29 agosto, 2009

Sei a casa se.

Ti svegli la mattina con il vrsshhhh vrsshhhh dell'irrigazione.
Dormi finalmente nel tuo letto.
Hai dovuto fare una spesa che nemmeno Napoleone a Marengo.
Trovi ragnatele e ragni rattrappiti, stecchiti, sospesi, un pò dovunque.
Non funziona più nulla, dal decoder, alla stampante, al condizionatore.
Il gatto di casa non ti riconosce più.
C'è polvere anche sul tappo della bottiglia dell'olio.
L'aiuola delle rose è uno strazio vero di erbacce e di sterpi.
Il basilico è tutto mangiato dagli insetti.
La talpa ha costruito un resort nel pratino.
L'origano ci ha lasciati.
La quantità degli indumenti da lavare e ovviamente stirare, che lavare è un attimo ma stirare un secolo, ha raggiunto dimensioni tali che è difficile scorgere all'interno del locale uso lavanderia persino la lavatrice, obnubilata da teli mare rigidi come stoccafissi, tende, fodere di divani, asciugamani, viso e ospite, ovvio, varia biancheria, da maschio, da ragazzo, da bambina e da donna fatta, nero-peccato, bianco virginale, rosso-viale, calze spaiate, lenzuola che sanno ancora di doposole, strofinacci con scritto L'Amore è Una Conchiglia, deliziosi cuscini a coralli, cappellini di cotone, cinque o sei maglie da calcio, con relativo pantaloncino e calzettone, circa un migliaio fra polo e t-shirt, una ventina di camicie, una dozzina di jeans, capri pants, shorts, parei, canottiere e top. E allora forse è il caso che alzi il regio cul@ dal regio divano e invece di star qui a raccontare e scrivere e cincischiare e baloccarmi con le parole come mi piace tanto fare, ben meglio sarà che mi dia una smossa e mi cali per bene nella parte.
And welcome back home.




27 agosto, 2009

E l'ultimo....

...chiuda la porta.

L'arcobaleno.

Qui si vede appena, ma c'è, eccome se c'è. Arrivato all'improvviso, dopo l'acquazzone benedetto che ha fatto scappare tutti dalla spiaggia, alla spicciolata, in fretta, ma mica tanto, si è camminato lungo il mare, che bello il mare quando piove, non sai bene che cosa ti bagna di più, se le ondine timide sulla riva o le gocciolone che cadono giù e che ricamano la sabbia e ti appiccicano il vestituccio addosso e fradiciano i capelli un pò di sale e un pò di acqua dal cielo. Che odori scatena il temporale da queste parti, di erba bagnata, di arbusti, di muschio, di stalla, anche, passando di fianco al maneggio. Che bella sorpresa, dopo l'estate rovente, la prima pioggia. E poi, a casa, mentre si cercava di ritirare tutto, il bucato steso, i cuscini inzuppati, eccolo lì, l'arcobaleno, proprio dietro casa. Che bell'effetto ha avuto su di me, questa pioggia improvvisa. Come innaffiata, come se mi avessero spruzzato vitamine dal cielo, come se proprio dal cielo venisse una gioia sottile, una timida allegria. Stasera si parte, un pò dovunque sparse valigie e zaini e pile di libri, la chitarra, le cose. Fuori, un chiassoso disordine, ognuno si fa la valigia sua, ci mancherebbe ancora. Dentro, una voglia di tornare a casa, mista all'impercettibile malinconia di lasciare questa vista, questo mare, questo vento profumato, il muretto, il limone, le rocce, l'ulivo. Inizia un altro viaggio, un'altra stagione, un 'altra puntata, un altro capitolo, un'altra storia. E c'è chi ha il coraggio di chiamarla soltanto Fine delle Vacanze. Ma forse, quelli che la chiamano così, non hanno mai avuto un arcobaleno sopra la testa. E' così che funziona.

25 agosto, 2009

Status: arrived.

Alla fine, è arrivato. In leggerissimo ritardo, ma non era importante, suo padre ed io eravamo lì già da un pò, minuto più, minuto meno non faceva differenza. Abbiamo sbirciato dalla porta scorrevole dell'aeroporto, lato arrivi, un aeroporto rimesso a nuovissimo per quel G8 a Maddalena che non c'è stato. L'ho visto subito che aspettava i suoi bagagli, una maglia rossa con la scritta Phillies "per farmi riconoscere". Mi ha sorriso di un sorriso di luna, che belli sono i sorrisi che non vedi da un pò, mi sono venuti i lucciconi, ma agli arrivi è vietato, si piange solo alle partenze, questo si sa, e poi il mio Sposo Illustrerrimo mi ha fulminato "cosa piangi a fare". Già, che piango a fare. Non so, invero, ma se c'è da frignare certo non mi tiro indietro, e adesso sono qui, che abbraccio il mio pallido, spilungone, meraviglioso figliolo che riede dopo un tempo che sembra lunghissimo, lontano come nessuno di loro è stato mai, nemmeno i suoi fratelli più grandi. Che piango a fare, se finalmente ce l'ho qui, e non mi dannerò più di telefonate e messaggi e mail e Facebook, per vedere se ha messo qualche fotografia, per vedere cosa scrive, come sta. Racconta a raffica, non sa da dove cominciare, e io accoccolo i miei occhi su di lui, e sono così felice che sia qui, sembra più alto e ancora più bello, e mi ubriaco di queste mille cose che racconta e che sentirò ripetute tra non molto ai suoi fratelli. Poso i miei occhi su di lui, e lì ce li lascio, come sorpresa di averlo qui vicino, beata e felice, innamorata di questo sorriso, impertinente e dolcissimo, che non vedevo da un pò.

23 agosto, 2009

Presenze.

Nemmeno ho il coraggio di mettere una foto vera. Meglio un disegno. Ho visto un topo. Che detta così non è che sia una notiziona. la cosa sconvolgente per me è che l'ho visto, e mi vengono i brividi, nella mia cucina. Cioè, non proprio nella mia cucina, è complicato da spiegare, questa casa è complicata per come è fatta, forse perchè complicati son gli essere umani che la popolano, alla data. Una specie di ripostiglio, ma situato in alto e alle spalle di chi lava i piatti, per dire. E subito lì di fianco una finestra di vetro a lamelle, si aggiunga. Ecco. Lui usciva di lì e passava di là. Ieri sera, dopo la cena di tredicì, dove ognuno porta qualcosa e poi tutti ti aiutano a sparecchiare e se ne vanno coi Tupperware ancora caldi di lavastoviglie. Mezzanotte passata da un bel pezzo, dove vanno i topi a quell'ora, e soprattutto, che diavolo ci fa un topo in casa mia, nella mia cucina. La risposta è più che semplice, siamo in un bosco, fuori è tutto un fitto reticolo di lentischi e mirti e bacche e cespugli e rocce, e cinghiali, e poi ci sono le case vuote, se passi dai tetti puoi guardare dentro tutte, questo villaggio è fatto così, l'Architetto lo ha pensato così ed è per questo che ci piace tanto. Vabbè. Ma intanto il topo l'ho visto io, non che mi abbia guardato, questo no, non avrei sopportato quello sguardo falso e quegli occhietti piccoli, no, gli ho soltanto visto il sedere, e la coda, Gesummaria, la coda, che è quella che mi turba di più in assoluto. E tutti a dirmi, ma dai, non fare troppe scene, in fondo è uno scoiattolo senza coda, una specie di criceto, la coccinella, non è forse uno scarafaggio con un vestito a pois? Com'è, come non è, non ho mica dormito tranquilla. Psicotica? Disturbata? Fobica? E chi lo sa. Solo, a me gli scoiattoli non sono mai piaciuti e i criceti lo stesso. Studierò il modo per eliminarlo, che non sia crudele, certo che no, ma questa convivenza, mi aiuti a dire, proprio non la sopporto. E nel frattempo, per mettermi il cuore in pace, mi guarderò di nuovo Ratatouille. Ma non servirà, lo so.

19 agosto, 2009

Partenze.

Si parte a scaglioni, a plotoni, a piccoli gruppi, a due a due, in fila indiana, dalla Casa Nel Blù. Mai siamo stati così in pochi, lo Sposo ed io ce lo dicevamo stamattina a colazione, che strano, così pochi figli, e raramente tutti insieme. Chi va e chi viene, chi parte e chi arriva, chi trànsuma, staziona, fa un saluto e se ne va. Chi doveva stare mezz'ora e si ferma una settimana, chi ha il biglietto di andata e giammai per il ritorno, chi fa finta di non trovarlo, chi neppure lo cerca. E' una grande soddisfazione, questa, per questa casa, che è nata per questo, in fondo. Una vacanza così, dove non ci sono orari precisi ma dove tutto funziona con precisione chirurgica, meticolosa sicronia, pur essendo la metà di mille, tutto va avanti da sè. Le lavatrici, gli stendimenti, le lavastoviglie di soli bicchieri, le colazioni da collegio, la Nutella da Cinque Chili che fa la gioia della mia Vicina del 12. Sì, da non scordare i vicini, gli amici, i non residenti ma i viandanti, Che Fate?In Quale Spiaggia? La bellezza di questa estate che sta finendo più o meno, sta tutta qui. E' nel salutare con il magone la Biondina Riccioluta, l'unica che sa domare il mio Imbizzarrito Figliolo Giurisprudente. E anche l'Amico, biondo anch'esso, che ormai è parte integrante di questa chiassosa famigliola, che estate sarebbe se no. Ad ogni partenza c'è sempre una lacrima minuscola, che si vede appena, non amo i cambiamenti di stato, e mi immagonisco, sempre. E questa casa di vacanza, quella che sa di mirto e di menta e di limone, corbezzoli e candele, cuscini e orchidee, questa casa , isola nell'Isola, si svuota piano piano, saluta appena con uno svolazzare di tende, e fa finta di nulla, ma chi ci ha vissuto sa che un pò di magone viene anche a lei.

