18 luglio, 2009

Già oltre.


Massì, dai. Si fa un uso improprio,qualche volta, di questo intercalare. Come Stai? Bene, Dai. Ma dai che cosa. Stavolta va bene. Beh, proprio bene benissimo ottimo superlativo diciamo di no, ma insomma, ce la si fa bastare. Meglio. GIà un pò meglio, e anche se si sa bene che meglio non vuol dire bene, ma è un passo verso. Pensieri obnubilati di un mattino vinto, in fondo, a casa propria. Una sosta, un pit-stop, una cosa bella. Ci si è svegliati prestissimo, è bello alzarsi presto d'estate e poi scoprire che ha piovuto tanto questa notte e che tu hai dormito come un sasso e non ti sei accorta di nulla, e il bucato dimenticato fuori è fradicio ma che importa in fondo. Quando si viene dal sole a picco per giorni e giorni, non sarà un pò di pioggia a farmi male, anzi. C'è un cielo variegato come solo d'estate e solo qui, si è impegnati in una strana operazione, di disfacimento-rifacimento valigie, e ci si concentra su questo. I pensieri ci sono ancora, tutti lì in fila compatta e ordinata, a volte, e solo un minuto dopo sparpagliati e disordinati. La cosa importante è non farsi prendere dall'ansia, essere sul pezzo, come si dice, trovarne l'inizo e vederne la fine, mantenere un certo controllo di tutta la vicenda. Ci si può riuscire. O almeno ci si deve provare. Qualcuno mi ha detto che ho uno scudo fortissimo di energia positiva che respinge le cose brutte via da me. Io non so se questo sia vero, ma so che intanto prendo il Sidol e lo vado a lucidare. Combattere con lo scudo che brilla è tutta un'altra cosa. Mooooolto più chic.

17 luglio, 2009

Vengo dal cielo.

Non come quella volta. Stavolta, vengo dal cielo. Ho seguito il paesaggio che cambiava sotto di me, il mare mi ha accompagnato fin quasi a casa, come a non volersi separare da me, anche solo per un pò. Ho indovinato le isole, quelle viste e quelle no, ho galleggiato nell'Egeo da molto sopra, l'ho visto dall'alto, senza toccarlo, questa volta, senza che mi bagnasse. E da sopra ho visto le nuvole, morbidissime, panna appena montata, che da sempre mi affascinano e mi fanno venire voglia di tuffarmici dentro, che scema, tuffarsi nelle nuvole. Mi sono innnamorata dell'Italia stesa nel mare, coricata ed offerta, meravigliosa, là c'è Brindisi, indico col dito, e non è la cartina, è proprio vera. Torniamo a casa. C'è il guasto, certo e quel pezzo di ricambio che non arriva in tempo. E di guasto ce n'è un altro, molto più grave, forse, che mi fa paura, che risveglia in me un magone e un'ansia che non ricordavo di poter provare ancora. Mi viene da dire Houston, Abbiamo un Problema, per quella scellerata qualità o follia che mi viene da sorridere anche quando sono nei guai, quando mi sforzo a minimizzare, a dire che passerà e che passerà presto, e che forse sono stati i miei figli ad abituarmi così, a dire Non è Niente prima ancora di aver visto la sbucciatura, e a dirlo lo stesso mentre magari li accompagnavo a farli ricucire, una volta un mento, un ginocchio, una frattura al braccio destro il primo giorno di scuola, come dimenticarlo. Non è niente, passerà. Ma io ho paura lo stesso. Non è grave e c'è di peggio, certo che lo so, e quel che c'è è che stiamo bene e che si rimedierà in qualche modo. Ma io adesso, con le cartoline stropicciate in tasca, delle isole che ho visto, vissuto e portato con me, e che a stento adesso ricordo, sono qui, nella mia casa in disordine, che penso e ripenso e ho un nodo che mi soffoca, e che vorrei una nuvola per tuffarmici dentro e non uscirne più.

15 luglio, 2009

L'avaria.

Cronaca di un'avaria annunciata. Funziona sì, funziona no, non si gioca con questi orpelli, soprattutto in mezzo al mare, per bello che sia, per calmo che sia, per blu dei blu che sia. L'avaria arriva che sai che arriva, non è mica una sorpresa, e ingloba tante, troppe cose, meccaniche e non, che si aggiustano e non, dove c'è rimedio e dove invece no. Ho collezionato momenti lucidi e perfetti da pensare in momenti così, dove sono calma, di una calma preoccupante, e dove a tratti divento disperata, a tratti angosciata, a tratti invece penso che andrà tutto come dovrà andare e che non mi spertico in pensieri filosofici sulla vita e sul destino e sull'ordine delle cose e quel che sarà, sarà alla fine. Quel che so è che non è proprio tutto a posto ma stiamo lavorando per mettercelo e che certamente, chi sibilava anonimo nei commenti Ma Come Sei Fortunata, adesso certo si fregherà le mani. Magra, magrissima soddisfazione.

14 luglio, 2009

Joe, il Tonno.

Immortalati qui, Lo Scavezzacollo, amico del Liceale, e la sua preda, Joe il Tonno. Alla fine, dopo un mese di tentativi, se tentativi si possono chiamare il solo fatto di metter fuori la canna da pesca e lasciarla lì, alla fine, dicevo, il tonno è stato preso. Accantonato il discorso ambiental-animalista, solo per oggi e per oggi soltanto, direi che è stata una bella esperienza, mai provata prima. Attimi di vera, palpabile concitazione a bordo. E prendi il filo e lascia il filo, e tira sù e metti giù, e sbrigati di qui e sbigati di là, e molla qui e molla là, e prendi il retino e lascia il retino, più sù, più giù, e smettila e tacete una buona volta, e povero tonno, speriamo che scappi. Tiffany guaiva e non capiva molto bene cosa stesse succedendo. Quanto al tonno, credo che si sia chiesto Ma Proprio con Questi Qui Dovevo Finire? Come dargli tonno, ops!, come dargli torto? Sushi divino, stasera a bordo. Ma quanto a sensi di colpa, beh, meglio quello dell'Esselunga.



Kalamàta.

Undici ore, ed eccoci qui. A riportare i due scavezzacollo che già sono partiti per altri lidi. Che strana, serena, inconsueta, avventurosa vacanza è questa qua. Per me, poi, che com'è noto non sono proprio una di quelle sfegatate, ho il gusto dell'avventura di un vaso di gerani, che sempre stanno lì, fermi e immobili, a guardar giù dai balconi. Eccèrto che mi piace andare in giro, che scoperta, ma in questi giorni, qualche volta, mi sono sorpresa a desiderare di essere sul mio divano a guardare la tv, o in un lettino bordo piscina, al San Pietro di Positano, chessoio, indecisa se farmi un massaggio o una doccia tiepida. Il fascino di questi giorni si apprezza poco alla volta, quando si esulta nel sapere che nel prossimo porto ci sarà una lavatrice, quando dopo la doccia si riesce a fare un impacco di balsamo a capelli indisciplinati,chissà che direbbe il Regio Parrucchiere. E poi c'è la gente. La gente che trovi in viaggi come questi hanno tutti un pò del matto, ma di quel matto sano, buono, di spessore, non lo so. Ci si aiuta molto, ci si confronta, ci si copia un pochino, vengo a vedere la tua àncora, che meteo usi, e con l'eolico, che fai? Si divide quello che si ha, soprattutto in questi giorni di sosta forzata per questo mare rabbioso, e si scopre di sè aspetti che non credevi, non pensavi, chi lo sa. Ho preparato una banale pasta per tre signori spagnoli gia in età, arrivati stremati a Kythira dopo 6 ore di burrasca. Mi sembrava il minimo. Oggi, reincontrati a Kalamàta, mi hanno regalato un ventaglio e detto Il Nostro Cuore è Con Voi. Questo, mi sa che a Positano non succede. Succede altro, certo, ma questo proprio no.

12 luglio, 2009

Ode al Freddoccino.

E' si sicuro la colonna portante di questa scombinata vacanza. Un rito. Di più, un'icona. Irrinunciabile scoperta freschissima di queste isole greche. Prima, nessuno di noi ne conosceva l'esistenza. Non è un frullato, nemmeno un frappè. Non è il caffè shakerato, non è un gelato, non è una granita, e non è neppure uno shake. E' solo e soltanto il Freddoccino. Ghiacciatissimo, lo puoi gustare in ogni taverna all'aperto, in ogni caffè lungo la spiaggia. Sa di caffè, che scoperta. Ma anche un pochino di cappuccino e di caramello. E' dissetante, rinfresca anche il più torrido dei pomeriggi, verso le tre quando in giro non c'è un cavolo di nessuno, e allora che c'è di meglio che sceglersi il bar più colorato e buttarsi lì, sparsi fra i cuscini, un freddoccino, please, e alla modica cifra di euro 3 ti portano un bicchierone stracolmo di ambrosia e di pura libidine. Da sorseggiare con golosa voluttà, avendo cura di fare il verso sscrscsrscsscsrssc alla fine, con la doppia cannuccia. Maleducata? No, beata, è diverso.

Il mercato di Potamòs.

