22 ottobre, 2010

Il divano che vola.

Nessuno aveva voglia di aspettare l'ora di cena, qualcuno aveva già fame, ci siamo tutti, stasera, tutti, tranne il Piccolo Ingegnere del Regno Unito. L'ora di cena non è un'ora precisa, è quando càpita, quando se ne ha voglia, qualcuno ha fame? avevo apparecchiato benebene, la tovaglia bella e i tovaglioli veri, ma la voglia di stare a chiacchierare sul divano era di più, a ridere di scemenze, ad organizzare un simil viaggio per Natale, dài, ognuno dice dove vorrebbe andare, in quelle volte che viene fuori di tutto, un paesino in Irlanda, il deserto, New York, le FarOer e stare a casa, anche, perche no. Che bello il mio divano, il mio Sposo e i miei figli, i cani accoccolati vicinissimi, il gatto acciambellato nel cestino, i vassoi con la cena improvvisata, inventata lì per lì, la pasta avanzata, uno yogurt al volo, mezza mela, la vuoi?  Ci sono coperte a mucchi,  miste nel genere, fatte da me, oppure con i disegni, gli orsi, i quadretti, ognuno ha la sua coperta preferita, forse ancora non servirebbe, mica c'è la neve di fuori, ma fa tanto calore e casa, e inizio di week end stare qui a parlare con una coperta vicino. Come sono belle le persone sedute su questo divano, stasera. Riccioli freschi di doccia, occhioni verdi e braccialetti, gambe lunghissime nella tuta da calcio, la maglia della scuola. la camicia stropicciata. Gesti che conosco, che so a memoria, voci che mi porto dentro e potrei riconoscere fra miliardi, risate che mi avvolgono, battutacce, richieste impossibili, discorsi serissimi e domande  da mille milioni. Adesso, in questo preciso istante, mi piacerebbe che un effetto speciali, di quelli che si vedono al cinema, trasformasse questo divano in un tappeto volante, una navicella spaziale, che bucasse i piani di questa casa, passasse attraverso i muri, il tetto, e sù sù, fino al cielo e anche dopo il cielo, in alto, in altissimo, con noi tutti seduti così, a chiacchierare e a ridere, non succedeva da un pò, che mi incanto ogni volta e ogni volta mi scopro così innamorata di queste persone, così assolutamente indissolubile da loro, così insieme, così attaccata, che potrei volare con loro e guardare la città dell'alto e stringermi a loro, la mia storia, il mio destino, la cosa che mi sia venuta meglio nella vita, nel resto del mondo succeda quel che vuole, io volo con loro, seduta sul divano che contiene tutti i cuori che formano il mio, tutte le anime che sono parte della mia, gli occhi che illuminano i miei, qui,  tra le briciole, i cuscini e le coperte che non servono, ma che è bello avere qui.

20 ottobre, 2010

So relaxing.

Trattato sul perchè può essere tanto rilassante e rasserenante e così assolutamente rinfrancante fare una sciarpa. Dimostrazione. Ci si danna su schemi difficili, qualche volta, troppo Brenniani o Fassiani, noi che semplicissime siam e forse anche un pò gnucche, si può dire, non è mica una parolaccia, se una è gnucca vuol dire che un'asina con le orecchie lunghe, una da mettere dietro la lavagna, insomma, una cosa del genere. Ecco, la scrivente in certe cose è gnucca. Gnucca per i conti, ad applicare il Teorema di Pitagora, a fare le espressioni, di qualunque genere, gnucca nel dare e nell'avere, insomma, un pò ignorantella, và, che non è nemmeno un'offesa. Però mi ci metto a far le cose difficili e ci perdo gli occhi e il sentimento. Talvolta, mi vengono pure bene. Poi, però, arriva il bel pomeriggio assolato, che la casa è uno specchio specchio delle mie brame, lucidissima e in ordinissimo, e allora mi vien voglia di dire, ok, ho fatto, adesso faccio quel che mi pare ammè. E dacchè ho sui ferri un progettino, continuo quello. Si chiama Indolence e l'ho battezzato or ora. E' una sciarpa. Ma non una sciarpa da seguire, da contare, da scervellarsi, da dire, Ussignur, Ho Sbagliato di Nuovo. No. E' una sciarpa quieta, indolente, appunto, tranquillissima, perchè è da maschio, e ai maschi mica ci puoi fare i buchi, i fiori, i ghirigori e i falpalà. E' una sciarpa preziosa, perchè fatta con un filato prezioso, meraviglioso al tatto, è lana-seta-cashmere, signora, mica olive ascolane, vuole che le snòccioli per bene non le olive ma le percentuali? E' una sciarpa su commissione, ormai la mia clientela si è allargata, non mi limito alla Princi e alle amiche sue, e poi dovrò smetterla di chiamarla Princi prima o poi, almeno prima del suo debutto in società, col vestitone bianco e il cadetto al braccio. La mia clientela si è estesa agli amici del Liceale, nella fattispecie colui che ha condiviso il nostro tetto per due mesi buoni quest'estate, Ma Quale Tetto, ha obiettato una volta, in questa casa il tetto non c'è, o quasi.  E' pur vero, sagace fanciullo, è pur vero. Egli, il Compagno di Merende, desidera una sciarpa blù. E perciò verrà accontentato. La utilizzerà per le scorribande in scooter col mio figliolo finalmente risanato,  per i pomeriggi allo stadio, e per le mattine gelide che il prossimo inverno ci riserverà.  Fare questa sciarpa è una meraviglia vera, non devi contare, non devi leggere, nemmeno devi guardare, quasi, vai avanti e indietro, avanti e indietro, in una specie di nirvanica incoscienza, si può dire che vada avanti da sola, insieme ai pensieri, avanti e indietro, avanti e indietro, e fa di questo verso sera un verso sera beato e tranquillo, Che C'è Per Cena? ancora non lo so, lasciatemi ancora cinque minuti in questa beatitudine di diritto e rovescio, mai affrettarsi, mai preoccuparsi, provarci una volta, fare una sciarpa è il meglio che c'è.

La Vendita Speciale.

Succede, eccome se succede.
Abbiamo fatto un bel gruppo, un nutrito stuolo di donne fatte, attente, preparatissime,  mai dòme, assetate di sapere, che disquisiscono con grazia di circular needles, di K2tog, di lace, di pattern e di robe così.
Sono certa che l'incremento delle vendite nel settore sia in buonissima parte opera nostra.
Ci innervosiamo alla frase Siete lì A Fare la Calza.
Che la calza magari la facciamo anche ma con un gioco di ferri sottili e una Grignasco Bambi Merino, non so se mi spiego.
Ci inalberiamo all'affermazione Ah Sì, Lo Faceva Anche Mia Nonna. Tutto vero, per carità, ma forse, tua nonna andava a cercare la lana estone tinta naturalmente? O aveva forse ferri in legno di rosa o metacrilato o peggio, in ebano purissimo?
E inventava pattern da perderci la testa, che poi il 1 dicembe, ma che bella sorpresa,  un bel libro il cui acronimo fa TRUS, e sfido chiunque ad indovinarlo?
Così, in questa immensità, s'annegava il pensiero mio, in una bella mattinata ottobrina, che ieri era anche il mio onomastico e quasi nessuno si è ricordato, la Manu, ovvio, e gli abitanti di questa casa, epperforza, era scritto gigante sulla lavagna della cucina, bello sforzo.
Ma, tornando alle lane, dopodomani festa grande sarà.
Si organizzano pullman, voli low cost, macchinate di femmine assatanate, per l'amor del cielo, solo ed unicamente per affondare le mani in mucchi e mucchi di gomitoli colorati, leggere con attenzioni metri, yarde, composizioni, con quali ferri, misura americana o in millimetri, sfumature di colori e abbinamenti.
L'evento si tiene a Grignasco.
Per forza di cose.
E inizia domani, giovedì 21 e terminerà sabato 23.
Tempo ce n'è per organizzarsi e colà recarsi. Marina vi attende con ansia e trepidazione, insieme a tonnellate di gomitoli e matasse, il giusto per passare una bella mattina, un bel pomeriggio, o magari tutto il giorno.
Di seguito gli orari.
Leggere attentamente le avvertenze e le modalità d'uso.
Crea dipendenza. 



