09 marzo, 2011

Il Chiosco.



Si va per tentativi. Si cerca di scuotersi. Di tirarsi fuori. Di dire, eccheccavolo. Di darsi una mossa, un contegno, una scossa qualsiasi. Non si sta male, nemmeno bene. Non si sta bene, nemmeno male. Una sorta di marmellata mal riuscita, troppo densa o troppo liquida, troppo dolce o troppo aspra. Troppo, in ogni caso.
Il sole di fuori aiuta, certo che aiuta, eccome se aiuta. Ma anche ieri, hanno tanto insistito a casa, fatti un giro, vedrai, ti fa bene. C'è un micro centro commerciale a pochi minuti da casa mia, non c'è granchè, ma almeno guardi le vetrine e fai la spesa tutto insieme, c'è pure la lavanderia che mi salva da dozzine di camicie ammonticchiate sul letto, le porti e te le restituiscono profumatissime e stiratissime, che grande meravigliosa invenzione è questa qua. Ieri ciondolavo, provavo smalti e gloss, e avrei voluto con me la vicina del 12, perchè il caffè del mattino p con l'Amica delle Perle, ma quello del pomeriggio, verso le 5, non è il caffè cittadino, è quello del mare, al chiosco laggiù, quello di Annalisa, nel bicchierino di plastica e con la palettina trasparente, quello che bevi guardando lontano, Facciamo Tardi Stasera, che tradotto vuol dire aspettiamo che se ne siano andati tutti e che la spiaggia rimanga deserta e che le ombre si allunghino sulla sabbia, e stiamo qui a chiacchierare ancora, i migliori progetti sono usciti nelle sere passate in spiaggia, conclusi, nessuno, ma così seri, come quella volta che si volevano importare cipressi o il vino argentino o cosa diavolo, ma che precisione a fare i conti, coi bastoncini sulla sabbia, finanza spicciola alle 8 di sera, davanti a un mare immobile e meraviglioso. Oggi, la vicina del 12 era forse un pò più vicina, l'alta finanza non ci sfiora, ma mescoliamo cose tremende a smalti e cazzate, e facciamo un riassunto veloce, calendario alla mano, transumanze di figli e cose e faccende e così il chiosco di Annalisa e quel caffè impagabile nel bicchierino con la paletta, non sembra poi così lontano.
Ah, lo smalto poi, era questo qua.

Le mimose stanno a zero.

Non ho trovato immagine peggiore. Io non reggo le mimose, almeno non oggi, non mi sono mai piaciute e non mi piaceranno mai, ma questo lo dico oggi. Oggi che  faccio i fatica a farmi piacere qualsiasi cosa, qualsivoglia, qualunque. E' un giorno che non gira per il giusto verso, si incanta, si inceppa, si ingrippa, non so come dire, stride, fa fatica, ecco. Faccio fatica io, sono io la fatica, l'impersonificazione dell'indolenza, del non fare, del vorrei ma non ce la faccio. Questa la mia festa della donna, ma festa de che, di che cosa poi, di chi? Le mimose stanno a zero in casa mia, ne ho ricevuto una fascina due settimane fa, e nessun fiore mai mi è parso più bello, e l'anno scorso dai miei figlioli maschi. Quest'anno un bel niente, non ne avrei voglia. Festeggio l'8 marzo come se fosse il 10, per dire, o il 25, non me importa un bel niente di niente, anche se c'è il sole, anche se, anche se, stasera non andrò a vedere alcun maschio che si spoglia ne ho già anche troppi in casa mia, che giornata delle balle, direbbero giù al porto, ma io che signora son, dico Che Strana Giornata, salvo poi accorgermi che non rende abbastanza l'idea, e allora, forse, Giornata delle Balle va anche meglio, e faccio finta di essere giù al porto. 

07 marzo, 2011

Ho fatto una torta.


Avevo voglia di fare un dolce, in generale, mi viene sempre, quando scende qualche figliolo e caccia la testa dentro alla sportello a destra, lo Sportello delle Merende, e ne esce con la faccia dubbiosa, Faccio Merenda, ma non sceglie, cincischia, non sa.  Così, se devi fare merenda, ti faccio una torta, di quelle che nemmeno devi leggere la ricetta perchè la sai a memoria, non è una gran fatica, alla fine, anzi, fare torte ti concentra, niente è più terapeutico di dosare la farina, pesare lo zucchero, o guardare il Kitchen Aid che sbatte e sbatte le uova, che monta i bianchi a neve, che fa e fa mentre tu stai lì a guardare, ipnotizzata. La torta sarà pronta tra pochissimo, la faccio per loro e la faccio per me, perchè mi piace il profumo che fa in cucina e sulle scale e mi piace sapere che anche se non ho combinato granchè, anche se mi sa che devo raddoppiare la dose di vitamine perchè sono uno straccio per pavimenti , ma non quelli nuovi e colorati che vedi al supermercato nel cellophane, quelli grigi, sfilacciati, che diventano di marmo se li dimentichi da qualche parte, ecco, mi sento uno straccio così. Ecco, dicevo, mi piace sapere che anche se non ho combinato granchè almeno posso dire, Che Ho Fatto Oggi? Ho fatto Una Torta. E mentre la facevo riflettevo, e pensavo e pensavo e pensavo, a cosa esattamente nemmeno lo so, i miei pensieri scivolano come anguille, tanto che alla fine mi fa male la testa da tanto che ho pensato, e se mi chiedi Allora? non ti so dire niente, forse sono i pensieri che non ne hanno voglia di starmi in testa e scappano appena possono, o forse nel mio cervello non c'è tutto quello spazio e sono già troppo impegnata a contare 300 di zucchero, 300 di farina e allora tutto il resto dei pensieri non ci sta, ma sono già contenta, c'è la torta per merenda, o per dopo cena, o per colazione domani, sparirà in pochissimo, non importa, ma quanto rassicurante è avere una torta tiepida di forno sul tavolo della cucina.

Il vento di qui.

Non so esattamente da dove arrivi, se da nord o da dove, io non so mai da dove arriva il vento, che in collina va bene, ma se si è per mare l'affare si complica eccome, meno male che ci sono persone e strumenti e aggeggi infernali che lo fanno per me. Il vento di stamattina e di stanotte, e di adesso squassa gli alberi del Prato di Là, da non confondersi col Prato di Qua, che ancora non l'ho visto. E' un vento forte, non bello, no, perchè non è il vento tenero della primavera, che porta fin qui il profumo dei fiori e l'odore del mare, lo dico spesso, da qui, nei giorni belli chiari che si vede la città, e il Duomo e le montagne, se chiudi gli occhi forte e stai a sentire, senti l'odore del mare anche se sei in collina, ma in fondo il mare non è lontano, meno di un'ora e ci sei al Mare Vicino, però quando lo dico mi prendono tutti per pazza e mi dicono Ma Va Là Che Non è Vero. E invece è vero. Sono due giorni di vacanza immotivata, lassù nella Casa in Collina, nell'assurdo ragionamento che si devano perdere due giorni di scuola per carnevale, ma che festa è, che ricorrenza è, che insieme a Capodanno, Ferragosto e San Valentino ci farei un bel falò e starei lì a guardare. Cionondimeno, due giorni di vacanza significano molto per questa casa, dove il delirio di orari e cose e impegni e transumanze è inimmaginabile, dove si sa quanti si è al mattino e giammai quanti si sarà fra un paio d'ore, chi torna e chi parte, chi pranza qui ma cena là, chi cena qui ma aggiungi un piatto e cose del genere. Nel frattempo, la scrivente si organizza, dovrà farsi passare la tosse che non se ne può più, sistemare alcune faccende qua e là, una spesa di quelle toste, dacchè un'invasione di locuste ha decimato le provviste. Intanto, il vento tira gli ultimi, di fuori, non è chiaro che intenzioni abbia mai, se crescere e diventare tempesta, o se lasciarsi andare a brezza leggera. E non lo so neppure io, che fare di me. Se ribaltare la casa o sedermi e fare niente, se uscire fuori e respirare questo vento rabbioso o stare a guardarlo da qui, tenendo i pensieri in superficie, non facendoli troppo scompigliare, che i pensieri scomposti son difficili  da governare, ti scappano da tutte le parti e ti lasciano vinta e spossata e stanca di una stanchezza che non sai, lasciali stare i pensieri frullati dal vento, lascia tutto com'è, qualche volta, è meglio lo stagno alla mareggiata, meglio la brezza alla tempesta, e non dire più che da qui si sente il mare, tanto, nessuno ti crederà mai.

05 marzo, 2011

C'è da scegliere.