E un qualche cosa bisogna pur fare, signora mia, dacchè il mare di ieri, che Dio l'abbia il Gloria, ci costringe a stare fermi, beh, fermi è una parola grossa. Riassunto delle puntate precedenti. Il mare è troppo mosso per mettersi in viaggio verso Kalamàta, perciò si sta ancorati in banchina e si organizzano eventi ricreativi. Fine del riassunto. Ieri sera seratona coi vicini di barca, ci siamo impossessati delle sedie del bar aperto soltanto 3 ore al giorno e abbiamo fatto tardi a bere ouzo e a chiacchierare. Oggi, domenica, il mercato di Potamòs, così diverso dall'altro mercato dell'estate, così semplice, così antico. Olive, lavanda, olio venduto nelle bottiglie dell'acqua private dell'etichetta, basilico, fiorellini gialli e piantine grasse. Nient'altro. Ho comprato del pane rotondo e una specie di crema di formaggio da una vecchina simpatica, le dita nodose a indicarmi vasetti di vetro pieni di origano. E' stato il nostro pranzo, più tardi. E' una vacanza lenta, da assaporare, dove anche l'annoiarsi non è male, dove è bello anche aspettare in porto il momento propizio per continuare il viaggio. Dove anche un mercato da dopoguerra, affascinante nel suo niente che c'è, bellissimo nei suoi colori passati, nei visi che ci incontri, nella straordinaria rudezza dei banchetti e delle tende scolorite, dove anche il sentirsi fuori dal mondo e parte di esso fa parte del copione. Scritto da chi, non si sa.

10 luglio, 2009

Kythira.

Giunti fummo, alla fine, dopo 12 ore 12 di traversata e un'alba mozzafiato, dacchè partiti siamo alle 4 di notte, che la discoteca di Milòs era ancora in pienissima attività. In questo posto non c'è niente. Il nulla del nulla del nulla. Ma qui dobbiamo stare, primo perchè domani ci sarà un mare da paura, e secondo perchè domani un altro figliolo muoverà da qui verso l'amata patria, e pure verso l'Amata, la sua, non l'altra, com'è ovvio che sia. Insomma, il nulla. Se per nulla si intende una spiaggia finissima, case meravigliose proprio sopra di essa, abbandonate perlopiù, un baretto con una doccia e tre cabine, quelle dei bagni Nunzia di Varigotti nel 1960, credo, ma sono nata tre anni dopo, ben perciò lo posso solo immaginare. E poi c'è il relitto, una petroliera schiantatasi qui non si sa bene quando e come, che hanno lasciato lì ad imperitura memoria, inquietante per dirla giusta. Umani pochissimi, una decina, ma questo posto fra lo spettrale e l'affascinante è di una bellezza che non so dire. E adesso, scusatemi tanto, vado di fretta: mi devo apparecchiare per bene per andare a buttare il sacchetto della spazzatura, che ho avuto cura di scegliere azzurro cielo. E mentre a bordo l'equipaggio si sciala con scacchi, letture ed animatissime discussioni di calcio mercato, mi passerò un velo di gloss e mi accomoderò per bene, un vestitino scollato e un golfinetto discreto per questo vento caldo, in attesa dell'arrivo del traghetto da Atene, unica, vera attrazione della serata. Meraviglioso.

09 luglio, 2009

Amore, in greco.

Giorni di qualche piccola preoccupazione, fra l'equipaggio sperso nel greco mar. Oggi, finalmente, allarmi rientrati tutti insieme. La meccanica del vascello, i telefoni che hanno ripreso a funzionare, interrotti solo e soltanto da un'incuria di un figliolo, echessaramai, che ha rischiato grosso, grossissimo, dacchè il Capitano è stato trattenuto dall'abbandonarlo proprio qui, a Milòs, sull'isola di Afrodite. Rincuoro e rassicuro la folta schiera di chi segue tale Straordinaria Avventura, e che lo fa col cuore, così come io col cuore la scrivo e la racconto, e anche la vivo, che bella storia, fortunata sì, mi avete detto, la sono, lo siamo, e raccogliamo questi momenti come sassolini, li mettiamo in un vaso e li teniamo lì, felici anche di condividerli, spezzarli a metà come si fa con i panini nei picnic, con le merende fra fratelli, con le fette di torta, è troppa, ne vuoi un pò? con le gomme Brooklyn quando ne avanza una sola, quelle a confetti no, non si può fare, ci proverò. Sono giorni di una lentezza meravigliosa, mai provata prima, non così. Si imparano cose, se ne scoprono altre, anche di se stessi, una specie di viaggio mica solo al di fuori, anche al di dentro, un pò. Si raccoglie quel che servirà per i giorni che verranno, si fa il pieno di questo biancoeblù, di questo origano venduto a mazzi dall'omino con la carriola, si fa il pieno anche di amore, perchè no, a carezzare teste e dare baci e stringere, e a salutare, anche, il Figliolo che riede dal Suo Biondo Amore, perchè la sua strada è quella lì. L'Amore, quello vero, muove le onde e il vento, e passa veloce sugli scogli e sulle spiagge e racconta le storie meravigliose di questa terra misteriosa e bellissima, di oracoli e déi, Itaca e ciclòpi, Apollo e Zeus. Io leggo ogni cosa, entro nelle chiese in punta di piedi per non far rumore, e ringrazio e penso a quanto belli sono questi giorni perfetti di una semplicità devastante, e mi piace da morire questo bizzarro equipaggio e questa vacanza che ho vinto dopo un inverno complicato che ho quasi dimenticato, e se mai tornerà sarò pronta, perchè avrò avuto questo mare e questa sabbia impertinente, e questo origano, anche, e questo Amore, che non so come si dice in greco ma so che è tutte queste cose messe insieme.

08 luglio, 2009

Sifnòs.

Isolatisssssssimi.

Molto più che isolati nell'isola fra le isole, proprio qui, dove Perseo arrivò con la testa di Medusa e traformò la lussureggiante Sifnòs in pietra e sassi. Molto più che fuori dal mondo, emmenomale che almeno la connessione ce l'abbiamo, alla fine.Qualche piccolo disguido è occorso a questo scellerato equipaggio. I telefoni, che hanno smesso di funzionare in blocchi da 6, un problema alle batterie, il cambio dell'olio, il navigatore satellitare che fa le bizze. Un bel momento. Nessuno si perde d'animo quaggiù, il Capitano ha in mano la situazione, nonostante un vago sentore di quel mal di schiena che, t'ho detto tutto, si presenta proprio quando meno te l'aspetti e quando proprio non è il caso. Ora fermi qua siamo fino a che tutto non riprenderà a funzionare per bene. Intanto, ormeggiati sotto a questa chiesetta candida, a pochi metri da una spiaggina dove si sta in quattro penserò a come imbastire un pranzo leggero, un'insalata fresca e croccante che ci rifocillerà. I soccorsi ancora non li chiamiamo, e nel caso, che facciano con calma. Tempo ce n'è.

06 luglio, 2009

Il bacio.

Paparazzati al largo di Ermoupolis. Si erano conosciuti qualche giorno fa, nel porto di Santorini, si erano frequentati per qualche ora, scorrazzando sù e giù per il pontile e guardandosi languidamente dalle rispettive postazioni, lui, tale Snoopy, abbaiando, lei, la nostra Tiffany, a frignare, capricciosa, a guaire e a fargli gli occhi dolci. Oggi,si sono incontrati di nuovo, verso l'ora di pranzo, al largo di una candida spiaggia, più o meno deserta. Lo abbiamo ospitato per un pò, poi, temendo il peggio, lo abbiamo riconsegnato ai suoi legittimi proprietari. Un'altra storia d'amore in famiglia. Ma come, non ne avevo già abbastanza di quelle dei miei figli?

I pensieri dell'orizzonte.

Tanti e confusi. Strani, i pensieri che si fanno guardando l'orizzonte, proprio là, dove il cielo si bacia col mare. Arruffati e scomposti, senza forma, quasi, che se qualcuno ti chiedesse A Che Pensi? non sapresti bene che cosa da dire e la prima risposta sarebbe Niente, ma lo sanno tutti, a niente non si può pensare. Si è partiti presto stamattina, a motore stavolta, data la calma piattissima e si è andato avanti in una latta di vernice, altro che mare. Che bello, però. Da coricati e guardando laggiù, vengono i pensieri più strani, passati, futuri, pensieri serissimi e di scemenze assurde, chissà chi li manda i pensieri in testa alle persone, chissamai da dove arrivino. Qualcuno ti blocca il respiro, altri ti fanno sorridere, o magari ti fanno venire un magone impercettibile che ti affretti a scacciare, un'ansia leggera leggera, che scema che sono a pensare così. Tutto intorno è un lenzuolo silenzioso, nessun delfino, che peccato, qualcuno dorme ancora e tu sei lì, coi tuoi pensieri scarmigliati, nessun pensiero è così liquido come questi qua, che si fanno guardando una riga che non c'è, infinita e misteriosa, pensieri aggrovigliati, senza inizio nè fine, pensieri sciocchi e bellissimi, nati chissà dove, arrivati da laggiù, proprio dove il cielo si bacia col mare.

05 luglio, 2009

Un osso a Ios.


