29 aprile, 2007

Dite a Jo che l'adoro.

Oh, sì, ci ha tenute per un pò con il fiato sospeso. Questo benedetto pacco non arrivava mai. Un Purple Meme fuori programma, privatissimo, solo per due fanatiche del colore viole in tutte le sue più deliranti declinazioni. Quello che abbiamo portato a termine nei giorni scorsi, la Jo e la scrivente, è quanto di più gradevole, elegante, sorprendente possa mai venire fuori dalla blogosfera. Alla fine il mio pacco è arrivato a lei, e il suo, eccolo qui. Una trousse di seta, carta per foderare i cassetti gusto lavanda, orecchini smaltati, incensi, una coperta di pile a cuoricini, e poi saponi e portacandele, un biglietto dalla sua collezione privata e una fila di perline decorative da mettere dove mi va. Bellissimo. Scoprire che, da qualche parte, c'è qualcuno che ha le tue stesse passioni, che ricama in modo dannato per ore, che compra a raffica oggetti improbabili viola purchè viola, è davvero una grande sorpresa, un regalo, non so come dire. La felicità viaggia attraverso le Poste Italiane. Colorata di viola, com'è ovvio.
Grazie, Johann.

27 aprile, 2007

La scatola dei bottoni.

Una specie di terapia. Un gioco rilassante. Un quarto d'ora di assenza, per così dire, dal reale. Sistemare la scatola del cucito, sì, quella che si tiene in lavanderia, con le forbici, gli aghi, il filo, i bottoni delle camicie e il centimetro, è come passare in rassegna un tempo non troppo recente e non troppo passato. Si sgranano, uno per uno, si fruga col dito indice alla ricerca di un bottoncino rosso, e un pò si indugia su tutti gli altri, come, certo che mi ricordo di voi! Tu sei quello di un tailleur nero, quello d'ordinanza, per intenderci, e tu sei l'automatico scappato dai primi jeans della Princi, taglia 18 mesi. Qui invece, un alamaro di un montgomery, che carini i miei figlioli maschi col cappotto uguale, a tre e sei anni! E il cursore di una cerniera staccatosi da una tuta da sci e conservato, chissà perchè. E' incredibile come uno scrigno tanto prezioso possa racchiudere in sè tanti piccoli segreti e storie, tante feste di compleanno, tanti regali, tante occasioni da ricordare attraverso un piccolo dischetto, di osso o di plastica, di madreperla o di legno. E i rocchetti di filo, le cartine dei bottoni ancora intonse, possibile che nessuna camicia abbia mai i bottoni uguali-uguali ad un'altra? E poi stringhe, toppe, pannini adesivi da stirare sugli squarci nei calzoni, dall'interno e con sapienza, se no viene un pasticcio, non lo sapeva? Quel che manca, nella mia scatola da cucito firmata Seletti, recente acquisto del quale vado molto fiera, è l'uovo di legno. Sì, quello per rammendare i calzini. La risposta è ovvia, io non so rammendare e le calze coi buchini le faccio volare. Però, a ben pensarci, una vera scatola da cucito non può dirsi tale senza questo aggeggio. Provvederò al più presto. Non me ne farò nulla, ma mi sentirò tutt'altro che desperate, al prossimo giro in questo scatola. Efficiente, organizzata e sognatrice. Ma questo, che ve lo dico a fare.

25 aprile, 2007

Liberi di.


Ma dove sta scritto che i regali debbano per forza avere carta, scatola e nastrino? Un giorno di vacanza, così, a metà settimana, è quanto di più celeste si possa immaginare. Certo, io non amo granchè questa giornata, per motivi miei, ma in fondo, basta fare un piccolo sforzo mentale e considerare che oggi, che so, sia il 26 o il 27 e, bando alle tristerie, si potrà beneficiare in tutta scioltezza di una bella giornata di assoluto...di assoluto...nulla, ecco, di assoluto nulla. Che si potrà stare in sottoveste fino all'ora di pranzo, che ci si potrà fare un bagno profumato al gelsomino e concludere i progetti di ricamo, di lettura e giardinaggio. E con assoluta noncuranza dimenticare che ci sono i piumini da sistemare, e i cappotti da far migrare dall'armadio di sotto a quello di sopra. Un lavoro ingrato, certo, molto più piacevole del suo contrario: che meraviglia è riporre il piumino e riesumare un pareo, un pantaloncino di tela, un jeans a fiorellini che è una meraviglia del Creato! Comunque, oggi nulla di tutto questo. Forse un impacco alle chiome, presto sottoposte a uno stress di vento e sole, forse una merenda in giardino, se una chiassosa famigliola ci farà dono di venirci a trovare. C'è un pane che cuoce, uno sposo che legge,una bimba che suona, due figlioli dormienti. Un regalo perfetto, signora mia. Anche senza scatola, carta e nastrino.

22 aprile, 2007

Si deve.


Si deve. Si deve passare qualche giorno in silenzio, con la testa ferma, in standby, più o meno. Si deve avere tempo di fare un pò di ordine nei pensieri, spolverare qua e là, piegare per bene le cose che ci sono in giro, lavare i vetri, magari, ma i vetri, in testa, ma mi vuoi dire dove diavolo sono? Sono stati giorni strani. C'è stata la tristezza e l'incapacità di spiegare a un ragazzo di diciassette anni, come un suo coetaneo può morire in moto, una sera di aprile, sbattendo la testa sul selciato. C'è stato il lavoro, le cose, le questioni di tutti i giorni che ti portano via tempo e mente e cuore, anche, quello sempre, ce lo metti in ogni cosa che fai, sia scaldare il latte che parlare ai tuoi figli. Giorni scoloriti. Giorni indaffarati. Giorni e basta. Ma qualche volta serve davvero dirsi, ok, ho girato come una trottola, ho fatto tutto e il contrario di tutto, disfatto, qualche volta, bisticciato, baciato, discusso, consolato, comprato, apparecchiato, creato e gestito. Adesso, ferma così. C'è una nuova settimana lucida che aspetta dietro la porta di ingresso, ci sono giorni nuovi e nuove mattine e nuove sere e nuovo tutto. Si riparte, un pò meglio, magari. Forse, si deve cercare di fare un pò meno cose contemporaneamente, attiva va bene, ma bionica non è proprio possibile. Fuori, una bella mattina. I fiori, il cucù, la salvia ad asciugare e il lillà. Dentro, un pò di confusione. E dentro-dentro, anche. Ma si inizierà, con calma, si farà una cosa alla volta senza farsi prendere dall'ansia, dalla fretta, dal tutto e subito. Si può. Si deve.

19 aprile, 2007

Porcellane, chiacchiere e knit.

La location è splendida davvero. Un tripudio di piatti e tazzine, posate e copriletti e tovaglie e bicchieri e tappeti e fermaporte e teiere. Molto country, provenzale, retrò, a roselline, fiori e cuoricini, da perderci la testa. Ci siamo trovate solo in 4, chi andava e veniva, chi sbirciava, a curiosare, senza il coraggio di entrare, come spesso accade. In realtà, siamo state tutte così frullate in questi giorni, le vacanze, i rientri, i figlioli e le udienze, e le cose, che ad organizzare questo simil Knit Cafè abbiamo fatto un pò di confusione. Dove e a che ora e quando e se, ma allora si fa, no non si fa, o forse sì, ma alla fine ci siamo accordate tra di noi, chi voleva, veniva, e anche se fino all'ultimo nessuno era sicura di esserci, alla fine ce l'abbiamo fatta. Anche Flavia, alla fine, ha spinto la sua bici fino a noi. In poche, ma efficienti.


