13 giugno, 2008

Nulla sfugge.



Ma proprio nulla. Domani in tutto il mondo si celebra la Giornata Mondiale del Lavoro a Maglia in pubblico. Detto così fa un pò ridere, manco il lavorare a maglia fosse un'astrusa pratica segreta o un gioco sadomaso da consumarsi in segretezza fra le mura domestiche. Cionodimeno, se avete a protata di mano un gomitolo e dei ferri, e il week end non si prospetta per nulla interessante dacchè le previsioni non sono proprio una meraviglia (sì, ma non pioverà, fidatevi), sciamate festose verso i giardini degli Orti, e anche questo fa un pò ridere, i giardini degli Orti è come dire le scarpe delle calze, o le forchette dei coltelli, non so se mi spiego. Comunque, i suddetti giardini sono altresì conosciuti come Skate Park, e sono proprio quelli siti in Alessandria, in viale Teresa Michel. Colà, dalle 15,30 alle 19,30 vi accoglierà con rara grazia la boccoluta Flavia, che si è data un gran daffare per organizzare il tutto e alla quale va un grazie riconoscente e grosso come una casa. Altrimenti, se bazzicate verso Torino guardate qui, e avrete tutte ma proprio tutte le informazioni del caso. E poi ancora se non siete nè qui nè là, ma sparpagliate sù e giù per l'Italia, guardate qui e non pensateci più. Troverete in scioltezza il WWKIP day più vicino a voi. E scusate tantissimo, signore mie adorate, la scrivente domani avrà da fare e non potrà essere presente e lo dico con voce rotta dalla commozione. Domani, infatti, la Regia Famiglia si recherà ad un altrettanto Regio Matrimonio. E ditemi un pò voi, si può forse andare qui, apparecchiate da stracorsa e con i ferri nella borsa? Naaaaaaaaaaaaa.

Non ho l'età?



Seratona! Ieri sera, grandissima emozione per la Princi al suo primo concerto. In verità era al secondo, avendo già assistito a quello di Giovanni Allevi, ma il paragone, con tutto il rispetto, mi sembra un pochino azzardato. Tali Finley, quattro ragazzini con la faccia da buoni scolari, hanno infatti intrattenuto sulla pubblica piazza , quasi tutta la meglio gioventù cittadina. Essendo la Princi in tenera età, mi sono offerta volontaria di accompagnarla a tale evento. Che di concerti ne ho visti una tonnellata, e insomma, la maggior parte degli astanti poteva essere figlio mio, ma chiaro, so molto bene i meccanismi dei concerti, non si deve stare nè troppo lontani nè troppo sotto al palco, non ci si deve far sovrastare, nè spingere, nè tirare bottigliette, insomma, le regole della buona creanza. Quattro ore quattro, all'impiedi, per difendere strenuamente la posizione, non lasciando passare davanti un bel nessuno, eccheccavolo, volevi star davanti?, arrivavi prima. Una logica disarmante. Luci e fumi, musica assordante come da copione, espolosione di stelle filanti. Emozionante per la Princi? Emozionante anche per me. A vedermela lì, a saltare, rossa in viso, un pò invasata, felice e meravigliata da tutto quel caos, a cantare a memoria queste canzoni, ma dove le impara? non studiava Bach, ieri l'altro?, insomma, mi ha fatto un certo effetto. Il paragone con i miei concerti, era fin troppo facile. Solo, io andavo a vedere DeGregori, Zucchero, Eurythmics, e poi, quei Rolling Stones che ancora ne parlo. Giurassica? Pronta per Villa Serena? Non proprio, a Dio piacendo. Giusto per assistere a una sera del genere e dire che sì, tutto è cambiato ma niente è cambiato. I ragazzi sono gli stessi, in fondo, hanno le stesse facce, le stesse risate di niente, gli stessi Levi's, le stesse Superga, persino gli stessi occhiali. Soltanto, il concerto non lo guardano. O meglio, sì, ma attraverso macchine digitali e telefonini. Tutto il resto è rimasto uguale. Assistere a un concerto con la propria figliola undicenne è un regalo che ci si deve fare, prima o poi. Dire che mi sono divertita è una parola grossa, ad un certo punto proprio non ne potevo più, ma mi è piaciuto guardare lei che guardava loro e vedere me che mi guardavo in lei. E senza nemmeno il telefonino.


12 giugno, 2008

Un pò più piano.

Quale mai sarà il misterioso meccanismo per cui ci si riesca a svegliare più o meno alla stessa ora della sveglia, seppur quest'ultima giaccia silenziosa, con l'allarme disinserito, seminascosta dietro una pila di libri, il bicchiere con l'acqua, e una montagna di chincaglieria, un pò preziosa un pò farlocca, proprio lì sul comodino. Quale sarà mai, l'intatta atmosfera di un mattino presto, che ancora tutti dormono eppure non è domenica, che ancora non è chiaro se c'è il sole o se non c'è, ma che questo, in fondo non ha la minima importanza. Che raro lusso è, la colazione pigra e silenziosa, quando si sente solo il cucchiaino che sbatte piano sulle pareti della tazza, e una specie di ronzio che non è il frigo, ma un piccolo esercito di insetti che banchetta sulla siepe del finto gelsomino. Le prime mattine di vacanza serbano un fascino tutto nuovo, da scoprire, da assaporare piano, come le caramelle di liquirizia che ti fanno nera la lingua. Da scoprire, in un certo senso, le cose da fare in fondo sono le stesse, ma le puoi incastrare come vuoi, non sono dettate da alcuna legge e da nessun orario, lo voglia il Cielo, da portare questo e riprendere quello, da zaini e permessi, da giustifiche e firme, dalla delirante sarabanda di
poesieregionicapitalifreudpolinomidenominatoritogo went gone, e poi recite, compleanni, regalini e saggi. Le mattine come questa si vivono così, i cartoni alla tv e un foglio bianco dove scrivere con calma la to do list. Un puzzle buttato in aria, dove nessuno ti sgrida se metti il cielo sul prato, il becco di Nonna Papera nel cestino, tutto un pò alla rinfusa. Si vivrà con lentezza e compiaciuta tranquillità, un pò lusso un pò vacanza, che di confusione ne abbiamo avuta abbastanza e che per ora, aiutatemi a dire, un pò di ozio male non fa.

11 giugno, 2008

Violet dahlia.


Non so bene che cosa mi prese, settimane fa, quando comprai queste bustine. In realtà non erano proprio bustine, ma specie di sacchetti trasparenti, coi buchini, con all'interno qualcosa simile ad una patata. Bulbi, certamente. Ma mi sono fatta attirare dalla bella foto dell'etichetta, una rigogliosa pianta di dalie violette. Che strani fiori, le dalie. Tanto per cominciare nessuno le pianta più, sono fiori obsoleti, troppo semplici, forse, volgarotti nel loro insieme di foglie a punta e di steli troppo spessi. Non hanno l'eleganza delle rose, nemmeno la raffinata semplicità delle margherite. E poi, diciamola tutta per intero, non è che proprio siano di gran moda. Nessuno ti regalerà un bel mazzo di dalie. Le dalie si portavano alla maestra, anno scolastico 1968- 1969, insieme alle prime rose del giardino, per non farle troppo sfigurare. O si mettevano alla cappelletta della Madonna, quella all'incrocio con la strada per i colli, poco prima di andare al rosario del mese mariano. Fatto sta ed è che ho comprato queste dalie. E stamattina, il sole, che si è fatto desiderare come il fidanzato giusto, ha illuminato con discrezione quell'angolo di giardino. Un bottoncino violetto in una foresta di foglie verdissimo scurissimo, i petali ancora tutti abbracciati a formare una pallottola graziosa, ma che si vede che tra poco esploderà in tutto il suo violetto fulgore. Un regalo per me. Il primo di una serie, un ventisette giusto ieri, che il Giovane Innamorato Holden non tralascia affatto le carte per le Trecce Brune. Un Maturando sorridente e che non me la conta giusta, fin troppo studioso e con una media di tutto rispetto. Il Liceale, rassegnato oramai ad avere latino a settembre, ma più pentito di un camorrista, e speriamo che a qualcosa serva, in fondo. La Princi festosa e dolcissima, che si appresta a vivere un'estate spensierata e leggera. Che forse è già qui. Si può capire dal cielo, si può capire dall'odore del mare che arriva fin qui, da questa lentezza, accesa ed incredula dei primi giorni di vacanza, e da quel bottoncino, ancora inesploso, che se ne sta buono buono nel cespuglio laggiù. Chiedere di più sarebbe un peccato.

09 giugno, 2008

Integral Version.