15 agosto, 2009

Ferragosto?

La bolgia non mi avrà. La confusione, la gggente, le code, il caldo, che nemmeno un pò di vento, ma non era l'isola del vento questa qua? Me ne sto ritirata, in disparte, sciallatissima, e guardo tutto da quassù. Ingredienti per un bel ferragosto alternativo, senza grigliata, senza pastalforno, senza cocomero, senza un bel niente: si prenda una stanza da rassettare, prevedendo arrivo di un numero imprecisato di amici che qui farà tappa per un numero imprecisato di giorni. Si osservi con mestizia il condominio di panni che proprio non si può fare a meno di stirare, ivi compresi quei lenzuolini ricamatissimi che nulla è più scialbo di un ricamo stropicciato, son ricami Ikea, mica della nonna, e basta una passata di appretto, un colpo di ferro e voilà, si danno arie da corredo della regina. Si prenda infine una voglia di tranquillità, di niente che non sia leggere o chiacchierare o telefonare a qualche amica selvatica come me, o fare a maglia, o fare schizzi di progetti, o coccolare questo o quello, anche via cavo, un figliolo dall'altra parte dell'oceano è una bella prova per una schizzata. Ecco qui. La giornata si dipanerà con la serenità e la lentezza che amo, si concluderà con la casa profumata, una tonnellata di stelle proprio sopra la mia testa, il fruscio delle foglie, gli schiamazzi lontani e per questo gradevoli, in fondo. La spiaggia oggi no, mi scopro addosso una sottile allegria, di quelle genuine come i biscotti fatti in casa, ho con me una tale scorta di affetti e di sicurezze e di cose belle che niente e nessuno può scalfirmi, nemmeno un pò. E se proprio Ferragosto dev'essere, massì, una fetta d'anguria ghiacciata, non facciamo troppo i sofistici. A sputare i semi lontano sono campionessa mondiale. Con grazia, si sa.

10 agosto, 2009

Stelle.

Ossì che le guarderò, anche stasera, come ogni anno, da una vita. Non che in altre sere non le guardi mai, questo no, ma quelle di stasera, chissà perchè, hanno un valore speciale. Sarà perchè difficilmente si è da soli, si rastrellano amici e amici di amici, i figli no, quelli vanno alla diga a guardarle, e quanti fidanzamenti e sfidanzamenti la notte di San Lorenzo. SI preparerà qualche dolcetto, un mirto ghiacciato, si disporranno cuscini e tappeti perchè le stelle le vedi meglio col naso per aria, certo, che scoperta, ma da coricato ne vedi molte di più. Ci vuol mestiere, anche a guardare le stelle, cosa credi. Serata di stelle, perciò. In questa estate farlocca, tarocca, che non è d'oro come le altre, e prova un pò a morderla, vedrai che è così. E non bagnarla che diventa brutta, come i braccialettini luccicanti delle bancarelle, che ti lasciano poi tutto il segno sul polso eppure, erano così luccicosi sotto le luci del mercatino. Un'estate un pò falsa, che non sai bene se sperare che finisca in fretta o aspettare che inizi. Strani pensieri affastellati senza ordine, accumulati come le cose da stirare che non ne hai voglia nemmeno se piangi, e passi per le magliette, ma le camicie un colpo di ferro ce l'han proprio bisogno. Seratona nel patio di casa, a guardare in sù, a sperare di vederne una dozzina e forse di più, a gridare VISTA! e a tenere il conto per sapere chi ne vede di più. Ne vedrò una sola mi sa, non ho mai grosse fortune in campo stellare, ma dovrà essere bella grossa, di quelle che fanno la scia. Non ho nessun desiderio da affidarle, ma almeno, che si faccia vedere, e che trasformi per me questa estate di latta in un'estate d'argento. D'oro no, pare troppo.

06 agosto, 2009

Eccheccavolo!

E basta che non se ne può più. SI è raggiunto il colmo, la misura, fine delle trasmissioni. Si è passati giorni, sprecati, ci si è seduti in giardino aspettando che passàssero, il mare mi guarisce di tutto, ho sempre detto, ma nemmeno del mare avevo voglia e lo vedevo lontano e ostile, perfino, non me lo spiego ancora, ci si è fatti anche pungere da un calabrone, una cosa da mezzo chilo o giù di lì, si E adesso basta. C'è un'aria frizzante che sa di cose belle, c'è una sporta di giunco nuova di zecca che mi accompagnerà alla spiaggia, ci sono grandi progetti, grandi cose che frullano e frullano, basta i magoni, basta le lagne e i poveramè, basta coi piagnistei e le frignate e gli sguardi vacui senza guardare niente, e i momenti che non stai bene nè qui nè là, c'è un blù che acceca se alzo appena lo sguardo, c'è un Buddha Bar sommesso che cerca di svegliare due delle casa che ancora dormono, e che spande tutt'intorno una pace mai vista. C'è molto da fare, fuori e dentro di me, c'è un vaso di fiori e una vita tranquilla, di quelle che hai sempre voluto, e allora, si alzano le chiappe, ci si dà un certo contegno, ci si soffia il naso per l'ultima volta, ci si apparecchia carine, si fa scorta di bello e di buono, che l'estate non è certo qui per restare per sempre, ci si liscia il vestito, un velo di gloss, e allora, coraggio, bellezza, si va.

02 agosto, 2009

Di cuori, ibisco, basilico e croissant.


E' iniziata la vera estate. I veri giorni. Il vero sole, il vero profumo. Nulla da togliere all'altra vacanza. Ma questa qui, quest'anno, qui, ha un gusto diverso. Che sa dei croissant della panetteria comprati al mattino presto, coi giornali, anche. un rito che si ripete quasi ogni mattina, ogniqualvolta a qualcuno di questa casa venga in mente di spingersi fino in paese e fare una sorpresa al resto degli inquilini. Finalmente iniziano i giorni che conosco bene e che amo. Questo è un luogo speciale, dove non si arriva, in realtà, ma si torna sempre. Si torna dopo l'inverno, si torna dopo altre vacanze, per altri meravigliosi luoghi, si torna dopo viaggi intercontinentali, dopo gli esami, dopo la maturità, dopo tutto. Anche dopo aver dato una sterzata alla propria vita, professionale, s'intende, non già sentimentale, che il Cielo mi ascolti e che mi ascolti benissimo, per carità. Qui di sentimento, lorsignori non ne abbiano a male, ce n'è a bizzeffe. E quando c'è quello, un pò come la salute, signora mia, ma mi vuole un pò dire che cosa si pretende di più? Qui c'è tutto quel che serve. Un ciotolone di basilico di un verde accecante e di un profumo, ma di un profumo, che la prossima insalata caprese sarà una meraviglia mai vista. E un'altra ciotolona di ibisco, di un rosso vivo, che ha trovato la sua collocazione lì, nè troppo all'ombra nè troppo al sole e che ascolta le chiacchiere della sera, quelle prima di andare a dormire, o quando si guardano le stelle o semplicemente si sta lì col naso all'aria, ad annusare il venticello della notte, in camiciola, che non fa freddo ma quasi. Si fanno dishcloth a forma di cuore, a tonnellate, con lune e stelle e cose così, si sospira a fondo, meravigliati di questa tranquillità ritrovata, di questa calma magnifica, di questo niente che c'è da fare, chiacchiere al muretto, adorabili lentezze che fanno stare bene. L'ibisco rosso mi guarda, giocherella un pò col vento, si dà arie da fiore impegnato e un pò snob e non sa che è un pò il simbolo dell'estate che è qui, questa qui, che inizia adesso. Almeno per me.

Non dirò.