Siamo anche riuscite ad insegnare ad Eugenia, garbata e perfetta padrona di casa, i misteri del punto diritto. Così, tra un thè freddo, una maglia rasata, una chiacchiera e una confessione, ci siamo regalate due ore di scialo, così, per gioco, un regalo di Pasqua arrivato in ritardo. Una delizia. Certo, c'era anche un'infiltrata con il punto croce, ma noi, signora mia, mica ci formalizziamo, sa? E perdoniamola, questa magica Patti!

Da rifare appena si può, appena si vuole, appena ce ne torna la voglia. E, in assoluto, un giro da Blanc. A mani vuote, da lì, non si esce di sicuro.


Blanc - Alessandria
Via San Giovanni Bosco, 14
tel.0131 251213

17 aprile, 2007

L'amore che guarda.


Di alzarsi non ne avevano voglia. Ci credo, hanno assaggiato l'estate, la spiaggia e le onde e il vento, e adesso, di libri e compiti e di esami, anche, proprio non ne vorrebbero sentir parlare più. Li sveglio a baci, e poi con la musica, e loro lì, a coprirsi col lenzuolo, la testa sotto il cuscino, a masticare assonnati Ancora Cinque Minuti. E quando, miracolo, li vedo scendere dalle scale, pinti e tratti, non tanto pronti per un giorno nuovo, li guardo. Li guardo perchè al mattino hanno una luce chiara e indifesa, l'espressione imbronciata e dolcissima di chi ha ancora il sogno della notte appiccicato, lo sguardo implorante a dire Non Ne Ho Voglia. Escono, uno per volta, e io lì, incantata a guardarli. A vedere che, forse, sì, si dovrebbe tagliare un pò quei riccioli, ma gli danno un'aria così mascalzona e affascinante, e poi, l'altro ha la maglia stropicciata, ma era in ritardo, suo padre già fuori ad aspettarli, che la Princi ha preso 2 cerchietti al volo, deciderà in macchina quale mettere, per oggi. Li guardo e sorrido. Un sorriso dalla finestra, che loro non possono vedere, un sorriso che li accompagni per oggi, un sorriso che è pieno di fai attenzione e non metterti nei guai, un sorriso che li vorrebbe scaldare e proteggere e scortare e sollevare e coprire e difendere. Il sorriso del cuore. Perchè è il cuore a sorridere, se è l'amore che guarda.

16 aprile, 2007

Troppo polline.

Forse, oggi, mi ritrovavo particolarmente sensibile, o magari, nessuno mi aveva avvisato che proprio oggi ricorreva la Sagra delle Banalità. Ne ho sentite una decina, una dopo l'altra, sciorinate dal panettiere, o carpite al volo sul marciapiede, ci sono volte che non vuoi ascoltare ma che è proprio impossibile non farlo. E mai, mai , mai che ti capiti di sentire qualcosa che abbia un minimo di senso. Immani cazzate, e mi si perdoni l'inglese. Quelle di stamattina andavano dalla descrizione minuziosa di una calda notte, dove calda si intende che proprio il piumone non lo sopportavo, e allora mi scoprivo e mio marito che aveva freddo si copriva, e insomma, una notte che proprio, guardi, non la auguro a nessuno. E questo dal panettiere. Io, esterrefatta. In quale contorto animo si può mai annidare cotanta superbia da credere che possa interessare ad un piccolo capannello di persone perlopiù di fretta, l'inverecondo modo in cui ci si termoregola, nel segreto e nell'intimità del proprio nuziale talamo? Mistero. Ma il massimo l'ho raggiunto qualche minuto più tardi, in attesa alla Posta. Come Stai? Ah, non bene, di corsa, sempre e poi...c'è troppo polline. Troppo polline?!? Ma de che? Dove sta il polline, che ancora non si sono visti girare quei bei batuffoloni dei pioppi, e che siamo appena alla metà di aprile? E poi, perchè troppo? C'è forse un pollinometro, da qualche parte, è stato inventato da anni e nessuno mi ha avvisato? E va bene, cercherò di non più ascoltare le chiacchiere insulse che si acchiappano di qua e di là. Forse, meglio che giri davvero con l'iPod nelle orecchie. O che mi dedichi con mestizia a tutte le cose che devo fare, ahimè, la mia casa è un set cinematografico dove si è appena girata una scena delle Crociate, diciamo, dopo la battaglia. Ovunque, cose. E devo dire che non so, il fuso orario dalla Sardegna questa volta mi ha un pò storneggiato, faccio fatica a concentrarmi e sono svogliata e inconcludente. Ma che le devo dire, signora mia. Avrò fatto indigestione. Di polline, mi sembra chiaro.

Arrivata io, arrivati loro.

Mannò, che non me li ha mandati la Regina! Si va bene, li ho comprati nel Regno Unito, ma la Regina, povera donna, ha il suo bel daffare a corte, lo sa? E non che si metta a lucidare i pavimenti o a lavare i vetri, ma c'ha tanti pensieri, quel suo figliolo con la sua equina moglie, e poi, ora ci si mette pure il William, a sfidanzarsi dalla sua Kate! Son momenti bui per tutti, signora cara, chi per un verso, chi per un altro. Ma questi ferri li ho comprati su Ebay due settimane fa, e mi sono arrivati , nel lor bel pacchettino di cartone, con tutti i loro begli elastichini intorno, per non farli perdere, Qualcuno nel viaggio si è rotto, ma ce ne sono un paio di bambù che non avevo mai visto prima, che sono il vero masterpiece della collezione. Mi affascina sapere a chi saranno appartenuti, la quantità di lavori che hanno prodotto, insieme a fili colorati e mani sapienti. Costo dell'operazione: 13 sterline, compresa la spedizione. Un vero affare, signora cara. Chissà, però, se la Regina fa la maglia. Un pomeriggio a Buckingham Palace dev'essere di una noia, ma di una noia...

13 aprile, 2007

Serve del rosmarino?

...ma solo un ramettino, sa, che ho sù l'arrosto e il fruttivendolo l'aveva finito. Grazie tante, signora mia, e a buon rendere, se non ci si aiuta tra di noi!

Il tagliando.

Nella scatola di pastelli l'azzurro è finito. Troppo temperato, senza punta, non si sa. Un giro sugli scogli, vicinissima al mare, a toccarlo, quasi, ad aspettare le onde e poi scappare indietro, per non bagnarsi, e poi se ci si bagna un pochino ma che cosa importa in fondo. Abbiamo altri vestiti, a casa, e adesso la cerata, male non fa. Mi sento sempre come in pace, qui, sugli scogli, con la schiuma e le onde e il vento e il profumo che c'è, di sale, rosmarino e fiori sparsi che si vedono solo in primavera. In giro, nessuno. In mare, nemmeno, solo il motoscafo della Capitaneria che si fa un giro, e lascia dietro di sè una scia candida di borotalco, quasi, di panna montata, un pochino. Domani si torna. Ho avuto tanto tempo per pensare e per non pensare a niente, ogni tanto l'anima ha bisogno di un tagliando. Freni, gomme, motore. La mia anima non frena, mai, non si accorge mai in tempo quando è ora di fermarsi o di scappare, e ci sbatto secca, qualche volta. Ma mi va bene così. Mi piace come sono diventata, il percorso che ho fatto, le lezioni che ho imparato e anche quelle che non imparo mai, come le strade, come le direzioni dei venti, come a voler cambiare situazioni e cose e persone, come a riconoscere i falsi , a pensare solo a me, o a a fare le meringhe, ma cosa importa, so miliardi di altre cose, niente ci fa. Questo tagliando mi è piaciuto. Una settimana più o meno di cose semplici, di mio marito e di figli, tanto, di amici, qualcuno, di qualche lettura, di molto mare e di molto niente. Il niente che serve a ritrovarsi un pò, ad aspettare, di nuovo, quando nella scatola di pastelli ancora ci sarà il blù e l'azzurro e il turchese, e il temperino pronto a fare il suo dovere, e le lezioni non imparate lì in un angolo. Ci sarà tempo, tutto il tempo che vorrò. E se l'anima non frena, forse è proprio meglio. Mi piace così.

