16 dicembre, 2009

Limpido.

Come il sole più il freddo, è un'addizione, non lo sapevi? Freddo + sole = limpido. Io così faccio le operazioni e non occorre nemmeno metterle in colonna, nemmeno andare alla lavagna, o contare con le dita o col pallottoliere, si fa a mente, così. Limpido come il cielo d'inverno, l'acqua del lavandino l'ultima volta che sciacqui l'insalata, limpido come il mare, le lacrime, i sorrisi, le storie che si raccontano la sera. Limpidi, come sono limpidi gli occhi che guardano, a scrutare, a capire, che cosa vuoi capire se hai già capito tutto. E' limpido il cuore di chi sa ascoltare in silenzio, limpidi sono i sogni che volano fuori dalle finestre chiuse, limpidi i sonni, i risvegli, i pensieri. Limpide, come le sere come questa, non so bene se ci sono stelle o no, non ho guardato, non guardo perchè so, io so a memoria il cielo che c'è fuori, perchè è lo stesso disegno che ho dentro di me, non occorre che guardi, sto come il cielo d'inverno, meraviglioso, misteriosissimo, buio cobalto, ma che colore è mai, è buio sì, ma un buio che brilla, come l'aria gelata che ti ghiaccia le mani, il respiro, il sorriso quello no, è un sorriso freddissimo e caldo di burrocacao. E' una sera da incorniciare, così bella che non sai, una sera che brilla, dolcissima, trasparente, una sera che ne vorresti a centinaia, fredda sì, ma fatti due conti, freddo + buio, anche questo fa limpido.

15 dicembre, 2009

Aria di neve.

Ammetto, ho fatto fatica ad entrarci. E adesso ci sono, completamente, assolutamente, irrimediabilmente. Ad entrare nel clima di Natale, all'inizio si è un pò recalcitranti, ci si dice che no, Quest'anno un bel niente, niente code, niente file, niente regali, niente di niente. Ma poi, come si fa? In effetti svariati modi ci sono di calarsi nel mood. Nella casa sulla collina, per esempio, si stabilisce che, a partire da adesso, sono ufficialmente iniziate le vacanze di Natale. Sì, è delirante. Ma si può fare. per esempio, uno dei figlioli ha già sospeso le lezioni all'università. E uno. Il Liceale ha già partecipato alla festa degli auguri della sua squadra di calcio, con tanto di panettone e calendario in regalo. E due. Alla mia porta ha già suonato per ben due volte la SDA Courier a consegnare due pacchi stracolmi di leccornie. E tre. L'albero di Natale, le lucine alle finestre, la scritta NOEL sul camino fanno il resto. E se due indizi fanno una prova, direi che ne ho a sufficienza per dire che sì, siamo in vacanza, da ora, da adesso, da poco fa. Certo, non ci può ancora attardare nel letto a stirarsi e a bearsi, ma insomma, siamo sulla buona strada. Manca la neve. Mi hanno spiegato che la neve arriva quando meno te l'aspetti, che si deve annusare per bene l'aria, scrutare i colori del cielo, sentire che proprio freddissimo non fa e si possono vedere dei piccolissimi, timidi fiocchi che scendono giù, e ne scenderanno una tonnellata, anzi, molto più di una tonnellata, così la strada che arriva alla casa in collina sarà del tutto impraticabile e allora, di certo non si si avventura fino in città, e si starà rintanati in casa, a leggere e fare cose, fregandosi le mani, Nevica!, che nessuno metta il naso fuori casa se non per fare a palle di neve. Vaneggio. C'è un cielo azzurrissimo e un freddo becco, della neve neanche l'ombra, una lista lunga così di cose da fare, eppure, io sono in già vacanza. E' vero, due indizi fanno una prova. Purtuttavia, ce ne vogliono altri. Mooooolti altri.

14 dicembre, 2009

11 dicembre, 2009

Le luci e il gelo.

Non esiste un vero momento in cui si terminano gli addobbi di Natale. Hanno un inizio, sì, Oggi Farò l'ALbero, si dice, ma poi, ogni occasione è buona per aggiungere qualcosa. Si scarta un pacchetto e si annoda il nastrino alla maniglia del forno, si comprano all'Esselunga fascine di sterpi brillantinati, da metter dove? un posto lo troveranno. Questo non smettere, questo accanirsi a mettere cose nasconde in realtà ben altri significati. Si cerca in ogni modo di non pensare alle solite, noiose, sfiancanti questioni che il Natale ogni anno porta con sè, nel cestino della frutta secca, i datteri, il torrone e i mandarini. Pensieri sottili, vigliacchi e striscianti, che ti sei allenata così bene negli anni a scacciare, ma che invece no, non te la danno vinta e piano piano, meno prepotenti di una volta, ma non per questo meno pericolosi, arrivano, come il presepe, come l'albero grande della piazza e la slitta illuminata. Sono pensieri che conosci così bene, e che non vorresti mai, ospiti sgraditi come gli orridi babbinatale che scendono dai camini. E confezioni per te l'ennesimo Natale privato, privatissimo, con le persone che ami che sono tutte qui, nella casa sulla collina. Per questo, col gelo del mattino, scarmigliata, mezza in pigiama e Superga coi brilli, natalizie anche loro, spargi luci sui davanzali, a stordirti con l'aria fredda sulla faccia, a illuminare un buio che sai a memoria, a sollevare questo peso sull'anima, luci che scàccino via questo vuoto assurdo che senti, questo senso di tempo perduto, questi orridi babbinatale che scendono dal camino.

10 dicembre, 2009

Christmas DIshcloths.

Sono il terrore delle mie Amiche. Sono quelle cose che si guardano e si dice Mmhhh, bello, ma che roba è. Sono i sostituti dei famigerati centrini. A me piacciono tanto. E a me soltanto, come molte cose, ultimamente, a partire dalla gabbietta. Nemmeno tra le domestiche mura sono compresa. Ho passato il week end dell'Immacolata presa dal sacro fuoco, l'avevo scritto anche sulla lavagna della cucina, Proponimenti per questa Vacanza: Leggere fino a star Male, Knittare a Oltranza, Fare Niente o Poco Più. Così, come già successe tempo fa, sono entrata nel tunnel del Dishcloth Natalizio. Ne ho fatti e ne ho fatti. Casette innevate, babbinatali, guantini, abeti, pacchiregalo. Uno dei miei figlioli, ne taccio l'identità per pura decenza, mi si è avvicinato, sbocconcellando qualcosa per merenda, e chiedendo Cos'è? E' un Alce, Tesoro. Ah, Credevo Fosse. Taccio anche la risposta, che certe parole a una signora non si confanno. Non mi lascio certo influenzare. Io continuo e continuo, il dishcloth dà un piacere sottile, è una specie di cubo di Rubik, conti e conti, k6, p3, (k4, p6)x 3, roba che chi mi conosce sa che non ce la potrei mai fare. E invece, toma castagna! ce la faccio eccome, e sforno questi delizioni straccetti che orneranno la mia cucina nelle vacanze natalizie. Non ne regalerò a nessuno, le mie Amiche li odiano, sono sola solissima in questa avventura. Pazienza. Ma potrei sempre inventare dei nuovi schemi, con altri soggetti, decisamente più torbidi di un fioccodineve o di una stellacometa. Dopotutto, secondo il mio figliolo, ho già iniziato. Ci penserò. Hard Dishcloth. Il nome è già un programma.

09 dicembre, 2009

Il buio che scolora.


Dovrò decidermi a cambiare l'assurda suoneria che ho per svegliarmi. E' una specie di spirale, una roba che ti gira nel cervello e ti scuote, troppo, secondo me. Non hai molto tempo di realizzare, devi essere subito sveglia, schizzata, sciroccata e presente a te stessa. E non va bene. Soprattutto in mattine come questa. Sei sveglia, sì, e guardi fuori, il buio che c'è ancora, ma come, non è notte fonda? No. Se guardi bene, il buio scolorisce, non è la luce che arriva prepotente, è lui che diventa pallido, più chiaro, sempre più chiaro, fino a diventare luce. Dipende da come le giri le cose, per capirle. Il buio ha un suo fascino e un suo perchè, può essere meraviglioso o terrificante, a seconda di come lo guardi e dove e con chi. Il buio della notte si guarda con gli occhi sbarrati e fissi, e il cuore a mille, e non si ama come questo. Il buio del mattino può essere meraviglioso, a guardarlo dal letto, gli occhi trasparenti che si hanno appena svegli, mentre metti insieme i pezzi della giornata, ad incastrarli tutti per bene, oggi questo e questo, e poi questo e questo all'infinito. E' un bell'esercizio di meditazione, raramente ci si riaddormenta, ci si gode lo spettacolo in prima fila, ancora un minuto, ancora due minuti, senza guardare mai che ora è, si calcola a mente, e non si sbaglia quasi mai e se succede, è di pochissimo. Ci aiuta il buio. E quando poi non si può più rimandare, che non si ha voglia di firmare nessuna giustifica per essere arrivati in ritardo a scuola, che non si ha voglia nemmeno di essere in ritardo sulla tabella personale, che ci si tira sù, gli occhi sempre incollati alla finestra, la nebbia oggi? forse sì, e si cerca di darsi un tono e dirsi sù, anche se l'unica cosa al mondo, l'unico grande desiderio del momento sarebbe di stare qui, a guardare fuori l'impagabile spettacolo del buio che diventa luce.




