31 maggio, 2006
Prima di cena.
Variazione in corso d'opera.
Allora, per prima cosa: Kjaretta, Sigrid, Piperita e tutto il Simposio della cucina d'autore, cortesemente, non inorridite. Sono per le cose semplici e non mi vengono neppure tanto bene. Ho già prenotato una serie di lezioni presso ciascuna di voi, abbiate pietà. Si era detto Pollo al Curry. Egli, il Pollo, è diventato Pollo al Curry ai Peperoni, oppure Pollo ai Peperoni con Curry. Insomma, una miscellanea, ecco. L'aspetto è carino, invitante, il profumo anche. Vedremo se sarà gradito. Volete la ricetta? Ecco qua. Ci vuole il pollo, prima di tutto, una cipolla, uno scalogno, un pò di curry, un pò di peperoni gialli e rossi, sale e pepe. Beh, non è chiarissimo, ma visto che non faccio Olivier di cognome, fatevela bastare. Ho altre qualità, riconoscetelo in coro unanime.
Di rose e caprifoglio.
30 maggio, 2006
W il wafer.
Nel 1970 avevo 7 anni. Ero una graziosa bimbetta coi capelli lunghi, la Graziella e sono cresciuta con serie turbe psichiche per non avere mai avuto in dono il Dolce Forno. Son cose che segnano, c'è poco da fare. La merenda, all'epoca, non si sceglieva negli scaffali del supermercato, ma era la mamma a comprarla dal droghiere della piazza. Il wafer ha fatto così il suo prepotente ingresso nella vita dei bambini di allora. Il tempo dei Loacker era ancora lontano, c'erano soltanto due gusti, alla vaniglia e al cioccolato, ovvio, ed erano venduti in pacchettini rettangolari e sottili. Li ho ritrovati, in un discount. All'esorbitante prezzo di 64 centesimi di euro. Son soddisfazioni. Il wafer è beffardo. Gioca d'astuzia. E' un vero protagonista, un battitore libero, una primadonna. Non si può intingere, non si può spalmare, fa tutto da solo. Amministratore unico, il wafer trova il suo vero e assoluto tripudio in una semplicissima operazione che forse ho inventato io e che scuoterà le anime dei più. I puristi grideranno allo scandalo, ma son qui a confessarvi, in questa serata di fine maggio, che la scrivente conserva il wafer in frigorifero. E lo consuma a multipli di due, ben sposando il friabile con la frescura sottile, la morbidezza del ripieno con il rigore del ghiacciatino. Concetto difficile ma non difficilissimo. E di sicuro effetto. Consigliato per tacitare lievi arrabbiature con qualche z, riprendersi da una giornatina niente male, premiarsi un pochino. Male non fa. Alla sola condizione di non leggere le calorie. Il wafer, accidenti, ne ha una cifra vergognosa. Come farebbe ad essere così buono, se no?
29 maggio, 2006
Di mandorla.
Se telefonando.
Fate cognome e nome di chi ha detto Le Sorprese Sono il Sale della Vita: gli mando un mazzo di fiori. O un vassoio di paste. Lo stesso, figurato, certo, che ho ricevuto io questa mattina, intorno alle 10. Una caramellina dopo un trito di aglio. Una perla fra i sassi. Una pesca vellutata in un cesto di patate. Inaspettata, senza fronzoli, senza richieste specifiche, solo a dire, ho capito, sono qui, qualora.
Must have.
E' vero, fa un pò spiaggia. Ma è il vero messaggio che serve, questa mattina. La sporta di paglia è da sempre il simbolo della bella stagione. Da ragazzina era un vero e proprio rito: ogni anno, si sceglieva il primo mercoledì di vacanza per un giro al mercato, a scegliere il cestino che avrebbe accompagnato la nostra estate quindicenne o giù di lì, lungo un fitto calendario di pomeriggi in piscina, a prendere il sole in campagna, sui greti del fiume, alla feste in collina. Da esibire, appeso al gancio del Ciao. Non è cambiato molto, nel contenuto. La borsa di una donna la dice lunghissima sulla donna medesima. Soldi e documenti, beh, ovvio. E poi, via alle scelleratezze. Fazzoletti di carta colorati,magari in un bella bustina tricot. Burrocacao dal gusto esotico, una scatola di Nivea, tonda e piatta, non il flacone, per carità. Aggiungerei un pareo colorato, l'Olio di Carita, abbronzante, protettivo, brillantinoso e profumatissimo, l'iPod e un libro nuovo. Può bastare. E vale per tutto. Per la spiaggia e per la panchina in città, sorvegliando un figliolo ai giardini o aspettando l'autobus. Stamattina, lunedì, giorno di mercato. Un cestino sciccoso è quello che ci vuole.
Reset.