Dei giorni cupi che ci sono stati. Delle ore che ho dormito e dormito, come non fossi capace di fare nient'altro. Dei pensieri tremendi che ho avuto. Di quel viaggio di ritorno dalle isole, della confusione su quell'autobus, della faccia di quel tipo delle valigie, e della signorina del check in. Non dirò di quel buco nello stomaco, di quell'inspiegabile senso di spossatezza e fallimento e tristezza, tristezza infinita, da non riuscire a contenere, ad arginare. Non dirò di me, seduta nella hall dell'aeroporto, a piangere dopo aver accompagnato il Liceale verso il viaggio dei suoi sogni. Di questo, di tutto questo non dirò. Anche perchè, a pensarci bene, non è nemmeno che me le ricordi così bene, tutte queste cose. Ben perciò, scusate tanto che vado di fretta, stasera ero al cinema con la mia Amica dell'Isola e domani la mia sveglia suonerà, sìccerto, anche qui in vacanza, dacchè il mio Sposo arriva finalmente ed io sarò lì, ritta e fiera ad aspettarlo al porto. Ci saranno bei giorni ancora su quest'Isola della Meraviglie, e le angosce cacciate via, scivolate giù come la schiuma dei piatti dal buco del lavandino. Ci saranno bei soli e belle stelle, silenzi sereni e calmi, luminosi sorrisi, fiori profumati e carinerie,e di questo, di questo soltanto, finalmente dirò.

29 luglio, 2009

Dal beige al blù.

Che ora è non si sa bene. E forse non se ne ha nemmeno voglia, di saperlo, intendo. Si sta coi gomiti ben poggiati sul tavolo, si vuole ritrovare un gusto antico, che calma un pò, ci si fuor fare una carezza, così, leggera. Gli occhi si muovono, dal beige al blù, dal blù al beige. Non si pensa mica, in momenti così, solo lo sguardo si muove, ed è l'unica cosa vitale, per il momento. La mente è sgombra, si respira piano, si è svegli da molto ma ci vuole tempo ancora, si è già fatto un giro in paese e ci si deve ripigliare un pò, di questi tempi ci si è un pò inselvatichiti, non si sopporta la gente, il rumore, le macchine, le cose. Così, mentre si pensa al pomeriggio che viene e alle cose da fare, si lascia che siano gli occhi, gli occhi soltanto a muoversi intermittenti e si resta così, a raggranellare energie, e si passa con un movimento perfetto di ciglia, palpebre e pupille, guardando dentro la tazza e al di sopra di essa, dal beige al blù, dal blù al beige. Dal caffelatte al mare. E viceversa, ovvio.

Mare stirato.

Senza nemmeno una piegolina. Senza un barlume di onda, un moto, un sussulto, una cosa così. Si vede da qui che non c'è un filo di aria, che le onde minuscole fanno lo stesso rumore della Fanta, quando apri la lattina, e nient'altro. C'è un sole opaco, giusto per dire che c'è il sole, e uno strato di nuvole pigre che ne occulta lo splendore. Non che faccia brutto, solo così, anestetizzato, lentissimo, immobile, direi. Qui nella casa fra le rocce nessuno è sveglio, e chi si è svegliato presto si è guardato in giro e si è riaddormentato secco, e chemmimportammè. La Bruna Fidanzata è partita questa mattina, lasciando un JuniorIng. malinconico e contrariato. Domani partirà il Liceale, verso un'avventura attesa e temuta, lascia più di un cuore infranto sull'Isola, come nelle migliori tradizioni. Queste sciocche, strane, non consuete vacanze scorrono così, con la consapevolezza di doversi in qualche modo calmare, rilassare, di dirsi che è tutto a posto e quel che non è ci andrà, che le cose stanno prendendo il giusto cammino. E quel buco nello stomaco non accenna a restringersi e quel peso sul petto non accenna a diminuire e come vorrei avere un ferro da stiro e stirare per bene le pieghe della mia anima stropicciata e confusa, un ferro gigante e potentissimo, a vapore, magari, di quelli neri da tintoria, lo stesso che stanotte ha stirato il mare.

27 luglio, 2009

Mirto therapy.

Che male può fare, in fondo. Io non bevo nè alcolici, nè super alcolici, un bel niente di niente, sono un pò noiosa da questo punto di vista, il mio massimo dei massimi è stato il mojito dell'anno scorso al matrimonio dell'anno, e da allora un bel niente liscio, solo qualche bicchiere di vino bianco profumato e solo in occasioni più che speciali. Per il resto, niente di niente. Stasera uno dei miei figlioli mi ha offerto un bicchierino di mirto, Mà, Vuoi Un Goccio, che detto così potrebbe sembrare un film americano, di quelli che la protagonista è una donna inciabattata, vestagliata, bigodinata e che si scola la bottiglia avvolta in un sacchetto di carta. Si vede che mi han visto sbattutella, dico tra me, e che sperano che un pò di mirto mi tiri sù il morale. Male non può fare, ed è vero. Non che sia un alcolico vero e proprio, ma una carezzina, diciamo che te la dà. Non ti fa girar la testa, certo che no, ma in fondo ti dà quel senso di leggerezza, appena appena, ti ronzano solo un pochino le orecchie, ti viene un pò da sorridere, da darti una pacca sulla spalla e dirti massì, che andrà tutto bene, non ti affliggere così. Un bicchierino di mirto ghiacciato e la vita assume subito tutt'un'altra prospettiva, tutta un'altra storia, tutta un'altra situazione. Buono a sapersi.

26 luglio, 2009

Regina.

Càpita così di rado. Che ci siano tutti, intendo. E che lo Sposo Illustrissimo non sia qui con noi, sennò sarebbe troppo facile. Stasera, che bello, c'erano proprio tutti, tutti e 5 i figlioli, tutti in fila, con amico e fidanzata. Una sera semplice e bellissima, senza TantiAuguriATeeeee, Ti Prego Mamma, No, ma si doveva festeggiare in qualche modo il compleanno targato 16 del mio figliolo liceale. Così, eccoci lì, una pizza veloce, appena via dalla spiaggia, da dove si può vedere un tramonto senza pari e sentire il profumo delle dune, delle piante che ci crescono e che di sera, complici i grilli, lo si sente più forte, sembra. Tutti, i figli. A salutare per bene la signora del ristorante, quella che fa la zuppa gallurese più straordinaria del pianeta, di una saggezza semplice, che ogni anno li abbraccia e li bacia, e dice Gesummaria, Che Grandi Che Sono, e lo dice in sardo, anche, che non si capisce ma ormai lo sappiamo. Io, in mezzo a loro. Stasera, la signora Ottavia ha baciato e abbracciato per un buon quarto d'ora, non finivano più questi figli, biondicci, dorati, bellissimi, un pò scarmigliati. E io, rosolavo nel miele, mi sentivo davvero felice e adorante e beata come poche volte, tutti proprio tutti lì con me, un pò a proteggermi, un pò a sfidarmi, sicuramente ad amarmi, di amori differenti, ricamato e colorato come quello della Princi, ruvido e spigoloso quello dei maschi. Del quale Amore, sconfinato e lucido, mai come stasera, mi sono sentita Regina.

25 luglio, 2009

Lenzuola.

No che non è stato un giorno sprecato, no di certo. Di mare, ancora non se ne ha voglia, con tutte le cose piccole e grandi da fare in questa casa, con una lentezza esasperata, come la spesa di questa mattina. Questo vento villano e meraviglioso, che schiaffeggia e sussurra, ha cullato i pensieri di un pomeriggio, fra lenzuola candide di lavatrice, profumate, quelle spesse, freschissime, del corredo di mia nonna, quelle che non stiro perchè mi piacciono stropicciate, con l'orlo fatto a mano da lei, da ragazzina, dalle suore. Ho schiacciato il mio cuore sul cuscino, con la raccomandazione a non fare troppo le bizze, a non mettersi a ciondolare come fa di solito, quando sono così, ma così come, se non lo spiego nemmeno a me. Così che mi sembra tutto pesante e faticoso e impossibile e ingombrante e fastidioso. Così che è tutto un magone, anche qui che sarei da uccidere, in un posto così, a stare così. Non farei altro che dormire, dormire e dormire, anestetizzando ogni sensazione, tanto, non è proprio che siano granchè, ultimamente. Le lenzuola di mia nonna mi hanno accompagnato in un sonno confuso e colpevole, mi sento sempre così in colpa quando dormo troppo, solo che quest'oggi non mi è sembrato di perdere tempo. Fuori, il vento scrollava gli ulivi e gli oleandri, con raffiche precise e sorprendenti, sbatteva porte e rovesciava cose. Dentro, io dormivo il mio sonno bianco di lino e di spigo, una cura primitiva a tutti i mali del mondo, la sola strada che conosco, per ora, per tirarmi fuori da qui. Speriamo funzioni.

23 luglio, 2009

Di isola in isola.