07 dicembre, 2009

Piu' di una domenica.

E' un giorno in più, e non è per citare Fabio Volo, che proprio non lo reggo, scusate tanto ma mai e poi mai comprerei un libro suo, non so perchè. Nemmai lo leggerei. Son cose. Questo è un giorno vinto, una vacanza nella vacanza, un giorno che è normale all'apparenza ma che trova la casa in collina affollata il giusto. Nessuno a scuola, nessuno al lavoro, ognuno impegnato in quel che più gli aggrada. Dormire, fare colazione, leggere, suonare, fare un bel niente. Un giorno guadagnato, che ieri era festa, e domani lo sarà di nuovo e che oggi non serve che da passaggio, di festa in festa, di calma in calma, di bello in bello. Il ponte del'Immacolata è quel che serve per calarsi con grazia nel mood natalizio, si comincerà a stilare la lista dei regali hand made, che quest'anno quelli si fanno, ci è punta vaghezza di far tutto da sè, che è così cool e radical chic, lo vedi, volevo regalarti un portafoglio di Gucci e invece eccoti un bel centrino da mettere sotto la tv al plasma. Ma non è vero, tranquille stiano le mie Amiche, di certo non farò loro uno sgarbo così. Oggi, nel giorno vinto, mi baloccherò in giro con la PrinciCheCresceTroppoInFretta, affronterò con un sorrisone le schermaglie che già sento di sotto in cucina fra l'Illustrissimo Sposo e i MaschiFiglioli, che quelle, in grazia di Dio, non mancano mai, leggerò i tre libri che ho lì a pagina 18 tutt'e tre, che ancora non ho capito quale proseguire per primo. E poi, qualcosa inventerò. Un giorno normale di festa regalata, alternando euforia e confusione, pensieri nebbiosi a pensieri stellati, ferri circolari e ferri dritti, diavoli e acquesante, bastoni e carote, ortiche e lillà.

06 dicembre, 2009

Avulso albero zen.





Così m'è presa. L'albero si fa l'8 dicembre, tuonerebbe mia nonna, nè un giorno di più nè un giorno di meno. Ma stamattina ne avevo voglia, per quell'ora scarsa che ci ho impiegato, non è che serve molto impegno per una cosa del genere, non è quel che si dice un albero di Natale, ma a me piace. Sono andata a colpo sicuro, a cercare negli infiniti loculi e cantine e scantinati e sottotetti e interrati e seminterrati e piani ammezzati di questa casa, e le ho trovate subito, le palline che volevo. Non sono stata una fedelissima, ogni anno cambio colore, per le cose di Natale, e un anno viola, e un anno rosso, e un anno nero, e l'anno scorso bianco, E anche quest'anno, bianco. E bianco sia. più bianco, però. Che Vuol Dire, arriccia il naso la Princi, il Bianco è Bianco. Ennò, bambina, distingui per bene i colori, ci sono bianchi e bianchi, ci sono candidi e immacolati, ci sono bianchi come il burro, e bianchi come la Coccoina, bianco latte, bianco di gesso, bianco mastice, bianco di marmo, bianco di nuvola. E bianco albero di Natale. Questo qui sarà ancora più bianco perchè la tua scellerata madre ha deciso che quest'anno è talmente zen, ma talmente zen che nemmeno le lucine ci mette. Rimarrà così com'è, secco e allampanato, storto dal vento dell'Isola da dove esso proviene, strano, avulso, semplicissimo e scarno. Ma mi piace dammorire. Lo so che il tuo compito di inglese, bambina, era Show Us Your Christmas Tree e tu hai fatto la faccia da riccio e hai detto Ma Non Possiamo Mica Mettere Questo! Perchemmai, dolcezza? Tu racconta la sua storia, che ti ho già detto mille volte, che c'era stato mare e che aveva portato sulla spiaggia ogni sorta di detriti e rami e reti e plastiche e insieme a tutto questo anche lui, che non sappiamo da dove arriva, e chissà che viaggio ha fatto, e le onde lo hanno cullato e sbatacchiato di qui e di là, e lui esausto si è accoccolato sulla riva e ha trovato noi, che ce lo siamo portati a casa, un 8 dicembre di qualche anno fa. Mi sembra una bella storia. A fare gli abeti sono capaci tutti. Per gli avulsi alberi zen ci vuol coraggio. E poi, noi, c'abbiamo anche il gatto in tinta. Che vuoi di più, zuccherino?


04 dicembre, 2009

Beato nulla.

Nessuno si svegliava, stamattina. Ho il mio bel cinguettare, accendere la radio sommessa, è la prima cosa che faccio quando scendo in cucina, un click e la casa si sveglia, a dire, ok, sono qui, che la danza abbia inizio. Canticchio pianissimo, le mattine che son contenta, come questa. Poi ci sono anche le mattine di chiodi, magoni e respiri che non salgono, che li devi andare a prendere chissà dove, sospirando, ma stamattina è così. Felice per default. I figlioli brontolano, si rigirano, nooooooo, ancoracinqueminuti, ma quali cinque minuti, il vostro Sommo Padre è già lì, pinto e tratto sulla porta e voi ancora impiumonàti e impigiamàti. Non si fa. Coraggio, ben capisco che una madre che canta Bijork la mattina presto non deve essere una bella cosa, ma coraggio, miei piccoli opossum, ci sono giorni di vacanza ad aspettarvi, lo sapete? Il week end lunghiiiiiiiisssssimo che ci si appresta a vivere porterà con sè una serie di belle questioni, le più gradevoli a formularsi. L'allestimento dell'albero di Natale zen, per cominciare, che ancora non si è deciso nel Consiglio d'Amministrazione, di quale colore fare. Ancora poco chiare le transumanze di amici, amiche e fidanzate, che perlamordiddio ancora di fidanzati maschi non se ne parla, dacchè la Princi ha il permesso di presentare un fidanzato unicamente al compimento del trentaduesimo anno d'età e fino ad allora stiamo apposto. Giorni di beato nulla sono lì sul tavolo da scartare, fra le tazze della colazione e le briciole, la calma lettura dei giornali, in camicia da notte e felpa, più tardi un giro in città, commissioni banali, la tintoria, forse, i grissini del fornaio che piacciono tanto al JuniorIng, una sciarpa da regalare, coccole semplici e sottili, caffelatte e mandarino, il week end lungo dell'Immacolata se si inizia così, dura di più.
p.s. Piccoli opossum, a chi?

02 dicembre, 2009

Un regalo.

Albachiara.

Chiara, l'alba di stamattina. Il pratino già un pò ghiacciato. E quei colori. Di nebbia nemmeno l'ombra, solo un'idea, da immaginare. Lo guardo spesso il cielo appena sveglia, è lo spettacolo che più affascina, a colazione col mio Regio Consorte. Dal cielo capisco molte cose. Non che sia una fattucchiera, o che prenda lezioni dalla Strega di Biancaneve, ma il cielo la dice lunga su che giornata sarà, e, che tu voglia o no, un pochino la influenza. Credo di essere entusiasta per nascita, difficilmente mi alzo sversa senza un motivo, e, in grazia di Dio, ultimamente è tutto piuttosto tranquillo, a casa tutti bene grazie. Il cielo di oggi racconta storie di viaggi verso paesi lontani, basterebbe anche verso il mare, che deve avere un colore straordinario, stamattina. Il cielo racconta a chi ha cuore di ascoltare, il cielo sospeso sopra le storie, le vite di tutti, i giorni di ognuno. Ascolto. Ho miliardi di cose da fare, ma mi fermo a sentire la storia che il cielo ha inventato per me, e per mille altri come me. Sarà una bella giornata, c'è un sole ghiacciato e un azzurrino pastello, non importa se correrò da una parte all'altra della città, se rimbalzerò come una biglia sulla sabbia, ascolterò, starò attenta anche mentre corro e corro, perchè il cielo cristallo, inventa storie meravigliose per chi ha voglia di ascoltarle.

01 dicembre, 2009

Luna di farina.

Ma la vedi che luna che c'è? Una mentina un pò succhiata, che diventa trasparente, di quelle pastiglie di tutti i colori, come si chiamavano? Rotonda da struggersi, pienissima, stasera. E bella, bella da morire, da mmmorire con tre emme, che viene meglio. E' la luna di stasera, di oggi, di questa giornata da incorniciare, così bella, così piena di grandi emozioni, più grandi di me, forse. Innamorata di questa luna bianchissima, che gioca con le colline dietro casa, appena prima che faccia buio e ancora non brilla, e mi piace di più, la luna è più bella quando è bianca, come di farina, bianca come i sogni, quandi i sogni sono bianchi, che li ricordi così bene, e ti svegli e dici Ho Sognato oppure Era Vero? E' una bella sera. Placida, fatta di niente e di pochissimo altro. Felice di me, oggi, felice di questa giornata da incorniciare, felice dei miei passi e dei miei sogni, di questa luna di farina e del bello che c'è.