Avrei una serie infinita di leggi da proporre al nuovo governo. Tralascerei l'obbligo, pena multe salatissime, di ogni cittadino italiano a lavarsi i piedi prima di sfoggiare calzature estive, che sembra un'ovvietà ma basta che vi guardiate per una mezz'ora intorno e capirete che di ovvio non c'è niente. Inoltre, suggerirei uno slittamento dell'inizio della settimana lavorativa intorno alle 10 del lunedì. Le 2 ore guadagnate potranno servire a fare il punto dela situazione, a vederci chiaro, a pianificare nel dettaglio la settimana. Le prime ore del lunedì mattina sono infatti le più odiose. Le cancellerei, semplicemente. Inoltre, introdurrei un bonus per chi ha passato un week end da paura, nel senso negativo dell'espressione: oggi, dedicatevi a ciò che più vi piace, giusto per rifarvi dalle 48 ore appena passate. Sarebbe bello. Questa che va ad iniziare è una settimana anomala, in realtà, con un ponte tra poco, e per chi come la scrivente bazzica per interposta persona ogni scuola di ordine e grado, direi che le vacanze sono praticamente già qui. Resta la fatica. Di tirarsi fuori, di programmarsi un'ora di palestra, per esempio, o anche solo di uscire di casa. Si comincia dalle piccole cose. Cambiando lo sfondo del deskstop, per esempio, e confidando che, la pace perfetta di un tramonto sul mare possa rispecchiarsi nella propria anima e resettare tutto il sistema. Funzionerà?
28 maggio, 2006
...è sempre domenica.
26 maggio, 2006
Diavolo di una scopa.
25 maggio, 2006
Profumo di rosa.
Basta poco, qualche volta. Per vedere le cose più chiare e forse meno gravi di quelle che sono in realtà. Ci vuole coraggio, una buona dose di autocontrollo che qualche volta mi manca, un pò di ottimismo. E credo proprio che, per dirla giusta, Leopardi avrebbe potuto fidanzarsi con me. Pessimista? Mannò, che vuoi che sia. Vedo solo tragedie immani, interpreto come segni del destino le cose quotidiane, percepisco come terrificanti episodi che sono di una banalità disgustosa. La cosa bella è che non sembra. Come dire, camuffo bene. Ma rendersene conto è già, un bel passo avanti. Così, oggi, in quell'ora di ozio puro che sta fra il pranzo e l'inizio del rutilante pomeriggio, ecco che mi sono fatta un regalo. Un bel mazzo di rose. Non già rose qualunque, e come se no. Ma le MIE rose, quelle inglesi, che stanno proprio lì davanti alla mia porta e che fanno salire il loro profumo fino alle finestre della mia camera, nei mattini di maggio. Hanno nomi sognanti: Diamond Jubilee, Blue Moon, Glamis Castle, Ametista. Mi piacciono perchè sembrano sempre un pò sfiorite, stropicciate, ecco. Non hanno affatto quell'aria aristocratica delle rose vere e proprie, quelle del fioraio, troppo stirate, così perfette da sembrare un pò finte. Le mie sembrano dire, eccoci qui, siamo qui per caso, ma nessuno può fare a meno di guardarci, passando di qua. Hanno invaso la cucina coi loro colori tenui di caramella. Nessuno farà a meno di guardarle. E di stare meglio, mi sa. Profumo di rosa, aroma semplice per anime semplici. Non male.
24 maggio, 2006
Regia salvia.
Elisir alla ciliegia.
L'affitto del sole.
23 maggio, 2006
Sob!
Finito l'incantesimo. Rientrati. A Genova ci aspettava un cielo di pentola e un'aria bassa e pesante. Niente vento, niente profumo di fiori e di macchia, mare, certo, ma insomma, vogliamo paragonarlo? Comunque, la ripresa da una vacanza seppur breve. ha sempre un che di traumatico, in un certo qual senso. I ragazzi sono stati accuditi da un esercito, anche se esercito erano loro stessi medesimi, vieppiù. Hanno infatti invitato amici e amici degli amici, con l'allettante promessa di tornei diurni di calcetto, serali di Playstation, cibo buono e abbondante. Direi che è andata bene. Adesso, si riprende, per qualche settimana, o meglio, si inizia la fine d'anno scolastico, le recite, le feste di arrivederci. Malinconiche, appena appena. Con un accenno di pensiero alla sabbia, alla vela, ai surf, al sole, quello vero, caldissimo, reso frizzante da qualche nodo di maestrale. C'è di meglio? ci si chiede. Forse no.
21 maggio, 2006
Cadeaux.
19 maggio, 2006
Villa con piscina.
Semplice.