Si è scorrazzato in lungo e in largo con quelle motone a quattro ruote, non eleganti ma così buffe, un pò sidecar in verità. Si è saliti sù fino alla città vecchia, dove si cucca alla grande, dicono i Liceali, da dove ci si può beare di uno spettacolo di mare e rocce e colori e correnti che a disegnarlo non è poi così semplice. Alla fine, la pace. Si è così architettato un piccolo beauty, dacchè il più peloso dei componenti l'equipaggio, quella con gli occhi umani e in naso a Morositas, necessitava di un piccolo gadget da apporre al suo guinzaglio. Detto, fatto. In poco più di mezz'ora ecco creato per Lei, un osso di cotone dove riporre i suoi aggeggi. L'occorrente per incipriarsi il naso, per poter conquistare con un solo sguardo tutti i cani del porto, una spazzola speciale per le lunghe orecchie fuori scala, per renderle più soffici e fluenti. In realtà, questo osso di KrisKnits contiene soltanto i suoi sacchettini. Una vera principessa sa bene che non si deve lasciare traccia alcuna. E ci vuol classe, anche lì.

02 luglio, 2009

Il tutto.

Non so più come chiamarlo. Se azzurro, turchese, celeste, cobalto o cos'altro. Folegandròs, questo è il nome dell'isolotto silenzioso dove siamo arrivati quest'oggi, è tutto così, salvo qualche spruzzo di viola, come le finestre e la porticina di quella casa da dove mi hanno trascinato via a forza, Sto Qui e Non Mi Muovo Di Un Millimetro, Mai Più. Noi si cammina sciallati e ciondolanti, tutti i figli, un Amico dei Figli, cane annesso. Una brigata di filibustieri che cammina col naso per aria in questi vicoli di sassi, che si meraviglia dei ficus come sequoie, delle bouganville candide, e chi le ha mai viste, dei pergolati di ederina e plumbago. I figlioli mansueti a tratti, da sopprimere in altri, come nelle più classiche delle sceneggiature. Li affogheresti, a volte, li attaccheresti al pennone più alto altre, salvo poi, un secondo dopo, struggerti di tenerezza per il Giurisprudente che raccatta con dolcezza un gattino rossiccio, Lo Porto Con Me, ma come, non sei tu che giochi a fare il duro e puro? Questa ciurma è un delirio, una bellezza, un incubo vero, un brutto quarto d'ora, la gioia, la follia. Tutto quello che possiedo è qui. I miei sogni, i miei progetti, le mie cose più grandi, sono qui. La mia vita, il mio destino, la mia fantasia. Il mio amore, il mio futuro, le cose che ho sempre desiderato, tutto il mio cuore e la mia vita. Tutta quanta. Che urlino e bistìccino, che discutano e si accapìglino. Sono il tutto, per me.






Crochet in Santorini.

Si trova il tempo anche per questo. Che fa parte di quei progetti che iniziano in un modo e terminano un altro, càpita eccome. Una sciarpa? No, mi stufo prima e faccio un dischcloth. Un cappellino? No, mi viene troppo piatto, ci farò una presina, una presona, una tovaglietta rotonda, chemmimportammè. Questi qua dovevano essere degli shorts, di quelli da occultare con eleganza sotto le camiciole, mi son detta, ma sì. Ho iniziato con poca convinzione, ma un punto cos' semplice che andava via benissimo, senza dover pensare o contare. Tanto più che, con quello che ho intorno, ogni tanto si deve alzare lo sguardo e girarlo tutt' intorno, per forza di cose, non si possono fare delle cose troppo impegnative. Alla fine è diventata una gonnina, Carina, amaranto, traforata il giusto, effetto pizzo che va sempre bene e che sta un amore con l'abbronzatura. Mi piaceva così e così è rimasta, anche perchè proprio non avrei saputo come fare a unirla a pantaloncino e forse avrei dovuto contare, e misurare e fare delle cose strane e avrei rovinato tutto e allora, va bene così, lasciatemi le cose semplici che a quelle complicate ci penserò da un'altra parte. Ovunque, ma non qui.

01 luglio, 2009

Se guardi.

Si trovano angoli che non immagini nemmeno. Una macchia di tempera su un foglio bianco. Se guardi di qua, il mare, se guardi di là una serie ininterrotta di taverne e caffè e tavolini e seggiole e panche e divanetti, di un gusto sublime, che ti dici, che strano, sembra tutto così fermo e un pò indietro, anche, anni cinquanta, forse, e anche di più: i bazar del tutto, che vendono i secchielli e i salvagenti e le creme abbronzanti e che sanno di cocco e di gomma, e di sale, e le stuoie, infilate nei secchi e quei sandalini di plastica, quelli della colonia, per andare sugli scogli, ce li avevo rossi, mi ricordo benissimo. Noi qui si sta una favola. Un pò indolenti, in realtà, di quella indolenza concessa solo quando si sta in vacanza, l'orologio si tiene solo perchè è trasparente e un pò turchese e si intona con il mare, si controlla solo per sapere il tempo di cottura dei fusilli, che ci importa che ora sarà mai. Se ancora tutti dormono si esce con silenziosa circospezione, a guardare il fuori che c'è. Si può decidere la colazione, se farla qui o dove, si sceglierà con cura un pergolato, una tettoia di tende bianche, o quella casa laggiù, ricoperta di bouganville di un colore mai visto. Colori e colori, sì, se guardi di qui. Se guardi di là, il mare.

28 giugno, 2009

Il polpo innamorato.

Il tuffo.

Eccoci. Alla fine il fuori programma è arrivato. Non che sia provetto marinaio, anzi, sono proprio uno di quei mozzi di bassissima manovalanza, più cambusiera che altro, cucino, compro pomodori e formaggi, vado alla ricerca di taverne e bar per la colazione, butto un occhio per vedere se per caso trovo un sandalino con le perle turchesi, si sa, in tinta col mare. Stamattina, arrivati che fummo in questo porticciolo, sani e salvi, mi preme dirlo, ancora non siamo a Santorini dacchè ieri il terremoto che c'è stato colà ha scosso più di un animo al pensiero di noi in mezzo a quel mare, ma tranquilli, stiamo tutti bene anche a casa, grazie. Arrivati che fummo, dicevo, e ormai rodata da tanti ormeggi e tanti porti, salto in banchina in tutta scioltezza, balzo plastico per fissare la cima alla bitta, e non la corda alla cosa, insomma, qualche progresso concedetemelo. Ed ecco il misfatto. Sotto gli occhi degli omini che giocavano a dadi alla taverna, dei bagnanti della spiaggia lì vicina, dei pescatori che stendevano le reti, della sciura che stendeva il bucato dal balconcino turchese, ancora!, dei bambini che fanno sù e giù in bicicletta con le ruotine, dei ragazzini che pescano i polpi sugli scogli, SPLASH! sono caduta in acqua. Un tuffo di tutto rispetto, intendiamoci, avevo appena fatto un ormeggio perfetto, ma misi un piede in fallo e voilà. Con tanto di sandalo e occhiali, e vestita. ovvio, di quelle camiciole impalpabili che son tanto in auge nell'estate 2009 e che la mia Amica delle Perle ed io abbiamo comprato a manciate da Zara. Il mio equipaggio rideva di gusto. E gli astanti, per decenza, son solo venuti a vedere che tutto fosse ok. The Captain era solo un filino preoccupato per il fatto che la camiciola, madida, mi si era appiccicata addosso, e che faceva, per così dire, la sua figura. Non ho perso nulla, diciamo che sono cascata con grazia e stile, e posso con grande orgoglio dire di essere Miss Camiciola Bagnata in Armorgòs, Estate Duemilanove. Son cose.

Monastiri in Amorgòs.

Si era comunicato alla ciurma: domani gita di istruzione, cultura, mistico ritiro. Un monastero, lanciato come dal cielo e arroccato sulla roccia scoscesa, a picco , molto a picco su un mare turchese, che banalità, qui il mare solo turchese si trova, a volte verde, a volte trasparente, ma più spesso turchese, è il colore del momento. Perciò, ci siamo arrampicati, ben coperti, pantaloni lunghi per i maschi, niente shorts o scollature per le femmine, due parei infilati nel cestino alla bisogna, i monaci di lassù non ti vanno entrare se sei discinta, ci mancherebbe altro, già fuori son da Santa Romana Chiesa, manca solo che mi càccino anche da quella ortodossa e sto apposto. Arriviamo trafelati, i 4 monaci che abitano il monastero di Chozoviòtìssa ci accolgono con grandi sorrisi e degli occhi così puri, profondi e trasparenti che non credo di aver mai visto prima d'ora. Ci offrono dell'acqua fresca, seduti in una specie di sacrestia, non siamo in un film fantasy, ragazzi, siamo proprio noi, che beviamo questo rosolio dorato in bicchierini minuscoli e assaggiamo questi zuccherini imbevuti di un liquore azzurrino, più o meno come il mare. Si respira una pace inconsueta, un silenzio che è una medicina, una musica sottile che ognuno sente per sè. E prego, non so come cominciare, perchè io non so come si prega in ortodosso, prego come mi hanno insegnato, come ho imparato da sola, come mi viene, sicura che le mie parole vòlino via da questa scogliere fino a raggiungere Chi le deve sentire, Chi le può ascoltare davvero. Le preghiere, si sa, non hanno forma e rigore e non c'è una sola strada per arrivare al Cielo. E da qui, il Cielo è più vicino.

25 giugno, 2009

Laundry in Naxos.