Fatto!

Emozionante, direi. Bellissimo. Davvero impagabile. Finalmente è nato il primo Quaderno degli Schemi di Cuore di Maglia. E' stato bello pensarci, crearlo, inventarlo dal niente, cambiarlo un pochino, sistemarlo per come siamo state in grado di farlo, esattamente così come lo volevamo.
Fuori diluvia, ci sono goccioloni come sassi sui vetri delle finestre e sul terrazzo. Eravamo in tante, come ad una festa improvvisata, e adesso il sonno mi è passato e vorrei ancora stare qui a raccontare di questo progetto e di tutte le cose che faremo. Ma è molto tardi, e mi sa che è proprio meglio che vada a dormire.
Stavolta sì.
Grazie, grazie e grazie. Altre parole, scusate tanto, non me ne vengono.
Il Quaderno lo trovate qui.

30 novembre, 2009

Ci siamo quasi.

Cheggiornata, con due g. E che serata. E che nottata sarà mai. Sembra davvero Capodanno. Siamo qui, ad aspettare la mezzanotte. Perchè a mezzanotte succederà qualcosa di straordinario.
Il nostro personalissimo San Silvestro inizia ora. Fra pochi minuti svelato verrà il mistero delle ultime settimane. Coraggio, i fuochi d'artificio da questa parte. Resistere, crollo dal sonno ma resisterò, giuro, mano sul cuore. Che bello, però.

E domani...

Domani che?
Domani, beh, una sorpresa.
Sorpresa per chi?
Per tutti quelli che vorranno, che scoperta.
Domani a che ora?
Dalla mezzanotte di stasera, bestiuccia, che è ancora oggi ma già domani.
Ok, allora sto incollata al pc.
Ecco, brava.

29 novembre, 2009

Oro puro.

Sembra bianca ma non è. E' oro, bellezza, cioè bianca e oro, natalizia il giusto, sberluccicante, mooolto chic. E' una domenica di pioggia, quella fina fina che ti fa venire il nervoso, che lucida l'alsfalto e fa fare shhhhhhalle macchine, ma se guardi fuori, non è che dici, toh guarda, piove. E' pioggia invisibile, degli gnomi, una nebbia un pò più consistente, ecco, inutile che se la tiri tanto da pioggia, alla fine. Si dice che in montagna ci sia già la neve, alla fine l'autunno bello se n'è andato sul serio e ci ha lasciato questa roba qui. Noi qui, nella casa in collina, ci si appresta a vivere questa domenica tranquillissima, si è stirato, bleah, stamattina, o meglio si è data una forma consona al mucchio selvaggio colà stipato e oggi, intorno alle 18, 30 riunione in lavanderia per la Regia Distribuzione di calzemutandemagliettefelpetutemagliedacalciocamicioletshirt. Un arrosto sfrigola beato dentro il forno, si è un pò tutti sparsi per casa, tutti tutti, al gran completo. Grandi progetti usciranno da questa casa nei prossimi giorni, e da questa e da questa. Nel frattempo, si sceglie il da farsi, se incaponirisi col Mitragliato Mormor o scegliere pigre un nuovo filato e un nuovo schema di cui innamorarsi. Ci si stringe intorno al collo questa nuova meraviglia doratina, che importa se si è in casa, ho un accenno di mal di gola, appena appena, e lo sanno tutti che per farlo passare serve l'oro.

28 novembre, 2009

Indovina?

Sorprese, magie, apparizioni e sparizioni.
Tempo di sorprese, da queste parti.
Prossimamente qui sulle Fragole,
ma anche, e soprattutto, qui.
E prossimamente si scrive prossimamente
con la s sibilante, ma si legge
1 dicembre 2009.

Curiosi, curiosi, e ancora curiosi.

E non chiedete a lei e nemmeno a lei. Tanto, non vi diranno nulla.


27 novembre, 2009

La paura.

Ho avuto paura. Tanta, anche. E' raro che mi succeda, io non vado fortissimo in macchina, anzi, proprio vado piano e poi mi piace guidare e lo faccio spessissimo, abito fuori e avanti e indietro e sù e giù, coi figlioli e le cose. E ieri sera, la seratona della pizza dopo il KnitCafè del giovedì, che abbiamo riso fino alle lacrime, noi 5, e che abbiamo fatto, come al solito, le 21e37, roba da non riprendersi, non so se mi spiego. Ma è stato al ritorno, che è successo. Ho sbandato, non so, nella strada di casa che conosco a memoria, a memorissima, ciascuno di noi sa la strada di casa, potrebbe farla davvero bendato, girato al contrario, così. Improvviso, ho visto il bordo della strada davanti ai miei occhi, non ricordo come, ho cominciato a ballare sulla strada deserta, per fortuna, col fischio delle gomme come nei film, come le sgomme degli scemi il sabato pomeriggio, con la radio a palla e i catenoni. La macchina ha perso il controllo, ha perso me, la mia attenzione, o sono io che ho perso lei, perso la nozione della strada, della prospettiva, dell'andare dritto. Ho avuto paura. Sono finita nell'altra corsia, e poi di nuovo di qui e poi di nuovo di là, un zigzagare disordinato, durato quanto? un secondo? due? mille? Non lo so. Non c'era nessuno, non ho sbattuto da nessuna parte, ho avuto il controllo della situazione, del volante, non di me. Che non ricordo, che non so, se qualcosa ha attraversato, o abbagliato, e non ricordo, come se il mio cervello fosse diventato un lago fermo, il niente, fosse mancata la corrente per un pò. Ora meglio, bene anzi. A casa ho tremato per un pò, tutti intorno preoccupati, ma è passata., adesso è passata. Mi sforzo di ricordare e non mi viene niente, e non ho bevuto, giuro, a parte l'acqua gasata. Oggi mi darò una calmata, riordinerò per bene i pensieri e cercherò di ricordare. E la prossima volta, acqua naturale. Mi sa che è quello. La CO2, ogni tanto, fa brutti scherzi.

25 novembre, 2009

Malefico Mormor.

Non si parlava d'altro, da un pò di giorni in qua. O meglio, loro non parlavano d'altro. Hai fatto il Mormor? Io sì, ne ho fatti 2. Come, solo 2? Io ne ho fatti già 6, sai com'è, mi porto avanti coi regali di Natale. Spiegometro. Il Mormor è uno scialle bellissimo e difficilissimo. E loro sono lei, lei e lei, che quest'ultima è la scellerata che l'ha pure inventato, scritto, preparato e disegnato. Io non mi ero neppure messa. Io non ci azzecco con la precisione, e qui, cara la mia bambina, se sbagli anche solo di un punto ti viene tutto sghembo da una parte, storto, insomma, un delirio. Poi, oggi, mi è punta vaghezza di provarci, e chi sarò mai, la scema del villaggio che non riesco a fare il Mormor? E chi saranno mai loro, che se la tirano, ossì che se la tirano, e Mormor di qui, e Mormor di là, che se la danno da Piuccheperfette? E infatti, via. Ho scelto il filato che avevo avuto in dono da lei, e ho iniziato. E quale è stata la mia sorpresa nel vedere che, ma che meraviglia, il Mormor prendeva forma sotto le mie mani, grande, grandissima magia del tricottamento, ti sembra di fare una stupidaggine e invece guarda che bello, sta venendo proprio come quello della fotografia. Perciò, me la tiravo anche io, e dicevo, ossì, ce l'ho fatta, vedete, anche io farò ventisette Mormor, di colori diversi, s'intende, e li farò in una settimana scarsa, ci metto così poco, vado così veloce. Poi. Poi è successo l'inspiegabile. Dovevo contare. E ho contato. ORRORE. Laddove doveva essere 12 era 14, e dove 11, 8 e dove 8, 14. Sob. Sigh. Doppo sigh. Il mio Mormor è inesorabilmente e irrimediabilmente sba-glia-to. Ma io non lo disfo, no che non lo disfo, e non dite a nessuno che è sbagliato, va bene, verrà storto e sghembo ma io dirò fiera, E' una Variante al Modello, con un'aria di sufficienza, ma non gliela darò vinta a Quelle Là, che lo fanno ad occhi chiusi, lo annoderò con grazia e nessuno se ne accorgerà, verrà mica la stilista a controllare...ohi ohi. A questo non avevo pensato.
E comunque, io, Quelle Là, le Piuccheperfette, le adoro. Anche se, scema del villaggio, ho il Mormor storto.

I pensieri del treno.