Che gusto vuoi? A me piacciono quelli viola e detesto i gialli, ma forse nemmeno li ho mai assaggiati, tanto è l'avversione per il giallo, io non amo il giallo in nessuna sfumatura, mi piace l'arancione, quello sì, ma il giallo proprio no, non so perchè, eppure tutti i colori sono belli ma il giallo, grazie no. E' un sabato così strano per essere il 5 di marzo, fa ancora così freddo e di fiori nemmeno a parlarne, di viole, poi, neanche l'ombra, mai viste le viole sotto la neve. E' un sabato strano perchè ho dovuto contare 3 volte per capire quanti saremo a pranzo e a cena, un figlio che va e un figlio che viene, due che restano, magari, non è sicuro. Ma ci si organizza lo stesso, in fondo non c'è molto da fare, non ci sono grandi programmi, grandi tranusumanze, fa freddo ovunque e forse sì, mi piacerebbe andare al mare, quello vicino, o forse mi piacerebbe anche stare qui, a leggere e a chiacchierare, che bella sensazione quella del sabato mattina, hai davanti un foglio bianco e ci puoi disegnare quello che vuoi, decidere che alla fine puoi fare proprio quello che ti va, uscire o stare a casa, a cena, al cinema o tutti e due, forse nessuno. La grande libertà è deciderlo all'ultimo, concedersi il beneficio dell'indecisione, regalarsi dei momenti di assoluta indolenza. Di sabato vale tutto, vale vestirsi come capita, un maglione a trecce e i pantaloni di Zara, e poi d'improvviso, un abituccio di pizzo, tacchi e un velo di gloss e si è prontissime per la serata che inizia. Inverno non è più, primavera non ancora, qualche volta, anche le non situazioni hanno il loro fascino sottile, l'istante in cui scegli il tuo dolce davanti alla scatola, menta o cioccolato, ciliegia o vaniglia, e perchè non tutti e due, poi, dove sta scritto, ma chi l'ha deciso, il mio sabato ancora lo sto scegliendo, ditemi il vostro che gusto sarà.

02 marzo, 2011

Bellasera.

Questa casa sa di arancia sbucciata, non me ne ero mai accorta. O forse sì, me ne accorgo quando arrivo da fuori, o quando scendo da sopra, di sotto fa sempre un pò più freddo che di sopra, e anche di sopra-sopra, e quando arrivi in cucina si sente profumo di arancia, ma anche di buccia e di schizzi di arancia, per dire, che se tu sei alla frutta e qualcuno è ancora lì che si mangia un pezzettino di pane, alla fine si mangia anche la tua arancia, perchè per forza, se mangi il pane accanto a uno che mangia un'arancia, il tuo pane sa di arancia. Le riflessioni di questa sera sono volutamente leggere e per niente profonde, potrei fare una trattato del nulla, avevo fatto anche un tema una volta, ci avevano detto di parlare di niente, che non è tanto facile, anzi, non lo è per niente, avevamo letto Joyce in classe, ed ero in quella classe dove sono sempre stata l'ultima arrivata, la provinciale, la pavesina, dove criticavano il mio accento padano, e dove nessuno il primo giorno di scuola mi ha rivolto la parola, e dove nessuno mi ha detto Siediti Qui e io sono rimasta in piedi come uno spaventapasseri, ridicola, con la gonna a pieghe e le ballerine di vernice e mai mai mai più nella mia vita ho indossato quella maledetta gonna a pieghe grigia, io non sopporto le gonne a pieghe, e a pensarci bene nemmeno le ballerine di vernice, da tanto le adori le ballerine ma di vernice no. Non ricordo il voto, ma so che era altissimo perchè ho sempre avuto voti altissimi di italiano e di storia e il mio sogno era fare il liceo classico e quando ci si è iscritto uno dei miei figli sono stata contenta, e avrei voluto studiare con lui e per un pò l'ho fatto, ma poi la quarta ginnasio non è scuola da fare a tempo perso, e allora ho smesso ma mi sarebbe piaciuto, ecco. La bellasera è quella sera che ti verrebbe da chiacchierare con qualcuno, così, magari ai giardini o al mercato, e già stamattina ci ho chiacchierato con quei due ragazzi francesi che mi hanno chiesto la strada in inglese e poi alla fine parlavamo in inglese e in francese mescolato e avranno detto, ma che Fuori Sono Le Donne Di Qui, ma cercavano l'Esselunga, e devo dire che la strada per l'Esselunga la so anche in arabo e in sanscrito, per dire. La bellasera è quella che non speravi, che si è così in pochi, e che strana è questa casa che si passa dall'essere in 9 ad essere in 3 o 4 che è proprio poco e che si contano i piatti e si dice Ma Come, Così Pochi? I miei giorni di adesso sono più belli di quando prendevo 9 di italiano e proprio non li rimpiango quei giorni là, anche se avevo diciotto anni, graziosa, sì, graziosa come lo sono tutte a diciotto anni, che fino a Natale nessuno mi ha parlato o quasi in quella classe di stronzi a Torino. La bellasera è quando ti puoi lasciare andare e dire quello che ti passa per la testa, una volta lo scrivevo a penna e adesso lo scrivo invece qua, che la cena è già pronta nel forno e si aspetta che l'Eccelso torni dal suo lavoro nei campi. Bellasera sarebbe un bel saluto, al posto di buonasera, perchè bella è molto, molto più bella di buona e ha in sè una serie di auguri speciali, che sia una sera calda e serena e che scivoli piano fin verso la notte, che sarà buona di sicuro, se anche il giorno lo è stato, non è un brutto ragionamento, in fondo. C'è stato un vento freddo, non il massimo per chi ha avuto la febbre come me, ma ho camminato lo stesso in quel vento e mi ci sono fatta trasportare, anche, così come da questa bellasera mi lascio accarezzare e che sia bella per tutti, il vento ha smesso ma che freddo farà, siamo solo in 4, stasera, ho parlato di niente, che voto avrò preso, mi sa che sto meglio.

01 marzo, 2011

Zucchero, sassi e dadi.

 Senza soluzione di continuità, senza una logica precisa, nè un preciso modo di intendere le cose, uno qualunque, purchessia. La confusione, il dubbio e le incertezze, la rabbia sì, qualche volta e tanta anche, la matematica consapevolezza che le cose non vanno mai, ma proprio mai, come le vuoi fare andare tu, e che nessuno, nessuno al mondo mai ti regala un bel niente, foss'anche un periodo di quiete, che pure c'è stato ma cui segue spesso una tempesta così grande che te li fa dimenticare, i porti sicuri, il mare liscio e senza righe, di quel colore che sai. Zucchero e sassi insieme, mescolati nello stesso barattolo, la terra dentro l'insalata che non hai lavato bene e che ti scricchiola, tutto si riconduce a cose che non avevi previsto, che non erano in conto, che non dovevano essere, e allora, perchè? Si è fatta fatica ad arrivare fin qui, ma qui dove, poi, si è mescolato amaro, e amaro ancora si mescolerà, dacchè lo zucchero è finito e nel barattolo ci sono solo sassi, piatti e bianchi, qualcosa ci si inventerà, si sceglieranno le parole con cura, come si sceglie il velo di una sposa, si tornerà piano a piano a riderci di gusto, a spianare con le mani la tovaglia, a liberarla dalle briciole e dai toni foschi e dalle cose che non vuoi sentire, nemmeno avere, ma forse a qualcuno importa che cos'è che vuoi davvero? E' stato tutto un insieme di cose, da buttare all'aria, cose di poco conto mescolate assieme, che prese una per una erano solo piccole cose e che insieme fanno un anfiteatro di angosce e di smarrimenti, e adesso? Adesso un altro giro di dadi, se scuoti bene la scatola vedrai che c'è ancora zucchero nella credenza coi pomelli a fiori, col cassetto che si apre male e che devi spingere forte perchè si chiuda. Sassi e dadi han lo stesso destino, sono nati per essere tirati,  i sassi a rimbalzar sull'acqua, i dadi per giocare.

28 febbraio, 2011

Saturday Night Fever.