Vendita Speciale Grignasco
Giovedì 21
Venerdì 22
sabato 23 ottobre  
dalle ore 9,00 alle 13,00 
 dalle 14,00 alle 18,00.
Via Dante Alighieri 2
Grignasco NO

18 ottobre, 2010

La raccolta dei Corbezzoli.

Oh, sì, può capitare. Di trovarsi qui ogni tanto, anche vestiti di tutto punto e non proprio discinti. Laggiù, un mare grigiazzurro, ci si specchiano nuvoloni che scapperanno poi, verso sera, velocissime, verso chissà dove. Questa casa, questo posto, questo paese silenzioso, così diverso dall'estate, è un luogo dove trovarsi in pace, sentirsi bene come poche volte, far niente, leggere, camminare sulla spiaggia umidissima, non proprio deserta, surf e kite e qualche barca laggiù. Ed è bello ritrovare il bar della colazione, quello in paese, dove ti salutano come si fa coi fratelli, dove ti stringono la mano nelle loro, Sentito Che Freddo? Freddo? Ma se ho la felpa e c'è un sole che spacca ed è tutto fiorito, vogliamo fare un giro sù da noi, e riparlarne? Amo questo posto dove non c'è nulla, dove puoi stare ore a decidere cosa fare e non decidere mai nulla e non annoiarti mai, basta sentire il profumo che c'è, che non è come quello di luglio, basta vedere la gente che c'è, che non si danna, che non ha fretta, che non corre, gli amici cari che ti vogliono a pranzo, a cena, a colazione, e poi di nuovo a pranzo e poi a cena, come, andate a dormire a casa, potreste fermarvi qui. Abbiamo raccolto i corbezzoli, ne faremo una marmellata, non li abbiamo mai raccolti,  sarà un esperimento E' bello trovare il limone strapienopienissimo di frutti ancora verdi e profumati di buono, il basilico rigoglioso, per forza, non c'ero io, la miseria selvaggia, fiorita, enorme, così viola che mi ci incanto, e il prato smosso dai cinghiali, la pace, la bellezza, il niente magnifico, l'odore del mare, il cielo che solo qui, il sole, la calma.

15 ottobre, 2010

Rossastre Ortensie.

Raccolte al volo, domani sarebbe stato troppo tardi. Devono prendere una sola nebbia e una soltanto, non la brina, non la pioggia, non l'umidità delle notti che verranno. Sono rossastre ed eleganti, di una bellezza contadina ma chic, al massimo del loro splendore autunnale. Mi piacciono di più così, le preferisco a quelle estive, stucchevoli, queste no, decadenti, romantiche, imperfette, eppure bellissime, vermiglie, sfumate da un pennello sapiente, non sono rosa, non sono rosse, hanno qualche puntino violaceo qua e là, e qualche petalo di un beige chiaro, che è il colore dell'autunno lo sanno tutti o quasi ma è metterlo insieme a questo cremisi che le fa vincenti. Le rossastre ortensie di nulla o quasi abbisognano per rimanere intatte nella loro meraviglia. Basta un vaso vuoto, e toglier loro la più parte delle foglie, lasciandone qualcuna giusto così per fare un pò di scena. Scegliere per loro un luogo tranquillo, non troppo caldo e non troppo freddo, non troppo buio, non troppo e basta. Loro, tranquille lo sono di natura, hanno quella dolcezza mite che accarezza l'anima di chi le guarda, sono fatte di mille fiorellini tutti uguali, e insieme fanno un trionfo di geniale perfezione. Il miracolo delle ortensie si è compiuto stamattina, la prima vera nebbia nel pratino, un bel movimento di vai e vieni nella Casa in Collina, una torta sofficissima già pronta per  la merenda dei figlioli propri e di quanti vorranno unirsi a questa calma, a questa semplicità, a questo sublime niente che rende liberi.

13 ottobre, 2010

L'erbario.

Ma Come Fai Mamma. Già. Come faccio non lo so neppure io, bambina. Ci sono cose di miliardi di anni fa che ricordo alla perfezione e altre invece no, che è passata solo mezz'ora o un giorno soltanto. Io conosco le piante. Le erbe. I fiorellini del prato.Beh, non tutti, certamente. Un bel pò. Quanto basta per far meravigliare la PrinciRubaScialli. Lo vedi? Questa è la coda di cavallo, e quest'altra la Borsa del Pastore, non so il nome latino, ma lo so in emiliano, va bene lo stesso? Appartengo a quella generazione di alunni volonterosi, non troppo studiosi, le scuole medie negli anni 70, gran rivoluzione intorno ma noi belli sciallàti alla Scuola Media Statale GiuseppeMariaGiulietti, che ci mettevi tre ore a fare l'intestazione dei quaderni, meno male che ho un nome cortissimo. Ebbene, alla scuola Media Eccetera si faceva l'erbario. Che tradotto voleva dire: Bene, ragazzi, ora andate a casa, stremate genitori e nonne e fatevi accompagnare su per i bricchi a cercare le erbe più astruse, mettetele con precisione tra due fogli di giornale, piazzateci sopra cinque o sei volumi di Conoscere, che era Wikipedia, solo da sfogliare, e aspettate una settimana. Poi, incollatele con attenzione sul quaderno e descrivetele con parole vostre. Meraviglia. A me che non sono scientifica per nulla questa cosa mi piaceva assai e mi dispiace così tanto che il mio erbario e quello di mio fratello siano andati perduti in qualche trasloco. Il quaderno diventava spessissimo, pieno di colla e e profumava di fieno e lavanda. Li avrei conservati volentieri, per mostrarli ai miei figli, per riguardarli io, vedere la mia calligrafia di allora, ho perso anche il quaderno della prima elementare, il 1 ottobre 1969, San Remigio: una pagina di i, e il disegno di un imbuto sghembo colorato di viola, avrebbero dovuto capire da allora che qualcosa non andava, e forse a cercar bene nel mio erbario avrebbero trovato ben pressato e descritto, una rarissima specie di fungo allucinogeno. O qualche altra erba misteriosa. Fatto sta ed è che ora me la tiro un sacco, con la Princi, a declamare il nome di fiorini e erbettine, anche se di qualcuno so soltanto il nome in dialetto. Ma alla Gelmini, mi sa che non gliene importerebbe granchè. Così, con questi pensieri agresti e semplici , testè mi accingo ad iniziare come si deve una bella giornata d'autunno pieno, e a pensare che forse di erbe ho abusato, il cielo mi ascolti, se di mattina presto mi viene in mente l'erbario e le ricerche e l'enciclopedia Conoscere. Tutta colpa di quell'imbuto viola.

12 ottobre, 2010

Da che parte vuoi stare.

Mi gira in testa da qualche giorno, è una bella canzone, io non ci vado pazza per Ligabue, ma so che le sue canzoni fanno innamorare, di loro, dico, che le canti per giorni e giorni, sono un pò tutte uguali, ma forse, proprio per questo sono belle. Che bel sole d'ottobre spunta piano di là dalla collina, che bel profumo, che bel niente tutto intorno, e quante cose, quante storie devo scrivere, ci sarà una sorpresa il primo dicembre, come l'anno scorso, del resto, e allora sono qui che penso e penso, inventare storie  non è mica così facile, è bello sì, perchè ci puoi mettere dentro tutto quello che vuoi, personaggi ed interpreti, anche se alla Holden mi avevano detto che non ero tanto brava coi personaggi, che mi dilungavo troppo, troppe caratteristiche, troppi aggettivi, una menata, perciò. Sto dalla parte di chi va piano, di chi fa le cose per puro piacere, di chi si inventa ogni giorno un sogno nuovo da tenere lì, e quando saranno troppi, lo scuoterò fuori nel prato, li guarderò volare via, ma non mi importerà, perchè ne avrò già almeno tre da rimettere dentro. Sto dalla parte delle cose semplici, della normalità, mi tengo alla larga dalle persone pesanti e che opprimono, e che mi mettono di cattivo umore, ce ne sono un sacco, non ci vuole uno scienziato a capirlo, ma forse uno bravo può aiutare, e allora ok. Sto dalla parte delle cose mie, di questa casa che amo, perfino il suo disordine, la polvere sotto i letti, le fodere dei divani un pò consunte, il pavimento rigato, perchè tutto questo la rende unica nel suo genere, una bolla di pace dentro una confusione cosmica, un'isola bella, un abbraccio costante. Sto dalla parte di chi ci abita, sono pronta a sbranare chi fa loro del male o anche soltanto chi li ferisce, in qualche modo. E infine, sto dalla parte mia, tifo per me, sono giorni che forse ho capito quale è la mia parte e da che parte devo andare per trovarmi, è un concetto complicato e che non riesco a spiegare, ma che ho ben chiaro in mente e l'ho scoperto da poco, non so come e non so l'attimo esatto, ma lo so, io lo so, e allora che continuino questi bei giorni di pace e di sottile allegria, le foglie rosse e il sentirsi a posto, la me di sempre, la me che ero, sto da questa parte, che è la mia, perchè  son le cose imperfette che fanno la meraviglia.