Alla fine, eccola qui. L'Intervista, intendo, la Unica e Sola, proprio qui a destra, e tutta per intero, mica a spizzichi e bocconi come l'altra volta, che la connessione era saltata tra le maledizioni del mio Sposo Illustrissimo, che aveva messo sù un marchingegno che nemmeno Bill Gates. Ed è perciò che ieri, sempre il mio Sposo Illustrerrimo ha voluto farmi un dono: una specie di filmato, una roba da curiosare, a fare da cornice alle bizzarre domande del mio Famoso Intervistatore. Una meraviglia. Mi sembra carino. E voglio altresì tranquillizzare che molto presto un altro filmatino aggiungerò. Quello dove piango, discuto e litigo con mio marito, e grido così forte che tremano i vetri o quello dove magari sono a qualche funerale, oppure quella volta che uno dei miei figli era in ospedale, oppure quell'altra volta che qualcuno di loro era così grave che non si sapeva bene. Così, contenti saranno quelli che un pò mi gufano, che un pò me la tirano, che un pò mi commentano con le loro cazzate, e scusate tanto la parolaccia, ma come si dice, quando ci vuole ci vuole. E modestia a parte, qui ci volle.

07 giugno, 2008

La festa.


No che non si festeggiava niente. O forse sì, ma era tutto magico e misterioso, qualcuno sapeva, qualcuno no, eppure nessun compleanno, nessuna ricorrenza, nessun niente di niente. E i garbati e perfetti padroni di casa, ben si son guardati dallo svelare arcani e magheggi. Fatt'è che la festa c'è stata. E bellissima, perdipiù. Nonostante la pioggia battente che rendeva improponibile il patio sotto le stelle, bellissima vera. Come ne càpitano una ogni qualche anno, di solito si và alle cene, placé o non placè, di solito ci si trova in ambienti silenziosi e un pò ovattati, noiosini, aiutami a dire. Ennò. Come nello stile effervescente della mia Amica delle Perle, esplosiva padrona di casa, la festa di ieri era un delirio. Di musica, di colori, di mises variegate, le più diverse. Qualcuna in lungo e stola, qualcuna in palloncino, qualcun'altra VengoCosìComeMiTrovo. Ma il tacco, signora mia, ce l'avevano proprio tutte. Al giorno d'oggi (!), ma mi vuole un pò dire lei che serata sarebbe senza tacco? Già la festa era cominciata al mattino in Corso, l'AdP, l'Amica dell'Arma e la scrivente che si sono trovate bellamente a misurarsi improbabili scollature per la serata imminente. Più per ridere, in verità, l'AdP è più furba di una faina, sapeva bene lo scazzo (si può dire?) che mi portavo in giro, e voleva tirarmi un pò sù. Com'è, come non è, ci siam trovate bell'e apparecchiate, nero fatale per l'AdP, nero mistero per l'AdA, look candido-dorato-guru-indiano-con-sandalo-da-viale per la scrivente. Bella sera. Certo, la vera festa si concluderà alla prima riunione, che di intrecci signora mia carissima, ce n'erano così tanti, ma così tanti che mi aspettavo di vedere Alfonso Signorini spuntar fuori da un divanetto: l' ex moglie di questo con l'ex marito di quella, il marito di quella con la ex-ex fidanzata di quell'altro che però non disdegna l'altra che a sua volta, insomma, le feste sono un pò come dei censimenti, ci si aggiorna sulla composizione delle nuove coppie, è tutto lì il divertimento, in questo mondo di brutture, non lo pensa anche lei? Comunque, gossip o non gossip, facente parte delle CN, Coppie Noiose, nei secoli fedeli allo stesso marito, mi sono goduta lo spettacolo, la serata e la bella gente che ivi ho incontrato, ho riso e ballato, persin bevuto un intruglio rosa che andava giù così bene, ma così bene che ad un certo punto, mi sono trovata ridanciana e ballerina e un pò malferma sulle gambe. Colpa del tacco 12, mi sa.

05 giugno, 2008

Accontentatevi.

Delle foto un pò mosse, intendo. oggi, gran giornata per Cuore di Maglia. Nessuna pubblicità all'evento è stata data da queste pagine, per il semplicissimo motivo che mi sembrava troppo. l'obiettivo è stato raggiunto, 35 copertine (trentacinque) e un'infinità di cappellini e scarpottine (infinità) che hanno fatto brillare gli occhi non solo al Primario Nuovo di Zecca, ma anche e soprattutto alle caposala, alle volontarie dell'Avoi e, non ultime, alle dottoresse, convenute alla cineteca dell'ospedale per assistere all'evento. Che è durato pochissimo, eravamo in un ospedale, mica in una sala da ballo, tanto che dopo poco, anche il Primario Nuovo di Zecca ha dovuto correre in reparto, che era arrivato testè un bimbino piccino picciò da accudire, da trattare come dicono loro. Ma c'è stato il tempo. Di tirar fuori dalle scatole le nostre, le vostre meraviglie, ma quante erano, accidenti, da non sapere dire in scioltezza quale fosse la più bella. Di raccontare di Cuore di Maglia, e di tutte le cose che questo delirio ha comportato, di tutte le persone che hanno fatto in modo che tutto questo diventasse vero e realizzabile. L'elenco è piuttosto lungo, ma è ben chiaro. E siete tutte qui, custodite come si fa con i tesori preziosi.
Eravamo tutte emozionate e un pò stordite da tutti quei colori, e quella morbidezza e così felici di aver fatto qualcosa di così bello e importante. Perciò, grazie. A tutte, tutte, proprio tutte di Cuore di Maglia, da Cuore di Maglia. E da tutti i bambini che avvolgeranno nelle nostre coperte e avranno le nostre scarpine. E se la foto è mossa, ma ditemi un pò che importanza ha.

L'antivirus.

Se ancora non si è riusciti ad individuare per bene l'origine di codesta malattia, se proprio così la dobbiamo chiamare, risulta alquanto difficile, azzarderei impossibile, oserei improbo, trovarne la cura. Riassunto delle puntate precedenti: il nulla. La mia Amica delle Parole e del Tiro Con l'Arco, tirerebbe fuori uno di quei suoi paroloni che mi piacciono tanto. Che so, ossessivo-compulsiva, per esempio. Cosa che non sono affatto stata in questi giorni, piuttosto, tutto il contrario, encefalogramma più che piatto e visione catastrofica dell'intero globo terracqueo. Cionondimeno, se ne sono resi ben conto in questa casa sulla collina, che qualcosa non funzionava in me. In realtà, il mio Sposo sostiene di essersene accorto già da molto tempo, ma che risulta questo, a parer suo, il motivo per cui mi ha sposata. Ma tutti, qui dentro, si accorgono con tempestiva e intelligente prontezza quando qualche programma, nel mio complicato sistema operativo, si pianta e non ne vuol sapere di girare. Entra perciò in azione l'antivirus. E tutti, proprio tutti, umani, flora e fauna, abitanti nel mio piccolo microcosmo, ci mettono la loro. Baci ispidi, quando sono già a dormire e lui è rimasto sveglio per studiare. O abbracci strettissimi, di quelli senza parole che vogliono dire miliardi e miliardi di cose, esprimere concetti così cosmici che ancora di parole adatte non ne hanno inventate. Piccole cose. Fuori piove e piove, io ancora non so questa mattina come la girerò, se ancora sentirò ronzii e malinconie, se ancora avrò le spalle curve sotto una gerla di pensieri che non focalizzo ma che mi schiacciano e mi rimpiccioliscono, tanto da aver voglia di sparire sul serio. Quello che so per certo è che qui mi curano per bene, mi osservano e mi accudiscono, sanno di me e dei programmi che non girano, di quando sono scollegata dall'universo intero, di quando prenderei la navicella spaziale che nascondo in garage ben coperta da un telo, e me ne volerei via sfondando il tetto della casa in collina. Loro, lo sanno. Ben perciò mi scrutano attenti, sapendo alla perfezione che momenti così, passano, prima o poi, Nel frattempo, fan girare l'antivirus. E questo antivirus di baci e carezze, carinerie e sorrisi, mi sa proprio che funziona.

03 giugno, 2008

Kryptonite.

La presa.

Staccata, per la precisione. Espressione che non sopporto, staccare la spina, che diavolo vuol dire, e poi, se io mi stacco, proprio non vado avanti. Non giro. Non funziono. Non frullo, aspiro, asciugo, scaldo, congelo. E non sono nemmeno uno stupido elettrodomestico. Non faccio niente, in verità. Giorni come questo andrebbero banditi dal mio calendario personale, perchè, hai pure un calendario personale? eccerto, tutti ne abbiamo uno, anche se non lo sappiamo. Questi giorni di black out mi succedono ogni tanto, raramente, da qualche tempo in qua, ma succedono sempre e sono così brutti da vedere e da vivere, e orsù, bambina, che non è proprio il momento di lasciarsi andare, non adesso, non lo vedi che fuori è giugno? Giugno, già. Che vuol dire i ragazzi a casa da scuola e chi gli esami e chi i saggi e chi le feste di fine d'anno e chi i cartelloni alle porte del liceo e chi le pagelle coi lucciconi, chi lo studio forsennato e gli occhi più persi di sempre, chi invece gli esami li fa con gli occhi che brillano di una dolcezza felice. Giugno. Giugno che quest'anno la partenza non sarà subito, giugno che il grano è verdolino e non giallino e ti sorpendera, una sera verso le 7 e all'improvviso esploderà nell'ultima curva verso casa. Giugno inquieto, giugno che sarà troppo lento o troppo veloce, che ci sarà maltempo, dicono, e ancora pioggia, per favore no. Tante cose da fare e organizzare, le solite, e tu, orsù, sciama festosa verso questo giugno appena cominciato e che passerà in un attimo e cerca, cerca una spina, una doppia, una tripla, cerca un riduttore per collegarti alla corrente, che così, insignificante creatura, non è che vai molto lontano. E non hai neppure il posto per le pile.