Sono spuntate sulle rocce del giardino. Non si sa da dove e non si sa come. Sono bottoncini vellutati, un pò viola un pò rosa. Semplici e bellissimi. Non c'è il sole quest'oggi, ma una brezza leggera che scuote appena gli ulivi e i corbezzoli e porta un profumo di muschio e di mare, di mirto e di erba che si sente solo qua. Un pò fuori dal mondo, senza televisione e quotidiani, una sbirciata controvoglia alle notizie, ma velocemente, per paura di scoprire qualcosa che rovini un incanto così. Niente di speciale. Ma lo speciale, qualche volta, è il normale, il tranquillo, il più semplice che c'è.
18 maggio, 2006
Colazione da Tiffany?
Non esattamente. Non ho un abito nero e i guanti lunghi, occhiali Chanel e caffè Starbucks in mano. E non sono a New York. La meraviglia, però, quella c'è. C'è un cielo di seta sopra di me, e mirto e gerani e salvia e verbena. E un mare di pastello proprio lì, non lontano. C'è silenzio, e sole, e una specie di pace quieta che mi fa stare bene. Tiffany è lontano. La felicità, quella semplice del cuore, forse no.
16 maggio, 2006
Let's take a cake.
Abito in un villaggio. Non una città, non un paese, neppure una frazione. Un villaggio vero e proprio. Di quelli lontani il giusto dalla città, ma che se anche ti sei dimenticata qualcosa facendo la spesa, non è il caso di farne un dramma: hai un esercito di vicini pronti ad esaudire ogni tua richiesta, a patto che sia legittima, non sporchi e non faccia rumore. Ho un'amica che sta dall'altra parte del villaggio. Detto così sembra un pò Quella casa nella prateria. In effetti, un pò lo è. Sapeva che avevo avuto una mattinata avventurosa e così, mi ha fatto dono di questa torta. Sbranata dai figli a colazione, mi accingo a riportare fedelmente la ricetta. So che da qualche parte stanno rifacendo il remake di questo telefilm, pietra miliare delle programmazioni telesivise ancora lontane da veline, tronisti e trenini di Buona Domenica. Proporrò lei, nella parte di Laura Ingalls. Moglie esemplare, perfetta padrona di casa e ineguagliabile preparatrice di torte, da donare ad amiche stordite e smemorate, una sera di metà maggio. Anche se non siamo a Walnut Grow, Minnesota.
100 gr di zucchero
125 gr di burro
1 uovo intero
1 cucchiaino di miele
Impastare velocemente gli ingredienti, il burro va fuso a fuoco lento. Preparare due dischi e stenderli sovrapposti su un foglio di carta da forno, dopo aver farcito con marmellata o Nutella, oppure, marmellata e mele. Infornare a 180 gradi per mezz'ora , spolverizzare di zucchero a velo e servire, voilà.
Di estrema facilità, ottima per una chiacchiera in giardino, per una merenda estemporanea e per far felice un'amica storneggiata. Grazie, Natalia.
15 maggio, 2006
Fragole stordite.
Certo, non è grave. Ma fa pensare, quello sì. Stamattina ho provato una sensazione difficile da spiegare, così complicata che anche a ripensarci mi ritorna. Ho dimenticato. Ho resettato. Ho riavviato il sistema, non so come dire. Per quei 3 minuti, o erano 10 o pochissimi secondi, non ho ricordato. Non ho saputo. Il mio cervello è stato come risciacquato, spolverato, scollegato. Non mi sono ricordata del codice del bancomat nè di dove avessi messo la macchina. E più mi ripetevo 3,2,5 no, aspetta, 3,5,2, no anzi 2,3,5 , mi assaliva una strana sensazione di paura, ecco, vedi, non ricordi più nulla, la cassiera mi guardava e io piangevo, come una perfetta cretina, Non Lo Ricordo, Mi Dispiace, e piangevo, si può essere più scemi? e mi dicevo ma come diavolo fai a non ricordarlo, lo componi, ahimè, tutti i giorni. Il terrore, quello vero. Che mi succede, che mi succede, che mi succede, e più digitavo e più arrivava, bastarda, la scrittina sul display, Errore Di Sistema. Una brutta mezzora. Subito a pensare a gravissime disfunzioni del mio sistema neuro vegetativo, della corteccia cerebrale, l'inizio della fine e altre amenità. Un classico. Servirà una cura. La stessa che mi ha salvato questa mattina: la Magna Carta di Credito di mio marito. Da usare a sfondo, arandola, in almeno 3 luoghi diversi. Lo so che con lo shopping sfrenato non si risolve nulla o quasi, ma almeno quella, beata fra le beate, il codice non ce l'ha. Mi sacrificherò. In nome della Scienza, lo ben si intenda.
Quello che ci vuole.