Se devi dire una bugia, dilla grossa. Se devi fare una rapina, vedi di rubare un brillante da mezzo chilo. E se proprio devi farti venire l'influenza, non limitarti a un raffreddorino e a un pò di mal di gola. Un bel febbrone a 39, signora mia, che era forse dai tempi della varicella, anno scolastico 1972 -1973, che non si registravano temperature di quel tipo. Sciagurata me, ho beccato l'influenza e questa nemmeno sarebbe una notiziona, ci sono un sacco di persone a letto, sento in giro. Ma lassù, nella Casa in Collina, la MIA influenza è vissuta male. Sale male, come dicono i miei figli. In questo fine settimana, che un fine settimana, lo sanno tutti,  dura appena 2 giorni, è successo di ogni. Si è discusso, pur febbricitanti, come di solito si discute in sei mesi, il mio Sposo non ne vuol sapere di me malata, e seppur premurosissimo non vede proprio l'ora che la pianti con questa manfrina della tosse e della febbre, e che insomma, ci dia un taglio. Ma sto a pezzi. Come se qualcuno mi avesse  passata nello schiacciapatate, quello del purè, e poi, per finire, mi avesse dato lo schiacciapatate medesimo sulla testa. La cura è fin troppo nota, letto, caldo, sciroppini e spremutine, riposo assoluto. Ben detto. Che di per sè, non è nemmeno così male farsi accudire. A esserne capaci, però. Io non ne sono capace. E mi innervosisce il fatto che tutto mi affatichi, che anche salire le scale mi dia affanno, che abbia la testa come dentro lo scafandro di un palombaro e parli con una voce da cornacchia spennata. Così', ho deciso che sono guarita, e che soltanto oggi mi riguarderò ancora un pochino, che l'omino delle arance stamattina ha visto arrivare l'ombra di me stessa, più scarmigliata che mai, pallida in volto e ha stentato anche a riconoscermi, viste le 3 sciarpe e il Ridicolo Cappello calato fin sugli occhi, proprio io che ultimamente mi sdilinquisco di tacchi e vestitini a fiori e cose carinissime da mettere presto che sarà primavera e il sole e gli occhiali da sole e lo vedi che sole e che caldino, di già e allora, tutto questo, solo questo basta già a darmi una scossa e mi srotolo dalle sciarpe, mi faccio una doccia fresca perchè so troppo di Vicks, raddoppio la dose di medicine da sciogliere nell'acqua, e via, dai che guarisco in cinque minuti. 

26 febbraio, 2011

Figlio.



E' da ieri che lo scruto. Quel poco che ho potuto, nel senso che la febbre e il mio andare a letto presto e tutto questo tossire e tossire non mi hanno dato granchè modo. Ma ho riconosciuto come smarriti quei suoi occhi di bosco, nel buio dietro la porta della mia stanza, ieri sera, Stai Bene? E ho riconosciuto quel suo indugiare in un abbraccio troppo stretto, come chi ha da dire molto ma non dice, e dice Chiedimi, Non Ti Risponderò, ma tu fàllo, mamma o non farlo, non so. Non ho capito, figlio, non ho compreso subito, mi sono data qualche risposta confusa, gli esami, la nuova vita a Torino, nuovi amici e nuove cose, sarà questo, ho pensato. Ma non  che fossi convinta, no, qualcosa mi sfuggiva, di solito è così ciarliero al venerdì, con tutti i fratelli a tavola, la sera, ma stasera invece no, stasera è silente e distante e ha gli occhi lontani, non so dove, non so. Io conosco le tue mappe, figlio, più di ogni altra persona al mondo ho la pianta del tuo cuore dentro al mio, ho i tuoi modi e i tuoi sentimenti, e ti sento, figlio, ti sento come un albero la foglia, come un tasto la sua nota, come il mare la sua onda. No che non ti chiedo, perchè so che non avrei risposta a questo tuo stare, so che non è una cosa da niente e allora sto zitta, ti penso e sto zitta, se avrai voglia e sentimento me lo dirai, sei uomo fatto e io, madre, ho solo modo di sedermi ed aspettare. Poi oggi. 
Devo andare, E' il Compleanno di. Ci Troviamo Tutti al Camposanto.
Amore grande mio, figlio del mattino e della luce, dimmi piano come posso alleviare questo tuo dolore, dimmi bene come fare anche a spiegarti che dolori come questo non vanno via mai, sono squarci che non rimarginano, sono tagli che non smettono di fare male, mai, la tua età ti può aiutare a far diventar tutto un pò più lieve ma il dolore è un brutto affare e se ne sta lì, in agguato, e ti rincorre e ti raggiunge. Figlio del Cielo, mia espressione più perfetta, mia vittoria, mia pienezza, cura questo dolore e impara a viverci, a riconoscerlo, a sentirlo, tasto e nota, onda e mare, nell'ineluttabile e spietato gioco della vita e della morte. Da lassù, nel giorno del suo compleanno,  c'è chi ti guarda e sa.

25 febbraio, 2011

La Tosse.


Sparsa le trecce morbide
Sull'affannoso petto,
Lenta le palme, e rorida
Di morte il bianco aspetto,
Giace la pia, col tremolo
Sguardo cercando il ciel.


Questo recitavo stamattina, scendendo lentamente le scale, scarmigliata, tossente, ( si dice, tossente?) febbricitante, malatissima. Dalla cucina, un numero imprecisato di figli intenti a far colazione, a disquisire di primissima mattina di Calciomercato, a compilare giustificazioni di assenze, sarà ben la Princi che mi ha regalato questo malessere o piuttosto la ramata di freddo che mi son buscata ieri? E dire che per un momento, ieri, m'era punta vaghezza di non mettere neppure le calze, c'è il sole, mi dicevo, che si mettono le calze a fare? Poi, ho capitolato. Emmenomale. Loro, i figlioli, han rivolto a me uno sguardo compassionevole, o meglio, tra il compassionevole e il sospettoso, CI Siamo Giocati La  Mamma, Così, di Prima Mattina? Una mamma con la tosse, che recita la morte di Ermengarda poco dopo le 7 non è mica da tutti, sa? No, non lo è. Il mio Illustre Sposo, Unissimo e Trinissimo mi guardava di sbieco, Ussignur, E' Andata. Nel frattempo, io tossivo e tossivo, facevo un pò di scena, è ovvio, ma la tosse ce l'ho per ben sul serio, mi verrà un febbrone equino, passerò il resto del fine settimana appena cominciato tra le coltri, sofferente, febbricitante, e alla fine, stremata, mi abbandonerò a sonni deliranti e chiamerò Adelchi! Adelchi! con voce rotta dal pianto. Ma sono certa che anche allora, i miei figlioli e il mio Sposo continueranno beati a parlar dei fatti loro al tavolo della cucina, facendo colazione belli sereni e pensando che sì, la mamma è davvero una burlona, ma poi, alla fine, questo Adelchi, ma chi era esattamente? Continuiamo così, facciamoci ancora del male.

24 febbraio, 2011

Il Bel Momento.

Il bel momento succede sempre, o quasi. Invero, di bei momenti ce ne possono essere una quantità, a seconda di come uno lo voglia interpretare, ma il Bel Momento per eccellenza è quando sei lì, nel letto, è già mattina e la sveglia non è ancora suonata, che la mia non fa bip bip, ma è un gong zen che il più delle volte, invece di farmi alzare mi fa venir voglia di girarmi dall'altra parte, tirarmi il piumone fin sulla testa e fare finta di niente. Il Bel Momento è quando fuori è già chiaro, sei lì, ancora immobile come se dormissi ma col cervello già bello attivo, bello sveglio e presente a se stesso, e ti dici, allora, oggi così, oggi colà, alle 10 qui,alle 10  e mezza là,  devo ricordarmi di, e poi passare anche da e mi manca questo e devo ritirare quello, e scrivere, telefonare, preparare e fare, fare, fare. E' un Bel Momento perchè da lì, le cose sembrano tutte assolutamente perfette e realizzabilissime, e che ci vuole, tutto si incastra alla più che perfezione,e guardando le punte degli alberi di fuori, quelli che si vedono dalla finestra quando si guardano dal mio letto, sembra che la giornata passerà liscissima e senza intoppo alcuno, nel senso che nel fare il tuo personalissimo programma non inserisci alcuna variabile, alcun handicap, alcun imprevisto come nel Monopoli. E tutto senza contare le grane, gli intoppi, i ritardi e le vicende che, per forza di cose, ci saranno. E' un momento di beata ingenuità, di beatissima incoscienza, e, nonostante la quantità di cose, di assoluta magnificenza. Si saprà solo poi come saranno le vostre giornate, se tutto andrà liscio, gassato o come diavolo ma questo è solo un dettaglio. Ci si goda con assoluta concentrazione tutti i Bei Momenti che accadono la mattina presto e si pratichi questo esercizio ogni volta che si può. Il mondo, visto orizzontale e sotto un piumone tiepido, è tutt'altra cosa. 

23 febbraio, 2011

L'indecisione.