Ecco, alla fine. O all'inizio, chissà. Arrivata, approdata, finalmente giunta e da qui chi mai potrà smuovermi adesso. Ho fatto valigie un pò alla rinfusa, gomitoli e cose e libri e due lampade bianche comprate per un nulla all'Ikea, lì, dove ti vendono le cose un pò rotte, rimaste fuori, non perfette. Il Comitato di Accoglienza è stato impagabile. Quanti sono. Amici e amici di amici, qualche figlio, fidanzata di figlio, una soltanto, dacchè la Biondina è stata coercitivamente prelevata per soggiornare in un altro angolo dell'isola, insieme alla famiglia. Non contenta, pare, ma niente è, se, come è detto già alla di lei madre, Ella è graziosa pure col muso. Sono tanti, comunque. Ma rispettosi ed educatissimi e stralunati per essersi svegliti all'alba, le ragazze hanno tirato a lucido la casa per l'occasione, sotto la guida dell'Unica Fidanzata, la Bruna, per intenderci. Ho trovato i miei figli cresciuti, si può? dopo solo una decina di giorni, eppure così grandi, abbronzati, belli da togliere il respiro, per forza di cose. Ora sono qui, In questa casa che non è avventura, ma porto sicuro. Che accoglie e consola. Che culla e rincuora. Che accarezza e sorregge. Che ha quel profumo che riconosceresti fra mille e mille e mille ancora. Sono qui, al mio limone, ai tronchi recuperati un pò dovunque, ai sassolini, alle conchiglie, al rosario appeso sul letto, agli oleandri. Tutto che conosco e so a memoria, a curare un'anima provata ma non sconfitta, stanca ma non arresa, confusa ma serena, in fondo. Di meglio, non c'è.

20 luglio, 2009

Il sole immobile.

Piatto e fermo. E bellissimo. Le cicale, l'afa, l'immobilità di una tarda mattinata di luglio inoltrato. Strano luglio questo qua. Di una tranquillità pacata e silenziosa, ci sono pochi rumori in questa casa disabitata o quasi. I gesti sono un pò diversi di quando si è a pieno regime, si fa tutto con una flemma antica, tempo ce n'è, si stendono le tonnellate di cose lavate, delle cento lavatrici fatte ieri, che buonissimo profumo di sole hanno i panni stesi fuori d'estate, puoi indovinare se sono asciutti oppure o no, ci sono macchie di acqua ancora sulla camiciola turchese, si vede da qui. Altre valigie da fare dacchè la partenza è stata anticipata, dopoquesto fuori programma, di passare da qui proprio non si era pensato, abbiamo fatto e disdetto più biglietti noi che la Grandi Viaggi, uno doveva partire e invece torna, doveva tornare e invece parte, un pò prima, un pò dopo, così. Poi, si cucina qualcosa di poco impegnativo, ho i fagiolini che costano nulla al supermercato, ne ho comprati a sacchi, immaginando torte salate e insalate fantasiose, magari qualche amico da invitare a una cena improvvisata, è estate, spignattare non è permesso. Senza contare la famosa terapia della Pulitura Fagiolini, ho un'amica a Bologna che la sa lunga sull'argomento. In piedi, accanto al lavandino, è il luogo deputato a tale operazione. Si riempie un pentolone e si aggiunge così calore al calore, odore di verdura al profumo di ammorbidente che arriva dal terrazzo. I pensieri sgradevoli si allontanano nel gorgoglìo dell'acqua che va giù, l'ansia sottile la si getta nel secchio dell'umido con gli scarti, tutto senza far rumore, in punta di piedi, a non disturbare questo sole immobile e silente, questo fine luglio rivoluzionario e apparentemente uguale a mille altri, questa pace monastica, severa e serena, nonostante, questo modo contadino di affrontare la vita, il mondo, le cose.

18 luglio, 2009

Già oltre.


Massì, dai. Si fa un uso improprio,qualche volta, di questo intercalare. Come Stai? Bene, Dai. Ma dai che cosa. Stavolta va bene. Beh, proprio bene benissimo ottimo superlativo diciamo di no, ma insomma, ce la si fa bastare. Meglio. GIà un pò meglio, e anche se si sa bene che meglio non vuol dire bene, ma è un passo verso. Pensieri obnubilati di un mattino vinto, in fondo, a casa propria. Una sosta, un pit-stop, una cosa bella. Ci si è svegliati prestissimo, è bello alzarsi presto d'estate e poi scoprire che ha piovuto tanto questa notte e che tu hai dormito come un sasso e non ti sei accorta di nulla, e il bucato dimenticato fuori è fradicio ma che importa in fondo. Quando si viene dal sole a picco per giorni e giorni, non sarà un pò di pioggia a farmi male, anzi. C'è un cielo variegato come solo d'estate e solo qui, si è impegnati in una strana operazione, di disfacimento-rifacimento valigie, e ci si concentra su questo. I pensieri ci sono ancora, tutti lì in fila compatta e ordinata, a volte, e solo un minuto dopo sparpagliati e disordinati. La cosa importante è non farsi prendere dall'ansia, essere sul pezzo, come si dice, trovarne l'inizo e vederne la fine, mantenere un certo controllo di tutta la vicenda. Ci si può riuscire. O almeno ci si deve provare. Qualcuno mi ha detto che ho uno scudo fortissimo di energia positiva che respinge le cose brutte via da me. Io non so se questo sia vero, ma so che intanto prendo il Sidol e lo vado a lucidare. Combattere con lo scudo che brilla è tutta un'altra cosa. Mooooolto più chic.

17 luglio, 2009

Vengo dal cielo.

Non come quella volta. Stavolta, vengo dal cielo. Ho seguito il paesaggio che cambiava sotto di me, il mare mi ha accompagnato fin quasi a casa, come a non volersi separare da me, anche solo per un pò. Ho indovinato le isole, quelle viste e quelle no, ho galleggiato nell'Egeo da molto sopra, l'ho visto dall'alto, senza toccarlo, questa volta, senza che mi bagnasse. E da sopra ho visto le nuvole, morbidissime, panna appena montata, che da sempre mi affascinano e mi fanno venire voglia di tuffarmici dentro, che scema, tuffarsi nelle nuvole. Mi sono innnamorata dell'Italia stesa nel mare, coricata ed offerta, meravigliosa, là c'è Brindisi, indico col dito, e non è la cartina, è proprio vera. Torniamo a casa. C'è il guasto, certo e quel pezzo di ricambio che non arriva in tempo. E di guasto ce n'è un altro, molto più grave, forse, che mi fa paura, che risveglia in me un magone e un'ansia che non ricordavo di poter provare ancora. Mi viene da dire Houston, Abbiamo un Problema, per quella scellerata qualità o follia che mi viene da sorridere anche quando sono nei guai, quando mi sforzo a minimizzare, a dire che passerà e che passerà presto, e che forse sono stati i miei figli ad abituarmi così, a dire Non è Niente prima ancora di aver visto la sbucciatura, e a dirlo lo stesso mentre magari li accompagnavo a farli ricucire, una volta un mento, un ginocchio, una frattura al braccio destro il primo giorno di scuola, come dimenticarlo. Non è niente, passerà. Ma io ho paura lo stesso. Non è grave e c'è di peggio, certo che lo so, e quel che c'è è che stiamo bene e che si rimedierà in qualche modo. Ma io adesso, con le cartoline stropicciate in tasca, delle isole che ho visto, vissuto e portato con me, e che a stento adesso ricordo, sono qui, nella mia casa in disordine, che penso e ripenso e ho un nodo che mi soffoca, e che vorrei una nuvola per tuffarmici dentro e non uscirne più.

15 luglio, 2009

L'avaria.

Cronaca di un'avaria annunciata. Funziona sì, funziona no, non si gioca con questi orpelli, soprattutto in mezzo al mare, per bello che sia, per calmo che sia, per blu dei blu che sia. L'avaria arriva che sai che arriva, non è mica una sorpresa, e ingloba tante, troppe cose, meccaniche e non, che si aggiustano e non, dove c'è rimedio e dove invece no. Ho collezionato momenti lucidi e perfetti da pensare in momenti così, dove sono calma, di una calma preoccupante, e dove a tratti divento disperata, a tratti angosciata, a tratti invece penso che andrà tutto come dovrà andare e che non mi spertico in pensieri filosofici sulla vita e sul destino e sull'ordine delle cose e quel che sarà, sarà alla fine. Quel che so è che non è proprio tutto a posto ma stiamo lavorando per mettercelo e che certamente, chi sibilava anonimo nei commenti Ma Come Sei Fortunata, adesso certo si fregherà le mani. Magra, magrissima soddisfazione.

14 luglio, 2009

Joe, il Tonno.

Immortalati qui, Lo Scavezzacollo, amico del Liceale, e la sua preda, Joe il Tonno. Alla fine, dopo un mese di tentativi, se tentativi si possono chiamare il solo fatto di metter fuori la canna da pesca e lasciarla lì, alla fine, dicevo, il tonno è stato preso. Accantonato il discorso ambiental-animalista, solo per oggi e per oggi soltanto, direi che è stata una bella esperienza, mai provata prima. Attimi di vera, palpabile concitazione a bordo. E prendi il filo e lascia il filo, e tira sù e metti giù, e sbrigati di qui e sbigati di là, e molla qui e molla là, e prendi il retino e lascia il retino, più sù, più giù, e smettila e tacete una buona volta, e povero tonno, speriamo che scappi. Tiffany guaiva e non capiva molto bene cosa stesse succedendo. Quanto al tonno, credo che si sia chiesto Ma Proprio con Questi Qui Dovevo Finire? Come dargli tonno, ops!, come dargli torto? Sushi divino, stasera a bordo. Ma quanto a sensi di colpa, beh, meglio quello dell'Esselunga.