10 ottobre, 2010

La beatitudine del numero 10.

E già il fatto che l'abbia scritto in cifre, quel numero 10, la dice lunghissima. Io non amo i numeri, non li ho mai amati, non faccio le somme delle targhe, non guardo i numeri della radiosveglia al contrario, son mica malata, eppure c'è gente che, non gioco nemmeno al super Enalotto, troppa fatica pensare ai numeri, non ci so fare, non è mia materia, ho sempre confuso 7 x 8 e 9 x 7, e ancora adesso ci devo pensare un attimo, che le tabelline le ho pure insegnate ai miei figli ma loro le sanno diverse, le sanno sulle dita, che è come non saperle, alla fine, o almeno credo. La beatitudine del numero dieci si può così riassumere, che non è che abbia scoperto l'uovo sodo, mi avranno già sfranticato l'anima in mille a dire, Ma Lo Sai Che Gorno è Oggi?, ma sì, lo sanno anche i sassi. Però è bello e mi piace, e devo dire che sto bene, ma proprio bene, io, Beata Fragola del Pratino Luminoso, delle Ortensie Rossastre che coglierò presto, una domenica perfetta di ozio e niente fare, le più belle del calendario, il sole pallidissimo di fuori, che fa asciugare lo stesso le lenzuola, chissà come fa. E' un giorno speciale, e se non lo fosse, ci sarebbe da renderlo, un giorno adatto per scrivere una lettera, ma di quelle con la carta bella e la stilografica, un giorno perfetto per inventare qualcosa, per pensare a una storia, per fare una torta. Un giorno qualunque che diventa regale, un suono rotondo e magnifico, dieci è il voto più alto, dieci è il capitano, dieci i Comandamenti, chissàperchè non undici o nove o sei. Coi numeri non c'ho mestiere, ma questo dieci mi ha affascinato già da ieri sera, che non era ancora mezzanotte, farò quindi quel che mi pare, quel che mi va, è un bel giorno per essere felici e basta, sereni e basta, tranquilli di una calma ritrovata, di una specie di sbronza leggera, a insegnare le canzoni dei Beatles alla PrinciChe CresceTroppoInFretta, e a bearsi del niente, Fragola del Pratino, della foglia in bilico sul ramo, dell'ortensia rossastra e bellissima che è un peccato lasciare lì.

08 ottobre, 2010

Loro lo sanno.

Sì che lo sanno. Quando non ne ho voglia, quando dico Non Esco e loro insistono perchè sanno che uscire è una medicina, qualche volta, e qualche volta è stare in casa a guarirti, e loro sanno sempre se insistere o no, se provarci o no. Sanno che ci sono dei giorni in cui se non mi sentono vuole dire che sto benissimo e altri invece che se non mi sentono vuol dire che sto malissimo e allora mi chiamano, con una scusa, o passano di qua, che non è proprio di strada per nessuna di loro, ma lo dicono lo stesso, passavo di qua, e Dove Andavi? chiedo e loro fanno le vaghe, ma, sì, boh, ecco. Loro sanno le volte che sto zitta e penso, le volte che parlo senza fermarmi, le volte che. Ieri è stato un bel pomeriggio, dopo una mattina triste, e loro lo sapevano, sapevano anche questo. Mi hanno preparato un grande pacco colorato e molte feste e molte battutacce per farmi sorridere, e alla fine ce l'hanno proprio fatta, che mi lacrimavano gli occhi proprio come quando si ride fino a non farcela più. Loro sono un esercito napoleonico, una forza della natura, una squadra efficientissima, ognuna con un compito precisissimo, chirurgico, insostituibile e non intercambiabile. Hanno personalità diversissime ma anime uguali, affini, vicinissime alla mia. Sono belle e furbe, acute, intelligenti, informate sui fatti, sanno parlare e stare zitte, sanno difendere e sostenere, sanno dire con franchezza Hai Fatto Una Cazzata, che non è da tutti, in fondo, perchè molti ti danno ragione e chissenefrega. Sanno e basta. E sanno anche trovare dei regali bellissimi, utilissimi nella vita, la coccinella sbucciapatate, per esempio, la grattugia col manico, e infine, che il Cielo mi assista, anche il famigerato porta banana da viaggio, di un bel colore fucsia, che ho scartato ieri con beata innocenza in un pubblico luogo, con le signore agli altri tavoli che guardavano curiose, può sembrare quel che non è, ma loro lo han fatto apposta, burlone che non sono altro, mattacchione donne fatte con l'animo diabolico da sedicenni, perfino un pò maiale, mi aiuti a dire, serpenti a sonagli, le mie amiche del cuore.

07 ottobre, 2010

Trenta.


Se ci pensi non li riesci mica a mettere in fila tutti. Uno dietro l’altro, trenta Natali e trenta Pasque e trenta compleanni e ferragosti, trenta di tutto, di niente, trenta volte senza. Il senza che c’è, il niente che c’è, l’assenza che c’è, il vuoto che c’è, se provi a pensarci è diverso da come dicono. Il tempo dovrebbe diminuire, non far più grande, dovrebbe essere meglio, passando i giorni, passando le stagioni, trenta non sono uno scherzo, è una vita, sono due, è l’eternità. Non sono poi così diversa adesso, sono io, così, io senza, ma sarei curiosa di sapere come sarei stata con, invece, cosa sarebbe successo, che giro avrebbe fatto la mia vita, cosa sarebbe cambiato nella me  di adesso, come sarei, così come sono, diversa, sarei curiosa di sapere se riesce a vedermi e se mi ha sentito, qualche volta delle mille che ho parlato con lui, e come sarebbero state le cene tutti insieme, che brutto è stato preparare la tavola con un posto in meno, e poi, mi avresti insegnato a guidare? E come sarebbe stato tutto,  il mio matrimonio, che faccia avrebbe avuto a prendere in braccio il mio primo figlio,  come sarebbe stato Natale con te, mi avresti lasciato farmi quattro buchi alle orecchie? E andare in vacanza da sola? Trenta. Non si cancella e non si impara, forse si soffre meglio ma non si smette mai, la mancanza diventa un soprammobile, un vaso di piombo che lucidi ogni tanto, il piombo lucido non ci diventa, e pesa e pesa, il dolore diventa vuoto e sconfinato, senza margini e contorni definiti, sono grande abbastanza adesso ma sono sempre io, e trent’anni non mi hanno cambiata se ora come allora penso a te com’eri e non so più chi sei, chi saresti adesso, ma amavo quel che eri e così ti tengo, vicino e stretto, forse con te sarei stata migliore, la me che sono adesso l’ha fatta la tua assenza,  il tuo volare via quella sera d’ottobre, la mia gonna blù e il nastrino bianco che ti ho messo sul cuore. 

05 ottobre, 2010

Quasi sera.