01 giugno, 2008

Ma che bel castello.


Ma bello, sa? Non proprio vicinissimo, ma si sa, per trovare le cose belle si ha da fare un pochino di strada, fosse anche solo una mezz'oretta. Un castello vero, ristrutturato con rara maestria, ne sarebbero così felici i miei amici Architetti, piacerebbe, come dire. Siamo usciti a pranzo di domenica, non ci capita quasi mai, e ancora mai che ci inviti qualcuno, siamo sempre così tanti, e siamo sempre noi ad invitare, nel genere. E questi amici, che chiacchierano fitto e ci somigliano così tanto, che ci assaggiavamo le cose dal piatto, come si fa con chi proprio hai confidenza, mica con le persone che non sai. Bella domenica. Sarà l'aria del castello, e mi sa che qui ci torniamo, il gelsomino della siepe e le grate alle finestre e poi ha un nome così bello, ed è proprio un bel castello, marcondirondirondello. E pensare che non ho nemmeno bevuto.

La quiete.

Non che ci sia stata una tempesta, prima. O meglio sì, temporale e pioggerellina, ventaccio e venticello, sole rabbioso e sole a picco. Ma la quiete, quella ancora non c'era stata. Tempo stabile fisso sul brutto, ma a noi, che ce ne importa. Si rimane, quieti quieti, a scorrazzar figlioli di qui e di là, ora pure la Princi ci si mette a partecipare a feste dall'altra parte della valle, ma si può dire di no a due occhioni così? Si rimane, a preparare arrosti da primato, speziati e piccanti il giusto, per fare bella figura, signora mia, chè una fidanzata viene in visita pastorale, grande, stavolta, universitaria essa pure medesima e non biondina, stavolta. Con la Biondina Boccolissima, si dice, pare, si vocifera, ma notizie certe non se ne hanno, non dal Maturando, intendo e non faccia confusione, che è del Giovane Beato Holden che si parla, adesso. Insomma, un traffico, da cui non mi salvo. E quindi si rimane, nei pochi spazi di tempo quieto e tranquillo, a provare, con strabiliante successo, quello schema di scarpine che non mi riusciva neanche a piangerci. Ebbene, modestia a parte mi riuscì. Così, sforno e sforno scarpine, cucino, sorrido e sto quieta. Che, con il va e vieni di questi giorni, è un lusso, signora mia. Un lusso quieto, mi aiuti a dire.

29 maggio, 2008

Tempo da.

Maggio odoroso. Sì, ma odore di lampi e tuoni, fulmini, saette e tutto quanto fa temporale, temporalissimo, previsto in serata. E intanto piove, piove e ripiove, si guardano con un certo rammarico le vetrine coi costumi da bagno, i teli mare e le ceste spiaggia. Sì, ma si è visto bene che tempo c'è là fuori? Ci si deve apparecchiare per uno chic-matrimonio, tra qualche settimana, ma anche lì, ci vien voglia di intabarrarci in un bell'impermeabile, stile maniaco del parco, e non pensarci più. E invece, si deve. Trovo questo ultimi giorni di maggio pesanti, noiosi, impossibili da gestire, privi di forma, privi di senso, privi di tutto. E sì che ci si prova, a comprare cotonini coloratissimi per fare, con le proprie sante manine, un maglioncino scollacciatissimo per le fresche sere d'estate, o un bikini, perchè no, traforato il giusto, effetto vedo e non vedo, effetto ci sono e non ci sono, effetto sirena, effetto trota, insomma, qualcosa che ci rimandi in qualche modo a giorni di vacanza, a pensieri caldi, solari e colorati. Niente, nientissimo. Ombrelli e noia, felpine e noia, qualche lieve incazzatura ma appena appena, sottile sottile, giusto per tenersi in allenamento e non farsi mancare niente. L'apparecchiatura per il nuziale evento aspetterà, tempo ce n'è. Nel frattempo, via col bikini. Lo indosserò con grazia sotto all'impermeabile, pronta ad ogni evenienza, acquazzone o bagno di mezzanotte. Però, se smettesse di piovere, direi proprio che sarebbe una gran cosa. Il cotone, signora mia, mi si inzuppa. E non sta mica bene.

28 maggio, 2008

Il latte e le rose.


E' il profumo che ha questa casa. Di latte appena scaldato, di un mazzo di rose gialle sul tavolo, e tutte quelle fotografie sul comò, i mei figli da piccoli e mio nipote in triciclo, me vestita da sposa e da carnevale a sei anni, mio fratello con la chitarra e mio padre che ride. E' questa casa al settimo piano, ma si vede un sacco di verde se ti affacci e la città e un pezzo di fiume e le vecchie fabbriche e la collina, anche, dalla finestra. E' come ci si sente quando si è qui, a parlare fitto, a fare colazione con i croissant tiepidi e i biscotti e le tazze spaiate, perchè Lei sa che a me piace questa qui con le viole e me la dà sempre, anche per bere, mi è sempre piaciuto bere dalle tazze,anche l'acqua. Ci siamo trovati così, noi tre, la mia famiglia di prima, si perde un pò la dimensione del proprio essere quando si torna a fare i figli, fosse anche per un paio d'ore. E' una sensazione che non si descrive, se la si prova sempre, che solo il viverla ogni tanto la fa apparire così nitida, coi contorni così definiti. Erano molti anni che. Erano molte volte che. E in mezzo ci sono state parole grosse e litigi e lacrime, tante e solitudini infinite e malinconie sconfinate. Magoni e magoni. Cancellati, ieri. Si è riso tanto, chiacchierato di nulla, in quella cucina tirata a lucido, mia madre che brillava di una felicità soffice e rara a vederle, mio fratello che sorrideva ed era come se dopo poco, avessimo dovuto prendere i libri e andare a scuola. Una mattina con gli affetti del cuore, con la famiglia che, strana e sparsa, si è trovata dopo secoli. Il bene più caldo, l'amore quello grande, quello che ha segnato la tua vita, ti ha educata e formata, ti ha insegnato le cose che sai, si mescola piano come mia madre ha fatto ieri per me, si beve con calma, sulla tovaglia a quadri che conosci a memoria, le foto sul comò, le tende di pizzo e le rose sul tavolo.

26 maggio, 2008

Ode al caffelatte.


Che non è affatto il cappuccino. E se qui stiamo a scherzare, va bene, ma cortesemente, non mi si vada a confondere il cappuccino col caffelatte. Il cappuccino lo bevi al bar, di solito è ustionante e ne lascio metà nella tazza, ustionante essa pure. Mi lascia i baffi di schiuma che non è carino cancellare con la lingua, non è che fa tanto signoradibuonafamiglia, come dire, e nemmeno pulirsi col tovagliolino, perchè se no, la mano di gloss sapientemente data poco prima se ne va miseramente. Il cappuccino si beve solitamente in piedi, quasi mai seduti beatamente a cianciare di una chiacchiera; in più, e sempre solitamente, esso si consuma dopo aver fatto una capatina dall'Amica delle Provette, che così, su due piedi, ti fa un bell'esamino del sangue, giust'appunto per controllare che tutto sia a posto. E poichè colà ci si reca digiuni, giocoforza piuttardi ci si rifocilla con bioche e cappuccino. Ma non è di lui che parlerò. Il mio cuore batte per il suo, il suo parente povero: il caffelatte. Tanto per cominciare il caffelatte non ha la schiuma. E' così, ridèe ou belle,liscio liscio, senza tanti fronzoli. Lo adoro. Non certo con il caffè normale, ma con una generosa cucchiaiata di orzo solubile, che non è caffè, ma come lo devo chiamare allora, orzollatte? Il mio caffelatte, quello dei miei risvegli e delle mie colazioni a casa è tiepidino. Nè troppo caldo nè troppo freddo, 40 secondi di microonde e la beatitudine trasforma il latte in una bevanda divina nel senso più letterale della parola. Poco importa se con biscotti o senza, con tristi fette biscottate o, durante le vacanze natalizie, inzuppandovi fettine sottilissimi di avanzi di panettone. Il caffelatte è impagabile. Ma quale triste thè, ma quale ancor più triste tazzina solinga e amara: il caffelatte, signora, solleverà le sorti del mondo. Anche perchè, scoperta di questi giorni, esso è ambivalente, a vela e a motore, da bosco e da riviera. Già, perchè se da un lato al mattino presto può essere consumato per dare un inizio decoroso alla giornata, così, nel corso della giornata medesima, esso può contribuire a riconciliarci col mondo, Mi Bevo Un Caffelatte, giusto per calmarsi un pò, per concentrarsi meglio o deconcentrarci del tutto da una questione che ci ottenebra i pensieri. E da due giorni in qua, è stato grazie a questa bevanda celeste che ancora non ho sbattuto la testa contro il muro. Ho detto non ancora. Può darsi pure che lo faccia, un giorno di questi. Direi che sono sulla buona strada.