12 aprile, 2007

Brutte ma...

...come dire, dei tipi. Da tenere d'occhio per la prossima stagione, anzi, da accaparrarsi subito e accantonare, per infilarle poi velocemente in valigia. Sia che siate diretti ai monti che ai mari, le Crocs, che belle non sono, vi daranno subito un'aria super trendy. Viste parecchio, in questo scorcio di gelida estate, e nei colori più vivaci. Bellissime arancioni e fucsia. E poi, al modello plain, ci si possono attaccare una serie di graziosi oggettini colorati che le renderanno uniche e personali. Certo non è che fanno il piedino fatato, ma ad una prima occhiata, mi sa proprio che la moda estiva di quest'anno sarà per la comodità. E per il colore. Come dire, brutte ma buone. E chicchissime. Da avere, al più presto.



Inutile dire che le vorrei...le vorrei....così!




11 aprile, 2007

Stagione di vento.

...mentre la Luna è prossima a le soglie cerule
e par che innanzi a sè distenda un velo
ove il nostro sogno giace
e par che la campagna già si senta
da lei sommersa nel notturno gelo
e da lei beva la sperata pace
senza vederla.

Gabriele D'Annunzio



Pillow in progress.

Non si fa molto, in realtà. Si progetta, e tanto. E ci si ispira, qualche volta. Soprattutto, si fan cose inutili, superflue, che a casa, forse, vien difficile portare a termine. Questo è un cuscinetto, per esempio. Di quelli totalmente inutili, superflui, come vuole la tradizione, di quelli che non servono a quasi niente, se non a ben augurarti un qualche cosa. Questo Bonne Chance, la dice lunghissima. Fatto in due pomeriggi di vento sulla spiaggia piena di kitesurf, pochissimi umani, perlopiù tedeschi. Un cuscino superfluo per un sogno che non lo è. Ci siamo fatti prendere un pò tutti, ognuno a modo suo, e non vediamo l'ora, in realtà, di vederlo da vicino, scoprire l'effetto che fa. Senza nessuno che ti dica, vedi, è così, te l'avevo detto, lo sapevo già. Nessun sogno è uguale a un altro. Averne pochi è una follia, averne molti un lusso vero. I sogni, signora mia, sono come i cuscini: superflui non lo sono mai. Proprio mai.

Fuori dal mondo.


Come si riesca a trovare affascinante una mattinata nebbiosetta e frescolina, è presto detto. Basta avere davanti un'immagine così, un pò verdissima e un pò celeste, il cielo un pò violetto e un pò turchese. Sono giorni un pò fuori dal mondo, senza quotidiani, nemmeno quelli on line, pochissime notizie, qualche lavoro di giardinaggio, molte passeggiate sulla spiaggia, l'acqua ghiacciata e un vento discreto. A giorni così, si può pure perdonare che il collegamento internet funzioni a singhiozzo, che domani finalmente metteranno l'ADSL, che ho fatto una quantità di fotografie che non riesco a scaricare perchè la periferica non ne vuole sapere. Rimedierò. Per il momento, mi accontento di questo niente perfetto, i progetti che ho in mente, le cose che farò. E' quasi tutto pronto per quest'estate. Ancora qualche giorno e poi, si torna a casa. Ora, lasciatemi qui. Per il delirio, c'è tempo.

07 aprile, 2007

Sally, la tartarughina.


L'abbiamo trovata ai piedi delle rocce. Era lì, immobile e tranquilla, grande come un mandarino. Probabilmente si era già accorta di noi, in fondo non poteva essere altrimenti. Un' orda non proprio silenziosa di sette persone che arriva all'alba in un villaggio semi deserto e semi addormentato non è proprio che passi inosservata, ecco. Ma siamo arrivati fin qui. Sally forse ci aspettava. Ha un musetto non proprio bellissimo, somiglia vagamente a Rosy Bindi, ma l'ho chiamata Sally come la canzone di Vasco. Perchè cammina per la sterpaglia senza avere fretta, ha il guscio ancora lucido e chiaro ed è così carina. La famiglia al super completo, come sempre a Natale e Pasqua. Lì, c'è il mare. Non ho fatto valigie. Ho cacciato alla rinfusa qualche maglia in una sacca, avevo voglia di improvvisazione, non so, e non è che le mie partenze abbiano molto da improvvisare in realtà. Anzi, sono costellate da bigliettini e promemoria, fare questo, non scordare quello e cose così. Starò qui, a guardare il mare, a ubriacarmi di questa famiglia chiassosa e invincibile, mi vestirò come capita e se, maglie a strati, jeans e occhiali Chanel. Leggerò se ne avrò voglia, a starò lì, a guardare in sù, la musica nelle orecchie e nessun pensiero a graffiarmi il cuore, nessuna ansia che mi squassi, niente di niente. Farò come Sally. Andrò lenta per la mia strada, fra i rovi e gli sterpi e quando avrò paura tirerò la testa dentro al guscio, finchè mi passa. "..forse era giusto così. Forse, ma forse, ma sì".


05 aprile, 2007

Oh quante belle figlie...


Ormai, è fatta. La Princi ha cominciato a prendere lezioni di pianoforte, giusto così, per non far mancare niente, nè a lei, nè a noi. L'impegno è superlativo, precisina com'è, ma chissà da chi avrà preso, si esercita per ore sui pezzi che porterà al saggio di fine aprile. Non esageriamo, ancora non siamo su Chopin o Mozart, considerando che ha iniziato davvero da poco. Siamo su...autore anonimo, diciamo. La Princi, infatti, ha sul suo bel piano nuovo di zecca, regalo anticipato della Prima Comunione (e sì, signora cara, in questa casa si fa così, ogni regalo deve avere la sua bella ricorrenza, se no mi vuol dire dove andiamo a finire?)lo spartito di Madama Dorè. Così, tutti ci ritroviamo a canticchiarla, preparando la caffettiera o le valigie, accidenti, che domani si parte, al gran completo. Son giorni calmi e sereni, che la calma pasquale si posi quieta anche sulle cose mie, e sul ciliegio del giardino che, se guardi bene, ha già tutti i fiori pronti a sbocciare. Che Cosa Ne Vuoi Fare, Madama Dorè. E vai a spiegare al liceale che non è La Voglio Strangolare. Ma, creatura, alla cinquecentesima replica, abbiamo tutti il diritto di storpiarla un pochino, no?

02 aprile, 2007

L'idea malsana 2. Il ritorno.

