogli che graffiano, alghe che scivolano e nessun rumore, e rovine e abbandono e quella luna vanesia che fa la scema col mare, riflessa, anche lei, in un nero lucido di onde minuscole, appena appena, che non si vedono quasi.

17 agosto, 2008

Io non so.

Non so i misteri dell'alba. L'avvicendarsi del buio e della luce, della luna e del sole, le stelle, poi, non me le spiego da sempre. Non capisco, le correnti, le maree, le eclissi, i meccanismi, giganteschi o infinitesimali, le formule dei numeri, l'infinito, l'immenso, le cose. Se prego non so, se sto zitta non so, se volessi dire e non dire, se pensassi chissà, se succedesse a me, a mio marito e a me. Ho parole confuse proprio lì, ho silenzi e tristezza, ho pensieri per sua moglie e per le sue figlie. Ho il rammarico di non poterle abbracciare, per quel che servirebbe, di non poter dire, coraggio, di non poter fare niente, da qui, col pensiero che nemmeno da lì qualcosa si può fare. Improvviso e irrimediabile, insondabile e incomprensibile, come la magia della vita e il mistero della morte. Che cosa fare non lo so. Non farò niente, infatti. Ma tu Gianni, morire così...

Diciotto.


16 agosto, 2008

La presona.

Personaggi ed interpreti, in ordine di apparizione. Nuvoloni grossi come case, wind of the forc, pioggia a secchi, freddo da felpa. Con la straordinaria partecipazione di un gomitolino di cotone di violabiancolillino e nessun progetto chiaro in mente. Si inizia in tondo e si và. Un ferragosto alternativo, tutti rintanati, ognuno preso dai fatti suoi, che alla spiaggia oggi, ma mi vuoi dire che cosa ci vai fare? Certo, il mare se piove ha il suo fascino, ma nessuno-ti giuro-nessuno vuole muoversi di qua. Così, attività varie. Nails painting, che la Bruna Fanciulla ha una manciata di brillantini da appiccicare allo smalto, coi quali, c'è da dirlo, ha conquistato la PrinciBiondissima, e anche la scrivente e ci conquista vieppiù, con cuoricini e fiorellini colorati. Perciò, una seduta di manicure improvvisata, le uniche tre femmine di questa magione vacanziera. E questa cosa qui, venuta fuori senza un vero progetto, nè un motivo, nè una necessità vera e propria. Troppo grossa per essere una presina, troppo piccola per essere una tovaglietta. Però, carina. Servirà per la colazione, un sottotazza vintage, che presto sarà sbrodolata di caffelatte, ma in fondo che importa, per una presona dalle origini confuse va bene anche così.

Selvatica.

Se dovessi proprio scegliere, in un cesto pieno zeppo di aggettivi, uno soltanto per definire questa estate zerootto, essendo in prima battuta indecisa tra chiassosa, disordinata, trasparente e tranquilla, alla fine la definerei con uno soltanto: selvatica. Sì, selvatica perchè quest'anno, io rifuggo. La confusione, lo scontato, il quello che fanno tutti. Non solo perchè logisticamente, qualche volta proprio un gioco da ragazzi non è, mettere a piombo tutti gli occupanti di questa casina: si hanno orari così differenti, qualche volta, al desco della colazione qualcuno si aggiunge intorno alle 7, latte, croissant, bacino e bacino, dice buonanotte e se ne va a dormire, dacchè riede testè dalla Costa. E capita anche che, a tuonare dalla cucina Chi Vuole La Pasta? si incontrino occhi smarriti e lievemente nauseati con un baffo di Nesquik, No Grazie, educati e compunti, svegli da 8 minuti eppure sono quasi le 2 del pomeriggio. Se vacanza deve essere, che vacanza sia. Ci si inventano perciò itinerari alternativi, il mio Capitano e io medesima stessa, che si scappa solinghi in una spiaggia deserta, lasciando il resto della truppa al suo destino. Che si sveglino quando vogliono, che facciano, nei limiti della decenza e del legale, un pò quello che vogliono, ancora per un pò. Tempo ci sarà per orari, esami di riparazione, iscrizioni all'Università, alla patente di guida, alla sveglia ogni santa mattina eccetera. Dal canto mio, rilassata ma vigile, riposata ma con cinquecento progetti autunnali, vivo serena, scanso temporali, nuvoloni e ventaccio della forca, non ho alcunissima (!) velleità mondana, se non un salto alla libreria di Santa Teresa e a quel negozio di vestitucci indiani, e rifletto. Ma come. Nemmeno una vetrina luccicante? Nemmeno un aperitivino in piazzetta della Casbah? Il nulla del nulla? Oh, yes. Mi accontento di questa vista, di andare a curiosare i lavori del G8 , la base americana di Maddalena metà in abbandono e metà in fermento, mi diverto a schivare con grazia i luoghi affollati e il chiasso, che ne ho già tanto qui, mi aiuti a dire, mi beo, voce del verbo bearsi, riflessivo, di tutte queste cose che ho qui, i miei ragazzi, i miei amici, la semplicità, il mirto, il pane, i miei pensieri, il basilico nel vaso, il mare laggiù, beata, selvatica. E felice.

