10 maggio, 2006

Lo sguàzzaro.

La parola non compare in nessun dizionario della Lingua Italiana, lo ben so. Ma rende l'idea. E' un lombardismo, un diminutivo della parola sguàzzarone, che sta ad indicare, nel linguaggio comune della bassa Pianura Padana o, per meglio dire, dell'Oltrepò Pavese, famoso in tutto il mondo per vino, riso e fanciulle sventole, un acquazzone. Quello che c'è stato oggi verso le 16 dalle mie parti era, per l'appunto, uno sguàzzaro. Non una pioggia, non un temporale, non una grandinata, non una bufera. Lo sguàzzaro si compone in massima parte di goccioloni grossi come uova, che fanno sbat sbat sui vetri, un leggero fumo sull'asfalto, bolle nelle pozzanghere. Per godere appieno dei benefici ci si deve trovare senza ombrello: lo sguàzzaro, si sa, arriva d'improvviso. L'effetto più straordinario lo si ottiene se ci si trova sotto una bella tettoia di plexiglass o alla fermata di un autobus. In moto è veramente il top. Ma anche a piedi si riesce a fare un bel lavoro. Ci si ritirerà senza un solo millimetro quadrato asciutto, i capelli grondanti, i pantaloni incollati e un odore di pioggia. La pioggia sa di fungo, lo sanno tutti. E un pò di metano, anche. Urge quindi un bagno rigenerante o una doccia veloce, avendo cura di scegliere un fragranza fresca e profumata. Asciugarsi con cura. Spioverà.

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