Mi piace il treno, l'ho già detto. E lo dico di nuovo, perchè mi viene in mente solo quando ci vado, e di solito d'inverno, più spesso, fra nebbia e gelo, che è molto meglio. Non importa quanto lungo è il viaggio, anche un'ora o poco meno può bastare, è il tempo giusto. Andare in treno mi piace perchè si può leggere. E pensare, pensare, pensare. Credo che del treno più di tutto mi piaccia il dondolio. Mi piace, il vagone si muove impercettibile o meno, culla piano ad ogni scambio ed è bello quando rallenta e poi riprende. Setaccia, in un certo senso, i pensieri che vuoi avere e quelli che no, le cose cui vuoi pensare e quelle che invece , magari dopo. Difficilmente si hanno tristi pensieri, in treno, almeno, io non ne ho avuti mai, e sembra impossibile, ho viaggiato e viaggiato, da poco più che ragazzina, da una vita a un'altra vita, da un paese a una grande città, ogni fine settimana, con la stessa voglia di partire e tornare, sia da che per. Sono stati bei viaggi, ho letto centinaia di libri, è capitato che finissi un libro in un week end, buona parte in treno. Non ho mai chiacchierato, però. Io, che parlo anche coi sassi, in treno invece no. Non attacco bottone, come si dice, sto come si sta in chiesa, in silenzio, guardo fuori, e ascolto. Non le chiacchiere degli altri, ma c'è sempre meno gente che parla in treno, ognuno perso nei suoi pensieri, nei fatti suoi, come me. Io, zitta. Ascolto il rumore delle rotaie, i fischi e i sibili, e mi piace da morire quando un treno incontra un altro treno e si sommano così le storie di chi và di qua con quelle di chi và di là. E quel sussulto di un secondo, che fa un pò paura, che scuote dai pensieri, distoglie per un pò e poi torna tutto quieto come prima, a dondolare, veloce o più piano, a setacciare con cura i pensieri, questo sì, questo no.

23 novembre, 2009

La Danza delle Scatole di Latta.

Gli swap mi piacciono tanto, mi sono sempre piaciuti tantissimo. Strani incontri si fanno a girare sul web, divertentissimi, perlopiù. Come questo. La Madame in questione è bi-mamma da pochissimo. Eppure, non si sa come, è riuscita ad organizzare in cinque e tre otto una cosa non proprio semplicissima. Il principio è testè spiegato: lei ha messo in un bel calderone molto chic una serie di indirizzi mail, in numero pari, ovvio, di tutti quelli che volevano partecipare. Eppoi ha fatto gli abbinamenti, a caso, credo. Eppoi, ha comunicato a ciascuno un indirizzo cui spedire una scatola. Con dentro cosa? Sorpresa. Così, io spedirò una scatola a qualcuno e qualcuno la spedirà a me. Fine dello spiegometro. Il bello della vicenda è la sorpresa, la cura che ci metti a preparare una scatola per qualcuno che non conosci. E' divertente. In realtà io ho qualche indizio sulla mia Compagna di Scatola, perchè ha un blog. Ma giuro, mano sul cuore, che non dirò nulla, almeno fino a quando la scatola non sarà già in viaggio. Begli incontri si fanno sul web. E a te Daniela, ancora grazie di quella polvere di liquirizia che mi hai spedito tre anni fa..."Certe cose, sul web, nascono così".

So precious.


Preziosi, sì. Luccicanti, luccicantissimi. E per me che son gazzaladra, di rara, rarissima bellezza. Un regalo, perlopiù. Ma procediamo con ordine. Si dà il caso che io sia in questi giorni di nebbia a setacciare rigattieri, svuotacantine e solai, alla ricerca di un arredamento shabby che nessuno vuole, quelle poltroncione enorme ricoperte di tessuti improbabili, quei tavoloni lunghissimi, quelle sedie da bistrot, come ho imparato che si chiamano. Per quel progetto che mi frulla in mente da un pò e che forse in primavera, in grazia di Dio, sarà finalmente attuato. Così, ho scoperto un luogo. Un luogo non distante da qui, che ci si arriva in fretta, meglio se con un dolcetto. per il caffè delle 11, nel magazzino con la stufa, che ha tutto un altro sapore. E'un luogo che adoro, perchè vanesia e sognatrice come sono, mi piacciono i luoghi dove si intrecciano le storie di mille persone, credenze, armadi, vecchie camere da letto, specchi sontuosi, scatole di latta, lampadari opulenti, zuppiere e piattini sbeccati e spaiati e libri, dischi, copriletti, sedie impagliate, cose. Mi piace l'odore di questi posti, di colla, di legno, di vecchio e di bello. Affascinante, per me. E poi lei, Nicoletta, la regina di questo Parco dei Tesori, che ha avuto da subito per me un trattamento speciale già dall'altra volta, e anche oggi, che sono andata a prendere le sedie, che arrivano da una sala, quella del pranzo della domenica mi sa, che sono un pò sporche ma di una bellezza semplice e giusta per il luogo dove andranno. E poi, quel regalo inaspettato, quella scatola da merceria che sembrava vuota e invece era piena, piena di tesori meravigliosi, vecchi nastri di organza con la carta giallina e il prezzo in lire, vecchie cerniere di metallo di colori impossibili, verdissimo mela, arancione, rosa confetto. E poi questi gioielli. Bottoni bellissimi, mi piacciono i bottoni, non è mistero, ma questi sono gioielli veri, che a cucirli insieme possono fare una collana luminosa, o anche se li tieni lì, nel vaso della marmellata che hai lavato con cura, e con cura hai staccato l'etichetta Confiture de Fraises, e ce li metti dentro e li guardi da lì, anche da lì fanno un bel vedere, bellissimo. E poi dei ferri di metallo, che non si trovano più, indovina, viola e rosa, ma oggi non era nemmeno il mio compleanno, ma Nicoletta sa che tutte queste cose vanno per il Cuore e lei, che di cuore ne ha una tonnellata e sa, lei che è nata nella nebbia come me, lei che è sognatrice e visionaria come me, a lei, Nicoletta, grazie, grazie, e ancora grazie. Col Cuore, s'intende.

21 novembre, 2009

Non piace a nessuno.


E io, invece, ci ho perso la testa, da quando l'ho visto al collo della mia amica parigina, anzi, in realtà dovrei dire sulla pancia della mia amica parigina, ma adesso che la pancia è sparita ed il suo contenuto è lì, tutta da guardare, abbracciata alla sorellina, direi che questo aggeggino è per merito suo che l'ho conosciuto. Suo della piccina, intendo. Concetto confuso e esposto con difficoltà, qualche errore di sintassi, voto: 4. Obnubilata da una giornata, ieri, in cui i miei pianeti, i miei bioritmi, i miei chakra e pure il mio spirito guida, già che ci sono, s'erano tutti ubriacati, secondo me, tanto storta e insignificante essa è stata, e che m'è successa la qualunque, mi accingo in grazia di Dio a vivere un tranquillo week end. Di cosa, non si sa. Voci di corridoio sostengono che ci sarà un bel traffico, in un andirivieni festoso di fidanzate e amici, amiche del cuore in visita la domenica, dacchè la madre, tapina, ha una gara di golf, e quindi proprio non si può prendere cura della sua dodicenne piccina, che non vede l'ora di salire a Villa Villacolle, perchè, dice, c'è sempre un sacco di gente e pure i cani e ci si diverte un mondo. Vero è ben, piccola Matilde, la tua sventurata madre trova in me un sostegno morale in questo momento di difficoltà, ti accudirò come mia, finchè, provata dalle fatiche e dai soprusi, ella vorrà tornare a riprenderti, e accompagnarti nella vostra umile capanna. Ma, tornando al regalino che mi sono fatta giusto ieri, e che mi è arrivato da oltreoceano, io lo trovo geniale. E' un uccellino, minuscolo, che dondola su un trespolo, minuscolo anch'esso, in una gabbietta di metallo, minuscola, e che ve lo dico affare. Mi piace tantissimo. E sono l'unica. I miei figli maschi lo hanno accolto con una smorfia di disgusto, Che Roba E'. Il mio Illustre Sposo mi ha liquidata con un sorridentissimo Carino, che tradotto vuol dire, Sì, bello, ma Sono Sicuro che ne Hanno Venduti 2 in Tutto il Pianeta, a te, e a un'Altra Scellerata Come Te. Persino la Fidanzata Ingegnera, ha detto Bellino, con uno smagliante ed educatissimo sorriso di circostanza. La Biondina ancora non l'ha visto ma dubito, visto il fidanzato che s'è presa. Unica mia speranza la Princi. Illusa. Trionfalmente gliel'ho mostrato, guarda piccina, che cosa bella ha comprato la tua mamma. Ha riso. Di gusto. E non la finiva proprio più. Ma come, bambina, non piace nemmeno a te? Irriverente, ingrata fanciulla, ti sembra questo il modo? Lei, incurante, rideva e rideva, e mi abbracciava e rideva, pensando fra sè e sè, Che Razza di Mamma Mi è Mai Capitata. In senso buono, s'intende. La mia gabbietta de d'oro non piace a nessuno, o forse no, adesso che ci penso, so per certo che a qualcuna piacerà, e mi dirà Bellisssssssssima, con cento esse, sì, ne sono certa, a lei piacerà, mi consolerà all'istante, mi dirà che è un gioiello di rara finezza, e ne vorrà comprare all'istante una anche lei. Ma non posso dirglielo ora. Aspetterò che venga a riprendersi la creatura. Con lei sì, vado sul sicuro. Scellerata, pure lei.