13 agosto, 2008

Crochet à voile.

E no che non si perde mica tempo, sa? Nel prigro meriggiare al sole, che tutti si rosolano o leggono, o dormicchiano, o stanno a mollo, o guardano sotto con la maschera o girano in gommone e fanno gli scemi, ma nessuno, proprio nessuno ha voglia di andare via di qui, e allora stiamo pure, che un'acqua così turchese tutta per noi ma mi vuoi spiegare dove la troviamo, che sono tutti ammassati alle Isole questa settimana? La medesima trova ben il tempo di andare in soccorso della sua Amica della Pastiera, che la spinosa vicenda le ha affidato: confezionare a tempo record uno zuccottino rosa caramella, più fucsia, direi, meglio, geranio, per una nipotina di appena un anno. Che fare? Fai che lo fai, nel senso intrinseco della frase, ovunque tu ti possa trovare in questi giorni. Così, dopo averlo fatto e disfatto, che è pur sempre un lavorare, ecco che lo zuccottino per la picci prende forma. Il prossimo però, lo farò turchese. Sapesse come non si abbina il fucsia col turchese!

Senza parole.

....e se lo avessi soprannominato Karamazov?

Corse e ri-Corse.

La strada dell'orto, suppergiù. Ci si va quando si ha voglia di qualcosa di selvaggio, un pò fuori mano, non compreso nei soliti giri del turismo veloce. La si prende comoda, si guardano le previsioni, si può fare, un bel vento leggero, nè troppo nè troppo poco, si carica sù la famiglia al grandissimo completo, ivi compresa l' Ingegnera promessa al Giovane Holden, anche lei catturata da questo reticolo di affetto e attenzioni e fratelli e amici e sorelle. L'essere al super completo comporta per la scrivente una felicità senza pari, una vera beatitudine, e niente mi fanno le tonnellate di pasta e le quintalate di frutta e i chili e chili di merende, croissant, stuzzichini e pizze croccanti sfornate in mezzo al mare. Guardare le stelle come sotto una scodella di blù tutta cucita di perline, insieme alle persone che sono la tua vita tutta è quanto di più bello possa esserci. E a quella stella che cade, così grande che è durata un bel pò, che la scia si è vista come un fuoco d'artificio, che tutti hanno fatto ooohhhhhhh!, beh, proprio non saprei che cosa chiedere.

09 agosto, 2008

Cobalto.