La manina.

Salta fuori lentamente, con un movimento lentissimo e impercettibile, da sotto il lenzuolo. Che non lo diresti mai che qualcosa possa muoversi, ma non sta dormendo?, tanto il suo respiro e regolare e lei così immobile, in quel delirio di fiorellini e orsetti. La manina esce fuori, lei ha ancora gli occhi così chiusi ma se guardi bene, c'è già una specie di piccolo sorriso addormentato, quei sorrisi un pò imbronciati che hanno i bambini appena svegli, anzi, non svegli del tutto, ancora. Che fatica stamattina, che sonno, a partire dal Capitano, che sonno i ragazzi, che non è un bel momento per nessuno dei due, verifiche a raffica per il Liceale e studio dannato e Dio solo sa cos'altro per il Maturando, che sonno la scrivente, che faccio sempre un pò la parte del giullare e mi sa che qualche mattina qualcuno mi tira dietro qualcosa, che accendo la radio a palla per svegliarli con la musica. Il Beato Ridanciano Giovane Holden sulle Nuvole ritornato alla sua magione da studioso già da ieri. Tutto come da progetto. E la sopresa, stamattina, un buongiorno di baci dato alla Princi addormentatissima, e quella carezza leggera, sbucata fuori da sotto il lenzuolo, a dirmi Sei Tu Mamma senza parole, a sentirsi beata e al sicuro anche se proprio di aprire quegli occhi non ne aveva la minima voglia. Buongiorno, così. Quelle mattine che non sai, se pioverà o non pioverà, se farà frescolino oppure no, se dovevi fare una cosa importante e l' hai dimenticata, c'è una carezza morbida e improvvisa, tenerissima e leggera che ti fa sentire padrona del mondo.

23 maggio, 2008

Cielo d'ostrica.

Il sole ce la mette tutta. Un pò c'è, un pò non c'è, stendo fuori e o stendo dentro o non stendo per niente, che è meglio, che stendere non mi fa impazzire, è un lavoro di precisione, è un gioco di equilibri e di dimensioni, e di finissimi contrasti, metto una cosa qui e bilancio con l'altra di là, l'accappatoio con il lenzuolo, se no lo stendino, il volgarissimo stendino che il mio Amico Architetto disdegna, crolla miseramente col suo rumore di ferraglia, come quando lo butta giù il vento. E allora, meglio stendere in lavanderia che di spazio ce n'è, di fili e fili attaccati al muro in un sapiente intreccio di saliscendi e bacchettine. Ohibò. No che non c'è il sole, ed è un tempo incerto fuori e dentro, nel senso che sono incerta io, non so bene, confusa, stanca? ma no, un pò sconclusionata, senza schiuma come certi cappuccini, e questo cielo grigiolino e violettino, che a vederlo da lontano sembra molle, indeciso anche lui, non con quelle belle nuvolone di panna, bianche o nere a piacer vostro, che almeno si possono guardare. Questo che c'è è solo uno strato informe, un cielo mollusco che mollusca anche me, che non ne ho nessuna voglia al mondo di niente, e che stamattina dovò aspettare l'idraulico, che nemmeno è un idraulico degli spot, palestrato e tatuato. Il mio idraulico è normale fra i normali, bassino, e per nulla avvenente. La mattina si sciorinerà in siffatto modo, si riordinerà una stanza che sembra un set per un serial sulle Crociate, il dopo battaglia, per intenderci, si prenderà un caffè solinghe in cucina verso le 11 e ce la si metterà tutta per non farsi troppo influenzare da questo cielo, di fare il tifo per il sole che alla fine da qualche parte sbucherà pure, che poi suvvia, è pure venerdì, un inzio di fine settimana, di equipaggi che riedono, di arrosti per dieci e di altre amenità. E poi, detto sottovoce, a me le ostriche proprio non piacciono. Figurarsi nel cielo.

21 maggio, 2008

La leggenda del caprifoglio.



Lo aspettava da tempo. In un certo periodo dell'anno, l' assetto olfattivo della piccola aiuola cambiava. Beh, certo, c'erano le rose inglesi, con il loro profumo di limone, misto vaniglia, misto rugiada, misto caramella mou. Ma poi, a questo, si aggiungeva un altro aroma, pungente, insistente e inebriante, tanto da farti dire, qualora fossi arrivata bendata davanti alla porta, Ok, Questa è Casa Mia. Quell'anno, invece, nulla. La pioggia battente e le giornate novembrine, benchè fosse maggio inoltrato, avevano in qualche modo rallentato l'arrivo di codesto fiore. Anzi, di codesti, qualcuno giallino, qualcuno bianco, perchè si sa, un vero caprifoglio ha sempre due fiori diversi, due gusti, due baci. Ma la siepe non ne voleva sapere. Qualcuno aveva azzardato pronostici catastrofici, Quest'anno Non FIorirà. 
Qualcun altro scrutava non visto tra le foglie, per vedere se per caso ci fosse qualche bocciolino timido e nascosto, o magari scoprire un'infestazione di rarissimi parassiti transoceanici, arrivati fin lì chissà come. Nulla. Nulla di nulla. 
Solo foglie e foglie. 

Così, quale non fu lo stupore generale, quando, un bel mattino, aprendo la finestra appena dopo le 6 e 30, ella avvertì che, alla sinfonia di vaniglia, caramella eccetera si era unito anche il profumo tanto atteso di sapone e limoncello.
 Fece i gradini quattro a quattro, scapicollandosi giù dale scale, e corse fuori, all'aiuola. Il caprifoglio era lì, esploso, rigoglioso, profumatissimo, perfetto. Come se qualcuno, nottetempo, avesse incollato per bene i fiorellini col vinavil, che, giuro, ieri non c'erano, e spruzzato una generosa di dose di profumo dell'Erbolario, nel genere. Morale: inutile sbattersi tanto, dannarsi e preoccuparsi, sorvegliare e controllare. Il mondo che ruota intorno a te fa lo stesso quello che vuole. Esattamente come il caprifoglio.

20 maggio, 2008

Senti.

Non voleva uscire nemmeno il gatto, stamattina. Diluvio e venticello, forse anche più di un venticello a giudicare dai petali delle rose sparpagliati ovunque, un tappeto e non è mica che passi la processione. Che bel rumore fa la pioggia sui vetri, che bello vederla da dove arriva, proprio, dal cielo, non quando è già caduta, non so come dire. Uno si corica in grazia di finestra e guarda in sù, e le gocce che scendono le vedi appena nate o quasi, appena uscite dalle nuvole, ancora intatte e trasparenti e pure, chi lo sa quanta strada hanno fatto prima di arrivare sul pavimento del terrazzo, sulle foglie sulla lavanda piantata di fresco, lì vicino alle menta, chissà se terrà, stavolta. Che bel rumore la pioggia sul tetto, bisognerebbe stare qui, a ciondolare per casa, fare una sorpresa ai ragazzi, stamattina niente scuola, lo faccio spesso quando c'è la neve anche se con la pioggia, in tutta sincerità, mi sembra un tantino esagerato, ma stamattina andava così, quanto avrei voluto stare lì, a niente fare, a cincischiare, a bighellonare per casa, a cucinare un pò, con la radio sommessa, cucino sempre con la musica, mi concentra, mi fa canticchiare rompendo le uova, improvvisare una piroetta aprendo il forno, fare un acuto pesando la farina. Che donna vanesia, che donna leggera, che donna sognatrice e un pò zuccona, che beata fra le beate, che sciocchissima fanciulla. E intanto piove, le Regie Autolinee hanno consegnato a destinazione, sparpagliandoli nelle patrie scuole, i Giovani Virgulti di questa inconsueta casa. La Princi con suo zaino a pinguino in gita scolastica verso Milano, i Due ai rispettivi licei, venticinque parole in due, mi sembra un bel record. E intanto piove, una mattina che si scioglierà velocissima, le cose di sempre, le Sorelle del Corso, magari, che una spesuccia, signora mia, sempre bene ci sta, terapeutica e rasserenante, quanto se ne ha bisogno, non crede? E intanto piove, quella piccola malinconia si accantona con delicatezza per non farla esplodere come una bomba, guarda che luce viola che c'è, senti che fresco che fa, senti che odore di acqua e senti, senti che bel rumore.