Kalamàta.

Undici ore, ed eccoci qui. A riportare i due scavezzacollo che già sono partiti per altri lidi. Che strana, serena, inconsueta, avventurosa vacanza è questa qua. Per me, poi, che com'è noto non sono proprio una di quelle sfegatate, ho il gusto dell'avventura di un vaso di gerani, che sempre stanno lì, fermi e immobili, a guardar giù dai balconi. Eccèrto che mi piace andare in giro, che scoperta, ma in questi giorni, qualche volta, mi sono sorpresa a desiderare di essere sul mio divano a guardare la tv, o in un lettino bordo piscina, al San Pietro di Positano, chessoio, indecisa se farmi un massaggio o una doccia tiepida. Il fascino di questi giorni si apprezza poco alla volta, quando si esulta nel sapere che nel prossimo porto ci sarà una lavatrice, quando dopo la doccia si riesce a fare un impacco di balsamo a capelli indisciplinati,chissà che direbbe il Regio Parrucchiere. E poi c'è la gente. La gente che trovi in viaggi come questi hanno tutti un pò del matto, ma di quel matto sano, buono, di spessore, non lo so. Ci si aiuta molto, ci si confronta, ci si copia un pochino, vengo a vedere la tua àncora, che meteo usi, e con l'eolico, che fai? Si divide quello che si ha, soprattutto in questi giorni di sosta forzata per questo mare rabbioso, e si scopre di sè aspetti che non credevi, non pensavi, chi lo sa. Ho preparato una banale pasta per tre signori spagnoli gia in età, arrivati stremati a Kythira dopo 6 ore di burrasca. Mi sembrava il minimo. Oggi, reincontrati a Kalamàta, mi hanno regalato un ventaglio e detto Il Nostro Cuore è Con Voi. Questo, mi sa che a Positano non succede. Succede altro, certo, ma questo proprio no.

12 luglio, 2009

Ode al Freddoccino.

E' si sicuro la colonna portante di questa scombinata vacanza. Un rito. Di più, un'icona. Irrinunciabile scoperta freschissima di queste isole greche. Prima, nessuno di noi ne conosceva l'esistenza. Non è un frullato, nemmeno un frappè. Non è il caffè shakerato, non è un gelato, non è una granita, e non è neppure uno shake. E' solo e soltanto il Freddoccino. Ghiacciatissimo, lo puoi gustare in ogni taverna all'aperto, in ogni caffè lungo la spiaggia. Sa di caffè, che scoperta. Ma anche un pochino di cappuccino e di caramello. E' dissetante, rinfresca anche il più torrido dei pomeriggi, verso le tre quando in giro non c'è un cavolo di nessuno, e allora che c'è di meglio che sceglersi il bar più colorato e buttarsi lì, sparsi fra i cuscini, un freddoccino, please, e alla modica cifra di euro 3 ti portano un bicchierone stracolmo di ambrosia e di pura libidine. Da sorseggiare con golosa voluttà, avendo cura di fare il verso sscrscsrscsscsrssc alla fine, con la doppia cannuccia. Maleducata? No, beata, è diverso.

Il mercato di Potamòs.

E un qualche cosa bisogna pur fare, signora mia, dacchè il mare di ieri, che Dio l'abbia il Gloria, ci costringe a stare fermi, beh, fermi è una parola grossa. Riassunto delle puntate precedenti. Il mare è troppo mosso per mettersi in viaggio verso Kalamàta, perciò si sta ancorati in banchina e si organizzano eventi ricreativi. Fine del riassunto. Ieri sera seratona coi vicini di barca, ci siamo impossessati delle sedie del bar aperto soltanto 3 ore al giorno e abbiamo fatto tardi a bere ouzo e a chiacchierare. Oggi, domenica, il mercato di Potamòs, così diverso dall'altro mercato dell'estate, così semplice, così antico. Olive, lavanda, olio venduto nelle bottiglie dell'acqua private dell'etichetta, basilico, fiorellini gialli e piantine grasse. Nient'altro. Ho comprato del pane rotondo e una specie di crema di formaggio da una vecchina simpatica, le dita nodose a indicarmi vasetti di vetro pieni di origano. E' stato il nostro pranzo, più tardi. E' una vacanza lenta, da assaporare, dove anche l'annoiarsi non è male, dove è bello anche aspettare in porto il momento propizio per continuare il viaggio. Dove anche un mercato da dopoguerra, affascinante nel suo niente che c'è, bellissimo nei suoi colori passati, nei visi che ci incontri, nella straordinaria rudezza dei banchetti e delle tende scolorite, dove anche il sentirsi fuori dal mondo e parte di esso fa parte del copione. Scritto da chi, non si sa.

10 luglio, 2009

Kythira.

Giunti fummo, alla fine, dopo 12 ore 12 di traversata e un'alba mozzafiato, dacchè partiti siamo alle 4 di notte, che la discoteca di Milòs era ancora in pienissima attività. In questo posto non c'è niente. Il nulla del nulla del nulla. Ma qui dobbiamo stare, primo perchè domani ci sarà un mare da paura, e secondo perchè domani un altro figliolo muoverà da qui verso l'amata patria, e pure verso l'Amata, la sua, non l'altra, com'è ovvio che sia. Insomma, il nulla. Se per nulla si intende una spiaggia finissima, case meravigliose proprio sopra di essa, abbandonate perlopiù, un baretto con una doccia e tre cabine, quelle dei bagni Nunzia di Varigotti nel 1960, credo, ma sono nata tre anni dopo, ben perciò lo posso solo immaginare. E poi c'è il relitto, una petroliera schiantatasi qui non si sa bene quando e come, che hanno lasciato lì ad imperitura memoria, inquietante per dirla giusta. Umani pochissimi, una decina, ma questo posto fra lo spettrale e l'affascinante è di una bellezza che non so dire. E adesso, scusatemi tanto, vado di fretta: mi devo apparecchiare per bene per andare a buttare il sacchetto della spazzatura, che ho avuto cura di scegliere azzurro cielo. E mentre a bordo l'equipaggio si sciala con scacchi, letture ed animatissime discussioni di calcio mercato, mi passerò un velo di gloss e mi accomoderò per bene, un vestitino scollato e un golfinetto discreto per questo vento caldo, in attesa dell'arrivo del traghetto da Atene, unica, vera attrazione della serata. Meraviglioso.

09 luglio, 2009

Amore, in greco.

Giorni di qualche piccola preoccupazione, fra l'equipaggio sperso nel greco mar. Oggi, finalmente, allarmi rientrati tutti insieme. La meccanica del vascello, i telefoni che hanno ripreso a funzionare, interrotti solo e soltanto da un'incuria di un figliolo, echessaramai, che ha rischiato grosso, grossissimo, dacchè il Capitano è stato trattenuto dall'abbandonarlo proprio qui, a Milòs, sull'isola di Afrodite. Rincuoro e rassicuro la folta schiera di chi segue tale Straordinaria Avventura, e che lo fa col cuore, così come io col cuore la scrivo e la racconto, e anche la vivo, che bella storia, fortunata sì, mi avete detto, la sono, lo siamo, e raccogliamo questi momenti come sassolini, li mettiamo in un vaso e li teniamo lì, felici anche di condividerli, spezzarli a metà come si fa con i panini nei picnic, con le merende fra fratelli, con le fette di torta, è troppa, ne vuoi un pò? con le gomme Brooklyn quando ne avanza una sola, quelle a confetti no, non si può fare, ci proverò. Sono giorni di una lentezza meravigliosa, mai provata prima, non così. Si imparano cose, se ne scoprono altre, anche di se stessi, una specie di viaggio mica solo al di fuori, anche al di dentro, un pò. Si raccoglie quel che servirà per i giorni che verranno, si fa il pieno di questo biancoeblù, di questo origano venduto a mazzi dall'omino con la carriola, si fa il pieno anche di amore, perchè no, a carezzare teste e dare baci e stringere, e a salutare, anche, il Figliolo che riede dal Suo Biondo Amore, perchè la sua strada è quella lì. L'Amore, quello vero, muove le onde e il vento, e passa veloce sugli scogli e sulle spiagge e racconta le storie meravigliose di questa terra misteriosa e bellissima, di oracoli e déi, Itaca e ciclòpi, Apollo e Zeus. Io leggo ogni cosa, entro nelle chiese in punta di piedi per non far rumore, e ringrazio e penso a quanto belli sono questi giorni perfetti di una semplicità devastante, e mi piace da morire questo bizzarro equipaggio e questa vacanza che ho vinto dopo un inverno complicato che ho quasi dimenticato, e se mai tornerà sarò pronta, perchè avrò avuto questo mare e questa sabbia impertinente, e questo origano, anche, e questo Amore, che non so come si dice in greco ma so che è tutte queste cose messe insieme.

08 luglio, 2009

Sifnòs.

Isolatisssssssimi.