20 novembre, 2009

Il cuore che salta.


Salta eccome. Tintinna, come le charms dei braccialetti, come i campanellini. Rotola, fa strani giri su se stesso, si raggomitola in un angolo, si nasconde, qualche volta. E poi sta lì, seduto, a sonnecchiare, come in castigo, come chiuso in una stanza, è difficile da dire. Al mondo non esistono ammaestratori di cuori, nel senso che non c'è nessuno, ma proprio nessuno che può dire a un cuore, Ecco, Fai Così. E non esistono Manuali per Cuori, ne ristamperebbero milioni di edizioni, Manuale per Cuore Stanco, Manuale per Cuore Triste, Manuale per Cuore Innamorato. Non so che manuale scriverei io, questa mattina. Forse nessuno, forse tutti e tre, magari anche per cuori scemi, preoccupati, insonni. E ridicoli, buffi, smarriti. Il cuore di ciascuno è uno strano, beffardo muscolo, non sai mai che sorprese possa riservarti, in un banalissimo venerdì, che hai dormito poco e nemmeno tanto bene, che ci vorrebbe una gru questa mattina per sollevarti in alto, e non importa se soffri di vertigini e a guardare giù ti senti male e ti vien voglia di buttarti di sotto. Sì, va bene che la vertigine non è paura di cadere eccetera, però, a lui, al cuore, chi glielo spiega che stamattina non ho niente che funzioni a dovere, che il mondo fuori da questa finestra non mi interessa, che ho tanti pensieri confusi e aggrovigliati, che sono così brava a sciogliere i nodi e ho un sacco di pazienza ma che stamattina strapperei giù tutto e butterei via, nell'indifferenziata, tutto, il gomitolo dei pensieri, le cose da fare, gli scontrini che ho in fondo alla borsa, i biglietti dei parcheggi, questa malinconia stupida e leggera, questa non voglia di alcunchè, e questo cuore, sciocco cuore di donna aggrovigliata, arrotolata su se stessa, assurdo cuore che salta e che ride e che solo un attimo dopo è lì in un angolo a guardare nel vuoto, le foglie secche e la tempesta nel bicchiere.

19 novembre, 2009

La filosofia della coccinella.

Che buffi esserini, le coccinelle. Strano poi che vengano in mente in una stagione come questa, non è che di coccinelle è pieno in giro, chissà cosa ho sognato questa notte per svegliarmi pensando alle coccinelle. Strana filosofia, la loro. Scelgono un posto e ci stanno un pò, con piccoli passi precisi fanno pure un giretto. Poi, sall'improvviso, come se fosse loro squillato il telefono, senza un motivo apparente, puff! volano via. E' una mattina tranquilla, per una mezz'ora scarsa, in realtà, ma ci si può concentrare un pochino e fare le cose con calma, di schizzare fuori dalla porta, coi capelli bagnati e mille cose da fare, già in ritardo prima ancora di cominciare, oggi non se ne ha voglia. Così, ci si bea di questi minuti regalati, si leggono i giornali, e ogni tanto si guarda fuori dalla finestra, il pino dell'aiuola grande, che se si vede, vuol dire che non c'è la nebbia e se non si vede, invece, vuol dire che c'è. E' una mattina lenta, centellinata, di solito il giovedì è un giorno così, ci si prende un attimo di respiro, di quiete, ci si dedica alle cose semplici, di quelle che non si deve necessarimente correre di qua e di là, o se proprio si deve, si cerca di correre piano, una cosa alla volta, in pace, come i passi precisi e minuscoli delle coccinelle. Le mattine come questa sono gemme preziose, brillantini trovati per terra, da rigirare piano tra le dita, con calma. Si pensa meglio, si fanno le cose meglio, e anche le decisioni prese in mattine così hanno un altro sapore, un altro significato, una specie di valore aggiunto. Non che non corro questa mattina, mi regalo il lusso di fare le cose che piacciono a me, una volta ogni tanto, che male c'è. Così, la giornata già da subito sembra più luminosa, cosa importa se poi le cose che dovevano essere 3 saranno millecinquecento. Farò mia la filosofia della coccinella. Calma e tranquillità. Se poi si deve volar via, beh, sarà un attimo.

17 novembre, 2009

Tiffany scopre i cavalli.

Deliziosa lo è. Un pò petulante, qualche volta, dispettosissima, snob, principessa, altezzosa. E bella, bella da morire. Stamattina, nella quasi quotidiana passeggiata sulla collina, questa cosa che non è cane, non è gatto e che non sa nemmeno lei bene che cosa è, ha scoperto i cavalli. Ed è, com'è ovvio che sia, uscita di senno. Ora, vàlle a spiegare che i cavalli sono mansueti sì, e se ne stanno lì nel loro recinto al maneggio ai piedi della collina, belli e pacifici a brucare l'erba con la rugiada, che si sa, è quella più ambita, ma che se si imbizzarriscono, i cavalli medesimi, e si stufano di avere intorno un fagotto di pelo che abbaia e abbaia, essi, appunto, ne possono fare polpette di un Cavalier King petulante. Nulla. Non ha voluto sentire ragioni. E ci ho messo una buona mezz'ora a chiamarla, e richiamarla, e a dire, Dai, Che Ho Freddo e devo tornare in casa, perchè il giro in collina si fa vestiti da casa e col piumino, senza calze, ovvio, e c'è la rugiada e la brina e sì che affondo la faccia nella sciarpa ma non basta. E allora, sbrìgati, cagnino minuscolo che scompari nell'erba alta, e che corri, corri, con le orecchie che ti girano a elica, guarda che ti dà una pannocchia, non erano la tua passione, fino a due minuti fa? La mattina volge al termine, si è fatto molto, in verità, progettato, scritto e persino, bleah! stirato e una mezz'ora persa nel Prato Grande, con l'erba bagnata, le foglie cadute e un cielo discreto, ma dimmelo tu che male può fare.

Stelle a manciate.

Stanotte, sì. E lo so che non è agosto e non si è in mezzo al mare, che di solito, è da lì che si guardano, o coricati nel patio di casa, i ragazzi in gruppi sparsi alla vedetta, da dove si sorvegliano gli incendi, è il punto più alto di quel luogo che si adora, l'estate, nell'Isola che era Atlantide, lo sai? lo ha detto anche Voyager, ieri sera. E' insolito, vederle qui, le stelle che cadono, e stasera, si dice, ne cadranno una quantità tale che sarà uno spettacolo vero, bellissimo, inusuale, anche se succede ogni anno, il diciassette novembre, maddai, sai che non lo sapevo? Si organizzerà una piccola spedizione, forse uscire nel pratino non basterà, se spettacolo deve essere, chessìa, nella collina dietro la casa, nel Prato Grande, o alle Rose Selvatiche, laggiù, accanto all'Alloro Gigante che sembra una Sequoia, non è di nessuno e nessuno lo taglia mai, è enorme, disordinato, bellissimo. Farà freddo, stasera, ma in grazia di Dio quel che non ci manca sono sciarpe e sciarpone, di ogni foggia, filato e qualità, a ben pensarci ne potrei vendere, se volessi, ma le ho messe già e hanno ancora il mio profumo, non si fanno mica regali così. Di stelle ne cadranno a tonnellate, esclusive, riservate, per chi non soffre il freddo e guarda pochissimo la televisione, per chi si incanta a guardare il cielo, la Luna, le nuvole che corrono, per chi annusa il vento e ama il rumore delle foglie calpestate, della pioggia sul terrazzo e contro i vetri, per chi guarda l'alba e si affascina e innamora, ogni volta un pò di più. Per chi come me si sveglia e sorride, per chi ha un cuore colorato che salta gli ostacoli e la paura, per chi esprime desideri impossibili, guardando le stelle d'autunno.

16 novembre, 2009

Ode al melograno.

E' un frutto così superbo, austero, nella sua complicata semplicità. E' un controsenso di frutto, ha un colore così insulso, dorato, beige, non si capisce, beh? non è che in questo autunno scombinato hai pure disimparato a distinguere i colori? E' un colore senza senzo, il melograno da fuori. Certo, che scoperta, non è mica da guardare da fuori, ma da dentro. Ci vuole mestiere anche ad aprire un melograno, non è che prendi un coltello e voilà, ci vuole arte, cura e tenerezza, non è da tutti. Il melograno lo apre uno solo dei commensali, di solito, e uno solo basta per tutti, facciamo due, se a tavola siede un reggimento come quello che occupa la casa in collina. Non occorre tanta scena, il melograno si mangia con le mani, si succhia perlopiù, non è che abbia un gusto così deciso, ci sta bene nell'insalata ma solo perchè ha un bel colore, per il resto non è determinante. La disposizione dei chicchi mi ha sempre affascinato, messi lì per bene, con ingegnerisitica precisione della quale ne sono totalmente e assolutamente priva. Perciò mi affascina. Così mi innamoro dei chicchi messi in bell'ordine, di quel rosso rubino che incanta, di quel gusto sottile di selvatico e corteccia, dolcissima, certo, ma aspra, e acidula, qualche volta. Sorprendente melograno, scrigno fatato di gioielli perfetti, lucido frutto di questo autunno scombinato e perfetto, caldo e nebbioso, pigro ed esaltante, un controsenso, pure lui.