Per cominciare un'altra settimana, forse un cappuccino ben fatto può aiutare. Magari con un disegnino, o senza schiuma, o tiepido e d'orzo. La colazione del lunedì, in effetti ha un che di sacro, se si considera che da quella dipenderà probabilmente, non solo l'esito della mattinata ma di tutti i giorni a venire. Accompagnata da croissant o da biscotti, sia essa fatta a casa o al bar, concediamo alla nostra primissima colazione un'importanza speciale. Mescoliamo con religiosa precisione, sforzandoci di non cominciare, qui e adesso, a stilare la lista delle cose che avremo da fare, divertenti o noiosissime, la grane che avremo da risolvere, gli appuntamenti, le spese, le cose, insomma. Se però proprio non se può fare a meno, avremo una lieta sorpresa se, sempre mescolando o soffiando, alla scheda Mercoledì, il nostro cervello ci riporterà, scritto in rosso, un bel SI PARTE. Non importa per dove, qualche giorno di vacanza sono da sempre un regalo inaspettato, ambito, desiderato. Un lunedì mattina in fondo non male, si visualizza velocemente che cosa portare, che cosa comprare e il nostro cappuccino diventa, d'improvviso, incredibilmente più dolce. E noi con lui.
14 maggio, 2006
Oh, mamma.
13 maggio, 2006
I bambini non muoiono.
Sono di zucchero. E di pane, anche. Un pò di burro. Sono latte e biscotti, sono pappa spiaccicata e sparsa. Sono gengive lucide e occhioni, sono respiro di notte, sono la luce accesa per non avere paura. Sono il triciclo e la bici a rotelle, il bavaglino col nome, i sandaletti coi buchi e la sabbia che pizzica. Sono secchiello e paletta, il cappellino per il troppo sole, bikini a quadretti e tonnellate di crema. Vomitano nelle curve, camminano a gattoni, sono a puntini col morbillo. Scrivono mamma sei bellisima con una sola s, raccolgono fiori senza il gambo.Sono il ciuccio attaccato col cordino, le gocce per il naso, la citronella per le zanzare. Sono la febbre a 40, sono il primo giorno d'asilo, sono l'autoscontro, quello piccolo, al Luna Park. Sono succo di frutta e Plasmon, sono nascondersi dietro le tende, sono scivolo e altalena, sono Lego e bambole che fanno la pipì. Sono abbracci e coccole, sono carezze di borotalco, sono bagnetti e accappatoi con le papere. Sono la tenerezza, il caldo e il morbido, il dolce e l'assoluto. Sono manine appiccicose e piedi infangati, sono paura del tuono e Strega Comanda Color. Sono formaggini e camomilla, mal di pancia e sbadigli, a strofinarsi gli occhi prima di dormire. I bambini non li ammazzano. Non con le pale nei viottoli di campagna, non coi sassi o chissà che, nel lettone. I bambini non li ammazza la mamma a scrolloni, il papà perchè piangono troppo. I bambini nascono, il fiocco alla porta e le smorfie dal vetro, a scommettere a chi somiglia. Non li fanno fuori a calci e pugni quando ancora sono lì, nella mamma, e li sotterrano e poi li vestono, come vivi, ma vivi non sono e morti nemmeno, può morire una cosa che non ha visto un solo secondo del mondo che c'è? I bambini non li rubano, non li vendono, non li trattano da grandi per far loro del male, i bambini non li uccidono, i bambini non muoiono, vero mamma?
Il sabato del massaggio.
Non è una cattiva idea. Anzi, non la è proprio per niente. Dedicare questo fine settimana a una piccola remise en forme, visti i precedenti e i successivi, ivi compresa l'imminente vacanza, è una cosa che fa bene al cuore, allo spirito, e perchè no, al giro coscia. Tornita dalle massacranti ore che abbiamo passato in piscina a sguazzare, in palestra a pestare, sollevare pesi e macinare chilometri sul tapiro, sotto lo sguardo assatanato del nostro Personal Trainer, la coscia non avrà che da ringraziarci se la cospargeremo prima di scrub, poi di fango alle alghe o a qualche altra diavoleria, e infine della sua bella cremina rassodante. Meglio sarà, a tale proposito, fuggire dal peccato incombente e dalla vanificazione pressochè totale di tale pratica: il Week End. Esso nasconde insidie ben note: l'aperitivo in terrazza, quello classico, olive e Martini a celebrare la semplicità e la classe, un Mamma Mi Fai Pane e Nutella, una focaccia di Recco, un dejeuner sur l'erbe...Fuggire, fuggire da simili barbare tentazioni, eroicamente. E se proprio non se ne può fare a meno, ma sì, un'oliva male non fa. Avendo cura di occultare furtivamente le prove. Il nòcciolo, accidenti!!!
12 maggio, 2006
Da un'altra parte.