Ce n'era già stata una, di idea malsana. Ma qui, signora mia, proprio non ci si fa mancare niente. La Princi riceverà la Prima Comunione a fine maggio? Ma via. c'è tutto il tempo per ricamarle una sessantina di scatoline porta...porta...già, porta che cosa?ad uso bomboniera, a perenne ricordo di questa festosa giornata. Lo so che è delirante. Ma mi piace. E poi, lo faccio per me, insomma, mi serve. A non ascoltare più quel diabolico gomitolo che per tutto il fine settimana ha rotolato su e giù, dalla gola allo stomaco, quel batticuore insolente e irragionevole, quell'ansia strisciante e beffarda, quelle lacrime cretine che mi sono scese ieri a pranzo per una banalissima discussione col mio sposo, e tutti a guardare nel piatto, ma come, la mamma piange per una scemenza del genere? e quando la mamma piange sono tutti increduli e straniti, come se io non potessi, e no, la mamma non piange mai, non ce l'ha lei il sacchettino delle lacrime. E invece ce l'ho, ce l'ho eccome, e quanto vorrei usarlo solo quando non mi vedete, quando vostro padre non c'è, che anche lui ieri mi guardava colpevole, come a dirmi, ma che succede, per così poco, ma da quando? Scema che sono, ogni tanto. Così, mi sono rimbambita a ritagliare rettangolini 35 quadretti per 65, e sforzarmi di tagliare dritto, se no poi, chi la sente Caterina che mi fa le scatoline di cartone. Ne ho tagliate 52, e dopo circa un'ora e mezza mi sono fermata ad ascoltare. Il gomitolo non c'era quasi più. Qualche volta, c'è da dirlo, le idee malsane aiutano.

31 marzo, 2007

L'idea malsana 2.


La tosatura.

Càpita di rado. Anzi, non mi era proprio mai capitato di imbattermi in uno sterminato gregge di pecore. E, men che meno, che i pastori fossero impegnati nella tosatura. Me lo avevo detto il pastore, ieri sera, quando mi sono fermata col mio figliolo mediano a guardare curiosa questa gigantesca distesa di occhi e di zampe, di beeeee e di corna. Insolito, appunto. Se Vuole Passare, dice il pastore, Domattina le Tosiamo. Così, con la picci, la mia Informatica Vicina e i suoi bambini, ci siamo recate. Infangate fino agli occhi, armate di macchina fotografica per paparazzare meglio di Corona questo mondanissimo evento, nelle colline intorno a casa mia, dove non succede mai nulla o quasi. I bambini, curiosi e stupiti. La Princi in lacrime, e io a spiegarle che non facevano del male, che loro, le pecore, erano pure contente di farsi togliere tutta quella lana. Ma il suo cuore di burro non sentiva ragioni, ha accarezzato gli agnellini, Non Li Mangeranno, vero Mamma? Certo che no, PrinciDiZucchero, queste pecore fanno solo la lana. Si può mentire a una dolcezza così innocente?



Ma anche il pastore l'ha rassicurata. Gli agnellini staranno accanto alle loro mamme, perciò li avevano contrassegnati con un simbolo uguale, in modo che nessun agnellino si smarrisse, o perdesse la sua mamma. Così, andava meglio. Ecco quello che succede in una mattina di fine marzo in un paesino nel Monferrato. La mia bambina, che usa con scioltezza le email, che fa le ricerche su Wikipedia e conosce le operazioni di base di Word, non aveva mai assistitito alla tosatura di una pecora. Certo, non è fondamentale, ma forse quando sarà grande se ne ricorderà.




E dal vostro inviato in Monferrato, per oggi, è tutto.

Indoleeza.


Cheggiornata. Che splendida giornata di nulla. Sarà stato il clima, freddo a onor del vero, sarà che domani è il primo aprile e lo scherzo me lo volevo fare da sola, sarà che il mio sposo è ancora per mare e io coi figlioli a casa mi permetto uno scialo, un disordine accennato, senza regole ed orari, si ha fame, si mangia, si ha sonno, si dorme, la cucina sempre aperta per un thè, una spremuta o una cioccolata. In beatitudine assoluta, il liceale riederà allo scoccare della mezzanotte, giacchè il suo pullman si trasformerà in una zucca, col suo bagaglio di souvenir berlinesi, che per me significa un paio di lavatrici, ma che fa. L'indolenza di quest'oggi mi ha preparato per domani e la domenica lavanderina non mi spaventa affatto. Ho preparato dei toast per pranzo, ognuno poteva chiederli come voleva, e magari prepararseli da sè. Ho letto, guardato fuori, ricamato, letto e dormicchiato, letto e progettato le bomboniere per la Princineve, con la quale ho avuto il mio culmine di mondanità nell'eccezionale evento di questa mattina, di cui parlo qui. Un sabato indolente e meraviglioso, i pensieri tristi e ansiogeni allontanati per un pò, i dolori, signora mia, sono come sassolini, pensi di esserteli tolti scrollando per bene la scarpa e invece no, eccoli lì, di nuovo, a disturbarti improvvisamente, a farsi sentire quando meno te li aspetti. Ma poichè non sono l'Esercito della Salvezza, i sassolini questa volta farò finta di non sentirli. E di chiamarmi Indoleeza Rice, per un sabato pomeriggio, di pioggerellina e di niente fare, per una volta, mi spetta di diritto. Sacrosanto.

29 marzo, 2007

A mille ce n'è.


Avevo un mangiadischi rosso. Una cosa che, una volta che uno dei miei figli ne ha adocchiato uno da un rigattiere, mi ha chiesto se fosse per fare hamburger giganti. Beata innocenza. Ma loro, del mangiadischi, ma che ne sanno. E dei 45 giri, ma che ne sanno. E delle Fiabe Sonore...no, di questo ne sanno, perchè li ho sfiniti fin dalla tenera età con una canzoncina tratta da una di queste fiabe, ripubblicate da non molto da Fratelli Fabbri Editore. Sfortunatamente non mi ricordavo il titolo, per cui non era possibile risalire alla fiaba se non telefonando direttamente alla segretaria dei Fratelli Grimm. Ma il Cielo mi è venuto in soccorso. Chiacchierando amabilmente in piscina giorni fa, mentre i fanciulli je davano di delfino e farfalla ( e signora mia, qualcuno dovrà pure sostituire la Pellegrini, no?) una mia recente amica mi ha candidamente comunicato il nome di tale favola, così, come se mi dicesse che ne so, sono le 6. Lei la possedeva, anzi, la possiede. In 45 giri, ma che importa. Con le moderne tecnologie si fa presto a dire fiaba. Si fa presto a ricordarsi di quei pomeriggi, delle persone che avevo con me, dei miei sandalini rossi, della babbucce di lana che mettevo per dormire, della colazione nella tazzona bianca, della cartella della scuola, terza elementare, del sussidiario e delle palline in fondo alle trecce. E stamattina, portando a scuola la Princineve, l'abbiamo ascoltata. E l'ho riavuta per me, dopo trentotto anni, signora, trentotto, mica pasta e ceci. Si fa presto a dire felicità. Grazie, Meggy, per quel titolo, La Casa Nella Foresta.

28 marzo, 2007

Indiani e cowboy.


Ti eri detta basta. Che non era più affari tuoi e che ognuno aveva la vita che si era scelto, e che ne avevi abbastanza delle tue, di questioni. Avevi detto che non ti importava più, che da questo momento che ognuno andasse per la sua strada, per la sua vita, avete vite così diverse, adesso. Eppure è difficile. Difficile far finta di niente e andare avanti per la tua strada, se si è giocato miliardi di volte agli indiani e ai cowboy, se gli rompevi il meccano e se ti sgozzava le bambole. I pensieri ci sono, eccome. E ti fan prendere sonno a fatica e li accartocci in un angolo, li lasci sul davanzale della finestra o sotto il letto e speri al mattino di non trovarli più. Non servirà. Sono lì, ancora, mentre frughi nella biscottiera cercando cose che non sai, risposte, forse, illuminazioni, anche. E la rabbia di non sapere davvero che cosa fare, di non potere, di non essere in grado. Si è cresciuti e si è lontani, adesso, e nessuno poteva dirlo, avevate un affetto così speciale. Dimenticheresti anche le offese, se riuscissi ad aiutarlo almeno un pò. Ma la sua strada non è più la tua, e le cose che c'erano non ci sono più, ed è così difficile da dire, e anche se ancora ti butteresti nel fuoco per lui, sarebbe tempo perso, e la diligenza dei cowboy è già troppo lontana. e a raggiungerla, non ci riuscirai.