19 maggio, 2008

Panna e pioggia.

E nebbiolina. E nessuna voglia. E musi. E occhi, fra lo spiritato e lo smarrito, Non c'è Niente Che va Bene. Si immaginano diversi, di solito, i mattini di maggio. E invece. Chi decide il tempo che farà, dovrebbe anche tener conto che esso, il tempo, è parte fondamentale nell'inizio di un'altra settimana. Stamattina gira male. Ha girato male il week end, ha girato male la pizza della domenica sera, ha girato male il risveglio di oggi. A nulla sono servite le quintalate di panna da affondarci le fragole, il pane fragrante, lo sforzo disumano per rendere tutto più gradevole. Acqua a scrosci e silenzi, il mio Sposo ed io a guardarci e a dirci, boh!, passerà. Si è molto concentrati sulle facce dei figlioli, in questi giorni, si scrutano, si studiano a carpirne un qualche segreto, le cose non dette. Si cerca di farli parlare un pochino, con scarsissimi risultati. Il Beato Giovane Holden è il più ridanciano, il più ciarliero, il più frizzante. Nemmeno la Princi, questa mattina, che proprio i monti della Calabria non le entravano in testa. Ohibò, passerà. Passa la luna piena, passa la tosse, la nebbia e il vapore dei fusilli nel lavandino. Passa l'allergia, passa l'estate, il compleanno, l'influenza e la noia e Natale, pure lui. Ci si aiuterà, in qualche modo, questa mattina. A spingere fuori questo velo di malinconia sottile, questo scatolone ingombrante che non si riesce a sollevare, appunto, si spinge, così, questo senso di Non Ci Posso Fare Niente, se non spremute, vitamine e abbracci silenziosi. E quintalate di panna e una torta leggera, magari, d far trovare sul tavolo, sul piatto bello con le rose. DI più, proprio non so che fare.

16 maggio, 2008

Private garden.

Immortalato così, appena bagnato, alle 7 più o meno, sì, avevo la macchina fotografica proprio sul tavolo della colazione, tra la marmellata di fragole e le vitamine, è stato un attimo. Sono i vasi che guardo al mattino, che osservo bene per vedere se sono diventata almeno un pò brava e non la solita killer di piante e piantine, in buona fede, però. E poi, questi vasi bellissimi, qualcuno regalo della mia Amica della Pastiera, a me il decoupage non è mai piaciuto, giuro, ma questi qua sono così belli e semplici e colorati il giusto che mi sembrano i vasi più belli del mondo. La menta, poi, Un regalo anche quello, sa? Ricevuta proprio ieri in uno di quei bei vicoli della città, quelli col sole e i tavolini per il caffè, al volo, una chiacchiera, uno sfogo, una confessione, avendo cura di stare in equilibrio sugli argomenti, le donne intelligenti si capiscono da qui, massì, tiriamocela per un momento, è venerdì, si può dire di tutto fino alla mezzanotte, siamo o non siamo già nel week end. Che forse adesso dovrà ben cambiare nome e si chiamerà la mia Amica della Menta, che speriamo che lei, la menta, infesti per bene quel bel vaso decorato col glicine, lei, l'Amica, che il glicine ce l'ha per vero (!) sul terrazzo. Pensieri confusi che si affacciano in questo mattino appena iniziato, le piantine da accudire non sono mica solo quelle verdi dentro ai vasi colorati. Sono quelle che ho in casa, com'è difficile certe volte, che momento è quando si indugia dopo cena, e che discorsi impegnati e faticosi e duri da tirar fuori o digerire, quando i piatti non ci sono più e resta solo la tovaglia con le briciole ammucchiate per bene in un angolo con gesti un pò maniacali per trovare i coraggi, che sono due, quello per parlare e quello per ascoltare. Che fatica è innaffiare una piantina stanca e sfiduciata, un'altra confusa e malinconica, un'altra ancora che al telefono ti dice Sono un Pò Giù. Si prenda un innaffiatoio, un pò colorato, va bene. E ci si sciolgano dentro tutte le parole, tutti i caldi abbracci, tutti gli sguardi a dire Sono Qua, Siamo Qua, Siamo Una Famiglia di quelle normali, più o meno, siamo una grande fortuna, siamo un'azienda, un esercito, un plotone, una squadra di calcio, un equipaggio per la Luna. Siamo qui, c'è da parlare e da ascoltare, a medicare, piccole e grandi ferite di cuori e di anime, oltrechè di ginocchia, col monopattino giù dalla discesa. E per queste, un cerotto e un bacino, ma per le altre, Gesù, com'è difficile. Così, annaffio in camicia da notte le violette, la menta e le petunie del mercato, e penso fra me alle altre mie piantine, da accudire, da farci attenzione, da tenerci lontane le erbacce, di accarezzarne le foglie quando un pò si accartocciano su se stesse e un pò seccano e non ne vogliono sapere di fiorire, piantine così belle e colorate, così forti e così fragili che si innaffiano col cuore.

15 maggio, 2008

Ci siamo. Quasi.


Ci sono i piumini dei pioppi, il sole, i ragazzi a scuola coi bermuda, le foto di classe, i giochi della gioventù o cose del genere. Tutto lì a dirti che anche questo anno scolastico ce lo stiamo togliendo di torno. Passato in un soffio, direi. In questa casa, quest'anno, la fine della scuola ha un sapore diverso, più malinconico di sempre, non saprei, un pò più sofferto. La PrinciFanciulla che conclude la beatitudine delle scuole elementari, il Liceale che arriva arrancando e sbuffando e SonoStanco con la s sibilante alla fine della PrimaEffeLiceoScientificoStataleGalileoGalilei. E poi, Lui. Un pò sciupato, in questi ultimi giorni, Non Ho Fame. Ha i riccioli più riccioli del solito e uno sguardo liquido, sconfinato, che non so descrivere. Ride. Ride di una risata che non suona, fa lo scemo come sempre, ma per meno tempo, non so. E studia studia. Esce pochissimo, nessun allenamento, solo qualche partitella di calcetto nel campo del villaggio, Non Vado In Città, Mamma, Sto Qui Fuori. E a cena, parlaparlaparla. Non tace. Di qualsiasi argomento, calciomercato, Travaglio, cose, amici, persone. Non tace. Non Sono Agitato, Davvero. Non so se credergli. Prima dell'esame di maturità, è proprio normale avere paura, ce l'abbiamo avuta tutti, no? Nessun esame mai sarà più come questo, nella vita. Ma lui, non tace. Ed è più grave di qualsiasi silenzio, di qualsiasi muso, di qualsiasi mugugno o borbottio. Era così grande, stamattina prima di uscire, così smarrito, un pochino, di quegli smarrimenti che solo le mamme sanno sentire, di quelle vibrazioni sottilissime che ti trasmette quando si avvicina, sa di sapone e di buono, Ciao Mà, e sembra dire, Sapessi, Mà. Ma io non so. Cioè so, immagino, credo, penso, ma sto così zitta, io. No che non è la scuola, o forse anche, ma i suoi pensieri, le sue ore sui libri e questo parlare, parlare, tradiscono qualcosa che mi sfugge, una specie di segreto, lui sa che io so, e vorrei dirgli coraggio, si cresce anche attraverso queste cose, questi dolori freschi e questi nodi nello stomaco, è un regalo dei tuoi anni, che sono da vivere così come sono, ti faranno bene anche se ti sembrano così pesanti, adesso, una valigia piena di mattoni. Vorrei dirgli che capisco, che so così bene come si sente che lo potrei disegnare, perchè lui è la mia copia esatta, fuori e dentro, lui è la mia anima più maschia, lui è il mio cuore leggero, lui è come me. So i suoi respiri e la sua sfacciataggine che nasconde una dolcezza sconfinata, so i suoi sguardi spavaldi a celare una timidezza impalpabile, so il suo sentirsi perso e far finta che no. So. So e sto zitta mentre lui parla e parla.

14 maggio, 2008

Ode al Labello.