Che lassù, nella Casa in Collina, non si sia completamente centrati, è noto ai più.
Che l'umore si altalenante, che si sia un giorno a Scilla, un altro al Tanai, lo stesso, e mi si perdoni la citazione letteraria.
Che ultimamente si abbia voglia dell'effimero, del frivolo, del nulla cosmico, e che ve lo dico a fare.
Ben perciò, si cerca sul web, si guardano le vetrine del globo terracqueo, che cosa mai andrà di moda a Vancouver? beh, è presto detto.
Si leggiucchia qua e là di must have e di mai più senza, si passano i dieci minuti che passano tra la tavola apparecchiata  e il riedere dei figlioli a smanettare su Fashiolista, a dire, bene, oggi mi vesto così, è come giocare con le bambole, alla fine, una maglia nera su questi calzoni sta un amore, faccio un salto da Selfridges, oppure sbircio le vetrine di Saks e ShopBop, ci metto una collana importante, una borsa classica e le ballerine di Tory Burch per le quali perdo il sonno da qualche sera in qua. E non scordo lo smalto, ça va sans dire.
Qual piuma al vento? Peggio.
Se poi ci si mettono pure le amiche, ad indossarti sotto il naso un sabato mattina, delizioserrimi (!) orecchini fatti a mano, color taupe, signora mia, che non è beige e non è mastice, e a dire candide, Ti Piacciono? Li Fa Una Mia Amica, beh, allora c'è davvero da sdilinquire.
Così, l'Amica dell'Avvocata Nostra,  che ha nome Maria, mi ha mandato un pacchettino.
Dentro, ogni bendiddio, orecchini importanti che stanno bene su ogni outfit, apparecchiate come si vuole, per seratone da corsa o anche per sciacquare l'insalata, con queste pietre semipreziose e questi fiorini perfetti che danno un che di retrò che mi piace davvero un sacco.
La tentazione sarebbe di comprarli tutti, ovvio, ma poichè un briciolo di senno mi è rimasto, ho scremato e scremato e alla fine, con grande fatica, la scelta si ridurrà a questi 3.
Così, non solo per le ballerine, adesso perderò il sonno anche per questa fondamentale decisione.
Domani al knit cafè del giovedì sottoporrò il prezioso pacchettino e l'atroce dubbio e loro forse mi aiuteranno.
E voi, quali scegliereste?




22 febbraio, 2011

Mattine così.

Le mattine non sono mica tutte uguali. Per forza. Ci sono quelle mattine frizzanti, piene di promesse e di cose, anche da fare, un sacco, ma che si vivono così bene, così leggere, che basta un niente a far di loro una meraviglia, si guarda il pratino, il cielo, si rastrellano belle sensazioni, tanto da farne un piccolo mucchietto e conservarlo, compattarlo come si fa con la sabbia sulla spiaggia, quando chiacchieri in riva al mare, ci hai mai pensato, si fanno piccoli buchi  poi si ricoprono e poi si cercano i bastoncini tutto intorno e si fanno un sacco di ghirigori, si scrive qualcosa che poi il mare tra un minuto avrà cuore di cancellare, e tu da capo, mentre ascolti, mentre parli, e che bella sensazione parlare con qualcuno in riva al mare, nessuno ascolta tranne lui, le onde piccoline, la schiuma.  Ci sono mattine invece che rastrelli e rastrelli e non trovi un bel niente, e pensi e pensi e ti ci fondi il cervello a pensare e ripensare e a preoccuparti e tutto ti sembra gigante, perfino la febbriciattola della Princi e la sua tosse, ma quante Tachipirine ho somministrato mai, e quante febbri a 40 e quante guance roventi e occhietti pesti, e dovrei avere imparato benissimo, dovrei tenere lezioni di come si fa, e invece oggi no, oggi mi sembra tutto così difficile e insormontabile e impossibile e lontano, a seconda dei casi, delle situazioni, delle mille vicende che si ammucchiano, uno dopo l'altra, una sopra l'altra. Ci vorrebbe un tuono, uno schiaffo, un'esplosione che mi squassi, che faccia a pezzettini questo stare, che diradi quest'ombra che mi sento intorno e addosso e dentro, anche, come un peso, come uno squarcio, come un sonno mai pago, come un'ansia mai completamente sparita, completamente svanita, vinta, così. Le mattine come questa fanno di me un essere strano, in bilico tra quella che sono e  quella che mi sento, ed entrambe le Quelle litigano con quella che vorrei essere, con quella che sa che non c'è motivo per sentirsi così, con quella che l'unica cosa che vorrebbe davvero, adesso, in questo istante, sarebbe un'onda delicata e senza schiuma, che appiattisse con un gesto un mucchietto di sabbia, cancellasse i fiorellini disegnati sulla riva, e che il mare ascoltasse quello che dico, a chiacchierare fitto, perchè il mare, si sa, ascolta ogni cosa, custodisce segreti e pensieri, cancella e guarisce.

21 febbraio, 2011

Si pensa al sole.



Mi si parli sottovoce, con grazia, mi si chieda Scusa e Per Favore, non mi si chiedano discorsi impegnativi, nè impegnativi programmi, mi si lasci stare bella scialla, così si dice da queste parti. Mi si lasci il tempo di svegliarmi bene, che non so come e non so perchè ho sempre un sonno, ma un sonno, non che sia stanca, no, ho proprio solo sonno e non posso nemmeno accampare la scusa E' La Primavera, ma quale, qui fuori sembra novembre inoltrato, mancano solo i crisantemi e le caldarroste, ma poi, le caldarroste a novembre ci sono, mah, non so. La settimana inizia, e sono così rapidi i giorni che tra non molto ci si ritroverà in capri-pants e sandalini, e il maglioncino di cotone infilato in borsa, e colori, colori, colori a manciate. E' su questo che farnetico, sul sole e sul caldo e sull'andare in giro in bici e sui fiori e sui profumi di limone e di vaniglia. Perciò mi si parli con calma, mi si racconti cose deliziose e deliziose soltanto, che di cose da fare ne ho tonnellate e concentrata son su tutta una serie di vicende, il Camp, per esempio, che bella festa sarà, che per l'occasione ho anche imparato a cucire, ma non a cucire i bottoni che quello lo san fare proprio tutti, a cucire con la macchina da cucire, quella che ci perdi il senno se vai storto e basta un niente perchè salti tutto e si strappi il filo, e faccia un pasticcio e allora sì che ti viene voglia di prendere la macchina da cucire e buttarla giù dalla finestra, ma rovineresti le rose di sotto, e allora meglio di no. Ieri infatti, lezione di cucito in un'altra Casa in Collina, quella a me appiccicata, che solo la Santa Pazienza dell'Ingegnera mia vicina ha potuto tanto e sono tornata a casa trionfante con il mio lavoretto fatto in due ore, è la prima cosa che faccio che non sia sghemba e storta e orrida a vedersi.  Quinci e quindi, ieri giornata impegnativa, che imparare non è uno scherzo, e poi avevamo il suo compleanno da festeggiare con menu a richiesta, che la tavola non si è sparecchiata mai, alla fine. Così, col cervello infarcito di cose e progetti e desiderata e to do list e wish list e tutta una serie di list da manicomio, mi accingo a iniziare un'altra bella settimana di cose e di cose. Quassù non ci fa mancare un bel nulla, la Princi febbricita e tossisce, ci sono pile di cose stirate da ritirare negli armadi corrispondenti, qualche piccolissimo pensiero si affaccia ogni tanto nel cervello, a farcirlo vieppiù, ma noi si scansa con eleganza, noi non ci si farà prendere, noi non ci si farà agguantare e mettere con le spalle al muro, noi si resiste, si pensa al caldo, si pensa al bello, si pensa al sole.

19 febbraio, 2011

Poesia e prosa.


Stamattina, alla lavagna della cucina, qualcuno aveva lasciato un segno di rara bellezza, di grande leggiadria, di impagabile tenerezza.
Nessuno poteva sapere che, poche ore prima, qualche altra mano, maschile, c'è da giurarci, aveva appiccicato un post-it sull'interruttore delle scale.


Storie di ordinaria semplicità, di opposti modi di comunicare, lassù, nella Casa in Collina. Son cose.

18 febbraio, 2011

Almeno, ci provo.