25 marzo, 2007

Illegal.


Poteva andare meglio, decisamente. mai passaggio dall'ora solare a quella legale fu più sfigato di così. Pioggia, pioggia e ancora pioggia. Beh, certo, siamo stati ad una bella festa di compleanno sabato sera, e già questo avrebbe dovuto tirarci sù. Ma il cambio dell'ora di solito è accompagnato da un bel tramonto, dalle finestre aperte, dalle maniche corte, dalla frittata coi pomodori, e via così. Invece un bel niente. Cielo color totano crudo, perchè fritto, lo sanno tutti, è doratino, domenica sera passata ad assistere il liceale che stanotte (!) parte per Berlino, e quindi via di stiraggio. Che di stirare, signora mia, questa volta proprio glielo giuro, non ne avevo voglia alcuna. E lo sa anche lei, che se si stira senza voglia, è più il danno che si fa. Si appiattisce tutto con le mani, si fa finta di non vedere le piegoline che si formano, si spruzzano tonnellate di appretto, quello ecologico, per carità, che io al buco dell'ozono ci penso eccome, mica solo lei che fa tanto la maestrina e non si perde una sola puntata di Superquark. Anzi, glielo dica lei al quel suo amico Piero Angela, che la prossima volta si informi per bene e che l'ora legale si fa in un week end di sole. Se no, di legale, non ha proprio un bel niente. Lo sa anche Shakira.

23 marzo, 2007

Venerdì.


Alla fine, direi. Inizia un fine settimana, stranamente , con la giornata più impegnativa, quella che mi costringerà a sorbirmi il traffico del venerdì sera meneghino in uscita dalla città. Ma fa niente. A casa mi aspetterà una cena improvvisata, del tipo che si infila a turno la testa nel frigo e si guarda che cosa c'è, per poi consumarlo chiacchierando sul divano, a gambe incrociate modello yoga, pensando alla festa di domani sera, e alle passeggiate di domenica. Una settimana, quella passata, all'insegna del gossip più sfrenato. Ridicolo, anche. Insomma, uno non è nemmeno più libero di farsi un giro dove, come e con chi gli aggrada. E chiedere un'informazione a chi passa di lì, a chi lì aspetta l'autobus, a chi lì ci lavora. Ah, signora mia, di questo passo, dove andremo a finire! Glielo dico tosto, andremo a finire che si perderà tutti la trebisonda, e che si confonderanno fresche per frasche, e magari, arriveremo anche a conservare, che ne so, i calendari di Anna Falchi con dei documenti scottantissimi, in una valigia con combinazione, murata, sotterrata, ma ahimè, testè ritrovata. Come dice? E' successo ieri? Maddai!!!!!

22 marzo, 2007

Bello.

Grazie. A chi c'era, a chi ha preso 3 ore di permesso dal lavoro per esserci, a chi è venuta senza aver mai visto un ferro da vicino, nè un gomitolo, a chi si è stupito che tutta quella lana fosse in regalo, lì, da prendere, a chi ha iniziato il suo primo maglione, a chi ha sfogliato i miei libri pensando, Ma Davvero Si Possono Fare Queste Cose?, a chi non ha commentato la location, a chi non si è lamentato dell'ora, a chi ha chiesto, già da subito Ma Quando Ne Facciamo Un Altro?, a chi ha portato i fiori per me, a chi è passata per un salutino, a chi è venuta solo a curiosare, a chi guardava da fuori, a chi arricciava il naso, a chi voleva sapere ma era timido, a chi ha fatto delle foto strepitose, a chi ha detto Sono Stata Benissimo, a chi si è offerta volantaria di tradurre i Sacri Testi dall'inglese, con abbreviazioni e termini tecnici, a chi ha chiacchierato, a chi è stata zitta, a chi voleva stare ma non poteva.
A tutte voi, indistintamente, grazie davvero. Occorre tempo ed entusiasmo per fare queste cose, sembra da ridere ma in fondo non lo è, c'è molto altro dietro a tutto questo, organizzare, far sapere, prendersi la briga di fare un minimo di pubblicità. Grazie anche a chi ha detto Ma Chi Te Lo Fa Fare, e soprattutto Perchè Lì. Il sorriso delle persone che c'erano ed erano contente mi ripaga di tutto.

Tutto il resto, signora mia, machissenefrega!

Arrivederci al prossimo Knit Cafè.


Grazie a Laura per le splendide fotografie.

Cambiare l'aria.

E' un gesto che si fa in automatico, di solito. Sono usciti tutti, si rimane con le tazze sul tavolo, il pc lì vicino dove si sono già lette mail e notizie, cose sparse, appunti sulla lavagna, con le cose da fare. Si aprono le finestre, spalancate, in realtà. Entra un'aria gelida e a bollicine, c'è già il sole, e odore di erba bagnata e di umidità, la notte ha lasciato il suo profumo, come le donne sugli ascensori. Si apre e si scoprono i letti, si mettono i cuscini sul davanzale, l'ho visto fare mille volte, non so a che cosa serva ma lo faccio anche io, che mi costa, in fondo, fuori ho campagna e fiori e alberi da frutto e vigne e colline, mica tram, automobili, scooter e automobili. Spero che serva. A scuotere dal cuscino i pensieri che hanno reso la mia notte non proprio una delizia, un sogno tremendo dal quale mi sono svegliata con un salto, uno scatto, come certi bambini, quando sognano l'orco, ma che le scrivono a fare le favole con l'orco. Ho sognato male, di quei sogni che sono così veri che ci pensi ancora alla mattina, non vi capita mai? e ci si sente miracolati, sopravvissuti, e anche un pò scemi, era solo un sogno, sì lo so. Ma che paura ho avuto, e che reali mi sembravano persone e situazioni e piangevo, sono sicura, mi sentivo anche dormendo, mi sembrava tutto di gelatina ma io c'ero, e parlavo, anche, e mi faceva male il cuore, come adesso, a pensarci. Spalanco le finestre, tutte, fa freddo, lo so, ma sono sola, adesso e nessuno mi urlerà Mamma fa Freddooooo, sprimaccio per bene il mio cuscino, lo scuoto, cambio anche le lenzuola, già che ci sono, scaccio i pensieri che ci sono rimasti impigliati dentro, e quelli che rimangono, li infilo svelta in lavatrice. I sogni si dividono in due categorie. Quelli che tieni lì, e che non vorresti mai svegliarti per non farli andare via, quelli caldi che ti fanno alzare sorridendo. E quelli orrendi, da dimenticare in fretta, da berci tonnellate di acqua per farti passare la paura, quelli da lavare a 80 gradi per scolorirli, per farli perdere nei tubi dello scarico, centrifugandoli due volte. E senza ammorbidente.

21 marzo, 2007

Svegliatevi, bambine!


C'è da darsi una mossa, care le mie belle signore. C'è da portarsi avanti, da stare molto attente e con le antenne ben dritte, prontissime a non farsi scappare nemmeno il primo barlume di novità, per stare al passo e non rimanere indietro, incartapecorirsi, accartocciarsi su se stesse medesime, stare lì, immobli, a vedere le cose passare e non fare il benchè minimo sforzo per acchiapparle. Entusiasmo, signore, en-tu-sia-smo! Lo so, che non ne avete voglia, ma guardatevi in giro. E' vero che fa freddo, ma Cielo Benedetto, avete staccato il fogliettino dal calendario? Avete visto che giorno è? Allora, svegliatevi, e fatevi una bella doccia frescolina, uscite fuori nel sole, niente smorfie, stamattina, sono vietate. E fatevi un regalo. No, non sono diventata la moglie di Crepet (senza baffo, in realtà, è grazioso, ma non usciamo dal seminario), trovate del tempo per voi, e non dico parrucchiere e non dico lampada, e non dico nemmeno MaxMara. Dico solo Knit Cafè, ne parliamo da giorni, Un'ora o mezz'ora non è importante, basta che ci facciate un salto. Ci riconoscerete, siamo qui, abbiamo tonnellate di lana colorata e ferri di ogni foggia, è tutto gratis, si viene lì, si beve un thè, si fa una chiacchiera e qualche punto. Salutare, corroborante e rigenerante. Vi si aspetta, bambine. La primavera è già qua. Vorrete mica essere sfrontate e non salutarla nemmeno?