Potrebbe essere dovunque. A Parigi come in un cinema, a una recita scolastica, fosse anche un mercato o in fila alla posta. Ovunque, tranne il posto dove sei. E magari avevi anche voglia di uscire, in fondo è venerdì e si è già un pò in vacanza. Ma improvvisamente tutto svanisce, la tua allegria, la tua voglia di sorridere e di fare qualcosa. Rimani lì, a niente fare, a sfogliare una rivista controvoglia, a voler andare sì ma dove, a stare lì. L'entusiasmo che hai adesso potrebbe essere lo stesso che ci metti per comprare un'aspirapolvere o portare il piumone in tintoria. Meno di zero. Cosa fare in questi casi non è scritto da nessuna parte, nessun manuale, nessun libretto di istruzioni. Se esistesse, lo comprerei.
11 maggio, 2006
Nata di maggio.
Arrivata da poche ore. Aspettata da uno stuolo di fratelli e sorelle, lenzuola candide e tutine, pugnetti chiusi e smorfie buffe, borotalco e mustela. La tenerezza più grande del mondo, il solo momento in cui una donna si sente invincibile e perfetta, immortale quasi. E brava, bravissima, per avergli fatto due mani e due piedini di zucchero, e cinque dita in ciascuna mano e un cuore e un cervello e i capelli e gli occhi e il fegato, e le orecchie. Tutto quel che serve per il mondo. A Benedetta, alla sua mamma, al suo papà e a quel meraviglioso plotone di fratelli e sorelle, un pensiero speciale, stasera. Adesso che compie già cinque ore, che c'è stato il sole tutto il giorno, benvenuta a questo mondo. E che tu abbia una vita semplice e leggera, serena e dolcissima, rosa di maggio, è quello che sei.
C'era una volta un re...
"...seduto sul sofà, che disse alla sua serva, raccontami una storia, la storia incomincio'... "Non so come incomincia, in realtà, ma so come continua e ho come il presentimento di come finirà. Brutto da dire, questa Storia ha perso lucido, si è come scolorita, spenta. E' una Storia dolorosa. Una delle famiglie dorate italiane e mondiali, i Kennedy di casa nostra, in un certo senso che come i Kennedy, hanno alternato grandi fasti a grandi miserie, non in senso economico, si intenda bene, splendori a bassezze, perle a fango. Una Storia di eleganza e compostezza, di suicidi da viadotti, di divorzi, di sindacati e cassaintegrati, di felpe e di coca, di Juventus e di Ferrari, di figli veri e presunti, di orologi su polsini e cravatte fuori dal maglione. La Storia che sappiamo tutti, che abbiamo letto sui giornali di gossip, con un pò di quel morbido sadismo, bonario peraltro, che accompagna queste cose, lo si sa. Fango sui diamanti, insomma, ancora una volta, per un'altra puntata di questa Storia Infinita e Infinitamente Triste. L'affaire Juventus non mi convince tanto. Forse perchè ho il cuore troppo tenero e perchè a fondo non ci sono andata, forse perchè ho sposato un uomo che era già sposato con la Juventus, e quindi non potrei essere imparziale, ma non mi addentrerò nella questione, non è campo mio, ecco. Ma ieri sera in televisione, ho visto l'uomo distrutto che tutti dicono essere potentissimo e corrotto, che hanno vilipeso e polverizzato in una mezz'ora, come è divertente fare quando le cose non girano più...Altare e polvere di una dirigenza fortemente voluta dal Re. Cosa c'è dietro? Sono forse i figlioli discoli che litigano per un trenino? Chi è il burattinaio di questo teatrino viaggiante, chi il regista di questi ritrovamenti in letti scomodi, ad annusare illegalità, chi l'intercettatore di una richiesta in fondo legittima, Voglio il Migliore? Nessuno lo saprà mai. Quello che sconvolge è la prima pagina, la vendetta, la soddisfazione alla rovina altrui, una partita a scacchi con persone vere, io mangio la Torre, tu mangi il Cavallo. Scacco al Re.
10 maggio, 2006
Lo sguàzzaro.
La nespola.
Attraente, certo non è. La vedi lì, sul banco del mercato, e dici ma sì, compriamola, ma senza un vero slancio, in verità. La compri perchè le arance non ci sono più e le pesche non ci sono ancora e le ultime fragole che hai comprato erano muffosette e mollissime. Le metti con cura in una ciotolina e le porti a tavola. Poi, scopri che in effetti la nespola ha i suoi fans. I ragazzi si ricordano di quando piccini facevano a gara a piantare i noccioli lucidi e bellissimi, per vedere quale per primo avrebbe messo le foglioline. E poi, accidenti, la nespola è pure buona. Bipartisan essa pure, come la Macina, umile e senza pretese, povera di calorie, non bella ma un tipo, come dire. Qualcuno ci ha fatto pure la marmellata. Una meraviglia. Forse anche il nuovo Presidente della Repubblica sarebbe felice se, per festeggiare e complimentarmi, gliene mandassi un cestino. Ma non so l'indirizzo. Se scrivo Montecitorio e basta, arriverà?