Un pò da zingari. Lavati da schifo, stesi da schifo, asciugati benissimo, in compenso, con tutto sto martellamento di vento e sole, e profumaterrimi di sapone Marsiglia e di aria di mare. Non ci sono più le casalinghe di una volta, che per loro lavare è buttare le cose nel cesto della biancheria e dal cesto della biancheria al cestello della lavatrice e dal cestello della lavatrice, tout simplement ,sulla carrucola della lavanderia d'inverno e sullo stendino abiurato dal Regio Architetto, in primavera. Tutto sto frega frega, e individua la macchia, e insìstici, se no non va via nemmeno per sogno, che diavolo sarà, pesca o che cosa? In lavatrice tutto questo sbattone non esiste. Si butta e buonanotte, la lavatrice non vuole sapere, essa lava con ignorante efficienza, che gliene importa a lei di che macchia si tratta? Se ce la fa, bene, e se no, t'arrangi. Qui, nelle Isole Sperdute, si approfitta del vento incessante e si fa bucato. La bella lavanderina non lava fazzoletti, ma frega frega e lava lava. E alla fine, stende alla bell'e meglio, che nello stendere, si ben sa, non è che sia un asso. Poi, inerpicandosi per le strade del paese, stringe un pochino gli occhi miopi e vede una scritta in lontanzanza: Fast Laundry. Self Service. Ma si può?

24 giugno, 2009

Troppo mare che c'è.

Di un colore mai visto. Sono giorni turchesi, e bianchi, e azzurro intenso che non è turchese, ma quasi. Sono giorni di vacanza, lontani da casa, così lontani? da quando hai guardato per bene la cartina, accidenti, siamo lontani per davvero. Si mantengono comunque i legami con il mondo lassù, con i figlioli che studiano per gli ultimi esami e che tra poco saranno qui. Vacanza, che fa rima con relax totale, nessuna ansia, nessun pensiero. Già, questa poi. Non c'è modo di fare un bel pacco dei pensieri che ci restano appiccicati addosso e buttarlo in fondo al troppo mare che c'è, non c'è modo di allontanarli del tutto, sono lì, come panni stesi ad asciugare. Li ritrovi ogni tanto, a guardar lontano nel troppo mare che c'è, quasi non osi a dirti Sto Così Bene, pensieri e pensieri, e chi non ne ha. Ma qui c'è il grande vantaggio che puoi decidere se pensarci oppure o no, e puoi concederti i lusso di dire no, a questo penserò domani, fra un mese, chissà, perchè sarebbe peccato mortale pensarci qui e adesso, troppo turchese e troppo bianco, e bouganville e stradine strette, e casine di calce e chiese, così tante chiese che non ho mai visto tutte insieme. E allora, guarda avanti, nel turchese e nel vento, e regala questi pensieri alla corrente, alle onde rabbiose che si spaccano sugli scogli, lasciali andare, lontano, così lontano da non ritrovarli più, spariti, affondati, persi per sempre nel troppo mare che c'è.

22 giugno, 2009

Mykonòs.

Azzurro turchesissimo e bianco abbacinante. E, a volte, qualche bouganville. Fine. Quest'isola è così, bella bella, un pò troppo turistica, che forse ci piaceva di più quella selvaggia, ma è così strana e affollata, e si sente la musica greca un pò dovunque, e si potrebbe comprare una quantità di cose così belle, insomma, mi piace. SI è cenato su una piazza spazzata dal vento, con un improbabile , altero, non simpatico pellicano, tale Pedro, che passeggiava lì per lì, accanto a me, che ho paura anche dei piccioni di piazza Marconi quando compro la frutta da Sahid. La vera scoperta di oggi, la cosa mi fa essere così ridolina e ciarliera e un pò scema, anche, è un liquorino da bere ghiacciato, che sa di un profumo Etro che usavo tempo fa, che sa del ghiacciolo azzurro all'anice che costava 50 lire in latteria. Questo assenzio si chiama Ouzo, sembra essere il liquore tipico della zona ove mi trovo: và giù con una facilità estrema, tipo acqua del rubinetto, e un pò si annusa e un pò si beve, solo che dopo ci si sentono le gambe molli e un sonno, ma un sonno, e mentre lo dici ridi e ridi e i tuoi figli ti dicono Mamma Ma Stai Bene? e io sì, che sono lucida e presente a me stessa ma questa specie di oblio all'anice è una vera meraviglia e che bella che è questa Mykonòs, ma poi, Pedro, non è mica un nome greco. Sospendere l'Ouzo, efharistò.

21 giugno, 2009

Ci vuole.



Ci vuole eccome. Anche se non siamo in città, anche se non siamo nemmeno di Alessandria, anche se, anche se, noi qui sono giorni che questo Grigi Alè Alè ci rimbomba nelle orecchie, dacchè il Liceale e il suo Degno Compare che con noi dividono questo viaggio nella cultura greca (!) non cantano altro. Ben perciò, anche da quaggiù, da questa sperduta isola dell'Egeo, arriva il nostro supporto ai Grigi, che proprio oggi hanno una partita importante per passare in serie C o una roba del genere. Alla fine, mi sa che a furia di calciomercato, rigori e assist, e compriamo questo e vendiamo quello, mi hanno coinvolta. Un pò, ma mi hanno coinvolta.

20 giugno, 2009

Syròs, Ermoupolis.


Golosissime. Belle da vedere. A zonzo per questo paesino di cartapesta, bianco e azzurro, ma dai?, bello, bello, bello. Io non sono un'appassionata, nel senso che non è che ci vada pazza per queste cose, non ne so di venti e di mari, so soltanto le paure che mi fanno le burrasche, forse perchè non ne ho mai beccata nessuna, e per forza, che c'abbiamo una linea diretta con Nettuno là sotto, Che Vuoi Fare? Mare Calmo, please, Che ci Dobbiam Spostare. Io non so fare i nodi, a malapena il nodo piano, la gassa se ci provo una decina di volte, ma sono perdonata, credo. Io non so di venti e maestrali e meltemi e boline e laschi tranquilli e lasca e cazza, giuro, non è una parolaccia. Io non so di correnti e non mi vanto di saperne, se non ne so non ne so, fine. So però tutta la magia che c'è nell'arrivare in un nuovo porto, nel fare le due cose in croce che so fare, due, lo giuro, non di più. So la bellezza dell'acqua così trasparente che non l'avevo mai vista, so il profumo del mare che c'è qui, so che le lucine che si accendono improvvise, che non è ancora buio e tutto intorno sembra un presepe gigantesco. So che la notte mi sveglio e vado fuori e il cielo non è più un cielo, ma una specie di puntaspilli di velluto nerissimo e gli spilli sono un miliardo di stelle e stelline che così tante tutte insieme non le ho viste mai, o così di rado che non mi ricordo nemmeno. E allora, il non sapere di vento e di correnti, di nodi e di andature, non è mica così importante. Imparare? Sì, forse, non c'è fretta. Intanto, mi godo questo puntaspilli e questo profumo e questa Syròs che sembra bellissima con le sue chiese e i suoi profumi, i rosari ortodossi, le cupole azzurre, le scale di pietra e tutta la pace che c'è. Marmellate comprese.

19 giugno, 2009

A Wind Pork.

Così, in inglese, dacchè una vera signora non può farsi beccare in castagna a dire volgarità, ma il vento che soffia da queste parti da due giorni in qua è proprio quel che si dice un vento porco, e quindi, vabbè. Noi ben fermi che siamo qui davanti, noi e un'altra barchina che si vede laggiù laggiù. Stamattina giro in spiaggia ma c'è talmente un bel niente da vedere, che mi son dedicata con impegno e solerzia al riassetto del veliero. Lesta a sbattere i piumoni e i cuscini, a sistemare le stanze, a raccogliere briciole, ritirare i piatti lavati ieri sera. Durata dell'operazione tutta: undici minuti. E poichè qui ben si è ancorati, incollati e cementati, dacchè la nuova àncora non teme neppure i mostri a 8 teste, e non ci si schioda finchè tutto questo delirio non è un pò passato, ecchediamine, abbiamo mica chi ci insegue, la giornata di oggi, meravigliosa, tersa e luccicante, sarà dedicata ai compiti della vacanze, a letture di varia natura, magari brasandosi, protezione millecinque, cappelluccio tricot e burrocacao. Il vento porco ha i suoi vantaggi, in fondo.

18 giugno, 2009

La chiesa.

Non ci si fa mancare nulla quaggiù. Tanto per cominciare una colazione non proprio così buona, cappuccino, si chiama, ma per me che abituata son al cremosissimo cappuccino del mattino con le Amiche, quella roba che ho bevuto stamattina in una taverna affacciata sul porto, per la modica cifra di euro 3, no che non era nemmeno suo cugino, del cappuccino intendo. Poi, in ordine sparso son venute le urla del Capitano, toh, ancora non lo avevamo sentito, perchè qualcuno aveva rovesciato una cucchiaiata di cous cous nel frigorifero, che meraviglia. E di seguito, una bella passeggiata sù sù per la collina, sotto il sole cocente, in visita a un reperto preistorico che più preistorico non si può, e poi, via, raggiungiamo quell'altra baia e onde e staffilate di vento, e ussignur mi viene da vomitare e allora cantiamo che magari ti passa e infatti alla fine, eccoci qui, davanti a una distesa di candidi sassolini, in una baia riparatissima per la notte. E i progetti di pesca, dovremmo pescare la Balena Bianca e pure Achab con l'attrezzatura che abbiamo ma ahimè solo un avulso pesciolino dalla faccia seria seria, ah, e nel frattempo mi ha pure morsicato una vespa. Per oggi direi che è abbastanza. Ed ero pure passata in chiesa. Ma forse, le chiese ortodosse non valgono. Dovevano avvertirmi.

17 giugno, 2009

Kea.