Mi piace quest'ora che non è sera e nemmeno pomeriggio, che ancora è chiaro e bello di fuori. Mi piace quest'ora, da aperitivo, da niente, troppo tardi per iniziare qualsiasi cosa, rimarrebbe incompiuta prima di cena, non si fa, magari si può  pensare a cosa fare stasera, un bel film alla tv, un niente di chiacchiere come ogni sera, il libro che mi ha regalato la Vice al compleanno, aveva visto che mi era agitata troppo davanti a Feltrinelli, mi agito sempre quando vedo i libri appena usciti e che mi piacerebbe leggere, ci sono quattro scrittori di cui ho letto tutti i libri tutti,  e alla Vice non scappa proprio niente, e alla fine me lo ha regalato. E' una sera calma, che strana la famiglia a ranghi ridotti, i figli più grandi che studiano fuori, i due più piccoli ancora qui, piccoli si fa per dire, ma più piccoli degli altri, ecco. Ho mille progetti di maglia da fare, richieste della Princi perlopiù, lo scialle Azzu che va fortissimo tra le fanciulle in fiore, piace perchè si gira intorno al collo come una sciarpa, ma una sciarpa non è, è solo un abbraccio caldo, una carezza preziosa di tepore e bellezza, di morbido e di rassicurante, non so. Le cose mi girano intorno e io le lascio girare, non voglio pensieri cattivi, stasera, come da qualche giorno in qua, sono nel periodo dei ritagli, delle cancellature, degli scantonamenti, sto lontano dalle persone che mi opprimono, e credo di farcela, alla fine, sto diventando brava ad allontanarmi da chi mi fa del male e non sono nemmeno tanti, ma quel poco basta già. Ho tenuto una lezione a Emma, proprio io, sull'argomento, me la sono tirata citando Desiderata, che è una filosofia di vita e che so a memoria, e che rileggo spesso, ma tutta proprio non la riesco ad applicare.  Il segreto della beatitudine è dirsi Voglio Solo Stare Bene, compatibilmente con il resto dell'universo che gira un pò come vuole lui, ma proprio non ci voglio rimettere i pensieri, la salute, l'anima, il sentimento. La bellezza di queste sere non va in nessun modo pasticciata da questioni spinose e mediocri, da chi ti dice ti faccio una torta e poi ti porta una pentola piena di fango, non me ne frega, faccio da me, come al solito, come sempre, le torte mi vengono benissimo, non ho bisogno di nulla, grazie, altrettanto, fuori di qui.

04 ottobre, 2010

Il Miracolo del'Acqua.

Il bello è che la senti. Ci ha provato qualcuno prima di me, mica arrivo io bella fresca, Senti Che Bel Rumore mica l'ho inventato io. La pioggia che cade, questa qui di oggi, il primo vero, autentico giorno d'autunno, quello che ti fa dire, ok, ci siamo, questa pioggia che canta sul terrazzo è persino bella, sì. Bella perchè canta, perchè è musica, in fondo, sembra un chiacchierare, eppure nel pratino non c'è nessuno, solo erba fradicia e foglie lucide, senti come fa, puoi indovinarne l'intensità, se smette o no, se aumenta o no. Piove a nastro, diluvia a stecca, piove e basta. Ho preparato un thè, nemmeno ne avevo voglia, ma era bello aspettare che l'acqua bollisse guardando di fuori, aspetto l'acqua guardando l'acqua, ascoltandone il suono,che buffo, è un pomeriggio così silenzioso, lassù nella casa in collina, il Giurisprudente nella sua casa da studente per il primissimo giorno, nuova casa, nuovo ateneo, nuova vita, mi sono trattenuta cinquanta volta dal telefonargli, chiedergli e allora? Ho sistemato la casa scellerata, dopo 4 giorni di assenza, un delirio di cose, ma nemmeno troppe, in fondo, sono bravi e disciplinati questi fanciulli miei e anche il mio Sposo, alla fine, si è ben comportato in mia assenza. Intanto piove, piove tutto il cielo, piovono le nuvole che non si vedono, ma è tutta una sola, enorme, è la nuvola che è il cielo o è il cielo che è una nuvola, piove questo mondo e quell'altro, piove nella mia testa confusa ma contenta, non so bene, incosciente, sorpresa di trovarmi così inspiegabilmente serena, col diluvio di fuori, le gocce che suonano una melodia solo per me e per me soltanto, il miracolo dell'acqua che viene da cielo, che si sente e si vede. Oggi, niente scalfisce l'armonia sottile di un cuore leggero, nemmeno il sibilo del vento, nemmeno i pensieri che sgòmitano per entrare, acqua perfetta da guardare e da ascoltare.

Lo sbaraccamento.

Il luogo è lo stesso, le persone anche, le cose che maneggi anche, gomitoli e cose, scarpine e libri, ferri e volantini, e cavi e ganci e nastro adesivo. Solo, si fa con più mestizia, una sorta di malinconia, che brutto, domani non saremo qui, e anche se si è stanche da paura, che 4 giorni di salone non sono mica uno scherzo, si andare via da qui proprio non se ne ha tutta quella voglia. Che si vede anche dalla fotografia, buia e svogliata, dei mucchi di carta e di scatole vuote, e di fili per terra. Alle mie compagne di banco voglio dire grazie, a chi è passato grazie, a chi si è fermato con noi grazie, a chi è venuto a vedere che muso avevamo grazie, a chi ci ha aiutato grazie, a chi ci ha intralciato grazie uguale, a chi ci ha sorpreso grazie, a chi ci ha fatto perdere tempo ma sì, grazie, a chi ci ha rubato il gomitolo beh no, a quella no. Ho in testa una fila di nomi e di volti e sono quasi certa che non dimenticherei nessuno a scriverli qui e a dire grazie uno per uno, come in fila, , ma quel quasi mi frega e allora va bene così. 

01 ottobre, 2010

Però, che bello.

Certo, confusione ce n'è. E rumore di fondo, e gente che parlaparlaparla e che anche guarda se guardi, che magari un gomitolo se lo fa anche scivolare nella borsa, poteva chiedermelo, glielo regalavo, era meglio così. Siamo qui, gente che passa, guarda e se ne va, gente che viene apposta per noi, apposta per quel Cuore di abbiamo inventato e che adesso, per la terza volta, è qui. Ci sono i corsi, amiche che arrivano da lontanissimo, Ho Portato un Dolce, e si chiacchiera, si ride, ci si salva dalle persone noiose, perfino un pò sfacciate, ce ne sono un sacco, forse un pò meno degli altri anni, ma insomma, comunque. Il Clan delle Casalesi, il gruppo di Vendone, le mie Amiche del Knit, quasi tutte. E' in giorni come questi che si capiscono delle cose, che si riesce a vedere quasi in fondo al cuore delle persone, in fondo agli occhi, forse non nell'anima, ma della tua ne sanno tanto, ne leggono un pezzo ogni giorno e sanno di te cose che forse non sapevi nemmeno tu fino a un secondo primo di scriverle. E allora, che bello trovarle qui, che bello sentire Io So Chi sei, e stare qui, in mezzo al rumore e alla confusione, e dire che cosa grande che abbiamo inventato, che cose belle che stiamo facendo e che bella gente, che bei cuori e che belle anime sono arrivate fino a noi, davvero, che bello.

29 settembre, 2010

Non siamo qui a far ballare l'orso.





Nel senso.
Siamo qui bell'e prese, infularmate, come si dice, agitate, ma così contente, un pò come in gita.
Domani il gran giorno, ma oggi noi qui si prepara. 
E ivi, quinci e quindi, vi si aspetta.

Manualmente
 da domani e fino al 3 ottobre
 Lingotto Fiere, Torino

27 settembre, 2010

Ode ai Calici Disintegrati.

Ora. Càpita che in ogni famiglia normale si abbiano una serie di servizi di bicchieri, come minimo due, uno da tutti i giorni e l'altro per le occasioni. Càpita, lassù nella casa in collina, che i servizi di bicchieri siano più di due: quello per il pranzo, quelli della cena, quelli con Bambi e Cenerentola dei bambini quando erano piccoli e che non vuoi buttare, quelli della CocaCola che per ovvi motivi ne hai una serie illimitata, quelli con i cuori che non vanno in lavastoviglie, quelli che invece qualcuno in lavastoviglie ce li ha messi e i cuori sono sbiaditi, quelli blù, quelli viola, quelli comprati dal rigattiere e quelli di cristallo. Appunto. Quelli di cristallo. Scelti con cura nel maggio del 1994, in un negozio storico di Pavia, mia cognata ed io, lei che ne sapeva e allora mi consigliava, li guardava in controluce, Prendi Questi. Era un regalo per il mio matrimonio, ben perciò era obbligatorio non badare a spese. Quei bicchieri usati ai battesimi, a Santa Lucia, a Natale. E nelle occasioni speciali. Come quella di ieri, quando amici ci han portato in dono un magnum di champagne, epperforza che lo champagne, a berlo nei bicchieri spaiati della CocaCola è davvero troppo da snob. Che calice sia. Anzi, flute, mi aiuti a dire. Gli stessi flute lavati a mano, e senza guanti, con cura fatata, troppo delicati per andare in lavastoviglie, scherziamo davvero, lavati e accuditi amorevolmente uno ad uno, con l'acqua tiepidina, qualcuno giura di avermi visto lanciar loro baci leggeri, nella fase del risciacquo, appena prima di posarli a testa in giù sul ripiano del lavandino, in paziente attesa che si asciugassero da soli, così delicati che perfino il lino dello strofinacci avrebbe potuto esser loro fatale. 