Sospesi.
Si sta così. Indecisi, non definiti. Sospesi, appunto. Tanto per cominciare, Marini o Napolitano. E già lì. E poi, primavera o autunno inoltrato? Anche se qualcuno di folle sibila contro tutti che è già estate. Integrale o di semola. Fast food o giapponese. Fusilli o penne. Intero o bikini. A mano o tracolla. Sandalo o sneakers. Margherita o napoletana. Gucci o Chanel. Libellula o camelia. Aereo o traghetto. Lampada o lettino. Aquagym o PowerPlate. Bufala o fiordilatte. SUV o station wagon. Parigi o Londra. Modulo o tempo pieno. Classico o scientifico. Pomellato o Damiani. Fax o mail. Righe o quadretti. Jeans o tailleur. Pamplelune o Issey Miyake. Palpitant o Beige Naturel. Cavalli o Parasuco. Spremuta o succo. Caffè o marocco. Omnitel o Tim. Orzo o farro. A mano o in lavatrice. Pritt o Coccoina. Nokia o Samsung. Ordinaria o prioritaria. Biro o matita. Gomma o bianchetto. Coca o Pepsi. Ricotta o Jocca. Bianco o nero. Rai o Mediaset. Pesca o pera. Golf o tennis. Vitamine o lievito di birra. Normale o brasiliana. Tinta o hennè. Città o campagna. Diesel o benzina. Gasata o naturale. Carta o bancomat. Pinzatrice o graffetta. Mutanda o boxer. Bagno o doccia. Cinema o teatro. Normale o balsamico. Zenzero o curry. Decolletée o ballerina. Rolex o Swatch. Juve o Milan. Fotocopia o scanner. Sù o giù. Mah! Per me che non sono per le indecisioni, che il dover scegliere mi crea un'ansia sottile e un pò di batticuore, che nei negozi non provo mai, se non gli occhiali, a centinaia, per me che visto e piaciuto è una regola aurea, beh, diciamo che tutta questa sospensione un gran bene non mi fa. Proprio per niente, oserei dire.
09 maggio, 2006
Dimenticare.
Parlami.
Uno soltanto.
Bellissimi da vedere, tutti insieme. Le cioccolate Lindt Excellence. Un vero turbamento.La cosa che più sconvolge, in realtà, sono che te le compreresti proprio tutte. Quello al limone, all'arancia, al Grand Marnier, quello fondente e al latte insieme, mai visto, quello alla menta. E' buona norma astenersi. Guardare e non toccare, si sa, è un dogma da seguire, assolutamente. Però, a vederle così, tutte belle allineate, ordinate, educate, graziose, con il loro bel packaging sobrio e sottile, una certa voglia ti viene eccome. Ci si aggirerà per gli scaffali stracolmi di ovetti e di Lindor rossi e blù, si infileranno non viste le mani nel mucchio delle caramelle fondenti alla frutta, per poi tornare lì, davanti a loro e dirsi che sì, in fondo, un regalino per i bambini male non fa. Si comprerà quello all'arancia e mandorla, fondente al punto giusto, che piace a tutti. Quello alle menta per un Infante, quello alle nocciole per il tuo consorte. E poi, si penserà. Beh, in fondo, che male faccio? Si prenderà la tavoletta più bella, quella più cool, quella col disegno violetto e le scritte un pò inquietanti, Noir, Edition Limitée... Si penserà che lo sportello della credenza è arancione e che in fondo non ci sta nemmeno male all'interno. Viola e arancio sono da sempre una buona cosa. Si prometterà a se stesse e una mezza dozzine di santi e affini che se ne consumerà un quantitativo ragionevole, un quadrettino al giorno, così, senza pensarci tanto sù. Myrtille Intense, mai visto prima. Ci darà un piacere sottile, innocentissimo e paradisiaco.
Fulmini e saette
E anche una manciata di grandine, che male non fa. Ho idee confuse riguardo al temporale. Non so bene se amarlo: di un amore assoluto, che mi fa venir voglia di uscire in giardino e prendermi tutti quei goccioloni addosso, e sentire il profumo, perchè, lo sanno tutti, il temporale ha un suo profumo ben preciso, che sa un pò di acqua fredda e un pò di garofano, un miscuglio, ecco. Oppure se averne un pò paura, tirarmi il piumone fin sopra la testa e sbirciare fuori solo un pò, Direi che mi piace. E poi, che cosa bellissima guardare le foglie. Perchè le foglie, col temporale, cambiano colore. Diventano da verdissime ad argentate. Molto chic. Il temporale di stanotte (o era stamattina?), è stato veloce e intenso, come lo sono in genere i temporali d'estate. E questo mi fa pensare che ho avuto ragione a fare incetta di costumi e parei anche se in giro ci sono ancora stivali e piumini. Signore e signori, sono felice di annunciarvi che, ufficialmente, estate lo è per davvero. Meraviglia.