Nient'altro che questo. Pigrissime giornate, per meglio dire lente, che pigri in questa casa, mi aiuti a dire, proprio non si potrebbe essere seppure volendolo. Lente, quindi, silenziose, un pò sottotono, neppure una vetrina di quelle cool, se non il mercatino serale, anelli di conchiglia e spilloni per capelli e chignon, che è così in auge quaggiù. Neppure una seratona di quelle in Costa, per carità, ma solo chiacchiere liquide a cena con gli amici, a quel ristorante di solo pesce che c'è da perderci la testa. Neppure una mise da combattimento, se proprio vogliamo esagerare un abituccio nero leggerissimo e un pò di tacco, massì, un 10, signora mia che non si sbaglia mai, e che sulla gamba abbronzata e tonica ha sempre il suo bel perchè. Si son fatte le due, ier sera, mi sentivo come a Capodanno, io, che vado a letto presto e mi sveglio giusta, prima grande nottata di questa estate così normale che neppure sembra. Il mare, da là, sembra darmi ragione. E' di quel blu che stende, dopo un giorno agitè, e a me basta guardarlo e guardarlo e seguire il filo ingarbugliatissimo dei miei pensieri, e farmi carezzare da questo vento profumato al quale non mi abituo, che spazza il mare e lo colora col pennarello, che mi sorprende ogni volta e ogni volta mi fa dire ma che bello che è.

05 agosto, 2008

Il vento che porta.


Passa. Veloce e maleducato, all'improvviso, a raffiche più o meno costanti, a sprazzi, schiaffi e carezze, uno di qua, uno di là. E' un vento che profuma, che sa. Sa di rosmarino, di sabbia e di mirto. Sa. Le cose che gli racconti, i pensieri che ti ruba quando sei lì, distesa, e ti passa sopra e ti scompiglia, i capelli e i pensieri e le cose che hai, ti solleva la gonna, fa giocare le tende e sparpaglia le nuvole e rende impossibile farsi una treccia. Sa. Di mattino, di colazione calma, lentissima, esasperata persino, si gira piano il caffelatte, si guarda in là, si respira a fondo. Un balsamo, un'ambrosia, una medicina portentosa. Il vento cura e protegge, spazza in un secondo la malinconia, la salsedine, il raffreddore, confonde i gabbiani, modella gli scogli della costa, li fa sembrare massi di luna, strane forme da set, un film di alieni, di mostri, di deserti immaginari. Il vento ti coccola, massaggia il cuore, complice. E se non hai più pensieri da pensare, nè musica da suonare, nè canzoni da cantare o sogni da sognare, nè storie nuove da raccontare, il vento, sempre lui, ne porterà di nuove, ne conosce così tante, le nasconderà tra le foglie del limone e soffio dopo soffio, raffica dopo raffica, le farà danzare per te.

04 agosto, 2008

Ode alla Galletteddas.

Se ne stava buono buono nello scaffale del discount. Un pacco insignificante, nessun colore sgargiante che richiamasse la benchè minima attenzione, nessuna immagine colorata e accattivante che ne invogliasse l'acquisto. Uno scatolone semivuoto, di quelli aperti malamente e un pò sbrecciati. Curiosa, agguanto ed esamino. Una scritta in corsivo Galletteddas di Fonni, Marchio Registrato. Dalla carta trasparente occhieggiano composte, in fila per una, delle cose che a chiamarle ciambelline si fa errore, e chiamarle biscotti pure, dei fiorellini di pasta frolla che sembrano discreti. Una vera donna di casa sa riconoscere al volo che cosa può valer la pena di comprare per la sua famigliola, non lo pensa anche lei? E sottoposte all'esame durissimo dei partecipanti alla mio umile desco, esse, ricevono una standing ovation. La Galletteddas è più di un biscotto, più di un pasticcino, più di qualsiasi cosa al mondo. Leggera, friabile, di quel gusto un pò limone e un pò vangilia tipico dei biscotti fatti in casa, quando i biscotti ti riescono bene, s'intende. La Galletteddas ha rubato la scena a numerosi altri biscotti, sia da colazione che da dopocena. Nel senso che da queste parti, che colazione sarà mai se non intingi la Galletteddas nel caffelatte. E che dopocena di chiacchiere tranquille sarà mai , se non tuffi la Galletteddas nel bicchierino del mirto, avendo cura di spezzarla in due e di raccogliere poi col ditino le briciole lì intorno sparpagliàtesi, che lasciarle sarebbe peccato. In qualunque modo la si intenda, Essa è da copertina, da primissima pagina, pure da web, visto che la puoi ammirare persino nel suo sito. Diavolo di un dolcetto: innocente o alcoolica, da alba o da notte fonda, da sole alto o da luna a spicchio. Mantenga!