13 novembre, 2009

Appena colti.

O meglio, appiccicàti. Comprati al volo questa mattina, insieme a un quaderno a righe, spesso, senza margini, impazzirò un giorno o l'altro, un tubetto di colla, le cartucce per la stilografica. Non è mistero, mi piacciono tanto i tulipani. Meglio se viola, ma erano finiti, e poi quelli, ci pensa Biancaneve a portarmeli da Amsterdam. Così, mi sono incamminata in questa avventura, denominata l'Appiccicamento dei Tulipani. Io non sono un tipo preciso, e quindi, presa dalla voglia di vederli finalmente tutti insieme sulla porta del mio umile studiolo, non ho letto le istruzioni accluse. Perchemmai, son mica scema che devo leggere le istruzioni per attaccare due tulipani? Ci vorrà mica un architetto, un fisico nucleare, un ingegnere, magari, che in grazia di Dio siamo in overbooking da queste parti. Così li ho attaccati alla brutta, così, senza un ordine preciso, a seconda del colore, quello arancio qui, il fucsia di qui che ci sta bene. Errore. I tulipani, nella loro scatola, erano con un ordine ben preciso, me ne sono accorta dopo aver attaccato l'ultimo. Erano tutti contrassegnati, A, B, C, insomma, avevano un senso. E forse sarebbero stati anche meglio, e avrebbero avuto la giusta inclinazione. Ma a ben guardare, a me piacciono così, la porta è la mia, i tulipani sono miei e ne faccio quello che voglio, echissenefrega se dovevano essere messi in un altro modo, non verrà nessuno a controllare, e allora, e perciò, io li trovo bellissimi, anche un pò sghembi, senza un senso e non in ordine, e non mi è servita la bolla viola, che peraltro possiedo, regalo del Regio Architetto fornitore della Real Casa, non mi è servito nemmeno quell'aggeggio per misurare con le lucine che io userei solo a Capodanno, per fare un pò di scena, perchè io, imprecisa e pasticciona, sono e resto la Dea Incontrastata delle Cose Senza Senso. Operazione Appiccicamento Tulipani Completata. E bene che stanno.

11 novembre, 2009

L'estate di San Martino.

Lo sai?, si chiama estate di San Martino. Te la raccontavano alle elementari, e fa parte di quelle cose che sai, ma che hai nascosto in qualche parte della memoria e che quando qualcuno te la racconta, dici, massì, quella, come ho fatto a non pensarci, San Martino, il mantello e tutto il resto. Il resto è qui, oggi. E' in questo sole caldo, è nel giro coi cani nel primissimo pomeriggio e caldo lo fa davvero, una specie di regalo, in una giornata storta, ma storta per davvero, con un'ora buona passata nello scantinato di un ospedale, non proprio una passeggiata in Montenapoleone, anche se smanettavo come una pazza sul Blackberry, per non perdere il filo, il senso, la grazia. La paura è una roba strana, che ti assale anche quando una vera ragione non c'è, ma chi non ha paura di andare in ospedale, foss'anche per un controllo, foss'anche per una roba da niente. La passeggiata, perciò, è un regalo che mi sono fatta, ad annusare il sole di fuori, a camminare sulle foglie secche e sentire lo scratch! sotto le scarpe, e vedere, magguarda, che fra le foglie secchissime c'è un'erbetta che è una delizia, verde smeraldo, gioielli per me. Le colline laggiù, la città, il campanile del Duomo che si vedono così bene in giornate come questa. L'estate di San Martino è un evento che non accade, se non lo fai accadere tu, se qualcuno non ti racconta la storia, se non dici, ma è vero, senti un pò che caldo che fa, di stare ancora senza calze, freddo non ce n'è. Il sole scalda di più nei giorni in cui hai avuto paura, nei giorni in cui ti sei sentita un pò persa e un pò nei guai. E allora scaldami, sole di novembre, abbracciami e stringimi come sai, regalami le foglie secche, un pò gialle e un pò rosse, fammi sorridere, consola questa fifona che non sono altro, raccontami tutte le storie inventate. Ascolterò, intrecciando una corona di smeraldi con l'erba nuova della collina.

Non ho cuore.

Non è che tutte le albe sono uguali, hanno lo stesso colore, e lo stesso fascino, e la stessa magia, O forse, dipende solo dal modo in cui le si guardano, come ogni cosa, del resto. Uno può guardare fuori, la pioggia a scrosci, il vento, le grandine e dire, Chemmeraviglia, mentre poi, un giorno perfetto di brezza e fiorellini ti innervosisce, o ti fa schifo, a piacer vostro. Stamattina l'alba era meravigliosa, rosa e basta, colorata a pastelli, leggerissima, luminosa, regale. Ma è un'alba strana, nella casa in collina. E' un'alba strana per me, che sì, ho visto, era bellissima. Ma che non ho il cuore adatto per guardarla bene, stamattina. E' da un pò che non l'avevo, questo peso sull'anima, questa pugno che stringe e stringe, questo cuscino a soffocarmi, questa paura. E' da un pò. E i motivi sono mille e nessuno, uno sì, nello specifico, ma aspetterò che sia passato per raccontarlo anche a me. E sarebbero giorni così belli e preziosi, giorni di una felicità semplice, di quelle che compri dal droghiere, con le caramelle gommose dentro ai vasi di vetro, la carta oleata, lo spago giallino per avvolgere la torta. Giorni, normali e bellissimi, uguali e diversi, non so come dire, il sole che c'è, le foglie colorate, la nebbia, ogni tanto. I pensieri si affastellano in disordine, non ce n'è uno che si lasci pensare con calma, sono tutti lì, ammucchiati, a sgomitare, per farsi pensare prima, c'ero prima io, no io, e qualcuno si accantona, si scarta, si rimanda indietro, si mette sotto, come le camicie quando stiri, questa la stiro dopo. Poi il mucchio finisce e la camicia ti tocca, così come il pensiero che hai rimandato e rimandato, adesso ce l'hai lì. Sospiro e sospiro, a darmi forza, a cercare coraggio, a battere veloce le mani insieme, una sola volta, come faccio quando sono in difficoltà, piacevole o meno, gradevole o meno. Sù, domani sarà già passato, avrò pensieri morbidi e caldi come un gomitolo di cashmere, e mi si perdonerà se stamattina ho questo peso, se non mi riesce proprio di pensare a cose belle e colorate. A far le cose, le più semplici, ci vuol cuore. E io, stamattina, non ce l'ho.

09 novembre, 2009

Alta gioielleria.

Non è quel che si dice una giornata da incorniciare. Aria strana, nella casa in collina, strano clima atmosferico e non, una specie di sabato, dacchè domani è festa grande del Santissimo Patrono, perciò tutti a casa da scuola. Ho urlato piuttosto, mi sono girate piuttosto, contrariata piuttosto. Succede, mi pare ovvio. Unica nota leggiadra in tutto questo polpettone di guai e vicende e questioni e tritamenti, un giro in città con la Princi, di quei giri veloci e improvvisati, Mi Serve Un Quaderno, e poi si gira e si gira, per vetrine e negozi, così. E per l'appunto così ho pensato di gratificarmi, acquistando in tutta scioltezza un preziosissimo paio di orecchini, molto kitch ma molto chic, la Tour Eiffel, madame, voilà, per lei che c'ha la fissa di Parigi, mi sembra il minimo. Ora sono miei. Costo dell'operazione : 3 euro e novantacinque, direi che è un bello spendere. La Princi guarda e approva, Facciamo Uno Ciascuno? Essia. Sperimento così la terapia dello shopping compulsivo per attutire incazzature e affini. Speriamo funzioni. Una maglia con la Gioconda? La prossima volta.

08 novembre, 2009

Di Noro e castagne.

Ora, la lana Noro è il piano attico. Il top dei top dei top. Il massimo. Cinque stelle Lusso Relais & Chateaux. Una lampada di Ingo Maurer. Un macaron di Ladurée. La Kelly di Hermés. Il piegaciglia di Shu Uemura. Un profumo di Creed. Bene, ho finito. La lana Noro io l'adoro. E anche se certe mie Amiche dicono che lascia i pelucchi (bestioline, è l'angora, no? ma tutto vi devo insegnare?) a me essa, la Noro, fa impazzire nel vero senso. Per quella sua morbidezza cosmica, per quei suoi colori polverosi, degradanti, avvolgenti, meravigliosi. Oggi, domenica di sciallo totale, tutto dedicato alle attività che ciascheduno più gradisce in assoluto, ho messo sù in cinque e tre otto Marianna una sciarpa preziosissima con due trecciolone di questa ambrosia di lana, la Kochoran, per intenderci meglio, un sapientissimo mix di lana purissima, angora e seta. Il modello di Ravelry, due ferri che sono armi improprie, tra una mezz'ora sarà pronta. Giusto in tempo per le castagne. Che c'azzecca la Noro con le castagne? Un bel niente, ma la castagna và come il pane, lo sanno tutti. E costa molto, molto meno della Noro. Ragionamento complicato, ma in una domenica di pioggia vale tutto. Al resto, ci si pensa poi.