Nessuna voglia di fare quello che devo fare e mi sa che mi impegnerà buona parte del fine settimana, sciagurata me. Devo dire che un pò è anche colpa mia, ho nascosto, chiuso armadi, sotterrato, sono sfuggita, mi sono nascosta, passavo rasente il muro, strisciando sui gomiti, con l'elmetto, pur di non vedere. E invece, voilà. Oggi mi sono resa conto che devo. Devo farlo. Perchè la questione diventa più ingestibile, sempre più ingombrante e hai voglia a far finta di nulla, far finta di nulla non lo si può mica fare in eterno, così. Così, ci provo. A stirare, e mi fa orrore anche solo la parola. Stirare, non è un bel verbo, ha troppe r, è troppo corto, non mi piace. Preferisco Lavare i Vetri, che è più completo, oppure Lavare i Piatti, che è più musicale. Stirare no. Eppure devo, mormorò Ella con un fil di voce, devo assolutamente prima che la montagna della cameretta prenda vita e mi venga a soffocare mentre riposo beata nel mio umile giaciglio. Devo, dacchè la Signora che Stira s'è data alla macchia, e ci credo benissimo, chi glielo fa fare alla ScS di occuparsi giornalmente di un numero variabile fra le 4 e le 6 camicie, di un numero imprecisato di magliette, di delirare nel mettere insieme calze di ogni foggia e colore, quando non si decide lassù nella casa in collina di cambiare tutti le lenzuola, e allora sì, c'è un gran divertimento.  La ScS Così, lo faccio io. Mi piazzo davanti a un film e via, avanti coi carri, spruzzo e stiro, stiro e spruzzo, fino a ricadere, stremata e rincitrullita, attività celebrale azzerata, sul divano e mormorare sommessa, Abbasta, Abbasta, Abbiate Pietà. C'è un solicello tiepido là fuori, si vede benissimo dalla finestra grande della cucina, c'è un bel colore, tutto farei tranne che star qui a stirare e stirare. Un giro in collina, o sul Corso, che ho adocchiato un ultimo saldo di ballerine da perderci il sonno,  ma mentre ci sono, penso in grande. Un bar a Roma, un tavolino a Parigi, nel sole, un macaron e un cafè au lait, una copia di Elle France, un'amica e il niente, il niente assoluto. Meglio che ripassi il mio francese quasi perfetto. En attendant, je vais de fer. Preferivo il tavolino, però.

17 febbraio, 2011

Early Morning.

Mattina presto, interno di una casa qualsivoglia, ubicata dovunque, purchè siano usciti da dieci muniti uno sciame di fanciulli, stamattina uno in più, ospitato ier sera dal Liceale. In realtà i fanciulli erano soltanto tre  uno lo avrebbero raccattato per la strada del villaggio, esattamente all'opposto, noi al mattino si fa il giro e si raccatta chi c'è, per portarlo a scuola. E' un'azione che mi piace e che  sa un pò di antico, quando c'erano i primi piccoli pullman, che si chiamavano, orrendamente, pulmini, facendo il diminutivo italiano di una parola inglese ma si sa, se ne sentono parecchie, plurale di camion cammi, plurale di nailon naili, e altre amenità linguistiche delle quali mi informa spesso il mio Amico Arredatore. Vabbè. Lassù, nella Casa in Collina, tutto sembra procedere per il meglio, se per meglio si intende una soffice quiete, una specie di calma, che calma non è se si considera la tavola da 8 di ieri sera, il tavolo della colazione che potrebbe comparire bello sciallo, all'interno di uno Starbucks, dacchè le tazze son le stesse. Fuori il grigio più grigio, forse non piove, ma sembra che stia per. Dentro una confusione cosmica, si paga il fatto di essersi assentati un giorno intero, e sì che sono grandi ma sembra che non esserci, qui dentro, lasci agli altri abitanti della Casa in Collina licenza di affastellare cose un pò dovunque, giusto un attimo. Nel delirante inizio di mattinata si ha voglia di colori e colori, si pensa sospirando a quando all'ora di colazione si vedrà il sole spuntare piano da dietro il ciliegio fiorito,a quando il caprifoglio farà venir mal di testa dal troppo profumo, alle rose, all'erba nuova. Intanto, ci si organizzerà. Una camicina a fiori spunterà appena dal maglione, qualche accessorio pastello, persino le finestre spalancate, a sfidare la temperatura e a dire, è fine febbraio, non è mica più inverno. Illudersi è poca cosa, innocente, perdipiù, se ti fa iniziare meglio, se ti fa partire meglio, l'aria che arriva da fuori è ferma e fredda, ma non ci si bada. Si cerca di fare di un giorno così un giorno colà, di un giorno qualunque un giorno speciale, di una mattina noiosa una mattina brillante, raccogliendosi i capelli, canticchiando piano e sorridendo molto, anche da sole. Un bell'esercizio di stile, coraggio, provare, che serve davvero, che male non fa.

15 febbraio, 2011

The Perfect Day.

Il giorno perfetto, più che perfetto. Per urlare, incazzarsi a nastro, sbagliare la qualunque, non sapere che strada prendere, e che cosa fare mai con un'adolescente imbizzarrita di sesso femminile, sbagliare tutto, sbagliare comunque, sbagliare a prescindere, sbagliare quantunque, in ogni caso, sempre e solo sbagliare. Oggi non ne va dritta una che sia una, non ne infilo nessuna, non ne porto a casa nessuna, non ne indovino nessuna. Sono una calza smagliata, un vaso rotto, un tacco spezzato, il latte che esce dal pentolino e appiccica tutta la cucina, sono un foglio strappato, una virgola messa male, la fila alla posta, una gomma bucata, il sugo bruciacchiato, sono una multa per divieto di sosta, tutto il peggio del mondo oggi sembra capitare a me, che poi è ridicolo, son cose ridicole o comunque di poco conto, lo so, lo so benissimo, ma è la somma che fa il totale e allora e perciò, accidenti, c'è da augurarsi che nulla più succeda fino a stasera, che non deluda più nessuno, che non debba più urlare, che non debba uscire sotto la pioggia a cercare una figlia che pronti via ha scoperto il disubbidire, che non debba discutere e discutere e mediare e negoziare e proporre e ancora discutere. Mi servirebbe un bagno caldo e una candela e una bella musica, ma ancora non è tempo, non è ancora sera, ancora tutto questo Perfect Day non è affatto finito. Nel frattempo, piove.

L'Officina dell'Occhiale

Non è mistero che abbia un debole per le scarpe, i pinguini, i carciofi e...gli occhiali. Il fatto che io li porti dalla quarta elementare non è determinante. A me gli occhiali piace cambiarli spesso e probabilmente mi inventerei anche un difetto inesistente, pur di comprarne a manciate, come, forse sta facendo la Princi, che da me ha preso molto e in frivolezza moltissimo. Gli occhiali sono strani oggetti del desiderio, ci sono quelli comuni, molto visti, pubblicizzatissimi e taroccatissimi e c'è  invece l'eccellenza.
Ove si intenda, per eccellenza i modelli destinati ai trend setter, alle fashion victim, insomma a chi di occhiali se ne intende per davvero. Modelli Cutler & Gross, per donne fatali e figliole dall'eleganza ricercata e attentissima al dettaglio, o uomini di buon gusto ed essenzialità, un pò manager un pò dandy.
Dal 1969, anno dell'apertura del primo negozio in Knightsbridge a Londra, Cutler & Gross ha completato il look di donne perfette come Jacqueline  Onassis o Grace Kelly, passando per Brigitte Bardot e anche moltissimi dei modelli della collezione di Elton John portano la loro firma.
Un altro nome da segnare in rosso sull'agenda è Barton Perreira, che utilizza solo i migliori materiali per le sue montature, dal titanio alla cellulosa giapponese, il tutto per modelli di altissima qualità, da perderci davvero il sentimento. Orbene, dove trovare tutto questo?
Da qualche mese ad Alessandria, L'Officina dell'Occhiale, in Corso Roma al 140.
In un sapiente mix di design e modernità, in un locale di grande gusto e raffinatezza, Alessandro e Letizia vi accoglieranno con grande professionalità, proponendovi una serie di modelli che meglio si adattano al vostro bel faccino, al vostro look del momento, al vostro stile di vita. Si passa dai sofisticati Mykita a Oliver Peoples, da Lunor, a Marni, oltre ai classici Ray Ban e Chanel , per i quali ho una vera propria mania, possono darvi un tocco più glamour, e magari rendere divertente il vostro astigmatismo. 
Orsù dunque. Anche se è un giorno sverso, anche se il morale è ai minimi storici, un giro al 140 di Corso Roma non può che farvi bene. E che importa se piove. L'Officina dell'Occhiale è proprio sotto i portici. Più facile di così!.



14 febbraio, 2011

Scivolata.