30 luglio, 2008

Knit Therapy.

Buone notizie. O almeno, migliori di quella che ci ha raggiunto come una mina vagante lunedì sera, quella che ha fatto scoppiare in lacrime il mio figlio grande, a singhiozzi forti, come di rado mi è toccato di vedere, quel Pietro ombroso, un pò sfacciato, un pò insolente, un pò egoista, ma di una dolcezza cremosa e di una sensibilità che la puoi toccare. Piange, per quel suo Amico del Cuore che deve affrontare una prova così grande, Parto, Mamma, Vado da Lui, e invece non si può, che deve curarsi per guarire, per stare bene e dimenticare, dimenticare, dimenticare la paura e l'ospedale. Ce la farà. Sarà dura, ma riuscirà. In questo contesto di cristallo, in questa teca di acqua limpida e di caldo torrido, la scrivente cerca un modo per districare nodi, ansie e lacrime, a tenere a bada i pensieri più tremendi. Il fare a maglia, l'ho pure letto da qualche parte, è quanto di più rilassante e terapeutico, ma che ve lo dico a fare. Esso permette di far luce su questo o quello, di pensare con calma, di non agitarsi, di non farsi, insomma, prendere dagli eventi. Poichè d'estate siam, noi si sarebbe scelto un cotonino leggero, di un violarosaverzolino mélange, il colore dei sorbetti per intenderci e si è messo sù dei punti a casaccio senza aver ben chiaro a cosa avrebbero dato origine. A metà più o meno, scartato un soprabitino per il gatto e una tovaglietta per la colazione, quale non fu la mia genialata nel voler dare a ciò che avevo in mano la guisa di un gonnino semplicissimo, vuoi copricostume, vuoi minigonna mozzafiato concessa solo nelle serate marine. Voilà. Il cotonino violarosaeccetera diventerà ciò. Scopiazzata la tecnica dei buchini ogni tanto, dalle copertine di Ursula e dell'Amica delle Perle, tornata quest'ultima, ahimè in continente, ecco che la gonna avrà un effetto colabrodo da non sottovalutare, un TiVedoeNonTiVedo che non solo ha il suo Perchè, ma pure il suo Quantunque. Morbidissima, colorata e versatile, da casa e da spiaggia, da bosco e da riviera. E poi, venga pure come vuole, l'importante è che mi calmi, punto dopo punto, pensiero dopo pensiero, preghiera dopo preghiera, magone dopo magone. Speranza dopo speranza. Oca soltanto laddove necessita.

29 luglio, 2008

Prego.


Sottovoce. Di sbieco. Prego che non so. Prego veloce, sgrano quel rosario che porto sempre con me, quello per cui le mie amiche mi prendono in giro, ma come, giri col rosario nella borsa, sei scema? Prego e basta. Prego coi lucciconi. Prego con un nodo qui che è da ieri sera. Prego senza smettere nemmeno per soffiarmi il naso. Prego. Perchè è l'unica cosa che posso fare. Ma tu, non mollare. Andrea, non mollare.

Istantanee.












Quiete.