Alla fine, il viaggio ha avuto inizio. Questo delirante itinerario che il mio Capitano oh mio Capitano ha studiato nei minimerrimi dettagli per tutto l'inverno, è finalmente iniziato. In verità, in verità ci dice, Egli, il Capitano, che sarà una roba strana, lontana come sarà dalle mete canoniche, dalla pazza folla, dai villaggi vacanze and so on. La Fanciulla ed io avevamo testè stanziato una piccolissima somma per comprarci un cappellino vezzoso, che so, un sandalino greco di quelli alla schiava che fanno la gamba affusolata e col suo perchè, inosmma, un quaccheccosa. Questo l'unico bazar che abbiamo trovato. Qualche vetusto cappellino di paglia, abitucci senza pretese, cestini di paglia ma abbiamo già dato. E quindi? E quindi, nulla. Ci si riposa prima della cena alla trattoria con la tovaglia a quadrettoni, souvlaki e moussaka come se piovesse, magari un accenno di sirtaky e un attimo di Papadoupolos (e qui terminano ahimè, le mie conoscenze della lingua greca) e la serata si concluderà a leggere un buon libro o a chiacchierare fitto con il resto della scombinata ciurma. Nessuna spesa folle, per il momento. E mi sa tanto che niente affatto sarà una vacanza di shopping. Così come pure mi sa che il Capitano, Mio Capitano, lo abbia fatto apposta. Ho come la sensazione.

16 giugno, 2009

Calimera.

Così si dice. Sappiamo quattro parole in croce, il Giurisprudente che ha fatto gli studi classici non è ancora qui con noi per aiutarci. Persino al supermercato la parola Melanzane è scritta in greco. Una meraviglia. Fermi per una meltemata, signora mia, che vuol dire un'indigestione di vento che si chiama meltemi, e che glielo dico a fare , so bene che non capirebbe e nemmeno capisce bene da che parte del mondo sono, lei non vede nient'altro che il suo balconcino, coi gerani e le lenzuola stese, la tenda a fiori dentro e verde fuori, il cestino per l'umido, la cassetta del gatto, la sdraio di plastica e lo zampirone per le zanzare, chissà come posso ancora perdere tempo con lei. Ma siam qua. Oggi grande gita senza vendita di pentole, bel sole a picco, ciurma affiatata e beneducata, rispettosa e ubbidiente, affamata come un esercito locuste, allegra e ciarliera. Si va di inglese, ma che bello dire calimera, calimera, ha un suono così bello e poi mi ricorda la moglie di Calimero. Gulp. Ho dovuto spiegare ai miei figlioli chi era Calimero. Devono aver pensato che la costruzione della foto l'abbiano progettata ai tempi miei. Ingrati fanciulli, ma non eravate beneducati e rispettosi?

13 giugno, 2009

Diamanti e stendini.

Niente è più prezioso. Si è dormito un pò di più, non molto, con la tonnellata di cose d fare, le pagelle, i libri delle vacanze, le cose, i giri. In anticipo comunque, su una rutilante tabella di marcia di questo ultimo giorno delle vacanze vere, quelle bianche e azzurre, quelle della crema solare, dei tuffi, del vento e delle onde. La calma della mattina presto nella casa in collina, si sorseggia insieme al caffelatte, col gatto che si struscia, le rose un pò passate ma meravigliose lì sul tavolo, un mazzo di lavanda che ogni tanto strofini e annusi, le ultime notizie, un foglietto dove scrivere le cose da fare, per non dimenticarne nessuna. Fuori, un profumo di menta e gelsomino, un sole brillante, che illumina il pratino tagliato di fresco e di fresco innaffiato, come se vi si fosse rotta una collana di diamanti, per dire, e sparse le pietre ovunque, luccicanti. Tutta questa poesia è lievemente alterata dallo stendino , che volgarità, dove l'ennesima lavatrice prima della partenza aspetta di asciugare, e il cinguettio delle cinciallegre è appena appena disturbato dall'odioso rumore della centrifuga di un'altra lavatrice che sorveglio, e che mi accingerò testè a stendere essa pure. Così, in questa beata calma apparente prima del delirio completo, meglio che finisca in fretta la colazione, che lasci perdere rose e lavande, diamanti e cinguettii, che tralasci con grazia immagini di romantica semplicità e, tacabanda, mi dia un mossa. Ben meglio sarà.

11 giugno, 2009

La fine.

Ma come, non è cominciata solo l'altroieri? Non è due giorni fa che è iniziata? No, bellezza, sono nove mesi o giù di lì, nove mesi di sveglie, carrucole per tirarli sù, giustifiche, libri dimenticati, voti, note, udienze che odio con tutta l'anima, quaderni, spartiti, ripassi, quei dannati PromessiSposi nelle vacanze di Natale, fogli da disegno che non compro mai quelli giusti, compassi e dizionari. Fine. da oggi pomeriggio, signori miei, si conclude questo delirio. Un giorno memorabile, dacchè di vera e propria seratona si parla, concerto sulla pubblica piazza e poi domani la cena di classe e poi ancora e ancora e ancora. E oggi, il Knit Cafè, l'ultimo per la Scrivente prima dell'estate. Insomma, c'è da fare. Noi qui ci si è organizzati per bene, si cerca di ammucchiare da qualche parte cose e cose da portare via, in vacanza, sono giorni che si stilano elenchi ben attenti a non dimenticare niente di indispensabile ed insostituibile, il piano ferie di questa scintillante famigliola è cosa da studiare con attenzione a tavolino, che la Chrysler di Marchionne è una partita a rubamazzo. Ben perciò, la fine della scuola arriva giust'appunto come una benedizione, ecco una cosa cui non dovrò più pensare da domani, da oggi, anzi, da questo preciso istante che è l'ultimo giorno di scuola e che domani dormiranno finalmente e io non dovrò chinarmi sui loro letti con baci e pazienza prima, e poi sgolarmi dalle scale, Siete Svegli??? Insomma, si starà meglio. Ma. C'è sempre un ma alla fine di ogni anno, è vero, appena iniziata si aspetta che finisca, ma poi, alla fine, si è contenti sì, ma di quella contentezza che non si chiama proprio felicità, di quella allegria controllata, sì, finisce la scuola, va bene, però un pò mi dispiace e poi quei tigli lì davanti lungo il viale, che mi ricordano gli stessi delle elementari, quando uscivano col grembiulino e le trecce, dovrebbero farli fiorire a dicembre, i tigli, e sarà per quello che li associo sempre alla fine della scuola e a un pò di malinconia, un pochino mi dispiace, non so bene come e perchè, ma mi dispiace e forse, dico forse, un pò dispiace anche a loro, e sono certa che sia così, ma loro non me lo diranno mai ma io so, loro sanno che io so, e allora va bene.

10 giugno, 2009

Sassolini.

Sono quelli che trovi in fondo ai cassetti, nel cestino del bagno, sono quelli bianchi e piatti, o gli smeraldi, come li chiamavo da piccola, le schegge di vetro arrotondate dal mare, che raccoglo da sempre e conservo, pietre preziose di un valore che conosci solo tu, perchè sai bene quando li hai presi, e ti ricordi di quando e di quando, e di quella volta. Poi ti scordi che ci sono e che bello quando li ritrovi, li sciacqui un pochino e tornano brillanti, bellissimi, preziosi. Questa fotografia, controluce e fuori fuoco, è stata scattata ieri sera dalla Princi, in un terrazzo al fresco di un acero, le mattonelle lucide, una cena sontuosa da regine. Ma potrebbero essere i due banchi in fondo a sinistra, col diario di Linus, i bigliettini per copiare, le mele per l'intrervallo, un gettone del telefono per chiamare casa, la cinghia per i libri, il tratto pen verde e i quaderni Hollie Hobbie. Loro ci sono state sempre, nella gita a Firenze e nel cortile di casa mia quando piangevo e che bene mi ha fatto vederle tutte lì. Loro sono ancora loro, come sempre, come allora, e questo affetto chiaro e mai passato si sente così bene quando ci abbracciamo, quando ci diciamo Ma Sono Così Contenta Che Sei Qui, quando guardiamo le bambine che si scapicollano sull'altalena e diciamo Beh, Tanto Diverse Non Potevano Venire. Ridiamo come allora, fino alle lacrime, e si vede, e abbiamo fatto tanti di quei versi per questa foto come quella volta in Piazza della Signoria. Noi 4, i due banchi in fondo a sinistra, le stesse risate, le stesse battute, le stesse anime bianche, mai scalfite nonostante, gli stessi sorrisi. Sassolini preziosi, ritrovati per caso, di un valore così grande che lo sai tu.

07 giugno, 2009

Alghe.

Che cosa sia esattamente non si sa. E' una specie di fettuccia, una specie di cotone, non si capisce bene. Al mercato del lunedì me l'hanno tirata dietro, come di dice, perchè nessuno, proprio nessuno la voleva. A me piaceva. E le galline mie amiche, a fare le smorfie, Ma Che Schifo, Che Roba E'?. In effetti sembrano alghe, di quelle verdine che rendono gli scogli scivolosi. Però, l'effetto non è male. Si lavorano coi ferri che ferri non sono, numero 12, armi improprie in realtà. Non so bene a cosa daranno origine, io non so mai che cosa diventerà quello che sto facendo, si chiama variazione in corso d'opera: potrebbe essere una gonna, un piccolo top da sfoggiare nel bel mezzo del Mediterraneo, tanto chi mi vede, una stuoia per prendere il sole, una bandiera, uno straccio da lavar per terra. Qualunque cosa. La cosa bella è farla. Va sù che è un piacere, pochi giri ed è già a metà, e poi ha questo effetto arricciato che mi piace tanto. Si può fare guardando la tv o parlando al telefono, minimo sforzo, massimo risultato. Provare. I gomitoli di alghe li vendono al mercato per pochissimi euro, il saldo del saldo del saldo, anzi, gli fai pure un piacere se glieli togli di torno, non li vuole nessuno, un motivo ci sarà.