20 marzo, 2007

Son le sere.


Che si cena presto e si lascia ancora apparecchiato e si resta a chiacchierare per un po’ prima di salire, a ripassare, prima di mettersi a leggere una cosa o a ricamarne un’altra, o a niente fare, semplicemente, stare lì, un film, forse, dipende. Son le sere che fa di nuovo freddo, una specie di inverno ritrovato e mai vissuto, ma che fa, domani è primavera, si sente, c'è un'aria così bella, stasera, e belle le nuvole, sì, per una volta, povere nuvole, che male fanno. Son le sere che si esce, copriti che fa freschino, ma basta una felpa, e si porta il vetro alla campana, col cane vicino e un profumo di erba e di fiori. E' solo mia la convinzione che qualche volta, dalla collina di casa si sente il profumo del mare. Ma dove, il mare è lontano, nemmeno tanto in realtà, ma è bello pensare che sia lì, dietro una curva, improvvisamente il mare. Il vento ha fatto cadere i petali del ciliegio, e c'è un tappetino rosato tutt'intorno, che a camminarci sopra fai peccato. Pioverà, stanotte. ma domattina saranno ancora lì, i fiori gialli delle forsizie, le primule e le prime rose. Son le sere che ci si sente così in pace che a chiederci che vuoi? ci si dovrebbe pensare una mezz’ora prima di parlare, per non dire una cosa che si ha già, come le figurine, per non fare doppioni, ce l’ho, ce l’ho, ce l’ho. Son le sere che non è inverno e non è niente, son le sere di casa, di semplice e normale, di musica pianissimo, di risate sulle scale. Sere da raccontare, da conservare, da tenere lì. Sere di pensieri e di segreti, di progetti e piccole cose, che farò domani, dopodomani, chissà. E ci si culla un po’, che ancora non è notte e di dormire non se ne parla, non ancora, non è mica tardi, e di tempo ce n’è, è solo sera. Così, solo sera.

L'eco nel frigo.


Ho girato e rigirato, senza sapere dove andare, e invece un piffero, dove andare sapevo benissimo, di qua e di là, di sù e di giù, inconcludente, per un certo momento, ho una casa con troppe scale, e fai di qui e fai di là, ma il mio studiolo è proprio in piccionaia e spesso il cellulare sta di sotto, e allora, fàmose 'ste 4 rampe di scale, che il gluteo ne giova. Di lavoro in senso stretto, una parvenza, di riordino qualcosina, di cazzeggio, una svalangata. ma di chi è la colpa, se volevo avere dettagli su Mastrogiacomo, rispondere a qualche mail, vedere cosa c'era di nuovo sul sito Vuitton (il jeans, signora cara, il jeans), scaricare qualche schema gratuito per la lezione di oggi, guardare i blog amici e vedere se era ancora il caso di comprare le arance di Ribera. E poi, schizzare fuori e fare una spesa mondiale, di quelle che ti casca tutto dal carrello, che ieri i miei figlioli mi hanno detto, Hai Molto da Fare, vero Mamma?, perchè si sa, quando ho molto da fare non riesco a fare la spesa, e mi si perdoni il bisticcio di parole, ma stamattina da fare non avevo nulla o meglio, nulla ho fatto di quel che dovevo fare, ma Santo Cielo, sono una donna mica un frullatore, mica mi chiamo Girmi, e Pastamatic, la forza di venti braccia. E non sono il Mago Zurlì e la Fata Turchina e la spesa, figliolanza adorata, non riesco a farla comparire con la mia bacchetta, ma è, come dite voi, uno sbattone andarla a fare. Perciò e quindi, state buoni. Ho progetti. Ho lungimiranze. Ho cose. Ho eventi. Dal più serio al più frivolo, ma ce li ho. Prossimamente su questi schermi. La trottola, giragira. E magari, qualche cosa combina pure. E il frigo semivuoto, chessaramai, bisogna metterlo in conto. Vivere con una celebrità non è affatto facile. Deh, come vi capisco!

19 marzo, 2007

...

Alla fine, le tabelline le ho imparate. Fischiando, come dicevi tu. Ho fatto una quantità di cose, in questo tempo, belle e meno belle, qualcuna la condivideresti, altre nemmeno per sogno. E' stata una vita difficile, per un certo periodo, eri appena andato via, e un pò ti odiavo per questo. E' stato strano riprendere, incominciare, anzi, ricominciare o fare cosa, come si dice quando hai un vuoto dentro e tutto intorno e non hai forza nè voglia nè coraggio nè sai da dove partire, per fare le cose che devi fare. Studiare, lavorare, iscriversi all'università. Cocciuta la sono sempre stata, ma forse, un pò ti somiglio. Che dirti, adesso, che non ti abbia detto ancora, le volte che prego e bisbiglio e guardo in sù, ma non ti trovo. Che dire a me, che da quando sei via ho faticato a trovare la mia strada. Se l'ho trovata, non lo so. Sono felice, certo, volevi per me una vita perfetta, ebbene, ce l'ho. Ma non è vicino. E vicino a me, non ho nessuno. Nessuno di noi, intendo. Oh, sì, mi sono sposata, ma questo lo sai già. Te lo sono venuta a dire, un pomeriggio che piovigginava, da sola, e ho corso le scale di marmo che portano a te, e mi sono fermata lì davanti, a fissarti, a guardare i fiori di stoffa e quel sorriso che vedo che non è il tuo, ma fa lo stesso, che brutte sono le fotografie sulla ceramica. Il tuo sorriso è qui, dentro di me, da dove nessuno lo può portare via. E mille volte ti ho portato i miei bambini, e l'uomo che ho sposato che ha tanto di te, certe volte, e ti sono venuta a raccontare che è sempre così difficile non pensarti, e che non passerà mai, e che qualche volta sono così sola che urlerei, e mi viene così facile pensare che niente sarebbe com'è se fossi qui, le cose storte, intendo, perchè niente è stato uguale e ci siamo persi per strada. Se la mia strada l'ho trovata non lo so, ma sono contenta della vita che ho, e mi piacerebbe che i baci che i miei figli mandano al Cielo, potessero darteli sulla guancia con lo schiocco, di quelli che rintronano. E vorrei ogni tanto, farmi abbracciare e farmi dire non è niente, stai tranquilla, passa subito. Ma adesso il bacio al Cielo lo mando io, io, questa sciocca mamma che è anche figlia e che crede che la festa del papà si festeggi anche lì. Dove sei tu.

18 marzo, 2007

Provare, provare, provare e...