Così, si sta. Siamo una specie di carovana, un gruppone di famiglie rom che se ne va di qua e di là, una comunità marina che si sposta in massa, ora a casa di uno, ora a casa dell'altro, si hanno programmi?, non proprio, cominciamo col passare da te per un caffè e da lì, muoveremo. Loro sono i miei Amici, la mia memoria storica, che basta dire Ti Ricordi' e loro Sì, C'Ero Anche Io. Loro ci sono sempre, ci sono sempre stati, a ridere a piangere, a discutere il giusto, a rispettarci, a divertirci, a volerci quel bene raro e limpido che diventa di cristallo temperato antisfondamento man mano che il tempo passa. Che vacanze selvagge e semplici, ragazzi, figlioli, bimbetti in ogni dove, qualche fidanzata che passa per di qua, la nuova entrata di questa estate bizzarra, fidanzata al figliolo degli Amici, il Principe, così simile al Giovane Holden che a volte non so bene dove finisce uno e dove inizia l'altro. Lei, la Promessa, bruna e sottile, di un'educazione d'altri tempi e di un sorriso contagioso, si è subito innamorata di questa chiassosa famigliona allargatissima, delle cene per ventisettemila, del mio pane al rosmarino, di questo modo di far vacanza lussuosamente semplice, di quest'acqua turchese, di questo gatto feroce e dolcissimo. Noi si è così. Un pò terroni, nel senso più nobile del termine, come nobili sanno essere solo le famiglie del sud, noi abbiamo un modo tutto nostro di stare insieme, e stare bene. Si ricorderanno i figli di queste vacanze confusionarie e così belle? L'estate sta passando così, col sugo di pomodoro fatto incasa e lo struscio in Costa, appena appena. Con le lezioni di uncinetto e le recensioni letterarie. Di base, c'è solo un grande affetto, una stima profonda, un bene prezioso. Basterà?

24 luglio, 2008

Il mercato di San Pantaleo.


Merita un giro. Di sera o di mattina, sotto il sole cocente o con le stelle, shopping o aperitivo, case di pietra e oleandri, vetrai, antiquari, pittori, collanine perle e corda, t-shirt, gonnine, borse di stoffa, vecchi copriletti tricot provenienti da chissà quale corredo, scatole giapponesi, coltelli di Pattada, formaggi e verdure dell'orto. Fateci un pensiero, il prossimo giovedì.

La Lotteria della Mutanda.

Voleva essere una fotografia artistica, avente per sfondo il tronco recuperato a Spargi, che aveva viaggiato nel mare di dentro e nel mare di fuori, e chissà quale tempesta, buriana, mareggiata o burrasca aveva portato fin lì, ma ben si sa, nessuna foto è artistica se il soggetto son mutande, con licenza parlando. Sissignori, di mutande si tratta, ben piegate, ben appiattite con le mani, dacchè il ferro da stiro, signora mia, ma glielo devo spiegare, si usa solo in casi estremi, da queste parti. Niente di straordinario, dunque, una pila di mutande variegate, maschili, modello boxer che va con tutto. La cosa che le rende speciali è che questo lotto è stato oggetto di una specie di asta, una vendita all'incanto, e non ve lo dò per dieci e non ve lo dò per nove. Sempre più la mia casa si và trasformando in un ostello della gioventù, un luogo ameno dove ogni giovane errabondo, amico dei miei figli, può trovare un piatto di minestra calda e un giaciglio dove far riposare le stanche membra. Ben perciò, datosi che l'ostello offre anche il servizio di lavanderia e in grazia di Dio non ho ancora avuto la malsana idea di apporrre a ciascuna mutanda le cifre rosse con le iniziali, tipiche delle colonie elioterapiche del Ventennio, come diavolo posso fare a risalire al legittimo proprietario di tale pila di indumenti? Così, improvviso. Rastrellati tutti i figlioli e presentati al mio cospetto, affido la mutanda al figliolo giusto. Di chi è mai questa rosa coi conigli e le carote? E questa di Superman? E questa a tuoni e fulmini? e quest'altra con le fragole (sfacciati!)? e questa a melanzane? E le fatine? e chi è questo insolente che ha sulla patta una medaglia d'oro? Detto, fatto. Ogni mutanda al posto giusto, sul sedere giusto, nel cassetto giusto. Diabolica imbonitrice.

Turnè.



18 luglio, 2008

Luna di Luglio.