Per Eloise.

I bambini li porta il Cielo. Scendono piano dalle nuvole, galleggiano e si posano leggeri nelle case, nei lettini di pizzo, nelle capanne di fango e paglia, su strade di sassi e ghiaia. I bambini li porta il Mare. Li accarezzano le onde, li cullano appena e li adagiano lì, tra la schiuma e le stelle marine, i pesci e le conchiglie. I bambini li porta il Vento. Soffia dolce su di loro, li protegge e li avvolge, arrivando da chissaddove. I bambini sono schegge di luce, mondi sommersi e sconosciuti, diamanti purissimi, stelle comete. I bambini li porta la Luna. Li illumina d'argento, li veste di polvere magica per renderli invincibili, li nutre di desideri e promesse, di albe e di futuro. I bambini li porta la Pioggia. Li lava e li rinfresca, e regala loro goccioline invisibili di forza e saggezza, bellezza e fortuna. I bambini li porta il Sole. A scaldarli con i raggi più preziosi, scelti apposta per loro, sul suo carro fantastico per un viaggio attraverso il mondo, fra galassie e universi sconosciuti, fra missili e pianeti. I bambini sono alchimie perfette, equilibri irripetibili, storie magiche raccontate una sola e milioni di volte, nessuna uguale a un'altra, luminose, antiche e sconosciute. I bambini sono il regalo del mondo al mondo, il respiro della Vita, una scommessa del destino con il cuore, il miracolo più bello.
A Eloise arrivata ieri, su quel carro del Sole che per un attimo ha illuminato Parigi, fra le nuvole e la pioggia, i ponti e le foglie del lungoSenna.

07 novembre, 2009

Di sabato sera.


E tanti ce ne saranno, di sabati come questo. La partita di sabato sera alla tv è quanto di più deprimente, da un lato, e meraviglioso dall'altro, possa mai verificarsi lassù, nella casa in collina. Ognuno si sceglie un posto sul divano, ognuno inteso come maschio adulto e poichè in grazia di Dio, di maschi adulti ne ho una discreta somma, la Princi ed io non siamo invitate a tale evento. Nè ci terremmo in modo particolare, s'intenda bene. Così, la scrivente si inventa una sera del tutto nuova, del tutto libera, del tutto sua, dacchè la Princi, a cena da una compagna, riederà alla casa paterna verso le ore 21. Le sere d'inverno, anche se inverno ancora non è, hanno una magia tutta speciale. Spesso si condividono con gli amici, e spesso hanno questo sapore di vacanza regalata, di libertà assoluta, di solitudine compiaciuta e gradevolissima, che farò nelle prossime 3 ore, dal prepartita al durantepartita, al dopopartita e al buonanottepartita? La scelta risulta ardua, e si comincia a rifugiarsi lassù, nello studio in piccionaia, si gironzola sul web, si legge a tratti, si sceglie una bella musica e ci si inventa qualcosa. Che belli i pensieri del sabato sera, sono diversi da quelli delle altre sere, non ci avevo pensato. Sono così leggeri, così maleducati, anche, escono fuori a dozzine come le rose, di idee se ne hanno sempre un mucchio, si pensano una quantità di cose che le altre sere, ma nemmeno per l'anticamera. I pensieri del sabato sono gomitoli nuovi, morbidissimi, hai tutto il tempo di guardarne per bene la composizione, esaminarli con la massima cura, rigirarteli tra le mani, passarteli sulla guancia, per vedere che effetto fa. I pensieri del sabato, di quei sabati che nessuna amico e nessun figliolo e nemmeno lo Sposo, sono bottoni mischiati, non ce n'è uno uguale a un altro, e ognuno racconta di sè, ognuno ha il suo corso, la sua storia, e la sua strada. I pensieri del sabato sono lettere che non spedisci, sono progetti ambiziosi e complicati che mai e poi mai riusciresti a fare davvero, ma in sere come questa è così facile dire, Ecco, Farei Così. Si può fare tardi, stasera, si può decidere di leggere fino alle 2 con la lucina piccola, si può fare la maglia sul letto, a gambe incrociate e l'iPod, si può guardare fuori dalla finestra e chiedersi pigramente, chissà domani che tempo farà. Per le grane e le questioni, per le ansie dei prossimi giorni che non è che non ce ne saranno, anzi, di più, tempo ci sarà. Ma non ancora, non adesso, non di sabato sera.

05 novembre, 2009

Tiberio, il coniglio.

Non è mistero, le mie colazioni sono spesso affollate. A parte gli umani che condividono con me la casa in collina, e che sono, diciamo, una discreta quantità, ho una serie di animale e animaletti di varia foggia e dimensione, specie di appartenenza e genere, scelti, come cani e gatti, e imposti dalla natura circostante, e ivi si leggano ragni, cimici, e coccinelle, dacchè in collina siamo e non a Manhattan. Serpenti a sonagli e tarantole ancora no, per fortuna. In realtà, la natura impone anche una serie di deliziosi esserini, pettirossi, uccellini variopinti, gazze ladre e loro, i coniglietti. Ne avevmo adottato uno, tale Tiberio, anni fa, da quando una sera ne stavo per fare un pasticcio di coniglio sotto le ruote della macchina e giuro, non avevo cuore di scendere a vedere cosa fosse successo, e lui se ne stava lì, illuminato dai fari a due millimetri, o forse cinque, non so, e i bambini piangevano dal sedile dietro, Ecco, E' Morto, Mamma, ma non che non è morto, e mi sono sentita una delinquente anche solo per aver rischiato di. Comunque, tutta queta manfrina per dire che Tiberio era vivo e vispo, e da allora, ogni coniglietto che incontro sulla strada di casa è sempre Tiberio, anche se sono passati una decina d'anni, e quello che incontro sarà il bisnipote del bisnipote di Tiberio, ma ha sempre la sua codina bianca a ciuffo e allora come fa a non essere lui. Stamattina, caso raro, ne è entrato uno in giardino. Ha passeggiato un pò sulle foglie del pratino, e guardava dai vetri, non so se me e il mio Sposo a colazione, o se mi è sembrato soltanto, ma insomma, era lì. Lì per lì ho smesso un attimo di respirare, mi veniva da dire Siamo Al Completo, ma avevo un musetto così buffo e quell'espressione da saputello che hanno tutti i coniglietti che mi è venuta voglia di aprirgli la porta. Ma si sa, i coniglietti, sono dei fifoni, ma dei fifoni, e appena mi sono avvicinata se ne è andato a gambe zampe levate, spaventatissimo, forse da me, scarmigliata o dal mio tintinnare di campanelli e ferraglia, la stessa che mi fa stare un buon venti minuti al metal detector degli aeroporti. Tiberio, o chi per esso, si è dissolto nella nebbia a piccoli balzi furtivi, ma spero che mi faccia di nuovo visita, un giorno o l'altro. Per allora, sarò preparata: un velo di gloss e niente braccialetti. AI coniglietti, si sa, il rumore dà noia. E anche agli sceriffi del metal detector. Mi sa che dovrò rivedere la chincaglieria che indosso.

03 novembre, 2009

La luna a cena.

Si era già vista da subito, che quella non sarebbe stata una luna qualunque. Quando si hanno di queste sorprese, quando uno, una cosa non se l'aspetta proprio, è ancora più bello, come è più bello e luminoso il sorriso di chi sorride poco, magguarda, non ci avevo mai pensato. La luna di stasera è una luna speciale, ed è bella, così bella che a guardarla ti ci perdi. E' stata lì per tutto il tempo della cena, noi che la cucina dà di là e non di qua, che di là è più bello e guardi fuori anche a colazione, e la giornata inizia meglio se mentre sbadigli guardi fuori, non importa se il pratino vicino o la collina lontana, l'importante è avere del verde da guardare, e non ti stanchi, non ti stanchi mai anche se il paesaggio è sempre il solito, ma che cambia con le stagioni, così. La luna di stasera guardava il passato di verdura nei nostri piatti a fiori e frutti, la tovaglia bordeaux, i bicchieri diversi perchè così mi piace. E ascoltava, ascoltava. Le cose qualunque che si dicono in una casa qualunque in cima alla collina. Stasera, nessun urlo ha scosso la tavola, càpita sempre più di rado, in realtà, ma anche qui, quando càpita, càpita che merita, ed è lo stesso discorso del sorriso, se ci pensi bene. La luna ha sorriso, per le solite cose dei ragazzi, le battute e le scemenze che mi fanno ridere fino alle lacrime, qualche volta, a dire Che Figli Scemi ma a non volerli mai diversi da quello che sono. La luna era lì, sempre lì, e la vedevo anche da seduta, e alla fine ho dovuto abbassarmi a sfiorare il piatto, Cosa Fai, Guardo la Luna e lei guardava me. Aveva cose da dirmi, cose da luna, pensieri dorati, luminosi come lei. Lei racconta fantastiche storie di stelle comete, di missili e navicelle, di astronauti e satelliti. E storie torbide e desideri, preghiere e sospiri, segreti e magie. E sa che l'adoro e che la guardo sempre, ovunque io sia, e sa che sono contenta stasera, perchè è stato così bello averla accanto per cena. La inviterò, un giorno o l'altro. Ma mi toccherà cambiare menù: il triste e avulso passato di verdura non piace a nessuno, figuriamoci alla luna.