Dire che è semplice è una bestialità vera. E' un delirio. Imparare ad usare 4 ferri da maglia insieme, anche per chi lavora a maglia da parecchio, è impresa titanica. Almeno per la scrivente. Dire che è leggero, men che meno. So di persone che si sono talmente concentrate da essersi persino dimenticate di andare in bagno, con licenza parlando. E di un' altra che ad un certo punto, le è andata talmente insieme la vista (è un lombardismo, diciamo che le si incrociavano gli occhi), che ha acchiappato ferri e gomitoli, li ha fatti sù alla rinfusissima e ha detto, basta, non gliela fò. Dire che è stato gradevolissimo, piacevolissimo, interessantissimo e divertentissimo, è assolutamente d'obbligo. Siamo state d'incanto. Già la location faceva la sua parte, la Triennale, coi finestroni sul parco, le sedie di design e quella sua aria intellettual-chic, già da sola la fa da padrona.Le partecipanti poi, datesi appuntamento lì per imparare o insegnare la nobile arte del calzino ai ferri, erano davvero deliziose. Lì per lì mi è preso un colpo, quando hanno estratto, non solo calze che erano vere e proprie opere d'arte, ma un manuale di maglia in lingua estone. Va bene la cultura, mi accontento di parlare correttamente inglese e francese, mi manca il russo e il tedesco, ma all'estone, signora mia, proprio non ci avevo ancora pensato. Ma le fanciulle, pazienti e dolcissime, hanno dischiuso per le astanti un mondo difficile sì, ma fatto di chiacchiere sommesse e caffè in tranquillità, e pazienza se ho dovuto disfare il mio prototipo di calzino due volte due, e mi cascavano i punti, e mi trovavo nodi e pasticci che non sapevo dipanare, e mi intruppavo con ferri e fili. Bel pomeriggio, da ripetere, in assoluto.


Ma il vero colpo, signora mia, non ci crederà mai, è stato Lui. Era lì, a un passo da me, da tutte noi. Avrei voluto fargli una foto, o farla insieme a Lui, e invece niente, niente di niente, sono così timida in queste cose, e non dica Ma Mi Faccia Il Piacere, che è un'espressione che odio. Niente, non ho spiaccicato una sola parola, occhi bassi sul mio agglomerato di fili e ferri, non un gesto che mi portasse verso di Lui. Mi consolerò. Gli confezionerò un bel paio di calzini, da sfoggiare sulle fredde nevi del Sestriére o ad Aspen, magari. E Lui, stregato da cotanta casalinghitudine, sarà mio per sempre. Resta da perfezionare la tecnica del calzino. Sono indietro, mi sa. E tanto, anche.

15 marzo, 2007

Escape.




Avevamo voglia di andarcene per un pò. Scappare, ecco. Senza dire niente a nessuno, senza farci scoprire. E senza far del male a nessuno. Avevamo voglia di stare un pò insieme, a parlare o a stare zitti, in macchina, magari, che non hai idea di quante cose si dicono, in macchina, nei viaggi più o meno brevi. Avevamo voglia di fare qualcosa, ci vediamo così poco, in fondo, o meglio, poche sono le volte in cui decidiamo di fare le cose che ci vengono in mente, senza dover sottostare a dei disegni, delle cose già scritte, o assecondare i bisogni di chi vive con noi. Ne avevamo voglia, di curiosare una città che non è nostra, ma che lo è stata, per un pò, volevo portarlo a vedere quell'Eataly e avevo già visto da sola, ma che con lui è stata tutta un'altra cosa. Lui guarda le cose che io non vedo, osserva la ristrutturazione, la gente che c'è, io guardo le marmellate di Cedroni e lui i pavimenti, io leggo da dove viene la pasta e lui le targhe commemorative del vecchio stabilimento Carpano. Siamo tornati in tempo, per non destare sospetti, e per far fronte agli impegni che ci eravamo presi con le persone che amiamo. Scappare così, una volta ogni tanto, non può che fare bene. E lei, curiosa e odiosa, cara la mia signora che non vede l'ora di andare a spiattellare tutto a quella pettegola del quinto piano, quella che scrolla la tovaglia giù dalla finestra e sui miei gerani, a lei, dico che mi dispiace deluderla. Nessuna storia torbida alla data, nessun amorazzo da nascondere, nessun amante cui scrivere lettere melense profumate alla violetta. Quest'uomo qui è elegante e raffinato, colto e distinto, belloccio e affascinante. Da sposare? Già fatto, signora mia, già fatto!

13 marzo, 2007

Si knitta, signora mia!!!

Ah, signora! Mercoledì prossimo non si prenda impegni. Si faccia i capelli a modino, anche in casa, coi bigodini e uno spruzzo di lacca. Si metta la gonna carina e le scarpe nuove e via, venga con me, si và a knittare. E non faccia quella faccia, per piacere. Si dice knittare quello che una volta si chiamava lavorare a maglia. Tanto se ne è parlato: qui, per esempio. E anche qui. Ma mercoledì 21 marzo, dalle ore 16, siete attese tutte da McDonald's, ad Alessandria, per il primo Knit Cafè.
Ferri, gomitoli, lana e chiacchiere, scambi di consigli, un piccolo corso per chi vuole iniziare e piccoli accorgimenti per affinare la tecnica. E anche lei, prenda i suoi ferri e i suoi gomitoli, si faccia bella e sia dei nostri. Ma fino a mercoledì, un pò ogni giorno, scriva su un foglio knit, knit, knit. Vorrà mica fare brutta figura, no?

M'illumino di brillo.


Siamo sul frivolo. Si imparano tante cose dalle giornate dove entreresti di buon mattino dal fornaio, non già per comprare caldi croissant e pane fragrante, quanto per farti regalare un sacchetto marroncino da infilarti sull testa, non prima di averci fatto i due canonici buchini per gli occhi. Si imparano tante cose dalle giornate in cui non ce n'è per nessuno, che sei serpe e medusa, imperatrice e lavandaia, in alternanza e che davanti a scuola ne hai avute per tutti, e le tue sagge amiche si son guardate di sottecchi, dicendosi mute, massì, domani le passa. Stamattina va decisamente meglio. E quel che ho imparato lo metto a disposizione dell'umanità tutta. Ci si alza e si comincia a saltellare, si respira a fondo, si accende la musica, non troppo forte, si svegliano i ragazzi a baci, si abbraccia forte il tuo sposo in cucina, si fan due o tre cosine indispensabili, una rassettata qui, una merenda di là, ci si veste non troppo da corsa, tacco basso, signora mia, che magari si avrà pure il tempo di una passeggiata, o di un'escursione in centro con la bicicletta del Comune, quelle arancioni con la chiave, pedalare con la zeppa è una tortura, non lo sapeva? E poi, al trucco, per ovviare un pochino al color nebbia della faccia, via, lasciamoci conquistare da una passata di terra sberluccica e translucente, e già che ci siamo, e per niente farci mancare, che male fa una passata di quel mascara di Capodanno, coi luccichini. Effetto Fata Turchina? E se anche fosse? Meglio brillare che aver lo sguardo perso nel vuoto e l'umore più nero del nero di seppia. Il brillo aiuta. Si saluta la prima infornata di figlioli con una bel sorriso, si accompagna la picci e le si scrive in un biglietto "E' lucente il tuo mattino se hai in tasca un Pavesino", e si inzia, brillantinose e allegre, la giornata che c'è. Voilà. E speriamo che nessuno scambi i brilli per congiuntivite. Già successo, signora cara, già successo.

12 marzo, 2007

Niente.