Non ti acccorgi quando arriva. Ti giri un attimo e poi, voilà, la Regina. Già salita al suo posto, e salirà ancora tra un pò, ma è così bello vederla lì, che se ti alzi in punta di piedi e tendi la mano, forse riesci anche a toccarla, bambina. Tonda e perfetta, luminosa e altera. Ho spesso parlato di lei. Mi piace guardarla. Dà un senso di infinito, di speciale, di lontano, di set cinematografico, così bella, magari qualcuno l'ha dipinta su un pannello e messa lì. E' una luna tranquilla, in queste sere. Tranquilla, come i giorni che passano sull'Isola. Di una serenità calda e sicura, di niente, in fondo, e di tutte le cose che ci piacciono di più, a noi di casa. Amici, per cominciare, cene per mille e chiacchiere discrete. E mare a mille per finire, posti deserti e semisconosciuti, vicinissimi alla Costa eppure così lontani, col silenzio, le cicale il mare di cristallo che ti sembra di toccare il fondo e invece no. E la sera, questa luna magica sorveglia, dal suo posto in balconata. Che tutto sia calmo e regolare, che non si abbiano scosse di pensieri, che le ansie siano lontane miliardi di miliardi di, e che si viva in pace, una lettura, qualche ricamo qua e là, una vacanza semplice di semplici cose. La luna sparirà, con la luce del giorno, col vento del mattino che lucida il cielo turchese: riapparirà stasera, un'impercettibile fettina già mancante, regale e maestosa. Misteriosa e affascinante. All'improvviso, come sua abitudine.

14 luglio, 2008

La porta in faccia.

E non è affatto un modo di dire. Non in senso figurato, proprio no. So che qualcuno sorriderà, o riderà di gusto e improvviserà una danza nel cortile di casa in preda ad un'incontenibile contentezza, massì, in fondo non avrebbero neppure tutti i torti. Mi sono presa una portata in faccia. Oh, yes. Mi sono stampata in una notte ventosa e stellata, nella porta a vetri del salone. Che avevo sceso le scale, vedendo dal mio lindo lettino il bagliore della tv, ma come, ancora svegli a quest'ora che sono le 4? Oppure il sonno li avrà colti sul divano e allora bisognerà accompagnarli sottovoce nella camerata, nel posto che si sono scelti per queste notti di vacanza? Così ragionav'io, mentre scalpicciando in camicia da notte andavo incontro al mio mesto destino. SBAMM! Non so come abbia potuto accadere. Ero sveglia e vigile, potrei giurarlo davanti alla Corte Suprema, avrei potuto recitare una poesia o la tabellina del 7 senza intralci. Eppure, SBAMM! Modello cartone animato, Gatto Silvestro che rincorre Titti, và a sbattere e un concertino di uccellini fa cip cip intorno alla sua testa di gatto buontempone. Ma io, che non sono nè gatta nè buontempona, ho solo sentito un male feroce, dal sopracciglio sinistro alla mandibola, e mi sono sentita il pavimento di budino e il cielo stellato sparire all'improvviso. Mi ha risvegliato il Giovane Innamorato Holden, con una confezione di petti di pollo surgelati direttamente sulla parte dolorante. Ohi ohi. Che male, signora mia, che male fottuto, mi aiuti a dire. E a distanza di qualche ora, al dolore, al rintronamento e al leggero risciacquamento dei pensieri, accentuato vieppiù, si è aggiunta, subdola, una bella rigaccia violacea, proprio lì, sulla povera palpebra, una specie di eyeliner che nemmeno ho sognato di tracciare e che mi fa sembrare un incorocio tra Moira degli Elefanti ed Amy Whinehouse. Ed essendo per l'appunto, viola melanzana, direi che è l'aspetto più trendy di tutta la dolorosa vicenda. E oggi, a pranzo, petti di pollo. Ovvio.

12 luglio, 2008

La quiete prima del delirio.

Son strane vacanze. Mai riposanti come queste. Mai così lente. Mai così possibiliste, così mollemente pigre. Si fa questo o si fa quello? Mai menù meno impegnativi. Insalatine, insalatone, di quelle che inventi lì per lì, con la testa dentro al frigo, per poi ripiegare su prosciutto e melone che va sempre bene. Non riesco a fare nulla che non sia il nulla. Espletate le poche faccende domestiche, qualche granino di sabbia, le formiche che anche quest'anno ci hanno fatto visita, qualche insulsa lavatrice, poco o nulla resta. Giri e giri nel blù, sole e sole, vento e vento. Impegnata a trattenere pensieri, che sfuggono via velocissimi, poca concentrazione per leggere più di cinque pagine di quel Gomorra nella cesta della spiaggia, un relax pressochè totale e preoccupante. Tempo ci sarà per dannarsi, aiutami a dire: stasera il Regio Imbarco sulla nave di famiglia, che a forza di sù e giù un pezzettino ce la siamo comprata, la Tirrenia, dico. Per il momento, testa vuota e in stand by. E con quel che mi aspetta da domattina, direi che non mi dispiace neppure. Ad astra.