Scivolati gli ultimi giorni, scivolata io, immersa e presa, in giro, molto in giro, sorpresa dalle millecinquecento cose da fare, come, non erano soltanto milleedue, mi sono sbagliata anche stavolta. Ho cercato di fare ordine, fuori e dentro, come dico sempre, mi sono sorpresa ad avere orrore della televisione, se non per un film senza pubblicità o un programma di ricette, mi fanno schifo tutti, anche il tg, tutti i tg, dal primo all'ultimo, salvo forse SkyTg24 ma per coerenza mi dico che vada al diavolo pure lui. Scivolata, a sistemare l'armadio delle lenzuola, dove, cascasse il mondo, non ho due federe uguali nello stesso ripiano, l'armadio degli asciugamani, che qualcuno sembra cashmere e qualcun altro carta vetrata, qualcuno me lo spieghi. Stasera ho fatto una torta a cuore, che ve bene che qui San Valentino non si festeggia, che non è mica una festa e una ricorrenza, e bla e bla, ma almeno una parvenza, i piatti a cuore, i cuori sparsi, ma a tutti questi maschi, tutti tutti per un pò, non gliene importa nemmeno granchè e all'Illustrissimo meno di zero, anche se mi ha stupito l'altro giorno arrivando con un fascio di mimosa del nostro giardino sull'Isola, Lo Sai, mi ha detto, Io Faccio Sempre i Regali Nei Giorni Sbagliati. E' una sera che scivola, oggi in giro con lei e le sue bambine deliziose, così bionde e sorridenti, ci siamo ripromesse di fare uguale a Parigi, chissà quando, ma una promessa è una promessa, e se è fatta va mantenuta, non importa quando, non importa come, l'importante è che. Scivolano via i pensieri di tutta la giornata, quelli che ci sono piaciuti e quelli che invece no, le parole e le parole e ancora le mille parole dette e ascoltate, e mentre le cose di oggi vanno via ci sono già germogli piccolissimi di quelle che saranno domani, progetti e pensieri, che domani non è poi così lontano se ci pensi bene, ma a quest'ora i pensieri  ti vengono random, così, senza un ordine preciso e scivolano sì, ma sparpagliati, voglio imparare a cucire, ho di nuovo voglia di leggere fino alla nausea, devo trovare il tempo, non andando a letto con le galline, per dire, che non so mica se tutti sanno che significa andare a letto presto, non proprio dividere il proprio pagliericcio con un pennuto ruspante, bipede e ovaiolo. Ecco, a quest'ora tarda mi vengono le cose più astruse, e anche i rumori di questa casa mi fanno dire che è quasi ora di spegnere la luce e che stasera leggere niente, ma domani un giro da Feltrinelli nessuno me lo leva, promesso, e lo voglio fare perchè leggere è per me una vitamina, e poi, lo sanno tutti, una promessa è una promessa, e se fatta va mantenuta, non importa quando, non importa come, l'importante è che.

11 febbraio, 2011

Imperfetta e felice.

Che bella mattina. Bella come lo sono le mattine qualunque, sveglie dall'alba o quasi, una serie di piccole cose da fare, non troppe, il giusto, la colazione lentissima, ci sarà tempo, ci si è portate avanti già ieri, oggi la si prende con tutta la calma del mondo, qualcuno mi ha detto che è venerdì mattina e il venerdì mattina è già la festa della festa, domenica poi saremo proprio tutti tutti, e così per un bel pò, si prende un bel respiro e ci si fa coraggio, ma alla fine stamattina proprio non si riesce ad essere preoccupati o affannati, o semplicemente pensierosi. Non si pensa a un bel nulla, che va bene uguale, o forse sì, a qualcosa sì, forse al soprabito blù oltremare che si è misurato ieri nel negozio di Cristina, che è diventato la nostra tappa fissa dopo il knit cafè, così le chiacchiere le continuiamo da lì, mentre ci misuriamo pantaloni e cose, ma non per vero, solo mettendole davanti, che è la cosa più snob al massimo, perchè a misurarla per vero, nel camerino, capisci come ci stai dentro, e invece, ad accostarla ai fianchi o alle spalle, capisci come ci stai da fuori, non so se mi spiego. Ieri, l'invasione da Cristina è stata cospicua, con alcune figliole al seguito, la Princi e la Margie, e giù a far confusione, Come Mi Vedete Con Questi Leggings Paillettati al Banco degli Affettati all'Esselunga? Così succede, ognuno di noi ha tonnellate di grane da impastare ogni giorno, da spolverare e rimirare, da sguazzarci dentro come si fa al fiume, quando il fiume ti arriva alle ginocchia ed è tutto uno spruzzo e una schiuma, quando non fango e alghe e schifo. Qualche volta però il nostro fiume cambia, diventa azzurro e trasparente e ci vedi i ciottoli di sotto,  e allora ecco un pò di sana cretineria, di frivolezza a pacchi da 6,  di qualche innocente porcheria. Imperfette che siamo, ma così semplici alla fine, e cocciute e testarde e un pò acrobate, e maghe e illusioniste,  a voler trovare ad ogni costo, ad ogni dannatissimo costo, una scusa qualunque, imperfetta essa pure, per sorridere ancora e per sorridersi un pò.

10 febbraio, 2011

L'Orrida Maglia.

In linea generale, generalissima, direi che quello che ho nell'armadio mi piace. Epperforza, l'ho comprato io. Ma non è sempre vero. Nel senso che magari mi faccio attirare da cose che appaiono meravigliose finchè sono nel negozio e che invece diventano sempre più sgalfe già nella strada verso casa e ci si pente amaramente di aver comprato, sebbene in saldo e sebbene fosse un vero affare, che ne so, magari non ci stanno troppe bene, non sono del colore che immaginavamo stesse d'incanto con i panataloni a righe o con quella camicettina a fiori che è un amore e cose così. Questo discorso vale per le cose acquistate. Capita però, nel corso di una vita, di fare dei grossolani errori e di essere troppo, troppo sensibile per rimediarvi. E spiego testè. Anni or sono, diciamo una decina e forse di più, presa da raptus,  confezionai con le mie mani, a me stessa, una maglia girocollo. E fin qui, che c'è di strano, Lo strano parte dall'uso della lana, una lanona da lavorare col 10 se va bene e che io lavorai invece col 6. Le esperte potranno ben capire che genere di materasso essa è diventata. E uno. In più, il colore. Sempre presa da raptus, non so come e non so perchè, la maglia è verde. Ma non un verde brillante, bottiglia o smeraldo. Un verde...morto, come ha detto la Princi questa mattina. E due. Ma il raptus non si fermò, ed ebbi la balzana idea di cucirvi tutt'attorno ai polsi e al collo, una specie di pelo, una di quelle passamanerie che tra l'altro mi costò una fucilata, all'epoca, ma che ne so cosa mi venne in mente, insomma, fattostà ed è che tale  pelliccia, e faccio fatica anche a confessarlo, è, non so come dire, arancione. E tre. Inutile dire che la maglia risultò orrida già dal primo secondo, pesantissima, forse anche un pò corta, ma insomma, la obnubilai nell'armadio e me ne dimenticai per anni e anni, non trovando mai il coraggio di sbarazzarmene. Questa mattina, aperto che ebbi l'armadio delle cose che metto poco, com'è, come non è, pensai che sì, in fondo era quasi primavera e che forse, dopo aver accompagnato i figlioli dacchè è il turno mio,  avrei  anche potuto farmi una corsetta agli Argini, perchè no, in fondo, e così, anzichè in pigiama, mi sono infilata l'Orrida Maglia. Errore ma-dor-na-le! Già perchè secondo la legge di Murphy è scientificamente provato che pronti via, quando non sei al massimo della forma e della beltà incontri persone che conosci, ovvio, ed è errore pensare certo, è mattina presto, nessuno è apparecchiato da corsa a quell'ora. NON E' VERO. Le apparecchiate da corsa ci sono eccome, nonostante fossero solo le 8, la mia Amica delle Lampadine era davvero apparecchiata ma che dico da corsa, da Scala, da Bolscioi, Chanel a nastro, trucco impeccabile e capello da copertina. Ma poichè mi vuole bene mi ha confessato che anni or sono, anche lei aveva una maglia beige dove ci aveva attaccato una roba del genere. Così, mestamente, me ne sono tornata a casa, e l'Orrida Maglia è lì, ancora ignara del suo tristo destino. Buttarla nella spazzatura o raccoglierci la polvere dal pavimento? Ancora non lo so. Quel che so è una grande verità, che ho scoperto proprio stamattina. Le Amiche, quelle vere, mai ti diranno che hai una maglia orrenda. Ma con eleganza e qualche giro di parole te lo faranno ben capire. E ti stringono la mano, dopo averti illustrato la teoria dei vasi comunicanti. Ma questa la capisce solo lei. Grazie C., per aver detto soltanto Beh, Non è Tanto il Tuo Genere. Che tradotto vuol dire: Indifferenziata. Che grandi amiche che c'ho.
Ok, l'avete voluto voi.
Ecco l'Orrida Maglia.
Ora, scatenatevi.
E grazie, grazie tante, serpenti a sonagli che non siete altro.