Mucchio selvaggio.

Così è di moda. Si prenda una sera di giugno appena iniziato e si dia ufficialmente inizio alle danze, inaugurando una piscina sù in Valle, dove si danno appuntamento tutti e dico tutti gli studenti delle scuole medie superiori. Così funziona. Qualche genitore li accompagna, qualcun altro li và a prendere, si muovono in gruppo, in branco, sette/otto/nove. Precettata per il ritiro a notte fonda,circa le 3, la Scrivente è stata vista uscire in sottoveste e pantaloni della tuta, ballerine glitterate e felpa, che quassù fa freschino, cosa crede. Certo, un incontro torbido, così combinata, no che non lo potevo avere, ben si rassicuri il mio Sposo dal Mar dei Sargassi. Ho caricato sù alla spicciolata, un gran numero di figlioli, ridanciani, chiacchieroni, bellissimi e educatissimi, per piacere-grazie-scusa-permesso. Destinazione: la mia magione, dacchè era il turno del mio figliolo ospitarli tutti quanti per la nottata, bed&breakfast. Hanno ammonticchiato con cura le scarpe in ingresso, e con grazia giù dal prezioso tappeto. Hanno chiacchierato fitto fino a una certa, facendosi sssshhhh!!!!! a vicenda quando qualcuno alzava troppo la voce, ma di notte, si sa, anche il brusio è un rumore gigante. Fate quel che volete, non incendiate la casa, io vado a dormire. Così li ho trovati, addormentati e affastellati sul divano, qualcuno aveva scelto uno dei letti vuoti sparsi qua e là, nella casa in collina. Il cane sorvegliava, con l'aria matura di chi sa molto bene come vadano queste cose. Li ho guardati dalla scale, mi sono piaciuti e li ho immortalati, di nascosto, cercando di fermare questo momento perfetto di pensieri semplici, questi giorni di fine scuola, di ritorno fradici dalla festa in piscina, questi ragazzi che crescono e corrono e volano lontano, e che a trovarli la domenica mattina sul mio divano, mi ha riempito l'anima di una tenerezza che non so, di una specie di privilegio, di un magone che sorride.

04 giugno, 2009

Misery non deve morire.

E non è neppure il mio compleanno. Niente o quasi da festeggiare oggi, se non il sole, l'estate, il tiglio, l'esame della Fanciulla, il fatto che ho corso e corso e corso senza fermarmi sbuffando e imprecando, per un bel pò. Fatt'è che la mia Amica Afef mi ha coperto di regali: 2 per l'esattezza. Un olietto magico alla menta, alla calendula, alla cocaina e a chissà così'altro, da spalmare generosamente, addosso defaticante, corroborante, idratante, sberluccicante e via così, così di menta che alla fine sai di Gomma del Ponte, e Lei, Misery, così l'ho chiamata, lì per lì, perchè di miseria si tratta, mia pianta preferita in quanto viola e chevvelodicoaffare, che ne avevo già parlato qui di quanto mi piaccia e l'adori vieppiù. Così, Afef, che è più furba di una faina, ha capito che sono invidiosa marcia della sua sterminata collezione di piante, di quel benjamin-sequoia che c'ha in casa, così come lo sono del terrazzo della mia Amica delle Perle, con fiori e fiorini a grappoli e distese, chilometri e chilometri di vasi rigogliosissimi. Perciò mi ha fatto dono di Misery. E io la conservo gelosamente per i giorni che qui resterò e quando mi vedrò costretta ad assentarmi per un pò, la affiderò a mani sapienti, anzi, ho già indetto un bando di concorso fra le mie Amiche, chimmai vorrà prendersi cura della mia Misery, la riprenderò intatta e perfetta una volta tornata, annaffiatela con cura, accuditela con amore e devozione, e parlateci ogni tanto, che lo sanno tutti che Misery Non Deve Morire. Se no, il libro, Stephen King, ma cosa lo ha scritto a fare?

03 giugno, 2009

Wool & The Gang.

Testè inaugurato a New York questo knitting bar. Notizia trovata su Elle di giugno. In uno di quei pomeriggi dove ti riprometti di fare solo cose frivolissime, provando una lezione alla Princi che mi dicono Ma Fino A Quando La Chiamerai Princi e io Fino Al Compimento Del Trentottesimo Anno D'Età. Uno di quei pomeriggi in cui ti illudi di non avere un bel niente da fare, abile come sei ad accantonare con grazia e dire Questo Lo Faccio Dopo, Domani, Fra Un Anno, Chissà. Nessuna transumanza in vista, forse una seratona in programma questa sera, l'inaugurazione della Piazzetta tutta nuova di marmo e alabastro e tutta tempestata di mosaici e statue e archi e santuari e palazzi e minareti e basiliche e scalinate. Uno di quei pomeriggi in cui butti un occhio distratto alla pila di magliette da riporre nell'armadio, al cartello che hai appiccicato sul muro O Vi Prendete le Cose O Le Butto Via, a quel riordino armadi che hai rimandato da giorni, a quello schema che vuoi provare e non hai testa, che forse è ora di pensare seriamente alle cose da portare in vacanza, che di giri e voli e incastri e partenze e arrivi e incontri ce ne saranno una tonnellata, e allora, ma allora e quindi, ma guarda fuori che bel sole che c'è, e che profumo di tiglio e il grano verzolino, e le finestre spalancate e le rose e i fiori. E con tutto questo, la collina lì fuori, la Fanciulla che suona che domani ha l'esame, il sole e il venticello, che tempo sarà mai sprecato, sprecatissimo, se usi questo pomeriggio a riordinare pile di maglie, indovinare di chi sono le mutande di Superman che giacciono da giorni nella cesta delle cose stirate, e allora, e perciò, fai cose frivole, e leggi sciocchezze, che vanno i costumi con gli anelli e le zeppe di corda, e pensa seriamente quel copricostume tricot che ti piace tanto, e a quanto ti sarebbe piaciuto essere all'inaugurazione di quel knitting bar in Bond Street, o di possedere quel kit con i ferri di legno e bambù, e leggi e cincischia e ciondola e ozia, che di casa in disordine non è mai morto nessuno.

01 giugno, 2009

Il regalo.

Sorprese e novità, semplici cose da nulla nel lungo week end di inizio giugno. Ci si ferma un pochino, dopo una settimana feroce di cose e giri e faccende e questioni. Questa famiglia qui, e va bene che sono grandi e va bene che non sono più da seguire a vista d'occhio, ma insomma, un bel daffare lo da comunque. Così, si è aspettata la domenica e ci si è fatto un regalo. Improvvisato, in realtà, nemmeno programmato e come tutte le cose fatte così, bellissimo, appunto. Sono venute da me, di passaggio dall'outlet, cariche di pacche e pacchettini. Ho scritto loro la strada con un sms, affinchè non si perdessero lungo la strada fino a Villa Villacolle. Compagne di scuola, di classe, di banco, amiche da una vita, insieme dalle elementari con una di loro, quella che ha perso buona parte del suo tempo a spiegarmi i profitti e le perdite, ma che io, zuccona, non ho mai imparato. E lei, che avevo già incontrato tempo fa, ritrovato, riabbracciato. Ci siamo raccontate, abbiamo riso come sceme sedute in cucina, hanno visto i miei figli, Uguali A Te, abbiamo ritrovato le noi che eravamo e che non sono cambiate. Sono ancora io, sono la Laura, con l'articolo, come mi chiamate voi, sono quella di sempre, che scriveva e scriveva, e faceva tutti e tre i temi del compito di italiano, e scrive scrive, oggi, per dirvi di quanto bello è avervi trovato, di come sia bello trovarvi così, cresciute e intatte, uguali, i guai, i figli, le cose che non hanno cambiato i vostri occhi che brillano, gli stessi che trovavo nel terzo banco a sinistra. Nessuna malinconia, una buosa dose di gossip innocente, e come farselo mancare, fidanzati passati, amori eterni, e ti ricordi quella volta che. Un bel regalo nel week lungo end del 2 giugno, noi tre, cresciute, si dice, ma uguali, tu sempre la Manù, tu sempre Carol, e io sempre la Laura, con l'articolo.

28 maggio, 2009

Summer Knit.

Uno degli ultimi, prima della pausa estiva. Dopo le grandi soddisfazioni dei giorni scorsi, oggi il KnitCafè al BioCafè di Vicolo dell'Erba si tinge di frivolo, di frivolissimo. Certamente si farà ancora una volta il punto della situazia, si raccoglieranno le ultime produzioni di copertine estive e cappellini da passeggio, ma so che sottobanco qualcuna proporrà uno schema di bikini, una borsa da spiaggia, un cappellino per la battigia, persino un pareo traforato del colore delle alghe. Come spiegarlo, le donne del knit sono siffatte, così vanesie, ma così vanesie e vanno in rete alla ricerca dei filati piu' strani e degli schemi piu' cool, che di Susanna proprio non ne vogliono sentir parlare. Noi al Bio si và di Zimmermann. E scusate se è poco.