Molto più che isolati nell'isola fra le isole, proprio qui, dove Perseo arrivò con la testa di Medusa e traformò la lussureggiante Sifnòs in pietra e sassi. Molto più che fuori dal mondo, emmenomale che almeno la connessione ce l'abbiamo, alla fine.Qualche piccolo disguido è occorso a questo scellerato equipaggio. I telefoni, che hanno smesso di funzionare in blocchi da 6, un problema alle batterie, il cambio dell'olio, il navigatore satellitare che fa le bizze. Un bel momento. Nessuno si perde d'animo quaggiù, il Capitano ha in mano la situazione, nonostante un vago sentore di quel mal di schiena che, t'ho detto tutto, si presenta proprio quando meno te l'aspetti e quando proprio non è il caso. Ora fermi qua siamo fino a che tutto non riprenderà a funzionare per bene. Intanto, ormeggiati sotto a questa chiesetta candida, a pochi metri da una spiaggina dove si sta in quattro penserò a come imbastire un pranzo leggero, un'insalata fresca e croccante che ci rifocillerà. I soccorsi ancora non li chiamiamo, e nel caso, che facciano con calma. Tempo ce n'è.

06 luglio, 2009

Il bacio.

Paparazzati al largo di Ermoupolis. Si erano conosciuti qualche giorno fa, nel porto di Santorini, si erano frequentati per qualche ora, scorrazzando sù e giù per il pontile e guardandosi languidamente dalle rispettive postazioni, lui, tale Snoopy, abbaiando, lei, la nostra Tiffany, a frignare, capricciosa, a guaire e a fargli gli occhi dolci. Oggi,si sono incontrati di nuovo, verso l'ora di pranzo, al largo di una candida spiaggia, più o meno deserta. Lo abbiamo ospitato per un pò, poi, temendo il peggio, lo abbiamo riconsegnato ai suoi legittimi proprietari. Un'altra storia d'amore in famiglia. Ma come, non ne avevo già abbastanza di quelle dei miei figli?

I pensieri dell'orizzonte.

Tanti e confusi. Strani, i pensieri che si fanno guardando l'orizzonte, proprio là, dove il cielo si bacia col mare. Arruffati e scomposti, senza forma, quasi, che se qualcuno ti chiedesse A Che Pensi? non sapresti bene che cosa da dire e la prima risposta sarebbe Niente, ma lo sanno tutti, a niente non si può pensare. Si è partiti presto stamattina, a motore stavolta, data la calma piattissima e si è andato avanti in una latta di vernice, altro che mare. Che bello, però. Da coricati e guardando laggiù, vengono i pensieri più strani, passati, futuri, pensieri serissimi e di scemenze assurde, chissà chi li manda i pensieri in testa alle persone, chissamai da dove arrivino. Qualcuno ti blocca il respiro, altri ti fanno sorridere, o magari ti fanno venire un magone impercettibile che ti affretti a scacciare, un'ansia leggera leggera, che scema che sono a pensare così. Tutto intorno è un lenzuolo silenzioso, nessun delfino, che peccato, qualcuno dorme ancora e tu sei lì, coi tuoi pensieri scarmigliati, nessun pensiero è così liquido come questi qua, che si fanno guardando una riga che non c'è, infinita e misteriosa, pensieri aggrovigliati, senza inizio nè fine, pensieri sciocchi e bellissimi, nati chissà dove, arrivati da laggiù, proprio dove il cielo si bacia col mare.

05 luglio, 2009

Un osso a Ios.


Si è scorrazzato in lungo e in largo con quelle motone a quattro ruote, non eleganti ma così buffe, un pò sidecar in verità. Si è saliti sù fino alla città vecchia, dove si cucca alla grande, dicono i Liceali, da dove ci si può beare di uno spettacolo di mare e rocce e colori e correnti che a disegnarlo non è poi così semplice. Alla fine, la pace. Si è così architettato un piccolo beauty, dacchè il più peloso dei componenti l'equipaggio, quella con gli occhi umani e in naso a Morositas, necessitava di un piccolo gadget da apporre al suo guinzaglio. Detto, fatto. In poco più di mezz'ora ecco creato per Lei, un osso di cotone dove riporre i suoi aggeggi. L'occorrente per incipriarsi il naso, per poter conquistare con un solo sguardo tutti i cani del porto, una spazzola speciale per le lunghe orecchie fuori scala, per renderle più soffici e fluenti. In realtà, questo osso di KrisKnits contiene soltanto i suoi sacchettini. Una vera principessa sa bene che non si deve lasciare traccia alcuna. E ci vuol classe, anche lì.

02 luglio, 2009

Il tutto.

Non so più come chiamarlo. Se azzurro, turchese, celeste, cobalto o cos'altro. Folegandròs, questo è il nome dell'isolotto silenzioso dove siamo arrivati quest'oggi, è tutto così, salvo qualche spruzzo di viola, come le finestre e la porticina di quella casa da dove mi hanno trascinato via a forza, Sto Qui e Non Mi Muovo Di Un Millimetro, Mai Più. Noi si cammina sciallati e ciondolanti, tutti i figli, un Amico dei Figli, cane annesso. Una brigata di filibustieri che cammina col naso per aria in questi vicoli di sassi, che si meraviglia dei ficus come sequoie, delle bouganville candide, e chi le ha mai viste, dei pergolati di ederina e plumbago. I figlioli mansueti a tratti, da sopprimere in altri, come nelle più classiche delle sceneggiature. Li affogheresti, a volte, li attaccheresti al pennone più alto altre, salvo poi, un secondo dopo, struggerti di tenerezza per il Giurisprudente che raccatta con dolcezza un gattino rossiccio, Lo Porto Con Me, ma come, non sei tu che giochi a fare il duro e puro? Questa ciurma è un delirio, una bellezza, un incubo vero, un brutto quarto d'ora, la gioia, la follia. Tutto quello che possiedo è qui. I miei sogni, i miei progetti, le mie cose più grandi, sono qui. La mia vita, il mio destino, la mia fantasia. Il mio amore, il mio futuro, le cose che ho sempre desiderato, tutto il mio cuore e la mia vita. Tutta quanta. Che urlino e bistìccino, che discutano e si accapìglino. Sono il tutto, per me.






Crochet in Santorini.

Si trova il tempo anche per questo. Che fa parte di quei progetti che iniziano in un modo e terminano un altro, càpita eccome. Una sciarpa? No, mi stufo prima e faccio un dischcloth. Un cappellino? No, mi viene troppo piatto, ci farò una presina, una presona, una tovaglietta rotonda, chemmimportammè. Questi qua dovevano essere degli shorts, di quelli da occultare con eleganza sotto le camiciole, mi son detta, ma sì. Ho iniziato con poca convinzione, ma un punto cos' semplice che andava via benissimo, senza dover pensare o contare. Tanto più che, con quello che ho intorno, ogni tanto si deve alzare lo sguardo e girarlo tutt' intorno, per forza di cose, non si possono fare delle cose troppo impegnative. Alla fine è diventata una gonnina, Carina, amaranto, traforata il giusto, effetto pizzo che va sempre bene e che sta un amore con l'abbronzatura. Mi piaceva così e così è rimasta, anche perchè proprio non avrei saputo come fare a unirla a pantaloncino e forse avrei dovuto contare, e misurare e fare delle cose strane e avrei rovinato tutto e allora, va bene così, lasciatemi le cose semplici che a quelle complicate ci penserò da un'altra parte. Ovunque, ma non qui.

01 luglio, 2009

Se guardi.

Si trovano angoli che non immagini nemmeno. Una macchia di tempera su un foglio bianco. Se guardi di qua, il mare, se guardi di là una serie ininterrotta di taverne e caffè e tavolini e seggiole e panche e divanetti, di un gusto sublime, che ti dici, che strano, sembra tutto così fermo e un pò indietro, anche, anni cinquanta, forse, e anche di più: i bazar del tutto, che vendono i secchielli e i salvagenti e le creme abbronzanti e che sanno di cocco e di gomma, e di sale, e le stuoie, infilate nei secchi e quei sandalini di plastica, quelli della colonia, per andare sugli scogli, ce li avevo rossi, mi ricordo benissimo. Noi qui si sta una favola. Un pò indolenti, in realtà, di quella indolenza concessa solo quando si sta in vacanza, l'orologio si tiene solo perchè è trasparente e un pò turchese e si intona con il mare, si controlla solo per sapere il tempo di cottura dei fusilli, che ci importa che ora sarà mai. Se ancora tutti dormono si esce con silenziosa circospezione, a guardare il fuori che c'è. Si può decidere la colazione, se farla qui o dove, si sceglierà con cura un pergolato, una tettoia di tende bianche, o quella casa laggiù, ricoperta di bouganville di un colore mai visto. Colori e colori, sì, se guardi di qui. Se guardi di là, il mare.

28 giugno, 2009

Il polpo innamorato.

Il tuffo.