08 maggio, 2006
L'australopiteco.
Cominciare la settimana ripassando in macchina l'australopiteco con l'Infanta, si può riassumere in un'unica frase: Cominciano Bene. I lunedì mattina a Villa Villacolle, di solito hanno un che di traumatico. Stamattina, affatto. Tutto era di una calma sospetta, tutto era al suo posto, nell'incastro delirante di zaini, merende, libri, e chi prende chi. Non sapevo che mi aspettava Lui. L'australopiteco. In fondo, il lunedì mattina alle 8 è cosa nota, ancora non si è del tutto collegati e anche una mezza paginetta di terza elementare può rivelarsi di una difficoltà ciclopica. Ma non è stato grave. Dopo il week end tranquillo, dopo i vari Moggi peccatori, gli Elkann col maglioncino, la trasferta all'agriturismo dal nome romantico, con le ortensie e i cavalli, direi che, concentrarsi per un quarto d'ora non è cosa da poco. Ma non è importante. L'Infanta saprà la lezione cantando, le sinapsi celebrali avranno ripreso a funzionare a dovere, e si sarà capito che in fondo, a voler ben guardare, forse loro del tutto estinti non sono affatto. Gli australopitechi, intendo.
06 maggio, 2006
Il perchè.
- Perchè si devono leggere i quotidiani al supermercato, che poi lo leggi e stropicci e hai voglia a cercare di piegare ma lo lasci lì tutto molliccio e schifoso e sembra vecchio di settimane e invece è il giornale di oggi, non ce l'hai 1 euro per comprarti il giornale?
- Perchè ad un certo punto dell'anno certe donne decidono che si devono mettere le calze a rete, perchè "con" fa caldo e "senza" non si deve, ma li abbinano in maniera improba e dire che è di gusto barbaro è insignire Teodorico re Dei Goti del Titolo di Grand'Ufficiale della Repubblica Italiana?
- Perchè la gente saluta con SALVE, che tradotto vuol dire, non ti ho riconosciuto, non mi ricordo chi sei e non mi interessa e non so se ti dico buongiorno o ciao e allora mi salvo con salve che faccio sempre la mia bella figura e poi magari chiederò spiegazioni?
- Perchè certi uomini vanno in giro con l'auricolare nell'orecchio che sembrano appena usciti da Star Trek e fateci caso, più sono brutti e più ce l'hanno?
- Perchè i maschi italiani di razza bianca, età variabile dai trentacinque ai quaranta che guidano i SUV hanno sempre quel ghigno beffardo stampato sulla faccia, parcheggiano come Holer Togni e al semaforo se ti affiancano ti guardano come dire, Guarda Bambina Quanto Sono Fico?
- Perchè le impiegate della posta del centro sono truccate come Marylin Manson e più sgarbate di Valeria Marini e ti dicono altezzose, Deve Mettere La Data, anche se loro hanno la penna in mano e ci impiegherebbero un pico secondo a farlo loro?
- Perchè ci sono commesse che vendono Prada e se la danno come se facessero Prada di cognome e Paris Hilton di secondo nome, e che c'è da giurarci farebbero errori di grammatica anche a scrivere il loro nome, quello vero?
- Perchè il pollo arrosto dell'Esselunga è così buono?
- Perchè quando fai benzina in autostrada e sei da sola ti chiedono se l'olio e le gomme sono a posto e ti lavano il vetro o fanno finta, mentre quando sei con tutta la Regia Famiglia, incluso l'Imperatore Maximo, non ti si filano per niente e nemmeno ti dicono buongiorno?
- Infine, perchè, perchè, perchè non sono in grado di far vivere per più di due settimane scarse una modestissima piantina di primule?
Pensavo a questo, in un sabato ozioso, quando i figli sono tutti destinati e tu puoi finalmente dedicarti alle cose che ti piacciono di più, senza orario, senza impegni, senza niente, che potresti anche immergerti nella vasca da bagno con l'essenza di rosmarino di Hafa Cafè e la musica pianissimo, che potresti decidere anche di andare al mare, quello vicino, o di dormire, o di scrivere o fare una torta, senza che nessuno ti interrompa a metà, ti bussi, ti chiami, ti suoni il telefono, arrivi l'omino dei surgelati, il postino o la vicina che ti chiede un uovo. E la mente può andare scioltissima dove vuole, a ieri, a domani, a fra 3 anni e fra 10 minuti, e niente, in assoluto può turbare questa estasi semplicissima. Nemmeno 10 perchè, cacciati alla rinfusa, così, senza rancore.
Il mio nome è Adelphia. Phil Adelphia.