Quasi estate.

Direi che ci siamo. Quasi. E' quasi estate se fai più fatica a tirar sù i figlioli dal letto, che studiano e studiano, verifiche a raffica, una dietro l'altra, e nezzuna voglia di farle, c'è da aggiungere. Se si và in giro vestiti leggerini, leggerissimi, deliziosi sandalini ultraflat, zeppe da stangona, capri pants, cestine di paglia, occhialone da Croisette, trucco inesistente. Se ci si sofferma davanti alle vetrine di costumi e parei, non molte in verità, ma che fan sognare di crociere e flutti, spiagge immacolate e angurie gelate sotto il solleone, bordi piscina, notti di lune tonde e stelle cadenti. Quasi estate. E i miliardi di cose da fare assumono un altro gusto, un pò con la mente si è già via, ci si concedono piccoli lussi, piccole impercettibili lentezze, cene fresche preparate coi figlioli, chiacchiere in terrazza, piccole cose. Ovvio, i Momenti da Manicomio certo non mancano, come si farebbe se no, e allora si attende la sera tardi, quando hai sparecchiato anche l'ultimissima briciola ed esci fuori nel pratino ad annusare per aria, il gelsomino e le rose, una brezza leggera, una specie di pace estiva, quasi estiva, a onor del vero, che l'ho sempre detto e mi danno della pazza ma ci son sere che da qui, insieme alla menta e all'erba bagnata, si sente anche il profumo del mare.

25 maggio, 2009

La Leggenda dei Pastelli Dimenticati.

Erano tanti. Diversi. Di ogni marca, colore e lunghezza. Qualcuno temperato, altri senza punta, altri ancora mangiucchiati in cima. Alcuni avevano ancora scritto il nome del legittimo proprietario, e da questo si capiva che erano stati i primi pastelli, di un primo astuccio, di un bambino in prima elementare. Vivevano tutti insieme in una scatola di latta viola, di quelle per i documenti, una specie di cassaforte che negli anni aveva contenuto nell'ordine bollette, carte, libretti delle vaccinazioni, contratti, macchinine, vestitini delle bambole, carte dei Pokémon e che adesso era diventata ufficialmente la loro casa. I legittimi proprietari erano dei chiassosi, adorabili bimbetti che bimbetti non erano più e li avevano perciò relegati nella parte più alta della casa, una specie di solaio, dove finivano le cose che non si aveva cuore di buttare. Nessuno li adoperava più. Difficile usare i pastelli all'università, o al liceo. Così, stavano lì, insieme, a farsi buona compagnia. Un giorno, qualcuno volle vederli, parlare con loro, usarne qualcuno, così, giusto perchè non si sentissero inutili. Dopotutto, erano stati comprati con grande solennità, all'inizio di ogni anno scolastico, scelti con cura, regalati a Natale, magari, di quelle scatole complete con dieci rossi e venti blù, di ogni gradazione e tonalità. Aprendo la scatola, si sentiva già profumo di legno, di colla, di temperato, non so, di punte spezzate, di carta assorbente, di cartella, di merendina spiaccicata. Ogni pastello aveva una storia da raccontare, ognuno di un bambino diverso. E quanti disegni, treni, pesci, foglioline e alberi di Natale, e aerei e mari e lune e soli e famiglia, è nata mia sorella, disegna la tua famiglia, e poi hanno fatto il loro padre con le scarpe grosse e me sollevata da terra, come a volare. E poi i cieli, che meraviglia è il cielo disegnato da un bambino e quanti colori, sia il tramonto o le nuvole e il vento perchè sì, i bambini disegnano anche il vento, che i grandi non sanno nemmeno da che parte si inizia. Che grande scoperta i pastelli del solaio. Conservano nei loro ricordi le manine distratte che li hanno usati, temperati, dimenticati e persi. Sono un segno del tempo che passa, dell'asilo che diventa Giurisprudenza, della prima elementare che diventa liceo, dalla festa in terza materna al Conservatorio. Sono passi perduti, fotografie di legno e colore, tutti insieme, che non sai più quale era di chi, ma che non butteresti per niente al mondo e che tieni lì, nella scatola di latta viola. Ascolterò tutte le storie che avrete da raccontare dei miei bambini che bambini non sono più, e che vorrei qualche volta ancora allacciare loro il grembiulino e fare il fiocco nella treccia, e cucire un vestito di carnevale, e aspettarli fuori dalla scuola che arrivino a me con il lavoretto della festa della mamma o di Natale. I Pastelli Dimenticati hanno tenerezza per le mamme nostalgiche e le aspettano, ogni tanto, nei solai di tutte le case del mondo dove c'è stato un bambino, per raccontare e raccontarsi le storie più meravigliose, i disegni e le avventure che li hanno accompagnati e stanno lì, compunti e ordinati, nella scatola di latta, in un'allegra, colorata confusione che profuma di scuola di legno e di tenera, leggera malinconia. Un pochino, soltanto.

23 maggio, 2009

C' è stato...


Questo...
...e questo...
...e questo...
...e questo. E molto, molto altro. Ospedale Sacco, Milano, esterno giorno.
Qui e qui altri dettagli della giornata. Che è stata bella bellissima. Grazie a tutti. Col Cuore, ovvio.

21 maggio, 2009

Run, baby, run.


E' scoppiata questa mania. O meglio, magari è scoppiata da molto e non me ne sono accorta. O è una di quelle follie collettive, che durano non molto ma abbastanza. Da questa parti, è scoppiato il running time. Si corre. Anzi, si corre agli Argini, che è tutta un'altra cosa. Ingredienti per tale scellerata operazione: si scelga con cura l'ora più calda in assoluto, tanto per cominciare. Così, viene meglio. Poi ci s'apparecchi per bene: niente trucco, per forza di cose, cotone centopercento per magliette e affini, scarpetta adatte, candida, ovvio, ma con qualche vezzoso inserto in tinta pastello. Ci si scelga una compagna o un compagno di viaggio, meglio se super allenato. Si sbrighino con solerzia le faccende del mattino e poi, sul mezzogiorno, ci si inerpichi agli Argini del Tanaro, puntualizzo per i non residenti, che lì è il posto giusto. Il Central Park di noialtri, insomma. Colà si troverà ogni genere di avventori, di ogni orientamento politico, di ogni genere, di ogni età, tutti accomunati dalla stessa passione (passione?) per la corsa. In realtà, agli Alessandrini Argini si va per accelerare il processo di rassodamento della chiappa, per la tornitura della gamba atletica, per la sparizione immediata dei due tre chili post panettone che ancora non si sono smaltiti, insieme alla colomba pasquale, dacchè la battigia è sempre più vicina e di arrivare mollicce proprio non ci va. Così, ci si impegna. Io mi sono organizzata. Con abilissima sincronia faccio le mie faccende e colà mi trovo con Afef, a scorrazzare chiacchierando sù e giù per la campagna, passando in tutta scioltezza dal selciato allo sterrato senza fare una piega. In realtà non è che sia convinta, ma Afef ha così insistito e io, che le sono così amica, mi immolo con dedizione e poi, se si deve, si fa. Colà ci si incontra, allora, fan della forma fisica, della scarpetta tecnicissima, dell'iPod con la musica giusta, del contapassi. Mi riconoscerete. Non già perchè ho scritto I Love New York sul sedere. Ma perchè son quella coricata. E coricàti, si sa, la scritta non si vede.

20 maggio, 2009

Il buongiorno delle rose.

Vero è ben. Col sole e la luce, le cose hanno tutto un altro andare. Sono bei giorni di sole, finalmente, di colori esplosi all'improvviso o quasi, di erba fresca, di bellezza, di pace, anche. Così, anche le mattine sono così diverse. Non ci si stringe più nel pigiama, rabbrividendo, e non si sta a letto per più di cinque minuti dopo la sveglia: si apre un occhio, poi un altro, si guarda fuori e quel sole impertinente e tanto atteso ti dice, coraggio, vieni fuori a giocare con me. Anche i figlioli si alzano più volentieri, è tutta un'altra storia andare a scuola vestiti leggeri, mica imbaccuccati nel piumino e avvoltolati nelle sciarpe. Persino il saluto sulla porta ha un sapore diverso. Un profumo di fresca vaniglia, non so come dire, di torta, di rugiada, chi lo sa. Son le rose, appunto. Sbocciate prepotenti ed altere nell'aiuola davanti alla porta. Quest'anno, più belle di sempre, dacchè hanno finalmente tagliato i pini che impedivano al sole di scaldarle e fiorivano, sì, ma un pò a fatica, steli sottili sottili che mal sopportavano tutti quei petali. Così, si salutano i figli che vanno a scuola e non si rientra in fretta dal pianerottolo, anzi, si esce, che importa, si è in pigiama ma chi mi vede a quest'ora e poi, qui si porta anche l'umido in pigiama, è uno dei vantaggi del vivere qui. Ci si sofferma a guardarle, rose di una bellezza antica, le rose inglesi sono diverse, hanno un che di nostalgico, un pò decadenti, così romantiche, un pò vintage, malinconiche, un pò sfioritine, profumatissime. Le adoro. Tanto che non ho cuore di tagliarne qualcuna da sistemare con grazia in un vaso, le lascio lì, almeno per ora. Che grandi meraviglie fa il sole, a quali miracoli pagani si può assistere così, a casa propria, nelle mattine di maggio, profumate di caldo e di fiori, quale miglior buongiorno stamattina, a un' anima semplice, arruffata e in pigiama, incantata a guardare le rose e a sentirsi felice.