09 luglio, 2008

Per la miseria!

Mi piace solo perchè è viola. E perchè è l'unica pianta che riesco a tenere in vita. E perchè fa dei fiorellini rosa, semplici e senza profumo, che si nascondono la sera, così tanto da sembrare sfioriti, per poi riapparire la mattina dopo, eccoli lì, eppure, non erano andati via? SI chiama miseria, non l'ho mai vista da nessun fioraio, ma una donna a Positano, una volta, me ne regalò un rametto, anni fa. Questa aiuola insieme a mille altri vasi e vasetti, è pronipote di quel rametto. Così, mi capita di fermarmici un pochino davanti la mattina prima di scendere in paese per la spesa, magari, o per andare alla spiaggia. Me la coccolo un pochino. Ha foglie di velluto che accarezzarle è pura terapia; strappo via le erbacce e le foglie che sono diventate secche. E la guardo. Tutto quel viola mi mette allegria, mi calma, mi fa sentire in pace, non so, scaccia i pensieri tristi che anche qui, ogni tanto, si affacciano in una testa confusa, in un'anima di cristallo e piume e steccoline di shangai, in un complicato, sottile, labile assetto, ne togli una soltanto e crolla tutto. E se a volte ci si sente vuote e così distanti da tutto, così inadeguate, certe volte e certe altre così invincibili, basterà fermarsi un attimo, guardare bene, dentro, attorno e di lato. Come si osserva la siepe viola per togliere i fiorellini sfioriti e le erbe cattive, annaffiare con cura, nè troppo nè troppo poco. Respirare a fondo, sorridere di più, e rimescolare di nuovo tutto. Coraggio, da capo, si raccolgono le steccoline e via, un'altra partita a shangai. O un'altra carezza alla miseria. Funzionerà, ne sono certa.

08 luglio, 2008

Projects.

Nulla si ferma. E anche se nulla si crea, men che meno nulla si distrugge. Piuttosto, si progetta. Cuore di Maglia non si ferma nemmeno sull'Isola. Ricevo anche qui le nuove coperte e le nuova scarpine della collezione natalizia. quella cioè che verrà consegnata a dicembre. Nel frattempo, complice un vento che ti porta via, e la calma assolata di un pomeriggio di ozio produttivo, ecco che si potrà attingere da questi volumi, giust'appunto arrivati da Auckland poche ore fa, e sperimentare nuove scarpine, nuove combinazioni di colori e filati, nuove cose insomma. Uno sguardo nel blù appena lì, oltre il prato e le rocce, una chiamata a casa e in giro, giusto per sapere che tutto vada bene e che tutti siano sereni e tranquilli, a vivere l'estate che più piace a loro, il Maturo, per esempio, che alla fine, ha avuto il suo voto sufficiente, c'è rimasto male ma che fa, lo si sa bene, la maturità è un terno al lotto. Meglio saranno le altre prove della vita, che di maturità, dove non c'entra nessun autore greco e nessun George Bernard Shaw, ne servirà a tonnellate. E allora, andranno bene le parole di una mamma noiosa, di un padre che sembra soltanto che li lasci liberi di fare ciò che vogliono e li controlla come e più della scrivente. Andranno bene le sfuriate e le carezze e i baci e le telefonate e la mia domanda Sei Felice? perchè in fondo è davvero l'unica e sola cosa che a me interessa davvero, di loro. Che siano forti e sani e felici, felici e sicuri, nel mondo che avranno, negli studi che sceglieranno, nella vita che sapranno costruirsi, con le cose che hanno sbagliato, mancato, perso e imparato. Ma questo è un altro progetto.

07 luglio, 2008

Non vedo l'ora.