05 maggio, 2006
Siccome immobile.
04 maggio, 2006
Dove.
03 maggio, 2006
Serata trash.
Inutile andare tanto per il sottile. Quando si deve confessare una cosa, meglio farlo e togliersi il pensiero. Stasera ho guardato La Fattoria. Ecco, l'ho detto. Se guardare significa complessivamente 34 minuti di trasmissione, ebbene sì, l'ho guardata. Giusto in tempo per vedere l'eliminazione di Selvaggia Lucarelli, personaggio interessante, direi, l'unica dei presenti che sa infilare una bella frase soggetto predicato complemento, che ritengo piuttosto intelligente anche con uno suocero che fa Pappalardo di cognome. In 34 minuti ne ho viste abbastanza. Serpenti a sonagli e lavandaie, il nulla cosmico e la fiera del silicone, il mercato del tacco 12 e della coscia scolpita e troppo fintamente per caso esibita. Ne ho avuto abbastanza. Ogni tanto un pò di trash male non può fare, anche se mio figlio grande era piuttosto preoccupato, Come, Guardi La Fattoria????Sì, l'ho guardata per poco più di mezzora, adesso vado a dormire, mi sa, e senza leggere. Prima, però, mi faccio una camomilla. Non vorrei che in sogno mi apparisse il marito della Cavagna. Tre bustine, basteranno?
Grazie, ma no.
Il bianco incontra.
Lo si sa, il bianco è il colore dell'estate. Evanescente quanto basta, sia esso una t-shirt banale o un semplice pantalone di cotone, il bianco da tempo immemore c'ha il suo bel perchè e mi si passi la sgrammaticata mattutina, in fondo di licenza poetica potrebbe ben trattarsi. Il bianco è usato dai più verso la fine dell'estate, per risaltare i residui di un'abbronzatura che è stata e non è quasi più, per sentirsi elegantissimi e virginali anche in pizzeria e il Cielo voglia che non si debba imboccare la creaturina inappetente, pena il veder stampato sulla manica o sulla coscia, a piacere, un triangolino di margherita doppia bufala o una bella impronta di spaghetti pomodoro e basilico. Di bianco ci si veste ovunque, forse non ai matrimoni, ma si ovvierà all'imbarazzo evitando chilometri e chilometri di taffetas, tulle e affini. Se bianco deve essere, che sia lino. E con accessori colorati. Sconsigliato per scampagnate e grigliate all'aperto, assolutamente deprecabile per accompagnare i bambini dal gelataio all'angolo. Nutro forti dubbi per le merende a pane e nutella. Ciò detto, un must have della stagione appena iniziata è una bella maglietta, un golfino romantico, una canottiera. Bianca, assoluta e purissima. E, già che ci siamo, una confezione di Viavà. Non si sa mai.
02 maggio, 2006
Due Maggio ??!!
Proprio maggio non pare. Già liberati dall'armadio deliziosi sandalini capresi e pantaloncini leggeri leggeri, magliette impalpabili e canottiere tutte tempestate di pietre preziose, già rovistato nella scatola dei costumi per fare il punto della situazione, ecco, si guarda fuori, si guarda in sù e la voglia scappa da tutte le parti. Voglia di fare qualunque cosa, dall'uscire dal letto all' andare in ufficio, dall'azionare il microonde a firmare un diario, a versare il latte al gatto.. Il nulla cosmico. Una vera ricetta non credo esista, per scrollarsi un pò di dosso questa polverina di indolenza e di latente incazzatura, che non è proprio che si è arrabbiati, no di certo, però, si accettano proposte per esserlo, ecco. Che fare? A nulla servirà l'organizzarsi, pianificare, ritagliarsi un paio d'ore di scialo totale in palestra, che poi tanto scialo non è ma fatica da miniera e che non mi sentano gli operai del Sulcis, per i quali nutro grande ammirazione. Ma questo è. Recuperare in men che non si dica una lampada munita di Genio, quella delle favole. Strofinare con grazia e chiedere, con umiltà, una mezza dozzina di desideri esauditi ( lo so, erano tre, ma signora mia, con l'euro, tutto è aumentato). Comincio io. Dunque, una Prada in canvas, una gonnina di voile e un sole lucidissimo, di quelli da mal di testa, di quelli che ti fan dire, che caldo che fa, quel sole discreto ed educato di maggio, che ti porta il profumo dei tigli, quello lì. Forse non funzionerà, ma provare, in fondo, non costa nulla.
Odore di dicembre.
Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...
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C'era un libro, una volta, così intitolato. Mi pare fosse di Luca Goldoni, indagherò. Colgo l'occasione per spiegare. In realtà da s...
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La Casa in Collina, con tutti i suoi abitanti, era da sempre teatro di storie e leggende, di piccole e grandi tradizioni, qualcuna impara...