09 febbraio, 2011

Mi chiamo Brambilla.

...e faccio l'uperari (dal milanese, operaio, ndr). Peggio che in miniera. Giorni frenetici lassù, nella casa in collina. Giorni che lasciano bell'e sfatti, bell'è stravolti, bell'e imbalsamati la sera intorno alle 10, che niente e nessuno può farti mai tenere gli occhi aperti ancora per un pò, nemmeno a giocare con lo shopping on line, nemmeno a mettere insieme questa scarpa qua con quel vestito là, come si faceva una volta con le bambole di carta, quelle ritagliate da Famiglia Cristiana, mia nonna era abbonata e mi ricordo che c'era una rubrica Vita in Casa, dove c'erano tutte le bamboline coi vestiti di carte e io giù a ritagliare, solo che si stropicciavano e allora, genio che ero, li incollavo dietro le scatole della pasta, così davanti erano belle e colorate e dietro avevano scritto Barilla o Buitoni, ma pensa te cosa mi viene in mente. Sarà che son sversa, che oggi in questa casa ognuno ha fatto qualcosa. Si è lavorato, organizzato un convegno, qualcuno preparava una tesi di laurea, qualcuno studiava, un altro urlava, qualcuno si ammalava, altri si inca@@avano a vicenda vicendevolmente. Chi scrive è passata con assoluta leggiadria da Tachipirine a stendini,  da telefoni ad arrosti, da computer a lavatrice, da supermercato, a raccattare un figliolo,  a lavanderia, apparentemente senza sforzo alcuno, così, per forza d'inerzia. Solo ora, la scrivente si rende conto che l'aggettivo giusto è bollita, nel senso che l'unico gesto che riuscirò a fare sarà lavarmi i denti e mettermi a letto. Dopodichè, nel giro di pochi secondi perderò conoscenza e mi obnubilerò nel nirvanico mondo del sonno, non già eterno, per carità, ma fino alle 6 e 50 di domani mattina. Perciò, buonissima notte a chi legge di sera, buonissimo giorno a chi legge a giorno fatto. E se entro mezzogiorno nessuno avrà mie notizie, passate pure a tirar sassolini alla mia finestra. L'operaia Brambilla non avrà sentito la sveglia e si sarà addormentata secca. Succede, oh se succede.

07 febbraio, 2011

Vado di Malabrigo.

Questa delizia troneggia da ieri sul mio tavolo di cucina. Nessuno ha cuore di spostarla, è così bella, così invitante, così speciale. Sono preziosissime matasse di preziosissima Malabrigo, una lana dell'Uruguay, signora mia, mica quella che vendevano questa mattina al mercato del lunedì, questa qui è l'eccellenza, mi aiuti ben a dire. La Malabrigo rappresenta, per chi ne sa, una specie di miraggio, nel senso che devi essere molto brava e saperne davvero un sacco e avercene di pazienza e sentimento, perchè essa, la Malabrigo, è sottile ma sottile che non sai, e si vede anche dalla fotografia, che quella beigeolina, ma che razza di colore è, è davvero un filo piccino, e ci si metterà un'eternità a fare un progetto, certo che poi quando è finito si dirà, Lo Vedi? E' Malabrigo, con una certa aria di saccenza e tirandosela anche un pò, che da queste parti significa darsi un sacco di arie, per l'appunto. Io pazienza non ne ho nessuna, non sono affatto molto  brava e non è che proprio ne sappia, ma ultimamente m'è presa secca con queste sfumature. A parte il viola, mio unico e solo amore in fatto di tinte, nelle ultime settimane mi punge vaghezza di possedere quanti più oggetti sulle tonalità del beige e del tortora, del marroncino che vira al grigio, del beige che vira al mastice, che bel colore il color mastice, nessuno sa che colore sia, ma vuoi mettere l'eleganza a dire Lo Vorrei Color Mastice. Di queste matasse preziose che han fatto un lungo viaggio fino a me, ancora non so che cosa ne farò, ci mancherebbe altro. Il vero sdilinquimento di chi fa a maglia è possederli, i filati, annusarli, toccarli, e questi qui sono di una morbidezza che fa uscire di senno, di un'impalpabilissima tenerezza, Inizierò dal Blue Sky Alpaca,  color tortora, color Particuliére preciso spaccato, ci farò uno scialle sottile, una specie di vezzoso foulard, qualcosa di così etereo che farà volare. Così, in questa caducità frivola, in questa assoluta fiera dell'inutile e dell'effimero, ci si concentra sulle I.C., Immani Cazzate, e mi si perdonerà se per una volta non mi occuperò di fisica quantistica e di analisi dell'io cosciente. Io, per le Cazzate ci son nata, e che ve lo dico a fare.

Cupcakes e calzolai.

Tieni, è per te. No, non l'ho fatto io, a me la glassa non viene bene, e poi nemmeno mi piace, è troppo dolce e si mischia troppo al sapore del cupcakes, io i dolcetti li faccio plain, senza tanti pasticci da metterci sopra. E' un dolce, iniziare la mattina con un dolcetto non fa mica male, è un dolce da thè, ma se vuoi lo puoi pucciare con grazia nel caffelatte, nel caffè ristretto che ti serve per svegliarti per bene, nel Volluto Nespresso, in quello che vuoi. E' mattina prestissimo, i giorni tranquilli vanno via uno per volta, infilati uno ad uno come le perline dei braccialetti, ma quanti ne ho fatti mai, ci perdevo le giornate, mi piacevano così tanto le perline, piccolissime, da usarci il filo da pesca e poi sono arrivate le perle greche, queste grossissime, da mettere nelle stringhe di cuoio, ho fatto impazzire il calzolaio del paese quella volta, non si trovavano da nessuna parte, era un bel pò di anni fe e  i calzolai non facevano altro che risuolare le scarpe, mica vendevano anche le chiavi, le portavi lì con il buco di sotto e loro te le restituivano pressochè nuove, belle lucide, non sembravano nemmeno più le stesse College, credo che siano state le uniche volte nella storia del mondo che le mie scarpe siano state mai lucidate. L'unica cosa che hanno in comune i calzolai di allora con quelli di adesso è che ora come allora, i calzolai sentono la radio, hanno vetusti apparecchi impolverati nascosti dietro mucchi di scarpe di chissà chi, e sono sempre sintonizzate sulla RAi,  mai un network o chessoio, e sulla RAI al pomeriggio  parlanoparlanoparlano, e il mio che si chiama Gigi Il Calzolaio, è un uomo coltissimo secondo me, perchè non si perde nemmeno una di queste trasmissioni di servizio e informazione e mentre attacca chiodini ascolta tutto del mondo e della politica e anche delle balene e dell'Uganda, per dire.
Il mio dolcetto di stamattina è per me, e per chi ne vuole uno, per chi lo dividerà o lo vorrà tutto per sè, per chi troverà qualcuno cui offrirlo, perchè no. Anche per questo bel cielo di fuori, dicono che non durerà ma non me ne importa, torneranno freddo e nebbia, si dice, ma intanto eccola qua, che bella mattina chiara e lucida, uno guarda fuori e già si sente meglio, è così bello svegliarsi coi colori e non nella pancia di una balena, come Pinocchio, che ci hanno  preso tutti in giro da sempre, dai secoli dei secoli, lo sanno tutti che le balene non mangiano gli umani, e chi lo sa di sicuro è Gigi Il Calzolaio, glielo devo chiedere la prossima volta, quando porterò l'ennesimo paio di AllStar dei figlioli a ricucire e lui scuoterà la testa e dirà, E' l'Ultima Volta, ma chi glielo spiega che ho figlioli zucconi che vogliono quelle scarpe lì, bucate e ricucite, che così sono più belle, sù signor Gigi, sia comprensivo, lo vede che fuori c'è un sole così bello, e poi stamattina, per farmi perdonare, ho portato un dolcetto anche a lei, è senza glassa, io la glassa proprio non la so fare.

04 febbraio, 2011

Simile al sole.