Il ciondolo di un braccialetto. Una virgola nel cielo. Un sorriso, a guardarla bene. Sono giorni in cui tutto sembra passare alla moviola. Il sole e il mare e il vento e le conchiglie e i ricci e i tuffi e la sabbia e le alghe e la granita al chiosco. E anche lei, la luna, appiccicata con la colla appena sopra le casine della collina, quelle che vedono il mare proprio lì, e ne distinguono i colori, cobalto e turchese e blu chiaro e blu scuro e un pò verde, laggiù, e ancora azzurro, e ancora blu. Sono giorni lentissimi, la casa è deserta, si animerà presto e allora forse rimpiangerò questa quiete silenziosa e questo mio apparecchiare per pochissimi, e questa lavastoviglie che si riempie in due giorni, e niente o quasi da lavare, non che noi qui si stia sghinci ( do you know sghinci ?), ma insomma, lontane son quelle montagne di magliette e di jeans e di cose che presto, ahimè, ma no, per fortuna, mi toccheranno. Domani riedono in ordine sparso alla casa paterna alcuni dei figlioli, e da lì muoveranno con grazia per di qua. Ed è tutto un preparare di letti e di armadi e di sistemazioni, una specie di colonia elioterapica, un collegio, una camerata da caserma. So già fin troppo bene che, allo scoccare della quinta ora dopo l'arrivo, avrò già sbuffato un pò, redarguito un pò, urlato ancora no ma solo perchè mi sono alquanto trattenuta. Ma adesso, che è tutto così silente e tranquillo, e che so per certo che me ne pentirò, ma di avere qui con me quell'orda barbarica che adoro, quello scompiglio che amo, quei maschiacci sboccati e meravigliosi, semplicemente, non vedo l'ora. A pentirmi, ci penserò poi.

04 luglio, 2008

Ode al Supradyn.



Oh, maccerto, che càpita anche nelle famiglie migliori. Di sentirsi un pò stanche e affaticate, non proprio perchè si lavori in miniera, probabilmente a scaricare un camion di mattoni ci si stancherebbe di meno, dovrei chiedere al mio Amico delle Case, se mi lasciasse un giorno, appena prima di inaugurare il Palazzotto, provare in uno dei suoi cantieri, così, per averne la certezza matematica. Così, per tirarsi sù, per sopperire a una carenza vitaminica e a un esaurimento fisico più o meno riscontrato, chè quello psichico ormai, è cosa nota, si è presa la bella abitudine di una compressa di tale intruglio, ogni mattina. Inutile dirlo, ha un saporaccio. Di limone andato a male, di medicina, già, perchè lo sanno tutti che esiste un sapor medicina, sia esso antibiotico, antidepressivo o anti prurito: sa di medicina, fine. E la questione va aggravandosi, dacchè il rito del Supradyn si èspleta appena sveglie, in cucina, scalze, discinte e arruffate, appena dopo essersi lavate i denti. Ben perciò, il sapore del dentifricio và shakerandosi a quello delle vitamine. Bleah!. Ma, c'è un ma. Tale rimedio ha del miracoloso: già dal rumore che fa la compressa appena la tuffi nel bicchiere, che ancora non sei proprio bella sveglia e allora puoi stare lì qualche minuto ad osservare la pastiglia che da tonda diventa nulla, rimpicciolendosi vieppiù in un'esplosione di bollicine e di ssshhhhhhhhh che ti dà la carica, già da lì. Oppure, poichè l'operazione dura qualche secondo, puoi ottimizzare il tuo tempo, riempiendo il bricco del latte da scaldare, aprire le vetrate e verificare che tipo giornata sarà, proprio mentre la tua dose giornaliera di benessere si scioglie per te. Una volta assunto l'infernale intruglio, e celata la smorfia di disgusto, si può iniziare con calma la giornata, avendo la precisa sensazione di essere certamente più in forze di ieri e molto più di ieri l'altro, preparando una colazione da prìncipi, un rametto di oleandro e uno di menta, il profumo del caffè che il maestrale si porta via. Supradyn? Yes, please.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...