Eccoci. Alla fine il fuori programma è arrivato. Non che sia provetto marinaio, anzi, sono proprio uno di quei mozzi di bassissima manovalanza, più cambusiera che altro, cucino, compro pomodori e formaggi, vado alla ricerca di taverne e bar per la colazione, butto un occhio per vedere se per caso trovo un sandalino con le perle turchesi, si sa, in tinta col mare. Stamattina, arrivati che fummo in questo porticciolo, sani e salvi, mi preme dirlo, ancora non siamo a Santorini dacchè ieri il terremoto che c'è stato colà ha scosso più di un animo al pensiero di noi in mezzo a quel mare, ma tranquilli, stiamo tutti bene anche a casa, grazie. Arrivati che fummo, dicevo, e ormai rodata da tanti ormeggi e tanti porti, salto in banchina in tutta scioltezza, balzo plastico per fissare la cima alla bitta, e non la corda alla cosa, insomma, qualche progresso concedetemelo. Ed ecco il misfatto. Sotto gli occhi degli omini che giocavano a dadi alla taverna, dei bagnanti della spiaggia lì vicina, dei pescatori che stendevano le reti, della sciura che stendeva il bucato dal balconcino turchese, ancora!, dei bambini che fanno sù e giù in bicicletta con le ruotine, dei ragazzini che pescano i polpi sugli scogli, SPLASH! sono caduta in acqua. Un tuffo di tutto rispetto, intendiamoci, avevo appena fatto un ormeggio perfetto, ma misi un piede in fallo e voilà. Con tanto di sandalo e occhiali, e vestita. ovvio, di quelle camiciole impalpabili che son tanto in auge nell'estate 2009 e che la mia Amica delle Perle ed io abbiamo comprato a manciate da Zara. Il mio equipaggio rideva di gusto. E gli astanti, per decenza, son solo venuti a vedere che tutto fosse ok. The Captain era solo un filino preoccupato per il fatto che la camiciola, madida, mi si era appiccicata addosso, e che faceva, per così dire, la sua figura. Non ho perso nulla, diciamo che sono cascata con grazia e stile, e posso con grande orgoglio dire di essere Miss Camiciola Bagnata in Armorgòs, Estate Duemilanove. Son cose.

Monastiri in Amorgòs.

Si era comunicato alla ciurma: domani gita di istruzione, cultura, mistico ritiro. Un monastero, lanciato come dal cielo e arroccato sulla roccia scoscesa, a picco , molto a picco su un mare turchese, che banalità, qui il mare solo turchese si trova, a volte verde, a volte trasparente, ma più spesso turchese, è il colore del momento. Perciò, ci siamo arrampicati, ben coperti, pantaloni lunghi per i maschi, niente shorts o scollature per le femmine, due parei infilati nel cestino alla bisogna, i monaci di lassù non ti vanno entrare se sei discinta, ci mancherebbe altro, già fuori son da Santa Romana Chiesa, manca solo che mi càccino anche da quella ortodossa e sto apposto. Arriviamo trafelati, i 4 monaci che abitano il monastero di Chozoviòtìssa ci accolgono con grandi sorrisi e degli occhi così puri, profondi e trasparenti che non credo di aver mai visto prima d'ora. Ci offrono dell'acqua fresca, seduti in una specie di sacrestia, non siamo in un film fantasy, ragazzi, siamo proprio noi, che beviamo questo rosolio dorato in bicchierini minuscoli e assaggiamo questi zuccherini imbevuti di un liquore azzurrino, più o meno come il mare. Si respira una pace inconsueta, un silenzio che è una medicina, una musica sottile che ognuno sente per sè. E prego, non so come cominciare, perchè io non so come si prega in ortodosso, prego come mi hanno insegnato, come ho imparato da sola, come mi viene, sicura che le mie parole vòlino via da questa scogliere fino a raggiungere Chi le deve sentire, Chi le può ascoltare davvero. Le preghiere, si sa, non hanno forma e rigore e non c'è una sola strada per arrivare al Cielo. E da qui, il Cielo è più vicino.

25 giugno, 2009

Laundry in Naxos.

Un pò da zingari. Lavati da schifo, stesi da schifo, asciugati benissimo, in compenso, con tutto sto martellamento di vento e sole, e profumaterrimi di sapone Marsiglia e di aria di mare. Non ci sono più le casalinghe di una volta, che per loro lavare è buttare le cose nel cesto della biancheria e dal cesto della biancheria al cestello della lavatrice e dal cestello della lavatrice, tout simplement ,sulla carrucola della lavanderia d'inverno e sullo stendino abiurato dal Regio Architetto, in primavera. Tutto sto frega frega, e individua la macchia, e insìstici, se no non va via nemmeno per sogno, che diavolo sarà, pesca o che cosa? In lavatrice tutto questo sbattone non esiste. Si butta e buonanotte, la lavatrice non vuole sapere, essa lava con ignorante efficienza, che gliene importa a lei di che macchia si tratta? Se ce la fa, bene, e se no, t'arrangi. Qui, nelle Isole Sperdute, si approfitta del vento incessante e si fa bucato. La bella lavanderina non lava fazzoletti, ma frega frega e lava lava. E alla fine, stende alla bell'e meglio, che nello stendere, si ben sa, non è che sia un asso. Poi, inerpicandosi per le strade del paese, stringe un pochino gli occhi miopi e vede una scritta in lontanzanza: Fast Laundry. Self Service. Ma si può?

24 giugno, 2009

Troppo mare che c'è.

Di un colore mai visto. Sono giorni turchesi, e bianchi, e azzurro intenso che non è turchese, ma quasi. Sono giorni di vacanza, lontani da casa, così lontani? da quando hai guardato per bene la cartina, accidenti, siamo lontani per davvero. Si mantengono comunque i legami con il mondo lassù, con i figlioli che studiano per gli ultimi esami e che tra poco saranno qui. Vacanza, che fa rima con relax totale, nessuna ansia, nessun pensiero. Già, questa poi. Non c'è modo di fare un bel pacco dei pensieri che ci restano appiccicati addosso e buttarlo in fondo al troppo mare che c'è, non c'è modo di allontanarli del tutto, sono lì, come panni stesi ad asciugare. Li ritrovi ogni tanto, a guardar lontano nel troppo mare che c'è, quasi non osi a dirti Sto Così Bene, pensieri e pensieri, e chi non ne ha. Ma qui c'è il grande vantaggio che puoi decidere se pensarci oppure o no, e puoi concederti i lusso di dire no, a questo penserò domani, fra un mese, chissà, perchè sarebbe peccato mortale pensarci qui e adesso, troppo turchese e troppo bianco, e bouganville e stradine strette, e casine di calce e chiese, così tante chiese che non ho mai visto tutte insieme. E allora, guarda avanti, nel turchese e nel vento, e regala questi pensieri alla corrente, alle onde rabbiose che si spaccano sugli scogli, lasciali andare, lontano, così lontano da non ritrovarli più, spariti, affondati, persi per sempre nel troppo mare che c'è.

22 giugno, 2009

Mykonòs.

Azzurro turchesissimo e bianco abbacinante. E, a volte, qualche bouganville. Fine. Quest'isola è così, bella bella, un pò troppo turistica, che forse ci piaceva di più quella selvaggia, ma è così strana e affollata, e si sente la musica greca un pò dovunque, e si potrebbe comprare una quantità di cose così belle, insomma, mi piace. SI è cenato su una piazza spazzata dal vento, con un improbabile , altero, non simpatico pellicano, tale Pedro, che passeggiava lì per lì, accanto a me, che ho paura anche dei piccioni di piazza Marconi quando compro la frutta da Sahid. La vera scoperta di oggi, la cosa mi fa essere così ridolina e ciarliera e un pò scema, anche, è un liquorino da bere ghiacciato, che sa di un profumo Etro che usavo tempo fa, che sa del ghiacciolo azzurro all'anice che costava 50 lire in latteria. Questo assenzio si chiama Ouzo, sembra essere il liquore tipico della zona ove mi trovo: và giù con una facilità estrema, tipo acqua del rubinetto, e un pò si annusa e un pò si beve, solo che dopo ci si sentono le gambe molli e un sonno, ma un sonno, e mentre lo dici ridi e ridi e i tuoi figli ti dicono Mamma Ma Stai Bene? e io sì, che sono lucida e presente a me stessa ma questa specie di oblio all'anice è una vera meraviglia e che bella che è questa Mykonòs, ma poi, Pedro, non è mica un nome greco. Sospendere l'Ouzo, efharistò.

21 giugno, 2009

Ci vuole.



Ci vuole eccome. Anche se non siamo in città, anche se non siamo nemmeno di Alessandria, anche se, anche se, noi qui sono giorni che questo Grigi Alè Alè ci rimbomba nelle orecchie, dacchè il Liceale e il suo Degno Compare che con noi dividono questo viaggio nella cultura greca (!) non cantano altro. Ben perciò, anche da quaggiù, da questa sperduta isola dell'Egeo, arriva il nostro supporto ai Grigi, che proprio oggi hanno una partita importante per passare in serie C o una roba del genere. Alla fine, mi sa che a furia di calciomercato, rigori e assist, e compriamo questo e vendiamo quello, mi hanno coinvolta. Un pò, ma mi hanno coinvolta.