Il venerdì parte già bene, di solito è dal venerdì mattina che sai come sarà il tuo fine settimana e di solito ci si azzecca sempre. C'è qualcosa di simile al sole là fuori, una luce rosata, appena appena, stamattina ti ha sorriso da dietro le colline, un bel silenzio, una mattina liscia, da tenere così, da avvolgere con cura come le uova e le rose, che lo dico sempre, si comprano a dozzine uguali, uova e rose. Ci si sente un pò bene, alla fine, si troveranno dieci motivi dieci per sorridere, quest'oggi, e ci saranno, ci saranno eccome, basta cercare per bene, sotto il letto, dietro ai mobili, non occorre andar lontano. Ci si fissa nello specchio, niente occhi pesti stamattina, scarmigliata sì, ma con giudizio, ci si dedicherà alle questioni famigliari con grande concentrazione e un pò di incoscienza, massì, spolverata come zucchero a velo, male non farà, e che bella giornata ieri, a sfondarsi di saldi con l'Amica delle Provette, e poi il knit e le chiacchiere e tutte le piccole cose che fanno la vita un pò più speciale, più gradevole a viversi, non so. La luce di fuori passa piano dai vetri, è ancora inverno secco ma non ci si farà scalfire, si hanno altri progetti per noi stessi, come se il vestitino a fiori che è appeso da ieri nell'armadio non vedesse l'ora di uscir fuori e dire, lo vedi, è il momento. E' il momento del calmo e del normale, è venerdì, bellezza, è lentezza e tranquillità, di guardarsi e dirsi che sì, va bene, è tutto così in ordine che quasi brilla, di dentro, intendo, perchè a buttar l'occhio alla lavanderia ci prende un colpo, ma alla fine chi ti ha detto di guardarci, ad occuparsene si attenderà ispirazione e sentimento, per adesso, calma, niente scossoni e niente rimbalzi, tutto fila tranquillo come deve essere, al resto, a tutto il resto, ci si penserà poi, per ora buon inizio di week end, di luce, di bello, di qualcosa di simile al sole. 

03 febbraio, 2011

Le Carbonare.

E' tutto un gran fermento. Come, di già? Eccerto, non è mica che un Camp si organizzi così, cinque e tre otto Marianna (questa la devo spiegare, lo so). Così, ci si incontra in gran segreto, beh, forse non proprio, ma quasi, scegliendo il luogo adatto, il Quartier Generale dove sono nati i nostri migliori progetti, quelli di Cuore di Maglia, intendo, e dove si è discusso e programmato e progettato, ma in realtà, lì si progetta ben altro, si fan ponti e gallerie e viadotti e cose del genere, che una volta per sbaglio Lei ha mandato un progetto a me, A ME, dicendo, Vedi di Correggerlo, sì, certo al massimo a correggere un ponte ci posso metter dei gerani o tutta un'infilata di ortensie dai bei colori pastello o di oleandri, che so. Bene, ieri gettate le basi per il secondo Camp, sul tavolo fogli e fogliettini, idee e proposte, da morir dal ridere a pensarci, poi, a immaginare le scene, a vederci già lì. Ciascuna un compito preciso, anche a Federica, knitter pisana qui trasferitasi da pochi mesi e già perfettamente integrata. Caffè e dolcetti, io faccio questo e tu fai quello, al knit alessandrino di questo pomeriggio si assegneranno altri compiti e si chiederanno altre idee. E' tutto un gran chiacchierare e fare e disfare, che grandi idee hanno le donne quando si mettono insieme per un comune progetto, per una cosa bella, che belle cose saltano fuori dalle anime semplici, da più cuori messi vicini, da più pensieri e da più sentimenti messi uno in fila all'altro. Io non so fare i ponti e le strade come Lei, non so disegnare modelli come belli come i Suoi, so soltanto mettere in fila le parole, e insieme le persone,e organizzare le cose, è il mio mestiere da così tanto che non ricordo di aver fatto altro nella vita, e mi piace  mi diverte e so di aver vicino le persone giuste, e allora, alla fine, che bello.

01 febbraio, 2011

Sono una donna.



Moltissime di voi mi leggono da molto e sanno che mai, mai, mai ho pubblicato qualcosa che riguardasse la politica che trovo noiosissima e molte volte incomprensibile.
Non lo faccio nemmeno stavolta.
Non è di politica che si tratta.
Si tratta di dignità, di educazione, un modo di sentirsi ed essere.
Si tratta di noi.
Sono una donna, ho una madre e una figlia, ho figli maschi che sono indignati quanto me e questo mi fa dire che forse ho lavorato bene, con loro.
Non voglio per mia figlia un'Italia come quella di questi ultimi giorni, e, badate bene, non è un fatto di destra, sinistra o centro o di sù o di giù.
Vorrei che mia figlia, un giorno, fosse assunta per i suoi meriti scolastici, per essere andata all'Università e aver fatto un concorso e averlo vinto.
Vorrei che mia figlia  pensasse che una borsa di Gucci, se proprio le piacerà tanto,  e che male ci sarebbe se le piacesse, gliela regalerà il suo fidanzato al ventesimo compleanno, o suo padre a Natale, con un bigliettino che conserverà per anni, o che, magari,  dovrà non andare al cinema per un pò, e saltare l'abbonamento alla palestra, per mettere da parte i soldi necessari e se non li avrà non sarà una tragedia, ci saranno borse al mercato altrettanto belle.
Non vorrei che pensasse che basta andare a letto con qualcuno per averne una grande il doppio.
Vorrei che nei suoi sogni ci fossero grandi progetti, non necessariamente la missionaria o la suora, ma il medico, l'avvocato, che aprisse una panetteria, o facesse la parrucchiera, la sarta, la scienziata o la diplomatica, ma senza passare nel letto di nessuno, E vorrei che imparasse a ricamare, che leggesse i grandi classici e tutti i libri che le piacciono, compreso Oriana Fallaci e la Kinsella, una non esclude l'altra, ma che non sbagliasse i congiuntivi pensando che tanto, fa lo stesso, che anche se fai un calendario e poi trovi quello giusto, puoi andare perfino in Parlamento, pensa un pò.
Vorrei che non si sentisse emarginata se studia per fare la ricercatrice, se prendesse 500 euro al mese e vedesse altre ragazze della sua età guadagnarne 3000  in una sola sera, e dirsi, beh, e io chi sono, la più scema del villaggio?

Vorrei insegnarle che siamo preziose, che darsi via non è  mai un affare, che l'onestà si impara prima con se stessi, vorrei farle capire tante cose, non è troppo presto anche se farà 14 anni fra due mesi.

Vorrei una bella Italia, per lei, corretta e giusta e pulita. Perchè pulite sono le donne e vorrei che lo capisse, adesso che è poco più che una bimba e sta affacciandosi in un mondo tutto nuovo, che chi si vende per una borsa, un orologio, un macchinone, adesso si scrive escort ma una volta si leggeva puttana.

Per questo e molto altro, per me e per lei, ho firmato la petizione. E il 13 febbraio mi mobiliterò anche io. E lei, verrà con me.




Did somebody say ""Camp"?

Così, mi era sembrato.
Ed è vero. 
Si comincia ad intravedere una vaga idea di Camp. Di Cuore di Maglia Camp. 
Come che cos'è, COME CHE COS'E'?

Versione ufficiale.
Il Cuore di Maglia Camp, giunto alla sua seconda edizione, che la prima è questa qua, è un week fissato per la seconda metà di maggio, precisamente il 21 e il 22, in un posto bellissimo come sono bellissime le colline del Monferrato, in un Relais a tre stelle dove si incontreranno le appassionate di maglia, ma anche no, chi tiene un blog di maglia, ma anche no, chi collabora con Cuore di Maglia, ma anche no, chi ne ha sentito parlare e vuole vederlo da vicino, chi non ne sapeva nulla e adesso invece lo sa, chi vuole fare un corso di maglia e ce ne saranno tanti, chi vuole venire a vedere che aria tira, insomma questo.

Versione ufficiosa.
Il Cuore di Maglia Camp, fa incontrare per la seconda volta un gruppo di scellerate sparse per tutta italia, che lavorano a maglia e stanno bene insieme, e anche chi non si conosce affatto, che scappano due giorni per fare un pò di festa, per vedere dove è arrivato Cuore di Maglia in quasi 3 anni e dico 3 anni da quando è nato.
Cosa si fa?

Beh, si lavora a maglia, ma mica sempre. Si chiacchiera, si impara, si insegna, si scambia, si incontra, si conosce, un pò si ride e un pò si piange, ma ci si diverte un sacco e si sta così bene che ancora per mesi se ne parla dopo, ma anche prima, e allora, ok, prenotatevi in fretta, da ogni dove, il posto è bellissimo, sulle colline di Asti, non è lontano, non lo è stato l'anno scorso nè da Roma nè dall'Aquila, nè da Firenze e allora, coraggio, in fretta, orsù, sceglietevi la stanza, trovate il volo o il treno o cosa diavolo, organizzate fidanzati, sposi, amanti e figliolanze,  la festa, mi sa, è già cominciata.


Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...