18 maggio, 2009

Laura Vs.Circular Needles.

Ho fatto e rifatto. Contato e ricontato. Chiesto lumi. Confrontato spiegazioni, pattern, come si dice da un pò, in inglese e in francese. Quelli in greco erano finiti. Ho fatto.Guardato e disfatto. Rifatto. Guardato e disfatto. Mi sono innervosita. Ho rifatto. E, ovvio, ho ri-disfatto. Ho strappato il filo. Ho contato meglio. Ho buttato un groviglio di filo pregiato nel cestino. Ho rifatto. E poi sono giunta a una conclusione. Elizabeth Zimmerman, che Dio l'abbia in gloria, ha un'avversione verso la scrivente. Io non le piaccio, insomma, dacchè sono l'unica che non riesce a fare questo diavolo di pattern, come si dice oramai. I ferri circolari non mi sopportano, sono inversamente proporzionale al MagicLoop, non sono portata, non sono capace, eppure, mi era venuto così bene quella volta. Ma non finisce così, ho la testa più dura del granito di Maddalena, io, la cara Betty proprio non sa con chi ha a che fare. proverò e riproverò fino allo sfinimento, mio e delle ancelle cui chiederò di assistermi, e porrò così fine alla complotto di cui sono vittima. Già, perchè c'è chi giura di aver visto da qualche parte un gomitolo di preziosissima Noro infilzata con ferri circolari n.3 con applicata una mia fotografia. Ecco, lo sapevo. Qualcuno conosce come si spezza un simile incantesimo?

Vitamine!

A tonnellate. In pastiglie, da sciogliere nel bicchiere, da succhiare sotto forma di caramelline. E' quel che mi serve adesso. Saranno i primissimi caldi veri, sarà che non eravamo preparati dopo un novembre che è durato 4 mesi, ci si ritrova un pò sbaccaliti, dopo la mattinata del lunedì spesa a fare giri in giro, a concludere vicende e incombenze varie, un pò sciaborditi, chissà che vuol dire, imbambolati e stanchi, ma così stanchi, e affaticati, ma così affaticati. Così, ho comprato un intruglio, Complesso Multivitaminico, recita la scatola, con Taurina e Caffeina scritto in piccolino. Ohibò. Diventerò una specie di culturista, niente tette e con dei bicipiti grossi così, culo armonico e coscione a forma di culatello di Zibello? Starò sveglia per notti intere? Mi spunteranno coda e corna e andrò in giro a incornare di qua e di là chi è di rosso vestita? Non si sa. Mi serve però una spintarella, un pò di ricostituente per la bella stagione, un pò di carburante. E poi, questa idea delle vitamine è un pò una fissa, magari non fanno un bel niente, ma dopo che ti sei scolata il bicchiere dove hai sciolto la bustina al gusto d'arancia, chissà perchè, ti senti già meglio. Poteri della suggestione, forse. O forse dell'intruglio magico, chi lo sa. Fattostà che da oggi ha ufficialmente inizio la mia cura di vitamine, per non sentirmi più affaticata. E, già che ci sono, anche per aver voglia di affiancare la mia personal trainer e andare a correre agli Argini. E' la seconda volta che le dò buca. Ma si può andare a correre se piove? Ma certo che no. Noi si va a correre col sole pieno, con le scarpe in tinta, con il gloss coi brilli, insomma, si va a correre per fare scena. Perciò, al prossimo appuntamento con la mia Personal Trainer, che altri non è che la Feroce Afef, non mi farò trovare impreparata: puntualissima, saltellante, tonica, bella carica, bell'e apparecchiata, bell'e viva, direbbero in molti, e, che te lo dico a fare, supervitaminizzata. Aumenterò la dose. Positiva all'antidoping? Beh, mica controlla nessuno.

15 maggio, 2009

Ode al Risotto Pronto.

Chiariamo subito un fatto: mi piace cucinare e sono anche bravina. Ho anche in essere un blog non troppo serio di cucina, non molto aggiornato, in realtà, ma insomma, non è che si può fare tutto. Una delle mie speciali specialità, date le mie origini oltrepadane, è e resta il risotto alla milanese. Fatto con tutti i sacri crismi, il brodo buonissimo, il vino bianco, lo zafferano Tre Cuochi e nessun altro, se no, che risotto è, e via così. Ma ci sono volte in cui mi attardo, che un pò mi sorprendo a dimenticarmi della cena e della tavola da apparecchiare e del desco famigliare e bla bla bla, volte, come ieri, che cinscischio con le amiche del knit a ciaccolare in un dehor, ma era così una bella sera, anzi, un pomeriggio tardi, e che vista l'epica avversione agli aperitivi del mio CoronatoSposo, se voglio tirar tardi a dir stupidaggini è solo con le amiche che lo posso fare. Ben perciò. Ci siamo attardate, a chiacchierare, una telefonata a casa, vi arrangiate se tardo? Ma certo che sì, sono tutti già così grandi. Salvo scoprire che poi, al mio rientro, non si erano mica arrangiati, ma avevano cincischiato anche loro, massì, chi l'ha detto che si debba cenare alle 8 in punto, prendiamoci anche noi il lusso semplice di fare come ci pare una volta tanto. C'è uno strano meccanismo che funziona nella mia umile casa: spesso, quando entro io, ne esce qualcuno. Vado a Cena Da Tizio. Il Giurisprudente certo non si può definire abitante di questa casa, che a contarle, son più le ore che è assente, e se il tetto cade non gli cade in testa, e questa casa non è un albergo e cose così. Fatto sta ed è che nulla di nulla era pronto per cena. Ben perciò (e due!) mi è venuto in soccorso Lui, il risotto delle buste. Di preparazione elementare, conservato con discrezione nella dispensa di cucina, proprio accanto alla farina Enkir del Mulino Marino, alla pasta Setaro e altre leccornie, Lui, Il Riso Pronto è il Salvatore Maximo delle mamme scellerate come la scrivente, che ogni tanto, ma poche volte, giuro!, si attardano all'osteria, trascurando i figlioli in tenera età, lo stanco consorte che riede dopo una giornata di durissimo lavoro nei campi. E' una specie di miracolo, il fatto che, dalla busta liofilizzata esca, in men che non si dica, un piattino di risotto fumante a prova di chef. Però, la pagherò. Eccome se la pagherò quest'oggi, e magari anche domani, cucinando e cucinando per il plotone che saremo, sia che ceniamo a casa, sia che ceniamo da amici, che le regole della buona creanza danno di chiedere sempre Cucino Qualcosa? e allora sì, si spadellerà per ore e ore. Ma il Riso Pronto resta il mio segreto, per sfamare la mia famigliola quando proprio non ce l'ho fatta e mi sono regalata a me stessa medesima (!) un bel pomeriggio che vale più di tanti impasticcamenti, seppur omeopatici. Sensi di colpa? nemmeno uno. Ma i Tre Cuochi dalla dispensa mi guardano malissimo. Non mi hanno ancora perdonato, mi sa.

14 maggio, 2009

Tricot, merci!

Eccome se mi dispiace. Oggi, sarebbe stato il giorno della parigina partenza, a trovare questa Amica e la sua Petite Princesse. In realtà era già stato organizzato tutto fin nei minimerrimi dettagli, ma poi, si sa bene che la frase Nulla Osta è da dire con grande, grandissima prudenza, e perciò, molto a malincuore ho dovuto dire adieu al mio parigino viaggio, e alla squisita accoglienza a me riservata. Sigh. Appuntamento non già cancellato, solo slittato, in attesa di tempi migliori. Noi qui nel Monferrato, oggi si knitta. Dacchè è proprio oggi il giorno deputato all'incontro di noi Galline coi Ferri. Poichè a noi, c'è presa secca, si dice così. Con l'arrivo della stagione calda, effinalmente!, noi ci si imbizzarisce come cavalli Appaloosa e via di progetti coloratissimi e speciali, nella loro semplice, artistica realizzazione. Ho già spiegato in più di un'occasione che il tricot del duemilanove non è propriamente un affare da nonnepapere. Noi si ricerca. Il cotone americano che qui da noi non esiste, per quei famosi dishcloths che hanno dato vita a un vero e proprio mercato di schemi, i più fantasiosi. La lana giapponese, quella estone, i ferri speciali, così belli da guardare, con questo gioco di svita e avvita, nuove tecniche di zia Elisabeth, libri acquistati dall'altra parte dell'oceano, modelli di giacchine in un unico pezzo, che fino alla fine non sai cosa diavolo stai facendo, lo ben sa la mia Amica delle Perle. Con questo armamentario, ben dotate del nostro kit che si trova solo qui, oggi si knitterà, stessa spiaggia stesso mare. E non a caso, dacchè so che oggi, in questa sede, si potranno esaminare progetti di borse in cotone e seta, bikini di microfibra all'uncinetto, cappellini vezzosi da sfoggiare sotto il solleone. E tutto senza dimenticare, ça va sans dire, il nostro progetto principe, copertine in cotone per l'Ospedale Sacco di Milano, da consegnare alla fine di maggio. Direi che ce n'è abbastanza. E pensare che c'è ancora chi dice che siam lì a far presine. Quel dommage!
Thanks to KrisKnit.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...