Sono a dirvi, con la morte nel cuore, che un fatto tragico è accaduto ai miei adorati bicchieri.
Il mio Sposo, esattamente Lui, l'Infallibile Uno e Trino, il Profeta, ha inavvertitamente urtato uno dei calici messi ad asciugare con religiosa precisione. E ha giocato a domino. Disintegrandoli in mille invisibili particelle lucenti, che hanno prodotto nello spazio una musica come un concerto di arpa e campanelli, e sul pavimento una coltre di neve brillantissima, dai mille riflessi cangianti e meravigliosi.
Mi ha guardato con occhi pieni di costernazione e richiesta di perdono.
Non ho fatto una piega.
Può succedere.
Come si dice, Chi Rompe, Paga.
E poi, sabato è il mio compleanno.
E secondo un antico documento, i bicchieri brillanti e trasparenti vanno risarciti con altri oggetti, brillanti e trasparenti, da portare al dito, alle orecchie, al collo.
Emmidispiace, bellezza. Stavolta, c'ho ragione.
Eccome, se ce l'ho.

Regina della Quiete.

Strano tempo è questo qua, pioggia e sole, ma chemmimportammè,non mi smuoverei nemmeno se grandinasse, dalle mie parti i contadini  la grandine la chiamano tempesta, e mi ha sempre affascinato tutto questo, Ha Tempestato, sentivo dire da mia nonna, e questo non era una bella cosa, la tempesta rovina i frutteti e i raccolti e l'uva, che da me è oro, ma tempesta è una parola che ha un bel suono, tempesta, e subito dopo c'è la quiete, il sole, la calma. E' un autunno seducente, coi suoi colori e le sue giornate, ancora lente, dolcissime, di quella malinconia benevola, gradevole, sublime. Ci si sente stranamente cariche di un'energia insolita, di voglia di cose da fare, o meglio, di fare delle cose, e di cose da fare ce ne sono un mucchio, ma stavolta non si guardano oblique o peggio, si chiude gli occhi, stavolta ci si sente pronti, efficienti, sul pezzo. Così pronti e carichi che nemmeno sembra lunedì, che nemmeno sembra che si sia dormito a singhiozzi, svegliata almeno sei volte, e a fare che, nulla, nemmeno con l'ansia, solo a scendere in cucina per bere, guardando il buio sul pratino, a controllare i figlioli dormienti, avranno freddo o caldo, guardare i miei figli dormire è così bello, per me, ritrovo l'espressione di quando erano minuscoli e mi ci perdo, e li sveglierei di baci, per dire, ma meglio di no, grazie, che poi chi li sente. Dormo a singhiozzi, in comode rate, mi sveglio spesso, ma non sono nè agitata nè triste, nè disperata, come è già capitato, chi lo sa, sarà il cambio di stagione, sarà che in fondo mi piace, sarà che dormire forse è uno spreco di tempo, io dormo quando sto male, quando voglio scappare, quando mi sento schiacciata e perduta, dormo per non urlare, per non piangere, per non soffrire. Adesso no. Passato il tempo dei magoni, è l'autunno morbido che mi regala questo nuovo essere, questa frizzante normalità, questo semplice stare. Prezioso come le foglie rosse della vite, come le noci cadute sul sentiero del bosco, la meliga secca, i chicchi lucenti del melograno, da infilare uno ad uno e farsene una corona, Principessa del Nulla e del Possibile, Granduchessa del Pratino Disordinato, Regina della Quiete.

25 settembre, 2010

Pioggia e rose.

Pioggina di fuori e rose di dentro. Le rose e la pioggia sono uguali e diverse, uguali loro ma diverse le stagioni, qualche volta. Rose messe a caso, disordinate e sparse, gambi lunghi e corti, strappate, nemmeno còlte per bene, recise con le forbici, no, strappate così, nemmeno le mie, rubate, ma non è rubare se la casa è disabitata, se lascia i fichi in balia degli uccelli e degli insetti, se il cortile è pieno di erbacce e mattoni rotti. Fuori piove sottile, l'ombrello nemmeno serve, ma chi ne ha voglia di andarci, là fuori, le goccioline si prendono meglio in collina, sul sentiero o nella strada tutt'intorno al villaggio, c'è odore di terra e di pace, di silenzio e di erba bagnata, ma non intrisa, appena un pò. E' l'autunno, bellezza. Quello che fa rosse le foglie e poi le fa cadere, quello umido e malinconico, ma struggente e bellissimo, a guardarlo bene, ha dei colori così esclusivi, così unici, così impossibili da replicare, dovresti metterci il rosso, il giallo, e un pò di verde scuro, e poi temperare il marrone ma solo la punta e passarci il dito, e poi la nebbiolina, di che colore la faresti la nebbia d'autunno, che non è mica quella di gennaio, quella è grigia secca, questa no, è dolce e rosata, appena appena, e poi arriva solo fino a metà collina , sta sospesa, non è muro o lenzuolo, quasi vola, spruzzata, non vedi? E' l'autunno bellezza. Quello che ti fa coprire un pò di più, che nasconde quel che resta del sole e del mare, e del sale e della sabbia, quella che ti fa riporre i sandalini flat e i coralli e le magliette leggere, che ti fa venir voglia di cene con gli amici ma a casa, a cucinare ognuno qualcosa e a  chiacchierare fino a tardi, e mentre chiacchieri fare la maglia, che nessuno storce più il naso oramai, che si sono abituati e nessuno lo nota più. Così, rose e pioggia, pioggia e rose d'autunno, rose rubate perchè ancora bellissime, di un colore che acceca, rose e pioggia leggera, che forse ha già smesso, vado e vedere, lo dicevo io, che nemmeno serviva l'ombrello.

24 settembre, 2010

HermésCestino.

Come si dice in questi casi, coi dishcloths prima e con gli scialli poi,  M'è Presa Secca.  Sarà che piacciono così tanto, sarà perchè è così divertente farli, sarà che Manualmente è vicino e  con esso l'ansia da prestazione,  e non è che a un evento del genere si possa tanto farsi trovare impreparate. Perciò, testè mi accingo a presentarvi l'ultima creazione, la penultima, in verità, l'Hermés Cestino. Esso deve il suo nome non solo al color tortora-cappuccino-biscotto tanto caro alla maison francese, ma anche e soprattutto ai nastrini di recupero tutt'intorno con mestiere annodati. E cosa dire poi, dei maxi bottoni vintage, veri e propri gioielli di raso e perline, fatti a mano essi pure?
In variante Chanel,  il CocoCestino. Perle a biglia grosse come albicocche, bottoni vintage anche qui, ma di strass e perline. I cestini sono una grande invenzione. Rendono la vostra bicicletta unica nel suo genere, riconoscibilissima anche a km di distanza, ti fa dire Questa Qui è Lei, se la vedi appoggiata con grazia a qualche muro o legata a qualche palo. Senza contare poi, l'aspetto pratico di tutta la questione, Chi mai potrebbe rubare una bicicletta con un cestino così appariscente? 

23 settembre, 2010

Beato Giovedì.

Si capisce che è giovedì. Non so bene da che cosa, ma si sa. Il giovedì è da sempre un giorno molto citato, nella tradizione popolare. Giovedì è giornata di gnocchi, si dice. Oppure, Sei Sempre In Mezzo Come il Giovedì, si apostrofa dalle mie parti oltrepadane chi ti sta sempre intorno e che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma oggi, di posto giusto ve n'è uno soltanto, il BioCafè di Vicolo dell'Erba, e il momento non poteva essere più gradevole, mi aiuti a dire. Si knitta il giovedì, come, non lo sapeva ancora? I giorni dopo l'estate sono zeppi di progetti e di cose, non si vede l'ora di lavorare la lana, mi farò una maglia, io un cappello Slouchy per l'inverno inoltrato, io invece scialli, scialli, scialli in quantità. E' un bel momento. Ci si prende qualche ora, al massimo 3, si fanno salti carpiati con triplo avvitamento per non arrivare troppo tardi, trafelate, perlopiù, coi  ferri in borsa, uno schema ostico o  una roba inventata non fa differenza. Oggi, nella fattispecie medesima, si parlerà di Manualmente, dove saremo, allo spazio Cuore di Maglia, per il terzo anno consecutivo. Inutile dire che colà vi si aspetta. Sia oggi al knit che a Manualmente, da giovedì prossimo, 30 settembre a domenica 3 ottobre. Ora che ci penso, manca solo una settimana, il Salone del Lingotto è già giovedì prossimo. Lo dicevo io, le cose migliori succedono di giovedì. E a pranzo, gnocchi. Mi sembra il minimo.