Caldo, fa caldo. Nel senso che ancora non ci siamo abituati, che si è fatta desiderare per un pò e non è detto che sia qui davvero, stavolta. Che la sera vien sù quel venticello impertinente, chiederci al Capitano che razza di vento sia e da dove viene, ci sono cose nella vita che mai e mai imparerò. Fa caldo. Sandalini e peep, e non stia lì come un cocomero, signora mia, lo sanno tutti che le peep sono le scarpe col buco davanti. Così come sanno tutti che col sole e il caldo, anche il make up giornaliero, ossissì che cambia. Ci siamo cosparse tutto l'inverno di brilli in ogni dove, di strati e strati di gloss scintillante e terre abbronzanti sberluccicanti. ora, la musica cambia. Tanto per cominciare, al rogo pennelli e ciprie compatti, che un bel viso palliduccio e assolutamente naturale, in salute, come dire, è quanto di meglio per la stagione estiva. Ci penserà il sole, un pò più avanti, e se proprio non resistiamo, resta sempre l'opzione lampada, alla quale sono fortemente refrattaria, ma insomma. Ma, la recente, personalissima scoperta ha dato una sferzata alle consuete abitudini. Ho scoperto il Labello. Colorato, perdipiù, il che ha del miracoloso. Cioè, non proprio colorato, ma un pò argentatino, non coi brilli ma luminosissimo, rosa madreperlaceo, una cosa un pò lunare, ecco. E che risolve. Si può applicare con scioltezza, senza specchio e senza matita, e dà subito tutta un'altra aria. Non occorre entrare nel tempio della bellezza, nelle profumerie specchiate, ma lo si può far scivolare nel carrello con beata noncuranza, anche più d'uno, proprio lì, tra la farina e il sacchetto delle nespole appena pesato, al supermercato. E poi, cura. Sia per mare che sulla terraferma, il Labello ha la sua bella importanza, liscia le boccucce di rosa che hanno preso troppo vento o troppo freddo, e in più, come dire, arreda. Apparecchia. Quel tocco in più, come la maionese. Al bando, per il momento, i gloss con l'applicatore, i rossettoni superbrillantinosi, i Juicy Tubes. Il Labello è il futuro. E' la semplicità. E' l'estate. Che sì che si è fatta desiderare, ma alla fine, arriverà pure, no?

13 maggio, 2008

Un assaggio.

Tutto quello che sono riuscita a registrare ieri sera.
Manca tutta la parte più importante, manco a dirlo, di Cuore di Maglia.
Comunque, eccomi qui.
Per quella completa, bisognerà aspettare un pò.
Per il momento, ma sì che ci accontentiamo.
Eccome.

The day after.

Ma certo che adesso non mi monterò la testa, certo che no. Che serata, signora mia, e che nottata, pure, chissà cosa hanno pensato i vicini, con tutto quel movimento, e a quell'ora della notte, poi, la mezza passata, da noi, poi, che alle 11 al massimo si dorme tutti o quasi. Che notte, signora cara, che notte, che poi quando sono andata a dormire non mi riusciva di prendere sonno, e mi giravo e rigiravo e stragiravo convulsa come un pollo sullo spiedo, che polla son veramente, tanto gas per una telefonata in radio...beh, sfido chiunque, dai. Direi che è andato tutto bene, non mi sono impappinata neanche un pò ed è scivolato tutto via veloce. Diciotto minuti di intervista, non è roba da tutti i giorni. Domande su di me, sulle mie Fragole e su Cuore di Maglia, soprattutto, questa creaturina che così piccina dà già tutte le sue belle soddisfazioni. E' stato emozionante e divertente. Ora, aspettiamo soltanto la registrazione. Sì, perchè l'unica sbavatura è stata che, ad un certo punto, la connessione a Villa Villacolle se ne è svanita, puff!, e quindi il file dell'intervista è rimasto a metà. Ma non è importante. Ce l'avrò e molto presto. Insomma, oggi si riprende, basta coi sogni di gloria, con l'agitazione come ad un esame, con gli sms incoraggianti delle mie Amiche. Sei contenta? Ti ha intervistato Costanzo? Hai finito di stremarci? Bene, adesso è finita. Riprendi con le tue Fragole, i tuoi progetti, le cose tue e non montarti la testa. Ma certo che no. Son forse una che se la tira? Son forse una che parla sempre di se stessa? Son forse una che, pur di non chiederti nulla a riguardo, si inventa un arresto, un maremoto in casa sua, un serpente a sonagli trovato nello sgabuzzino? Tutto rientra, da oggi. E per gli autografi, da quella parte.

09 maggio, 2008

... E va bene.

Sveliamo arcani e misteri, cose da nulla ed eventi cosmici, cose che sono talmente strane che non sembrano vere nemmeno a me, figuriamoci. Quelle cose che ti fanno dire, ma io? proprio io? siete sicuri che non vi siete sbagliati?
Va bene, lo abbiamo capito, andrai in radio e cosa c'è di strano, che radio sarebbe, ah, Rai Radio Uno. Bene. Beh, ma tanto non ti ascolterà un bel nessuno di nessuno, chi vuoi che resti alzato per te, di lunedì sera, alle 00,25, ad ascoltare una intervista telefonica, proprio a te, poi, sulle cose che scrivi sulle Fragole, ma dimmi un pò, bellina, ma a chi vuoi mai che gliene importi un qualche cosa di quel Cuore di Maglia e di quelle coperte con le quali ci stremi da giorni. E cosa sarà mai, due domandine e poi veloce tutti a nanna e nessuno saprà mai chi diavolo sei. E poi, sentiamo, ma chi sarebbe che ti intervista?
Ah. Ecco.

07 maggio, 2008

Curiosi come scimmie.

E dimmi cos'è, e dimmi cosa fai, sei mica incinta? hai un amante, giura! Dove vai? E' una cosa bella o una cosa brutta? Chi riguarda? Lo conosco? La conosco? Dai, dimmi cos'è, dimmi chi è, dimmi quand'è, e dimmi perchè? Dai, è uno scherzo, alla fine non è niente, dai, ma allora, aspetta, fai un viaggio, hai vinto che cosa? e dimmelo, dai.
Considerando che, se facessi un altro bambino non saprei più che macchina comprare, e che, il Cielo mi ascolti, un amante è faticoso e impegnativo e sinceramente ma dove lo trovo il tempo, il mistero che affligge e il grande segreto che presto svelerò non è nessuna di queste cose qui.


No. No. No. Non dirò un bel nientissimo niente proprio.
O forse sì, un qualcheccosa lo posso anche dire.
Che ci sarà da fare tardi, per una volta.
Curiosi, curiosi, curiosi.
Però, che bello.


CdM Day.

Che tradotto vuol dire Il Gran bel Giorno di Cuore di Maglia®. Domani, 8 maggio, dalle ore 15 e fin verso sera, ci troviamo tutte, ma proprio tutte, per fare il punto della situazia, gran bella situazia, come diceva la mai compianta abbastanza ancella Olga. Ordunque,domani si conteranno tutte le scarpine, tutte le cuffiette, e io l'ho fatta così e tu l'hai fatta cosà, si apporrà ad ogni copertina, che sono una quantità insperata, il suo bel cuoricione che dice che sì, anche questa coperta è stata fatta da Cuore di Maglia. Ai primi di giugno la consegna ufficiale all'Ospedaletto, ma per adesso ci beeremo di tutti quei fili, di tutto quel calore, di tutti quei punti, uno in fila all'altro, che hanno dato vita alle cose che abbiamo fatto in questi giorni. Lì, sul tavolo di Josephine, ci saranno le cose che si vedono. E anche quelle che non si vedono ma che si sentono, si sentono eccome: la grande collaborazione, l'entusiasmo, la precisione e la determinazione con cui tutte indistintamente hanno aderito a questo progetto, nato un pò in sordina un pomeriggio qualunque e poi scoppiato come un fuoco d'artificio, di quelli che fanno un botto da paura, la sera della festa del santo patrono, a fine spettacolo. Il più gigante, il più spettacolare, certamente il più luminoso.

Special Knit Cafè
Special Guest
Cuore di Maglia®
Giovedì 8 maggio
dalle 15 fino al tramonto
A Casa di Josephine
Via Parma 10
Alessandria
Photo from: The Purl Bee

Sorrisi di maggio.


E magliette leggere, le maniche a tre quarti, le gonnine di voile, gli occhiali da sole. E le ceste di paglia, di già, per la spesa, mica ci prendiamo più le buste di plastica, così attente che siamo e un pochino snob, abbiamo solo deliziosi sacchettini di tela colorata e sporte provenzali e cestini da spiaggia di un viola accecante, da dove tra poco faranno capolino i grissini tiepidi del forno in città. E i boccioli delle rose, ce l'hanno fatta alla fine, qualche pidocchio qua e là, ma insomma, non andiamo tanto per il sottile, uno spruzzino di quell'intruglio e spariranno, per far esplodere tra qualche giorno un profumo di fresco e di buono, che se chiudi gli occhi sembra di annusare un flacone di essenza, ma come di cosa, di rosa, no? E i colori, dal crema al lilla, dal rosa rosa all'arancio melone, sarà un tripudio di petali già un pò sfioriti, come dire, le rose inglesi sono così, fioriscono di fiori già pieni, boccioli restano pochissimo, un giorno o due, e poi esplodono, appunto. Oggi una mattina dedicata un pò alle cose di casa, lenzuola nuove, magari, quando si ha voglia di qualcosa di nuovo si passa anche dalle lenzuola, non succede anche a lei? Arriva il sole, il caldino della primavera, il piumone alle ortiche e un delirio di lenzuolini a glicini e a papaveri, gli stessi che crescono nelle aiuole in mezzo al traffico, che belli i papaveri ai bordi della strada, mi fermerei a raccoglierli e li metterei in un vaso, insieme alle calle dell'Esselunga, con la polverina per farli durare più a lungo. I papaveri sono il segno della scuola che sta quasi per finire, si disegnavano sul quaderno di bella, col fiordaliso e una spiga di grano, copiati da Roselline, a mano libera, si diceva, mica i disegni spigolosi da fare coi quadretti. Orbene, una mattina di una banale e rassicurante semplicità, chè non disperino le sorelle del Corso, che tornata son e presto mi recherò, un caffè e una chiacchiera, che di notizie, signore care, ne ho una esplosiva, che non è gossip ma è molto di più. Ben venga maggio, con le polo e i sandali, con questa beatitudine immotivata, con questo raffinato benessere, con questa placida, sorridente quotidianità. I sorrisi, signora mia, sono come le rose dell'aiuola. Stanno chiusi per un pò e poi giocano a chi esce fuori per primo, a chi ha il colore più sgargiante, chi il profumo più intenso. E i sorrisi di maggio, ben lo si sa, sono a mazzi come le rose, a sorpresa, come i papaveri, a grappoli, come il glicine delle lenzuola.