02 novembre, 2009

Ne cambi più tu...

...di Obama! Questo mi disse un attimo fa la mia Amica del Muretto, quella del 12, quella che sa i venti, quella che ci scambiamo il pane e il basilico, quella che abbiamo 8 figli in due, quella che chiacchieriamo delle ore, quella che mi ha insegnato una canzone in sardo, quella che mi scrive con la stilografica verde.

Vero è ben, ho cambiato numero di cellulare e fede abbiate, perciò, chi aveva il mio vecchio presto avrà quello nuovo. Sono solo alla C. Abbiate pietà.
Perchè, Barack, l' affascinantisssssimo Barack, quanti numeri cambierà? Dovrò chiedercelo, a quella del 12
.

E' così che piove.

Piove così e basta. E' un giorno strano di un pò festa e un pò no, Commemorazione dei Defunti, come è scritto sul calendario, il giorno dei morti, si dice così. La Princi a casa da scuola, il Liceale invece no, il Giurisprudente e la Biondina da qualche parte per casa, il JuniorIng già tornato al Politecnico. Si comincia così una settimana che sarà più corta del solito, lo vedi, lunedì è già quasi passato, a colazione si è guardato fuori e si è detto Che Meraviglia per darsi un tono, un bel mix di pioggia e nebbia sul pratino e sui fiori dell'ibisco che non ne vogliono sapere di smettere di sbocciare. Millemilioni di cose da fare, come sempre, e più di sempre, non se ne ha granchè voglia, se ne avrebbe invece di un libro e di una tazza di latte, o di quel thè prezioso che arriva da chissà dove, da bere, certo, soprattutto da annusare, come le rose, come la Coccoina, come i profumi che ti spruzzi in profumeria, questo che buono, questo sa di mela, ma che t'importa, hai sempre il tuo appiccicato addosso, persino sul telefono ne rimane un pò, non avrai esagerato? Piove e piove e basta, nulla c'è da dire, c'è disordine su questo tavolo, e quando lo noto io vuol proprio dire che non è in disordine, di più, ma in questo groviglio di gomitolipennefogliappuntipostitevidenziatoricd
burrocacao pastelli monetine una stringa
matitepile bigliettidellametro libri uncucchiaino l'iPod

ci trovo tutto il mio universo, e ho zero voglia di mettere a posto e allora e perciò senti le gocce sul vetro che rumore che fanno, come che cosa, non senti che piove.

Senza titolo.

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.

Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.


Alda Merini

31 ottobre, 2009

Il cielo che cade.

C'è un cielo così strano, quando è di nebbia. C'è una luce rarefatta, finta, come finta? sì, finta. Perchè la nebbia la filtra e te la fa arrivare non proprio brillante com'è. Ho perso le parole, mi ci sono inciampata e non riesco a dire quello che voglio. Mi succede di rado. Sarebbe un pomeriggio da divano e nient'altro. Mi piacciono così tanto i pomeriggi da divano, con intorno soltanto le cose che posso fare da qui. Leggere, dormire, un bel niente. Mi sa che è l'inizio dell'influenza, o che ne so, forse ho Saturno contro, i pianeti messi di traverso, o di traverso sono soltanto io. Non mi concentro, non ne infilo una, non mi riesce di formulare un pensiero corretto che sia uno, non che abbia sonno, ma è come se la nebbia di fuori mi sia calata anche nel cervello. Forse un Cebion mi salverà la vita, una coperta leggera e un momento di ferma, facciamo mezz'ora. Il tempo che mi serve a ripigliarmi un pochino, a non sentirmi un frullatore nella testa e gli occhi pesti.,che anche a girarli mi fanno male. La luce di fuori è sempre strana, le foglie appiccicate una all'altra, non è vero che scricchiolano se ci cammini sopra, oggi no, fa freddo, più freddo, mi sa che ho la febbre e mi ronzano le orecchie, mi succede sempre così quando c'è il cielo che cade.

29 ottobre, 2009

Pace fatta.

Con la Zimmerman, intendo. Dacchè è noto ai più che c'ho litigato parecchie volte, con la Signora, che il Coro degli Angeli La Accolga, tanto da credere di essere vittima di una fattura, un sortilegio, un incantesimo. Le altre del Knit, che fra l'altro c'è quest'oggi, hanno fatto di tutto, scialli e sciarpe e scarpette e teli mare, borse e copricapi, sacchetti per conservarci il riso, teli per coprire la bici, insomma, di tutto. E io, l'ultimissima della classe, quella dell'ultimo banco, ci sono arrivata da poco, alla fine, only the brave, lo so, ma anche only the zuccons, non so se mi spiego. Complice il mio figliolo Liceale, che si è finalmente accorto che la sua mamma non fa mica presine e babbucce della nonna, ma che riesce, in grazia di Dio, a fare anche delle cose che sono di gran moda in questo tiepido, meraviglioso autunno. E così, invidiosissimo dello scaldacollo per la moto che Afef ha fatto al suo figliolone, quello del tonno, per intenderci, timidamente ha fatto la sua richiesta E Io? Già, ettù? Agguantata che ebbi una lana morbidissima e preziosa, lo ben si sa che i colli dei motociclisti son così delicati, e che la sciarpa, orrore, non si mette nemmeno sotto tortura. Così, oggi, al Knit consueto del giovedì pomeriggio al Bio Cafè, ultimerò in tutta scioltezza lo scaldacollo per il Liceale Spilungone BelloComeIlSole. Dovrò spiegargli che è fatto in lana Merinos di Debbie Bliss, col Magic Loop di Elizabeth Zimmerman e coi ferri circolari di cristallo purissimo (!) KnitPicks? Meglio lasciar perdere. Gli uomini, di queste cose, mica ci capiscono. Per loro, sempre presine sono.

28 ottobre, 2009

Senza titolo.

Trovata così, nel cortile di una vecchia cascina, usata da deposito per vecchi mobili, carabattole che non vuole nessuno, scatole di latta, cestini di vimini, vecchie sedie, salotti di velluto stracciato, tavolini che stanno sotto gli acquazzoni, servizi di piatti spaiati, tazzine, portadolci, casseruole, ferri da stiro, una Olivetti, lampade e lampadari a goccia senza gocce, nè lampadine, nè niente. Sono andata lì per il mio progetto, ho scelto qualche mobile qua e là, un armadio, dei banchi, delle cose. Starò sospesa. Dirò e non dirò, come quando ho cose tanto belle da dire e che non dico, non so, per paura che scòppino, bolle di sapone, palloncini persi per aria, sogni schiacciati. E' così simpatico quest'omino, mi racconta sempre un sacco di storie, questo armadio viene da e questo organo, anche. Questo tavolo déco, non ha una gamba, ma non è bellissimo? Lo è, infatti. Questi posti mi affascinano, luoghi dove si accatastano tante vite e tante storie, e si intrecciano mille destini, mille facce, mille esistenze passate, forse, sparite, probabile. Mi piacerebbe sapere chi si è seduto in questo banco da chiesa, e quali preghiere e quali peccati, e quali mani hanno acceso questa lampada elegante, in quale salotto, da quale promessa sposa, o zitella iniacidita, o maestra di pianoforte, col ricamo in quel cestino di vimini, e la borsetta a mezza punto. E quale rosolio ha versato in questi bicchierini sbeccati e pieni di acqua piovana e di foglie, e di terra, e quali biscotti ha conservato questa scatola di latta con la Mole, offerti al notabile del paese, seduto all'orlo di questa seggiolina sbrecciata, che ci esce l'imbottitura da una parte, e questo appendiabiti, ha forse accolto il mantello del medico condotto, con quella borsa di cuoio, che veniva in visita alla signora malata, il viso sofferente tra i cuscini ricamati, intristiti dal tempo e dai topi, forse, ma una volta candidi e perfetti, resi immacolati dalle sapienti mani della servitù, che accompagnava il piccolo di casa all'asilo, la merenda in quel cestino con la chiusura rossa, e quel camion di latta, con la scritta Shell che si vede a malapena. Volevo una lavagna di scuola e un banco, di quelli di legno, in un pezzo solo, con il buco per il calamaio. L'omino della cascina non ce l'aveva. E quando ho visto questa insegna, abbracciata da mille rami di rovi umidi e foglie di vite vergine e tralci e terra, bagnata, pesantissima, l'ho portata via con me. Perchè nessun segno del destino è più forte di questo.

Da stamattina presto.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...