Te ne stai lì. Di alzarti non ne avevi voglia, ma neppure di stare a letto o di fare qualunque cosa. Non è giornata, come si dice, si capisce da subito, da quando neppure ti guardi allo specchio o la radio ti dà fastidio e non ne hai voglia, semplicemente. E rispondi a monosillabi, fingendo una calma che non c'è, o forse c'è ed è troppa, chi lo sa, e quando è troppa non va bene. Definirla non si può. E' una specie di rabbia sorda, lo stomaco ammaccato, come dopo un pugno, come dopo l'altalena. Si capisce lontano un miglio, ho la straordinaria capacità di non sapere fingere, mai e in nessun caso. Non imparerò, mi sa, nemmeno con un corso accelerato di recitazione, l'Actor's Studio sarebbe acqua fresca, bocciatissima alla prima sessione, Miss FragolaInfinita non Ne Infila Una, ci dipiace tanto, che cambi mestiere. Che cosa c'è è una domanda cui non so rispondere. O meglio sì, la prima cosa che mi viene in mente è Niente. Niente.Quel niente che mi fa mescolare il caffelatte nella tazza come se dovessi farci un budino, che mi fa guardare fuori, un'alba lucida e bellissima e dire C'è Troppa Luce, o che non mi fa guardare le gemme delle ortensie e non vedere le foglioline del ciliegio, E' Ancora Secco, non fiorirà. Quel niente che mi rende insopportabile anche a me stessa, che mi fa notare il disordine in camera dei ragazzi, che mi fa urlare Sbrigatevi! e non mi tira fuori uno straccio di sorriso, per nessuno. Che cosa c'è, niente. Ma fortuna che questo niente dura poco.

11 marzo, 2007

Fiori d'arancio?

Immortalarli non è stato mica semplice. Lei faceva un pò la smorfiosa, come si addice la suo alto lignaggio, e saltava di quà e di là, impensierendo non poco il suo promesso sposo, pretendente e con un cerchio alla testa da qualche giorno in qua, nonchè da tempo immemore, perdutamente innamorato di lei. Hanno giocato un pochino, lui faceva il languido e lei la preziosa. Poi, sono spariti alla vista per una mezz'oretta. Quel che successe, ahimè, non è chiaro. Quel che si sà è che lei è rientrata, con la sua andatura sculettante, e non si è più mossa dal suo materassino a quadretti per un bel pò. Lui, invece, è rimasto alla mia porta, mugolante e stremato, finchè la sua padrona mossa a compassione non lo è venuto a ritirare. Lui certo è affascinante, con quella sua aria intellettuale. E lei deliziosa, con il suo nome scritto in viola sul collare. Una splendida coppia. Paparazzati in un pomeriggio di un bel venticello primaverile, i fiori e le viole, e l'erba verdissima. E come si dice in questi casi, se son cuccioli, nasceranno. Già, non avevo giusto un bel niente da fare, che occuparmi di una decina di cuccioli di labrador. Come ho fatto a non pensarci prima?

08 marzo, 2007

La classe, signora mia.

E non certo la seconda B, che il nostro amore è cominciato lì. La classe vera, autentica e innata che hanno pochissime, persone che conosco. ma poche davvero, sa? Non tanto per il valore monetario delle cose, macheccentra, quanto per il pensiero, per dire, ma guarda un pò, faceva la spesa per sè e mi ha comprato questi, lo sapeva che mi piacevano, mi legge e sa che i giorni scorsi ero un pò così, e allora si è presentata con questo regalino, preziosissimo per me. Nulla vieta di lavare i pavimenti con un velo di gloss sulle labbra, profumate di Chanel e con un bel jeans aderente, che male fa? Se poi, a tutto ciò, si aggiunge un tocco di classe spicciola, un bel paio di morbidi guanti di gomma in una splendida nuance fucsia e lillà, ma mi volete dire che meraviglia sarà? Giaggià, signora cara, lo sapevo da molto, ma oggi che è la festa della donna e lei è già lì che scàlpita che stasera cade il suo annuale giorno di libera uscita, che ha già preparato le fettine all'Osvaldo che stasera farà da solo perchè lei uscirà a mangiar la pizza con le amiche, glielo dico piano in un orecchio, cercando di non rovinarle l'impalcatura della cofana, piena di lacca che al buco dell'ozono ci ha messo il carico da 20: ognuno, cara signora, c'ha i vicini che si merita. E io, modestia a parte, come già dissi, la meritai.
Grazie, Marina.

Dolcemente complicate.


E' una festa che non amo, che non sento, o almeno non come è vissuta, da qualche anno in qua. Niente pizza e niente strip. E niente mimosa. Ma oggi, che tutti dicono la loro al riguardo, non potevo non mandare un abbraccio virtuale a tutte, proprio tutte le donne che passano di qua, e anche quelle che non ci passano, va bene lo stesso. Perchè, e non è affatto una novità, le donne, quelle vere, alle prese con mariti e fidanzati, figli che arrivano e che no, lavori da fatica o da scrivania, da zaino o da pochette, da computer o da bloc notes, da frittata o da sushi, da bicicletta o da SUV, da mercato o da Prada in Galleria, da salotto o da Rebibbia, da càmice o da tuta, da toga o da grembiule, da master o da licenza elementare, da ufficio o da marciapiede, dal Mediterraneo e dai Balcani, da Novella 2000 o letteratura russa, da ago o da missile, sono delle gran belle creature.
E' difficile spiegare.

07 marzo, 2007

Non li vorrei.



Non li vorrei. Lo so quando arrivano, e ho affinato una tecnica sofisticata per contrastarli, per non farmi prendere, per non farli vincere su di me. Non serve. Non li vorrei. Non necessariamente devo piangere, può anche succedere che me ne resti lì, un po’ rimbambita da un dolore sordo e cieco e muto, una specie di grosso macigno sullo stomaco, un peso, una zavorra che non so, e invece la so così bene che potrei dirla a memoria, ecco, fa così e fa cosà, esattamente, anche in rima, volendo, endecasillabi sciolti. Non li vorrei. Sono i momenti in cui niente e niente mi sembra come deve. E’ la solita storia, la solita menata, come, non lo sapevi? Ma certo che sì, eppure ogni volta uno schiaffo, una sberla in piena faccia. C’è voluta una stupida e insulsa trasmissione televisiva, quelle che si guardano stirando, ci si può concedere il lusso di un paio d’ore trash se questo ti consente di stirare 9 camicie senza battere ciglio, insistendo bene sui polsini e sul colletto, premere il tasto del vapore nel momento stesso in cui una lacrima scema è lì, in equilibrio tra le palpebra e le ciglia, quelle di sotto, quelle che le rarissime volte che ci passo il mascara faccio un pasticcio, ecco, quelle lì. Non per la trasmissione, no, e chissenefrega di quella lì, può anche darsi che non sia vero. Piango per me. Del niente che ho avuto. Dell’essere sempre la ribelle, e alle ribelli niente si dà. La sfacciata, e alle sfacciate, niente si dà. La forte, e a quelle forti, serve forse dare qualcosa? Piango per me. Perché adesso che sono grande e matura e sono cresciuta abbastanza per vedere tutti quanti senza i filtri che ti derivano dall’educazione e dalle convenzioni, adesso " parlare così non sta bene", mi dispiace tanto, ma non vale più. Mi sono educata da sola, in fondo e troppo rigidamente. Ho chiesto tanto e dato, anche, e sono sempre stata sola. Non ho avuto niente, io. E non è commiserarsi, né piangersi addosso. E’ sapere che è così, riconoscerlo e dirselo, serenamente, magari piagnucolando un po’ stirando, in momenti così, che arrivano così e non li vorrei. Niente di niente. Forse per questo ho desiderato e avuto una famiglia numerosa e chiassosa, forse per questo sono ansiosa e appiccicosa e un po’ noiosa, con loro. Non piangerò più stirando. Al massimo, per farmela passare, sarò forte e scriverò una poesia. Sono bravina con le rime, visto? Metto ogni mattina una poesiola nella merenda di mia figlia. Non endecasillabi sciolti. Solo la voglia di non fare gli errori che hanno fatto con me. Chissà se ci riesco.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...