20 giugno, 2009

Syròs, Ermoupolis.


Golosissime. Belle da vedere. A zonzo per questo paesino di cartapesta, bianco e azzurro, ma dai?, bello, bello, bello. Io non sono un'appassionata, nel senso che non è che ci vada pazza per queste cose, non ne so di venti e di mari, so soltanto le paure che mi fanno le burrasche, forse perchè non ne ho mai beccata nessuna, e per forza, che c'abbiamo una linea diretta con Nettuno là sotto, Che Vuoi Fare? Mare Calmo, please, Che ci Dobbiam Spostare. Io non so fare i nodi, a malapena il nodo piano, la gassa se ci provo una decina di volte, ma sono perdonata, credo. Io non so di venti e maestrali e meltemi e boline e laschi tranquilli e lasca e cazza, giuro, non è una parolaccia. Io non so di correnti e non mi vanto di saperne, se non ne so non ne so, fine. So però tutta la magia che c'è nell'arrivare in un nuovo porto, nel fare le due cose in croce che so fare, due, lo giuro, non di più. So la bellezza dell'acqua così trasparente che non l'avevo mai vista, so il profumo del mare che c'è qui, so che le lucine che si accendono improvvise, che non è ancora buio e tutto intorno sembra un presepe gigantesco. So che la notte mi sveglio e vado fuori e il cielo non è più un cielo, ma una specie di puntaspilli di velluto nerissimo e gli spilli sono un miliardo di stelle e stelline che così tante tutte insieme non le ho viste mai, o così di rado che non mi ricordo nemmeno. E allora, il non sapere di vento e di correnti, di nodi e di andature, non è mica così importante. Imparare? Sì, forse, non c'è fretta. Intanto, mi godo questo puntaspilli e questo profumo e questa Syròs che sembra bellissima con le sue chiese e i suoi profumi, i rosari ortodossi, le cupole azzurre, le scale di pietra e tutta la pace che c'è. Marmellate comprese.

19 giugno, 2009

A Wind Pork.

Così, in inglese, dacchè una vera signora non può farsi beccare in castagna a dire volgarità, ma il vento che soffia da queste parti da due giorni in qua è proprio quel che si dice un vento porco, e quindi, vabbè. Noi ben fermi che siamo qui davanti, noi e un'altra barchina che si vede laggiù laggiù. Stamattina giro in spiaggia ma c'è talmente un bel niente da vedere, che mi son dedicata con impegno e solerzia al riassetto del veliero. Lesta a sbattere i piumoni e i cuscini, a sistemare le stanze, a raccogliere briciole, ritirare i piatti lavati ieri sera. Durata dell'operazione tutta: undici minuti. E poichè qui ben si è ancorati, incollati e cementati, dacchè la nuova àncora non teme neppure i mostri a 8 teste, e non ci si schioda finchè tutto questo delirio non è un pò passato, ecchediamine, abbiamo mica chi ci insegue, la giornata di oggi, meravigliosa, tersa e luccicante, sarà dedicata ai compiti della vacanze, a letture di varia natura, magari brasandosi, protezione millecinque, cappelluccio tricot e burrocacao. Il vento porco ha i suoi vantaggi, in fondo.

18 giugno, 2009

La chiesa.

Non ci si fa mancare nulla quaggiù. Tanto per cominciare una colazione non proprio così buona, cappuccino, si chiama, ma per me che abituata son al cremosissimo cappuccino del mattino con le Amiche, quella roba che ho bevuto stamattina in una taverna affacciata sul porto, per la modica cifra di euro 3, no che non era nemmeno suo cugino, del cappuccino intendo. Poi, in ordine sparso son venute le urla del Capitano, toh, ancora non lo avevamo sentito, perchè qualcuno aveva rovesciato una cucchiaiata di cous cous nel frigorifero, che meraviglia. E di seguito, una bella passeggiata sù sù per la collina, sotto il sole cocente, in visita a un reperto preistorico che più preistorico non si può, e poi, via, raggiungiamo quell'altra baia e onde e staffilate di vento, e ussignur mi viene da vomitare e allora cantiamo che magari ti passa e infatti alla fine, eccoci qui, davanti a una distesa di candidi sassolini, in una baia riparatissima per la notte. E i progetti di pesca, dovremmo pescare la Balena Bianca e pure Achab con l'attrezzatura che abbiamo ma ahimè solo un avulso pesciolino dalla faccia seria seria, ah, e nel frattempo mi ha pure morsicato una vespa. Per oggi direi che è abbastanza. Ed ero pure passata in chiesa. Ma forse, le chiese ortodosse non valgono. Dovevano avvertirmi.

17 giugno, 2009

Kea.

Alla fine, il viaggio ha avuto inizio. Questo delirante itinerario che il mio Capitano oh mio Capitano ha studiato nei minimerrimi dettagli per tutto l'inverno, è finalmente iniziato. In verità, in verità ci dice, Egli, il Capitano, che sarà una roba strana, lontana come sarà dalle mete canoniche, dalla pazza folla, dai villaggi vacanze and so on. La Fanciulla ed io avevamo testè stanziato una piccolissima somma per comprarci un cappellino vezzoso, che so, un sandalino greco di quelli alla schiava che fanno la gamba affusolata e col suo perchè, inosmma, un quaccheccosa. Questo l'unico bazar che abbiamo trovato. Qualche vetusto cappellino di paglia, abitucci senza pretese, cestini di paglia ma abbiamo già dato. E quindi? E quindi, nulla. Ci si riposa prima della cena alla trattoria con la tovaglia a quadrettoni, souvlaki e moussaka come se piovesse, magari un accenno di sirtaky e un attimo di Papadoupolos (e qui terminano ahimè, le mie conoscenze della lingua greca) e la serata si concluderà a leggere un buon libro o a chiacchierare fitto con il resto della scombinata ciurma. Nessuna spesa folle, per il momento. E mi sa tanto che niente affatto sarà una vacanza di shopping. Così come pure mi sa che il Capitano, Mio Capitano, lo abbia fatto apposta. Ho come la sensazione.

16 giugno, 2009

Calimera.

Così si dice. Sappiamo quattro parole in croce, il Giurisprudente che ha fatto gli studi classici non è ancora qui con noi per aiutarci. Persino al supermercato la parola Melanzane è scritta in greco. Una meraviglia. Fermi per una meltemata, signora mia, che vuol dire un'indigestione di vento che si chiama meltemi, e che glielo dico a fare , so bene che non capirebbe e nemmeno capisce bene da che parte del mondo sono, lei non vede nient'altro che il suo balconcino, coi gerani e le lenzuola stese, la tenda a fiori dentro e verde fuori, il cestino per l'umido, la cassetta del gatto, la sdraio di plastica e lo zampirone per le zanzare, chissà come posso ancora perdere tempo con lei. Ma siam qua. Oggi grande gita senza vendita di pentole, bel sole a picco, ciurma affiatata e beneducata, rispettosa e ubbidiente, affamata come un esercito locuste, allegra e ciarliera. Si va di inglese, ma che bello dire calimera, calimera, ha un suono così bello e poi mi ricorda la moglie di Calimero. Gulp. Ho dovuto spiegare ai miei figlioli chi era Calimero. Devono aver pensato che la costruzione della foto l'abbiano progettata ai tempi miei. Ingrati fanciulli, ma non eravate beneducati e rispettosi?

13 giugno, 2009

Diamanti e stendini.

Niente è più prezioso. Si è dormito un pò di più, non molto, con la tonnellata di cose d fare, le pagelle, i libri delle vacanze, le cose, i giri. In anticipo comunque, su una rutilante tabella di marcia di questo ultimo giorno delle vacanze vere, quelle bianche e azzurre, quelle della crema solare, dei tuffi, del vento e delle onde. La calma della mattina presto nella casa in collina, si sorseggia insieme al caffelatte, col gatto che si struscia, le rose un pò passate ma meravigliose lì sul tavolo, un mazzo di lavanda che ogni tanto strofini e annusi, le ultime notizie, un foglietto dove scrivere le cose da fare, per non dimenticarne nessuna. Fuori, un profumo di menta e gelsomino, un sole brillante, che illumina il pratino tagliato di fresco e di fresco innaffiato, come se vi si fosse rotta una collana di diamanti, per dire, e sparse le pietre ovunque, luccicanti. Tutta questa poesia è lievemente alterata dallo stendino , che volgarità, dove l'ennesima lavatrice prima della partenza aspetta di asciugare, e il cinguettio delle cinciallegre è appena appena disturbato dall'odioso rumore della centrifuga di un'altra lavatrice che sorveglio, e che mi accingerò testè a stendere essa pure. Così, in questa beata calma apparente prima del delirio completo, meglio che finisca in fretta la colazione, che lasci perdere rose e lavande, diamanti e cinguettii, che tralasci con grazia immagini di romantica semplicità e, tacabanda, mi dia un mossa. Ben meglio sarà.

Odore di dicembre.

  Che non è pino, non è neve, non è gelo, non è niente. Non c'è dicembre in questi giorni, non c'è niente del genere, non ci sono le...