05 maggio, 2008

Un calcio nel culo.

E no che non è una giostra, peccato. E poi, avevo promesso, nessuna parolaccia scritta qui, e invece eccomi, sboccacciata, a chiamare le cose col loro nome e il suo vero nome è questo qua. Di quello che ho preso oggi, una notizia magnifica, di quelle che dici, come? proprio io? e un calcio nel didietro, come al solito,come sempre. Non che volessi frizzi e lazzi e banda e cose, e cicciccì e coccoccò, non ci sono abituata, non mi hanno abituato mai, e anche se qualche volta anche un abbraccio mi farebbe piacere, un brava, che ne so, un modo per farmi sentire un calore che ho perso, se mai ce l'ho avuto qualche volta, che si è dissolto come i profumi dei campioncini che trovi in fondo al cassetto del bagno. Sono grande, ma insomma, ho le cose che ho, cosa frigno come una lattante, cosa mi fa stare così male, adesso, cosa mi fa sentire adesso così triste e amareggiata e così come sto. Un altro calcio e quanti sono non lo so, che a contarli mi si incrociano gli occhi, e il cervello pure, da dove comincio, allora, che le mani non bastano e un foglietto nemmeno, a tenere il conto, non sono brava con i numeri, lo sanno anche i sassi. Di quella volta che, e quell'altra che e quell'altra ancora, poi. Triste a dirsi, triste a riceversi. Io sono quella che tanto fa lo stesso, io sono quella che in fondo devo pensare che è fatta così, io sono quella che cosa voglio, in fondo. Vorrei che mi dispiace, vorrei che resta dell'amaro, dopo, vorrei che mi chiedo ma perchè, il mio urlo nel telefono, sai mamma, questo e quello,e invece, invece niente, come se avessi detto stasera faccio la frittata, ah ecco. Che scema che sono che ancora non ho imparato, che scema, scema, scema che sono a voler raccontare le cose mie, ma se non racconto una cosa così! E questo che cos'è, se non un gioco al massacro, che cos'è se non un nodo qui in fondo al cuore, che cos'è se non un altro, chiamando le cose col loro nome, un altro, inspiegabile e dolorosissimo, calcio nel culo.

Percossa e attonita.

E' una tradizione, oramai. Da quando hanno l'età della ragione, i miei figli il 5 maggio vengono svegliati in poesia. Così, alle ore sette e zero cinque, ho fatto irruzione nella loro linda (!) cameretta, declamando Ei fu, siccome immobile datto il mortal sospiro eccetera. No che non erano contenti. Il Liceale, poi, che ultimamente è piuttosto imbronciato e polemico e non proprio gradevolissimo nonostante l'adorazione della famiglia tutta, ha bofonchiato qualcosa di indistinto e si è rimesso con la testa sotto al cuscino. Il Maturando, vista la sua preparazione classica (ri-!) non ha proferito parola nè suono alcuno. Eppure respirava. Esperimento letterario non riuscito. Fatt'è che oggi, maggio cinque, mi sento poetica e napoleonica e già che ci siamo pure manzoniana. Il ponte lungo, questo crudelissimo assaggio di estate e di costumi e di creme abbronzanti al sapore di cocco, e di vento, e di fruscio di jennaker, che lo so bene signora cara che non ha la minima idea di che cosa sia, ma non sono proprio io la persona più adatta a cotale spiegazione, chiederci al Capitano Stubing che è tanto meglio, io so soltanto che lo volevo lilla, ma il signore che li vende ha guardato il Capitano con tanto d'occhi, che coooooosa? una vela lilla non si è mai vista, e allora me lo devo tenere di un bel turchese, che và con tutto, col blù del cielo e col blù del mare. E che ora che ci penso, non ho neppure un costumino che vi si intoni e allora, mi sa davvero che dovrò rimediare, per non farmi trovare impreparata, per non stonare a poppa e a prua, sù e giù per la spiagge più raminghe, dall'Alpi alla piramidi, dal Manzanarre al Reno. E via, stamattina và così.

04 maggio, 2008

Yawnnnn!


Quasi il giro dell'orologio, più o meno. Niente tv, niente di niente, una cena improvvisata, qualcuno in giro, facciamo che stasera ognuno apre il frigo e prende un pò quello che vuole, un'insalatina, una pesca succosa da circa 3 euro, e fate un desiderio, sono le prime della stagione, qualcuno vuole una pasta? Una stanchezza cosmica, come se avessi passato il sabato pomeriggio a scaricare casse di angurie ai mercati generali. E invece, una festa a sorpresa ieri mattina, riuscitissima e stupefacente, e poi il nulla, qualche lavatrice estemporanea, che quella non manca proprio mai e lavoretti senza senso, da sabato pomeriggio. Alle 10 più o meno sono crollata, come si crolla quando proprio non ce la si fa più, quando fai fatica a tenere gli occhi aperti, quando ti infili la camicia da notte in uno stato di semi-incoscienza e ti schianti e resti immobile e formuli un pensiero e mezzo, di quelli che si fanno prima di dormire e poi, poi la nebbia, la schiuma, prati di cotone e di silenzio e di zzzzzz. Insomma, avevo sonno. E anche stamattina, in realtà. Va bene, sarà la primavera, ma dormire e dormire come nonna Cesira non mi pare nemmeno tanto normale. Con la quantità di cose domenicali che ho da fare. Sissignore. Un regio ragù per la regia famiglia. Lo stendimento di due lavatrici, accuratissime, essendovi insita la arbitrale divisa federale del federale arbitro Holden Paparesta LoBello, che più bello lo è per ben sul serio in questi giorni, che un pò gli brillano gli occhi castagna, vai tu a capire perchè. Una domenica di sole pallido pallido, coi gladioli già cresciuti al bordo del pratino, le rose in boccioli verdini, le violette esplose. Tutto normale e tranquillissimo. Però, un sonnellino...

02 maggio, 2008

Point à la ligne.

E che punto e a capo sia. Riedo. Mestamente ma un pò contenta, anche, chè di lasciare una parte della regia famiglia a casa non è che proprio mi sia così lieto. Solo a me, mi pare di capire. In effetti, la scuola, chi faceva ponte e chi no, e poi boccoli e biondine, giocoforza, trattengono in città. A nulla sono valse le nostre più dettagliate e mirabolanti descrizioni, andremo di qui e andremo di là, e loro a sbuffare impercettibilmente, ma come, non lo so ancora che la vacanza più desiata da queste parti è la casa libera e noi lontani, non troppo ma il giusto? Ben perciò, vacanza è stata, pure per loro. Plotoni di fanciulli e fanciulle hanno bivaccato in maniera composta e ordinatissima nei saloni della regia residenza, ala est e ala ovest. Hanno scongelato pizze, improvvisato pastasciutte per una quindicina, fatto spese tutti insieme, in questa specie di colonia elioterapica che era diventata la mia casa in questi ultimi giorni. Ho trovato tutto perfetto. Troppo perfetto. Non una piegolina sui divani, non un granellino di polvere, non una briciola, non una forchetta fuori posto. E tutto ciò mi insospettisce. Come nelle scene dei delitti più perfetti, non un'impronta, non un segno. Se l'orda è passata, deve aver anche rimesso tutto al posto suo, con precisione. Beh, intanto noi si riede dalla Cote d'Azur, abbronzatini, rilassati e pronti. Intanto, domani è ancora vacanza e dopodomani pure. Il punto l'abbiamo fatto. Per l'a capo c'è ancora tempo.

23 aprile, 2008

Closed for bridge.