22 settembre, 2010

Brilla la brina.

E sempre così bello far colazione guardando fuori. In realtà, la mia colazione è divisa in tre, la prima coniugale, nel senso che siamo soli, il mio Sposo ed io, la seconda coi figlioli che si avvicendano in cucina, e la terza privata, privatissima, solo mia. Questa terza è la più calma, la più meditabonda, la più silenziosa. Silenziosa si fa per dire, ci sono tutti i rumori del pratino e della collina, e poi i colori e le foglie e i buchi della talpa che il giardiniere le dà la caccia ma io gli ho già detto di lasciarla in pace, che non mi importa di avere il pratino smosso, anzi, mi piace, e mica ci devo giocare a golf, che per quello c'è la mia Amica delle Lampadine, che sa ben lei dove si deve andare, non certo qui. E poi, stamattina, lo spettacolo della brina, che mi affascina da sempre, ghirigori luminosi non proprio ghiacciati, è solo autunno, alla fine, ma tante goccioline messe in fila sulle foglie, sulle ragnatele del Ragno Ingegnere che abita il ciliegio, e che fa ogni volta dei veri capolavori di precisione da fare invidia alla mia Amica dei Ponti, lei sì che li sa fare bene. E' una bella mattina, so che la sarà, ho un sottoscala da mettere a posto, alla ricerca di un servizio di tazze colorate che voglio affidare al Giurisprudente per la sua casa da universitario, e so che sono lì, dietro un migliaio di altre cose, e mi piace di ficcarci il naso, perchè so che lì dentro c'è tutto quel che c'era in un'altra casa, quelle cose che quando cambi gusti e arredamento metti via e dici, Mi Serviranno Più In Là, ma che non butteresti per niente al mondo mai, e che ti fa piacere ritrovare ogni tanto. Mattinata di casa, a stendere una tonnellata di cose più o meno, distratta dal gatto, dalla salvia da innaffiare e da questi gioielli privati, messi a caso sulla siepe, tra il ciliegio e l'acero, tra il rosmarino e le ortensie, gioielli preziosi di lucida brina, fili sottili di millemila goccioline perfette, l'autunno è così da queste parti, brilla di brina e fa l'animo sereno. Non male. 
Ph. Francesco Galifi.com

20 settembre, 2010

Che mondo vuoi.

Ti studio da giorni, sei materia difficile, incomprensibile, parli pochissimo, non sorridi mai o quasi, ed è così strano per te, luminoso come sei. Sembra che tutto il mondo si sia seduto sulle tue spalle, un mondo che non sai, che non ti assomiglia, che ti fa male. Che mondo vuoi, figlio del mio universo, gemma della mia collana più preziosa, che mondo sei, dietro quegli occhi sgranati e quello sguardo che rapisce, che mondo hai, dentro quel cuore trasparente, quell’anima bella che mi scivola di mano, che non so più leggere,  che non so.  TI vedo così, silenzioso e assente, strano e lontano, certe volte, Ma Cosa C’è, ti chiedo, Ma Niente Mamma ma quel niente mi sembra così tanto e schiaccia il mio cuore che ti vorrebbe ancora appiccicato a sé, e invece non si deve, il mio cuore che vorrebbe sapere a memoria le cose che fai e dici e pensi ma che non è possibile, è la legge della vita e del tempo, il mio cuore, che vorrebbe sapere tutto sempre e avere rimedi per tutto, sempre, e sapere cosa dirti per farti stare meglio, sempre. Il sempre non esiste, non con la vita né coi figli, sempre è un avverbio di tempo, che è uguale a spesso e a mai e che ha un significato relativo,se ci pensi bene. Che vita vuoi, che vita immagini,  quali grandi sogni si nascondono sotto il tuo cuscino, quali giorni ti aspetti, quali gioie e quali delusioni e quali progetti e quali lotte e quali ideali.  A crescere si fa così, ci si sente un giorno invincibili e il giorno dopo impossibili, e i figli maschi non raccontano niente alle madri ansiosissime e preoccupate, e le lasciano lì, a scrutare di nascosto se un po’ sorridi e ti è passata, ma sappi che sempre, sempre, sempre avrò per te un amore sconfinato e lucido, struggente e meraviglioso da regalarti  ogni giorno, anche se non è il tuo compleanno, e sempre, sempre, sempre sarò qui a studiarti e a volerti, più di ogni cosa al mondo, felice delle tue scelte, dei tuoi pensieri e della vita che ti ho dato. Perché sempre, in questo caso non è solo un avverbio di tempo. 

19 settembre, 2010

Domenica.

Ma come. Davano pioggia. Ma chi dava, e soprattutto a chi. E' che si dice così, quando si sente che farà belo o brutto o così così. C'è il sole, mi sa che non dura. Finchè c'è, però, meglio bearsene, il sole d'autunno è molto speciale, nessuno ha ancora voglia di castagne e camini, e questo interregno tra l'infradito e la sciarpa di lana ci piace eccome. La domenica è iniziata da poco lassù, nella Casa in Collina, è la prima domenica seria, per dire, la prima dell'anno scolastico, anche se si fa tutti finta di niente, si fa ancora tardi come se fosse vacanza, come un giorno qualunque, così. Si cerca però di riprendere qualche abitudine un pò invernale, con scarsi risultati, invero, ho bruciato i mini cake alla marmellata di fragole, non trovo una tovaglia che mi piace tanto, e altre gravissime questioni da scema. E' domenica di sole a sorpresa, posso organizzare un viaggio a piedi fino in paese, passando dal sentiero, per vedere che cosa ha combinato la pioggia di ieri nei campi, sembrava una roba da niente, e invece no, ha piovuto a stecca, ci sarà fango, forse. Posso leggere fino alla nausea, cucinare per un plotone, anche se non è domenica senza il QuasiVeroIng. che sarà  a pranzo, suppongo, a Buckingham Palace. Posso stirare fino alle convulsioni, stare sul divano fino a perdere conoscenza, scendere in città alla festa della birra e tornarne sversa. Intanto, mentre decido, provo a rifare i cake alla marmellata di fragole, e mentre ci sono, a decifrare questa inquietudine sommessa, questa specie di calma accesa, che nemmeno mi dispiace, che nemmeno si sta male, in fondo, e che alla fine, magari, troverò pure la tovaglia.

17 settembre, 2010

L'invasione dei Grilli.