Oh, yes, si è fatto di tutto in questi giorni, spaccato un computer, registrato un marchio, fatto scarpine, ripassato inglese, ritirato copertine, ricevuto complimenti e abbracci, comprato un profumo, preparato valigie. Già perchè sì, noi si và, non tutti ma quasi, qui transumanze di amici e fidanzate, biondine si dice, eggià, qui oltre alla Biondina di sempre, dicono che si aggiri un'altra Biondina dall'Occhio Languido, Ingegnera, dicono, o almeno così pare e allora che ghiotta occasione di portarla testè, com'è che si dice quando il gatto non c'è, o era il topo, ma che cosa importa in fondo. Biondine o non Biondine, noi si và. E allora, mi si scusi tantissimo, immensamente, si chiuda la porta, si cazzi la randa, per la Costa Azzurra? Si và per di là.

21 aprile, 2008

Fari e lampioni.


Ma sì che è bello guidare di sera. Che si è usciti al volo, vestiti da casa, la maglia persino un pò scucita, come si conviene alle cose per casa, che possono concedersi il lusso di non essere perfette, stropicciate, un pochino, larghe, comode, da casa, appunto. Mi piace guidare di sera perchè ci si sente come dentro una bottiglia di inchiostro, non è proprio buio buio, non ancora almeno, e l'asfalto è lucido e brillante, con tutta quella pioggia e i fari spuntano dal nero e i lampioni illuminano il viale e la strada fino in fondo e anche più in là. Che belli i pensieri della sera, quelli che lasci andare, come le colombe davanti alla chiesa, come i palloncini. Escono fuori e vanno via, semplici, senza filtri. Che liquidi sono i pensieri che pensi la sera, guidando per un pò, non molto in realtà, con una musica appena appena, di sottofondo, che non canto perchè non so. Sono pensieri che non sai bene nemmeno tu, che passi da un pensiero all'altro, senza un senso, sono pensieri distratti o attentissimi, importanti o un pò scemi, morbidi in un certo senso, diversi da quelli del mattino, che devo fare questo e questo e questo e questo. Di sera no, da fare si ha così poco, oramai. Si guida piano, a pensare il niente della sera, una leggera, beata stanchezza che ascolti con sollievo, quasi, e i pensieri, quelli che scivolano via, quelli che non schizzano ma fluttuano, quelli che tieni lì e non sai bene se i fari delle macchine e i lampioni del viale, li riescano ad illuminare così bene da farti credere di averli già pensati. Una volta almeno.

Pagina Cinquantaquattro.


Ma no che non lo sapevo, giuro, beh, sì, certo che avevo scritto, ma scrivo talmente tante cose che insomma proprio perdo il conto. E poi, ieri pomeriggio, in una domenica uggiosa, l'sms della mia Amica dei Tessuti, ma come, si parla di te e nemmeno me lo dici? Ma se non lo so. E invece, eccomi qui. La mia mail pubblicata su Elle, signora cara, non proprio sul giornalino della parrocchia. E poi, l'indirizzo delle Fragole, ossì, pure quello, e la cosa più importante e più bella è che parlano di lui, del mio Cuore di Maglia. E tutto questo, tutte queste righe mi hanno fatto saltare come un grillo salterino, perchè si sa che è una bella cosa, le prime cento pagine di un mensile sono quelle più importanti, ma lo sanno anche i bambini, come fa a non saperlo lei? Tutto questo mi fa sentire così felice e orgogliosissima e soddisfatta e se non fosse che mi vergogno mi darei una bella pacca sulla spalla, ebbrava, e mi stringerei la mano e mi direi ma guarda un pò tu che cosa che hai combinato. E ringrazierei, una ad una, tutte le persone straordinarie che hanno reso possibile questo progetto, la Filatura di Crosa in primis, tutte le mie Amiche del Knit Cafè che si sono tuffate con me in questa avventura bellissima. E a tutte quelle che non conosco, che mi hanno scritto con la voglia di esserci anche loro. Grazie, grazie, grazie. Per i ringraziamenti dei diretti interessati, si sa, bisognerà aspettare qualche anno. Ma in fondo è bello così. Sarà una festa che non finisce mai, di quelle che se ne parla per mesi e mesi, e sapere che i piccini sono lì, nei loro lettini speciali e trasparenti, con le cuffiette glamour, le scarpine corte mezze pavesino e le coperte, sono il regalo più bello. Grazie, Elle. Anche da chi non parla ancora.

18 aprile, 2008

Tenerezze.

L'unità di misura è il pavesino. Queste scarpottine morbidissime, con un pon pon che è la misura più piccola possibile in assoluto, ma che applicato du di esse appare gigaenorme, misurano appunto mezzo pavesino. Suppergiù. La suola di queste calzature per elfi del bosco e del sottobosco, è corta cm 5. E non è che me lo sono inventato, sa? Ho il mio bel documento. La dottoressa mi ha fornito un bello schema, l'impronta, presa direttamente dall'incubatrice, la misura giga e la misura mini, molto più frequente. Queste qui vanno a pennello. Per lei e per lui, con tacchetti regolamentari e vezzoso fiorellino. E sono chiccosissime. Mezzo pavesino di amore e di calduccio per dei piedini che, lo so, diventeranno da ballerina. O da calciatore. Con tutto il Cuore.

A catinelle.

Fuori è proprio meglio non guardare. Ci si alza già con una smorfia di disgusto, inversa, non so, ma accidenti piove di nuovo? No, non di nuovo. E' che non ha mai smesso, è questa la sottile differenza. La pioggia in questi giorni dell'anno ti fa odiare l'armadio e tutti i vestiti in esso contenuti, compreso quelli sparsi alla rinfusa sulla poltrona, che tanto li metto spesso e allora meglio lasciarli lì. La pioggia di aprile ti fa essere in uno stato confusionale, in un mix di assurdità, una sequela di controsensi, come, senza calze e col maglioncino? E lì, sandali di corda e stivali? E stamattina che avrei voglia di quel twin set fucsia, cosa faccio, lo sacrifico sotto l'imper e vada come vada? Son cose da non sottovalutare, lo sforzo mentale richiesto in un venerdì mattina piovosissimo, uggiosissimo e noiosissimo, che pensi con grande pena a quei sandalini che ti aspettano dalle Sister Berry, a quei capri pants della vetrina, che sembrano rosa, ma, imperdonabile errore, essi sono a righine, una bianca e una rossa, impercettibili e finissime, ed evocano pomeriggi assolati di primavera inoltrata o già un anticipo d'estate, passi sul legno del pontile, o tolti al volo per un giro sulla spiaggia e infilati con noncuranza, suola contro suola, in una cesta di paglia dai manici di corda. E mi si perdoni l'assurda, incontenibile voglia di frivolezze e amenità, questo bisogno di leggero, di futilissimo, di vagamente snob e assolutamente chic. Ci vuole, in un giorno di simil novembre che è già week end ma che razza di, a contare le gocciolone dai vetri, a tenere a bada la malinconia, ad inventarsi stupidaggini per non andare a fondo. Urge una scorsa alle tendenze per l'estate, mi sa che quest'anno và il quadretto vichy, uno stile semplice e rigoroso e tanto tricot. Perchè va bene che piove e piove, ma, benedetto il Cielo, smetterà pure prima o poi.

16 aprile, 2008

Che giorno è.

E' un sole che acceca, quest'oggi, che spruzza sulle colline una luce quasi metallica, che spara, in un certo senso, come il flash del fotografo alla Prima Comunione, sorridi, così. E' un sole rabbioso, non caldo, che ossimoro, il sole freddo, questa poi. E' un sole che non mi piace, sembra appiccicato con la colla, sembra come di fretta, lo vedi, sono qui, ma tra un poco me ne andrò, a giocare con le nuvole cariche di pioggerellina fina fina, quella che ti rende nevrastenica, quella che non serve il tergicristallo, quella che non fa rumore e che viene giù per giorni e giorni e giorni. Che giorno è oggi. Da lavorare, o da santificare al niente del tutto, da leggere tutto il tempo, da guardare in sù, da fare un giro nei prati, che è ancora bagnaticcio, e l'erba è così verde e alta, nel pratino di casa, ma come, non l'abbiamo tagliata da poco? Che giorno è, a controllare i gladioli che nessuno pianta più, il lillà che si sforza di fiorire, e fiorirà già un pò sfiorito, secondo i mille misteri del pratino, nascono le fragole, le margherite, c'è una talpa che fa i buchi, un serpente, una volta, due topolini catturati dal gatto, un microcosmo. Sarebbe un giorno da spendere nel sole, e invece, che razza di giorno è, se fra poco ci si troverà tutti, o quasi, a guardarsi come marziani, a pregare a bassa voce, a baciarsi leggero senza dire niente, in una chiesa sconosciuta, ci sarà odore di incenso e di legno e di marmo, credo, e di muffa e di fiori. Saremo là, a salutare, a dirgli buon viaggio verso il sole, oltre le scie degli aereoplani, oltre le nuvole, al di là. Saremo là, a guardare da lontano sua moglie e i suoi figli, a non sapere cosa dire, dove stare, a mormorare cose, a tossire piano, a piangere anche. E il sole, lì dove saremo, di sicuro non ci sarà.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...