Se ne trovavano un pò dovunque. Sul tappetto, negli angoli, sui gradini delle scale. Qualcuno aveva perfino organizzato un rave party nel lavandino. Da dove venissero, nessuno lo sapeva. Nè dove andassero. Certo, in una casa in collina, non era raro trovare qualche ospite non umano, ragni e coccinelle e api e lucertoline. Ma i grilli, questa volta, avevano fatto un piano, decisi ad invadere con grande spiegamento di forze la Casa Lassù. Non erano fastidiosi. Li trovavi, dicevi, toh guarda, eccone un altro, e la faccenda finiva lì. Non erano pericolosi, nemmeno brutti, alla fine. DI ucciderli, proprio nessuno se la sentiva. Ma la domanda era Perchè Così Tanti? Difficile dirlo. Ma ciascuno degli abitanti la Casa, aveva una sua personalissima teoria. I maschi dicevano essere creature aliene, che ce lo si doveva aspettare prima o poi, e che il 2012 era vicino e bla e bla, terrorrizzando la Candida Princi, un pò per vero un pò per finta. Il Capitano non aveva opinioni a rigaurdo, anzi, non che gliene importasse granchè alla fine, lui nel tempo libero divide le acque e moltiplica pani, che vuoi che gli cambi   una manciata di grilli sparsi per casa  Ma c'era chi si faceva domande più mirate, chi aveva messo a punto una personalissima teoria. Nascosto fra tutti i comuni i grilli di casa ve n'era uno speciale, proprio Lui, il Grillo Parlante, che era venuto in visita alla Scrivente. Non che se ne sentisse il bisogno, ma il buon Grillo aveva visto da dentro il Libro che qualcosa non funzionava a dovere, e in men che non si dica era scivolato fuori, salito le scale davanti alla lavanderia e si era appostato, pronto per affrontare la Scrivente e finalmente parlarle. Cosa avrebbe mai da dirmi un Grillo Parlante, in cosa sono mendace, quale colpa ha la mia povera coscienza, da cosa mai dovrò essere salvata o messa in guardia. Non lo so. So soltanto che a me, 'sta storia dei grilli che mi girano per casa non mi piace nemmeno un pò, e ci ho provato a vederci il bello, la natura e robe del genere, ma mi sa che domani prendo il Folletto e li aspiro tutti, e se il Grillo parlante c'ha qualcosa da dirmi, bene, che lo faccia ora, che domani, caro il mio Grillo, è troppo tardi.

16 settembre, 2010

Son soddisfazioni.

 Questa è una vetrina. E questa è una bicicletta. E fin qui. La cosa che rende la faccenda lievemente diversa è che, primo, la vetrina è di un negozio del centro e, secondo,  la bicicletta è il premio di un concorso. Prego però concentrare l'attenzione sul cestino. Che l'ho inventato io. Che l'ho fatto io. E che altri e altri me ne han chiesti. E che altri e altri ne farò.
E nonostante oggi sia stato un bel pomeriggio impegnativo, cara la mia signora, questa qui è una bella fetta di soddisfazione. E in tempi come questi, mi aiuti a dire, meglio una soddisfazione in mano che cento che volano. Licenza Poetica, và.

15 settembre, 2010

La Bici e il Microscopio.

Ho fatto un viaggio ieri, un viaggio a capirci qualche cosa, mi sono decisa alla fine, tra quelli che mi dicevano non è niente e quelli che invece è meglio che ci vada. E' così strano dover farsi dire dagli altri come stai, tu che lo sai benissimo come stai certe volte e allora, che te lo fai spiegare a fare. Solo che c'è chi lo sa dire meglio di te, che ti fa dire le cose che non sai, o meglio, sai ma che non sai come tirare fuori, mettere a fuoco, da piccola avevo un microscopio, mio fratello ci guadava di tutto, il guscio dell'uovo, le formiche, io non ci vedevo mai niente, solo annebbiato, Ma Come Fai A Non Vedere! e toglievo gli occhiali e strizzavo gli occhi e giravo e giravo la rotellina della messa a fuoco, ma niente, solo ombre finchè alla fine lui si stancava e mi diceva Va Bè, Fai Un Altro Gioco. Io non so guardare col microscopio, so solo andare in bicicletta e giocare a nascondino, ora come allora, e forse la bicicletta mi servirà per fare questo viaggio meglio e più veloce, e riuscire a capire qualcosa, se sto bene o se sto male, ma male no, non ho male da nessuna parte, ma forse qualche volta sono i dolori che non senti sul serio a farti ancora più male, sono quelli che ti porti dietro e a fianco, le valigie pesanti, i chiodi sul cuore e la bicicletta quando è bucata, che a salirci si rovina e a portarsela così, di lato, è faticoso e la casa ancora lontana, il sentiero pieno di sassi e fra poco pioverà. A guardarsi dentro si hanno sorprese bellissime, qualche volta, si scoprono cose che credevi di aver perso, e trovi un sacco di risorse per uscire dalle situazioni e dalle cose, e forse sto solo diventando più saggia o più incosciente  e non so che differenza c'è, o forse ho soltanto imparato a girare la rotellina del microscopio.

14 settembre, 2010

Il cielo è rosa.

O almeno lo era, mezz'ora fa, forse di più, forse anche meno, non ho mica guardato l'orologio, guardavo fuori,  al di là degli alberi, oltre la siepe, là in fondo. Il cielo è rosa se guardi bene, quasi uguale all'alba o quando il sole va giù, cambia solo la prospettiva,le situazioni, le cose. Il cielo è rosa, colorato a pastelli, che sembra così leggero a vederlo da qui, così semplice, chi avrà messo quel colore nel cielo, questa mattina di metà esatta di settembre, no, la metà esatta sarà domani, ma che bei giorni di sole fresco sono questi qua, la scuola iniziata ieri, il Liceale che sta meglio e si rifiuta di tagliarsi i capelli, e io che non insisto, è così bello a riccioloni sfatti, anche se è magromagro dopo tutta quella febbre. Il cielo rosa fa di questa mattina una mattina quieta, alla fine, dove l'essere contenti non è fondamentale ma aiuta, dove si inventa un gioco da fare con se stessi, gioca a non trovare niente che ti scalfsca, a non cercare ad ogni costo qualcosa per cui stare male, gioca a nasconderti dai magoni e da quel peso sul cuore e sullo stomaco, non vedi che bel cielo che c'è, che da rosa è diventato turchese, e allora e perciò, decidi che oggi starai benebenissimo, che i magoni lo sai, sono strane creature, non sono nemmeno troppo furbi, se ti nascondi bene non ti troveranno mai.

11 settembre, 2010

Si guarda avanti.

Si guarda avanti che è meglio.
Si prepara Manualmente.
Dove ci sarà Cuore di Maglia.
Che sarà dal 30 settembre al 3 ottobre.
Che come al solito sarà a Torino, al Lingotto Fiere.
Che come sempre ci sarà di mezzo il mio compleanno.
Che come di consueto sarà un delirio allestire e un delirio sbaraccare, ma sai il divertimento.
Che ci saranno corsi di scialli e di cose.
E il Knit Cafè tutti i pomeriggi.
E un sacco di chiacchiere.
E un sacco di gente da incontrare, da ritrovare, da riabbracciare.
Che presidieremo Cristiana, Emma ed io sempre, ma che tante, tantissime di noi passeranno di lì, anche per un saluto al volo, lo hanno promesso.
Che anche da Roma e da Firenze e da Milano e da Genova e da Bologna eccetera.
Che siamo sempre al nostro solito, bellissimo, luminoso posto, proprio davanti al bar.
Che così quando siamo sfatte, ci guardiamo e ci diciamo, Dai, Un Caffè Ci Vuole.
Che ChiSoIo porterà la torta come ogni anno, e questo è il terzo, accidenti, il terzo.
Che mi piacerebbe che tutte le persone che leggono passassero di lì a dirmi SeiTu? come l'anno scorso.
Che poi alla sera, è vero che si è bell'e stravolte ma che è una meraviglia di stravolgimento, non so come dire.
Che poi, allora, coraggio, non siate timide, noi colà saremo e colà vi si aspetta, come al solito, come sempre.
Manualmente
Lingotto Fiere Torino
Dal 30 settembre al 3 ottobre
dalle 9,30 alle 19,30
Il calendario dei corsi lo trovate qui.

10 settembre, 2010

GrigioSfiga Shawl.

Recita un antico adagio "Se non sai le cose, sàlle". Sappi che le grane non vengono mai in numero minore di quattro o suoi multipli, che la tabellina del quattro, grazie a Dio, la so. Sappi che alla voce Grane vengono catalogate una serie di cose, mai troppo gravi, mai irrimediabili, ma che alla fine, messe una sull'altra fanno una grana di dimensioni giganti, perchè è la somma che fa il totale e anche questa la so. Sappi altresì che di solito le Grane arrivano proprio nel momento in cui ti rialzavi un attimo, uscivi il capino fuori dalle sabbie mobili, per dirla sgrammaticata ma con eleganza estrema, nel precisissimo istante in cui stavi per prendere un bel respiro e dire, pfui, anche questa è passata. Non ci facciamo mancare niente, una gita all'Ospedale che male non fa mai, come con chi, col Liceale, manco a dirlo, che ha deciso di farsi venire qualcosa che sembrava grave e invece grazie al Cielo non lo è, ma chi lo dice che poi una pleurite sia cosa da nulla, e sì che avrebbe dovuto saperlo che con la tosse da orso non si scorrazza in moto sù e giù per le colline e non si esce fradici dal calcetto, che la tosse sennò decide che si trova così bene e non lo molla più. Detto, fatto. Inizia la suonata di antibiotici e tachipirine, eppure mi sembrava che il lunedì che viene avesse un impegno, ah già, la scuola, come no. Fatto sta ed è che un altro pensiero oscuro si somma agli altri pensieri oscuri, così tanti che mi ci faccio una collana, un mantello, una tovaglia per il picnic. Avevo messo sù questo scialle, che non proprio di scialle trattàvasi ma di stola semplice, di un colore avulso, lo so, ma di una morbidezza inaspettata. E' Triste, Mamma,squittì la Princi. Tra le mille cose da sapere, alla voce SeNonSaiLeCoseSàlle, c'è anche questa. Non iniziare un lavoro di un colore triste che va da sè che te tu ti porti sfiga da sola medesima solinga. Lo terrò presente. Echeppalle, però.

09 settembre, 2010

Ci risiamo.

Bello è bello. Anzi, bellissimo. Un pò come questo qua. Noi qui da un pò ci s'ha la fissa per gli smalti. Introvabile anche questo, mi pare il minimo. Già Lei ne aveva parlato, e Paradoxal di qui, e Paradoxal di là. Niente di meglio di un quieto dopocena, i figlioli sparsi, lo Sposo assorto, sedute in cucina a imbellettarsi un pochino, con sapiente lentezza, a disquisire di riflessi e texture,  che non s'ha d'andare in nessunissimo luogo, ma che questo smalto violaceo cangiante che vira al grigio e strizza l'occhio al melanzana, con uno sguardo all'indaco e una punta di  perlaceo, ci piace, ci piace proprio un sacco. Come si dice, Le Cazzate Son Carezze, e di ciò, mi aiuti a dire, son ben esperta.  L'autunno arrivi pure quando vuole. Io, nel frattempo, mi sono portata avanti. 

Non importa dove.

Dimentico. Cincischio. Perdo tempo. Mi balocco. Guardo fuori. Penso. Non ho ancora inserito la modalità On, nel mio complicato cervello, non già perchè è mattina, ma son giorni e giorni. Semplicemente, sto spenta. Non spenta nel senso brutto. Spenta nel senso di non accesa. Faccio cose automatiche, di riflesso, mi lascio trascinare, spostare come un vaso, non sono io a camminare, sono le gambe che lo fanno per me. C'ho l'ansia, leggera, leggerissima, per le cose che dovrei fare e le dimentico, con precisione. Non ho nemmeno ordinato i libri per la scuola dei ragazzi, è compito mio da tempo immemore, sì, mi è venuto in mente,ma poi mi è passato, così come è venuto, dimenticato, scusate tanto. Tutto ciò dovrebbe buttarmi in uno stato di prostrazione, per dire, madre degenere, donna sciagurata, vergogna!, e cose del genere. Niente di tutto ciò. Rimango così, percossa e attonita, la prima frase che mi verrebbe in mente è chissenefrega, la seconda è Ci Passo Domani, la terza è che non ci sono frasi da dire, e allora va bene. A studiarlo per bene il mio cervello, ha tre modalità. On e Off, Come tutti i cervelli del mondo e una terza, a sorpresa. La modalità Fly. Nel senso che son volati via i pensieri e resta il niente, zero voglia di zero, tutto mi scivola addosso come l'acqua sulle oche, nel senso che ogni cosa che mi venga in mente non ci resta per più di tre secondi, nel senso che in giornate come queste l'unica cosa da fare sarebbe volare via. E nemmeno m'importa di sapere dove.

07 settembre, 2010

Non ho sonno.

E' così raro. Raro che non dorma, a quest'ora di notte, che anzi, abbia ancora voglia di andare in giro per casa, fare una torta, leggere o semplicemente stare qui, sul terrazzo buissimo, ad annusare tutta la notte che c'è. Ce ne saranno ancora poche, così, tra non molto non si potrà più stare a quest'ora, fuori, leggerina così. E' una notte profumata, che è un peccato mortale chiudere fuori dalla finestra, ho inventato tutte le scuse del mondo, ho voluto vedere se era nuvoloso, se avevo ritirato le cose stese, ho persino portato fuori l'indifferenziata, cosa che faccio al volo il martedì mattina e quasi sempre mi dimentico. E' una notte che sembra perfetta, e forse la è e non lo sa ancora, preziosa, come solo le notti così sanno essere, c'è una specie di festa stasera qui, amici dei figli in visita da un'altra città, una specie di ripresa di vacanza, di quelle vacanze mai smesse che hanno i ragazzi, di quel trovarsi, di muoversi in gruppo, di stare bene insieme. Arriveranno tra poco,li aspetterò qui. Ho apparecchiato una tavola per la colazione che sembra un collegio, tante scodelle a cuori, sono 8, non le metto mai tutte insieme, è questa un'occasione speciale. C'è un vento leggero, indolente. Scuote appena le foglie del ciliegio, passa pianissimo tra le foglie della menta e quella nemmeno si accorge di lui, intenta com'è a guardare anche lei questo buio del prato, questo buio che sa a memoria, eppure. Ci sono i grilli e le cicale, un aereo che passa e non si vede, dicono che domani pioverà. Stasera, mi regalo questa notte fresca, questo profumo di pace e di respiri quieti, di chi dorme già nella casa in collina. E' una notte che mi piace e mi sorprende, proprio io, che di solito svengo alle 10 o giù di lì. Mi regalo questo buio bellissimo, queste nuvole che mi nascondono le stelle, questo fresco vento. In notti come questa ti piace pensare che il mondo gira piano e come desideri, che la tua vita, alla fine, è proprio bella e luminosa, e che qualche volta, è proprio un dono del cielo stare svegli, beati,  e guardare nel buio.

05 settembre, 2010

Dimanche.

Ancora pigri e indolenti, lassù, nella casa in collina. Indolenti neanche tanto, vista la quantità di cose che si riesce a fare, svuotare armadi, far progetti, andar per case da studenti, verificare che forse si hanno troppi servizi di piatti e meglio sarebbe contattare un rigattiere, chi lo sa, o regalarli a qualcuno, ma non ci si separa mai volentieri dalle cose di casa, da quel primo servizio da 6 che adesso è forse da 3, ed è spaiato e sbeccato, ma si è comprato emozionatissime da Croff in via Roma, quando Croff c'era ancora ed era in via Roma, per dire, e non ci si capacitava del fatto che sì, eravamo noi, ero io, a scegliere quei piatti a fiorini rosellini, per una casa provvisoria, per una storia che provvisoria non è stata mai dal primo primissimo secondo che. Sono una donna all'antica, credo, mi attacco alle cose, agli oggetti, ho dei coltelli con i manici a verdura, dozzinali e un pò kitch, che hanno attraversato insieme a me tutti i traslochi della mia vita, valore effettivo credo tre euro complessivi, forse meno, per me più della corona dello Zar. Così, si inizia. La scuola ancora lontana, un sapore di vacanza lenta e tranquilla, forse un ospite perugino tra qualche giorno, uno del 12, stavolta il passare il muretto è un pò più lungo, ma che importa, in fondo. Domenica settembrina, la vendemmia iniziata, un invito a pranzo nella famiglia più allargata del mondo, dove le parentele si inventano lì per lì, a piacer nostro, che non è la legge ma il cuore a dire chi siamo davvero. Domenica di semplicità estrema, un pacco di cannoli da plotone riposa in frigo pronto per essere consegnato e divorato, un classico, la domenica si va a pranzo con le paste, si sta in terrazza, si chiacchiera di cose e si sta in pace. La vita ti riserva delle sorprese amarissime e dolcissime, basta saperle assaggiare tutte e essere pronti, elastici e scattanti, mai mesti o rassegnati, mai troppo sicuri di sè medesimi, mai troppo chiassosi. Le cose importanti, quelle vere e degne, succedono sempre un pò per caso, ci si tengano strette le cose care che son pochissime, a guardare bene, che sono i piatti sbeccati coi fiorini rosellini, che sono i coltelli col manico a verdura, che son le persone che dormono beate sotto questo tetto, quelle che passano di qua, quelle che ci piace vedere, quelle che cugini e zii, sì, che non la legge ma il cuore.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...